SOCIETA` TRA PROFESSIONISTI La responsabilità professionale
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SOCIETA` TRA PROFESSIONISTI La responsabilità professionale
Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia SOCIETA’ TRA PROFESSIONISTI La responsabilità professionale Roma, 18 marzo 2016 Avv Fra cesca Berta i Vuoto normativo L’art. 10 della L. 183/11 non disciplina il tema della responsabilità professionale, limitandosi a stabilire alla lett. c) l’obbligatorietà della «stipula di polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale”. La titolarità del rapporto professionale Il tema della responsabilità muove dal problema cruciale della titolarità del rapporto d’opera professionale. A chi fa capo il rapporto professionale? Alla società o al singolo socio professionista esecutore della prestazione? Il problema sorge dalla scissione tra la formale assunzione dell’incarico, riconducibile -anche normativamente- alla società (lett. c: … «incarico professionale conferito alla società» …), e la sua materiale esecuzione posta in essere -sempre per espressa disposizione normativa- solo dal socio (“affinchè l’esecuzione dell’incarico … sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione). (segue) La titolarità del rapporto professionale Secondo la tesi che pare al momento prevalere fra gli interpreti il rapporto d’opera professionale si instaura tra la società e il cliente e il rapporto fiduciario (l’intuitus personae) caratterizza il rapporto fra società e cliente. Lo si desume: dal dettato normativo (alla lett. c) si fa riferimento all’«incarico professionale conferito alla società»), dalla stessa ratio della disciplina, ossia individuare un soggetto autonomo, diverso dal singolo professionista, che appaia verso l’esterno come professionista dal fatto che l’obbligo di stipulare la polizza assicurativa grava sulla società. La responsabilità professionale della stp Se parte del contratto d’opera è la società, che riceve l’incarico e lo esegue per mezzo dei soci professionisti, allora non può che essere la società l’unico soggetto legittimato ad esigere il compenso e dev’essere riconosciuta in capo alla società la responsabilità contrattuale discendente dall’inesatta esecuzione dell’incarico ricevuto. In tal senso una serie di indici normativi quali: (i) l’obbligo della stp di iscrizione all’ordine professionale di riferimento; (ii) l’assoggettamento della stp alle regole disciplinari conseguenti; (iii) la stipula del contratto di assicurazione professionale. Il rapporto tra stp e socio-professionista relativo alla prestazione professionale Esiste un rapporto di stampo contrattuale, che vincola il socioprofessionista ad eseguire gli incarichi professionali assunti dalla società. A seconda del tipo sociale prescelto (società di persone, di capitali, ecc.), questo rapporto potrà cambiare la propria configurazione: conferimento d’opera per società di persone e s.r.l., prestazione accessoria o attività collegata all’emissione di strumenti finanziari per le s.p.a., ecc. che verranno disciplinate nel contratto sociale. Le parti (società e socio-professionista) potrebbero anche stipulare patti parasociali o accordi ad hoc per ogni incarico, lasciando libero il professionista di decidere se eseguirlo o meno. Quanti sono gli obbligati all’esecuzione della prestazione? All’attuazione della prestazione professionale sono obbligati, sia la stp verso il cliente, sia il socioprofessionista verso la stp: la prima vincolata dal contratto d’opera professionale, il secondo per effetto del rapporto obbligatorio che lo lega alla società. Perciò, una inesatta esecuzione della prestazione può generare una duplice responsabilità di natura contrattuale: della stp verso il cliente e del socioprofessionista verso la società. E’ configurabile una responsabilità diretta verso il cliente del socio-professionista che esegue l’incarico assunto dalla stp? Secondo la tesi che pare oggi prevalente, la risposta dev’essere affermativa, ancorchè resti controverso il titolo di tale responsabilità. Un primo orientamento ricostruisce la fattispecie risarcitoria come responsabilità da “contatto sociale”, riconducibile al genus della responsabilità contrattuale Un secondo orientamento la riconduce alla responsabilità extracontrattuale (o aquiliana) I soci non esecutori possono essere chiamati a rispondere dei danni verso il cliente? Qualora il tipo sociale prescelto sia riconducibile alle società di persone, a fattispecie quali s.n.c. o s.s. (o nel caso di socio accomandatario di s.a.s.), la risposta deve essere positiva. Infatti, ex art. 2267 c.c., «per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito i nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci»; e ex art. 2268 c.c. il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare la preventiva escussione del patrimonio sociale. Si segnala posizione -ancora isolata- in dottrina di chi sostiene l’applicabilità analogica a tutte le stp della disciplina dettata in materia di società fra avvocati dall’art. 26 del D.Lgs. 96/01, che stabilisce un’espressa limitazione di responsabilità per i soci non esecutori, per tutti i casi in cui il cliente sia stato informato dell’identità del socio professionista esecutore della prestazione. RIASSUMENDO In relazione al rapporto d’opera professionale si avrà: - una responsabilità contrattuale della società vs il cliente; - una responsabilità contrattuale del socio-professionista esecutore verso la società; - una responsabilità del socio-professionista esecutore verso il cliente (da contatto sociale e quindi di stampo contrattuale o di natura extracontrattuale); - una responsabilità di tutti gli altri soci, se tenuti a rispondere illimitatamente delle obbligazioni sociali (come nel caso dei soci di s.n.c. o di s.s. o dell’accomandatario nella s.a.s.), nel caso in cui la società col suo patrimonio non sia in grado di soddisfare le pretese risarcitorie. Responsabilità e scioglimento del rapporto sociale la responsabilità diretta del socio-professionista esecutore della prestazione per fatti dolosi o colposi non verrà meno per effetto dell’uscita del socio professionista dalla società o comunque dello scioglimento del relativo rapporto sociale. Diverse saranno le conseguenze del venir meno del rapporto sociale sulla responsabilità gravante in capo al socioprofessionista non esecutore: in caso di società di persone, l’art. 2290 c.c. stabilisce la responsabilità per le obbligazioni sorte sino al momento dello scioglimento in capo al socio uscente o ai suoi eredi anche dopo il venir meno del vincolo. In caso di fuoriuscita dalla stp del socio-professionista esecutore, il rapporto d’opera permarrà in capo alla stp, che manterrà tutti i rapporti giuridici a prescindere dall’avvicendarsi dei suoi soci. Conclusivamente La creazione di una stp non potrà mai costituire un espediente per eludere la responsabilità del professionista incaricato né comporterà mai una contrazione delle tutele offerte dal sistema al cliente danneggiato. Al contrario, la tutela del cliente ne esce rafforzata, essendogli riconosciuta un’azione verso la società e un’azione verso il socio esecutore (ex art. 2043 c.c. o ex 1218 c.c.), oltre la copertura assicurativa. Il cliente non potrà cumulare le pretese verso la società con quelle verso il socio esecutore, anche se si deve riconoscere un concorso fra le varie azioni giudiziali. Una riflessione finale Per usare le parole di illustre dottrina, parrebbe di capire che «l’unica vera differenza tra un modello societario e un modello associativo è la partecipazione capitalistica» e allora «un dubbio finale è d’obbligo: la montagna -come potrebbe domandarsi l’uomo della strada- ha partorito l’ennesimo topolino?» GRAZIE PER L’ATTENZIONE! Avv. Francesca Bertani [email protected] BASSI&TERZI Studio Legale