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2015_03_NOTIZIARIO_lugliosettembre
n° 3/2015
il
Notiziario
dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
della provincia di Rimini
Anno XVIII, Numero 3, Luglio - Settembre 2015
Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale 70%-CN/RN. Aut. Tribunale Rimini n. 4/98 del 31/03/1998
il Notiziario
sommario
dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
della provincia di Rimini
Editoriale....................................................................................................................... 4
•
Mobile Health: la necessità di una regolamentazione
Anno XVIII, Numero 3, Luglio - Settembre 2015
Il punto redazionale.................................................................................................. 6
PILLOLE ............................................................................................................................. 8
•
Rassegna di notizie a piccole dosi
Focus sulla Professione........................................................................................... 9
•
Epatite C, la rivoluzione della terapia
Direttore responsabile: dott. Mauro Giovanardi
Segretaria di redazione: Valentina Aureli
Coordinatore editorale e di redazione: dott.ssa Antonella Chiadini
Redazione: dott. Melchisede Bartolomei, dott.ssa Loreley Bianconi, dott. Girolamo Buono,
dott. Giovanni Cananzi, dott. Luigi Casadei, dott.ssa Antonella Chiadini, dott. Stefano De Carolis,
dott. Maurizio Della Marchina, dott. Marco Grassi, dott. Sergio Grassia, dott.ssa Anna Maria Laneve,
dott. Saverino La Placa, dott. Giovanni Morolli, dott. Maurizio Pallanti,
dott. Emilio Rastelli, dott. Andrea Santarelli
Contributi a questo numero da:
dott. Giorgio Ballardini - direttore U.O.C. Medicina Interna 2 Rimini
dott. Flavio Bologna - cardiologo libero professionista
dott. Franco Desiderio - coordinatore Commissione Medicine Non Convenzionali
dott. Franco Magnoni - cardiologo libero professionista
Commissione Giovani Medici Omceo Rimini
Grafica e stampa a cura di agenzia NFC - Rimini - tel. 0541 673550 - www.agenzianfc.com
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Rimini
Via Flaminia, 185/B - Rimini
Tel. 0541.382144 - fax 0541.382202
lunedì e mercoledì dalle 10.00 alle 17.00
martedì, giovedì e venerdì dalle 10.00 alle 13.00
www.omceo.rn.it - [email protected]
Vita dell’Ordine.......................................................................................................... 12
•
Registro Medicine Non Convenzionali
•
Commissione Giovani Medici
Cronaca e attualità.................................................................................................. 15
•
Appropriatezza della richiesta di esami di laboratorio
MEDICI NEL MONDO...................................................................................................... 18
•
L’ospedale Luisa Guidotti di Mutoko (Zimbabwe)
e l’attività a favore di pazienti cardiopatici
Medici ma non solo................................................................................................... 23
•
Il dottor Silvano Bravetti
•
Il risveglio e gli esiti di grave trauma cranico visti “da dentro”
•
Concerto sinfonico di Novafeltria
Storia della Medicina.............................................................................................. 32
•
Left is better…
Medici e padelle.......................................................................................................... 35
•
Il coniglio in friccò o coniglio dei poveri
CORSI, CONVEGNI CONGRESSI E ATTIVITÀ CULTURALI............................................... 37
VARIAZIONI AGLI ALBI.................................................................................................... 39
L’arte della medicina consiste nel divertire il paziente
mentre la natura cura la malattia. Voltaire (1694 - 1778)
Editoriale
Editoriale
Mobile Health: la necessità
di una regolamentazione
di Maurizio Grossi
4
Al giorno d’oggi sono disponibili per i telefonini di ultima generazione quasi 100 mila applicazioni (APP) relative alla salute e alla
medicina.
Oggi con pochi euro si possono acquistare programmi che trasformano lo smartphone in un ecografo, in un otoscopio, in un
elettrocardiografo o comunque in uno strumento in grado di misurare, diagnosticare o trattare un problema medico. Ci sono poi
misuratori di pressione arteriosa, misuratori di glicemia ad uso
dei pazienti, capaci di inviare i dati al medico in tempo reale.
Ci sono studi commerciali che dicono che nel prossimo anno circa 500 milioni di utenti in tutto il mondo utilizzeranno un’applicazione medica.
Molte delle APP sono ad uso dei pazienti (consigli sulle diete,
esercizio fisico, perdita di peso, fumo, alcol, uso di stupefacenti)
altre sono per i medici per raccogliere, monitorare e trasferire
dati e informazioni.
Il problema è che la maggior parte delle APP sulla salute e la
medicina non rientrano nella categoria dei dispositivi medici e
non sono soggette a regolamentazione.
è evidente che in un settore così complesso si sente la necessità
di una regolamentazione per evitare che gli utilizzatori abbiano
accesso ad APP che danno consigli incompleti o sbagliati.
In Italia il Comitato Nazionale di Bioetica sollecita l’istituzione di
un Osservatorio per il monitoraggio delle APP e la promozione di
una appropriata informazione e una trasparente comunicazione
all’utente al momento dell’utilizzo delle APP, con una specifica
attenzione ai minori.
In questo senso la Regione Emilia-Romagna nel giugno 2013 ha
prodotto e pubblicato un documento “M-Health e linee d’indirizzo sull’utilizzo delle applicazioni medicali per dispositivi mobili”.
è un documento estremamente interessante che invito tutti a
leggere, per comprendere come il settore delle APP medicali per
dispositivi mobili sia un settore estremamente
caotico e scarsamente regolamentato.
Ricordo che il nuovo Codice di Deontologia
medica, quello del 2014, all’articolo 78 parla
proprio delle tecnologie informatiche ad uso
del medico, tra le quali sono comprese le APP,
mettendo in capo al professionista la responsabilità per la raccolta, il consenso, la tutela della
riservatezza, la pertinenza dei dati raccolti e la
stessa sicurezza della tecnica.
Penso e mi auspico che in un prossimo futuro
(domani?) la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici insieme alla Consulta Deontologica Nazionale possa produrre un documento
per individuare i vantaggi della “Mobile-Health”
e gli inevitabili rischi insiti nell’utilizzo di APP
sanitarie.
Sarebbe altresì auspicabile che presso ogni
Ordine dei medici e odontoiatri si creasse un
Osservatorio per monitorare le APP sanitarie e
mediche che quotidianamente vengono commercializzate. Così facendo si creerebbe un
punto di riferimento per tutti (cittadini e medici) per evitare che si prendano decisioni sulla
propria salute seguendo mode, suggestioni o
consigli interessati.
Anche così si potrebbe contribuire a migliore la
Sanità e la Salute di tutti.
5
Il punto redazionale
Il punto
redazionale
di Mauro Giovanardi
6
Nonostante la calura di questa torrida seconda metà luglio, la redazione non si ferma, anzi si mette in corsa col tempo cercando
di assemblare questo numero prima che arrivino le ferie di agosto con l’inevitabile rallentamento della catena (impaginazione
grafica, correzione bozze, stampa, incellophanatura, spedizione
postale) che porta il Notiziario nelle nostre case.
Non sarebbe male se una di quelle centomila App di argomento sanitario di cui ci parla il nostro Presidente nel suo editoriale facesse per noi tutto quel lavoro, ma purtroppo nessuno l’ha
ancora inventata. In compenso ne circolano di tutti i tipi, tanto
che mi sembra quanto mai opportuna la proposta del Presidente
“che presso ogni Ordine dei medici e odontoiatri si creasse un
osservatorio per monitorare le App sanitarie e mediche che quotidianamente vengono commercializzate”.
Fra gli altri contenuti di questo numero, vi segnalo un importante
contributo del dott. Giorgio Ballardini, epatologo e primario medico, sulle novità nella terapia della epatite C; la puntualizzazione
del dott. Franco Desiderio sulla istituzione del registro delle Medicine Non Convenzionali; l’articolo che annuncia la costituzione
della Commissione Giovani Medici: ci auguriamo che questo sia
solo il primo di una lunga serie visto che le idee, come vi si legge,
non mancano.
Una citazione a parte meritano le riflessioni di Luigi Casadei, in
merito alla lettera del Direttore Generale sulla “Appropriatezza
della richiesta di esami di laboratorio”.
Grazie al racconto e alle immagini del dott. Flavio Bologna, ritorna la rubrica “Medici dell’Ordine nel mondo”: mancava da un po’
di tempo e ci fa proprio piacere tornare a raccontare le storie di
chi mette a disposizione la propria esperienza, umana e professionale.
Il dott. Franco Magnoni, ormai assiduo collaboratore del Notiziario, ci racconta invece un personaggio e una medicina, già
contornati di un alone pionieristico, seppur relativamente vicini
nel tempo.
Il dott. Stefano De Carolis ancora una volta affabula con un racconto di storia e di scienza medica che io, da gastroenterologo
(concedetemi un po’ di deformazione professionale) ho letto con
particolare interesse.
La rubrica Medici e padelle, a quanto pare ha
incontrato un certo gradimento, così la riproponiamo con un gustoso, è proprio il caso di dirlo,
racconto-ricetta di Melchisede Bartolomei.
Anche la rubrica Pillole, che salta questo numero, ma ricomparirà sicuramente nel prossimo,
ha incontrato un certo favore e sollecitato una
precisazione di cui diamo volentieri conto.
Il dott. Giorgio Terzi, il cui libro di poesie abbiamo recensito nel numero scorso e a dimostrazione dell’ecclettismo di cui avevamo parlato
nel suo “profilo d’autore”, ci invia il programma
e ci invita a partecipare a una manifestazione
musicale dagli importanti scopi benefici e sociali.
Vi segnalo per ultimo, ma vi consiglio di leggerlo
per primo, il racconto lucido, drammatico, autoironico di Massimo Assirelli: le considerazioni
di un “profano sfortunato”, come egli stesso
si definisce, alle prese con gli esiti di un grave
trauma cranico.
Nessun commento (sarebbe davvero superfluo): solo leggere e meditare.
Perciò, buona lettura.
7
Pillole
Focus sulla
professione
Rassegna di notizie a piccole dosi
Epatite C,
la rivoluzione della terapia
a cura di Mauro Giovanardi
La rubrica Pillole, comparsa sul numero scorso salterà questo numero e tornerà sicuramente
nel prossimo.
Pubblichiamo però volentieri la precisazione che segue: l’aver stimolato anche un interesse
critico ci sembra comunque un buon risultato.
Spett. Redazione,
credo che per onestà intellettuale vada aggiunto, a Pillole di pag 12 dell’ultimo numero del Notiziario
dell’Ordine, quanto segnalato dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) su circa 2300
pazienti curati negli ambulatori medici di cinque stati per malattie respiratorie acute e pubblicata su
Morbidity and mortality weekly report (MMWR January 16, 2015 / 64(01);10-15).
“Quest’anno 2015 il vaccino antinfluenzale sembra essere efficace solo nel 23% dei casi. (...) Di solito l’immunizzazione contro l’influenza impedisce dal 60 al 65% delle infezioni abbastanza gravi da
richiedere una visita medica, ma quest’anno la prevenzione è meno efficace del solito a causa del
ceppo virale dominante, l’H3N2, che in circa metà dei casi esprime varianti geniche che lo rendono
diverso dai ceppi coperti dal vaccino di stagione, la cui efficacia immunizzante risulta ridotta.”
Questa prima analisi preliminare è stata successivamente corretta al ribasso dal 23 al 18% di efficacia che corrisponde a poco meno di 1/4 di quanto ci si sarebbe aspettati da una normale campagna
vaccinale.
Non è stato solo il problema del caso FLUAD.
Grazie per l’attenzione che vorrete dare a questa mia
Paolo Brici
8
di Giorgio Ballardini
L’infezione da virus dell’epatite C è la causa più frequente di malattia epatica cronica grave in Italia. La frequenza dell’infezione,
sulla base di alcuni studi epidemiologici, è ipotizzata attorno al
3% con un gradiente di crescita fra Nord e Sud e con l’età. Questo porterebbe ad una stima di circa 2.000.000 di individui infetti, di cui il 70% non sa di esserlo. Altri modelli riducono questa
frequenza ad 1.000.000, di cui solo 45% noti. Si ritiene che circa
l’80% delle infezioni acute, quasi sempre asintomatiche, porti ad
infezione cronica, associata a malattia di diversa gravità, nella
maggior parte dei casi molto lieve e con esami epatici normali.
Di questo 80% un 20% arriva ad una epatite severa che porta
a cirrosi e di questi il 4% arriva ad epatocarcinoma, trapianto o
morte per insufficienza epatica. Tutto ciò in un arco di tempo che
può andare dai 10 ai 40 anni. Molto importanti i cofattori nella
progressione di malattia: alcool, sovrappeso, HBV. Tra i predittori
di evolutività importanti sono i livelli di ALT ma l’evoluzione può
avvenire anche con transaminasi normali. Ai fini di stadiare la
malattia il riferimento è tuttora la biopsia epatica. In certi casi
per la diagnosi di cirrosi è sufficiente il complesso di esami bioumorali e strumentali (Piastrinopenia, aumento della Bilirubina e
dell’INR, GOT>GPT, fegato di consistenza aumentata con margine assottigliato, segni di ipertensione portale all’ecografia, presenza di varici alla gastroscopia, ascite). In altri casi utile una misurazione elastografica della consistenza del fegato (Fibroscan).
La mortalità per complicanze della cirrosi è circa del 4% annuo.
In 5 anni circa il 17% dei cirrotici sviluppa un epatocarcinoma.
In Emilia-Romagna si stima siano presenti da 100.000 a
130.000 portatori di HCV. Tra i cittadini extracomunitari la fre-
9
Focus sulla professione
Focus sulla professione
quenza di infezione è elevata in pazienti egiziani ed asiatici mentre in altri nordafricani e in
pazienti provenienti dai paesi dell’Est appare
inferiore a quella italiana.
La storia della terapia dell’epatite C inizia con
l’interferone, cui successivamente si è associata la ribavirina, poi l’uso di interferone pegilato.
Nel 2011 si riusciva a guarire circa il 45-50%
dei pazienti trattati, con la massima frequenza
nei pazienti infetti da genotipo 2, la minima nei
pazienti con genotipo 1, specie se cirrotici. La
terapia era nella maggior parte dei casi di un
anno, gravata da numerosi effetti collaterali al
punto che era difficilmente tollerabile in pazienti con cirrosi avanzata.
Di fatto, per la scelta di effettuare un trattamento apparivano cruciali la presenza di una malattia significativa ma non troppo avanzata, la
probabilità di risposta e la capacità del paziente
di tollerare il trattamento. In definitiva, avendo
a disposizione una terapia non soddisfacente
si trattava la malattia epatica e non l’infezione
virale.
Dal 2011 (in Italia dal 2014) è cambiato l’orizzonte, sono comparsi antivirali ad azione diretta
sul virus, che non richiedono necessariamente
l’interferone e la cui efficacia supera complessivamente il 90% dei casi con numeri vicino al
100% nei non cirrotici e superiori al 70% (rispetto al 10%) nei cirrotici, con trattamenti al
massimo di 24 settimane (spesso di 12) con
effetti collaterali modesti.
Ciò ha aperto orizzonti insperati: portare i pazienti al trapianto di fegato senza infezione o
trattarli subito dopo, fermare l’evoluzione della
cirrosi verso lo scompenso e ridurre (senza eliminare) nel cirrotico il rischio di sviluppo di HCC,
curare l’infezione prima che il paziente sviluppi
cirrosi, fino al sogno di eradicare l’infezione da
HCV nella popolazione. Passare cioè da trattare
la malattia, selezionando i pazienti, al trattare
tutti gli infetti, per eradicare l’infezione.
10
I nuovi farmaci (sono numerosi farmaci in diverse combinazioni che in comune hanno efficacia
e buona tollerabilità) hanno ancora un limite
non superabile: un costo ancora proibitivo per
il nostro sistema sanitario. In realtà per due di
questi (Sofosbuvir/Sovaldi e l’associazione Sofosbuvir Ledipasvir/Harvoni, non sappiamo di
fatto il prezzo reale, poiché il prezzo è legato
al consumo. Il prezzo di partenza è attorno ai
40.000 euro. L’associazione con Daclatasvir o
Simeprevir aggiunge altri 20.000 circa. Abbiamo inoltre a disposizione una ulteriore tripletta
di farmaci, prodotta dalla ditta Abbvie, destinata a genotipo 1 e 4, il cui prezzo di partenza è
sui 23.000, anche questo destinato con l’utilizzo a ridursi. In futuro usciranno numerosi altri
farmaci. Diversi di questi sono ad esempio utilizzati in Asia, in particolare in Giappone, e non
registrati in Europa e negli Stati Uniti.
Con i farmaci attualmente a disposizione è disponibile una soluzione di ragionevole efficacia
per tutti i genotipi. La scelta degli schemi terapeutici, fatto salvo alcune specificità o possibili
intolleranze, da ora in poi sarà squisitamente
legata al prezzo. è prevedibile che succeda
che la competizione e la contrattazione portino a una significativa riduzione di prezzi e che
questo consenta, col tempo, di trattare tutti (o
quasi tutti) i portatori di HCV. Il costo ha portato AIFA e poi le singole regioni a stabilire degli
ambiti di utilizzo con una sorta di priorità, riservando i nuovi farmaci a pazienti con patologia
attualmente grave (cirrosi) o a rischio di svilupparla (fibrosi stadio 3 di 4) o a specifiche situazioni (trapiantati, trapiantandi) o a condizioni in
cui il virus, indipendentemente dalla malattia di
fegato, possa concorrere a danneggiare organi
extraepatici (es. crioglobulinemia) o determinare malattie extraepatiche (linfomi B).
In questa fase esistono due tipi di problemi. Il
primo, quando il paziente non sia candidabile
a trapianto di fegato, è stabilire quando la pa-
tologia sia troppo grave per trarre beneficio dall’eradicazione del virus, quanto cioè sia utile, ai
fini di sopravvivenza e qualità di vita questo trattamento. “Prima”, quando la terapia era gravata
da grossi effetti collaterali (compresa la morte stimata in 1 ogni 180 trattamenti nel cirrotico) e la
probabilità di risposta molto bassa, il problema, oltre un certo livello di gravità e una certa età, non
si poneva. Oggi le terapie sono licenziate per pazienti fino alla classe B Child (come dire cirrosi con
scompenso controllabile dalla terapia) e non c’è un vincolo formale di età. Dei primi 1019 pazienti
trattati in Emilia-Romagna, 95 hanno tra i 75 e gli 80 anni e 33 tra gli 81 e i 90, a testimonianza
della difficoltà ad affrontare questo tema. Sul versante opposto abbiamo persone con malattia
non grave (stadio istologico con fibrosi da 0 a 2), spesso giovani, che chiedono di potersi liberare
del virus e delle conseguenze fisiche e psicologiche che l’infezione comporta. A questi pazienti
oggi possiamo offrire sostanzialmente solo terapie tradizionali con interferone. Queste terapie, in
questa popolazione, hanno comunque una discreta efficacia ma a prezzo dei noti effetti collaterali.
Di fatto in questi pazienti si finisce per rimandare il trattamento, forti del fatto che mediamente
servono almeno 5 anni per avanzare di uno stadio, sperando in una modifica della situazione. Il
paradosso è quindi quello di non trattare neanche quelli che potrebbero ancora beneficiare dei
vecchi farmaci, ma come dare torto a pazienti e medici che seguono questa strada.
Ovviamente è alto il rischio di contenzioso, in televisione sono frequenti campagne di sensibilizzazione verso l’epatite C. è effettivamente in questa fase importante identificare i portatori di malattia per cui se è ancora non definita l’opportunità di uno screening di popolazione, è certamente
importante ricercare l’infezione almeno in pazienti con transaminasi alterate. è anche importante
che l’opinione pubblica si renda conto che non sono pochi i fondi sanitari ma è alto in costo dei
farmaci.
11
Vita dell’Ordine
Vita dell’Ordine
Registro Medicine
Non Convenzionali
di Franco Desiderio
12
Informiamo tutti gli iscritti all’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della provincia di Rimini che il Consiglio Direttivo nella seduta del 25 maggio 2015 ha deliberato l’istituzione del Registro
delle Medicine Non Convenzionali della provincia di Rimini. E
più precisamente gli elenchi dei medici esperti in AGOPUNTURA, FITOTERAPIA e OMEOPATIA come previsto dall’accordo della
conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni
e le province autonome di Trento e Bolzano del 7 febbraio
2013 e successivo recepimento da parte della Regione EmiliaRomagna con delibera n. 679 del 19/05/2014.
L’accordo di cui sopra ha come oggetto la formazione di medici
chirurghi e odontoiatri che esercitano l’Agopuntura, la Fitoterapia e l’Omeopatia (che comprende anche la medicina antroposofica e l’omotossicologia) a tutela della salute dei cittadini e a
garanzia del corretto esercizio della professione.
L’agopuntura, la fitoterapia e l’omeopatia sono considerate, nella delibera in oggetto, sistemi di diagnosi, di cura e prevenzione
che affiancano la medicina ufficiale avendo come scopo comune la promozione e la tutela della salute e costituiscono atto sanitario di esclusiva competenza e responsabilità professionale
del medico chirurgo e dell’odontoiatra.
Per la valutazione dei titoli necessari all’iscrizione di detti elenchi, gli Ordini professionali hanno istituito, su indicazione ministeriale, specifiche commissioni formate da esperti nelle diverse
discipline di medicine non convenzionali.
L’articolo 10 dell’accordo, che si riporta integralmente, riguarda
la fase transitoria di iscrizione agli elenchi che termina a Febbraio 2016. Da quella data in avanti, ci si dovrà attenere alle nuove
indicazioni sulla formazione contenute nel documento.
Fino a Febbraio 2016 la normativa prevede che per l’ammissione agli elenchi distinti dei medici chirurghi e degli odontoiatri
esercenti agopuntura, fitoterapia, omeopatia, sia necessario il
possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:
a) attestato rilasciato al termine di un corso nella disciplina oggetto della presente regolamentazione di almeno 300 ore di
insegnamento teorico-pratico, della durata almeno triennale e verifica finale;
b) attestato rilasciato al termine di un corso nella disciplina oggetto della presente regolamentazione di almeno 200 ore di insegnamento teorico-pratico, e almeno 15 anni di esperienza
clinica;
c) attestazione di iter formativo costituito da corsi anche non omogenei che permettano, per il
programma seguito e per il monte ore svolto, di aver acquisito una competenza almeno pari a
quella ottenibile con corsi di cui al punto a) e b);
d) documentazione di almeno otto anni di docenza nella disciplina oggetto della presente regolamentazione presso un soggetto pubblico o privato accreditato alla formazione che, a giudizio
della commissione, possegga requisiti didattici idonei.
Per i professionisti che non rientrano nei criteri definiti dalle precedenti disposizioni transitorie
le commissioni di esperti nelle diverse discipline oggetto del presente accordo istituite presso
gli ordini professionali, definiscono le modalità di integrazione dei percorsi formativi sulla base
della formazione acquisita. Al termine della fase transitoria, l’iscrizione negli elenchi degli ordini è
subordinata unicamente al possesso dell’attestato rilasciato dai soggetti pubblici e privati accreditati alla formazione che nel frattempo avranno provveduto ad adeguare l’iter formativo in linea
con i criteri definiti dal documento.
I colleghi in possesso dei requisiti che desiderano essere inseriti negli elenchi debbono
fare domanda scritta (modulo pubblicato sul sito web dell’Ordine) e autocertificare i titoli
posseduti.
13
Vita dell’Ordine
Commissione giovani medici
In data 13 maggio 2015 è stata istituita, per la
prima volta all’interno dell’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Rimini, e su invito del Presidente dott. Maurizio Grossi e degli altri membri
del Consiglio, la Commissione Giovani Medici.
Coordinatore della commissione sarà il dott.
Gianni Versari, coadiuvato dai membri e consiglieri dott.ssa Bianca Maria Morolli, dott.ssa Giulia Grossi, dott.ssa Dalila Gostoli, dott.ssa Claudia Rastelli, dott.ssa Francesca Marzo, dott.ssa
Giulia Rigotti, dott.ssa Sara Soave, dott.ssa Federica Ferri, dott.ssa Alice Piastra, dott.ssa Giorgia
Grassi, dott. Luca Marcantonio, dott. Francesco
Pio Ruggieri, dott. Roberto Carnevale e dott. Giacomo Girotti.
La Commissione, i cui membri e consiglieri sono
tutti under 40, è stata istituita per poter dare la
possibilità ai giovani medici di essere maggiormente in contatto con la realtà dell’Ordine e
poter avere un proprio spazio in cui conoscersi, confrontarsi, scambiare idee ed opinioni e
promuovere iniziative in campo professionale e
formativo. Inoltre sarà questa una straordinaria occasione per avere un contatto diretto coi
membri del Consiglio e con i medici chirurghi ed
odontoiatri che fanno parte dell’Ordine da più
tempo, per conoscerne le iniziative e per poterli
interpellare qualora ci fosse la necessità in campo professionale.
Oggi più che mai, per i giovani medici che intraprendono i primi passi nel loro percorso all’interno di questa stupenda, gratificante ma spesso
dura professione, ma anche per coloro che hanno alle spalle solo pochi anni di esperienza, vi è
il bisogno di non navigare soli nel mare magnum
della medicina: lo scopo della Commissione Giovani Medici è proprio questo, cioè essere un piccolo faro che possa guidarli fino ad un porto sicuro, come può essere l’OMCEO, dove altri colleghi
possano accoglierli e consigliarli nei momenti di
dubbi e difficoltà, trasmettendo loro quell’esperienza necessaria a farli migliorare e maturare
sia sotto il profilo professionale che umano.
14
Da quanto discusso poi nella seconda assemblea del Consiglio Giovani Medici, tenutasi il 17
giugno, membri e consiglieri si sono proposti di
organizzare per tutti i colleghi interessati, anche
sopra i 40 anni di età, a partire dai mesi autunnali, degli incontri a scopo formativo e didattico,
in cui possano essere trattati diversi temi di interesse medico-chirurgico. Tra gli argomenti “caldi”
sono stati individuati il diabete mellito e le sue
complicanze, le patologie cardiovascolari e renali, la malattia reumatica, la gestione del paziente
in terapia anticoagulante orale ed i nuovi anticoagulanti orali, le principali patologie pediatriche
ambulatoriali, ma anche temi di carattere più burocratico come ENPAM, assicurazioni mediche
e tariffari professionali o risvolti medico-medico
legali in ambito lavorativo.
Da ultimo, trovandosi a dover fare i conti con una
realtà sempre più informatizzata, digitalizzata, la
Commissione ha deliberato di voler essere attiva con brevi articoli o aggiornamenti su operato
ed iniziative, i quali verranno pubblicati periodicamente nello spazio ad essa dedicata sul sito
internet dell’OMCEO di Rimini. Inoltre, tenendo
conto dell’importanza delle piattaforme social
quale mezzo non solo di informazione e divulgazione ma anche di confronto, è stata creata una
pagina Facebook aperta a tutti i medici under 40
iscritti all’OMCEO di Rimini, intitolata appunto
“Giovani Medici OMCEO Rimini”, cui tutti sono
invitati ad inviare la richiesta di iscrizione.
Il Consiglio Giovani Medici coglie quindi nuovamente l’occasione per ringraziare il Presidente
Grossi, il Consiglio e tutto l’OMCEO di Rimini per
la straordinaria opportunità concessa, e le Segretarie dell’Ordine per il supporto.
Ribadendo l’imprinting giovane ed entusiasta
della Commissione, invitiamo tutti gli interessati
a contattarci, sostenerci e seguirci, citando uno
slogan che tanto è in voga di questi tempi: stay
tuned!
Commissione Giovani Medici Omceo Rimini
Cronaca e attualità
Appropriatezza della richiesta
di esami di laboratorio
Caro Direttore Generale,
di Luigi Casadei
Ho letto con piacere la tua mail, pregevole e sintetico compendio
di comportamenti prescrittivi che è bene tenere a mente e praticare.
Si tratta di questioni che noi abbiamo già affrontato, insieme ai
colleghi del Laboratorio di Area Vasta, durante la tua precedente
gestione dell’Ausl di Rimini.
In qualità di co-destinatario, mi preme esporre il mio angolo di
visuale e alcune osservazioni.
1. L’elenco comprende in sostanza solo esami che dovremmo richiedere in quantità minore, o non prescrivere affatto. Invece
una più attenta “... valutazione comparativa delle richieste di
esami...” avrebbe dovuto mostrare sia un flusso eccessivo di
alcune indagini, sia la verosimile necessità di aumentare la
richiesta di altre.
L’inappropriatezza infatti si distribuisce sicuramente lungo i due opposti rami di una curva gaussiana (si prescrive
troppo di qualcosa e troppo poco di qualcos’altro). Una
analisi davvero esaustiva doveva perciò includere anche situazioni in cui richiedere, se non più esami, almeno una maggiore puntualità nei protocolli di controllo di alcune patologie.
Adagiarsi solo sulla metà di curva che descrive comportamenti inadeguati per eccesso di richiesta, sembra quasi attribuire alla parola “appropriatezza” il significato erroneo di
“risparmio/economia”.
2. Il dato grezzo delle richieste, così come viene esaminato con
l’attento sguardo del collega di laboratorio, fornisce tuttavia
una immagine un po’ caricaturale del nostro comportamento. Tale immagine, completamente svincolata dal rilievo clinico, nulla rivela del contesto operativo, etico, di rapporto personale medico-paziente che governa e permea completamente la nostra attività professionale.
Si tratta perciò di dati tanto interessanti, quanto inadeguati a
descrivere una realtà assai più articolata e multidimensionale.
15
Cronaca e attualità
Cronaca e attualità
3. Se uno Specialista Ginecologo prescrive
(sempre) gli anticorpi anti Citomegalovirus
in gravidanza (indagine non inserita nei protocolli), se uno Specialista Urologo richiede
(sempre) il PSA e se i pazienti che si recano a Pisa per patolologie già diagnosticate o
sospette della Tiroide, tornano (sempre) da
me con la richiesta di ogni possibile indagine
laboratoristica e non…
Insomma, se alcuni comportamenti sono
tanto diffusi e altri più “appropriati” tardano
a sostituirli, quali saranno i motivi?
Si può invocare una generica resistenza al
cambiamento, ma più probabilmente il messaggio è stato veicolato in modo insufficiente
per quantità e qualità.
Ovvero può non essere stato discusso nei
tempi e nei modi adatti a una corretta metabolizzazione da parte di tutti gli attori.
Uno sforzo grande, a mio parere, dovrebbe essere compiuto nei confronti degli utenti, cioè
della popolazione.
Senza una campagna di educazione “all’uso
corretto degli esami di laboratorio” capillarmente diffusa sul territorio, non si ottiene la fondamentale collaborazione dei cittadini. Tieni conto che le persone vere sono anche un
po’ sospettose: i primi commenti, se nego loro
alcuni esami (magari prescritti dallo specialista
privato di turno), sono:
a. io voglio risparmiare sulla loro pelle;
b. sono complice di una casta di politici che
rubano per loro e poi fanno economia sui
malanni altrui;
c. sottraggo loro un diritto sacrosanto, dopo
tutti i soldi che hanno versato alle casse dello stato.
Credo sia fuorviante fingere una percezione collettiva molto diversa da quella che ti ho semplicemente schematizzato.
D’altra parte alcuni miei pazienti hanno cambiato medico (solo) perché ho sostenuto le stesse
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raccomandazioni contenute nella tua mail. Passando oltre, ritengo che fra i laboratori delle
AUSL si dovrebbero instaurare alleanze e cooperazioni molto più serrate ed estese a livello
Nazionale, affinché certe modalità operative
possano diventare universalmente accettabili e accettate.
Nei casi controversi, Ausl e Laboratori dovrebbero altresì organizzare delle Consensus Conference adeguate a uniformare e rendere omogenee
le linee guida in ambito sovra-regionale. Non è
possibile gestire la “fame” di indagini laboratoristiche, se 1 chilometro più a Sud e 1 chilometro
più a Nord i comportamenti prescrittivi sono in
effetti completamente eccentrici, difformi, quando non addirittura opposti, rispetto alle raccomandazioni della tua mail.
4. Raccomandazione: NON richiedere il
PSA“quando l’aspettativa di vita è inferiore a 10 anni”. A tale scopo occorre meditare e concertare una risposta adeguata
per gli ultrasettantenni. Non si può lasciare
all’estemporaneo estro del medico la responsabilità di inventarsi qualcosa da spiegare al suo paziente.
Sul piano personale (l’unico che noi pratichiamo) come suona: “non ti prescrivo questa
indagine perché la tua aspettativa di vita è inferiore ai dieci anni. Morirai probabilmente entro
questo termine, ma di un’altra patologia...”???
Mi pare il classico caso in cui l’istituzione AUSL/
Regione/Stato dovrebbe fornire a cittadini e
medici, norme invalicabili e uniformi insieme
a una comunicazione efficace e capillarmente
diffusa.
5. Anche il dato che in altri Paesi la richiesta
di elettroforesi delle sieroproteine sia così
infrequente rispetto alla nostra attitudine,
non dimostra nulla. Fornisce materia su
cui riflettere, d’accordo, ma rispetto a quale end-point il comportamento più morigerato risulterebbe anche più efficace?
Una storia analoga l’abbiamo vissuta quando
dovevamo “prescrivere meno sartani dal momento che in altre Ausl della Regione erano
usati in minore quantità”. Il criterio non può
essere di semplice confronto: occorre dimostrare che un comportamento è migliore dell’altro.
Riguardo ai sartani, sappiamo com’è andata a
finire: mentre il giorno prima era “inappropriato”, il giorno dopo il calo di prezzo, il Losartan
diventava repentinamente “il farmaco assai
raccomandabile, da usare anche per prevenire
il danno d’organo a livello renale...”.
Allora, facevamo bene noi a prescrivere “più
sartani”?
Facciamo meglio noi a prescrivere più spesso
l’elettroforesi?
L’aspettativa di vita, per esempio, premia l’Italia
con 82,03 anni, contro Germania: 80,44; Regno Unito: 80,42; Belgio: 79,92; USA 79,56…
Non posso proclamare che siamo meglio posizionati perché in Italia richiediamo più elettroforesi delle sieroproteine, o prescriviamo il PSA
anche quando l’aspettativa di vita è minore di
10 anni…
Posso affermare però tranquillamente che la
nostra organizzazione sanitaria, dopo l’introduzione del SSN, ha garantito finora (il futuro si
delinea molto peggiore…) una qualità all’avanguardia, persino rispetto ai più grandi Paesi del
mondo.
Occorrerà discutere ancora a lungo per ottenere il miglior rapporto costo/beneficio in ogni
atto medico.
Ma penso infine che i medici clinici, quelli che
vivono a contatto col paziente, stanno lì proprio
per “decifrare” le linee guida e (tentare di) applicarle, con riferimento ai bisogni reali, complessi e complessivi, della singola persona.
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Medici nel mondo
Medici nel mondo
L’ospedale Luisa Guidotti
di Mutoko (Zimbabwe)
e l’attività a favore
di pazienti cardiopatici
di Flavio Bologna
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Il Luisa Guidotti Hospital è un Ospedale Missionario Cattolico
di proprietà dell’Arcidiocesi di Harare, situato in un’area rurale
a circa 24 Km dalla città Mutoko (nella provincia del Mashonaland-Est dello Zimbabwe).
Attualmente conta circa 150 posti letto (Reparti: Pediatria, Maternità, Donne, Uomini, Tubercolosi, Terapia Intensiva, Chirurgia,
Pronto Soccorso, Radiologia, Clinica Oculistica, Odontoiatria, Fisioterapia, Scuola Infermieri).
Il bacino di utenza dell’ospedale è di circa 22.000 abitanti (per
lo più di povera estrazione sociale).
Attualmente al Luisa Guidotti Hospital afferiscono pazienti anche da altri distretti. In particolare, nell’ambito cardiologico
l’ospedale è diventato nel corso degli anni un centro di riferimento nazionale. Questo grazie ad un progetto avviato nel 1986
(“Operazione Cuore”) in collaborazione con la Caritas Diocesana di Rimini e centri di Cardiologia e Cardiochirurgia in Italia.
A tutt’oggi più di 250 pazienti cardiopatici sono stati operati in
Italia.
Le missioni dei cardiologi della Cardiologia di Rimini e della
Cardiologia Pediatrica dell’Università di Bologna si tengono 2-3
volte all’anno e durante la loro permanenza nell’Ospedale almeno 150 pazienti vengono visitati e valutati con ECG ed Ecocardiogramma. Un buon 30% di queste visite sono offerte a nuovi
pazienti.
Cardiochirurgia in Italia
Attualmente stiamo usufruendo di uno stanziamento della Regione Emilia-Romagna a favore dei minori ed i piccoli pazienti
sono inviati alla Cardiochirurgia dell’Ospedale S.Orsola di Bologna. In questo modo riusciamo a fare operare 16-18 bambini
all’anno.
Ulteriori possibilità ci sono state offerte dall’Ospedale Gaslini di
Il paese di Mutoko.
Genova e dall’Ospedale di San Donato Milanese con una garanzia di 6-8 interventi all’anno
Se le spese per gli interventi sono coperte da
stanziamenti pubblici, così non è per le spese logistiche (biglietti aerei, mantenimento ed
ospitalità di bambini e mamme in Italia prima
e dopo il ricovero). La Caritas Diocesana di Rimini, tramite il suo centro servizi per immigrati,
si fa carico di tutte le incombenze burocratiche
ed in qualche caso anche della ospitalità nella
sua struttura, ma il peso principale è sostenuto dalle famiglie riminesi che hanno ospitato
e continuano ad offrirsi per ospitare decine e
decine di bambini.
Nonostante le recenti difficoltà della sanità
pubblica in rapporto alla crisi economica, è
possibile quindi ancora intervenire su un nu-
mero importante di pazienti senza tuttavia riuscire ad incidere significativamente sulla nostra lista di attesa che si arricchisce di 10-15
bambini in occasione di ogni missione medica.
Cardiochirurgia in Africa
Non ci sono al momento centri di cardiochirurgia pediatrica in Africa operati da chirurghi
africani se si eccettua il Sud Africa che deve
essere tuttavia considerato a tutti gli effetti un
paese con un sistema sanitario a standard occidentale sia come qualità degli interventi sia
come costi.
è invalso l’uso da qualche anno di inviare equipes cardiochirurgiche da paesi occidentali in
ospedali africani con strutture sufficientemente attrezzate allo scopo di operare prevalen-
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Medici nel mondo
Medici nel mondo
La missione “All Souls”.
Il Dott. Bronzetti della Cardiologia Pediatrica di Bologna e l’infermiera Cesarina all’opera nell’ambulatorio cardiologico.
“Children ward” (recentemente ristrutturato).
temente bambini ma anche adulti e contemporaneamente fare formazione a favore del
personale locale.
Questa opportunità non è praticabile purtroppo
ancora in Zimbabwe per la assoluta non idoneità delle strutture sanitarie esistenti.
Tuttavia il concetto di “operare gli africani in Africa” può essere condiviso ed abbiamo a questo
scopo allacciato collaborazioni con Emergency
(vedi sotto) e con la Fondazione Mission Bambini di Milano e la Missione kenyana Ndugu Zan-
gu per operare alcuni bambini in occasione di
missioni cardiochirurgiche di equipes italiane a
favore di pazienti kenyani.
Nel Marzo scorso abbiamo accompagnato a
Nairobi quattro bambini zimbabwani e gli interventi sono andati tutti benissimo.
Certamente nel prossimo futuro è possibile
che queste missioni in Kenya continuino e che
altre possibilità siano esplorate in altri paesi
dell’Africa (Ethiopia, Cameroun, Sudan) per
avere quindi l’opportunità di allargare l’offerta
cardiochirurgica per i nostri piccoli pazienti.
Il fattore limitante a questi progetti, oltre ovviamente alla disponibilità di volontari che si
prendano cura del reclutamento, dell’invio e
dell’accompagnamento dei pazienti, è la disponibilità di fondi.
adulti con successo. I numeri in questo caso
non possono essere elevati per le difficoltà intrinseche a questa procedura di riferimento dei
pazienti: raccolta ed invio di tutta la documentazione sanitaria dei pazienti ai chirurghi del Centro, attesa della risposta che a volte è una richiesta di chiarimenti, carenza di posti disponibili
per intervento in una realtà che accoglie pazienti
ormai da tutta l’Africa e Medio Oriente.
L’Associazione Cardiopatici Riminesi (ASCOR)
finanzia in gran parte questa attività. C’è da sottolineare che Emergency offre gratuitamente
l’intervento cardiochirurgico, l’assistenza ospedaliera e l’ospitalità per tutto il periodo necessario prima del ritorno in patria del paziente ed i
medicinali per sei mesi successivi alla dimissione, ma le spese per gli accertamenti preoperatori, per il trasferimento aereo ed eventuale accompagnamento medico o infermieristico sono
a carico dei pazienti, che mai o quasi mai sono
in grado di farvi fronte, o dello sponsor.
L’esterno dell’Ospedale Guidotti. Sulla sinistra la Femal ward.
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Collaborazione con Emergency
Se riusciamo a dare una risposta, per altro del
tutto ancora insoddisfacente nei volumi, ai minori, nulla fino al 2013 riuscivamo a fare per
i pazienti cardiopatici al di sopra dei 18 anni.
Per questo motivo abbiamo avviato una collaborazione con il Centro di Cardiochirurgia di
Khartoum in Sudan (Emergency) presso il quale siamo riusciti ad operare finora 10 pazienti
Collaborazione con Villa Maria Cecilia di Cotignola
Del tutto recentemente il Gruppo Villa Maria si è generosamente offerto di operare gratuitamente alcuni pazienti adulti afferenti all’Ospedale Guidotti.
La farmacia.
è di pochi giorni fa il ritorno in Zimbabwe di Dylan,
un ragazzo ventiquattrenne sottoposto a valvuloplastica polmonare percutanea per una stenosi
valvolare congenita. Prima di lui era stata operata
per un aneurisma della aorta ascendente e grave insufficienza aortica Sika, una quarantenne di
Harare in terapia antiretrovirale ben condotta, che
ora ci fa sapere dall’Africa di stare bene. La rivedremo in occasione del nostro prossimo viaggio.
Progetto Warfarin
Quasi tutti gli operati adulti ed un certo numero
di minori vanno incontro a sostituzione valvolare con protesi meccanica e quindi necessitano di anticoagulazione cronica con Warfarin
andando ad aggiungersi a quelli operati negli
anni precedenti in Italia con lo stesso tipo di
patologia ed a quelli in attesa di intervento e
con già indicazione a Warfarin (es. Fibrillazione
atriale o Stenosi mitralica severa).
Per far fronte al crescente numero dei nostri
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Medici nel mondo
Medici
ma non solo
pazienti in terapia anticoagulante in un paese
in cui ancora la filosofia della terapia con Warfarin è lontana dall’essere acquisita, abbiamo
pensato ad progetto ad hoc, già in funzione dal
2013.
Obiettivi:
1. Assicurare il corretto mantenimento dei
range terapeutici dell’anticoagulante per
salvaguardare la funzione delle protesi valvolari e la necessaria valutazione clinica
longitudinale.
2. Assicurare almeno un controllo clinico/
strumentale annuo ai pazienti valvolari
operati.
3. Raggiungimento di una consapevolezza
della propria situazione sanitaria e degli
scopi della assistenza prestata a livello
del singolo paziente anche mediante condivisione con i pazienti facenti parte del
gruppo assistito (educazione sanitaria individuale e di gruppo).
4. Coinvolgimento del personale locale al raggiungimento degli scopi per il futuro autosostentamento delle attività.
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Il dottor Silvano Bravetti
La partenza dall’aeroporto di Harare di un affollato viaggio per gli
interventi cardiochirurgici in Italia. Riconoscibili la Dott.ssa Marilena
Pesaresi in primo piano, il Dott. Massimo Migani ed il Dott. Flavio
Bologna.
Il progetto è sviluppato in gran parte per via telematica su Internet ed usufruisce attualmente
di un finanziamento della Fondazione Mission
Bambini di Milano con il quale vengono pagati
i controlli laboratoristici e viene concesso un
grant agli infermieri coinvolti.
di Franco Magnoni
Il dottor Silvano Bravetti, mio suocero, nacque a Cesenatico il 18
novembre 1902. Dopo aver frequentato il Liceo Classico Vincenzo Monti di Cesena si iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia
presso l’Università degli Studi di Bologna e nel luglio del 1926 –
non aveva ancora 24 anni – conseguì la laurea. Dopo aver svolto
il servizio militare, iniziò la carriera di medico ospedaliero, come
Assistente prima, come Aiuto poi nella Divisione medica presso
l’Ospedale di Forlì, di cui era Primario l’illustre clinico professor
Paolo Stefanelli. Appena trentenne vinse il concorso a Primario
Medico e Direttore Sanitario dell’Ospedale di Abbazia, in provincia di Fiume. Ebbe frequenti contatti con il professor Dalla Volta,
allora direttore della Clinica medica dell’Università di Padova,
con cui aveva la possibilità di conseguire la libera docenza e per
questo produsse un numero elevato di lavori scientifici tra cui
Nuovo semplice pratico apparecchio a siringa per pneumotoracentesi e lavaggio cavitario: evidente l’interesse che il dottor
Bravetti aveva per la patologia polmonare e per tutti i versamenti
pleurici da qualsiasi causa che, in era preantibiotica, erano di
frequente osservazione. E il dottor Bravetti concluse questo lavoro in maniera suggestiva e interessante anche da un punto di
vista storico: «credo di aver dato una chiara dimostrazione del
funzionamento dell’apparecchio che mi pare riunisca nella sua
grande semplicità le migliori doti pretendibili in uno strumento
per toracentesi, pneumotoracentesi e lavaggio cavitario». Ricordo il particolare curioso di quando mi raccontò, allora ero assistente medico all’Ospedale di Savignano sul Rubicone dove lui
era Primario Medico, di come fece arrabbiare un farmacista di
Abbazia per cercare di fargli capire come doveva essere strutturata la siringa a tre vie, munita di tre piccoli rubinetti utile e
necessaria per il suo «pneumotoracentesio».
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Medici ma non solo
Medici ma non solo
Il risveglio e gli esiti di grave
trauma cranico visti “da dentro”
di Paolo Assirelli
All’alba di un giorno di settembre del 2011, mio figlio Massimo,
allora ventunenne studente di medicina, ebbe un gravissimo incidente stradale, travolto da una moto guidata da un conducente
in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti.
Rimase in coma per quasi un mese, iniziando poi un lento e
complesso risveglio, con esiti di un diffuso danno assonale, che
tuttora permane. Nonostante così duramente provato dal destino, ma non da esso piegato, Massimo ha voluto riprendere e
continuare gli studi universitari, ed è ciò che, con grande volontà
e pazienza infinita, sta facendo.
Com’è la sua vita ora lui stesso lo racconta in modo talmente
lucido e preciso che la sua testimonianza è stata pubblicata su
“Ricerca e Pratica” la rivista scientifica dell’Istituto Mario Negri
e lo stesso istituto l’ha chiamato a far parte del comitato scientifico per il follow up dello studio europeo CREATIVE sul trauma
cranico.
Considerazioni
neuropsichiatriche
di un profano sfortunato
(o lo scontrino di un incidente
letto dal protagonista)
di Massimo Assirelli
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Incipit
Viste le poche, e certamente insufficienti, conoscenze neurofisiologiche in mio possesso, i problemi riscontrati fino ad ora verranno elencati sotto forma di un crudo ma efficace elenco della
spesa, con annesse considerazioni di scarso valore clinico ma
con vari, e forse interessanti, risvolti psicologici dalla notevole
incidenza nella vita quotidiana. Ora, arrivati alla cassa, è arrivato
il momento di rivolgere l’ultimo sguardo al nostro carrello della
spesa (il cervello nel nostro caso) e prepararci
a tirare fuori il portafogli, sperando di non aver
sforato le possibilità economiche.
Punto I - La prosopagnosia
Difficile immaginare un disturbo più peculiare
di questo. La cosa che forse più ci risulta scontata al mondo è invece troppo semplice da manomettere. Per mia “fortuna”, esistono tanti tipi
di possibili manomissioni, e il mio cervello si è
quantomeno preso la briga di affidarmi forse il
tipo meno compromettente tra tutti i possibili
disturbi della sfera cognitiva: quello “associativo”. I volti non sono un‘astrazione inintellegibile
per me, e il viso rimane sempre e comunque il
viso, e (si spera) non diventerà mai il famoso
cappello come per altri meno fortunati. Altra
fortuna, sempre che di dea bendata si possa
parlare in casi del genere, riguarda la memorizzazione dei volti: oltre ai visi più peculiari
(baffi, basette, occhi di vetro) ho la possibilità
di immagazzinare anche la gente “comune”, a
patto di riuscire a farli entrare nella misteriosa
memoria “storica”: si badi bene che vederli tutti
i giorni per un elevato numero di giorni è una
condizione fondamentale ma non bastevole, in
quanto è sufficiente un’interruzione visiva per
pochi giorni a cancellare le tracce del volto nella memoria. Fortunatamente con un ancor più
alto numero di incontri e scambi di parole quotidiani, utili anche per registrare il tono di voce
da associare alla data persona, è possibile sedimentare a sufficienza l’immagine e garantire
quindi il riconoscimento dell’amico/conoscente. Una piccola difficoltà che invece in altri casi,
da quanto ho potuto capire, è di aiuto, è il tono
della voce, anche questo assolutamente vago
e astratto se non presenta particolarità immediatamente riconoscibili (ad esempio una nota
particolarmente stridula o grave nell’inflessione
del linguaggio). Quindi, come per le facce, se
anche il linguaggio non ha dei “baffi” immedia-
tamente riconoscibili, riconoscerlo al volo, è, almeno nel mio caso, praticamente impossibile.
Per quanto riguarda gli oggetti, invece, questi
non hanno mai perso il loro grip sulla memoria,
e se il loro senso è deducibile dalla forma, non
hanno mai creato problemi di sorta.
Nota: un aiuto che può sembrare stupido ma
che può essere di fondamentale importanza, è
imparare a caricaturizzare le persone, sia nei
lineamenti sia nel loro modo di parlare, specialmente se usano modi di dire inusuali o dialettali (ad esempio il termine abruzzese cumpà,
esasperato e ripetuto a ogni occasione possibile, permette ai circuiti nervosi di collegare la
voce alla faccia della persona interessata e la
stessa all’identità – un amico vastese, nel caso
specifico).
Risvolti psicologici e sociali
Relazionarsi con una persona che sembra conoscerti piuttosto bene, ma che tu non hai mai
incontrato in vita tua, non è sempre facile, anzi.
Anche se non è condizione così rara in persone sane, è comunque occasionale e si risolve
con una risata appena l’interlocutore ha girato
i tacchi. Averci a che fare praticamente tutti i
giorni è invece un discorso totalmente diverso.
Un problema così, specialmente le prime volte
che si manifesta, è estremamente imbarazzante e sgradevole, e se non si è dotati di uno
spiccato senso autoironico, può diventare un
fardello gravoso. Gli espedienti per tentare di
evitare questo problema da parte mia li ho già
elencati, ma visto che al mondo non tutti siamo
inconfondibili come Lemmy dei Motörhead (per
fortuna) molto spesso non si può niente, e le
vie percorribili sono due: la più facile (e da me
più utilizzata) è quella di dissimulare la sorpresa nel parlare amichevolmente con un perfetto
sconosciuto, non rivolgendosi mai a lui/lei con
il presunto nome proprio, ma usando preferi-
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Medici ma non solo
Medici ma non solo
bilmente soprannomi inflazionati e generici,
adatti a tutte le stagioni (vedi i classici vecchio,
vez, bel, bomber, giovane, ecc.) e condurre la
conversazione su argomenti tranquilli che non
riguardino preferibilmente il passato in comune che ci può essere stato. Questo modo, pur
richiedendo una buona dose di actor’s studio,
si rivela il più delle volte semplice e immediato,
e, anche se sa un po’ di vigliacco nascondersi
dietro alle apparenze, in fondo, come dicevano
i latini, ubimaior… l’altro modo, ben più difficile e spinoso, usato almeno da me molto poco,
è giocare a carte scoperte e rivelare da subito
che non abbiamo la minima idea di chi sia il
nostro interlocutore. Sebbene le persone a te
più care possano comprendere la tua agnosia
e non farsi nessun problema qualora non dovessi riconoscerli (anche se non è il mio caso,
fortunatamente), per una persona abituata
alla normalità ed estranea al mondo medico,
può essere molto difficile capire il problema, e
spiegare scientificamente ogni volta che se la
deve prendere esclusivamente con una lesione
al nucleo genicolato laterale (NGL) del talamo
può essere tutt’altro che comodo; quindi, seppure meno onesto, è quasi sempre preferibile
il primo sentiero. L’unica cura che mi sento di
consigliare, non conoscendo assolutamente la
prognosi per problemi del genere, è una massiccia dose di autoironia e pazienza, che, come
del resto in tante altre patologie, sono una sorta di panacea per l’anima. Tra le altre cose, per
rimanere sul tema dell’autoironia, se abbiamo
interesse per una ragazza, pur non riuscendo a
riconoscerla immediatamente, almeno le prime
volte la prosopagnosia può essere un’“arma”
in più, regalandoti quell’aria fashion da disinteressato che non si prende nemmeno la briga di
memorizzare il nome della ragazza. Basta non
esagerare però. Perché dopo un certo limite,
agli occhi della ragazza si potrebbe risultare
dei cafoni maleducati, più che dei pazienti tri-
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stemente malati. Purtroppo la tattica del latin
lover disinteressato è molto difficile da usare,
e spesso bisogna ricorrere alla pazienza (come
un novello Giobbe) e farsi una ragione delle proprie difficoltà, senza però cadere nella facile,
quanto pericolosa trappola dell’autocommiserazione.
Nota: l’autoironia, per quanto fondamentale, è
piuttosto difficile da maneggiare da soli, ed è
assolutamente consigliabile condividere i propri problemi con persone per riderci sopra, specialmente se si ha la fortuna di avere amici che,
se non hanno le conoscenze specialistiche per
capire bene la situazione (difficilissimo, se non
impossibile), almeno abbiano la forma mentis
per accettare ed aiutarti ad affrontare o aggirare i problemi, tenendo sempre saldo il timone
della nave, perché, seppure il peggio sia passato, la tempesta è ancora ben lungi dal vedere il
suo termine… (sempre che ne abbia uno).
Punto II - La dromosagnosia
Premessa obbligatoria: il nome, seppur plausibile (dromos = strada; agnosia = incapacità nel
riconoscimento) è di mia paternità, o almeno
non è comune come il precedente nel vocabolario medico, tant’è che neppure il contenitore di tutto o quasi lo scibile umano, la cara
wiki (Wikipedia ndr), ne fa menzione, neppure
nella completissima versione inglese. Avendo
già spiegato l’origine greca del nome, il significato dovrebbe essere banale, e forse lo è. Il
disorientamento mi accompagna in maniera
pressante e inesorabile, appena abbandonate
le poche postazioni che sono per me una casa
madre. L’aspetto che permette di convivere con
essa in una, peraltro molto relativa, tranquillità
è che questa sindrome si manifesta alla luce
del sole: non che alle ore notturne io acquisisca
vampirescamente le qualità di uno stradario,
ma si manifesta solo in spazi aperti, dunque
quasi per definizione diurni, e specialmente se
grandi o articolati. Le analogie con la prosopagnosia sono molteplici, e anche in questo caso
elementi di spicco sulla strada, come statue o
monumenti, possono aiutare a localizzarmi nello spazio cittadino, perlomeno a grandi linee.
Il vero problema è che, se l’azione con i volti
è estremamente più immediata (se si ha una
discreta parlantina non è certo difficile imbastire una conversazione all’apparenza normale),
con le strade lo è certamente di meno, sempre
che non si desideri rivolgere la parola agli imperatori romani equestri (potrebbe far ridere, ma
purtroppo c’è anche chi lo fa senza volersi rendere ridicolo). Perché di certo, una decisione su
una direzione da prendere comporta una scelta
decisa e immediata, aggravata dal timore che
uno sbaglio possa portare solo a sbagli peggiori
e a pericolose deviazioni. L’ancora di salvezza
nello specifico è data dagli ormai onnipresenti
navigatori satellitari (non a caso il mio personale altarino dedicato all’inventore di googlemaps è sempre carico di doni floreali e animali
sacrificali). Il vero problema diventa allora, per
cause indipendenti dalla volontà quali la batteria scarica o la tentacolare tasca dei pantaloni
precedentemente usati che cattura e nasconde
ogni cosa, che le indicazioni dei passanti sono
molto spesso le orme di orso in una bufera di
neve: estremamente labili e poco affidabili, perché troppo facilmente fraintendibili. Anche qui,
avendo mezzi praticamente nulli per formulare
una valida prognosi, l’unico rimedio che posso consigliare per cavarsela è di girare con un
amico abile nelle scienze topografiche, o con il
fidato smartphone sempre pronto all’utilizzo;
altrimenti si rischia di invidiare il minotauro e il
suo confortevole labirinto.
Nota: anche con luoghi caratteristici ad aiutare
l’orientamento, è necessario percorrere più volte una strada, poiché spesso si rischia di smar-
rire il senso geografico di destra e sinistra, pur
riconoscendo benissimo le differenze e sapendole distinguere perfettamente l’una l’altra per
la posizione (es.: gira a destra, di nuovo a destra
e poi a sinistra può ingannare solamente, visto
che dopo ogni curva, o quasi, la nostra bussola
non indica più il nord, ma semplicemente la direzione verso la quale l’abbiamo girata).
Risvolti psicologici e sociali
Di fronte alla prosopagnosia, non ricordarsi le
strade e gli incroci potrà essere più gravoso
solo alla guida, ma una volta arrivati a destinazione e spento il motore, il problema dal peso
specifico maggiore (almeno per il lato emotivo/
psicologico) tornerà ad essere l’altro. Come
spesso accade in medicina, e più specificatamente in quello che riguarda i processi nervosi,
la risposta più ovvia non è quella giusta. Riponendo quindi il rasoio occamiano al suo posto,
ritorniamo velocemente a ri-analizzare l’impatto immediato della agnosia faciale: superati
gli imbarazzi dei primi tempi e delle prime figuracce, si trova con relativa facilità un equilibrio
nel riconoscere, o meglio nel non riconoscere,
i nostri interlocutori: uno scambio di battute
difficilmente porta dietro di sé particolari strascichi, bensì, in un certo senso, anche un divertimento bambinesco nel burlarsi dell’interlocutore nascondendogli la propria ignoranza sulla
sua identità. Tutta questa continua commedia,
a tratti quasi di Ionesco, è possibile solo con
persone in carne e ossa, che possono lasciarsi
aggirare dalle parole amichevoli, oppure offendersi in maniera benevola quando l’inghippo
viene scoperto. E la differenza sta tutta qui: con
le strade non si può fare: le strade, i semafori e
le rotonde sono oggetti inanimati, non possono
essere manipolati a nostro piacimento e ti mettono di fronte ad una scelta precisa: destra o sinistra, quando va bene (ahi, gli intrecci delle rotonde…). E allora, anche in questo caso, l’unico
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Medici ma non solo
Medici ma non solo
rimedio è prendere il tutto con una buona dose
di ironia. La verità è che però spesso neppure
l’ironia è un’arma sufficiente, visto che sbagliare strada crea disagi molto più evidenti e difficilmente riparabili rispetto a chiamare un “Federico” come “Andrea”. Altra cosa importante è un
po’ una derivante “sindrome di Ulisse”: infatti,
dopo un periodo più o meno lungo in luoghi per
così dire labirintici, si avrà sempre, almeno per
me, nostalgia della propria casa, luogo sicuro
perché lontano da brutti ricordi di ospedali di
altre città ma anche perché ricco di strade arcinote e amichevoli, che ti portano esattamente
ed in breve tempo dove vuoi andare.
da, mio malgrado, Cormac McCarthy, scrittore
da me tanto amato. Quello che succede quando ho per le mani un suo libro è che la sua prosa, talmente dinamica ed evocativa, causa in
maniera vera e propria una afasia della parola
scritta, portando riga dopo riga a perdere completamente il filo della trama, al punto di arrivare a non ricordare gli avvenimenti della riga
precedente. Fortunatamente, la settima arte è
molto più diretta e, per quanti arzigogoli possa
fare, il fil rouge della trama non sfugge quasi
mai, aiutato anche dal fatto che la successione
dei volti protagonisti è troppo veloce perché la
prosopagnosia possa fare effetto.
Nota: Se anche abbiamo nella maggior parte
dei casi un aiuto fisico/elettronico per non perdere la strada e limitare i disagi che possono
conseguire da un disturbo del genere, questo
aiuta poco o nulla sul lato interiore, perché rappresenta una evidente limitazione della nostra
autonomia nel fare le cose più elementari. Il risultato è di farci sentire goffi e imbranati per
noi stessi, e addirittura un peso per i nostri
compagni di viaggio che si dovessero trovare in
difficoltà per le strade, visto l’utilità pressoché
nulla dei malati in queste situazioni.
Nota: è da evidenziare che non è tanto la lunghezza e l’articolazione di una preposizione a
far perdere il senso, come potrebbe essere per
un libro di Proust, ma più, molto di più, il turbinio di immagini che poche parole possono evocare: riprendendo l’esempio di McCarthy, in un
periodo si susseguono in modo fulmineo i colpi
di un revolver, il sudore degli schiavi, il roteare
delle fruste, il tutto condito da aggettivi ancor
più immaginifici. Un film è anche per questo
molto più semplice da ricordare almeno nel breve periodo: l’immagine è una, e inequivocabile.
Punto III - Bibliosagnosia
O meglio, quando neppure internet aiuta. Perché della descrizione di questa “sindrome”,
non se ne trova traccia, o quasi. Sta di fatto che
il problema non ha tutte le sfaccettature che
hanno invece i due precedenti (ben più gravi,
tra l’altro), ma si descrive semplicemente come
impossibilità, o comunque difficoltà, nel ricordare i film, i libri, e persino i fumetti che meno
ci abbiano colpito, anche tra quelli che ci siano
piaciuti. Il tutto poi può anche dipendere dal
tipo di scrittore/regista/sceneggiatore che si
affronta. L’esempio in cui ho potuto riscontrare
con maggiore efficacia questo disturbo riguar-
Risvolti psicologici e sociali
Fra quelle presentate fino ad ora, questa della bibliofilmagnosia è senza dubbio quella che
esercita l’impatto psicosociale minore. Anzi,
può essere vista a volte come un’opportunità
per rivedere vecchi film dei quali non ricordiamo più né trama né svolgimento, ma che siamo
sicuri di avere apprezzato all’epoca della prima
visione. Un esempio pratico può essere quello
di un film dal finale col botto, come ad esempio
SE7EN… in quanti possono dire di averlo visto
ma di non ricordarsi come finisce? Con i libri
è un meccanismo leggermente differente, perché a sfuggire non sono fotogrammi, ma parole,
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certo più scivolose. Per questo se di un film ricordiamo in una seconda visione di averlo già visto,
per un libro la seconda lettura è sempre la prima, sempre che il libro non sia scritto in maniera
particolarmente elementare
Nota: il vero interesse, e la vera fortuna, di questo problema, è che separa in due aree nettamente
distinte la lettura di piacere da quella dello studio: tant’è che se si tratta di un argomento a cui si
è interessati, non dovendosi concentrare su nessuna trama, basta anche una sola lettura (certo,
assorta) per fissare i concetti fondamentali e, cosa ancora più importante, memorizzarli a lungo
termine in maniera soddisfacente.
Considerazioni più o meno pertinenti sull’emisfero destro
Mio (e di tutti i miei sfortunati colleghi, suppongo) malgrado, l’emisfero destro è sempre stato
considerato la “serie B” delle due metà encefaliche. E guardandolo da un punto di vista anatomopatologico non si può che essere d’accordo, vista l’ineffabilità di alcune sindromi destrorse, al
contrario delle più concrete mancine. Quello che però risulta straordinario e che purtroppo ho
potuto toccare con mano, è la strettissima vicinanza fra la psiche (nel senso letterale), e i centri
nervosi dell’area destra. Prendendo in maniera del tutto casuale uno studente sfaccendato e sottoponendolo a un trauma tale da spingerlo a lesioni gravi ed irreparabili in quella parte del cervello, si possono ammirare gli effetti della plasticità cerebrale. Perché, e così può testimoniare lo
studente sopra nominato, che tra l’altro io conosco piuttosto bene, la sua personalità ha avuto un
ribaltone quasi totale, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che ne possono derivare. Anzi, ad essere
più precisi, il ragazzo non ha semplicemente subito un ribaltamento passivo delle sue abitudini,
ma si è visto costretto a costruire sulle macerie ancora in piedi della vita precedente un nuovo “Io”.
Come ci accade già nell’infanzia, siamo sempre molto bravi a prendere in prestito tratti peculiari
di persone nelle quali riponiamo la nostra fiducia, a maggior ragione se sono presenti in maniera
evidente nella nostra vita. E proprio questo è il punto più interessante di analisi, vista la costante
presenza a fianco del ragazzo di cui sopra della fidanzata, che ha funto da calco per rimodellare e
correggere i tratti che, almeno secondo lo svogliato studente, erano da cambiare, pur mantenendo
le fondamenta del suo essere (del resto, come dice la saggezza popolare, chi nasce tondo, non
muore quadrato… quasi mai almeno).
Nota: La storia ha un agrodolce happy ending, visto che il giovane si è scrollato l’aggettivo sfaccendato dalle spalle, ma la coppia amorosa non esiste più, anche se avvenimenti e situazioni come
quelle descritte continueranno a legare le persone con un fil rouge indissolubile nel tempo.
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Medici ma non solo
Medici ma non solo
Concerto sinfonico di Novafeltria
Il Concerto “Note d’autunno… La musica che
colora”, pensato e voluto dal Presidente del
Distretto della Musica Valmarecchia M° Anacleto Gambarara e dal Dr. Giorgio Terzi, e che
è attualmente in fase di organizzazione da parte di questo Ente, si terrà nel Teatro Comunale di Novafeltria venerdì 20 e in replica sabato
21 Novembre 2015 alle ore 20,30. Si tratta
di un evento di portata straordinaria per tutta
la Valmarecchia, e per questa sua importante
cittadina. L’Orchestra sarà formata da venticinque elementi più i solisti dei singoli brani che,
per l’occasione, saranno tutti insegnanti del
Distretto della Musica Valmarecchia scelti appositamente per le notevoli capacità interpretative e peraltro già ampiamente conosciuti dal
pubblico di settore. A dirigerli un grande nome:
il M° Roberto Parmeggiani, docente al Conservatorio di Bologna, già collaboratore di grandi
Direttori quali Zubin Mehta, Claudio Abbado e
Riccardo Chailly ed attualmente, mentre scriviamo, impegnato alla Scala di Milano quale
assistente Direttore e preparatore per un’opera
che la Scala dedica all’Expo. Ma l’importante
dimensione sociale di questo Concerto è rappresentata dal suo scopo benefico a favore
dell’Associazione Oncologica e del Volontariato
Valmarecchia: AOVAM (infatti l’incasso, depurato da un minimo di spese, sarà devoluto a questa Associazione), primaria realtà del tessuto
sociale non solo di Novafeltria, ma dell’intera
Vallata e che si prodiga per chi soffre di queste
patologie finanziando le sue molteplici iniziati-
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ve, intra ed extra ospedaliere, unicamente con
le offerte ed il tesseramento. Da segnalare un
altro ambizioso obiettivo del quale il Concerto di
Novafeltria rappresenta un importante snodo:
la creazione di un’Orchestra Giovanile Stabile
della Valmarecchia composta da giovani della
valle. Secondo il modello (oggi esportato e imitato in tutto il mondo) del direttore d’orchestra
Venezuelano Josè Antonio Abreu, che tanto ha
fatto per la socialità del suo Paese offrendo a
migliaia di giovani lo studio della musica come
alternativa al degrado socio-culturale ed alla disoccupazione. Abbiamo quindi la possibilità di
fare della beneficenza e di ascoltare, contemporaneamente, musiche immortali (riportiamo
qui accanto il programma) all’esiguo prezzo
d’ingresso di 12 euro. I biglietti potranno essere acquistati in 3 punti vendita: a Novafeltria, a
Rimini e nella Repubblica di San Marino e comunque maggiori informazioni verranno fornite
nella E-Mail che verrà prossimamente inviata
dall’Ordine a tutti i suoi iscritti.
Per ulteriori chiarimenti: a disposizione anche
la segreteria del Distretto della Musica Valmarecchia al numero: 392 2033951.
Nel ringraziare per l’attenzione e la disponibilità, lasciamo a tutti un arrivederci a quest’autunno, per testimoniare solidarietà e per ascoltare insieme questa musica colorata di speranza per un luminoso futuro socio-culturale della
Valmarecchia.
Programma concerto di Novafeltria
Mascagni. Cavalleria Rusticana: Intermezzo
Vivaldi. Concerto per 2 violini in la min: n° 8 /RV 522 op. 3
Chopin. Concerto per pianoforte e orchestra: n° 1 op. 11 2° mov. ”Romanza”
Giuliani. Concerto per chitarra e orchestra: op. 30 1°mov.
Intervallo
Mozart. Eine kline nachtmusik: Allegro
Rieding. Concerto per violino e orchestra: n° 2 op. 35
Vivaldi. Concerto per flauto e orchestra: n° 3 op. 10 “Il gardellino”
Saint-Saens. Concerto per violoncello e orchestra: Il carnevale degli animali:
“Il cigno” - “Allegro appassionato” op. 43
Anacleto Gambarara e Giorgio Terzi
31
Storia della medicina
Storia della
medicina
Left is better…
di Stefano De Carolis
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Lo scorso giugno si è svolta a Rimini la diciassettesima edizione
del Festival del mondo antico (intitolata quest’anno Alimenta. Il
cibo tra terra e mare, tra antico e presente), che ha trasferito a
Rimini e all’antichità greco-romana i temi trattati all’Expo di Milano. Tra i tanti appuntamenti dedicati alla cultura alimentare e al
suo rapporto fra passato e quotidianità non sono mancati quelli
che hanno ricordato e celebrato il più importante momento “gastronomico” dell’antica Roma, il banchetto, arrivando persino a
organizzare sul bimillenario ponte di Augusto e Tiberio una «cena
sospesa fra antico e presente, con piatti ispirati alle ricette romane, suggerite dai grandi chef dell’impero»1.
Per i Romani la cena costituiva il pasto principale della giornata:
iniziava nel primo pomeriggio e poteva protrarsi fino a notte inoltrata. Il banchetto (convivium) – solitamente appannaggio del
ceto medio e della classe dirigente – era una cena allargata oltre
i confini della famiglia e consumata in un apposito ambiente, il
triclinio, il cui nome deriva dai tre letti (lecti tricliniares) disposti
attorno a un unico tavolo (mensa). Su questi letti gli uomini e
gli ospiti di riguardo mangiavano sdraiati obliquamente, con il
gomito sinistro appoggiato a un cuscino. Il piatto (patina, patella
o, se fondo, catinus) era sorretto dalla mano sinistra, mente la
destra serviva per portare il cibo direttamente alla bocca (non
essendovi in quest’età l’uso della forchetta). Se partecipavano al
banchetto, donne e bambini stavano seduti; ma cenavano seduti
anche gli ospiti inattesi (umbrae), quando il numero dei posti sui
letti tricliniari si rivelava insufficiente. Nei banchetti più grandi
alla cena seguiva la commissatio (tradotta da alcuni col termine
un po’ azzardato di “baldoria”), nella quale i commensali consumavano il dessert, bevevano copiosamente, si cospargevano di
unguenti e profumi e si dedicavano ad attività culturali o ludiche
più o meno lecite, talvolta fino alle prime luci dell’alba2.
La particolare posizione assunta dai commensali sui letti tricliniari può sembrare oggi insolita e piuttosto scomoda, «ma i Romani, che vi erano abituati, sicuramente non la ritenevano tale.
Al contrario: proprio l’essere
coricati pareva loro espressione di una tranquillità gaudente e rilassata»3, che si ritrova
anche in altri aspetti della loro
vita quotidiana. E pure la preferenza di lato viene generalmente giustificata dalla maggiore libertà che la mano destra avrebbe goduto in quella
posizione nell’afferrare i cibi o
le stoviglie da mensa.
Nel 2007 Paolo Mazzarello,
professore di storia della medicina all’Università di Pavia,
ha pubblicato sulla prestigiosa rivista «Nature» – in colla- Fig. 1 – Pompei, Casa dei Casti amanti. Affresco in “terzo stile” (20 a.C.-50 d.C.) dipinto sulla
parete ovest del triclinium e raffigurante una scena di banchetto. Da notare la posizione
borazione con Maurizio Hara- della coppia sul letto tricliniare di sinistra e il servizio completo di vetro messo in bella mostra
ri, professore di etruscologia sul tavolino centrale.
nella stessa Università – un
breve ma erudito articolo intitolato Left to digest4. Partendo dall’osservazione che nell’antichità le élites delle più avanzate
civiltà mediterranee partecipavano ai banchetti in posizione sdraiata, e quasi sempre sul fianco
sinistro, i due studiosi si interrogano se la spiegazione che generalmente viene fornita a questa
preferenza di lato – una maggiore libertà della mano destra – sia o no quella reale: effettivamente
alcune fonti iconografiche attestano come anche la mano sinistra venisse usata da persone che
giacevano sullo stesso fianco. Il vero motivo andrebbe pertanto cercato nella particolare architettura anatomica dello stomaco, che presenta una caratteristica curvatura la cui convessità è rivolta
a sinistra. La posizione clinostatica determina un aumento della pressione addominale e favorisce
il reflusso gastroesofageo. Se l’individuo è sdraiato sul fianco sinistro la curvatura dello stomaco
agevola naturalmente l’accoglimento del bolo alimentare; ciò non accade nella posizione opposta
in cui il bolo ha meno spazio e contrasta meno efficacemente la pressione addominale, provocando così il reflusso. Oltre che a motivi fisiopatologici, la posizione sul fianco sinistro risponderebbe
anche a ragioni di tipo “edonistico”, se si considera la lunga durata dei banchetti e la grande quantità di cibi e bevande che in essi veniva consumata.
L’ipotesi dei due storici pavesi ha ricevuto una inaspettata quanto importante conferma all’inizio di
quest’anno, allorché è stato pubblicato uno studio norvegese5 che ha valutato gli effetti della posizione del corpo sullo svuotamento gastrico, la distribuzione del cibo e i sintomi dispeptici postprandiali in un gruppo di soggetti sani a cui è stato somministrato un pasto bilanciato a basso contenuto calorico. I dati ottenuti dimostrano come i sintomi postprandiali siano più accentuati, lo svuotamento gastrico più veloce e l’antro gastrico più ampio nei soggetti esaminati in decubito laterale
destro rispetto a quelli in decubito laterale sinistro; l’assunzione di quest’ultima posizione dopo
33
Storia della medicina
un pasto potrebbe pertanto
costituire un provvedimento
atto a ridurre la dispepsia. Per
spiegare questi risultati gli autori chiamano in causa l’anatomia del tratto gastrointestinale
superiore (nel decubito laterale destro il bolo alimentare
distende precocemente antro e piloro, causando così la
sintomatologia dispeptica) e
ricordano l’ipotesi precedentemente avanzata da Mazzarello
e Harari, che viene pertanto
confermata dal loro studio.
Fig. 2 – Un momento del laboratorio Il banchetto romano, curato da Raffaella Angelini
per l’edizione 2015 del Festival del mondo
antico (fotografia di Gilberto Urbinati).
Note
1
2
3
4
5
Festival del mondo antico, Programma, <http://antico.comune.rimini.it/programma/-categoria77/pagina911.html>, 2015 (ultima cons.
28/06/2015).
Cfr. U.E. Paoli, Vita romana. Usi, costumi, istituzioni, tradizioni, Milano 2002, pp. 83-89; K. Weeber, Vita quotidiana nell’antica Roma. Curiosità, bizzarrie, pettegolezzi, segreti e leggende, Roma 2003, pp. 19-23, 63-64, 66-71, 104-106, 143, 230-231.
Weeber, cit., p. 20.
P. Mazzarello, M. Harari, Left to digest, «Nature», 448 (2007), p. 753.
J. Valeur, A. Berstad, T. Hausken, The effect of body position on postprandial perceptions, gastric emptying, and intragastric meal distribution:
an ultrasonographic study in reclining healthy subjects, «Scandinavian Journal of Gastroenterology», 50 (2015), pp. 170-173.
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Medici e padelle
Il coniglio in friccò
o coniglio dei poveri
di Melchisede Bartolomei
Lezioni Universitarie, Master e Seminari: chiedo ai miei figli notizie sui Relatori e, immancabilmente, la risposta è che si tratta di
persone “vecchie” fra i 55 ed i 60 anni!
Mi rendo conto che anche io ho da poco raggiunto 60 anni, non
lo avverto, ma comincio ad essere “datato”, soprattutto se ripenso alla mia infanzia in cui mia madre esercitava un lavoro
bellissimo che oggi non esiste più: l’ostetrica condotta. Erano
anni in cui si nasceva in casa. Pietracuta, nella Valmarecchia,
è stato il suo ultimo incarico prima della pensione e con lei è
terminata la condotta stessa. La teoria in cui si nasce prevalentemente di notte (gli animali si sentono più sicuri e protetti con le
tenebre) l’ho sperimentata direttamente. Arrivava spesso a casa
il marito della partoriente verso l’imbrunire, avvisando dell’inizio
delle doglie. Ricordo che per i parti nei luoghi più sperduti della
condotta, la mamma si raccomandava di preparare una porta,
un catino di metallo ed almeno tre fiasche d’acqua bollita. Solo
più tardi ho capito l’arcano del parto: la porta costituiva il piano
d’appoggio rigido per la futura mamma, il catino rovesciato era
fondamentale per appoggiare l’osso sacro allo scopo di creare uno scalino necessario a rimuovere le secrezioni vaginali ed
anali nella fase espulsiva del feto, l’acqua bollita (sterile) per
lavare esternamente la vulva e cercare di evitare la complicanza
da sempre più temuta nell’ostetricia del passato: la febbre puerperale. Nel primo dopoguerra la mamma ricordava che l’uso di
guanti, “sterilizzati con alcool” nell’assistenza al parto, poteva
suscitare l’ilarità di qualcuno che affermava: “la nuova ostetrica
si dà importanza… usa i guanti”.
Tutto questo preambolo... sono fuori tema? No: arriviamo al punto. La mamma ritornava quasi sempre alle prime luci dell’alba.
Noi fratelli eravamo svegliati dall’espandersi del buon aroma di
caffè che la nonna preparava per la levatrice che aveva lavorato
tutta la notte. Velocemente, noi figli, ci ritrovavamo tutti in cuci-
35
Medici e padelle
na per avere notizie: “è andato tutto bene, la
donna è stata brava, ha spinto bene, il bimbo
ha pianto subito, pesa… “Al di là di questi dati
“tecnici”, il mio interesse e la voglia di alzarmi in anticipo era dettato dalla certezza che
la mamma fosse stata “omaggiata” per il suo
servizio anche con prodotti della campagna:
uova, salsicce fresche, castagne, nespole, melegrane, ciliegie, galline e il “fatidico coniglio”.
Il coniglio veniva regalato vivo ed il mio compito era quello di aiutare la mamma tenendo
le zampe posteriori della povera bestia e poi
attraverso tutte le fasi che portavano infine
l’animale ad essere messo a bagno in acqua
fresca per almeno due ore prima di riporlo in
frigorifero per farlo frollare alcuni giorni, anche
se poteva essere cucinato subito. Il coniglio veniva preparato in molti modi, ma a me piaceva
moltissimo “il coniglio dei poveri”, una specialità non tipica della Valmarecchia, ma dell’alta
Valle del Foglia. Era dei “poveri”, perché i casolari di campagna spesso riunivano famiglie patriarcali dello stesso gruppo parentale: si era in
tanti ed il coniglio era uno. Lo stratagemma era
quello di tagliarlo in tanti piccoli pezzi per farlo
fruttare al massimo.Si ponevano i pezzi in una
padella con coperchio e si lasciavano cuocere
con il suo liquido, fino a cottura quasi completa, quando la carne inizia a staccarsi dall’osso.
A questo punto si metteva dell’olio extravergine
(5-6 cucchiai) in un tegame abbastanza largo,
o nella stessa padella, e si scaldava. Si univa il
coniglio facendolo rosolare molto bene a fuoco
vivo, girandolo spesso (questo è il momento più
importante), per ottenere così una bella doratura ed avendo l’attenzione a non far bruciare
la carne.
Il lavoro difficile è finito. Si può rimandare il finale della preparazione al giorno successivo
(conservando le carni già cotte e dorate in frigorifero) o attendere, se presenti ospiti, qualche minuto prima di servirlo.
Di soppiatto dagli invitati si riscalda a giusta
temperatura la prelibatezza e nel contempo si
prepara mezzo bicchiere di aceto buono, tre o
quattro spicchi d’aglio schiacciato, due o tre rametti di rosmarino spezzettato.
Quando si è raggiunta la temperatura ideale
portare a fuoco vivo, salare con sale grosso
(che non penetra nelle carni), aggiungere il
contenuto del bicchiere con la “pozione speciale” (aceto, aglio, rosmarino), scuotere inizialmente con il coperchio, poi scoperchiare e
sfumare l’aceto… quindi servire caldo… è una
meraviglia che stupirà gli astanti… provare per
credere! La mia cara nonna Benilde raccontava
che un coniglio sfamava sedici persone (ed era
festa grande), ricordo che a noi bastava per sei
ed ora nella mia famiglia lo gustiamo in quattro. Spesso ho preparato questa ricetta per
dei carissimi amici, ma i conigli erano sempre
due… la matematica è cambiata: direttamente
proporzionale al livello del benessere.
Buon appetito!
Corsi, convegni,
congressi, attività
culturali
SCUOLA DI ETICA MEDICA - ERRATA CORRIGE date del corso
Il corso di Alta Specializzazione, articolato in 5 moduli separati, si terrà in autunno nelle seguenti
date:
1°
2°
3°
4°
5°
modulo:
modulo:
modulo:
modulo:
modulo:
2-3 ottobre 2015
9-10 ottobre 2015
23-24 ottobre 2015
6-7 novembre 2015
20-21 novembre 2015
Il programma dettagliato del corso sarà pubblicato non appena disponibile sul sito web dell’Ordine
(www.omceo.rn.it) e inviato via mail a tutti gli iscritti.
Il corso sarà accreditato ECM per le figure di Medico Chirurgo e Odontoiatra.
CONGRESSO AAITO Emilia Romagna “Trends in allergologia:
trattiamo il paziente acuto e impariamo a lavorare in rete”
25 settembre 2015 – Centro Congressi SGR Rimini
Segr. Organizzativa MDB Enterprise Srl
tel. 0999.7354333, mail: [email protected]
CONVEGNO “GONARTROSI: ASPETTI CLINICI E TRATTAMENTI”
17 ottobre 2015 – Riminiterme
Segr. Organizzativa Salute in Armonia srl
tel. 0541.623123, mail: [email protected]
CONVEGNO “ITTERO OSTRUTTIVO: DALLA DIAGNOSI ALLA TERAPIA”
17 ottobre 2015 – Hotel Holiday Inn Imperiale Rimini
Segr. Organizzativa Riviera Congressi
tel. 0541.1830493, mail: [email protected]
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Corsi, convegni, congressi, attività culturali
Variazioni
agli albi
CONVEGNO “PANORAMA DIABETE”
17-21 ottobre 2015 – Palazzo dei Congressi Riccione
Segr. Organizzativa SID (Società Italiana Diabetologia)
tel. 06.44240967, mail: [email protected]
XLIV CONGRESSO NAZ.LE AMCLI (Associazione Microbiologi Clinici Italiani)
21 ottobre 2015 – Palacongressi Rimini
Segr. Organizzativa MZ Congressi Srl
tel. 02.66802323 – ext 918, mail: [email protected]
52° CONGRESSO NAZ.LE SIR (Società Italiana Reumatologia)
25-28 novembre 2015 – Palacongressi Rimini
Segr. Organizzativa AIM Group International
tel. 02.56601293, mail: [email protected]
Presso la Segreteria dell’Ordine sono disponibili i programmi degli eventi.
DELIBERA CONSIGLIO DIRETTIVO SEDUTA DEL 22 LUGLIO 2015
Iscrizione ALBO MEDICI CHIRURGHI:
dott. CURZI Christian
dott.ssa DALMONTE Giulia
dott. FRANCIA Davide
dott.ssa GENNARI Chiara
dott.ssa ISOLA Margherita
dott. MASINI Pier Luigi
dott.ssa MICHELI Maria Maddalena
dott.ssa MONTANARI Sara
dott.ssa SKAKIC Andrea
dott. CORSO Vittorio
dott. DOMENICHELLI Vincenzo
dott. ESPOSTO Bruno
dott.ssa TOMESANI Nicoletta
di Santarcangelo di Romagna
di Rimini
di Coriano
di Cattolica
di San Marino
di Villa Verucchio
di Rimini
di Riccione
di Rimini
trasferimento da Monza e Brianza
trasferimento da Como
trasferimento da Ancona
trasferimento da Bologna
Reiscrizione ALBO MEDICI CHIRURGHI:
dott.ssa VAN ROSSEM Ann Louise Norbertine
di Misano Adriatico
Nulla Osta al trasferimento ALBO MEDICI CHIRURGHI:
dott. PARINI Angelo
dott.ssa PASINI Elisabetta
trasferimento a Bologna
trasferimento a Siena
Cancellazione ALBO MEDICI CHIRURGHI:
dott. BORGHESI Francesco
trasferimento a Bologna
Iscrizione REGISTRO MEDICINE NON CONVENZIONALI:
dott.ssa ANDREONI Cristina
dott. BIGUCCI Gabriele
dott. BUONINCONTRI Maurizio
dott. CONTENTO Pasquale
dott. DESIDERIO Franco
dott. MANCINI Daniele
dott. MIGNANI Maurizio
di Riccione
di Rimini
di Riccione
di Rimini
di Rimini
di Bellaria-Igea Marina
di Riccione
Iscritti Albo Medici Chirurghi nr.1880 - Albo Odontoiatri nr. 372
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www.agenzianfc.com
Finito di stampare nel mese di luglio 2015
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