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L`AZIONE DI RECUPERO
La fase o procedura stragiudiziale • La Costituzione in mora • Gli effetti della costituzione in mora La fase o procedura giudiziale • Ricorso per ingiunzione • Cos’è il decreto ingiuntivo • Le condizioni per la richiesta del decreto ingiuntivo • Il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo • L’opposizione • Caparra penitenziale e confirmatoria • Diritti reali di garanzia: pegno, ipoteca e fideiussione • Il precetto • Il pignoramento • Il sequestro conservativo • La prescrizione del credito Torino, lì 26 marzo 2010 LA FASE STRAGIUDIZIALE NELLA PROCEDURA DI RECUPERO DEL CREDITO Il recupero del credito è un’attività finalizzata al rientro di somme derivanti da crediti rimasti insoluti (esempio prestiti non onorati). Esistono due fasi distinte nell’attività del recupero credito: 1. 2. La fase o procedura stragiudiziale; La fase o procedura giudiziale; FASE STRAGIUDIZIALE La fase stragiudiziale conosciuta anche come extragiudiziaria, è la procedura attivata dalle società che operano in questo settore volta alla risoluzione bonaria del contenzioso. Questa fase è caratterizzata da una serie di operazioni determinate a stabilire un contatto con l’obbligato, con il quale si cerca di rimediare al problema evitando la tortuosa soluzione dell’azione legale dispendiosa e lungimirante. L’inizio dell’attività consiste nell’ invio di comunicazioni epistolari ( Costituzione in mora) presso il domicilio del debitore, informandolo della presenza del debito costituito dal capitale rimasto insoluto e dagli interessi ed eventuali oneri che devono essere corrisposti. Di seguito le società di recupero credito procedono a contattare il debitore telefonicamente sollecitandolo al pagamento del dovuto, provando inoltre a stabilire un’intesa proponendo delle soluzioni di rientro del capitale mediante ammortamenti personalizzati appetibili. Che significa “costituzione in mora” del debitore? La costituzione in mora del debitore consiste nella richiesta fatta al debitore dal creditore, e per iscritto, di adempiere l’obbligazione. Tale richiesta viene comunemente inoltrata a mezzo piego o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in modo da consentire di provare la data del ricevimento. La spedizione della raccomandata A/R presso il domicilio dell’interlocutore dovrà contenere le seguenti caratteristiche: 1. La data della lettera; 2. Motivo dell’azione del recupero (contratto prestito insoluto, fattura ecc.), viene altresì, descritti gli obblighi derivanti dal contratto e quello che realmente è accaduto; 3. Data da cui scaturisce il debito; 4. Importo del debito dovuto e quantificazione interessi ed oneri dovuti; Data o termine per saldare quanto richiesto, solitamente vengono concessi 15 giorni dal ricevimento della lettera, può accadere tuttavia che per diversi motivi si concede minor tempo. L’art. 1219 c.c. prevede che non sia necessario ricorrere alla costituzione in mora se: l’obbligazione deriva da fatto illecito; 2. il debitore dichiara per iscritto di non voler adempiere; 3. l’obbligazione è a termine e la prestazione (o il pagamento) deve essere eseguita al domicilio del creditore. 1. Dalla costituzione in mora del debitore, la legge fa scaturire taluni effetti a beneficio del creditore. Quali sono gli effetti della "costituzione in mora" del debitore? Gli effetti della costituzione in mora del debitore sono: l’inizio della decorrenza degli interessi moratori, nella misura dell’interesse legale, se non pattuiti diversamente; 2. l’interruzione del termine di prescrizione (art. 2943 c.c.); 3. l’obbligo in capo al debitore di risarcire l’eventuale danno; 4. la cosiddetta perpetuatio obligationis, ossia il passaggio del rischio che la prestazione divenga impossibile in capo al debitore. 1. Se anche il sollecito telefonico risultasse infruttuoso, ecco che alcune società di recupero credito provvedono a contattare il debitore direttamente a casa (esazione diretta), in questo caso gli agenti esattori o procuratori stragiudiziali cercano di comprendere quali siano i reali motivi del mancato pagamento (rifiuto a prescindere o temporanea impossibilità economica), ove vi siano le possibilità e la volontà, gli agenti esattori, in concordo con l’obbligato, propongono soluzioni di rientro del debito garantendo anche forti sconti (stralcio). Nella comunicazione di messa in mora si intima la controparte al pagamento del dovuto entro una data prestabilita, trascorsi i tempi se non è stato provveduto a quanto richiesto viene resa edotta che nei suoi confronti verrà intrapresa un’azione legale con addebitamento di tutte le spese. Nel caso in cui non si raggiungano i risultati sperati durante la fase stragiudiziale, le società di recupero credito procedono alla verifica o valutazione dello stato economico del debitore. Questo servirà per decidere se è conveniente intraprendere o meno un’azione giudiziale nei suoi confronti. Tale valutazione viene di norma eseguita anche in fase di accordo durante la fase stragiudiziale, spesso accade che di fronte a richieste di ulteriore tempo da parte dei debitori, queste vengono accolte solo quando vi siano la presenza di garanzie (pegni, ipoteche) a protezione dell’interesse del creditore. FASE GIUDIZIALE NELLA PROCEDURA DI RECUPERO DEL CREDITO Nell’attività del recupero credito è contemplata la via giudiziaria quando la fase stragiudiziale non ha prodotto alcun risultato. Il ricorso legale è finalizzato all’ottenimento di un titolo esecutivo che permette di intraprendere l’esecuzione forzata sui beni dell’obbligato (macchina, immobili, ecc.). Prima di ricorrere al Tribunale, vengono valutate le opportunità di avviare la fase giudiziaria mediante l’analisi dello stato economico e patrimoniale del debitore al fine di individuare la presenza di capitali sufficienti a giustificare l’azione legale. Pertanto a seguito di tale verifiche emergesse l’assenza o insufficienza di beni pignorabili, l’azione giudiziaria diventerebbe controproducente soprattutto perché in caso di conclusione negativa le spese legali sarebbero a totale carico da chi ha intrapreso l’azione giuridica. Situazione “sorvolabile” quando i crediti vantati sono di entità molto elevata, il ricorso all’azione legale sarebbe comunque giustificata al solo fine di portare in bilancio come passività i crediti vantati. Qui di seguito vengono descritti le varie opportunità del creditore per far valere i propri diritti: RICORSO PER INGIUNZIONE: si concretizza quando il creditore ha in mano documenti che certificano il suo diritto, il credito vantato dovrà avere determinate condizioni ovvero essere: 1. 2. 3. Certo (comprovato da documenti), Liquido (assodato nel suo importo), Esigibile (non sottoposto a condizioni e termini). Nei casi in cui tali condizioni dovessero mancare e non disponendo già di un titolo esecutivo, che permetterebbe di agire mediante atto di precetto, si dovrà procedere in via ordinaria con atto di citazione che comporterà un elevato aumento dei tempi per ottenere il titolo esecutivo. Che cos’è un decreto ingiuntivo? Un decreto ingiuntivo è l’ordine dato dal giudice al debitore di adempiere l’obbligazione assunta (es. pagamento di una somma di denaro o consegna di una cosa mobile determinata) entro un determinato periodo di tempo (40 giorni). Trascorso tale termine, il decreto diventa esecutivo e si può procedere al pignoramento dei beni del debitore. Il decreto ingiuntivo viene emesso su richiesta del creditore, ed ha il vantaggio di essere molto più celere e assai meno oneroso di un procedimento giudiziario ordinario. È disciplinato dagli articoli 633 e ss. del c.p.c. e richiede, per la sua emissione, la sussistenza di specifiche condizioni. Contro un decreto ingiuntivo è possibile fare opposizione nei termini previsti dallo stesso decreto (40 giorni) Quali sono le condizioni per poter richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo? Affinché si possa far ricorso al procedimento per decreto ingiuntivo è necessario che il credito consista nella consegna di una somma determinata di denaro o di una quantità determinata di cose fungibili, oppure nella consegna di una cosa mobile determinata. È inoltre necessario che il credito sia provabile mediante prova scritta. Più precisamente, si intendono per prove scritte idonee alla richiesta di decreto ingiuntivo (art. 634 c.c.): 1. 2. 3. 4. le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata; i telegrammi; gli estratti autentici delle scritture contabili; la giurisprudenza considera prova scritta anche le fatture commerciali. In quali casi un decreto ingiuntivo viene emesso provvisoriamente esecutivo? L’art. 642 c.p.c. prevede che, su istanza del ricorrente, il decreto ingiuntivo possa essere dichiarato immediatamente esecutivo (senza perciò che sia necessario attendere il termine di quaranta giorni per verificare se il debitore paga o si oppone). Tale richiesta può essere accolta se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, atto ricevuto da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato. L’esecuzione provvisoria può anche essere concessa se vi è pericolo di un grave pregiudizio nel ritardo. È possibile fare opposizione ad un decreto ingiuntivo? L’opposizione ad un decreto ingiuntivo può essere proposta mediante atto di citazione (art. 645 c.p.c.) entro i termini strettamente previsti nel decreto stesso (40 giorni). Ci si oppone al decreto ingiuntivo, ad esempio, se il credito non è scaduto o se è addirittura inesistente perché mai sorto o perché già estinto a seguito di pagamento. A seguito dell’opposizione, il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario. Su istanza dell’opponente, se ricorrono gravi motivi, il giudice può sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo (art. 649 c.p.c.). Quali garanzie si possono inserire in un contratto per avere più probabilità che venga adempiuto? Quali clausole accessorie ad un contratto, al fine di garantire l’adempimento dell’accordo, o permettere un più facile e pronto risarcimento in caso di danno, la legge predispone vari strumenti. Innanzi tutto può prevedersi una caparra con funzione penitenziale o confirmatoria, oppure una clausola penale (con funzione di determinazione anticipata del valore del danno in caso di inadempimento). Qual è la diffrenza tra caparra penitenziale e caparra confirmatoria? La caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) è la più frequente e corrisponde alla antica consuetudine di consegnare all’altra parte una somma di denaro (o altre cose fungibili) a conferma del vincolo assunto. Se la parte che ha concesso la caparra si rende inadempiente, l’altra parte può recedere dal contratto e trattenere la caparra. Se inadempiente è la parte che ha ricevuto la caparra, l’altra parte può sempre recedere e richiedere il doppio di quanto versato. Si tratta in entrambi i casi di facoltà concessa all’interessato che può comunque insistere per l’adempimento, e richiedere il risarcimento per l’ulteriore danno subito. Diversa è invece la funzione della caparra penitenziale (art. 1386 c.c.) che rappresenta il corrispettivo del diritto di recesso, stabilito convenzionalemente. Chi decide di recedere deve dare all’altra parte quanto pattuito a titolo di caparra penitenziale e l’altra parte non potrà chiedere altro. Possono poi sempre prevedersi delle specifiche garanzie, tanto di natura reale (cioè riferite a beni mobili o immobili) oppure di natura personale (che fanno invece riferimento al patrimonio personale di un soggetto terzo). DIRITTI REALI DI GARANZIA Il pegno e l’ipoteca, oltre ai privilegi, sono cause legittime di prelazione. Il pegno e l’ipoteca sono diritti reali che limitano il potere a disposizione (mediante pignoramento o ipoteca) perché sono opponibili erga omnes e per questo sono caratterizzati da assolutezza attribuendo al creditore il potere di esercitare la garanzia espropriando e vendendo il bene anche se la proprietà del bene è passata ad altri; questo è conosciuto come diritto di sequela. I privilegi sui beni soggetti di diritto reale di garanzia identificabili con pegno ed ipoteca necessitano di un titolo costitutivo di pegno o ipoteca. È possibile trasferire il pegno o l’ipoteca a terzi. È tuttavia vietato il patto commissorio con il quale in caso di mancato pagamento la proprietà della cosa oggetto di pegno od ipoteca passa al creditore. La differenza sostanziale tra pegno e ipoteca è identificabile nel fatto che con il pegno il possesso del bene avente per oggetto beni mobili passa al creditore materialmente mentre con l’ipoteca il bene rimane al debitore. L’ipoteca ha come oggetto beni immobili, beni mobili registrati, rendite di Stato. Il pegno e l’ipoteca assolvono quindi all’esigenza del creditore di trovare generalmente piena soddisfazione del credito visto che in caso di mancato pagamento il creditore ha la facoltà di espropriare i beni che poi vengono venduti all’asta e con il ricavato il creditore soddisfa le proprie legittime pretese, salvo fideiussione. A titolo di garanzia personale possono invece prevedersi, tra le altre, la fideiussione o la fideiussione omnibus, oppure la garanzia a prima richiesta. La fideiussione: oggetto e natura accessoria dell’obbligazione La fideiussione, disciplinata dagli artt. 1936 e ss. c.c., è il negozio giuridico tramite il quale un soggetto, chiamato fideiussore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui obbligandosi personalmente nei confronti del creditore. La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza. La fideiussione necessita un’espressa volontà del garante ex art. 1937 c.c. ed ha natura accessoria rispetto all’obbligazione principale garantita. In tal senso la fideiussione esiste nei limiti in cui esiste l’obbligazione garantita. A mente dell’art. 1939 c.c., infatti, la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale e, ex art. 1941 c.c., non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore nè essere prestata a condizioni più onerose (al contrario la fideiussione può prestarsi per una parte soltanto del debito). Sempre sotto il profilo dell’accessorietà della fideiussione rispetto all’obbligazione principale, deve rilevarsi che l’art. 1942 c.c. prevede che la fideiussione si estenda a tutti gli accessori del debito principale. Coerentemente l’art. 1945 c.c. dispone che il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore principale (è esclusa sola l’eccezione d’incapacità). La fideiussione: gli obblighi del fideiussore L’oggetto della fideiussione è la garanzia di un debito altrui, sicchè il fideiussore, ai sensi dell’art. 1944 c.c., è obbligato, in solido con il debitore principale, al pagamento del debito. È possibile prestare una fideiussione per un debito futuro e sottoposto a condizione purchè sia fissato l’ammontare massimo garantito. Il fideiussore risulta, dunque, obbligato in solido con il debitore principale, così il creditore potrà chiedere indifferentemente l’adempimento al fideiussore o al debitore, a meno che non sia previsto il benficio di escussione; in tale ultimo caso il creditore non potrà escutere il fideiussore prima dell’escussione del debitore principale ma il fideiussore dovrà, ove intenda valersi della relativa eccezione, indicare i beni del debitore principale aggredibili. La fideiussione: i rapporti tra fideiussore e debitore principale garantito (il regresso) Ove, nell’adempimento dell’obbligazione nascente dalla fideiussione, il fideiussore abbia pagato il debito, avrà regresso nei confronti del debitore principale; subentrerà, cioè, nei diritti che il creditore aveva contro il debitore. È bene che il fideiussore comunichi sempre al debitore principale la volontà di procedere al pagamento in quanto, ai sensi dell’art. 1952 c.c., non è ammesso il regresso nei confronti del debitore principale qualora questi abbia proceduto al pagamento del debito a causa del difetto di preventiva denunzia; in tal caso, inoltre, il debitore principale può opporre al fideiussore le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore principale all’atto del pagamento. La fideiussione: modalità d’estinzione La fideiussione si estingue, oltre che naturalmente con l’adempimento dell’obbligazione da parte del debitore principale, quando, per fatto del creditore, il fideiussore si trovi nell’impossibilità di agire in regresso nei confronti del debitore principale o di valersi delle garanzie che assistevano il credito (cfr. art. 1955 c.c.). Nell’ambito delle fideiussioni per obbligazioni future, il fideiussore ri- sulta immediatamente liberato ove il creditore, consapevole dello stato d’insolvenza del debitore principale, gli abbia, ciononostante, fatto credito. L’art. 1957 prevede, infine, che la fideiussione cessi ove il creditore principale non abbia proposto le sue istanze entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale. Fideiussione: il diritto di rilievo del fideiussore Il fideiussore può, infine, esigere che il debitore principale lo liberi dalla fideiussione o, in mancanza, gli fornisca adeguate garanzie per l’esercizio delle ragioni di regresso quando sia convenuto in giudizio, quando il debitore principale sia divenuto insolvente e quando il debito sia divenuto esigibile per la scadenza del termine. La fideiussione omnibus Derivante dalla pratica bancaria è invece la fideiussione omnibus. Con la “fideiussione omnibus” il fideiussore si obbliga a garantire i debiti presenti e anche futuri del debitore, tale tipo di fideiussione è valida solo se è stato stabilito un importo massimo garantito. IL PRECETTO Ottenuto il titolo esecutivo e dopo che questo è stato portato a conoscenza del debitore attraverso la notifica (la notifica è una comunicazione ufficiale fatta a mezzo degli Ufficiali Giudiziari del Tribunale o dell’Avvocato). Condizione necessaria e sufficiente per poter avviare il procedimento di esecuzione forzata è quella di disporre di un titolo esecutivo. Sono titolo esecutivi: le sentenze; i provvedimenti giurisdizionali cui la legge riconosce la medesima efficacia della sentenza, ad esempio: decreto ingiuntivo, ordinanza per la convalida di sfratto o licenza, provvedimenti provvisori ed urgenti emessi nel corso del giudizio di separazione personale o divorzio; • le scritture private autenticate, in relazione alle obbligazioni relative a somme di denaro; • le cambiali • i titoli di credito • gli altri atti cui la legge riconosce la medesima efficacia dei titoli di credito; • atti ricevuti da notaio od altro pubblico ufficiale. • • Dopo la notifica del titolo esecutivo o contestualmente ad essa il creditore potrà notificare al debitore l’atto di precetto. Il precetto non è altro che un atto con il quale si chiede al debitore di adempiere l’obbligo che risulta dal titolo esecutivo entro un termine non inferiore a 10 giorni, con l’avvertimento che in caso di mancato adempimento entro il termine stabilito, si procederà chiedendo il pignoramento. Precetto su titoli: in presenza di titoli esecutivi (esempio assegni protestati o cambiali) è consentito procedere direttamente all’esecuzione forzata dei beni di proprietà dell’obbligato, altrimenti è necessaria una sentenza o altro provvedimento che autorizza l’esecuzione forzata mediante titolo esecutivo. Il creditore dovrà intimare all’obbligato entro un termine non inferiore ai dieci giorni di soddisfare quanto stabilito dal titolo esecutivo. Se ciò non venisse rispettato si ha facoltà di pignorare tutti i beni dell’insolvente fino al raggiungimento del valore del credito vantato. IL PIGNORAMENTO Il pignoramento è l’atto con il quale inizia l’esecuzione forzata vera e propria. Esso consiste nell’ingiunzione che l’Ufficiale Giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre determinati beni alla garanzia del credito. In sostanza, avviene che l’Ufficiale Giudiziario si reca presso il debitore munito del titolo esecutivo e del precetto; giunto presso il debitore l’Ufficiale Giudiziario verifica se vi sono dei beni che possono essere valido oggetto di vendita per l’importo richiesto dal creditore. Individuati i beni, l’Ufficiale Giudiziario redige verbale e comunica al debitore che da quel momento non potrà disporre dei beni medesimi, cioè non potrà trasferirli né, tanto meno, venderli o cederli a terzi a qualunque titolo. Si precisa che se il debitore col pignoramento è nominato custode dei beni pignorati. Pertanto, il debitore sarà perseguibile penalmente, in particolare per il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice se compia atti diretti a sottrarre i beni alla garanzia del credito, oppure renda false dichiarazioni o ometta di rispondere all’Ufficiale Giudiziario che gli chieda dell’esistenza di altri beni utilmente pignorabili. Particolari disposizioni sono dettate per il caso di pignoramento avente ad oggetto beni immobili, beni immobili in comunione, beni che si trovano presso terzi. FORMA DEL PIGNORAMENTO Viene redatto dall’ufficiale giudiziario un verbale dal quale risulta, oltre che l’ingiunzione di cui sopra, la descrizione di tutte le cose pignorate, il loro stato (tramite rappresentazione fotografica o audiovisiva) e la determinazione approssimativa del presumibile valore di realizzo stabilito con l’assistenza, se ritenuta utile o richiesta dal creditore, di un esperto stimatore scelto dall’ufficiale giudiziario. Se riguarda COSE MOBILI L’ufficiale giudiziario munito di titolo esecutivo procede al pignoramento ricercando le cose nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti, e anche sulla persona stessa. L’ufficiale giudiziario può avere l’assistenza della forza pubblica. Non può riguardare le cose impignorabili e deve essere eseguito di preferenza sulle cose che l’uffi- ciale giudiziario ritiene di più facile e pronta liquidazione nel limite di un presunto valore di realizzo (calcolato aumentando della metà l’importo del credito precettato). In ogni caso devono essere preferiti, in ordine: il denaro contante, gli oggetti preziosi, i titoli di credito ed ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione. Non può essere eseguito nei giorni festivi e fuori l’orario stabilito dalla legge per le notificazioni (dalle 7 alle 21). Il denaro, i preziosi e i titoli pignorati vengono consegnati dall’ufficiale giudiziario al cancelliere del competente ufficio giudiziario, mentre gli altri beni vengono trasportati in un luogo di pubblico deposito oppure affidati ad uno specifico custode (che non può essere il creditore o il debitore qualora l’altra parte non dia il suo consenso). Nota importante: Il pignoramento può riguardare anche le cose mobili (arredamento, oggetti vari) presenti nell’immobile non di proprietà del debitore. È sufficiente che questi vi abbia residenza per presumere -in forza di legge- che i beni contenuti nell’immobile siano di sua proprietà, salvo prova contraria (sua o dell’effettivo proprietario). PIGNORAMENTO IMMOBILIARE Si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione nei registri immobiliari di un atto contenente l’esatta descrizione dell’immobile e l’ingiunzione al debitore di non compiere atti dispositivi. Insieme al bene immobile possono essere pignorati anche i mobili in esso contenuti, quando appaia opportuno che l’espropriazione avvenga unitamente. A custodia dei beni viene normalmente nominato il debitore, ma su richiesta di un creditore il giudice può anche nominare persona diversa. Ciò avviene comunque nel caso in cui il debitore non occupi l’immobile. PIGNORAMENTO PRESSO TERZI Riguarda crediti del debitore verso terzi (come fitti, stipendi -con limiti che diremo- e somme presenti sul conto corrente) o cose del debitore che si trovano presso terzi. Si esegue mediante atto notificato al terzo e al debitore, e deve contenere oltre all’ingiunzione a non compiere alcun atto dispositivo circa i beni e i crediti assoggettati a pignoramento, l’indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, l’indicazione anche generica delle cose o somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice. L’atto contiene anche l’invito a presentarsi davanti al giudice per dichiarare “di quali cose o quali somme” il terzo è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Interessante osservare che questa disposizione non riguarda i pignoramenti “esattoriali” (si veda più avanti), per i quali è invece previsto che il terzo debitore effettui direttamente i pagamenti al concessionario. EFFETTI DEL PIGNORAMENTO Il pignoramento, nelle varie specie, produce l’effetto di rendere inopponibili al creditore procedente, e agli altri creditori che intervengono nell’esecuzione, gli atti di disposizione compiuti sui beni pignorati (come per esempio la vendita e le cessioni dei crediti). Per gli immobili vale la regola dell’anteriorità della trascrizione; per i beni mobili il principio della tutela del terzo acquirente che abbia acquistato il possesso in buona fede. Si vedano, in proposito, gli articoli 2912 e segg. del codice civile. COSA SI INTENDE PER IMPIGNORABILITÀ Riguarda il pignoramento mobiliare presso il debitore, e riguarda cose che per il loro prevalente valore morale (es. oggetti di culto, fede nuziale), o per stretta necessità nella vita domestica (es. frigorifero, lavatrice), hanno indotto il legislatore a privilegiare i bisogni di quest’ultimo rispetto al principio per cui tutti i beni dovrebbero fungere da garanzia dei creditori ed essere quindi espropriabili. Sono inoltre sottratti al pignoramento i crediti alimentari (gli alimenti versati dal coniuge separato, tranne per cause di alimenti e comunque con autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice delegato e per la parte dallo determinata dallo stesso), i crediti aventi per oggetto sussidi di grazia, di sostentamento, di maternità e di malattia. Sono parzialmente impignorabili, invece, tutti i beni indispensabili per l’esercizio della professione o del mestiere esercitato dal debitore. Essi possono essere pignorati nei limiti di un quinto nei casi in cui il presumibile valore degli altri beni non appare sufficiente per la soddisfazione del credito. La disposizione non si applica se il provvedimento riguarda una società. Particolari disposizioni, inoltre, riguardano le cose che il proprietario di un fondo tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo nonchè i frutti non ancora raccolti o separati dal suolo. Maggiori dettagli in merito si possono trovare agli art.514 e segg. nonchè all’art.545 del codice di procedura civile. PIGNORABILITÀ DELLO STIPENDIO La Finanziaria 2005 (legge 311/04) ha definitivamente equiparato le disposizioni relative alla pignorabilità degli stipendi privati e di quelli pubblici. Per questi ultimi ricordiamo che già da tempo è stata abolita la regola di assoluta impignorabilità a seguito di varie pronunce della Corte Costituzionale (sentenze n.89/1987 e n.878/1988). In sostanza vige per tutti gli stipendi (nonchè le gratifiche, le pensioni, le indennità, i sussidi, etc) la regola generale secondo cui essi sono impignorabili ed insequestrabili salvo queste eccezioni: 1) se il debito riguarda alimenti dovuti per legge, è prevista la pignorabilità fino ad un terzo degli stipendi al netto di ritenute; 2) se il debito è verso lo Stato o altri enti o imprese da cui il debitore dipende, e riguarda il rapporto di impiego, è prevista la pignorabilità fino ad un quinto degli stipendi al netto di ritenute; 3) se il debito riguarda tributi dovuti allo Stato, alle Province o ai Comuni dall’impiegato o salariato, è prevista la pignorabilità fino ad un quinto degli stipendi dello stesso al netto di ritenute. Se concorrono simultaneamente i casi 2 e 3 il pignoramento non può colpire una quota totale maggiore del quinto già detto, mentre se concorre anche il caso 1 il pignoramento non può colpire una quota maggiore della metà degli stipendi al netto di ritenute. E’ da precisare, per quanto previsto dal codice di procedura civile, che la quota oggetto di pignoramento è decisa dal presidente del Tribunale o da un giudice da questi delegato. Fonte: art.1 e 2 d.p.r.180/50 con modifiche della legge 311/04 art.1 comma 137, e c.p.c. Art.545 e segg. SE I BENI PIGNORATI SI RIVELANO INSUFFICIENTI, oppure si manifestano troppo lunghi i tempi di liquidazione degli stessi, l’ufficiale giudiziario può interpellare ufficialmente il debitore riguardo all’esistenza di altri beni disponibili per il pignoramento. I debitori che -quando interpellati- dichiarano il falso o non collaborano, ovvero non rispondono entro 15gg, sono perseguibili penalmente secondo quanto previsto dall’art. 388 del codice penale (reclusione fino ad un anno e la multa fino a 309 euro). Ulteriormente l’ufficiale giudiziario può, sempre nell’ottica di cui sopra, procedere ad una ricognizione dei beni da pignorare con accesso diretto all’anagrafe tributaria o ad altre banche dati pubbliche. Se il debitore è un imprenditore commerciale, inoltre, l’ufficiale potrà consultare le scritture contabili mediante la consulenza di un professionista. Tutto ciò anche su richiesta del creditore procedente, che con apposita istanza può chiedere l’integrazione del pignoramento anche al giudice qualora ritenesse inadeguate le stime effettuate dall’ufficiale giudiziario. A tal scopo il giudice ha facoltà di nominare un perito stimatore. LA CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO Al debitore, al quale siano stati pignorati dei beni, è data facoltà di chiedere la conversione del pignoramento, purchè ne faccia istanza prima che sia disposta la vendita. A tal fine il debitore depositerà un’istanza in Tribunale, insieme all’istanza andrà necessariamente depositata una somma non inferiore ad un quinto del credito per cui è stato eseguito il pignoramento. Con quest’istanza il debitore chiederà che i beni o crediti pignorati siano sostituiti da una somma di denaro. Sarà poi il Giudice a stabilire la somma da sostituire ai beni pignorati, dopo aver sentito personalmente le parti in udienza. In particolare, se il pignoramento riguardava beni immobili il Giudice potrà disporre che il debitore versi la somma rateizzata entro un termine massimo di 18 mesi. IL SEQUESTRO CONSERVATIVO Il sequestro conservativo è indicato tra i cd “mezzi di conservazione” della garanzia patrimoniale del debitore. Si chiederà il sequestro dei beni del debitore quando si abbia fondato timore che questi possa alienare o comunque far sparire tutto o parte del suo patrimonio. In tal caso, laddove il debitore non risultasse più detentore di nulla, il creditore che, dopo anni di causa, abbia ottenuto una sentenza favorevole rischia in concreto di trovarsi comunque a bocca asciutta. Se infatti il debitore si rifiuti di dare spontaneo adempimento alla sentenza il creditore sarà costretto ad agire in via esecutiva. Ma su quali beni potrà agire il creditore se il debitore non ha nulla? Il creditore che non abbia proposto ricorso per sequestro in questo caso rimarrà ancora insoddisfatto. Dunque, lo scopo che si raggiunge con il sequestro conservativo è quello di creare un vincolo di indisponibilità sui beni mobili e/o immobili del debitore cui esso si riferisce. Questo significa che il debitore potrà disporre del bene sequestrato (dunque potrà venderlo, donarlo, costituirvi diritti di godimento in favore di terzi) ma tali atti non sono opponibili al sequestrante. Il sequestrante che ottenga sentenza di condanna nei confronti del debitore potrà, pertanto, agire con la procedura di esecuzione forzata chiedendo ed ottenendo la vendita del bene sequestrato, non avendo alcun rilievo nei suoi confronti i diritti che i terzi vantano sul bene medesimo successivamente al sequestro. Procedimento e tempi: il sequestro conservativo rientra tra i provvedimenti cautelari. Esso può essere chiesto sia prima di iniziare il procedimento di merito, sia in pendenza di giudizio. In ogni caso il ricorso per sequestro va sempre presentato al Tribunale. Ricevuto il ricorso il Giudice provvederà alle formalità essenziali e quindi deciderà sull’accoglimento o rigetto della domanda, pertanto i tempi saranno molto brevi, di norma si svolgeranno non più di due udienze. Se il ricorso è stato presentato prima dell’inizio della causa di merito la medesima dovrà iniziarsi entro 60 giorni; in caso contrario il provvedimento perderà efficacia. PRESCRIZIONE DEL CREDITO La prescrizione del credito è regolamentata dall’articolo 2946 del codice civile secondo cui in generale il diritto all’incasso delle somme dovute si prescrive decorsi 10 anni, salvo i casi di seguito citati: La prescrizione si riduce a 5 anni nel caso di crediti vantati per canoni di locazione, interessi, salari, tfr e pensione; 1. 2. 3. 4. 3 anni per i crediti maturati da attività professionali; 2 anni per i crediti dovuti alla circolazione dei veicoli; Un anno per i crediti dovuti alle assicurazioni (premi); 6 mesi per i crediti dovuti agli albergatori e similari. In particolare i debiti derivanti da mutui, prestiti o finanziamenti (pagamenti rateali) si prescrivono in 10 anni, non sono assoggettati alla prescrizione della durata dei 5 anni (mentre ai fini fiscali è opportuno tenere custodite le ricevute di pagamento per almeno 5 anni). Oltrepassati questi limiti temporali come detto non si ha più il diritto alla riscossione, tuttavia la legge prevede che tali limiti possono essere interrotti mediante la notifica al debitore di quanto dovuto attraverso la comunicazione della messa in mora (diritto esercitato dal creditore). Dal ricevimento o notifica della messa in mora inizierà di nuovo il limite delle scadenza della prescrizione pari al periodo prescrittivo precedente, azzerando la durata antecedente alla comunicazione. In che modo viene calcolata la prescrizione del debito? Il periodo prescrittivo inizia dal giorno in cui si fa valere il diritto di riscossione e si conclude l’ultimo giorno della durata prevista. Per il calcolo complessivo vanno compresi anche i giorni festivi e prefestivi. Ho pagato un debito che però era già prescritto ho diritto al risarcimento o rimborso? Ai sensi dell’articolo 2940 del codice civile “pagamento del debito prescritto” non si ha diritto al rimborso qualora sia stato pagato un debito andato in prescrizione. Articolo 2034 del codice civile sulle “obbligazioni naturali” cita: Non è ammessa la ripetizione di quanto e stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace.