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IL LIBERO PROFESSIONISTA: ASPETTI CIVILISTICI E FISCALI Il

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IL LIBERO PROFESSIONISTA: ASPETTI CIVILISTICI E FISCALI Il
IL LIBERO PROFESSIONISTA: ASPETTI CIVILISTICI E FISCALI
Il neo laureato, successivamente al superamento dell’esame di stato, una volta ottenuta l’abilitazione alla
professione e l’iscrizione all’Ordine, si trova alle prese con l’inquadramento fiscale e previdenziale da
assumere nei primi anni di svolgimento dell’attività professionale. Nello specifico può scegliere di svolgerla:
-
come lavoratore dipendente;
-
come collaboratore, coordinato e continuativo od occasionale;
-
come lavoratore autonomo, occasionale o con partita IVA.
Il lavoratore dipendente
Il lavoro dipendente è regolato principalmente dalla Costituzione, dal Codice Civile, da leggi speciali (tra cui
lo Statuto del Lavoratore) e dai contratti collettivi stipulati trai i sindacati dei lavoratori e dalle associazioni
dei datori di lavoro (impiego pubblico, studi professionali, ecc.). La disciplina giuridica di questi contratti è
quindi molto complessa. Se si vuole un’informazione corretta sui propri diritti e doveri, sia prima di firmare
la lettera d’assunzione, sia durante il rapporto di lavoro, è necessario rivolgersi o a un sindacato di categoria
o ad un consulente del lavoro. Il contratto collettivo, a cui si farà riferimento, disciplina gli orari di lavoro, le
qualifiche e i livelli, la retribuzione, le ferie, la regolamentazione delle assenze, del preavviso, i
comportamenti che sono ritenuti causa di licenziamento, ed altro ancora.
La differenza tra lavoratore dipendente e libero professionista è sostanzialmente riconducibile al fatto che da
dipendente si è subordinati ad un datore di lavoro; l’art. 2094 C.C. definisce il lavoratore subordinato come
“colui che si obbliga, in cambio della retribuzione, a prestare la propri opera manuale (operaio) o intellettuale
(impiegato, quadro dirigente) alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro”, il quale, nell’ambito
del contratto collettivo nazionale di riferimento, stabilisce compenso, orari e modalità di svolgimento
dell’incarico. Dal canto suo il lavoratore dipendente deve svolgere la propria mansione con la diligenza del
“buon padre di famiglia” cioè quella ordinaria e media; vale a dire tutti gli ordini che non siano insensati o
contra legem vanno eseguiti, non si possono svolgere, anche dopo il lavoro, attività in concorrenza con il
proprio datore di lavoro, ecc.
Per approcciarsi al mondo del lavoro è utile ricordare che non esiste più la disciplina del Collocamento, che
era stata istituita dopo la seconda guerra mondiale per dar modo a tutti di accedere al mondo del lavoro senza
subire da parte delle imprese discriminazioni di ordine razziale, sessuale o politico. L’iscrizione all’Ufficio
di Collocamento era necessaria e in un certo senso sufficiente, per poter essere assunti, in quanto solo
l’iscrizione al Collocamento permetteva al disoccupato di maturare punti, scalare le graduatorie ed essere
chiamati. In seguito al D.Lgs 469/97 (“pacchetto Treu”) i vecchi Uffici di Collocamento sono stati sostituiti
dai Centri per l’Impiego. Il Centro per l'Impiego è una struttura pubblica di gestione dei candidati e delle
imprese, rivolta a coloro che sono alla ricerca di lavoro e alle imprese che necessitano di personale
qualificato: mettendo a disposizione informazioni e servizi di orientamento ed indirizzamento, permettono
alla domanda di lavoro di incontrare l'offerta, ed offrono assistenza e supporto per l'espletamento delle
pratiche burocratiche ed amministrative. Sono quindi anche uno strumento utile di pre-selezione per le
imprese, che possono così avere candidati motivati e qualificati per la loro ricerca di personale da impiegare.
Restano tuttavia alcuni punti fermi:
1 – il lavoratore deve sempre essere iscritto al Centro dell’Impiego, ma può farlo anche solo al momento
dell’assunzione;
2 – almeno in linea teorica, il datore di lavoro può assumere chi vuole senza però fare discriminazioni in base
al sesso, alla razza, alle opinioni politiche e religiose.
Accanto ai Centri per l’Impiego il D.Lgs 469/97 convertito in Legge 196/1997 ha introdotto altre forme di
intermediazione privata nelle assunzioni : le agenzie di lavoro interinale.
Diritti del lavoratore dipendente. Le principali garanzie di cui gode il lavoratore dipendente sono la
retribuzione, alla fine del rapporto di lavoro il Trattamento di Fine Rapporto, il riposo settimanale, le ferie
retribuite, la copertura previdenziale ed assistenziale, la tutela contro la disoccupazione con l’indennità di
disoccupazione, di mobilità, di cassa integrazione. Molte misure tutelano la donna lavoratrice (divieti di
licenziamento, assenza prima e dopo il parto, ecc.). Anche la stabilità del posto di lavoro è difesa dalla
legge, in quanto il lavoratore può sempre dare le dimissioni con preavviso (e in caso di giusta causa anche
senza), mentre il datore di lavoro può licenziare solo per giusta causa (per gravissimi inadempimenti da parte
del lavoratore dei propri obblighi contrattuali) o per giustificato motivo (crisi dell’azienda e
sovradimensionamento).
Il collaboratore di studio
Il collaboratore coordinato e continuativo:
Il collaboratore coordinato e continuativo (c.d. co-co-co) è anche detto lavoratore parasubordinato, perché
rappresenta una categoria intermedia tra il lavoro autonomo ed il lavoro dipendente. Esso infatti mantiene,
diversamente dal lavoratore dipendente e in funzione del risultato, un minimo di autonomia nella gestione
dei tempi di lavoro e modalità di svolgimento della prestazione, nel rispetto del coordinamento con
l’organizzazione del committente.
A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs 276/03, c.d. riforma Biagi, non è più possibile, salvo alcune
eccezioni, istaurare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa se non sono riconducibili ad un
progetto, programma di lavoro o fase di esso. Tra le eccezioni, la norma prevede tra gli altri, anche coloro
che esercitano professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione a specifici albi professionali, tra
cui appunto gli architetti e gli ingegneri. E’ pur vero, che essendo il contratto di lavoro a progetto una forma
particolare di co.co.co., non possa negarsi la formulazione di un contratto a progetto con un Architetto o
Ingegnere iscritto all’albo.
Per quanto riguarda l’aspetto contributivo, il versamento dei contributi dei collaboratori di studio, siano essi
coordinati e continuativi, o “forzatamente” considerati collaboratori a progetto, va fatta alla Gestione
Separata dell’Inps di cui alla L. 335/1995 di riforma del sistema pensionistico (nota come Legge Dini).
La contribuzione è posta per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore.
Aliquote. Per l’anno 2011 la L.247/2007 aveva previsto un innalzamento di 0,09 punti dell’aliquota
contributiva rispetto al 2010. Ma la L. 220/2010 (legge di stabilità 2011) ha abrogato tale disposizione.
Pertanto le aliquote in vigore nel 2011 sono le stesse del 2010, ovvero sono previste nella misura del 26,72%
per coloro che non hanno un’altra forma previdenziale obbligatoria e del 17% per i parasubordinati che sono
iscritti anche ad un’altra gestione obbligatoria.
Massimale. È previsto un massimale, ovvero un versamento massimo commisurato ad un reddito di € 93.622
(€ 92.147 per il 2010), ma non un minimale, nel senso che va pagato sul compenso effettivamente percepito.
Esiste però un minimale in questo senso: chi versa contributi di importo inferiore a € 3.888 in un anno
(calcolati su di un reddito di circa 14.552 euro – 14.333 euro nel 2010), non si vedrà accreditato un anno di
contributi bensì solamente la quota proporzionale.
I collaboratori hanno inoltre diritto all’indennità di degenza ospedaliera e all’indennità di malattia (pur
rispettando determinati requisiti di reddito e di durata dell’assenza dal lavoro). Le lavoratrici madri hanno
inoltre diritto alle indennità di maternità, e diversamente dalle “colleghe” libere professioniste iscritte alla
cassa di categoria, hanno l’obbligo di astenersi dall’attività lavorativa al pari di una lavoratrice dipendente.
Dal punto di vista del trattamento fiscale, il co.co.co è considerato un lavoratore dipendente, quindi il
sostituto di imposta, ovvero il suo committente, si comporta come un vero e proprio datore di lavoro, in
particolare provvede a:
-
Iscrivere i collaboratori nel Libro Unico (che ha sostituito i libri paga e matricola);
-
Operare le ritenute in base agli scaglioni Irpef;
-
Considerare le detrazioni spettanti per il lavoro dipendente e quelle per carichi di famiglia;
-
Rilasciare un prospetto paga del tutto simile alle buste paga, anche se in forma libera contenente gli
oneri fiscali e contributivi;
-
Effettuare i conguagli di fine anno;
-
Rilasciare il Modello Cud contenente il riepilogo delle somme corrisposte nell’anno precedente
Il collaboratore di lavoro occasionale
Diversamente dal collaboratore coordinato e continuativo la prestazione non può essere di durata
complessiva superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il
compenso complessivamente percepito dallo stesso committente nel medesimo anno solare sia superiore a 5
mila euro.
Il trattamento fiscale di tali compensi è tale per cui sono considerati redditi diversi ed assoggettati alla
ritenuta del 20%. Tali compensi assumono anche rilevanza contributiva (con obbligo di iscrizione alla
Gestione Separata) solo al superamento di un reddito annuo di € 5.000 anche da più committenti, ma solo
sulla parte eccedente la quota esente. Anche in questo caso il contributo è pari a 1/3 a carico del
collaboratore e per i 2/3 a carico del committente.
Il prestatore di lavoro autonomo
Veniamo infine alla tipologia di lavoratore che più interessa in questa sede, il lavoratore autonomo, che a
seconda della occasionalità o meno della sua prestazione deve o non deve aprire partita IVA.
L’art. 2229 del Codice Civile disciplina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è
necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi. La prestazione d’opera intellettuale è regolata dalle norme
contenute nel Libro V Del Lavoro Titolo III Del Lavoro Autonomo Capo II Delle Professioni Intellettuali.
Il prestatore d’opera intellettuale può svolgere la sua prestazione in maniera occasionale oppure in
maniera abituale.
Da sottolineare la differenza tra un lavoratore autonomo occasionale ed un collaboratore occasionale:
il primo nei confronti del committente ha un unico obbligo, quello di risultato, mentre il secondo deve
prestare la propria opera nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente. L’art. 61 del
D.Lgs 276/2003 che definisce la collaborazione occasionale esclude da questa ipotesi lavorativa i
professionisti intellettuali iscritti in appositi albi. Quindi la prestazione occasionale di un professionista
iscritto all’Ordine, come ad esempio la presentazione di una DIA, piuttosto che l’incarico di CTU ricevuto
dal Tribunale, non soggiace al limite dei 5.000 € né a quello dei 30 giorni lavorativi.
La distinzione è importante perché mentre da un punto di vista fiscale entrambi i compensi sono assoggettati
alla ritenuta d’acconto del 20%, da un punto di vista previdenziale invece l’Inps, riconducendo la
“collaborazione occasionale” al contratto d’opera così definito dall’art. 2222 del Codice Civile, richiede il
versamento dei contributi alla Gestione Inps lavoratori Autonomi nella misura in cui tale compenso eccede la
franchigia di 5.000€, ancorché da uno o più committenti diversi.
NB: Stabilire se un’attività professionale è abituale, oppure non lo è, è una questione piuttosto complessa, e
non codificata dal legislatore. La logica e il buon senso ci inducono a definire un’attività abituale come
un’attività caratterizzata dalla ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti. Di contro,
un’attività occasionale è un’attività caratterizzata dalla contingenza, dall’eventualità e dalla secondarietà. Per
esempio può essere semplice definire occasionale la prestazione di un architetto che saltuariamente riceve
l’incarico di CTU dal Tribunale; più difficile è sostenere l’occasionalità della prestazione di un architetto che
si occupa della progettazione e direzione lavori di un intero centro commerciale.
In ogni caso, una volta stabilita l’abitualità della prestazione di lavoro autonomo, il professionista deve
aprire la partita IVA. Infatti, l’articolo 5 del D.P.R. 633/1972 (Testo Unico IVA) stabilisce che per esercizio
di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi
attività di lavoro autonomo. Quindi requisito essenziale perché la prestazione di un professionista ricada nel
regime IVA è l’abitualità dell’esercizio dell’attività, mentre non è rilevante il requisito dell’esclusività.
Spesso l’apertura della partita IVA per un neo-professionista sembra una scelta forzata e soprattutto la meno
vantaggiosa, ma grazie ai più recenti regimi contabili introdotti dal Fisco proprio per venire incontro ai
professionisti che si affacciano al mondo del lavoro, avremo modo di dimostrare che sia dal punto di vista
fiscale che previdenziale non è sempre così.
INIZIO ATTIVITA’
Obblighi di comunicazione
Aprire la partita IVA significa diventare soggetto economico.
Gli adempimenti da mettere in atto sono i seguenti:
1
chiedere l’attribuzione del numero di partita IVA, che rappresenta il “codice fiscale” dell’attività
libero-professionale;
2
iscriversi alla cassa previdenziale di categoria, Inarcassa, se non si ha un’altra forma di contribuzione
obbligatoria (ovvero non si è già dipendenti, in questo caso è obbligatorio assoggettare il reddito
professionale all’Inps Gestione Separata con il riconoscimento di un aliquota più bassa, per il 2011 è
il 17% e versare ad Inarcassa il contributo integrativo pari al 4% regolarmente addebitato in fattura)
Per l’attribuzione della partita IVA occorre rivolgersi ad un qualsiasi Ufficio della Agenzia delle Entrate
compilando il modello di inizio attività; le persone fisiche devono utilizzare il modello AA9/10. Il modello
deve essere presentato entro 30 giorni dall’inizio dell’attività e va presentato:
-
in duplice esemplare direttamente allo sportello (o anche mediante persona delegata, in questo caso
servono le fotocopie di entrambi i documenti di identità, del delegante e del delegato);
-
in unico esemplare a mezzo servizio postale mediante raccomandata, allegando fotocopia della
propria carta d’identità; la dichiarazione risulta presentata alla data della spedizione;
-
per via telematica direttamente dal contribuente (in questo caso è necessario prima farsi rilasciare le
chiavi di accesso) o mediante intermediario incaricato della trasmissione telematica; la dichiarazione
risulta presentata alla data in cui si è conclusa la ricezione da parte dell’Agenzia delle Entrate
mediante apposita ricevuta.
La compilazione del modello di inizio attività è piuttosto semplice. Il modello e le istruzioni sono scaricabili
dal sito dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it In questo modello vanno indicati i dati
anagrafici, il codice ATECO dell’attività esercitata, l’indirizzo del luogo dove si intende esercitare la propria
attività professionale, che può coincidere con la propria residenza anagrafica, il luogo dove si intendono
conservare le scritture contabili, l’indicazione di eventuali sedi secondarie, ecc.
Il codice attività per gli studi di architettura è il 71.11.00.
Il codice attività per gli studi di ingegneria è il 71.12.10.
Un dato sul quale risulta importante fare delle precisazioni è quello relativo al volume d’affari. Questo
campo infatti va compilato solo se non si intende aderire ad uno dei due regimi contabili previsti
rispettivamente dall’art. 13 della L. 388/2000 e dall’art.1 comma 96 e seguenti della L. 244/2007 di cui
parleremo più avanti. In questo caso l’importo del Volume d’Affari serve per comunicare all’Agenzia delle
Entrate la propria intenzione di optare per la liquidazione (ed il versamento) trimestrale dell’IVA consentita
in base all’art. 33 del DPR 633/1972 (Testo Unico dell’IVA) per i professionisti con un volume d’affari
inferiore a € 309.874,14 (i vecchi 600 milioni di lire). Tale limite, che per ora è sempre andato di pari passo
con quello che determina l’obbligo di tenuta della contabilità ordinaria per le imprese, non è stato interessato
dal recente provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, che l’ha invece innalzato a 400.000 euro. Si può
ragionevolmente ipotizzare che il limite verrà innalzato.
Lo stesso modello di comunicazione AA9/10 va presentato entro 30 giorni da un evento modificativo
(variazione della residenza anagrafica, variazione del luogo di esercizio dell’attività, ecc.)
Scelta del regime contabile
Il professionista determina l’IVA con il regime normale e rientra sempre nel regime di contabilità
semplificata (salvo regimi forfetario e super semplificato, peraltro entrambi abrogati). La contabilità
ordinaria è facoltativa e solo su opzione, da esercitare nella dichiarazione annuale IVA o in quella di inizio
attività.
Il professionista in contabilità semplificata deve tenere il registro fatture emesse, il registro IVA acquisti e
il Registro degli incassi e dei pagamenti.
Sul registro delle fatture emesse vanno registrate le fatture emesse entro 15 giorni dalla data di emissione,
nell’ordine della loro numerazione; le fatture devono essere comprese nella liquidazione IVA del mese di
emissione, anche se registrate successivamente. Le fatture vanno emesse entro il giorno dell’effettuazione
delle prestazioni o al più tardi il giorno dell’incasso.
Sul registro IVA acquisti vanno annotate le spese sostenute anteriormente alla liquidazione periodica o alla
dichiarazione annuale nella quale è esercitato il diritto alla detrazione.
Dal 25.10.2001 è stato soppresso l’obbligo di bollatura dei registri IVA, fermo restando l’obbligo di
numerazione progressiva delle pagine, con l’indicazione su ogni pagina dell’anno di riferimento.
Il professionista oltre ai registri IVA deve tenere dei registri anche per le imposte sui redditi; più
precisamente il registro degli incassi e pagamenti per i professionisti in contabilità semplificata, e il registro
cronologico e il registro dei beni ammortizzabili per quelli in contabilità ordinaria.
Sul registro incassi e pagamenti devono essere annotati entro 60 giorni cronologicamente gli introiti e le
spese derivanti dall’esercizio della professione anche se non documentati da fattura. Entro il termine stabilito
per la presentazione della dichiarazione deve essere annotato il valore dei beni per i quali si richiede la
deduzione di quote di ammortamento. Questa annotazione sostituisce l’obbligo di tenuta del registro dei beni
ammortizzabili.
L’assoggettamento al regime ordinario (in contabilità semplificata od ordinaria per opzione) prevede:
-
il pagamento dell’imposta progressiva IRPEF e delle addizionali sul reddito conseguito, da
determinarsi con metodi ordinari (detrazione dei costi dai ricavi);
-
il pagamento dell’IRPEF secondo un sistema di acconti e saldi; il 16 giugno, contestualmente al
pagamento del saldo dell’anno precedente, va versato il 40% dell’acconto dell’anno in corso, e a
novembre il 60% dell’acconto; l’acconto, in linea generale, va versato sul 99% dell’imposta
dell’anno precedente;
-
la liquidazione dell’imposta IVA, con metodi ordinari, mensilmente o trimestralmente (con la
maggiorazione di interessi pari all’1%);
-
l’assoggettamento dei compensi alla ritenuta d’acconto.
Una breve considerazione circa la convenienza all’opzione della contabilità ordinaria: dal periodo di imposta
2005, in seguito al Decreto Bersani D.L. 223/2006, non vi è alcuna convenienza ad optare per la contabilità
ordinaria, in quanto tutti i professionisti, anche quelli in contabilità ordinaria per opzione, sono passibili di
accertamento da studi di settore anche se la non congruità si verifica solo un anno (e non due periodi su tre
anche non consecutivi come avveniva prima)
Regime ante 01/01/2012:
In alternativa al “naturale” regime della contabilità semplificata, per il neo-professionista che intende aprire
la partita IVA esistono due regimi contabili, che hanno sostituito il forfetario e il super semplificato (ormai
aboliti rispettivamente dal 2007 e dal 2008):
1) il regime delle nuove iniziative produttive
2) il regime dei minimi (cosiddetto “regime dei contribuenti minimi/marginali”)
Il regime delle nuove iniziative produttive (all’art. 13 della L. 388/2000)
L’opzione per tale regime è concessa per le persone fisiche che:
-
negli ultimi tre anni non abbiano esercitato attività artistica, professionale o d’impresa anche in
forma associata o familiare;
-
la cui nuova attività non costituisca mera prosecuzione di una precedentemente svolta in qualità di
lavoratore dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata continuativa;
-
il cui ammontare dei compensi dell’attività non superi € 30.987,41
Una importante precisazione va fatta in merito al secondo requisito.
Ecco uno stralcio della circolare n. 8/E del 26.01.2001 dell’Agenzia delle Entrate:
“La condizione tale per cui la nuova attività non costituisca mera prosecuzione di una precedentemente
svolta in qualità di lavoratore dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata
continuativa ha carattere antielusivo ed è finalizzata ad evitare gli abusi dei contribuenti, i quali, al solo fine
di godere delle agevolazioni tributarie previste dal nuovo regime, potrebbero di fatto continuare ad
esercitare l’attività in precedenza svolta, modificando solamente la veste giuridica in impresa o lavoro
autonomo.
Più che aver riguardo, quindi, al tipo di attività esercitata in precedenza occorre porre l’accento sul
concetto di mera prosecuzione della stessa attività.
È da ritenersi certamente mera prosecuzione dell’attività in precedenza esercitata quell’attività che presenta
il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto formale ma che viene svolta in sostanziale continuità,
utilizzando, ad esempio, gli stessi beni dell’attività precedente, nello stesso luogo e nei confronti degli stessi
clienti.
L’indagine diretta ad accertare la novità dell’attività intrapresa, infine, va operata caso per caso con
riguardo al contesto generale in cui la nuova attività viene esercitata.”
Non sembra quindi ostativa all’apertura di una attività professionale con tale regime la condizione di essere
anche lavoratore dipendente. Non è chiaro però se tale attività debba avere in assoluto carattere di novità
rispetto all’attività che si continua a svolgere come lavoratore dipendente.
Le agevolazioni concesse ai titolari di partita IVA che abbiano scelto di avvalersi di tale regime agevolato
per i primi tre anni di attività sono:
-
il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%, in luogo delle aliquote progressive IRPEF e delle
addizionali comunale e regionale, sul reddito conseguito, da determinarsi con metodi ordinari
(detrazione dei costi dai ricavi); l’imposta sostitutiva va versata in unica soluzione entro il termine
ordinario, 16 giugno (senza acconti);
-
l’esonero dalla tenuta delle scritture contabili, nonché dalla liquidazione mensile o trimestrale e dal
versamento periodico dell’IVA; la liquidazione IVA annuale, da effettuarsi con metodi ordinari,
prevede il versamento del saldo da effettuarsi entro il 16 marzo dell’anno successivo;
-
l’obbligo della conservazione dei documenti emessi e ricevuti e dell’emissione della fattura;
-
il non assoggettamento alla ritenuta d’acconto.
Il regime dei minimi (art. 1 co.96-117 della L. 244/2007)
La scelta di tale regime è concessa ai professionisti:
-
il cui ammontare dei compensi dell’attività non superi € 30.000; i soggetti che iniziano l’attività
possono prevedere di non superare questo limite, optando nel modello AA9/10 per la scelta di questo
regime, senza indicare alcun importo nel campo Volume D’affari;
-
che nel triennio solare precedente non abbiano effettuato acquisti, anche mediante appalto, locazione
o leasing, di beni strumentali superiori ad € 15.000, considerando al 50% il valore dei beni
strumentali utilizzati in forma promiscua (autovetture, cellulari, ecc.); per le locazioni e i leasing
vanno considerati i canoni maturati nel triennio;
-
che non abbiano sostenuto spese per lavoro dipendente o per collaboratori (borsisti o tirocinanti,
collaboratori a progetto o coordinati e continuativi) anche se familiari.
Le agevolazioni concesse ai titolari di partita IVA che abbiano scelto di avvalersi del regime dei minimi
sono:
-
il pagamento di un’imposta sostitutiva del 20%, in luogo delle aliquote progressive IRPEF, delle
addizionali comunale e regionale e dell’IRAP, sul reddito conseguito, da determinarsi con metodi
ordinari (detrazione dei costi dai ricavi); l’imposta sostitutiva va versata in unica soluzione entro il
termine ordinario, 16 giugno (senza acconti);
-
l’esonero da tutti gli adempimenti IVA, liquidazione versamento registrazione; l’emissione delle
fatture è prevista senza l’addebito dell’IVA a titolo di rivalsa e di conseguenza non è possibile
portare in detrazione l’iva afferente gli acquisti;
-
l’obbligo di numerare e conservare le fatture di acquisto, integrare le eventuali fatture di acquisto
intracomunitario, versare la relativa IVA entro il 16 del mese successivo e compilare gli elenchi
Intrastat;
-
l’assoggettamento alla ritenuta d’acconto;
-
l’applicazione della marca da bollo da € 1,81 per le fatture di importo superiore a € 77,47.
Alcune considerazioni vanno fatte in merito al passaggio da un regime ad un altro:
-
in base alle disposizioni normative un contribuente non può uscire dal regime dei minimi per entrare
in quello delle nuove iniziative produttive, ma può fare il contrario, anche se non è trascorso il
triennio;
-
il regime dei minimi è un regime naturale, cioè viene adottato automaticamente presentandosi i
requisiti di ammissione. E’ possibile non adottare tale regime facendo opzione per il regime
ordinario/semplificato, opzione che però ha valenza triennale.
-
Decorso il triennio dall’opzione, al passaggio dal regime ordinario/semplificato a quello dei minimi,
scattano gli obblighi di rettifica della detrazione dell’IVA effettuata su beni o servizi acquistati negli
anni d’imposta precedenti in base ai criteri stabiliti dall’art. 19-bis2 del DPR 633/1972. Quindi per i
beni ammortizzabili va versata l’IVA per un importo pari a tanti quinti quanti ne mancano al
raggiungimento dei cinque anni. (Es. acquisto nel 2008, entrata nel regime dei minimi nel 2011,
obbligo di versamento di 2/5 dell’IVA sull’acquisto del bene strumentale).
Ulteriori analogie e differenze tra i due regimi agevolati:
Oltre alle differenze ed alle analogie già evidenziati sopra, altre meritano di essere citate:
-
Entrambi i regimi determinano il reddito imponibile in modo analitico, vale a dire sottraendo i costi
ai ricavi, con un’importante differenza: nei regime dei minimi è consentita la deduzione dei
contributi previdenziali, mentre non è consentita nel regime delle nuove iniziative produttive;
-
Nell’ipotesi che il contribuente abbia solo il reddito professionale, gli oneri normalmente deducibili e
detraibili dal reddito non possono essere considerati; quindi vanno senz’altro perse le detrazioni per
oneri e per carichi di famiglia, piuttosto che le deduzioni dal reddito degli oneri deducibili (fatta
eccezione per i contributi previdenziali nel caso del regime dei minimi); tornano in gioco nel
momento in cui il contribuente ha altri redditi
-
Ai fini Irap le dichiarazioni e il versamento dell’imposta restano obbligatori secondo le norme
ordinarie di applicazione per il contribuente nel regime delle nuove iniziative produttive, mentre il
contribuente minimo né è escluso, per espressa disposizione normativa;
-
Nella determinazione del reddito imponibile del contribuente minimo, il principio di cassa è talmente
“esasperato” che tutte le spese, anche quelle per i beni strumentali, sono deducibili dal reddito per
l’importo sostenuto, abbattuto del 50% per i beni cosiddetti promiscui. Non esiste quindi in questo
regime il concetto di “competenza economica”;
-
Il caso in cui l’attività costituisca mera prosecuzione di una precedentemente svolta in qualità di
lavoratore dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata continuativa, se
rappresenta una causa ostativa per la scelta del regime delle nuove iniziative produttive, non lo è per
la scelta del regime dei minimi.
Perdite di lavoro autonomo.
Nel caso in cui il lavoratore autonomo generi un risultato negativo e quindi una perdita fiscale, questa, in
base all’art. 8 del TUIR, come modificato dall’art. 1 comma 29 della legge finanziaria 2008, dopo un breve
periodo in cui questo non era possibile, torna ad essere scomputabile dal reddito complessivo nello stesso
anno in cui si genera la perdita professionale (compensazione orizzontale).
Unica eccezione per i contribuenti minimi per i quali invece la perdita generata può essere compensata solo
all’interno del quadro CM, quindi solo con redditi successivi maturati all’interno del regime dei minimi, ma
non oltre il quinto, fatta eccezione per le perdite maturate nei primi tre anni di attività in quanto sono
riportabili senza limiti di tempo.
Novità dall’01/01/2012:
Importanti novità sono state introdotte dall’art. 27 della Manovra d’estate 2011 (Decreto Legge 6 luglio 2011
n. 98 convertito nella Legge 15 luglio 2001 n. 111) ha introdotto un regime di valore per le nuove imprese
costituite da persone fisiche. Dal 1° gennaio 2012 questo nuovo regime sostituirà sia il regime delle nuove
iniziative produttive sia quello dei minimi con l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 5%.
Il nuovo regime dura 5 anni e si applica solo alle persone fisiche che intraprendono un’attività d’impresa arte
o professione o che l’hanno iniziata dopo il 31/12/2007 e che presentino alcuni ulteriori requisiti rispetto a
quelli previsti per i contribuenti minimi. Il limite temporale di 5 anni non vale per i contribuenti più giovani,
che potranno infatti avvalersene fino al periodo d’imposta nel quale compiono 35 anni.
Il nuovo regime “semplificato per nuove imprese” si applica a condizione che vengano rispettate tutte le
condizioni previste per i contribuenti minimi. In aggiunta ai sopra citati requisiti, il nuovo regime è
riconosciuto a condizione che:
-
L’attività d’impresa arte e professione sia nuova o iniziata successivamente al 31.12.2007;
-
Negli ultimi tre anni non abbiano esercitato attività artistica, professionale o d’impresa anche in
forma associata o familiare;
-
L’attività da esercitare non costituisca mera prosecuzione di una precedentemente svolta in qualità di
lavoratore dipendente o autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata continuativa,
escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai
fini dell’esercizio di arti o professioni
Agevolazioni
Le agevolazioni corrispondono a quelle previste per i contribuenti minimi che sinteticamente ricordiamo:
•
esonero dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta e da tutti gli altri obblighi previsti dal
DPR 633/1972
•
esonero dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili
•
esenzione dall’IRAP
•
esenzione dagli studi di settore;
•
principio di cassa “esasperato” secondo le regole di cui al comma 104 dell’articolo 1 della Finanziaria
2008;
•
pagamento di un imposta sostitutiva dei redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 5%.
La ratio della norma è tale per cui i soggetti che dal 2008 hanno intrapreso una attività professionale
aderendo al regime dei minimi ora possono accedere al nuovo regime semplificato per nuove imprese solo se
rispettano gli ulteriori requisiti di “novità” dell’attività professionale, che erano tipici dell’ex regime delle
nuove iniziative produttive. Rimangono ancora dubbi sul fatto che un contribuente che abbia iniziato
l’attività nel 2008 con il regime delle nuove iniziative produttive e nel 2011, decorsi i tre anni sia entrato nel
regime ordinario, almeno nel 2012 possa rientrare in questo regime. Si aspettano comunque chiarimenti da
parte dell’Agenzia delle Entrate con una circolare, si spera, di prossima emanazione.
Chi ha i requisiti di cui ai commi da 96 a 99 art. 1 legge 244/2007 ma manca degli altri requisiti introdotti
dalla manovra correttiva può allora aderire al regime degli “ex –minimi”, la cui durata è illimitata salvo il
superamento di uno o più limiti, che prevede l’esonero dalla tenuta delle scritture contabili, il non
assoggettamento all’IRAP, il versamento IVA in dichiarazione, la determinazione del reddito secondo i
criteri di cassa del regime “ordinario” dei professionisti e l’assoggettamento del reddito alle aliquote Irpef
ordinarie.
Va da sé che, in mancanza di una circolare esplicativa da parte dell’Agenzia delle Entrate, la possibilità di un
contribuente professionista di entrare in un regime piuttosto che in un altro deve essere analizzata alla luce
dei chiarimenti fatti in esecuzione dei due regimi abrogati.
Rimangono inoltre da sciogliere ancora molti dubbi di carattere “operativo” quali ad esempio
l’assoggettamento a ritenuta d’acconto, la deducibilità degli oneri previdenziali, la possibilità di entrare nel
nuovo regime dei contribuenti da parte degli ex “nuove iniziative produttive”.
Budget finanziario
Il neo professionista che si affaccia al mondo del lavoro, escludendo l’ipotesi di assunzione come lavoratore
dipendente, oltre a considerazioni e scelte di ordine fiscale e contributivo, deve fare anche considerazioni di
carattere economico-finanziario. Ovvero deve prevedere tutta una serie di costi, che nello specifico possono
essere:
-
“fissi”, quali per esempio la quota associativa annuale per l’iscrizione all’ordine, piuttosto che i
contributi previdenziali “minimi” soggettivi integrativi e di maternità, la dotazione minima
patrimoniale iniziale (costituita da un pc, da un cellulare, da un programma di software,
dall’attrezzatura tecnica); i costi di aggiornamento
-
“variabili”, ovvero quelli legati in un modo o nell’altro alla quantità di reddito prodotto o alle
prestazioni effettuati, quali per esempio i contributi previdenziali eccedenti il minimale, i costi per
l’acquisizione di materiale di consumo per cancelleria e il funzionamento dello studio in generale, le
imposte dirette
Tabella comparativa per la scelta dell’inquadramento professionale
A solo titolo esemplificativo si riporta una tabella riassuntiva dei costi fiscali e contributvi per le varie
tipologie di inquadramento fiscale a parità di reddito lordo, con queste precisazioni:
-
senza partita IVA la gestione previdenziale è quella dell’Inps; l’aliquota fissata per il 2011 è del
26,72%, e ricordiamolo, grava per 1/3 sul collaboratore e per 2/3 sul committente; con l’apertura
della partita IVA invece i contributi previdenziali vanno pagati ad Inarcassa, la prima aliquota del
contributo soggettivo (corrispondente ad un reddito fino a € 85.400) fissata per il 2011 è del 12,5%;
-
i contributi previdenziali (ad eccezione del contributo integrativo) sono considerati oneri deducibili
in tutte le situazioni, tranne nel caso dei contribuenti in regime di nuove iniziative produttive, per
espressa previsione normativa (anche se è opportuno citare una sentenza della Corte di Cassazione
n.2781 del 26/02/2001 che ha affermato l’inerenza dei contributi nell’attività di lavoro autonomo;
tuttavia l’Amministrazione Finanziaria non ha ancora recepito tale sentenza e continua ad affermarne
l’indeducibilità).
Compenso lordo al collaboratore/professionista di € 25.000
Fino al 31/12/2011
Co.Co.Co
Compenso
Prestatore
occasionale
25.000
Partita
IVA Partita
regime 388
minimi
25.000
Costi inerenti
IVA Partita
IVA
regime
ordinario
25.000
25.000
25.000
2.000
2.000
2.000
2.875
2.875
Oneri
deducibili
2.227
1.781
Imponibile
Irpef
22.773
23.219
23.000
20.125
20.125
0
0
23.000
0
23.000
25.000
20.000
23.000
23.000
23.000
Imponibile Irap
Imp.
previdenza
Irpef/add.
5.693
5.805
2.300
4.025
5.089
0
0
546
0
546
2.227
1.781
2.875
2.875
2.875
17.080
17.414
19.279
18.100
16.490
68,32%
69,66%
77,12%
72,40%
65,96%
Irap
Contributi
Netto
Percentuale
Dal 01/01/2012
Co.Co.Co
Compenso
Prestatore
occasionale
25.000
Partita
IVA Partita
IVA Partita
IVA
nuove imprese
ex minimi
regime
ordinario
25.000
Costi inerenti
25.000
25.000
25.000
2.000
2.000
2.000
Oneri
deducibili
2.227
1.781
?
2.875
2.875
Imponibile
Irpef
22.773
23.219
23.000
20.125
20.125
0
0
0
0
23.000
Imp.
previdenza
25.000
20.000
23.000
23.000
23.000
Irpef/add.
5.693
5.805
1.150
5.089
5.089
0
0
0
0
546
2.227
1.781
2.875
2.875
2.875
17.080
17.414
20.975
17.036
16.490
68,32%
69,66%
83,90%
68,14%
65,96%
Imponibile Irap
Irap
Contributi
Netto
Percentuale
Come si può facilmente constatare, è evidente il vantaggio del nuovo regime introdotto dalla manovra
d’estate rispetto ai due regimi abrogati e a quello ordinario, mentre da un punto di vista strettamente fiscale
non lo è più il regime degli ex-minimi. I vantaggi di questo ultimo regime sono legati esclusivamente alla
non assoggettabilità all’Irap e all’esonero dalla tenuta delle scritture contabili; resta da chiarire se, come i
minimi del vecchio regime, questi contribuenti sono assoggettabili alla disciplina degli studi di settore.
Anche per questo si aspetta un chiarimento da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
GESTIONE DELL’ATTIVITA’ PROFESSIONALE
Concetto di detraibilità dell’IVA
Prima di spiegare il concetto di detraibilità dell’IVA occorre definire il concetto di IVA stesso.
IVA è l’acronimo di Imposta sul Valore Aggiunto e rappresenta la più importante tra le imposte indirette. Per
un soggetto economico in linea generale l’IVA non rappresenta un costo, bensì semplicemente un debito
verso l’erario per l’IVA applicata sulle fatture emesse e riscossa dal cliente e un credito per l’IVA applicata
sulle fatture di acquisto e pagata al fornitore. In sede di liquidazione dell’IVA si tratterà di calcolare la
differenza tra l’IVA sulle prestazioni e l’IVA sugli acquisti e versarla alle scadenze di legge.
Sulle prestazioni che il contribuente svolge e che fattura al cliente, salvo il caso dei contribuenti “nuovi
imprese” introdotto dal D.L. 98/2011, il professionista applica l’IVA; quindi il debito verso l’Erario riguarda
tutta l’IVA in rivalsa. Mentre sugli acquisti, possono esserci delle limitazioni alla detrazione dell’IVA
esposta in fattura, e tali limitazioni, nel caso dell’architetto o dell’ingegnere, sono di natura oggettiva, vale a
dire riguardanti la natura degli acquisti di beni o servizi e sono disciplinati dall’art. 19-bis1 del DPR
633/1972.
Di seguito elenchiamo in una tabella gli acquisti che possono interessare la professione di
architetto/ingegnere e che presentano una limitazione alla detraibilità dell’IVA:
Descrizione dell’acquisto
% detrazione
Note
Veicoli stradali a motore, diversi dai 40% - 100%
motocicli; relativi componenti e
ricambi; per veicoli stradali a motore si
intendono tutti i veicoli, diversi dai
trattori, adibiti a trasporti di persone o
beni (autovettura, motocicli inferiori a
350 cc, ciclomotori) vale a dire con
massa a pieno carico non superiore a 3,5
ton. (4,5 se a trazione elettrica) e max 9
posti)
E’ ammessa la detrazione del 100% se sono
utilizzati esclusivamente nell’esercizio della
professione. L’onere della prova di tale
esclusività nel caso di verifiche documentali
è a carico del contribuente.
Carburanti e lubrificanti; prestazioni di Vedi sopra
custodia,
manutenzione,
impiego,
locazione anche finanziaria, transito
stradale per autoveicoli e motoveicoli
La percentuale di detrazione è analoga a
quella per l’acquisto del bene cui si
riferiscono i beni e le prestazioni
Spese di somministrazione di pasti e 100%
bevande e le prestazioni alberghiere
Dal 01/09/2008 tali spese hanno IVA
detraibile; tuttavia tali spese possono ancora
avere IVA indetraibile se classificabili come
“spese di rappresentanza”, ovvero se non
inerenti all’attività del soggetto passivo.
Alimenti e bevande
0%
Eccezioni: gli acquisti per distributori
automatici collocati presso lo studio hanno
IVA detraibile
Telefoni cellulari o radiomobili
0%-100%
Dall’01/01/2008 la percentuale di detrazione
non è più fissata dalla legge ma dipende
dall’effettivo utilizzo per l’attività. In base ad
una precisa disposizione normativa (art.1
co.255 L. 244/2007) sono previsti dei
controlli specifici per i contribuenti che
detraggono una quota superiore al 50%
Spese di rappresentanza: l’indetraibilità 0%
è prevista su tali spese è sugli acquisti di
omaggi di costo unitario superiore a €
25,82.
Per spese di rappresentanza si intendono
spere inerenti, se sostenute e documentate,
per erogazioni gratuite di beni e servizi,
effettuate per fini promozionali o di
pubbliche relazioni il cui sostenimento
risponda a criteri di ragionevolezza in
funzione di generare benefici economici o il
cui sostenimento sia coerente con pratiche
commerciali de settore. Si considerano tali
per esempio le spese per feste, ricevimento e
altri eventi di intrattenimento organizzati per
ricorrenze aziendali o festività, per
l’inaugurazioni di nuove sedi o uffici)
Immobili adibiti a studi professionali
Dall’01/01/1998
è
detraibile
l’IVA
sull’acquisto o su leasing degli immobili
utilizzati per l’attività di lavoro autonomo.
100%
Tornando invece al discorso dei soggetti “nuove imprese”, a tali soggetti, non applicando l’IVA sulle fatture
emesse, è preclusa ogni possibilità di detrazione dell’IVA sugli acquisti; tale IVA diventa però costo
deducibile.
Variazione dell’aliquota dal 20% al 21%.
Il giorno 17/09/2011, all’indomani della pubblicazione sulla G.U. del provvedimento della L. 148/2011 di
conversione del D.L. 138/2011 cosiddetta Manovra di Ferragosto, è entrato in vigore l’incremento
dell’aliquota IVA dal 20% al 21%.
Circa la decorrenza della nuova aliquota si ricorda che rileva il momento in cui l’operazione posta in essere
si considera effettuata ai fini IVA; per le prestazioni di servizio l’operazione si considera effettuata ai fini
IVA all’atto del pagamento. Pertanto l’incremento dell’IVA dal 20 al 21% si applica a tutte le prestazioni di
servizi pagate dal 17 settembre in poi, a nulla rilevando l’avvenuta esecuzione, in tutto o in parte, della
prestazione.
Le fatture pro-forma (o note provvisorie, o bozze fattura) emesse con IVA al 20% e non ancora pagate entro
il 16 settembre diventano quindi irrilevanti e dovranno essere eventualmente ri-emesse per essere adeguate
alla nuova percentuale del 21% e per consentire ai clienti di pagare il corretto importo aumentato della nuova
percentuale.
Inerenza e deducibilità dei costi
La determinazione del reddito di professionisti ed artisti avviene in modo analitico. Il reddito è costituito
dalla differenza tra i compensi percepiti (esclusi IVA e contributo integrativo a carico del committente) e i
costi sostenuti, purché tali costi siano inerenti.
L’inerenza del costo è una condizione necessaria per la deducibilità del costo stesso; il suo riscontro deve
mirare a verificare la sussistenza del rapporto tra causa ed effetto, ovvero il collegamento funzionale fra il
suo sostenimento e l’oggetto della prestazione effettuata.
Si tratta di condizione necessaria ma non sufficiente, in quanto il legislatore ha posto dei vincoli oggettivi
alla deducibilità di alcune spese, nel caso in cui ha presunto che alcune di esse possano ritenersi “promiscue”
od estranee all’esercizio della professione.
Di seguito elenchiamo in una tabella i costi che possono interessare la professione di architetto e che
presentano una limitazione alla loro deducibilità:
Descrizione dell’acquisto
% deducibilità
Note
Familiari dipendenti o collaboratori 0%
coordinati e continuativi
Sono indeducibili dal reddito professionale i
compensi erogati al coniuge, ai figli e agli
ascendenti; sono deducibili al 100% i
compensi pagati a familiari, titolari di Partita
IVA, per prestazioni professionali
Immobili strumentali in proprietà o 100%
leasing
Possono essere dedotte le quote di
ammortamento e i canoni di leasing riferibili
all’acquisto compiuto nel triennio 20072009.
Spese
di
ammodernamento,
ristrutturazione e manutenzione degli
immobili
Deducibilità fino al 5% del valore di tutti i
beni materiali ammortizzabili esistenti
all’inizio dell’esercizio e rinvio nei 5 esercizi
successivi in quote costanti
Immobili ad uso promiscuo
50%
Per gli immobili ad uso promiscuo (a
condizione che il contribuente non disponga
di altri immobili ad uso esclusivamente
professionale nello stesso Comune) sia
deducibile il 50% della rendita o del relativo
canone di locazione. Sono deducibili per il
50% anche le spese per i servizi relativi a tali
immobili e quelle non incrementative di
ammodernamento,
ristrutturazione
e
manutenzione.
Autovetture e autoveicoli
40%
La percentuale di deduzione fiscale degli
ammortamenti è del 40%, fermo restando il
limite assoluto di costo pari ad € 18.076; la
stessa percentuale del 40% è applicabile a
tutte le spese relative agli autoveicoli. Per i
professionisti la deducibilità è comunque
limitata ad un solo veicolo, o ad un solo
veicolo per associato in caso di esercizio
della professione in forma associata
Carburanti e lubrificanti; prestazioni di 40%
custodia,
manutenzione,
impiego,
locazione anche finanziaria, transito
stradale per autoveicoli e motoveicoli
La percentuale di detrazione è analoga a
quella per l’acquisto del bene cui si
riferiscono i beni e le prestazioni
Spese di somministrazione di pasti e 75%
bevande e le prestazioni alberghiere
La spesa è deducibile comunque fino al 2%
dei compensi percepiti
Telefonia fissa e mobile
80%
Sono deducibili all’80% le quote di
ammortamento, i canoni di leasing e di
noleggio, le spese di impiego e
manutenzione, relativi alla telefonia fissa e
mobile. Sono deducibili nella stessa misura
anche i modem ovvero il router ADSL. Sono
deducibili purché inerenti e tracciabili anche
le ricariche telefoniche o le schede prepagate
Spese di rappresentanza
100%
Fino all’1% dei compensi percepiti.
Compresi gli omaggi e gli acquisti di oggetti
d’arte, antiquariato e collezione. Se tra le
spese di rappresentanza ci sono anche spese
di somministrazione di pasti e bevande,
occorre prima abbattere tale costo del 25%.
Convegni,
congressi,
aggiornamento
corsi
Beni utilizzati promiscuamente
di 50%
Comprese le spese di viaggio e soggiorno
relative
50%
Competenza dei ricavi e dei costi: criterio di cassa
In linea generale la determinazione del reddito professionale di lavoro autonomo avviene secondo il
principio di cassa, in base cioè alla differenza tra i compensi incassati e le spese effettivamente sostenute
nell’esercizio della professione.
Il principio di cassa non si applica ad alcuni costi per espressa previsione normativa (art. 54 D.P.R.
917/1986):
-
ai costi sostenuti per l’acquisizione di beni strumentali, che concorrono invece alla formazione del
reddito mediante l’imputazione delle quote di ammortamento, sulla base di coefficienti stabiliti dal
Ministero delle Finanze, se il loro costo è superiore a € 516,46; in questo caso è prevista la
deducibilità nell’esercizio di sostenimento della spesa;
-
ai costi sostenuti per l’acquisizione di beni strumentali in leasing, e comunque a condizione che la
durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento ordinario stabilito sulla
base dei medesimi coefficienti di cui sopra;
-
alle quote di Tfr maturate dai dipendenti;
Per il regime delle “nuove imprese”, il criterio di cassa per la determinazione del reddito è TOTALE; nel
senso che tutti i costi sono deducibili nell’anno in cui sono sostenuti, compresi quindi anche quelli per
l’acquisizione dei beni strumentali.
Applicazione della ritenuta d’acconto
Ritenute subite
Il compenso percepito dal professionista è soggetto a ritenuta d’acconto, a meno che il committente non sia
un soggetto privato.
Nel caso di professionista con Partita IVA la ritenuta d’acconto va applicata anche alle somme
ricevute dal committente a titolo di rimborso spese forfetarie (indennità chilometriche, diarie, ecc),
perché tali rimborsi sono equiparati sempre ai compensi. Mentre non va applicata alle anticipazioni fatte
in nome e per conto del cliente (spese documentate), salvo il caso di spese di vitto e alloggio documentate e
fuori del territorio comunale.
La ritenuta d’acconto non va applicata nel caso di professionisti che rientrano nel regime delle nuove
iniziative produttive in vigore fino al 31/12/2011. Dubbio rimane sulla assoggettabilità a ritenuta dei
compensi corrisposti ai professionisti che rientrano nel regime “delle nuove imprese”
Ritenute applicate
Anche il professionista che paga compensi di lavoro autonomo è obbligato ad effettuare la ritenuta di
acconto del 20% sull’importo corrisposto.
Ricordiamo che nel caso di compenso ad un collaboratore coordinato e continuativo, il trattamento del
collaboratore va equiparato dal punto di vista fiscale e previdenziale ad un dipendente subordinato. Diventa
quindi datore di lavoro a tutti gli effetti e deve quindi sottostare a tutti gli aspetti della stringente normativa
riguardante il lavoro subordinato (tenuta del Libro Unico, aggravio della normativa sulla sicurezza nei posti
di lavoro, ecc.). In questo caso il consiglio è quello di rivolgersi ad un Consulente del Lavoro.
Irap
Il professionista soggetto IVA, in linea di principio, è soggetto all’Irap, l’imposta sul reddito delle attività
produttive. L’aliquota per il 2011 è del 3,9%. La base imponibile è rappresentata dal reddito di lavoro
autonomo calcolato ai fini Irpef, al quale vanno apportate delle variazioni in aumento dovute
all’indeducibilità degli oneri finanziari, compresi gli interessi impliciti nei canoni di leasing, e delle spese per
lavoratori subordinati, parasubordinati ed occasionali.
Negli anni però c’è stata una importante evoluzione della posizione dei lavoratori autonomi rispetto alla
assoggettabilità o all’esclusione dall’IRAP.
Nel 2001 con al Sentenza n. 156 della Corte Costituzionale, viene ipotizzata la sussistenza di lavoratori
autonomi non soggetti al tributo in quanto privi di autonoma organizzazione di beni e persone.
Con una serie di sentenze nel 2007 la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui i
professionisti che svolgono la propria attività senza dipendenti e con beni strumentali non eccedenti la
dotazione minima non devono assolvere il tributo regionale. E’ seguita una serie di sentenze di merito che
hanno identificato sempre meglio questi concetti.
Nel 2008, quando per effetto dell’art.1 commi da 96/117 della Legge 244/2007 l’Amministrazione
Finanziaria ha esplicitamente escluso dall’Irap i soggetti minimi, in una successiva circolare ministeriale ha
in pratica considerato “non soggetti Irap” i professionisti che hanno i requisiti per accedere al regime dei
minimi, anche se non hanno, di fatto, optato per tale regime.
In conclusione, a parte i soggetti “minimi”, tutti gli altri contribuenti che, ritenendosi esclusi dall’Irap per
mancanza di autonoma organizzazione non la assolvono, sono sempre passibili di accertamento e quindi
possono essere chiamati a dimostrare l’assenza di organizzazione. Una recente sentenza della Corte di
Cassazione n. 6536 del 17/03/2010 ha fissato i criteri per stabilire quando esista l’autonoma organizzazione
con la conseguente applicazione dell’imposta regionale. In particolare viene precisato che esiste autonoma
organizzazione, quando:
1) il contribuente sia sotto qualsiasi forma responsabile dell’organizzazione e non sia invece
inserito in strutture riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
2) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività oppure
si avvalga, anche in modo occasionale, di lavoro altrui
Nonostante queste “linee guida” si naviga sempre più nell’incertezza alimentata giorno per giorno dalle
oscillazioni degli stessi giudici di legittimità: con la sentenza n. 23370 depositata il 18/11/2010 paga l’IRAP
il professionista che sostiene ingenti spese per l’ammodernamento e la ristrutturazione dello studio, con la
sentenza n. 23761 depositata il 23/11/2010 paga l’Irap il professionista che pur non avendo dipendenti eroga
elevati compensi a terzi (nella fattispecie circa € 72.000), con la sentenza n. 23155 depositata il 16/11/2010
non paga l’Irap il professionista pur avendo uno studio di ampia metratura, con la sentenza n. 24953
depositata il 09/12/2010 non paga l’Irap il medico di base che pur essendo dotato di attrezzature di medicina
generale svolge l’attività in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.
In ultimo, con la sentenza n. 19688, depositata il 27/09/2011, la Cassazione, anche se da una prima e
superficiale lettura sembra delineare un cambio di rotta della giurisprudenza di legittimità in quanto ha
accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di secondo grado con la quale tre
professionisti sono stati giudicati esclusi da Irap in quanto la loro attività era svolta con un assetto
organizzativo di rilievo minimale, in realtà ribadisce il concetto che ai fini dell’assoggettamento ad Irap
del contribuente è necessaria “la presenza di una struttura che costituisca un di più rispetto agli
elementi minimi richiesti per l’esercizio dell’attività professionale”. Inoltre ribadisce che il requisito
dell’autonoma organizzazione deve essere accertato dal giudice di merito ed è insindacabile in sede di
legittimità se congruamente motivato. Inoltre, non è comunque possibile evincere l’esatta entità dei fattori
produttivi utilizzati (definita semplicemente “di rilievo minimale”).
CRITICITA’ FISCALI
Il professionista, proprio in quanto soggetto economico, può essere oggetto di una tipologia di accertamento,
definito induttivo, vale a dire mediante una ricostruzione extra-contabile del reddito e del volume d’affari,
basata su elementi e notizie raccolti dagli Uffici stessi; due sono gli accertamenti di tipo induttivo che
possono interessare il professionista:
-
l’accertamento tradizionale, ammissibile solo al verificarsi di gravi violazioni contabili, anche in
seguito a richieste di chiarimenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria
-
l’accertamento da studi di settore
Studi di settore:
Gli studi di settore rappresentano uno strumento accertativo costruito sulla base di una complessa struttura
informativa che consente di determinare i ricavi o compensi potenziali degli esercenti impresa, arte o
professione, considerando le effettive condizioni di operatività degli stessi e tenendo conto non solo di
variabili di natura contabile, ma anche di variabili strutturali interne ed esterne, nonché di informazioni
qualitative in grado di influenzare il risultato reddituale.
Gli studi di settore, attraverso l’analisi delle suddette variabili, verificano la congruità dei ricavi dichiarati e
la coerenza del valore effettivamente riscontrato per i principali indicatori economici (produttività per
addetto, rotazione del magazzino, ecc.) rispetto ai valori minimi e massimi tipici del settore di attività del
contribuente. Per l’elaborazione di tali ricavi minimi, l’amministrazione finanziaria si avvale
dell’applicazione informativa chiamata GE.RI.CO.
Le variabili possono essere contabili ed extra-contabili. Quelle contabili, pur se con “pesi” diversi, in linea di
massima coincidono principalmente con le voci di costo utili per la determinazione del reddito; in aggiunta
troviamo anche il valore complessivo dei beni strumentali utilizzati nell’esercizio della professione. Le
variabili extracontabili invece sono rappresentate da alcune informazioni, non solo di carattere numerico, che
variano a seconda dell’attività esercitata e quindi dello studio di settore utilizzato; a puro titolo
esemplificativo, tra i dati extracontabili dello studio di settore degli studi di architettura o ingegneria, si
annoverano: il numero degli incarichi ricevuti, la natura degli stessi, l’individuazione della tipologia di
committenti, il numero delle ore settimanali e delle settimane lavorate, ecc, il costo del software, ecc.
Vi sono poi alcune condizioni oggettive e soggettive di non applicazione degli studi. Tra le più significative
ricordiamo:
-
il periodo d’imposta iniziale, a meno che l’attività non corrisponda ad una riapertura entro 6 mesi
dalla cessazione, o sia la mera prosecuzione dell’attività di un altro soggetto;
-
il periodo d’imposta finale;
-
il contribuente in regime dei minimi fino al periodo d’imposta 2011, il contribuente nel regime delle
nuove imprese dal 2012;
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il contribuente che si trovi in un periodo di non normale svolgimento dell’attività (per il
professionista è considerato tale il periodo d’imposta in cui ha interrotto l’attività per provvedimenti
disciplinari)
N.B.: l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare del 23 giugno 2010 n. 38, ha precisato che per un contribuente
che pur avendo i requisiti per essere considerato minimo ha optato per il regime ordinario, è ipotizzabile che
la sussistenza dei requisiti per l’applicazione del regime dei minimi possa configurare situazioni di
marginalità economica idonea a giustificare, in sede di contraddittorio, l’eventuale risultato di non congruità
rispetto agli studi di settore. In sostanza il contribuente può segnalare tale circostanza nel campo “note
aggiuntive” di GE.RI.CO, consentendo all’Amministrazione Finanziaria di venirne a conoscenza in anticipo
rispetto alla fase di contraddittorio (magari evitandolo).
Il contribuente a cui non si applicano le suddette condizioni di esclusione e che in seguito alla elaborazione
dello studio di settore si trova nella condizione di non dichiarare ricavi superiore a quelli minimi, può
decidere di adeguarsi a tale risultato oppure scegliere di non farlo. E’ bene ricordare però che con la
Finanziaria 2007, l’accertamento da studi di settore è stato generalizzato a tutti i contribuenti che esercitano
un’attività per cui lo specifico studio di settore è stato elaborato, prescindendo dal regime di contabilità
adottato. Vale a dire che gli Uffici fiscali possono procedere ad accertamento in base alle determinazioni
degli studi di settore in caso di non congruità anche per una sola annualità.
Alcune considerazioni importanti:
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se un contribuente risulta congruo e coerente agli studi di settore, può comunque essere oggetto di
controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria, qualora i dati degli studi risultino in qualche
modo anomali; per i professionisti tali anomalie possono essere l’indicazione delle ore settimanali e
delle settimane annuali lavorate, oppure la mancata indicazione dei beni strumentali; tali controlli si
concretizzano in segnalazioni inviate direttamente al contribuente o all’intermediario che si è
occupato dell’invio della dichiarazione dei redditi. A tale proposito l’Agenzia delle Entrate non ha
indicato il numero corretto da indicare, o il numero limite al di sotto del quale scatta in automatico
l’invio del questionario. Tuttavia, al di là delle considerazioni in merito alla veridicità dei dati
indicati che ovviamente si dà per scontato, il punto è che il professionista, è tenuto ad indicare
effettivamente il numero di ore settimanali e il numero di settimane che oggettivamente dedica alla
professione. In altre parole al contribuente non può essere vietato di indicare un numero più basso di
quello ritenuto standard (40 ore alla settimana per 48 settimane, come un lavoratore dipendente);
semmai, nel caso di una eventuale successiva verifica o instaurazione del contraddittorio (elemento
fondamentale e propedeutico all’emissione dell’avviso di accertamento da studi di settore) al
contribuente viene chiesto di giustificarlo. I motivi che possono indurre una professionista ad
indicare un numero inferiore rispetto ai valori cosiddetti standard possono essere riconducibili ad
una situazione personale contingente che per un certo periodo di tempo limita o impedisce del tutto
una normale attività lavorativa (puerperio, allattamento, figli in età prescolare, grave patologia,
intervento chirurgico). Ma riteniamo che particolari situazioni peculiari alla persona ove
impediscano di fatto lo svolgimento di una normale attività professionale dovranno essere
debitamente provate nella fase del contraddittorio. Qualora l’Amministrazione Finanziaria,
disattendendo le motivazioni fatte valere dal contribuente in contraddittorio, ritenga che i risultati di
GE.RI.CO risultino aderenti alla specifica posizione del contribuente e quindi proceda ad emettere il
conseguente avviso di accertamento, sarà il Giudice Tributario che valuterà se le argomentazioni
prodotte dal contribuente provano “la concreta ricorrenza di circostanze peculiari, esterne od interne,
influenti negativamente sul regolare svolgimento di qualsivoglia attività professionale” (Sentenza
della Cassazione n. 22555 del 05/11/2010).
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in linea teorica l’applicazione degli studi di settore in sede di accertamento deve basarsi su criteri di
“ragionevolezza” al fine di evitare la penalizzazione di quei contribuenti per i quali l’accertamento
presuntivo non sarebbe idoneo ad evidenziare le effettive condizioni di esercizio dell’attività. Al
riguardo, se il professionista non intende adeguarsi ai risultati di GE.RI.CO, in sede di accertamento
può istaurare un contraddittorio ed evidenziare tutti gli elementi idonei a giustificare il mancato
adeguamento dei compensi a quelli minimi;
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La norma prevede che nei confronti dei contribuenti che risultino “congrui e coerenti” rispetto alle
risultanze degli studi di settore (anche per adeguamento in dichiarazione) l’accertamento di tipo
presuntivo possa essere effettuato solo al verificarsi della condizione tale per cui l’ammontare delle
attività accertate, entro un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi
dichiarati; con il DL 138/2011 (cosiddetta Manovra di Ferragosto) è stata introdotta un’ulteriore
condizione per poter beneficiare dell’esclusione dagli accertamenti presuntivi, ovvero il contribuente
deve risultare congruo e coerente (anche per adeguamento in dichiarazione) anche nel periodo
d’imposta precedente a quello oggetto di controllo. Naturalmente l’esimente continua a valere solo
laddove non siano irrogabili sanzioni per omessa o infedele comunicazione dei dati rilevanti ai fini
degli studi di settore, nonché nel caso di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli
stessi non sussistenti.
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Con la sentenza n. 26635 – 26636 – 26637 e 26638 del 2009 la Corte di Cassazione aveva declassato
gli studi di settore a rango di “presunzioni semplici”; tale considerazione aveva importanti
ripercussioni sulla ripartizione dell’onere della prova in caso di accertamento da studi in quanto per
le presunzioni semplici è soltanto il giudice tributario che può stabilire se gli elementi portati in
giudizio dall’Amministrazione Finanziaria abbiano o meno i requisiti di gravità, precisione e
concordanza richiesti. L’onere della prova spettava quindi all’Amministrazione Finanziaria, che dal
canto suo, in sostanza, doveva rilevare nell’avviso di accertamento le ragioni per le quali, nonostante
l’avvenuto contraddittorio, continuasse a ritenere che i risultati di GE.RI.CO fossero aderenti alla
specifica posizione del contribuente. Inoltre altri importanti principi erano stati stabili nelle suddette
sentenze, ovvero che lo scostamento tra i valori dichiarati e quelli presunti “non deve essere
«qualsiasi», ma testimoniare una «grave incongruenza»”, che non è possibile far conseguire
all’incongruenza tra ricavi presunti e dichiarati un automatismo dell’accertamento e che è necessario
correggere i risultati degli studi considerando la concreta realtà economica del contribuente in sede
di contraddittorio preventivo. Tutti questi principi, se pure sono stati più volte ribaditi dai giudici di
legittimità, non sono sempre seguiti dai giudici di merito. Infatti in tali sentenze (la più recente è
quella della Commissione Tributaria di Bergamo (!) n. 189/8/11 del 26/09/2011) si afferma che i
risultati degli studi di settore costituiscono una presunzione qualificata, dotata dei requisiti di
gravità, precisione e concordanza, che consente all’Amministrazione finanziaria di procedere ad
accertamento senza effettuare alcuna ulteriore indagine o raffronto con la situazione effettiva del
contribuente, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire adeguata prova contraria. Sono state
inoltre respinte le doglianze espresse dai contribuenti accertati circa la violazione dell’obbligo di
motivazione e neppure è stato considerato il fatto che l’entità dello scostamento non era grave. Tali
sentenze sorprendono perché costituiscono un passo indietro rispetto all’elaborazione fatta dalla
Cassazione, peraltro parzialmente recepita dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate con la circolare
n.5/2008. Inoltre creano incertezza sulla materia e soprattutto creano non poche difficoltà ai
contribuenti, i quali si trovano costretti a impugnare la sentenza facendosi carico delle spese legali
e processuali e del versamento parziale delle imposte accertate.
SDS e professioniste
Gravidanza
I contribuenti che operano in una situazione di non normalità hanno da sempre avuto un trattamento
particolare negli studi di settore.
Le situazioni di non normalità possono rappresentare o circostanze attenuanti nella fase del contraddittorio
nell’accertamento da studi di settore, ovvero cause di esclusione. Tuttavia, ad oggi, come abbiamo poc’anzi
ribadito, per il professionista l’unica causa di esclusione per situazione di non normalità codificata
espressamente dall’Agenzia delle Entrate si verifica quando l’attività è sospesa per provvedimenti
disciplinari.
Riguardo invece alla situazione di non normalità in relazione alla gravidanza della professionista,
inizialmente l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 29 del 18/06/2009, a proposito di un salone di
bellezza, aveva affermato che “l’assenza della titolare per maternità o per congedi parentali potrebbe
determinare una riduzione dell’attività oppure un maggior costo dovuto all’assunzione di nuova forza lavoro.
Pertanto, si invitano gli Uffici a considerare con particolare attenzione situazioni di non congruità e/o di non
coerenza determinate da questa specifica condizione”.
Il problema della gravidanza aveva generato una accesa discussione sia a livello sociale che parlamentare,
generando alcune importanti richieste rivolte all’Amministrazione Finanziaria:
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Al termine del convengo del 14/11/2009 dedicato proprio al tema degli “studi di settore e maternità”
l’Ordine degli avvocati di Milano aveva chiesto che fosse recepito, tra le situazioni che danno luogo
a uno straordinario svolgimento dell’attività professionale, anche il caso delle libere professioniste
madri di figli con età da 0 a 3 anni;
Il Comitato nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili l’08/02/2010 ha richiesto
all’Agenzia delle Entrata la non applicazione degli accertamenti basati sugli studi di settore alle
professioniste per l’anno della maternità e per quello successivo, in quanto si tratta di un periodo di
“non normale attività”
Queste richieste sono state accolte dall’Agenzia delle Entrate con molto prudenza attraverso la Circolare n.
34 del 18/06/2010 che citiamo testualmente : al riguardo, si premette che la normativa vigente non prevede
l’esclusione dall’applicazione degli studi di settore per le lavoratrici in gravidanza o puerperio e in generale
per i contribuenti con figli minori che necessitano delle cure e dell’assistenza. Tuttavia, nella circolare 29/E
del 18/06/2009, nella sezione relativa ai due citati studi UG33U e UG34U, è stata richiamata l’attenzione
degli uffici sul considerare con particolare attenzione situazioni di non congruità e/o di non coerenza
determinate da questa specifica condizione”.
Ultimo importante passo in avanti è stato compiuto dalla Giurisprudenza, con la sentenza della Commissione
Tributaria del Lazio n. 221.22.2010 depositata il 19/10/2010 che ha stabilito che lo stato di maternità viene
visto come una circostanza idonea ad escludere le lavoratrici dalle verifiche degli studi di settore.
Quindi la CTR del Lazio, nel considerare la gravidanza come un non normale periodo di svolgimento della
attività, ha anticipato i tempi e fatto proprio un orientamento in via di consolidamento ma non ancora
previsto dalla normativa vigente.
Tuttavia, fino a che l’Agenzia delle Entrate non si pronuncerà in maniera chiara e definitiva suggeriamo,
prudenzialmente, di compilare il questionario degli studi di settore allegato alla dichiarazione dei redditi,
indicando 1) come codice di esclusione “residuale” il codice “7”, che contempla le altre ipotesi di non
normale svolgimento dell’attività nel corso del periodo d’imposta e 2) nell’apposito campo “note aggiuntive
– informazioni aggiuntive” la motivazione principale che ha impedito lo svolgimento dell’attività economica
in maniera regolare ovvero che la contribuente si trova in maternità.
Indagini finanziarie
Le indagini finanziarie rappresentano per il Fisco senz’altro un sempre più potente ed efficace strumento di
lotta all’evasione fiscale.
La disciplina delle indagini finanziarie ha subito delle importanti modifiche con la L. 311/2004 (Finanziaria
2005), che ha aumentato il grado di informatizzazione dello scambio di dati concernenti le richieste, in
deroga al segreto bancario, e le correlate risposte delle Banche. Sempre per effetto della Finanziaria 2005 i
dati ed elementi acquisiti in sede di controllo bancario, possono, ricorrendone i presupposti, essere posti a
base sia per la ricostruzione di ricavi che di compensi, e quindi estendendo il legittimo utilizzo di tali dati
anche nei confronti dei lavoratori autonomi. Inoltre, con il D.L. n. 223/06 si è introdotto per il professionista
l’obbligo di tenuta di uno o più conti correnti bancari o postali da utilizzare per l’attività professionale (anche
se una Circolare successiva ha specificato che il conto non sia esclusivamente “dedicato” alla professione).
Il potere accertativo degli Uffici si concretizza attribuendo per presunzione legale agli importi riscossi e ai
prelievi riscontrati a seguito delle indagini natura di ricavi o compensi, a meno che il professionista, per
vincere la presunzione,
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non ne indica il soggetto beneficiario
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e sempreché non risultino dalle scritture contabili
In altre parole le risultanze delle indagini finanziarie pongono a carico del contribuente l’onere di provare
che gli importi riscossi e prelevati sono stati debitamente tenuti in considerazione nella determinazione del
reddito professionale o che sono comunque irrilevanti. Se così non è, i versamenti e i prelevamenti si
“trasformano” automaticamente in maggiori ricavi o compensi. (principio confermato recentemente con la
sentenza della Suprema Corte n. 6969 del 25/03/2011).
Purtroppo in questo genere di indagine prima e di contraddittorio poi, gli Uffici non sempre hanno
dimostrato una giusta tolleranza, soprattutto per gli importi non particolarmente significativi. Il Fisco inoltre
sembra non tenere in debita considerazione quei prelievi fatti dal professionista per far fronte alle spese che
quotidianamente si rendono necessarie.
AGEVOLAZIONI PER PROFESSIONISTI
Osservando il panorama delle agevolazioni fiscali vigenti allo stato attuale nel nostro ordinamento fiscale, si
deve purtroppo constatare che tutti i provvedimenti sono a favore del sostegno del reddito di impresa, mentre
trascurano completamente i professionisti.
Infatti, i professionisti sono stati esclusi dalla disciplina della Tremonti-ter sulla detassazione per l’acquisto
di immobilizzazioni, dai premi sugli aumenti dell’occupazione, dagli incentivi alla capitalizzazione, sia da
altre misure minori.
Forse il legislatore, e diremmo erroneamente, considera i lavoratori autonomi una categoria che non risente
più di tanto della crisi e che, rivestendo una presunta posizione di privilegio, non necessiti di particolare
sostegno. Dimenticando invece, che purtroppo il professionista risente della crisi economica al pari degli
altri, in quanto capita sempre più spesso che sia i soggetti economici, pubblici e privati, che i privati fatichino
a pagare.
Da uno studio effettuato dal Sole 24Ore, si stima che nel primo trimestre del 2010 si sia verificato un calo del
fatturato nel mondo professionale del 37%, con il 19% degli studi a rischio chiusura. E a pagare sono
maggiormente i giovani, che non hanno una clientela numerosa.
Qualche aiuto, nel panorama italiano, arriva sovente dalle Regioni. Si consiglia di consultare il sito ufficiale
della Regione Lombardia.
Soltanto un breve cenno alla risposta all’interpello n. 33 del 09/08/2011 con cui il Ministero del Lavoro ha
precisato che i contratti di solidarietà sono applicabili anche agli studi professionali, nonostante la
formulazione letterale delle disposizioni in materia si riferisca specificamente all’imprenditore. I contratti di
solidarietà sono quei contratti di lavoro grazie ai quali il datore di lavoro (in questo caso professionista) può
effettuare intese volte alla riduzione dell’orario di lavoro, compensata parzialmente (pari al 25%) da un
contributo dell’INPS.
Lo studio associato
L’art. 5, co. 3 del D.P.R. 917/1986 (TUIR) equipara le associazioni senza personalità giuridica, costituite fra
persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, alle società semplici, dove per le
obbligazioni contratte dallo studio risponde solidalmente ed illimitatamente ciascun associato.
Lo studio associato è il soggetto intestatario sia delle spese sostenute che dei compensi percepiti. Tali
compensi, se corrisposti da un sostituto d’imposta, sono soggetti a ritenuta d’acconto. Le ritenute d’acconto
subite dallo studio associato vengono attribuite a ciascun associato secondo il medesimo criterio di
distribuzione degli utili.
Dal punto di vista fiscale il reddito, determinato analiticamente sottraendo i costi ai ricavi, viene ripartito agli
associati indipendentemente dalla percezione effettiva, in forma di reddito di partecipazione. Le modalità di
ripartizione degli utili conseguiti dallo studio associato vengono stabilite nel relativo statuto. Oppure possono
essere modificate con un atto pubblico o scrittura privata autenticata da redigere fino alla data di
presentazione della dichiarazione dei redditi dello studio associato.
Non si ha studio associato quando due o più professionisti svolgono autonomamente l’attività negli stessi
locali, ognuno con la propria clientela. Il professionista intestatario del contratto di locazione e delle varie
utenze addebiterà la quota parte agli altri professionisti con fattura addebito del contributo integrativo e senza
ritenuta se la spesa è in regime di IVA, con ricevuta se la spesa non è in regime di IVA. L’Agenzia delle
Entrate ha finalmente chiarito il 3 giugno scorso durante l’evento Map-Sole 24 ore che il riaddebito dei costi
ai colleghi di studio non rappresenta compenso tipico dell’attività e non va dichiarato nel quadro RE.
Ovviamente il professionista intestatario delle utenze, può dedurre i costi solo per la parte che rimane a suo
carico, ovvero al netto degli importi ricevuti dai colleghi.
La trasformazione dello studio professionale in un’associazione professionale mediante apporto della propria
singola realtà in quella associativa è operazione sempre più frequente nella prassi quotidiana. E’ stato
chiarito recentemente, con la Circolare n. 08/09 dell’Agenzia delle Entrate, che il conferimento di questi beni
non generano plusvalenza, e quindi l’operazione è neutrale dal punto di vista fiscale, a queste condizioni:
-
che al momento dell’apporto nell’associazione professionale non si abbia una remunerazione in
denaro a favore del soggetto conferente;
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che sia previsto nello statuto della associazione che al momento del recesso, il socio uscente non
riceva alcuna liquidazione del valore dello studio, e quindi l’unica somma che in quel momento
riceverà sarà la quota di utili di sua competenza maturata nell’esercizio di recesso.
Brevi cenni alle società professionali
Un’altra possibile aggregazione tra professionisti ha trovato ragione d’essere nell’art. 1 lettera c) del D.L
223/06 (Decreto Bersani) che ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che vietavano la
fornitura di servizi professionali da parte di società di persone o associazioni professionali. Rimane tuttora il
divieto di esercizio dell’attività professionali sotto forma di società di capitale (esclusi gli ingegneri, vedere
la L. 109 del 1994).
La novità sta nel fatto che le società possono essere multidisciplinari, nel caso i professionisti siano
appartenenti a diversi settori, che monodisciplinari, nel caso di professionisti dello stesso settore ma con
diverse specializzazioni. Il principio della personalità della prestazione, posto a garanzia del rapporto
fiduciario tra cliente e professionista, viene comunque garantito in quanto il contratto di prestazione d’opera
intellettuale può essere formalmente stipulato con la società professionale, ma l’incarico professionale ad
personam dovrà essere assegnato, prima di iniziare l’attività, ad uno o più professionisti che ne assumeranno
con la sottoscrizione la personale responsabilità.
La differenza sostanziale tra la società professionale e lo studio associato, è che il secondo può decidere di
attribuire il risultato economico agli associati a consuntivo, vale a dire anche dopo la chiusura dell’esercizio
ma comunque prima della presentazione della dichiarazione dei redditi. In assenza di specifiche norme, la
dottrina ritiene che, diversamente dagli studi associati, le società professionali si debbano iscrivere al
Registro Imprese tenuto presso la Camera di Commercio della provincia ove ha sede la società.
Con la risoluzione n. 118/E del 28 maggio 2003 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il reddito delle
società professionali non è da considerarsi reddito d’impresa, bensì di lavoro autonomo; pertanto si applica il
criterio di cassa e non quello di competenza; i compensi devono essere assoggettati a ritenuta d’acconto ex
art. 25 del DPR 600/73.
ALTRI ADEMPIMENTI OBBLIGATORI
Posta elettronica certificata (PEC)
Il DL n. 185/2008 (convertito nella L. 2/2009) ha introdotto l’obbligo per i professionisti iscritti in Albi o
elenchi istituiti con legge dello Stato di dotarsi di una casella di Posta Elettronica Certificata, o di altro
analogo indirizzo e-mail basato su tecnologie che certifichino la data e l’ora dell’invio e della ricezione,
nonché l’integrità di quanto inviato e di comunicarla al proprio ordine o collegio di appartenenza.
E’ solo il caso di ricordare che la data prevista per dotarsi di una PEC e comunicarla ai rispettivi ordini o
collegi per i professionisti già in attività all’entrata in vigore del D.L. 185 era il 29/11/2009.
L’elenco dei professionisti con il relativo indirizzo di posta certificata elaborato dal rispettivo Ordine o
Collegio di appartenenza sarà consultabile dalle Pubbliche Amministrazioni.
Per la scelta dei gestori è consultabile l’elenco pubblico dei gestori abilitati collegandosi sul sito del centro
Nazionale dell’Informativa della Pubblica Amministrazione www.cnipa.gov.it . E’ opportuno segnalare che
molti ordini professionali hanno stipulato apposite convenzioni con i gestori, consentendo così agli iscritti di
dotarsi dell’indirizzo PEC gratuitamente ovvero a condizioni vantaggiose, salvo per ogni professionista la
possibilità di individuare autonomamente il gestore.
Il Consiglio nazionale Architetti (CNA) ha stipulato una convenzione con la società ARUBA PEC S.P.A.; il
servizio prevede una durata contrattuale di tre anni, il costo del primo anno è posto a carico del CNA, mentre
per il secondo e terzo anno il costo di € 1,80 annuale è pagato dall’Ordine di Bergamo come deliberato dal
Consiglio dell’Ordine in data 02/10/2009.
Anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha firmato una convenzione con la società ARUBA PEC
S.P.A; si consiglia comunque di rivolgersi all’Ordine di appartenenza per conoscerne vantaggi e condizioni
economiche.
L’invio di messaggi tramite PEC è valido agli effetti di legge. La trasmissione dei documenti con tale
modalità equivale, nei casi consentiti, alla notificazione per mezzo posta e la data e l’ora di trasmissione e di
ricezione di un documento informatico con posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi in caso di
contenzioso. (E’ opportuno osservare che i messaggi di posta elettronica non certificata, mancando di un
sistema di identificazione del soggetto che spedisce il messaggio, sono stati considerati dalla recente
giurisprudenza alle stregua dei telegrammi, cioè hanno l’efficacia probatoria della scrittura privata).
PRIVACY
L’1 gennaio del 2004 è entrato in vigore il D.LGS 196/2003 denominato Codice in materia di protezione dei
dati personale. Ecco in estrema sintesi gli obblighi a carico dei professionisti:
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qualunque sia la natura del dato trattato, piuttosto che la modalità di trattamento, vige l’obbligo del
professionista di informare preventivamente il soggetto trattato (non necessariamente di ottenere il
consenso scritto dell’interessato) e di adottare tutte le norme di sicurezza per salvaguardare
l’integrità degli archivi (misure di sicurezza di tipo fisico, logico ed organizzativo);
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qualora invece il professionista gestisca mediante elaboratori o sistemi automatizzati accessibili
mediante una rete di telecomunicazione disponibile al pubblico dati sensibili (dove per dati sensibili
si intendono tassativamente quelli previsti dall’art.8 del citato D.Lgs 196/2008 e sono l’origine
razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le adesioni politiche, lo stato
di salute e la vita sessuale), vige l’ulteriore obbligo di redigere il Documento Programmatico sulla
Sicurezza (DPS) e di aggiornarlo annualmente entro il 31 marzo dell’anno successivo al verificarsi
dell’evento modificativo. Di fatto tale Documento “sulla base dell’analisi dei rischi e della
distribuzione dei compiti e delle responsabilità” serve per definire le misure di sicurezza adottate.
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI: INARCASSA
Come abbiamo già detto in precedenza, il professionista che apre la Partita IVA è obbligato ad iscriversi alla
propria cassa previdenziale di appartenenza, INARCASSA.
Le modalità e i termini sono facilmente consultabili sul sito www.inarcassa.it
I contributi da versare sono: il contributo soggettivo, il contributo integrativo e il contributo di maternità.
Per il 2011:
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il contributo soggettivo è fissato nella misura dell’12,50% del reddito professionale dichiarato ai fini
Irpef fino ad un reddito di € 85.400,00 e del 3% oltre tale importo, con un versamento minimo del
contributo di € 1.600,00.
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il contributo integrativo è fissato nella misura del 4% del volume d’affari dichiarato ai fini IVA, con
un versamento minimo del contributo di € 365,00; la rivalsa sul cliente è obbligatoria, tranne nel
caso in cui il committente sia anch’esso iscritto ad Inarcassa.
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Il contributo di maternità è stabilito nella misura fissa di € 74,00
Esistono delle agevolazioni per i neoiscritti aventi meno di 35 anni; per i primi 5 anni di iscrizione hanno
diritto alla riduzione ad 1/3 dei contributi minimi; mentre per quanto riguarda il conguaglio del contributo
soggettivo eccedente il minimale, l’aliquota è ridotta alla metà (5,75%)
Le modalità di versamento sono da qualche anno le stesse: versamento dei minimi mediante MAV inviato
direttamente da Inarcassa in due rate uguali al 30 giugno e al 30 settembre e versamento dell’eccedenza dei
minimali entro il 31 dicembre, in seguito all’invio da parte del professionista dei dati utili per i conteggi
(reddito professionale e Volume d’affari) la cui scadenza è prevista tramite raccomandata entro il 31 agosto,
telematicamente entro il 31 ottobre.
Solo un breve cenno ai seguenti istituti: Ricongiunzione, Riscatto e Totalizzazione (peraltro ben codificati da
Inarcassa e facilmente consultabili sul sito)
Ricongiunzione: quando un professionista ha versato in più gestioni previdenziale i contributi previdenziali,
ricorrendone le condizioni, può chiedere la ricongiunzione di tali contributi in un'unica gestione. E’ possibile
ricongiungere in Inarcassa i versamenti effettuati all’Inps gestione lavoratori dipendenti, ma ad oggi, risposta
del 27/05/2010, NON è possibile ricongiungere i contributi versati alla gestione separata lavoratori autonomi,
ma solo “totalizzarli”. La ricongiunzione è generalmente a pagamento.
Totalizzazione: quando un professionista ha versato in più gestioni previdenziali i contributi previdenziali, in
alternativa alla ricongiunzione, può chiedere la totalizzazione, al fine di ottenere un’unica pensione, potendo
vantare però almeno 3 anni di contributi in tutte le gestioni “totalizzate”. La totalizzazione è gratuita.
Riscatto: l’istituto del riscatto permette di incrementare il periodo di iscrizione contributivo utile a pensione;
sono previsti vari tipi di riscatto: il riscatto del corso di laurea, il riscatto del servizio militare e dei servizi ad
esso equiparati, il riscatto dei periodi di lavoro all’estero. I riscatti sono sempre a pagamento: Inarcassa offre
la possibilità di simulare un calcolo indicativo dell’onere di riscatto. La domanda di riscatto può essere
esercitata solo dopo aver maturato nella gestione previdenziale di Inarcassa almeno 5 anni di anzianità
contributiva.
NB: i versamenti effettuati in seguito a domanda di ricongiunzione e riscatto, SONO ONERI DEDUCIBILI
dal reddito. Anche se non è chiaro, trattandosi di versamenti obbligatori, se possano essere dedotti dal reddito
dei soggetti “minimi”, al pari dei contributi obbligatori.
Sanità integrativa: Inarcassa garantisce a proprie spese, a tutti gli iscritti e pensionati, una polizza base
“grandi interventi chirurgici e gravi eventi morbosi”. La polizza può essere estesa annualmente a pagamento
al nucleo familiare. Oltre a questo ci sono altri due livelli di tutela a pagamento: la Garanzia che copre il
ricovero con o senza intervento e l’alta diagnostica e la Garanzia facoltativa che copre le visite specialistiche,
gli accertamenti diagnostici, le prestazioni odontoiatriche, ecc. Entrambe possono essere estese al nucleo
familiare a condizione che sia estesa per prima la polizza base.
LA “MANOVRA DI FERRAGOSTO” (DL 13.8.2011 N. 138): NOVITÀ FISCALI PER I
PROFESSIONISTI
Novità che entrano in vigore subito
1 - NOVITA’ IN MATERIA DI CONTANTI
Il DL 13.8.2011 n. 138, c.d. “manovra di Ferragosto”, riduce da un importo pari o superiore a 5.000,00 euro
ad un importo pari o superiore a 2.500,00 euro il limite relativo all’utilizzo del denaro contante,
all’emissione di assegni “trasferibili” (o “liberi”) ed al saldo dei libretti di deposito al portatore.
In particolare:
•
è vietato il trasferimento di denaro contante (di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di
titoli al portatore) tra soggetti diversi per importi pari o superiori a 2.500,00 euro; per tali
trasferimenti è necessario ricorrere a banche, istituti di moneta elettronica o a Poste Italiane S.p.A.;
• gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 2.500,00 euro devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità;
• gli assegni circolari, i vaglia cambiari e postali possono essere richiesti, per iscritto, dal cliente senza
clausola di non trasferibilità se di importo inferiore a 2.500,00 euro;
•
il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o superiore a
2.500,00 euro; i libretti con saldo pari o superiore a 2.500,00 euro devono essere estinti ovvero il loro
saldo deve essere ridotto ad un importo inferiore a 2.500,00 euro, entro il 30.9.2011.
Tracciabilità dei flussi finanziari negli appalti pubblici
Si tenga presente, inoltre, che nessuna modifica è stata apportata agli obblighi imposti dalla L. 136/2010 in
materia di tracciabilità dei flussi finanziari negli appalti pubblici, finalizzata a prevenire infiltrazioni
criminali.
In essa è, tra l’altro, previsto che gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese,
nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei, a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai
servizi e alle forniture pubblici, devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali:
•
accesi presso banche o presso la società Poste Italiane S.p.A.;
• dedicati, anche non in via esclusiva, alle commesse pubbliche.
Gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese, nonché i concessionari di
finanziamenti pubblici anche europei, devono comunicare alla stazione appaltante o all’amministrazione
concedente:
•
gli estremi identificativi dei conti correnti dedicati;
• le generalità e il codice fiscale delle persone delegate ad operare su di essi.
La suddetta comunicazione deve avvenire:
•
nel caso di conti correnti già esistenti, entro sette giorni dalla loro prima utilizzazione in operazioni
finanziarie relative ad una commessa pubblica;
• in caso di apertura di nuovi conti correnti, entro sette giorni dalla loro accensione.
Tutti i movimenti finanziari (quindi sia entrate che uscite) relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici
(nonché alla gestione dei finanziamenti pubblici) devono essere:
•
registrati sui conti correnti dedicati;
• effettuati esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di incasso o pagamento idonei ad assicurare la piena tracciabilità delle operazioni.
2 - SOSPENSIONE DALL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE PER OMESSO RILASCIO DELLA FATTURA/PARCELLA
Il DL 138/2011 ha introdotto una nuova sanzione per i soggetti iscritti ad Albi o ad Ordini professionali (tra
cui architetti ed ingegneri) che, al ricorrere di determinate circostanze, omettono di rilasciare al cliente il
documento certificativo delle prestazioni rese (parcella, fattura).
La nuova norma, in sostanza, ricalca la sanzione, già presente nel sistema, relativa alla sospensione della
licenza commerciale ove vengano constatate quattro distinte violazioni dell’obbligo di emissione dello
scontrino/ricevuta fiscale, in diversi giorni e nell’arco di un quinquennio.
Per effetto della nuova disciplina, è disposta, “in ogni caso” e oltre alle normali sanzioni pecuniarie relative
all’infedele dichiarazione e all’omessa fatturazione, la sospensione dell’iscrizione all’Albo o all’Ordine
professionale per un periodo da tre giorni ad un mese, qualora ricorrano, congiuntamente, le seguenti
condizioni:
•siano constatate (ad esempio ad opera della Guardia di Finanza) quattro distinte violazioni dell’obbligo
di emissione della parcella o della fattura relativamente alle prestazioni rese;
•le violazioni siano state commesse in giorni diversi;
•le violazioni siano state commesse nell’arco di un quinquennio.
Se vi è recidiva, la sospensione è disposta per un periodo che va da 15 giorni a 6 mesi.
La norma prevede inoltre che la sospensione dall’Albo o dall’Ordine professionale:
•è immediatamente esecutiva;
•viene comunicata all’Ordine professionale o al soggetto competente alla tenuta dell’Albo, affinché ne
venga data pubblicazione sul relativo sito internet.
Pertanto, dalla disciplina in esame:
•sulla base del dato letterale della norma, sembrerebbero esclusi i professionisti che non sono iscritti ad un
“Albo”, ma ad un “Ruolo”, o “Elenco” o “Registro”, non tenuto da un Ordine professionale;
•sono senz’altro esclusi i soggetti che svolgono l’attività di lavoro autonomo senza la necessità di una
abilitazione professionale.
Se le violazioni dell’obbligo di certificazione del corrispettivo ricevuto dal cliente sono commesse da
professionisti che operano all’interno di studi associati, la sospensione dall’Albo o dall’Ordine professionale
è disposta nei confronti di tutti gli associati.
L’applicabilità della norma appare problematica in relazione alle modalità con cui i verificatori (sostanzialmente, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) possono constatare la violazione.
Infatti, nel caso della sospensione della licenza commerciale nei confronti dei commercianti al minuto dovuta al
mancato rilascio dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale, accade che i verificatori, materialmente, si
posizionino all’uscita del locale commerciale, al fine di chiedere ai clienti l’esibizione dello scontrino o della
ricevuta fiscale.
Ciò, nel caso delle prestazioni professionali, presenta alcune difficoltà, specie perché l’obbligo di emissione
della fattura/parcella sussiste non nel momento in cui il cliente fruisce della prestazione professionale o di
una parte di essa, ma quando viene pagata la prestazione (per l’intero o mediante acconti), per cui ben può
accadere che il cliente esca dallo studio senza, legittimamente, essere in possesso di alcuna parcella/fattura.
Si evidenzia che, in assenza di indicazioni legislative contrarie, la constatazione della violazione potrebbe
derivare da segnalazioni pervenute presso la Guardia di Finanza, magari ad opera di clienti, che, insoddisfatti
della prestazione ricevuta, hanno ritenuto opportuno segnalare il mancato rilascio della parcella/fattura.
La sanzione relativa alla sospensione dall’Albo o dall’Ordine professionale si applica con riferimento alle
violazioni commesse a decorrere dal 13.8.2011. Pertanto, tutte le violazioni relative all’omesso rilascio della
parcella/fattura poste in essere o comunque constatate prima di detta data non possono concorrere al
conteggio delle quattro violazioni che comportano la sospensione dall’Albo o dall’Ordine.
Quindi, se, ad esempio, nei confronti di un dentista vengono constatate quattro violazioni, di cui una nel
mese di luglio 2011 e 3 nei mesi di novembre e dicembre 2011, la suddetta sospensione non può essere
applicata.
Novità in attesa di chiarimenti ufficiali
In relazione alla disciplina in esame non è prevista una specifica decorrenza, per cui, allo stato attuale, è bene
attendere i primi chiarimenti ufficiali sulla questione.
RIDUZIONE DELLE SANZIONI PER I PROFESSIONISTI/IMPRENDITORI CHE EVITANO
L’UTILIZZO DEL CONTANTE
Al fine di disincentivare l’utilizzo del contante nelle transazioni commerciali, vengono introdotte disposizioni che, in sostanza, agevolano gli imprenditori e gli esercenti arti e professioni che utilizzano, nella loro
attività, strumenti di pagamento diversi dal contante.
Infatti, per gli esercenti imprese o arti e professioni, con ricavi o compensi dichiarati non superiori a 5
milioni di euro, sono ridotte alla metà le sanzioni amministrative relative:
•alla violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle
operazioni soggette ad IVA;
•all’eventuale infedeltà della dichiarazione.
Tale riduzione si applica a condizione che ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
•tutte le operazioni attive e passive (quindi sia gli acquisti che le vendite, in pratica tutti gli spostamenti di
denaro relativi all’attività esercitata) siano effettuate esclusivamente mediante mezzi di pagamento
diversi dal denaro contante;
•nella dichiarazione dei redditi e nella dichiarazione IVA vengano indicati i rapporti intrattenuti con gli
operatori finanziari nel corso del periodo d’imposta (ad esempio, i conti correnti bancari e postali
dedicati all’attività).
Pertanto, se per ipotesi un imprenditore o un professionista fosse in grado di rispettare i suddetti requisiti, nel
caso in cui, successivamente, venisse notificato un accertamento che rettifichi la dichiarazione dei redditi o la
dichiarazione IVA, la sanzione per infedele dichiarazione verrebbe irrogata in una misura che andrebbe dal
50% al 100% della maggiore imposta accertata, anziché dal 100% al 200%.
L’incentivo, quindi, può comportare un considerevole risparmio sul versante delle sanzioni, siccome, in assenza
di indicazioni normative contrarie, la riduzione delle sanzioni andrebbe, in sostanza, a cumularsi con l’ulteriore
riduzione prevista per la definizione agevolata delle sanzioni (un terzo) o per l’acquiescenza (un sesto).
LA “MANOVRA DI FERRAGOSTO” (DL 13.8.2011 N. 138): RIFORMA DELLE PROFESSIONI
Nell’ambito delle professioni il D.L. 138/2011 convertito nella L. 148/2011 all’art. 3 dal comma 5 elenca i
principi che dovranno sottintendere alla riforma delle professionisti:
Eccole riassunte schematicamente
-
Restrizioni (comma 5 lettera a)
Fatti salvi gli esami di Stato, non sono ammesse limitazioni all’esercizio professionale, se non in caso di
ragioni di interessi pubblico (salvo notai e farmacisti)
-
Formazione (comma 5, lettera b)
La formazione continua diventa obbligatoria; la violazione dell’obbligo di formazione continua determina un
illecito disciplinare e come tale dovrà essere sanzionato
-
Tirocinio (comma 5, lettera c)
La manovra prevede che l’accesso alla professione deve conformarsi a criteri che garantiscano l’effettivo
svolgimento dell’attività formativa. Inoltre prevede che sia corrisposto ai praticanti un equo compenso di
natura indennitaria, commisurato al suo concreto apporto. Al fine di accelerare l’accesso al mondo del
lavoro, in seguito ad una specifica convenzione tra i Consigli Nazionali e il Ministero dell’Istruzione sarà
possibile compiere il tirocinio durante il corso di laurea (tranne per le professioni sanitarie, per cui resta
confermata la normativa vigente
-
Tariffe (comma 5, lettera d)
Il compenso spettante al professionista è pattuito per iscritto all’atto del conferimento dell’incaico
professionale prendendo come riferimento le tariffe professionali, anche in deroga a queste ultime. Il
professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza a rendere noto al cliente il livello della
complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del
conferimento alla conclusione dell’incarico.
-
Assicurazione professionale (comma 5, lettera e)
La normativa obbliga il professionista a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio
dell’attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione
dell’incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.
-
Disciplinare (comma 5, lettera f)
Nell’ambito delle questioni disciplinari, la funzione inquirente dovrà essere assunta da un organo a livello
territoriale diverso da quello avente funzioni amministrative.
-
Pubblicità (comma 5, lettera g)
La pubblicità informativa con ogni mezzo sui propri titoli professionale e le caratteristiche dei servizi offerti
è libera purché veritiera, non comparativa o ingannevole e denigratoria.
In data 04 ottobre 2011 c’è stata una riunione tra il sottosegretario alla Giustizia e tutti i presidenti
nazionali di Ordini e Collegi, ai quali sono stati dati 15 giorni di tempo per “autoriformare” i propri
ordinamenti adeguando leggi e decreti che li disciplinano alla riforma delle professioni contenuta nella
manovra economica. Praticamente devono fornire le rispettive proposte di riformulazione, articolo per
articolo, dei passaggi relativi a tariffe, pubblicità, tirocinio, ecc. Le proposte dovranno essere veicolate al
Ministero della Giustizia che dovrà dare veste giuridica entro agosto 2012.
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