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La Società tra Professionisti
Paolo Tonalini
Notaio
La Società tra Professionisti
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Pavia
in collaborazione con Banca Generali
Relazione al Convegno del 6 marzo 2015
NOTAIO PAOLO TONALINI
STRADELLA (PV) – Via Dallagiovanna 16 – Tel. 0385 48564
PAVIA – Viale Cesare Battisti 17 – Tel. 0382 530207
[email protected]
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L’esercizio in forma associata delle professioni “protette”
La costituzione di società tra professionisti per l’esercizio di professioni regolamentate in
ordini professionali è espressamente disciplinata dall’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183
(legge di stabilità per il 2012), e dal successivo decreto attuativo (decreto del Ministero della
Giustizia 8 febbraio 2013, n. 34).
La riforma ha eliminato lo storico divieto di costituire società per l’esercizio di professioni
protette (legge 23 novembre 1939, n. 1815, ora abrogata), che era stato a suo tempo introdotto per
garantire un collegamento diretto tra la figura del professionista, obbligatoriamente iscritto agli
ordini professionali, e l'esecuzione della prestazione. Si trattava, quindi, di una garanzia per il
cliente, che entrava in rapporto esclusivamente con una determinata persona fisica, iscritta in un
albo professionale in seguito a un rigoroso controllo della sua preparazione.
L'unica forma associativa consentita ai professionisti era allora quella dello “studio associato”,
costituito solo tra soggetti regolarmente iscritti a un albo professionale, e comprendente nella
denominazione il nome e il cognome di tutti gli associati (art. 1 della legge 23 novembre 1939, n.
1815). Anche in questo caso, però, l'incarico viene affidato dal cliente al singolo professionista, e
non allo studio, che non ha personalità giuridica e assume rilievo solo nei rapporti tra gli associati,
al fine della divisione degli utili. La forma organizzativa dello studio associato è sopravvissuta alla
riforma, essendo espressamente fatta salva dalla nuova legge (art. 10, comma 9, della legge 12
novembre 2011, n. 183), nonostante l’abrogazione della legge 23 novembre 1939, n. 1815.
Una prima breccia nel divieto di esercizio dell'attività professionale in forma societaria era stata
aperta, già da alcuni anni, dalla possibilità, ammessa prima dalla giurisprudenza e poi dalla stessa
legge (art. 90 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), di costituire società per l’esercizio
dell’attività di ingegneria, e in particolare per l’esecuzione di studi di fattibilità, ricerche,
consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi
di impatto ambientale, nella forma di “società di ingegneria” (società di capitali o società
cooperative a cui possono partecipare anche soggetti non professionisti, senza alcun limite
specifico) oppure di “società di professionisti” (società di persone o di società cooperative,
costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti
professionali). La deroga al divieto era stata giustificata con l'opportunità di consentire forme
organizzate per l’esercizio dell'attività di progettazione di grandi opere pubbliche.
Norme specifiche erano state dettate anche per le società tra farmacisti (art. 7 della legge 8
novembre 1991 n. 362) e per le società tra avvocati (decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96).
Altri esempi, anche se controversi, di società professionali si sono visti nell’ambito delle professioni
mediche, nelle quali, sempre più spesso, è necessario utilizzare attrezzature tecnologicamente
avanzate, che richiedono grossi investimenti.
L’esercizio della professione in forma societaria
In seguito all'abrogazione del divieto previsto dall’art. 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815,
oggi è espressamente consentito costituire società tra professionisti, aventi per oggetto
l'esercizio di professioni regolamentate in ordini professionali.
Tre le attività professionali regolamentate in ordini professionali, le cosiddette “professioni
protette”, rientrano, per esempio, quella di dottore commercialista ed esperto contabile, le
professioni tecniche (ingegnere, architetto, geometra) le professioni sanitarie (medico-chirurgo,
veterinario, farmacista, infermiera professionale, levatrice, assistente sanitaria, fisioterapista e
massoterapista) e la professione di psicologo.
Ricordiamo invece che la costituzione di società per la professione di avvocato è ancora regolata
dalla normativa precedente, in attesa dell’approvazione di una disciplina specifica (in forza della
delega conferita al governo con l’art. 5 della legge 31 dicembre 2012, n. 247), mentre non è
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possibile costituire società per l’esercizio dell’attività notarile, connessa alla funzione di pubblico
ufficiale.
E’ espressamente escluso dall’ambito di applicazione della società tra professionisti l’esercizio
delle professioni “non protette”, cioè di quelle professioni non organizzate in ordini e collegi
(esercitate ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della legge 14 gennaio 2013, n. 4). Queste attività
possono essere esercitate sia attraverso un contratto d’opera intellettuale, sia nell’ambito di
un’attività imprenditoriale, in forma individuale o societaria, e anche prima della sua abrogazione
non ricadevano nel divieto di costituire società per l’esercizio di attività professionali di cui all’art.
2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, che riguardava esclusivamente le professioni organizzate
in ordini e collegi.
Le “società tra professionisti”, dunque, non possono avere per oggetto l’esercizio di attività
professionali non organizzate in ordini e collegi, e gli esercenti una professione “non protetta”
non possono partecipare a una “società tra professionisti” quale soci professionisti.
Ricordiamo, peraltro, che la collaborazione tra soggetti che esercitano una professione “protetta” e
soggetti che esercitano una professione “non protetta” non può avvenire neppure nella forma di
associazione professionale (studio associato), essendo espressamente vietata la costituzione di
un’associazione “mista” (art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815).
Rimane aperta, tuttavia, la possibilità degli esercenti una professione “non protetta” di
partecipare a una Stp in qualità di soci “per prestazioni tecniche” o “per finalità di
investimento”, a condizione che i soci professionisti mantengano la maggioranza di due terzi nelle
deliberazioni o decisioni dei soci.
Le prestazioni tecniche, comunque, possono essere rese soltanto in via strumentale e accessoria
rispetto all’attività professionale svolta dalla società, e non possono rientrare nell’oggetto sociale.
Il tipo di società
La “società tra professionisti” non costituisce un tipo di società a sé stante. Essa è quindi
disciplinata dalle norme del codice civile dettate per il tipo sociale prescelto dai soci, con la sola
eccezione delle norme specificamente introdotte dalla legge in relazione al loro particolare oggetto
sociale.
Le società tra professionisti possono dunque essere costituite nella forma di società di persone
(società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice), società di capitali
(società a responsabilità limitata, società per azioni, società in accomandita per azioni) oppure
società cooperative. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci
non inferiore a tre, coerentemente con quanto previsto dal codice civile, che ammette le società
cooperative con tre soli soci, se sono tutti persone fisiche (art. 2521 del codice civile).
La scelta di comprendere la società semplice tra le forme societarie ammesse appare coerente con la
natura economica, ma non commerciale, dell’attività professionale.
Le società tra professionisti possono essere costituite anche nella forma di s.r.l. con capitale
compreso inferiore a 10.000 euro (dunque anche di 1 euro), mentre non è possibile utilizzare la
forma della s.r.l. semplificata, dato che lo statuto standard previsto per questa forma societaria
non è compatibile con le indicazioni richieste per la società tra professionisti.
Il tipo sociale può essere scelto liberamente dai soci, tenendo presenti le conseguenze sul regime di
responsabilità personale per le obbligazioni sociali, l’ammontare richiesto per il capitale sociale e le
diverse regole sul funzionamento della società.
Tra le obbligazioni sociali assume, ovviamente, una rilevanza preminente la responsabilità per le
prestazioni professionali rese dalla società ai clienti.
Secondo l’opinione prevalente, il rapporto d’opera professionale si instaura tra il cliente e la
società, alla quale è conferito l’incarico professionale, anche se questo viene poi eseguito da uno o
più soci professionisti. Da ciò deriverebbe che la responsabilità per la prestazione professionale
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ricada sulla società, e non sul singolo professionista. Nei tipi sociali caratterizzati dalla
responsabilità illimitata dei soci (quali la società semplice, la s.n.c. e, per gli accomandatari, anche
la s.a.s.), pertanto, ciascun socio si troverebbe a rispondere personalmente, con il proprio
patrimonio, anche per le prestazioni professionali fornite dagli altri soci.
L’opinione secondo la quale il rapporto d’opera professionale si instaura tra il cliente e la società
appare confermata dalla previsione dell’iscrizione della Stp all’ordine professionale, con
conseguente assoggettamento al relativo regime disciplinare, dalla possibilità che sia la società a
scegliere il professionista che eseguirà la prestazione (in mancanza di una specifica designazione da
parte del cliente), e soprattutto dall’obbligo, previsto dalla legge a carico della società, di stipulare
una polizza assicurativa per la responsabilità civile derivante dall’esercizio dell’attività
professionale.
Ricordiamo però che c’è chi ritiene che il rapporto d’opera professionale si instauri tra il cliente e il
singolo professionista, poiché la legge prevede che l’attività professionale sia esercitata in via
esclusiva da parte dei soci.
Denominazione e ragione sociale
La denominazione sociale (o la ragione sociale), in qualunque modo formata, deve contenere
l'indicazione di “società tra professionisti”. Tale indicazione si aggiunge a quella previste per il
tipo sociale prescelto (per esempio s.n.c., s.r.l., etc.). Nel caso della s.n.c. o della s.a.s., dunque, la
regione sociale deve sempre contenere anche il nome di almeno uno dei soci illimitatamente
responsabili.
Non è necessario indicare nella ragione sociale le attività professionali svolte dalla società. Nelle
società costituite per l’esercizio di più attività professionali, comunque, è consentito utilizzare
l’espressione “multiprofessionale”.
Oggetto sociale e clausole obbligatorie
La legge prevede che possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto
costitutivo preveda:
a) l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte dei soci.
Ciò significa che l’oggetto sociale deve prevedere esclusivamente l’esercizio delle professioni
protette. Le società tra professionisti, infatti, non possono avere per oggetto l’esercizio di attività
professionali non organizzate in ordini e collegi.
Gli esercenti una professione “non protetta” non possono partecipare a una società tra professionisti
quale soci professionisti, ma soltanto in qualità di soci “per prestazioni tecniche” o “per finalità
di investimento”, a condizione che i soci professionisti mantengano la maggioranza di due terzi
nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Le prestazioni tecniche, dunque, possono essere rese soltanto in via strumentale e accessoria
rispetto all’attività professionale svolta dalla società, e non possono rientrare nell’oggetto sociale.
La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali. Si
può dunque costituire una società tra professionisti “multidisciplinare”, per l’esercizio di diverse
professioni protette, con la presenza di soci iscritti ai rispettivi albi professionali.
b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in
differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in possesso
del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni
tecniche, o per finalità di investimento.
In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei
professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o
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decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e
il consiglio dell'ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla
cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la
prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi.
c) criteri e modalità affinché l'esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società sia
eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale
richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall'utente e, in mancanza di tale
designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all'utente.
c-bis) la stipula di una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla
responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell'esercizio
dell'attività professionale.
d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo
con provvedimento definitivo.
Esecuzione dell’incarico
L'incarico professionale conferito alla società può essere eseguito solo dai soci in possesso dei
requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta. Il socio professionista che deve
eseguire la prestazione è scelto dal cliente, e in mancanza di scelta deve essere preventivamente
comunicato per iscritto al cliente dalla società.
Nell'esecuzione dell'incarico ricevuto, il socio professionista può avvalersi, sotto la propria
direzione e responsabilità, della collaborazione di ausiliari e, solo in relazione a particolari attività,
caratterizzate da sopravvenute esigenze non prevedibili, può avvalersi di sostituti. In ogni caso i
nominativi dei sostituti e degli ausiliari sono comunicati al cliente per iscritto. Il cliente può
comunicare per iscritto il proprio dissenso, entro tre giorni dalla comunicazione ricevuta.
I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice deontologico del proprio ordine, e la
società è soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale è iscritta.
Il socio professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui
affidate.
Informazioni al cliente
La società professionale, al momento del primo contatto con il cliente, gli deve fornire le seguenti
informazioni, anche tramite il socio professionista (art. 4 del decreto del Ministero della Giustizia
8 febbraio 2013, n. 34):
a) sul diritto del cliente di chiedere che l'esecuzione dell'incarico conferito alla società sia affidata
ad uno o più professionisti da lui scelti (al fine di consentire la scelta, la società deve consegnare
al cliente l'elenco scritto dei singoli soci professionisti, con l'indicazione dei titoli o delle
qualifiche professionali di ciascuno di essi);
b) sulla possibilità che l'incarico professionale conferito alla società sia eseguito da ciascun socio in
possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale;
c) sulla esistenza di situazioni di conflitto d'interesse tra cliente e società, che siano anche
determinate dalla presenza di soci con finalità d'investimento (per consentire al cliente di valutare
eventuali situazioni di conflitto di interesse, la società deve consegnare al cliente anche l'elenco
scritto dei soci con finalità d'investimento).
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La prova dell'adempimento degli obblighi di informazione e il nominativo del professionista o dei
professionisti eventualmente indicati dal cliente devono risultare da atto scritto.
I soci professionisti e i soci per finalità di investimento o per prestazioni tecniche
La legge prevede che il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei
professionisti debba essere comunque tale da determinare la maggioranza dei due terzi nelle
deliberazioni o decisioni dei soci (art. 10, comma 4, lettera b), della legge 12 novembre 2011, n.
183).
I soci per finalità di investimento o per prestazioni tecniche non possono dunque avere più di un
terzo dei voti nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Questa regola si applica sia nell’ipotesi in cui il diritto di voto sia attribuito per teste, (come di
regola avviene nelle società di persone e cooperative), sia nell’ipotesi in cui sia commisurato alla
partecipazione al capitale sociale (come di regola avviene nelle società di capitali).
I soci professionisti possono anche essere meno dei due terzi dei soci, nelle società di persone o
cooperative, o essere titolari di meno dei due terzi del capitale, nelle società di capitali, purché
vengano adottate delle pattuizioni tali da garantire agli stessi i due terzi dei voti. Ciò deve
avvenire in tutte le deliberazioni o decisioni sociali, sia quelle che riguardano le modifiche di
statuti, atti costitutivi e patti sociali, sia quelle relative ad operazioni che richiedono una delibera
assembleare o una decisione sociale, come l’approvazione dei bilanci o la nomina degli organi
sociali.
La regola dei due terzi non esclude, però, che il voto del socio non professionista possa essere
determinante per l’assunzione di una delibera o decisione.
E’ infatti possibile che, in caso di disaccordo tra i soci professionisti, la maggioranza sia raggiunta
grazie al voto del socio non professionista.
Inoltre, si ritiene possibile la previsione di un quorum deliberativo superiore ai due terzi dei voti,
rendendo così sempre rilevante anche il voto dei soci non professionisti.
Nelle società di persone, la regola legale dell’unanimità dei consensi (art. 2252 c.c.) rende
irrilevante il calcolo delle maggioranze nel voto. Il problema si pone soltanto se si desidera
derogare alla regola generale. In tal caso è necessario prevedere nei patti sociali una clausola che
attribuisca ai soci professionisti almeno i due terzi dei voti.
Nel caso in cui sia prevista l’amministrazione disgiunta, però, il terzo comma dell’art. 2257 c.c.
attribuisce la decisione sull’opposizione alla maggioranza dei soci, amministratori e non, calcolata
secondo la parte attribuita a ciascuno di essi negli utili, pertanto è sempre necessario prevedere nei
patti sociali una clausola che attribuisca ai soci professionisti almeno i due terzi dei voti.
Nelle società di capitali, nel caso in cui i soci professionisti detengano un numero di partecipazioni
inferiori ai due terzi, è necessario limitare il diritto di voto dei soci non professionisti ricorrendo ai
particolari diritti di cui all’art. 2468, terzo comma, c.c. (nelle società a responsabilità limitata)
oppure alle azioni con voto limitato o alle azioni con voto plurimo ai sensi dell’art. 2351 c.c. (nelle
società per azioni).
Conferimenti
I conferimenti a titolo di capitale nella società tra professionisti seguono le regole dettate per il tipo
societario concretamente adottato.
Normalmente i soci professionisti eseguono un conferimento in denaro, e si impegnano a
prestare la propria attività professionale a favore della società.
Si può anche ipotizzare che i soci professionisti si limitino a conferire la propria opera, e pertanto
assumano la qualità di soci d’opera in senso stretto, ovviamente soltanto nelle società di persone
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(art. 2263 c.c., art. 2295 c.c.) o a responsabilità limitata (art. 2464 c.c.). Nelle società per azioni,
invece, la prestazione dell’opera professionale può formare oggetto di una prestazione accessoria
(art. 2345 c.c.).
Si ritiene comunque possibile che il socio professionista si limiti al conferimento di denaro o
altri beni, senza assumere alcun impegno circa lo svolgimento della propria attività professionale a
favore della società. In questo caso, l’assunzione di ciascuno specifico incarico professionale dovrà
essere negoziato con la società.
Un’altra ipotesi che potrà verificarsi con frequenza è il conferimento nella società tra professionisti
dello studio professionale preesistente.
Nella maggior parte dei casi il conferimento avrà per oggetto i beni strumentali, o comunque le
attività e passività relative allo studio professionale. Sembra possibile conferire anche
l’avviamento, inteso come andamento medio storico del fatturato del singolo professionista, mentre
è da escludere che possa essere oggetto di conferimento la clientela, stante la natura personale
del rapporto fiduciario che caratterizza il contratto d’opera professionale.
Ricordiamo che secondo la Corte di Cassazione (sentenza 9 febbraio 2010, n. 2860) nell’ambito del
trasferimento dello studio professionale è possibile ipotizzare soltanto l’impegno del cedente volto a
favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti e il soggetto subentrante
attraverso l'assunzione di obblighi positivi di fare, quali il compimento di un'attività promozionale
di presentazione, e negativi di non fare, quali il divieto di esercitare la medesima attività nello
stesso luogo.
I soci per finalità di investimento possono conferire denaro o altri beni, mentre i soci per
prestazioni tecniche possono conferire la propria opera (nelle società di persone o s.r.l.),
eventualmente insieme a una somma di denaro.
Incompatibilità
La legge prevede espressamente che la partecipazione ad una società tra professionisti è
incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti (art. 10, comma 6, della legge
12 novembre 2011, n. 183). L’incompatibilità si applica anche alla partecipazione a società
multiprofessionali.
Ciascun socio, dunque, può partecipare a una sola società tra professionisti.
La previsione di legge non fa riferimento ai soli soci professionisti, quindi la limitazione si applica
a tutti i soci, anche ai soci per prestazioni tecniche o con finalità di investimento.
Ulteriori limitazioni sono previste per i soci con finalità di investimento (art. 6 del decreto del
Ministero della Giustizia 8 febbraio 2013, n. 34).
Il socio per finalità d'investimento può far parte di una società professionale solo quando:
a) sia in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l'iscrizione all'albo professionale cui la
società è iscritta;
b) non abbia riportato condanne definitive per una pena pari o superiore a due anni di reclusione
per la commissione di un reato non colposo e salvo che non sia intervenuta riabilitazione;
c) non sia stato cancellato da un albo professionale per motivi disciplinari.
Costituisce requisito di onorabilità la mancata applicazione, anche in primo grado, di misure di
prevenzione personali o reali.
Le incompatibilità si applicano anche ai legali rappresentanti e agli amministratori delle società, le
quali rivestono la qualità di socio per finalità d'investimento di una società professionale.
Il mancato rilievo o la mancata rimozione di una situazione di incompatibilità, desumibile anche
dalle risultanze dell'iscrizione all'albo o al registro tenuto presso l'ordine o il collegio professionale,
integrano illecito disciplinare per la società tra professionisti e per il singolo professionista.
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Amministrazione
Le norme sulla società tra professionisti non contengono alcuna previsione specifica circa
l’amministrazione della società
Ferma restando l’applicazione della disciplina specifica dettata per il tipo societario scelto, è sorto il
dubbio circa la possibilità di attribuire l’incarico di amministratore a un socio con finalità di
investimento o per prestazioni tecniche. Il dubbio deriva dall’intento manifestato dal legislatore di
evitare eccessive ingerenze dei soci “non professionisti” nello svolgimento dell’attività
professionale della società. Nelle società di persone, infatti, con l’attribuzione dell’amministrazione
a un socio non professionista, la prevalenza dei soci professionisti nelle decisioni risulterebbe
limitato alla modifica dei patti sociali e alla nomina e revoca degli amministratori.
Secondo l’interpretazione prevalente, però, in mancanza di uno specifico divieto,
l’amministrazione della società può essere affidata anche a soggetti diversi dai soci
professionisti.
La ragione di questa scelta viene individuata nell’opportunità di consentire l’affidamento ad altri
soggetti dei compiti amministrativi della società, tra cui rientrano anche attività estranee all’attività
professionale (quali la redazione dei documenti contabili, la tenuta dei libri sociali, la gestione del
personale), in modo che i professionisti possano concentrarsi sullo svolgimento della propria
attività.
E’ senz’altro possibile, comunque, introdurre specifiche limitazioni nei patti sociali o nello
statuto della società.
La società tra professionisti unipersonale
Rimane ancora molto controversa la possibilità di costituire una società tra professionisti
unipersonale (nella forma di s.r.l. o di s.p.a.).
Pur in mancanza di uno specifico divieto, molti ritengono che ciò non sia possibile, perché
porterebbe di fatto a una limitazione della responsabilità nell’ambito dell’esercizio individuale della
professione.
Allo stato attuale, dunque, è consigliabile un atteggiamento prudente.
Iscrizione al registro delle imprese
La società tra professionisti deve iscriversi nel registro delle imprese nella sezione ordinaria
prevista per il tipo societario adottato.
La società tra professionisti deve inoltre iscriversi alla sezione speciale del registro delle imprese
istituita ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, ai fini di certificazione anagrafica e di
pubblicità notizia, anche per la verifica dell’eventuale incompatibilità dei soci.
La certificazione dell’iscrizione nella sezione speciale riporta l’indicazione della qualifica di società
tra professionisti.
Iscrizione all’albo professionale
La società tra professionisti è iscritta in una sezione speciale degli albi o dei registri tenuti presso
l'ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti.
La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali. Si
può dunque costituire una società tra professionisti “multidisciplinare”, per l’esercizio di diverse
professioni protette, con la presenza di soci iscritti ai rispettivi albi professionali. In questo caso la
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società deve iscriversi soltanto all’albo professionale relativo all’attività indicata nell’atto
costitutivo come attività prevalente.
Le associazioni professionali
La forma organizzativa dell’associazione professionale (studio associato) è sopravvissuta alla
riforma, essendo espressamente fatta salva dalla nuova legge (art. 10, comma 9, della legge 12
novembre 2011, n. 183), nonostante l’abrogazione della legge 23 novembre 1939, n. 1815.
Ciò significa che è ancora possibile esercitare le professioni protette nella forma di
associazione professionale, costituita solo tra soggetti regolarmente iscritti a un albo professionale,
e comprendente nella denominazione il nome e il cognome di tutti gli associati (art. 1 della legge
23 novembre 1939, n. 1815). In questo caso, però, l'incarico viene affidato dal cliente al singolo
professionista, e non allo studio, che non ha personalità giuridica e assume rilievo solo nei rapporti
tra gli associati, al fine della divisione degli utili.
La trasformazione di associazione professionale in società tra professionisti
In seguito all’entrata in vigore della legge 12 novembre 2011, n. 183, si è inevitabilmente
prospettata l’eventualità di procedere alla “trasformazione” in società tra professionisti degli studi
associati attualmente costituiti nella forma di associazioni professionali.
L’associazione professionale è considerata dalla giurisprudenza prevalente un contratto
associativo atipico, che dà origine a un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici,
pur se privo della personalità giuridica. L’associazione professionale sarebbe dunque simile
all’associazione non riconosciuta, pur differenziandosene per la presenza di uno scopo di lucro.
Una parte della giurisprudenza ritiene invece assimilabile l’associazione professionale alla società
semplice, poiché svolge un’attività economica ma non commerciale.
Seguendo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza prevalente, sarebbe dunque possibile la
trasformazione dell’associazione professionale in società tra professionisti, secondo le
modalità della trasformazione eterogenea atipica, con il consenso di tutti gli associati e con gli
effetti di cui all’art. 2498 c.c. (“Con la trasformazione l'ente trasformato conserva i diritti e gli
obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la
trasformazione.”), rispettando il disposto dell’art. 2500-novies c.c. a tutela dei creditori (efficacia
della trasformazione solo dopo sessanta giorni dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari previsti).
In alternativa si potrebbe ipotizzare la costituzione della società tra professionisti mediante
conferimento, da parte di ciascuno dei professionisti associati, della propria quota del preesistente
studio associato.
Nessun problema presenta invece l’ipotesi della “trasformazione” di una società di servizi in
società tra professionisti, che si può attuare anche con una semplice modifica dei patti sociali o
dello statuto, ove rimanga inalterato il tipo sociale (per esempio, quando una s.n.c. di servizi diventa
una società tra professionisti conservando la forma di s.n.c.).
Non è possibile, invece, ipotizzare la trasformazione in società tra professionisti di un’associazione
temporanea di professionisti (normalmente contratta per la partecipazioni ad appalti pubblici), che
ha la natura giuridica di un contratto di mandato con rappresentanza.
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Le altre forme di società per l’esercizio di professioni “protette”
Rimangono in vigore, in deroga alla nuova normativa generale, le norme speciali che disciplinano
le società tra farmacisti, le società di ingegneria e le società tra avvocati, che peraltro saranno tutte
oggetto di modifiche nell’ambito della legge per la concorrenza 2015.
Le società tra farmacisti (art. 7 della legge 8 novembre 1991 n. 362) attualmente possono essere
costituite solo nella forma di società di persone o società cooperative a responsabilità limitata, ma la
proposta avanzata dal governo apre anche alle società di capitali, i cui soci non dovranno più essere
necessariamente farmacisti. Sarà eliminato anche l’obbligo che a dirigere la farmacia sia un
farmacista socio.
Le società per l’esercizio dell’attività di ingegneria (art. 90 del decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163), e in particolare per l’esecuzione di studi di fattibilità, ricerche, consulenze,
progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto
ambientale, possono essere costituite nella forma di “società di ingegneria” (società di capitali o
società cooperative a cui possono partecipare anche soggetti non professionisti, senza alcun limite
specifico) oppure di “società di professionisti” (società di persone o di società cooperative,
costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti
professionali). Con la legge sulla concorrenza 2015 sarà probabilmente introdotta una norma
interpretativa che eliminerà ogni dubbio sulla possibilità che le società di ingegneria assumano
incarichi anche da soggetti privati.
Rimangono in vigore anche le norme speciali che disciplinano le società tra avvocati (decreto
legislativo 2 febbraio 2001, n. 96), in attesa delle modifiche che saranno probabilmente introdotte
con la legge sulla concorrenza 2015, anche in questo caso con l’apertura ai soci di capitale.
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