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“I teatri milanesi chiusi sono una vera vergogna
maggio - giugno 2013 N. 14 club milano Elio: “I teatri milanesi chiusi sono una vera vergogna, simbolo della profonda crisi che la città sta vivendo”. Le immagini poetiche di Pino Ninfa raccontano la difficile vita nelle township di Johannesburg e Cape Town. Dai Caraibi alle isole Cook: in giro per il mondo alla ricerca dello swing perfetto sui più bei campi da golf. Alla scoperta della Provenza: una terra antica dove natura, gastronomia e cultura si fondono perfettamente. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro editorial Là dove c’era l’erba Recentemente mi è capitato di percorrere a piedi il tragitto che dalla Stazione Centrale porta a Zona Fiera, dove abito da quasi 20 anni. Ho trascorso quell’oretta di passeggiata notturna come un turista qualsiasi e ho avuto la sensazione di non conoscere affatto la nuova dimensione che sta prendendo la città dove ho scelto di vivere. In queste poche righe non voglio demonizzare le colate di cemento o parlare dei grattacieli come espressioni falliche di uno sviluppo figlio dello scorso millennio, ma semplicemente chiedermi quale sia il fine ultimo e il modello urbano a cui stiamo mirando. In pratica chi vogliamo essere. Londra, Berlino, New York, Istanbul, persino Pechino o Dubai, per quanto non esattamente ecocompatibili, hanno un’idea chiara di cosa vogliono essere e rappresentare. Di grattacieli ce ne sono più che da noi, ma almeno sembra che abbiano un senso e rispondano a esigenze certe. A Parigi La Défense è stato un progetto da molti criticato, una sorta di ghetto per immigrati che potevano vedere la Ville Lumière da un arco futuristico che negli anni è diventata la linea di separazione tra la città dei ricchi e i figli della nuova Francia. Si può non condividerne le basi, ma il progetto aveva una sua struttura e finalità chiare e coerenti. Da noi è tutto più confuso e, onestamente, senza una gran logica. Neppure il sempre più prossimo Expo giustifica certi progetti. Per due anni chiunque sia passato per Porta Garibaldi ha potuto assistere alla straordinaria rapidità ed efficienza con cui sono spuntati dal nulla il nuovo Palazzo della Regione e il grattacielo Unicredit, meravigliose cattedrali nel deserto schiacciate tra l’Isola (quartiere molto “parigino”) e Corso Como. E ora? Non si sa. Al di là della recente acquisizione del 40% del progetto da parte del fondo sovrano Qatar Holding, non si hanno molte notizie di cosa potrà accadere a quei palazzi scintillanti. Difficile però accorgersi della totale inutilità e sproporzionata inadeguatezza di queste opere finché non capiti di passeggiarci attorno, specialmente la sera. Sembrerà strano e un po’ paradossale, ma mi sono “riappropriato” della mia città quando ho dovuto attraversare tutta Via Paolo Sarpi. Chinatown è, a dispetto di qualche rigurgito leghista, una parte integrante e irrinunciabile del nostro tessuto urbano. Aver reso la sua arteria principale un unico spazio pedonale, l’ha valorizzata e fatta riscoprire da tanti milanesi che per anni l’avevano abbandonata. Durante l’ultimo Fuorisalone proprio questa zona di Milano è stata una delle vetrine di design più interessanti. Una città moderna, per essere tale, deve rispondere soprattutto alle nuove esigenze di aggregazione di comunità sempre più “liquide”, in movimento e multietniche. Un grattacielo vuoto di fianco alla via della movida milanese non ha molto senso e non porta alcun vantaggio, se non a chi l’ha costruito. L’isola pedonale di Paolo Sarpi, se pur nata per fare un dispetto ai negozianti cinesi e ai loro carrelli, ha finito per valorizzare tutto il quartiere. L’ultima tappa del mio cammino è stata la vecchia Fiera e il gigantesco cantiere di City Life. È notizia di questi giorni che dei tre grattacieli previsti ne verrà eretto solo uno, quello progettato da Arata Isozaki. Mancano i fondi, per non parlare degli acquirenti. Per anni comitati di cittadini della mia zona si sono battuti proprio per questo. Ora è la crisi immobiliare a dare loro una mano. Ma cosa ne sarà di quella specie di enorme “ground zero” che prima ospitava le storiche palazzine della Fiera Campionaria? Non si sa, ma sarebbe bello se, almeno per una volta, tornasse l’erba là dove un tempo c’era la città. Stefano Ampollini 4 contents point of view 10 focus Elegia milanese al cine sparito Via la cultura dal centro di Roberto Perrone di Simone Zeni inside 26 12 Brevi dalla città di Carolina Saporiti outside 14 Brevi dal mondo di Carolina Saporiti cover story 16 Fedele forever di Paolo Crespi interview 28 Preferisco la nostalgia, odio il rimpianto di Simone Zeni focus 30 Due passi nell’orto di Marilena Roncarà interview 32 Professione curatore di Carolina Saporiti portfolio 20 focus Round About Township Dandy a Milano Foto di Pino Ninfa di Anna Mezzasalma design 36 39 Un’azienda stellata di Dino Cicchetti style 42 Solid colors di Luigi Bruzzone style Il made in Italy propositivo di Enrico S. Benincasa 6 44 contents wheels 46 food Auto design week Palato d’alta quota di Andrea Zappa di Paolo Crespi sport equipment 56 48 Golf performance di Luigi Bruzzone food 58 Refettorio Simplicitas di Elisabetta Gentile overseas 50 Golfisti globetrotter di Andrea Zappa wellness 53 Benessere da green di Simona Lovati week-end 54 Profumo di lavanda club house di Filippo Spreafico Il tennis, visto da vicino 60 a cura di Enrico S. Benincasa free time 62 Da non perdere a cura di Enrico S. Benincasa In copertina Stefano Belisari, in arte Elio. Foto di Andrea Colzani. 8 point of view roberto perrone Vive a Milano da trent’anni, ma ha conservato solide radici zeneisi. Nato a Rapallo, è giornalista e scrittore. Per il Corriere della Sera si occupa di sport, enogastronomia e viaggi. Ha pubblicato diversi libri, tra i quali il suo ultimo romanzo Occhi negli occhi edito da Mondadori. Elegia milanese al cine sparito Molti anni fa ho visto un film in bianco e nero che, nell’età del colore, viene utilizzato normalmente quando si vuole fare della poesia oppure ricordare un altro tempo. Insomma un film un po’ d’essai, un po’ di memoria, un po’ lento. Però bello. L’ho visto in un piccolo cinema di via Torino. Quando ho cominciato a scrivere questo mio editoriale stavo ragionando sull’estate, su cosa si potesse dire di interessante. E mi è venuto in mente quel film, L’estate di Bobby Charlton. Chi ha un minimo di conoscenza calcistica sa di cosa parliamo, dell’estate del 1966, quella del dentista nord-coreano (che poi non era un dentista) che affondò l’Italia nelle brughiere e dell’Inghilterra che vinse il suo unico Mondiale (veramente anche il solo titolo a livello di nazionale). Era un road movie. Un padre meridionale litiga con la moglie alto-atesina e scende lungo la penisola con i figli, verso la Puglia. Volevo scrivere qualcosa sulle partenze, sulle auto stracolme di bagagli che, come navi con la stiva piena, avevano i coprimozzi che quasi raschiavano l’asfalto e metà ruota era coperta. Invece mi è venuto in mente che al posto di quel cinema, ora, c’è un negozio di abbigliamento. Così il pensiero è diventato un vortice di ricordi legati non a un film, ma ai cinema milanesi. A quelli scomparsi. A certe grandi sale tutte moquettate ma anche a piccoli cinema d’essai con le scomode seggiole di legno. Come Santi cacciati dal calendario, questi cinema spariti, inghiottiti prima dalla strafottenza della Tv, poi dalla dittatura di videocassette e CD, infine dal satellite e da Internet, formano una specie di mappa segreta di Milano, le cui linee intersecano la città ricostruendo le emozioni perdute di un cinefilo forestiero che, nelle sue prime solitarie estati milanesi, trascorreva quasi tutte le sere in un cinema diverso, passando da un film di 007 a una commedia italiana, da un thriller a una sofisticata produzione hollywoodiana. Cinema in cui ci si rifugiava per passione, per riempire la solitudine e spesso per la loro frescura. Sarebbe bello che qualcuno, con una sorta di filo di Arianna di celluloide percorresse la città, inventandosi una guida ai cinema perduti, da quelli grandi a quelli più piccoli. Sarebbe bello girare la città così, scoprendo angoli popolati da questi cinema, fantasmi silenziosi, testimoni discreti di tante estati di città, riempitivi di vite che sono e non sono le nostre. Roberto Perrone 10 INSIDE In scena il capitalismo Domenica 5 maggio si è tenuto lo spettacolo, organizzato da SCM SIM e per la regia di Andrea Soldani, Goodbye Mr. Capitalism?. Sul palco, oltre i conduttori de La Zanzara (Radio 24), Giuseppe Cruciani e David Parenzo, si sono avvicendati Umberto Ambrosoli, Michele Boldrin, Giorgio Arfaras e Marco Rizzo, supportati da una serie di video e imitazioni. www.goodbyemrcapitalism.it Superstudio in numeri Dici Fuorisalone e pensi a zona Tortona e a Superstudio Più che anche quest’anno ha chiuso con successo la settimana milanese dedicata al design. Negli spazi di via Forcella 13 e via Tortona 27 sono passati 100 mila visitatori che hanno potuto vedere i 415 prodotti presentati presso le due location, frutto del lavoro dei 210 designer e dei 69 giovani talenti chiamati a partecipare all’edizione 2013 del Temporary Museum for New Design. www.superstudiogroup.com B.Live, moda per stare bene B.Live è il nuovo brand realizzato dai ragazzi dell’Istituto Tumori di Milano grazie alla Onlus Magica Cleme. La collezione, presentata a dicembre, comprende capi d’abbigliamento, accessori e make-up, creati sotto la supervisione della stilista Gentucca Bini. La vendita della linea B.Live si è tenuta ad aprile presso lo Spazio Bugatti. www.youtube.com/user/magicacleme Un nuovo giardino Lo scorso 12 maggio ha aperto Isola Pepe Verde, un nuovo giardino condiviso sito proprio in via Pepe, a due passi dai binari della stazione Garibaldi. L’iniziativa è stata promossa e portata avanti dall’omonima associazione, che ha così ridato alla città e al quartiere uno spazio per molti anni lasciato abbandonato. isolapepeverde.wordpress.com Yobe, occhiali made in Italy YOBE (Your Beautiful Eyes) è una nuova linea di occhiali, ma anche uno store in corso Vercelli 7. Aperto tutti i giorni, in boutique oltre all’acquisto degli occhiali è possibile anche effettuare il controllo della vista. Tutti i modelli di YOBE sono made in Italy e realizzati con particolare attenzione alle materie prime utilizzate, al design e all’artigianalità. www.yobe.it 12 www.citroen.it ESCAPE THE ORDINARY CITROËN DS3 CABRIO Per fuggire dall’ordinario bisogna essere aperti. Nasce Citroën DS3 Cabrio, l’unica della a 120 Km/h. Lasciatevi sua categoria con 5 posti, bagagliaio da 245 litri e tetto apribile conquistare dai fari posteriori 3D a LED, dagli interni in pelle Blu, dal suo design e dalle meraviglie della sua tecnologia. A bordo di Citroën DS3 Cabrio ci sono numerose scoperte da fare, prima di arrivare a quella più importante: voi stessi. A MAGGIO, FINANZIAMENTO A TASSO ZERO SULLA LINEA DS E 4 ANNI DI MANUTENZIONE INCLUSI. TAEG 2,24%. VI ASPETTIAMO PRESSO I NOSTRI SHOWROOM E SU www.citroenmilano.it. CRÉATIVE TECHNOLOGIE Consumo su percorso misto: più basso Citroën DS3 1.4 e-HDi 70 FAP Airdream CMP – Citroën DS5 Hybrid4 Airdream (Cerchi da 17”) 3,4 l/100 Km; più alto Citroën DS3 1.4 VTi 95 GPL/Benzina (uso a Benzina) 5,9 l/100 Km – (uso a GPL) 8,2 l/100 Km. Emissioni di CO2 su percorso misto: più basse Citroën DS3 1.4 e-HDi 70 FAP Airdream CMP 87 g/Km; più alte Citroën DS4 1.6 THP 160 c.a.6 178 g/Km. Offerta promozionale esclusi IPT, Kit Sicurezza + contributo PFU e bollo su dichiarazione di conformità al netto dell’ “Incentivo Concessionarie Citroën”. 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Sponsor dell’evento Sony Experia e Legacy Recordings. La scelta della location si è rivelata perfetta visto che lo store occupa lo spazio che un tempo occupava il club underground CBGB’s. www.johnvarvatos.com Si svolge dal 24 al 26 maggio la IV edizione di Pistoia – Dialoghi sull’uomo, un festival di antropologia che per il 2013 ha scelto come fil rouge L’oltre e l’altro. Il viaggio e l’incontro. Tra gli ospiti invitati ad approfondire il tema del viaggio ci saranno Marco Aime, Giuseppe Battiston, Francesco Guccini, Erri De Luca e il fondatore di Lonely Planet Anthony Wheeler. www.dialoghisulluomo.it Land Rover compie gli anni Land Rover ha festeggiato i suoi 65 anni con un evento presso la tenuta di Packington, in Inghilterra. Alla celebrazione hanno partecipato circa 150 veicoli, in rappresentanza della storica gamma del marchio inglese. Per l’occasione non poteva mancare il nuovo Defender Elettrico sperimentale. www.landrover.com/it/it/lr La qualità dell’abitare Eleganza in mostra Tudor ha presentato quattro nuovi modelli a Baselworld 2013. La referenza 7169, icona assoluta del brand, è stata reinterpretata dal modello Heritage Chrono Blue. Fastrider Black Shield dispone di una cassa in ceramica nera e opaca e segna il rapporto con Ducati. Presentato nel 2011, Heritage Advisor quest’anno si è impreziosito grazie al quadrante in due tonalità. Infine Date 26 MM ha arricchito la collezione Glamour, ispirandosi ai passi seducenti del tango. www.tudorwatch.com/it 14 Quality Living – il concept store di Verona dedicato alla qualità dell’abitare – ha vinto il Global Innovator Award (GIA) 2012-13 di Chicago. Quality Living ha trionfato conquistando i due riconoscimenti dedicati al settore retail per la sua capacità di introdurre elementi di innovazione nell’offerta e nelle modalità di esposizione. www.qualitylivingverona.it Cover story Stefano Belisari, in arte Elio, è l’elegante leader di un gruppo molto “elegante” che non sa resistere alla tentazione del trucco, soprattutto facciale. La musica, invece, è tutta Doc. Foto di Orazio Truglio. 16 Cover story elio fedele forever Il frontman delle Storie Tese spiega il legame sentimentale con la città che gli ha dato i natali e i primi successi. E quello a prova di bomba con i membri storici del gruppo fondato più di trent’anni fa, a cui proprio non riesce ad attribuire un difetto. Da (ex?) giudice di X Factor, spiega poteri e limiti dei talent show musicali. E giocando all’assessore lancia una sfida: riaprire subito tutti i teatri. di Paolo Crespi Milanesi si nasce? Sì e no. Se indaghi un po’, scopri che di “milanesi-milanesi” ce ne sono ben pochi. Io stesso sono nato qui come mio padre, ma già i miei nonni erano ascolani… Forse è la città che ti trasforma in milanese. Mi viene in mente uno come Montanelli, che pur venendo dalla provincia di Firenze era milanesissimo. E come lui tanti altri. Come definiresti il tuo rapporto con questa città? Conflittuale. Sono circa trent’anni che vorrei andarmene, però le voglio bene. Alla fine, come vedi, sono ancora qua. Quali sono i personaggi di Milano a cui ti senti più legato? Istintivamente rispondo tutta la categoria degli “artisti”, cantanti e comici, degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, da Jannacci in poi. Ma poi mi rendo conto di essere coinvolto sentimentalmente proprio con la città in quanto tale. Al punto un po’ estremo di provare affetto persino per i personaggi storici. Filippo Tommaso Marinetti, che a Milano è vissuto (tra l’altro nella casa dove stava mio padre nei suoi pri- mi anni), Salvatore Quasimodo, Albert Einstein (due anni a Milano da ragazzo, in via Bigli). E nella Milano di oggi? Siamo messi veramente male: un crollo verticale. Per cui sono affezionato ai miei amici e basta. Se fossi il sindaco, cosa faresti per migliorare la qualità della vita nella ex capitale economica, morale, della moda, degli aperitivi, eccetera, eccetera? Sindaco non potrei mai esserlo, non sarei in grado. Ma da ipotetico assessore alla cultura, per prima cosa riaprirei i teatri chiusi, come il Lirico. Vederli così è una vergogna, sono il simbolo della profonda crisi della città. Lo farei perché i teatri sono poli di attrazione, luoghi dove avvengono e nascono cose che vanno al di là della semplice rappresentazione. Nelle ricerche di Google sei più indicizzato dell’omonimo elemento chimico. Come riesci a gestire la popolarità senza farti fagocitare e senza nemmeno diventare disumano? La popolarità non è così enorme, noi di Elio e le Storie Tese non siamo Eros o la Pausini, che non possono girare per strada senza essere placcati. Banalmente faccio finta che non ci sia, di non essere “celebre”. E in genere funziona. È anche una questione di salute: è fondamentale, se non vuoi sbarellare, non perdere mai il contatto con la vita di ogni giorno. A bocce ferme, che cosa cambia tra questo secondo posto sanremese, con annesso premio della critica e premio per il migliore arrangiamento, rispetto a quello di 17 anni fa? Che abbiamo fatto le scelte giuste. La prima volta che andammo al Festival non sapevamo a cosa andavamo incontro e c’era soprattutto il gusto della sfida. Puntavamo a creare un caso, ma certo non ci aspettavamo di entrare in lizza per i primi posti, dato che per il pubblico sanremese eravamo dei perfetti sconosciuti. Questa volta il rischio maggiore era quello del paragone. Che fare in più o di diverso oggi che tutti rompono gli schemi e vogliono fare gli anticonformisti, a partire dal look? Il rischio era grande e personalmente ero 17 Cover story Elio e le Storie Tese in un recente scatto di Andrea Colzani. “Il segreto della nostra tenuta è l’ostinato lavoro di squadra, in un progetto a lunghissima scadenza” un po’ scettico, poi mi sono adeguato alla volontà del gruppo. Per smarcarci e dare un senso alla partecipazione abbiamo scelto Dannati Forever, un testo terribile, che parla di inferno, passato letteralmente sotto silenzio, e La canzone mononota, la provocazione (costruttiva, contro la noia) vincente. Nel 2015, insieme all’Expo, voi di Elio e le Storie Tese celebrerete, discograficamente parlando, le nozze d’argento. Qual è il segreto dell’amore lunghissimo e a quanto pare felice? La risposta standard è che il merito è degli avvocati. Ma siccome mi ha stufato, mi sento di dire che il segreto è la cocciutaggine, una cosa che ho sicuramente nel mio DNA, insieme all’esigenza (comune) di dare un senso alla vita, ponendomi degli obiettivi importanti. Il che implica necessariamente un lavoro lungo: con un impegno limitato nel tempo semplicemente non li ottieni. A questo aggiungi il fatto che nei miei desideri c’era fin dall’inizio quello di dare vita a un gruppo con una carriera lunga. E questo fortunatamente è accaduto, dopo più di trent’anni dagli esordi prediscografici siamo una 18 macchina quasi perfetta. Anche perché i miei compagni di strada non sono meno ostinati di me! Facciamo un gioco: attribuisci un pregio e un difetto a ciascuno dei componenti della tua band. Mi rifiuto. I difetti ce li abbiamo tutti e poi non è carino dirli. I pregi sono abbastanza collettivi. Perché ciascuno dà il proprio apporto creativo, che è diverso per ogni componente – il mio da quello di Faso, quello di Rocco Tanica da quello di Cesareo e così via. E tutti condividono questa voglia di continuità, portando anche la propria percentuale di “smazzamento” del lavoro sporco, condiviso naturalmente con tutti i nostri preziosi collaboratori. Perché l’esibizione sul palco dell’Ariston è solo la punta dell’iceberg. Per arrivarci non basta l’euforia dello stare insieme divertendosi a comporre delle scemenze. X Factor, il talent di cui sei stato protagonista, ha aperto una strada e creato molte aspettative tra gli aspiranti cantanti di questa generazione. I vostri esordi, all’epoca, furono molto diversi. Ritieni ci sia ancora spazio per un altro tipo di “gavetta”? Le strade per chi vuole esprimersi artisticamente si sono drasticamente ridotte. Le occasioni odierne hanno molti aspetti negativi ma sono anche un modo per guadagnarsi l’attenzione del pubblico. I talent se vuoi sono crudelissimi, una serie infinita di gente che viene mandata via: eliminata. Ma se uno “vale”, se è non solo artisticamente valido, ma anche dotato di una sorta di volontà cieca, alla fine arriva. Magari – vedi il caso di Daniel, il ragazzo bocciato a ripetizione, anche da noi di X Factor, e poi vittorioso a Italia’s Got Talent – dopo un tot di facciate contro il muro. Che tutto sommato fanno bene. Se c’è una cosa che non va dei talent è il successo ottenuto con relativamente poco sforzo: accade all’improvviso e non sei pronto, emotivamente, umanamente. In compenso i talent hanno un grande merito. Quale? Offrono una vetrina per farsi vedere a gente che ci prova da anni e ha finalmente la sua grande occasione. Come Nathalie, la cantautrice che a trent’anni ha vinto la quarta edizione di X Fac- Cover story Simpatico omaggio all’unico doppio LP dei Beatles, Album Biango è il nuovo disco di Elio e le Storie Tese. Un godibile contenitore in cui convivono gli ultimi exploit sanremesi con chicche random come Lampo, Come gli Area, Il ritmo in sala prove o Luigi il pugilista. tor, in squadra con me. Com’è lo stato della produzione musicale in Italia? Ci sono ancora dei “signori professionisti” in grado di valorizzare e orientare la creazione musicale? è davvero un punto dolente. Siamo come nel medioevo dopo la caduta dell’impero romano. Manca tutto. Mancano gli autori, i compositori, i produttori di talento. La crisi è culturale. Per creare qualcosa di significativo dev’esserci questa esigenza, questa voglia diffusa di parlare attraverso le canzoni. Negli anni Sessanta e Settanta, la Rca è stata una grande fucina di talenti: Dalla, De Gregori, Zero, Fogli, Venditti, Gaetano, Baglioni, Battisti. La ragione è che lì c’era del metodo. Un lavoro sistematico svolto con grande professionalità da un forte gruppo di persone molto decise e preparate. Meriterebbe di farci un documentario – non mi risulta sia mai stato fatto – non tanto per ricordare, ma soprattutto per capire. Oggi invece si spera che per caso vengano fuori dei fenomeni. Il talento puoi anche trovarlo così, ma poi lo devi allevare. Se non avessi avuto successo come artista avresti fatto comunque questo lavoro o ti saresti dedicato ad altro, provando a farti onore, ad esempio, come ingegnere? La musica per me poteva rimanere un hobby, ma comunque ad alto livello. Alla fine degli anni Settanta, primi anni Ottanta – l’inizio del nostro Medioevo – da neodiplomato al conservatorio Giuseppe Verdi sentivo gli strafalcioni dei nostri cantanti sanremesi e li confrontavo con il sound dei dischi inglesi e americani. Allora ingegneria era il piano A, mentre la musica era il piano P, inteso come “passione”. Per quattro anni mi sono presentato tutte le mattine a lavorare in ufficio (io e Cesareo eravamo gli impiegati del gruppo) e contemporaneamente la sera ero in tour con Elio e Le Storie Tese. Con tutti gli inconvenienti del caso. Poi, grazie al cielo, ho avuto la fortuna di poter fare un solo lavoro, questo. Sono molto contento, ma non è stato come pensavo… In che senso? Beh, fare l’impiegato per me aveva un problema fondamentale: la gabbia. Entri alle 9, esci alle 5, non si scappa. Viceversa fare il nostro lavoro è come per i liberi professionisti, che sono liberi, appunto, ma non sanno mai cosa gli accadrà. Chiaro che ora non sono preoccupato per l’immediato futuro, ma lo sono stato per anni. E anche se l’orizzonte temporale si è un po’ allungato, so che non è per sempre. E la fatica è notevole: di sicuro lavoro più oggi di quando facevo l’impiegato. Gli aspiranti cantanti almeno questo dovrebbero saperlo. Con Album Biango (Hukapan/Sony) e in attesa del blocco estivo della lunga tournée 2013 di EELST potresti tirare un po’ il fiato. Invece cosa bolle in pentola? Con il pianista Roberto Prosseda stiamo preparando un’evoluzione “tricolore” del recital che portiamo in giro nei ritagli di tempo: un programma con musiche di Bianchi, Rossini e Verdi… E con l’amico Luca Lombardi, compositore classico contemporaneo, molto famoso all’estero, pensiamo a un’opera, non lirica, per i teatri. A bordo ci sarà anche Mattia Torre, uno dei tre autori di Boris. 19 Portfolio round about township Un viaggio fotografico attraverso le periferie urbane di Johannesburg e Città del Capo, luoghi storici dell’apartheid che ancor oggi sono simbolo di povertà e malessere sociale. Pino Ninfa racconta, attraverso immagini singolari e poetiche, con un utilizzo quasi pittorico della luce, la difficile vita nei sobborghi delle due più grandi città sudafricane. L’occhio del fotografo non mira a spettacolarizzare le condizioni di disagio di queste realtà, quanto piuttosto a evidenziare il profondo senso di dignità e solidarietà dei suoi abitanti. Una mostra allo Spazio Oberdan nel mese di maggio e un omonimo libro per non dimenticare. Foto di Pino Ninfa 20 Portfolio In questa pagina. Per le strade della township di Philippi, Città del Capo. Nella pagina a fianco. L’interno di un’abitazione nella township di Kliptown, Soweto. 21 Portfolio 22 Portfolio Foto sopra. Il dott. Comba ritorna a casa nella township di Somora, Città del Capo. Foto a fianco. Si studia alla luce di una lampada a olio nella township di Kliptown, Soweto. Nella pagina a fianco. Di notte è quella delle abitazioni l’unica luce a illuminare le vie della township di Somora, Città del Capo. 23 Portfolio Foto sopra. Un vicolo della township di Somora, Città del Capo. Foto a fianco. Soweto vicino a una shebeen, un tipico luogo di ritrovo per bere una birra. 24 Portfolio pino ninfa Sviluppa progetti a livello nazionale e internazionale legati allo spettacolo e al reportage: l’interesse per la musica e per il sociale hanno connotato il senso complessivo della sua fotografia. Ha lavorato per numerosi eventi musicali e ha realizzato progetti con Emergency, Unicef, Amani e molti altri. Fra le sue ultime pubblicazioni: In Jazz, Sulle tracce dell’avventura-Omaggio a Hugo Pratt e Round About Township, entrambi per Casadei Editore. di Andrea Zappa Quali sono state le motivazioni che ti hanno portato a realizzare un reportage di questo genere? Questo lavoro nasce dalla mia voglia di raccontare delle realtà urbane, in particolare quelle dove permangono delle situazioni di disagio, non tanto per evidenziarlo crudelmente o per realizzare scatti d’effetto, quanto nel tentativo di raccontare questi luoghi facendo emergere la parte più umana delle persone che lì vivono, in qualche modo anche con un taglio poetico. Sono luoghi di estrema difficoltà rispetto a come noi siamo abituati a vivere: ho avuto la possibilità di immergermi nelle vite di queste persone e di dormire in quei luoghi. Ciò che a noi appare assurdo e incredibile per loro è la normalità. Le township sono, come è noto, dei luoghi molto pericolosi per chiunque non vi sia nato all’interno, qual è stato il tuo approccio come uomo e come fotografo a quella realtà? Bisogna essere assolutamente cauti nel cercare di introdursi in quei luoghi, è necessaria una modalità “discreta” e non da reporter d’assalto che entra con la macchina fotografica spianata. È importante avere del tempo, cercare di instaurare un rapporto con le persone. Io ho anche dormito all’interno di queste township. Prima devi guadagnarti la loro fiducia e solo in seconda battuta puoi pensare di scattare, spiegandogli perché lo fai. Ma come hai fatto a entrarci? A Johannesburg ho avuto la fortuna di conoscere un fotografo locale che aveva fatto un workshop qualche giorno prima, parlandogli ho avuto la possibilità di muovermi con lui. In quei luoghi non c’è alcun genere di sicurezza, non ci sono regole, e la notte giri completamente al buio senza illuminazione. È necessario quindi essere accompagnati e scortati da persone a cui è riconosciuta l’autorità di essere al di sopra delle parti, evitando così di essere aggrediti. In molti scatti è evidente un approccio quasi pittorico nell’uso della luce, come mai questa caratteristica? Sono le emozioni e le sensazioni personali che portano il fotografo a tradurre attraverso la macchina quel qualcosa che vuole trasmettere e raccontare. Io amo molto la pittura e spesso sono influenzato nei miei scatti da quello che mi arriva dai grandi pittori di un tempo, in particolare la loro capacità di usare la luce. Amo molto giocare con i chiariscuri e con le ombre. Fotograficamente provengo anche dal mondo della musica e il palco è spesso attraversato da particolari fasci luminosi. I tagli di luce, quasi pittorici, presenti in questi scatti, non sono altro che un modo per rappresentare, con una certa formalità e una certa estetica, la giusta dignità di persone che hanno esistenze molto difficili. Un aneddoto che ti ha colpito durante questo lavoro? Ho conosciuto un ragazzo che pur lavorando in banca, e quindi ricevendo un buono stipendio, ha deciso comunque di rimanere a vivere nella township di Somora, fra la sua gente. Un esempio di grande forza, pensa che la sua casa ha una stanza, un bagnetto e forse una piccola cucina. Una volta a Città del Capo hai anche deciso di realizzare un workshop internamente alla township… Si, è stata un’esperienza molto interessante nata in collaborazione con Cesvi. Oltre ai miei scatti in mostra ci saranno, infatti, 50 foto inserite in un pannello realizzate dai ragazzi della township Philippi. Emerge così una visione diversa di quella realtà: il loro modo di vedere quel sobborgo fa un po’ da contraltare al mio. 25 FOCUS Via la cultura dal centro Librerie che chiudono. Altre, storiche, che passano al web. Alcune si spostano. E se questi cambiamenti segnassero semplicemente una rinascita della cultura in periferia? di Simone Zeni 01 01. Il Mio Libro, la libreria della giovane Cristina Di Canio che ha lasciato il posto fisso per aprire quella che lei definisce la sua “scatola rosa”. 26 Non è certo un momento felice per l’editoria. Anche per le librerie milanesi è giunta l’ora di fare i conti con crisi, scarse vendite, affitti spesso troppo cari. Ed è così che due delle più importanti librerie della Milano che legge hanno traslocato dalle loro sedi storiche: Utopia, dopo trentasei anni di attività nella sede di via Moscova, all’angolo con largo La Foppa, si è trasferita in via Vallazze, zona Città Studi; la libreria Del Mondo Offeso di Laura Ligresti, con una storia più recente che non le ha impedito di imporsi nel panorama cittadino, lascia i locali di corso Garibaldi per riaprire in via Cesare Cesariano. “È terribile – dice lo scrittore Matteo B. Bianchi – Il centro si sta trasformando in un’oasi sempre più commerciale e sempre meno culturale, basta girare nei dintorni del Duomo: si possono acquistare solo vestiti. L’idea che una libreria scompaia e al suo posto spunti l’ennesimo megastore mi gela il sangue”. Altre librerie del centro hanno dovuto prendere decisioni ben più drastiche: quella gay-friendly Babele, che dopo una prima chiusura delle sede in zona Cadorna aveva riaper- indirizzi Libreria Del Mondo Offesio via Cesare Cesariano 7 Libreria Utopia via Vallazze 34 Libreria Il Mio Libro via Sannio 18 to in viale Regina Giovanna, nel 2012 ha chiuso per diventare uno store online, mentre la Hoepli, tra le più grandi e prestigiose librerie d’Europa, ha appena messo in cassa integrazione i suoi 60 librai. Continua Matteo B. Bianchi: “Le librerie indipendenti sono fondamentali perché offrono un approccio personale che le grandi catene non possono fornire. Un libraio che ti conosce, che sa capire i tuoi gusti e consigliarti, è preziosissimo, e questo il cliente lo percepisce. Quando ero uno studente universitario a Pavia andavo in una piccola libreria accanto alla mensa. All’epoca cominciavo a interessarmi alla giovane narrativa italiana e ho avuto la fortuna di imbattermi nella persona ideale, che mi ha indicato tutta una serie di letture fondamentali. Ho un debito formativo enorme nei confronti di questo libraio perduto nel tempo”. In questo senso però, il decentramento delle due librerie potrebbe essere persino un cambiamento positivo: non solo continueranno a vivere, ma potrebbero divenire il fulcro culturale delle zona in cui si sono spostati. Ne è un esempio la piccola e accoglien- FOCUS 02 te …Il Mio Libro, aperta dal 2010 in via Sannio (zona Piazzale Lodi), che è diventata un punto di riferimento per gli abitanti del quartiere, “Mi hanno adottata. È bellissimo!”, afferma la titolare Cristina Di Canio: “Mi sento parte di una famiglia a tal punto che, rimanendo aperta in pausa pranzo, capita di organizzarsi con i clienti e di pranzare insieme in libreria. Una sorta di pic-nic tra gli scaffali. E se entra qualcuno? Beh, può favorire! Qui si trova tutto ciò che non è «mega». Non ci sono megaspazi, megapromozioni e certamente non c’è megafretta di chiudere la vendita”. La libreria diventa un luogo da frequentare quindi oltre all’acquisto, …Il Mio Libro organizza numerosi incontri, aperitivi con gli autori, eventi e anche corsi di scrittura creativa, svolgendo un vero servizio alla città. Continua la proprietaria: “Tutto qui si svolge in un clima assolutamente amichevole e famigliare. Non è più «Andiamo in libreria» ma «Andiamo da Cristina». Ci si chiama per nome, ci si racconta quello che succede. E questo non solo con i clienti ma anche con gli autori che poi diventano amici». Ad aspettarsi molto il salone degli indipendenti A Torino, dal 16 al 20 maggio, si svolgerà il Salone Internazionale del Libro 2013. Questa edizione dedicherà particolare attenzione alla partecipazione degli editori indipendenti, grazie a una serie d’iniziative volte a sostenerne la presenza, segno dell’importanza che viene loro attribuita. Al Lingotto sanno che essere piccoli editori significa non solo pubblicare e vendere ma anche fare scouting di talenti. In questo il loro valore è grande. www.salonelibro.it dal quartiere e a sperare per il meglio per questo grande cambiamento è Lucio Morawetz, titolare della libreria Utopia, che asserisce senza indugio: “Siamo all’inizio di un’avventura entusiasmante, è come quando si conosce un nuovo amore”, anche se non nasconde il proprio rammarico: “Alla fine del 2012, dopo un anno molto difficile, ho pensato che l’unica maniera per continuare il nostro lavoro fosse tagliare alcuni costi fissi, in particolare l’affitto che a causa del calo del fatturato era diventato molto difficile da pagare. La vecchia sede ci mancherà, era una parte di noi”. Che sia forse un bene per le zone in cui la libreria Del Mondo Offeso e Utopia hanno aperto, certo è possibile, ma un problema di fondo c’è e lo riassume bene proprio Morawetz: “Nel complesso rimane un fenomeno triste, un segno dei tempi inquietante. Se il centro delle città espelle la cultura, visto che sono in crisi anche biblioteche, cinema, teatri e musei, non si tratta di un dilemma personale di un imprenditore velleitario quale potrei essere io, ma di un grave problema politico”. Il messaggio è chiaro. Speriamo che la politica senta. 02. L’angolo musicale della Libreria del Mondo Offeso nella nuova sede. Qui si possono trovare rarità e volumi fuori edizione. 27 Interview sergio escobar Preferisco la nostalgia, odio il rimpianto Il direttore del Piccolo Teatro, recentemente riconfermato fino al 2016, non ha dubbi: “Il Teatro d’Europa ha ancora molto da offrire e non si farà certo trovare impreparato alla sfida dell’Expo 2015”. di Simone Zeni 28 interview piccola grande storia Fondato nel 1947 da Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi, il Piccolo è stato il primo Stabile italiano, nato con lo slogan “Teatro d’Arte per Tutti”. Dal 1991 il Piccolo Teatro di Milano è anche chiamato “Teatro d’Europa”. Tre le Alla fine del 2012 è stata nuovamente confermata la sua direzione del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. Cosa ci si deve aspettare nei prossimi tre anni? Continuare un viaggio per capire e comprendere, senza cedimenti al pattume della cronaca, la nostra contemporaneità, così da realizzare che significato acquista nel tempo la parola “cittadinanza”. Il teatro trasforma gli individui in cittadini, ora fortunatamente dai mille volti, dalle mille lingue. Per capire è meglio fare un viaggio nella città “nascosta”, quella della metropolitana per esempio, che partecipare ai dibattiti. E comunque sentirsi un po’ stranieri con se stessi è il modo migliore per ritrovare il senso del teatro e quindi della città. Ricopre questo suo prestigioso ruolo dal 1998, ha un ricordo su tutti che le è rimasto nel cuore di questi 14 anni? Certamente più d’uno. Quando Luca Ronconi ci fa viaggiare in una dimensione sconosciuta di testi come Infinities, Il Professor Bernhardi, Panico, l’ultimo suo spettacolo andato in scena al Piccolo nelle scorse settimane con uno straordinario successo. Ma anche l’emozione del pubblico quando Ferruccio Soleri si leva, sotto gli applausi, la maschera di Arlecchino. Uno spettacolo che, più degli altri, vor- rebbe rivedere in scena? L’ultimo. Il più vicino nel tempo è quello di cui senti maggiormente lo “strappo” della fine. Gli altri sono custoditi nel profondo della memoria. In un numero precedente di Club Milano, Moni Ovadia, esibitosi proprio di recente sul palco del suo teatro con Adesso Odessa, ha detto che non riconosce più la vecchia Milano, se non per qualche tempio della cultura come il Piccolo e la Scala. Lei trova che la città sia cambiata? Le piace? Ci mancherebbe altro: se la città non cambiasse sarebbe morta. Evito di elencare gli “attentati” quotidiani che subisce alla sua bellezza: cito solo la selva di pali inutili che affliggono vie e piazze. Personalmente amo la nostalgia, odio il rimpianto. C’è una zona o un luogo di Milano che preferisce? Mi piace camminare nelle viuzze dietro Piazza Missori, quelle con il ciottolato, dove di notte senti i tuoi passi. Adoro la piazzetta della chiesa del Carmine di sera, se si ignora l’improprietà della pur bella scultura di Mitoraj. Ma anche via San Gottardo, Porta Genova. Una donna per me è bella solo se ha almeno un difetto: Milano in questo è generosa! Come si rapporterà il Piccolo alla nuova Grande Milano metropolitana sedi: quella storica, il Piccolo Teatro Grassi, lo spazio sperimentale Teatro Studio e la principale, inaugurata nel 1998, con il nome di Piccolo Teatro Strehler. Proprio del 1998 è il passaggio di testimone a Sergio Escobar e a Luca Ronconi. www.piccoloteatro.org e all’Expo 2015? In tutta onestà non è l’atto formale, pur importante, del riconoscimento di città metropolitana a cambiare la storia del Piccolo Teatro e del suo pubblico. Se negli anni Sessanta si parlava di decentramento, oggi si è inevitabilmente parte di una città attraversata dal mondo intero, come ogni vera metropoli che si rispetti. Le zone della città cambiano come cambia l’illusione dell’immobilità di centro e periferia del mondo “che conta”. Quanto a Expo, si può dire che il Piccolo vi si prepara fin dalla fondazione, dal 1947, con la sua intensissima attività internazionale, con il suo percorso alla ricerca di una nuova idea di cittadinanza. A gennaio è scomparsa Mariangela Melato, non solo grande protagonista del palcoscenico ma anche illustre milanese doc. Ci vuole regalare un ricordo che ha dell’attrice? Non mi sento di raccontare aneddoti che ci scambiavamo sul mondo del teatro, in fondo erano piccole confidenze personali. Ricordo il suo sorriso ironico e i suoi occhi. Ricordo il grande lavoro, serio, totale, per prepararsi a ogni spettacolo. Sbaglia chi dice che non era una diva: Mariangela era una diva vera perché donna vera. Sul mio cellulare, conserverò per sempre il suo numero di telefono. 29 FOCUS due passi nell’orto Stiamo parlando di quelli botanici: otto in tutta la Lombardia e due solo nella città di Milano. Nati oltre cinque secoli fa con l’intento di studiare le piante medicinali, ora sono spazi green aperti al pubblico e dedicati anche alla diffusione della cultura ambientale. La primavera è tra le stagioni migliori per visitarli. di Marilena Roncarà 01 01. Veduta del laghetto con le piante esotiche nell’orto botanico di Bergamo Lorenzo Rota. 30 Nel cuore di Milano, nascosto dietro il Palazzo di Brera, c’è una piccola meraviglia all’insegna del green: un orto botanico in pieno centro città, 5 mila metri quadri di verde con 300 specie arboree diverse, compresi due esemplari di Ginkgo Biloba tra i più antichi d’Europa. Arrivando la prima sensazione è un certo spiazzamento misto a stupore: bastano pochi passi per entrare in una nuova dimensione e lasciare definitivamente alle spalle la città e i pensieri che a vario titolo ronzano in testa. Quella che vi accoglie è un’oasi di pace e il vostro sguardo comincerà a correre lieve tra l’aiuola di officinali, gli esemplari di specie esotiche, le collezioni di peonie, fino agli iris e alle ninfee che, se è la stagione buona, riaccendono di colori angoli interi del giardino. Sarà suggestione, ma qui anche l’aria sembra diversa, a tratti più salubre, di sicuro più profumata. Siamo dentro il giardino botanico voluto dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria nella seconda metà del Settecento, un ecosistema naturale dove il lavoro di conservazione della flora si accompagna alla divulgazione della cultura sul web www.reteortibotanicilombardia.it www.ortobotanicodibergamo.it www.villacarlotta.it www.stelviopark.it www.brera.unimi.it/museo/orto ambientale: ogni pianta è corredata da un apposito cartellino, che ne indica il nome e la specie. “Far conoscere forme vegetali insolite o rarissime, far scoprire come sono fatte piante d’uso comune (come pomodoro, tè, caffè, ecc.), far capire quanto esse siano importanti nella nostra vita quotidiana, piuttosto che stupire attraverso la bellezza di fioriture che non si vedono altrove”. Ecco alcuni dei compiti degli orti, come racconta il direttore dell’orto botanico di Bergamo Gabriele Rinaldi, che prosegue: “La Lombardia è una delle regioni più ricche di specie animali e vegetali, che però rischiano di essere soffocate dal crescente processo di antropizzazione del territorio. Per non perdere questo patrimonio negli orti botanici, accanto a specie esotiche o esemplari centenari, sono conservate anche piante autoctone, sia spontanee che coltivate”. In pochi lo sanno, ma nella sola città di Milano gli orti botanici sono ben due, oltre a quello storico di Brera, c’è il più recente di Cascina Rosa, in zona Lambrate, sorto nel 2001 dalle sterpaglie di una vecchia cascina abbandonata. Qui, nei 22 mila metri quadri a di- FOCUS coltivare la terra Se Monza con il Festival degli Orti (23 maggio - 2 giugno) è pronta ad accogliere incontri, corsi e lezioni di orticoltura, a Milano è dall’ottobre dello scorso anno che ogni sabato il campus del Politecnico di 02 sposizione, insieme alle azalee, alle camelie e alle querce, sono da ammirare le specie acquatiche del laghetto e i 1500 esemplari di succulenti (impropriamente chiamate piante grasse) ospitati nelle serre. Cascina Rosa è il terzo orto botanico dell’Università di Milano, assieme a Brera e Toscolano Maderno sul Garda. Quest’ultimo, nato nel 1964 come stazione sperimentale di una casa farmaceutica, è un orto universitario a vocazione scientifica che ospita piante medicinali, alcune (come la Camptotheca acuminata originaria del Tibet e del sud della Cina) importanti per le specifiche proprietà antitumorali. Gli orti della rete lombarda si caratterizzano per un’elevata biodiversità e così mentre in quello dello Stelvio (di Rezia, Bormio) si possono osservare perlopiù piante alpine, a Bergamo sembra piuttosto di entrare in un piccolo (ha una superficie di molto inferiore a quella di un campo di calcio), ma ricchissimo feudo del regno vegetale, dove il papiro lascia il passo al fior di loto, alla palma del Madagascar o alla drosera carnivora. Tutt’altro scenario è quello che si respira via Durando (zona Bovisa) viene letteralmente invaso dagli abitanti del quartiere, che armati di carriole, e sementi collaborano con docenti e studenti alla creazione del primo orto universitario conviviale italiano. www.coltivando.polimi.it 03 a Pavia, dove in un orto settecentesco si rimane incantati dalle orchidee, da un roseto con 200 varietà di piante (una delle più importanti collezioni italiane) e dalle serre realizzate dall’architetto Giuseppe Piermarini, lo stesso che ha progettato il Teatro alla Scala. Di gran lunga più esteso è infine giardino botanico di Villa Carlotta, sul lago di Como, un grande parco storico di 70 mila metri quadri dove convivono, in perfetta armonia strutture museali e capolavori della natura, come il giardino dei bambù, la valle delle felci, gli itinerari delle camelie e 150 specie di azalee che, soprattutto durante la fioritura, levano il fiato per la bellezza. Gli orti botanici hanno orari di apertura al pubblico diversi a seconda della vocazione più o meno scientifica o divulgativa delle strutture. Di sicuro tutti gli orti della rete lombarda sono aperti in contemporanea il giorno (e parte della notte) del solstizio d’estate, un appuntamento da non perdere per conoscere più da vicino questi musei a cielo aperto dove niente è statico, ma tutto vive e continuamente muta. 02.La rigogliosa fioritura delle azalee nel giardino botanico di Villa Carlotta, sul lago di Como. 03. Le aiuole e la vegetazione dell’orto botanico di Brera lambiscono la facciata dell’Osservatorio Astronomico. 31 Interview massimiliano gioni PROFESSIONE CURATORE Il Palazzo Enciclopedico è il titolo della prossima Biennale di Venezia, che inaugurerà il primo giugno. Massimilano Gioni, il più giovane direttore di sempre, ne parla come un contenitore dell’accumulo che si rifà al Medio Evo e al Barocco: epoche che, come la nostra, tendono alla stratificazione dei saperi. di Carolina Saporiti Foto di Marco De Scalzi 32 interview Già direttore artistico della Fondazione Nicola Trussardi di Milano e Direttore Associato e dei Progetti Speciali del New Museum di New York, con l’incarico per La Biennale di Venezia Massimiliano Gioni ha segnato un’altra tappa importante nella sua carriera. Si può dire che hai fatto carriera in fretta, cosa insolita in Italia. C’è stato un episodio o una persona che identifichi come il momento di svolta? A 16 anni sono andato a studiare in Canada, al Collegio del Mondo Unito che raccoglie ragazzi provenienti da ogni Stato. Lì ho imparato a parlare e scrivere l’inglese e soprattutto a rapportarmi con tutti e a lavorare con disciplina. Poi, il momento di svolta è stato nel 2002, quando Beatrice Trussardi ha deciso di affidarmi, non ancora trentenne, la Direzione Artistica della Fondazione Nicola Trussardi: un incarico che mi ha portato fortuna. Qual è stato il tuo primo lavoro nel mondo dell’arte? Quando sono rientrato in Italia dal Canada mi sono iscritto al DAMS a Bologna, dove ho studiato Storia dell’Arte. Non mi era ancora chiaro cosa avrei fatto, ma l’interesse per l’arte contemporanea si faceva forte. Era la metà degli anni Novanta e con alcuni amici ho fondato una rivista online, TRAX: Internet non era ancora molto diffuso e ci piaceva l’idea di essere pionieri e occuparci di cultura a 360 gradi. Giancarlo Politi, direttore di Flash Art, ne venne a conoscenza, si incuriosì e cominciai a lavorare in redazione, prima in Italia e poi negli Stati Uniti. Quando ti hanno nominato direttore della Biennale di Venezia, cos’hai pensato? La verità? Ho pensato che era l’inizio della fine… Scherzi a parte, ero emozionato e incredulo e mi sono acce- so una sigaretta, dopo anni che avevo smesso di fumare! Come mai hai scelto come titolo della Biennale Il Palazzo Enciclopedico? Ho preso in prestito il titolo dall’artista autodidatta italo-americano Marino Auriti, che il 16 novembre 1955 ha depositato presso l’ufficio brevetti statunitense i progetti per il suo Palazzo Enciclopedico, un museo immaginario che avrebbe dovuto ospitare tutto il sapere dell’umanità, collezionando le più grandi scoperte del genere umano. L’impresa di Auriti rimase naturalmente incompiuta, ma il sogno di una conoscenza universale e totalizzante attraversa la storia dell’arte e dell’umanità accumuna molti personaggi eccentrici che hanno cercato di costruire un’immagine del mondo che sintetizzasse l’infinita varietà e ricchezza. Dalla parola “enciclopedico” dobbiamo aspettarci altro oltre alle opere d’arte strettamente intese? Assolutamente sì. Viviamo in un’epoca caratterizzata dal diluvio dell’informazione in cui ogni tentativo di strutturare la conoscenza in sistemi onnicomprensivi non può che essere necessario e al tempo stesso disperato. La mia Biennale indagherà proprio queste fughe dell’immaginazione in una mostra che combinerà opere d’arte contemporanea e reperti storici, oggetti trovati e artefatti, per dare vita a una riflessione sui modi in cui le immagini sono utilizzate per organizzare la conoscenza e per dare forma alla nostra esperienza del mondo. Come spiegheresti la tua Biennale a un visitatore che non è del settore? Consiglirei di visitarla senza pregiudizi. Mi piacerebbe che Il Palazzo Enciclopedico stimolasse i visitatori a porsi delle domande, più che a cercare delle risposte. In cosa consiste il lavoro di curatore? Da giovane volevo fare il critico d’arte, perché critici venivano chiamati maestri come Achille Bonito Oliva o Germano Celant. La parola curatore in Italia è arrivata più tardi e alla critica d’arte ho preferito la curatela, che in fondo è una scrittura nello spazio: si scrive attraverso le opere in modo attivo e vissuto e con una varietà di componenti che danno la difficoltà e insieme la bellezza di questo ruolo. Il curatore deve mettersi a disposizione degli artisti, come elemento che traduce le loro idee in qualcosa di realizzabile e tenendo conto degli aspetti pratici, come il peso che un pavimento può sostenere o l’altezza e la larghezza di una porta. Qual è il museo o lo spazio di Milano che merita una visita? Milano è una città piena di tesori, di posti dove mi piace tornare e a cui mi unisce un forte legame affettivo. Penso alla Pinacoteca di Brera, uno dei musei più belli del mondo con capolavori assoluti come il Cristo morto di Mantegna, o a Villa Reale, dove c’è un piccolo Cezanne, I ladri e l’asino, che non mi stancherei mai di guardare. In molti, ancora, trovano l’arte contemporanea frustrante, sforzandosi di capirla. C’è un giusto atteggiamento con cui visitare le mostre? Non esiste un manuale di istruzioni per l’uso. Dobbiamo semplicemente ascoltare quello che l’opera ci dice e individuare cosa ci mette in difficoltà, cosa ci destabilizza, cosa crediamo di non capire e partire da lì. Spesso non è l’opera d’arte a essere incomprensibile, siamo noi che siamo talmente abituati a consumare immagini e pensieri in modo veloce e acritico, che qualsiasi cosa ci imponga di fermarci qualche istante in più ci fa paura. 33 style Dandy a milano Orologi d’epoca, gemelli e capelli su misura sono “feticci” capaci non solo di creare uno stile unico ma anche di raccontare qualcosa della propria personalità. E in fatto di look, l’uomo che vuole distinguersi seleziona accuratamente i dettagli del suo stile. di Anna Mezzasalma Foto di Elisabetta Polelli 01 01. Sergio Melegari, il cappellaio di via Paolo Sarpi, nel suo laboratorio storico. 36 Hanno provato a fargli indossare la gonna. Gli hanno accorciato l’orlo dei pantaloni e hanno aggiunto make up e borse, ma l’uomo che, in fatto di stile, vuole distinguersi davvero rimane fedele ad alcuni dettagli irrinunciabili. Dall’orologio al cappello, le tendenze di moda non sono riuscite a offuscare l’interesse per quegli accessori che sintetizzano l’immagine dell’uomo di classe, feticci che dichiarano stile personale e, sotto sotto, raccontano anche qualcosa della propria personalità. Ma dove creano il loro stile i dandy contemporanei? A Milano, chi sa dove cercare trova angoli nascosti con vere rarità e tantissime chicche. Come NewOldTime, un minuscolo spazio senza tempo nascosto nel cortile di un palazzo di via Dante. Questo è il regno di Roberto Randazzo, responsabile del settore Orologi Vintage della NewOldCamera di Ryuichi Watanabe. L’esperienza e l’amore del collezionista hanno dato vita a una curatissima selezione: Rolex sportivi dagli anni Cinquanta agli Ottanta, Longines, Omega, ma anche orologi militari e double name (come i Rolex per Tiffany o Cartier). “Chi indirizzi Newoldcamera via Dante 12 Demaldé piazza Carmine 1 Cappelleria Melegari via Paolo Sarpi 19 sceglie uno dei miei orologi – spiega Roberto – non lo fa per uno status symbol, ma per un gusto personale. Non si indossano orologi di questo tipo per sfoggiarli, anche perché non sono facilmente riconoscibili, non fanno scena”. Qui si possono trovare Rolex militari, ma anche rari Omega, come il prototipo Speedmaster realizzato per la NASA, o il prezioso e richiestissimo Rolex Daytona Paul Newman, reso famoso proprio dall’attore di La Stangata. La spesa non è necessariamente elevata: il valore non è oggettivo ma è dato dal singolo collezionista e dalla sua voglia di distinguersi. La stessa voglia che spinge ad aprire le porte di Demaldè, uno scrigno di bijoux di ogni epoca situato proprio nel centro città, in via Ponte Vetero. Nel negozio di Loredana ed Elvio, infatti, arriva chiunque cerchi un gioiello che sappia fare la differenza, un vezzo, magari non pregiato, ma capace di attirare l’attenzione. I gemelli da uomo sono i veri protagonisti di questo museo di preziosi. Oltre 3 mila pezzi, provenienti da tutto il mondo, di tutto il Novecento e di ogni materiale. Si va da quelli preziosi vintage in oro 22 style 03 02 carati con diamanti e smalti, fino a quelli divertenti con marchi come Vespa, Ford, Guinness, passando per i rari gemelli carillon degli anni Cinquanta. Un vero mondo, nato da una passione personale. “I gemelli sono ancora vissuti come oggetto da regalare per segnare le tappe della vita di un uomo – sostiene Loredana – Battesimo matrimonio, laurea o compleanni importanti sono tutti momenti che vengono celebrati con un simbolo, più o meno prezioso, serio o spiritoso”. “Anche se – aggiunge Elvio – sta crescendo il numero di appassionati di tutte le età che sceglie i gemelli proprio come vezzo, un dettaglio magari da abbinare alla cravatta o scelto anche solo per farsi notare”. Ecco quindi che si può spaziare, con una spesa che va dai 20 fino a qualche migliaio di euro, tra gemelli militari o con gli stemmi dei college stranieri (dall’Inghilterra all’Arabia Saudita), fino a esemplari vintage di importanti griffe come Christian Dior o Pierre Cardin. Chi si sente davvero estroverso e sicuro di sé, non perderà l’occasione di completare il proprio look con un cappello, l’accessorio che fino a poche generazioni fa era sinonimo indiscutibile di eleganza. “Oggi il cappello è un dettaglio scelto da chi vuole farsi notare, senza distinzione di età o possibilità economiche”, dichiara Sergio Melegari, che di cappelli se ne intende davvero, dal momento che, insieme alla sorella Paola, è responsabile della bottega storica di famiglia, la cappelleria Melegari di via Paolo Sarpi. Attiva dal 1914, questa istituzione meneghina non ha mai smesso di accontentare i suoi clienti, offrendo un’ampia selezione di copricapi di marchi importanti e soprattutto di produzioni artigianali proprie. Nel laboratorio della sede storica si confezionano cappelli per qualsiasi esigenza: cerimonie e occasioni particolari sono, ovviamente, in cima alla lista delle ordinazioni. Non mancano poi clienti raffinati che puntano alla qualità del made in Italy e alla possibilità di personalizzazione. “Le richieste spaziano dai modelli insoliti, visti magari al cinema o indossati da qualche star, alla riproposizione di cappelli classici che non si trovano più in produzione”, racconta il cappellaio di via Sarpi. Ricercato, vintage, pezzo unico, dunque, sono le parole chiave per chi sa esattamente ciò che vuole. E non c’è moda che tenga. 02. I gemelli con loghi automobilistici, tra i tre mila modelli da uomo di Demaldè. 03. Rolex militare inglese della collezione di Roberto Randazzo. 37 advertorial BMW Milano sponsor del TCM Alberto Bonacossa BMW Milano, filiale commerciale di BMW Italia, si lega ancora di più al territorio siglando un accordo di sponsorship con il prestigioso Tennis Club Alberto Bonacossa, circolo che, insieme ad altre otto realtà europee rientra nell’esclusivo “Club des Centenaires de Tennis”. Il legame tra tennis e marchi automobilistici è storia antica, i valori sportivi espressi, quali eleganza, raffinatezza, forza, dinamismo e tenacia sposano perfettamente quelli ricercati dal mondo delle quattro ruote. Si sono quindi trovati in perfetta sintonia sulla terra rossa del campo due eccellenze milanesi: lo storico Tennis Club Milano Alberto Bonacossa e BMW Milano S.r.l., la filiale di vendita di BMW Italia S.p.A. che commercializza i marchi BMW, BMW Motorrad, MINI e RollsRoyce sul territorio milanese. La concessionaria conta quattro punti vendita e tre punti di assistenza nel capoluogo. A San Donato Milanese, in via dell’Unione Europea 1 si trova il rinnovato Showroom dedicato alla vendita di vetture nuove BMW, MINI e Rolls-Royce. Presso la sede di via Zavattini 4, sempre a San Donato Milanese, sorge invece 38 il Centro Assistenza BMW e MINI e lo Showroom dedicato alla commercializzazione di vetture usate BMW Premium Selection e MINI Next. Chi invece alle quattro preferisce le due ruote, può trovare un’intera struttura completamente destinata alla vendita di moto e scooter BMW in via Ammiano 1 a Milano. Recentemente si è poi aggiunto il punto vendita nuovo e usato e assistenza BMW, BMW Motorrad e MINI in via dei Missaglia 89. “Il legame tra il mondo sportivo e BMW è naturale – ha dichiarato Alessandro Salimbeni, Amministratore Delegato di BMW Milano – ed è fondato sul dinamismo stesso del marchio. In questo senso, ci fa piacere continuare su questa strada e affiancare la nuova iniziativa al consolidato rapporto con la EA7 Olimpia Milano. Inoltre, tale accordo testimonia la nostra volontà di essere sem- pre più presenti nel territorio della città in vari modi, come abbiamo dimostrato recentemente anche con l’apertura della sede di via dei Missaglia”.L’intesa tra la concessionaria e il club tennistico è volta a promuovere i brand del Gruppo attraverso molteplici attività di comunicazione ed eventi congiunti che verranno implementati nel corso del 2013. Il Tennis Club Milano Alberto Bonacossa ospiterà, infatti, l’organizzazione di tre eventi dedicati a BMW Milano. Il primo di questi è già in programma durante il prestigioso Trofeo Bonfiglio (Campionati Internazionali d’Italia Juniores Maschili e Femminili, 18 – 26 maggio), appuntamento di valore internazionale al quale hanno partecipato, da adolescenti, i più grandi campioni di ieri e di oggi. www.bmwmilano.bmw.it design Un’azienda stellata La radio “cubo” TS522 è disponibile nei colori nero notte, rosso, bianco neve, arancio sole, giallo sole, verde menta, a un prezzo di 239 euro. Nel firmamento delle aziende italiane Brionvega è stata certamente una delle più brillanti. Oggi a diversi anni dalla nascita, i suoi oggetti sono vivi più che mai al punto da essere rieditati in chiave hi-tech. Testo e illustrazione di Dino Cicchetti 39 DESIGN 01 02 eccellenza italiana Brionvega è, senza alcun dubbio, una di quei marchi nostrani che hanno lasciato il segno nella storia del design mondiale. Fondata a Milano nel 1945 da Giuseppe Brion e l’amico ingegner Pajetta con il nome B.P.M., si occupava inizialmente di produzione di com- 01. Il televisore Algol di Zanuso e Sapper sempre del 1964. 02 Il “cubo” è acquistabile anche nella versione radiosveglia con un display a cristalli liquidi che permette di impostare la sveglia e di visualizzare l’ora, la data o la temperatura della stanza in cui è posizionata. 40 ponenti elettrici ed elettronici per poi specializzarsi nella realizzazione di apparecchi radiotelevisivi con il nome, prima, di B.P.Radio, poi di Radio Vega Television e infine, negli anni Sessanta di Brionvega. Fin da subito Brion e Pajetta chiamano alla loro corte i migliori architetti dell’epoca che danno forma a televisori Negli anni Sessanta la diffusione delle radio era ormai in declino. La televisione aveva preso il sopravvento lasciando ben poco spazio agli apparecchi concorrenti. Nel dopoguerra in Italia era arrivata la radio e nel 1954, con l’inizio delle prime trasmissioni RAI, arrivò anche il televisore. Nonostante tutto la Brionvega, storica azienda Milanese, decise comunque di investire, impostando fortemente sul design la progettazione dei suoi apparecchi. Dalle mani sapienti di Richard Sapper e Marco Zanuso nasce così la Radio TS 502, ideata nel ’62 e prodotta nel ’64. Meglio conosciuta come Cubo, la radio è composta di due sezioni realizzate in plastica colorata dotate di un’apposita scanalatura, dove passano i cavi di collegamento fra le due sezioni. Da chiusa la radio sembra un parallelepipedo leggermente “arrotondato”, difficile da identificare come una radio e perfetta per ogni tipo di ambiente. Dopo averla aperta grazie a un semplice tasto, le due sezioni si uniscono posteriormente grazie a una piccola calamita, si ottiene così un frontale con i comandi e il diffusore audio realizzato in zama, una lega e radio dal design avveniristico e intramontabile. Arrivano così Bonetto, Zanuso, Sapper, Catiglioni, Bellini, Asti. Quando negli anni Ottanta approda anche Sottsass nel gruppo, Brionvega è già talmente un mito che inizia la riedizione di modelli storici da parte degli stessi designer che li hanno creati. di alluminio. Infine, grazie alla comoda maniglia è possibile portare la radio sempre con sé. Così, mentre negli anni dai suoi altoparlanti veniva fuori prima la voce di Lelio Luttazzi con lo storico programma Hit Parade, poi Alto Gradimento di Bracardi, il Cubo di Brionvega diventava un’icona indiscussa in Italia e all’estero. Oggi la radio è uno dei pezzi più importanti per i collezionisti di modernariato e design, e diversi esemplari risiedono nei più importanti musei d’arte moderna del mondo, incluso il MoMA di New York. Nel 2004 il marchio è stato completamente rilevato dalla Sim2 Multimedia, un’azienda di apparecchi per la videoproiezione, che ha rimesso in produzione tutti i modelli storici della Brionvega, dopo un chiaro aggiornamento tecnologico. Per esempio, al sintonizzatore Fm della radio, digitale, è stato aggiunto un sintonizzatore DAB e un ricevitore Wi-Fi per captare il segnale delle radio in streaming web. Infine si è aggiunta una porta Usb per connettere la docking station per iPhone e iPod, un telecomando e una chicca come il Pause con un colpetto alla testa del cubo. 84 12 style Solid colors calvin klein by marchon Occhiale da sole con forma a scudo, cerniera con logo inciso in metallo e aste in plastica. giorgio vigna Collana in argento con inserti in vetro e rame. herno Blazer in cotone spalmato antipioggia con maxi bottoni. longchamp Bauletto in pelle. Tonalità decise come il giallo sole rendono frizzanti le linee nette e pulite, che strizzano l’occhio al glamour geometrico degli anni Sessanta, della collezione primavera estate 2013 di Michel Kors. di Luigi Bruzzone 42 style Pumps La decolleté è l’accessorio icona di femminilità, è amata dalle donne e fa girare la testa agli uomini. Santoni Dior Pura López Decolleté in coccodrillo lavorazione guanto. Decolleté a punta in tessuto. Decolleté in vitello liscio con punta sfilata. www.santonishoes.com www.dior.com www.puralopez.com Zara Emporio Armani Truth or Dare by Madonna Decolleté in pelle modello People. Decolleté in pelle stampata effetto lizard. Decolleté in pelle sintetica. www.zara.com www.armani.com www.zalando.it Mango Patrizia Pepe Diane Von Furstenberg Decolleté in pelle. Decolleté in pelle effetto metallo. Decolleté in vernice modello Anette. www.mango.com www.zalando.it eu.dvf.com Buffalo Gucci Burberry Shoe Collection Decolleté in vernice. Decolleté a punta in vernice. Decolleté a punta in pelle di serpente. www.sarenza.it www.gucci.com www.burberry.com 43 style Il made in Italy propositivo Nel Dna di Mauro Grifoni, fondatore e direttore creativo dell’omonimo brand, l’attenzione ai dettagli e la riscoperta delle tradizioni artigiane convivono felicemente con la sperimentazione e il coraggio di proporre strategie di comunicazione differenti rispetto allo status quo. di Enrico S. Benincasa 44 style Il vostro brand è presente sia in Italia sia all’estero. Ci sono differenze tra le linee disponibili in Italia e quelle presenti sui mercati internazionali? No, non ci sono differenze. Ed è importante che non ci siano per portare fuori dai confini l’idea e le peculiarità che ci distinguono dagli altri brand. Quindi non c’è nessun tipo di adattamento ai mercati, se non a livello di alcuni fit. Da qualche mese avete aperto uno store ad Amsterdam. Come mai avete scelto la città olandese per questo debutto nord europeo? Olanda, Danimarca, Svezia e gli altri paesi del nord Europa ci stanno dando buone soddisfazioni e Amsterdam è una piazza in costante crescita per noi. Abbiamo trovato questa location e ci è subito piaciuta molto, è stata un’opportunità che abbiamo colto al volo. Volevamo iniziare con una capitale del Nord interessante, e Amsterdam certamente lo è. Avete già in programma prossime aperture? Stiamo valutando diverse opportunità, in particolare in Oriente. In Cina per esempio, abbiamo due corner in shop che stanno funzionando bene. Nel nord Europa abbiamo avviato dei contatti e stiamo valutando l’espansione attraverso queste soluzioni, ideali per far comprendere bene lo styling del brand. So che uno dei suoi luoghi preferiti è il Giappone. È un’altra zona in cui state valutando aperture? Nel Sol Levante siamo presenti da 18 anni, dove vendiamo e abbiamo clienti solidi. È un mercato interessante per noi, perché è competitivo. I clienti giapponesi sono esigenti, anche per via dell’offerta incredibile che hanno. Sono sempre alla ricerca di un prodotto interessante e penso che il nostro lo sia, in quanto incorpora l’italianità salvaguardando comunque un respiro internazionale. L’ultima vostra campagna, che ha come protagonista la modella-fotografa Cate Underwood, è senza dubbio originale perché capovolge quelle che sono le regole non scritte della comunicazione nel mondo della moda. Com’è nata questa idea? Avevamo voglia di cambiare il modo di comunicare, volevamo differenziarci e non entrare in competizione con tutti quelli che fanno campagne in modo, diciamo, “standard”. Conosciamo Cate da tempo e, scambiando delle opinioni con lei, che è anche una modella, ci siamo detti: “Perché non fotografiamo in maniera diversa, con una Polaroid e gli smartphone, senza trucco e parrucco? Perché non andiamo un po’ controcorrente rispetto alla ipertecnologia e al fotoritocco?”. Penso che oggi bisogna togliere più che aggiungere, anche nelle collezioni, per dare un po’ più di chiarezza e allo stesso tempo un segnale forte. Soddisfatti? Assolutamente sì. Fare una campagna con questi mezzi dove è la stessa modella che si fotografa è stata una cosa che ha fatto “chiacchierare”. Lo rifarei senza minimo dubbio. Il recupero delle tradizionali lavorazioni artigianali è nel DNA del vostro brand, così come l’attitudine a speri- mentare partendo da esse. Come comiugate queste due anime, a prima vista differenti? Siamo stati i primi a sperimentare alcuni trattamenti, come la tintura a freddo su felpe, jeans, maglie in cashmere e camicie, già 15 anni fa, o il tessuto agugliato alla maglia, circa 5 anni fa, cose che poi altri hanno riproposto nel giro di due stagioni. Ogni giorno sperimentiamo e proviamo cose nuove, ma non abbiamo voluto sfruttare queste idee per tipizzarci, per essere quelli che sono capaci solo a fare quella particolare lavorazione. Bisogna anche fare attenzione a non generare confusione nel consumatore finale che, da un brand propositivo come il nostro, accetta volentieri più soluzioni e non solo quelle conosciute perché considerate specifiche del marchio. Mauro Grifoni e il made in Italy: cosa occorrebbe fare secondo lei per sostenerlo e promuoverlo? Sono le stesse aziende che dovrebbero aiutare e tutelare il made in Italy. Il sistema deve autoregolamentarsi. Il peso vero rimane sulle spalle dei creativi, sulla loro fantasia. Oggi ci sono dei prodotti fatti all’estero che sono molto vicini ai nostri come qualità, realizzati con costi di manodopera inferiori e ciò ci obbliga a produrre più velocemente per poter competere. Ma la cosa importante è che il made in Italy sia nel Dna e nella testa di chi lo produce. Non è un materiale che lo determina: è la manodopera, il gusto, lo stile che rendono un prodotto italiano degno di questo nome. 45 wheels Auto design week sul web www.bmw.it www.citroen.it www.ford.it www.hyundai-motor.it www.lexus.it www.opel.it www.renault.it 01 La Settimana del Design di Milano non è mai stata invasa come quest’anno dalla presenza del mondo automotive. Un sodalizio nuovo che sta dando ottimi risultati per tutti i protagonisti con e senza ruote. di Andrea Zappa 01. Il rendering dell’istallazione Fluidic – Sculpture in Motion di Hyundai realizzata presso Superstudio Più di via Tortona. 46 Installazioni, mostre, performance e concorsi. Sono innumerevoli i modi con i quali il mondo dell’auto ha sposato quello del design nell’ultimo appuntamento milanese. Fuorisalone e Salone del Mobile hanno visto una partecipazione importante sotto varie formule dei principali marchi automobilistici. Evidenziando una volta di più quanto sia labile il confine tra forme diverse di design e, soprattutto, l’importanza che ha per loro il pubblico di un evento come la Settimana del Design. A fine aprile si è svolta presso il Temporary Store “Adam&You” di Corso Giuseppe Garibaldi 51/A la cerimonia di premiazione degli “Adam Design Award”. Concorso voluto da Opel Italia in collaborazione con lo IED. Gli studenti si sono misurati nella realizzazione di numerosi mood boards dedicati all’Adam, l’ultima urban car prodotta della casa tedesca. Anche Lexus, nel cui DNA il design ha sempre avuto un ruolo importante, ha dato vita alla prima edizione del concorso internazionale “Lexus Design Award”. Il marchio di lusso di Toyota è riuscita a raccogliere 1243 progetti, premiandone 12 il 9 aprile al Museo della Permanente in via Turati 34. Tra i vincitori anche il giovane designer ferrarese Rudy Davi con la sua lampada Klava. Dopo i concorsi è stata la volta delle conferenze: Ford ha organizzato all’interno della Fiera di Rho il dibattito Democratising design & technology. Al Fuorisalone, invece, in via Tortona 37 ha fatto bella mostra di sé, in anteprima italiana, il Suv Ecosport e Applink, il sistema di lettura vocale dei quotidiani sviluppato con Spotify e Kailiki. Hyundai ha invece stupito presso Superstudio Più attraverso l’istallazione Fluidic – Sculpture in Motion, realizzata dallo Hyundai Advanced Design Center in collaborazione con WhiteVoid. L’opera occupava un’area di mille metri quadrati ed era costituita da una nuvola di 12 mila sfere luminescenti: uno spettacolo di luci e laser che, ispirandosi alle forme della natura, creava figure e immagini tridimensionali di grande impatto visivo. Il tutto reso possibile grazie a un particolarissimo sistema tecnologico di scanner 3D che, rilevando il calore e la presenza umana, permetteva wheels 02 03 ai visitatori di interagire con l’installazione. Non da meno BMW che, in occasione di questo evento, si è fatta in due. Alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, ha promosso l’installazione rotante Quiet motion dei francesi Ronan e Erwan Bouroullec, dedicata alla mobilità elettrica. Mentre il marchio Mini ha dato appuntamento ai giovani con l’evento Mini Kapooow! al Paceman Garage di via Tortona, mettendo in bella mostra l’accattivante e ultima nata Mini Paceman. Citroën, invece, parte dall’automobile per arrivare agli arredi, e ispirandosi alla sua aggressiva ed elegante DS3, ha proposto al Salone di Rho un sofà di design. Una raffinata seduta in pelle, le cui linee ricordano la sua vettura di punta. Ha poi presentato il 9 aprile presso 10 Corso Como la Citroën DS3 Cabrio L’Uomo Vogue Limited Edition, il cui primo modello è stato battuto durante un’asta a favore di un’iniziativa internazionale di charity. Il ricavato di 100 mila euro è stato totalmente devoluto a Women Create Life, un progetto che sostiene e promuovere attività in grado di migliorare le condizioni di salute di donne e bambini attraverso l’arte e la cultura. La DS3 Cabrio, quella non in edizione limitata, in media patner con la rivista WU magazine, ha fatto capolino anche in zona Navigli in via Corsico 3 all’interno del temporary store Brandstorming, spazio che accoglie opere di artisti contemporanei, allestimenti ed esposizioni di produzioni dal taglio moderno e industriale. L’auto si integrava perfettamente con gli skyline di carta e luci di Samantha Bonanno, i tavolini luminosi a forma di lettera ricavati da vecchie insegne in metallo e plexiglass di Letterarium, oltre ai pezzi unici d’arredamento di DeSteel.it derivati dalla riconversione dell’utilizzo di macchinari industriali. Non poteva mancare Renault, sempre dedita alla realizzazione di innovative concept car. Il marchio francese ha presentato in esclusiva alla Triennale di Milano la nuova Twin’Z, frutto dell’incontro tra due mondi quello dell’arredamento e dell’automobile. Il designer inglese Ross Lovegrove ha avuto carta bianca nella progettazione dell’abitacolo, sviluppando una visione degli interni molto legata al mondo naturale. Il tetto in vetro stratificato si prolunga nel lunotto, lasciando una totale visione del cielo ai passeggeri. Di grande effetto la tinta blu satinata e trattata come una vera pelle che non sembra verniciata ma piuttosto spalmata, praticamente anodizzata, dando l’impressione di una pigmentazione naturale. Auto futuristiche, auto che diventano oggetti di arredo all’interno di spazi dedicati a lampade e sedie o che divengono, esse stesse, fonte di ispirazione per la creazione di complementi per la casa, l’alta tecnologia degli studi di progettazione dei grandi marchi messa al servizio di installazioni e opere che lasciano incantati: il confine tra il mondo delle quattro ruote e il design non è mai stato così labile. Ma c’è mai stato un confine? 02. La Citroën DS3 Cabrio in esposizione all’interno del temporary store Brandstorming in zona Navigli. Foto di Alessandro Treves. 03. L’evento Mini Kapooow! in via Tortona che ha visto protagonista la Mini Paceman. 47 sport equipment Golf performance Dimenticate kilt, baschetto con pom pom e gilet a losanghe. Dai tempi delle origini di questo sport, la tenuta del golfista è cambiata radicalmente, pur mantenendo lo stile e l’imprinting retrò. di Luigi Bruzzone Il golfista italiano Edoardo Molinari in tenuta Colmar durante un momento di gioco. Foto courtesy Colmar. 48 Della primitiva tenuta per praticare questa elegante disciplina sportiva, sono sopravvisuti ben pochi elementi nel guardaroba del moderno golfista. Possiamo ricondurre immediatamente al gioco del golf e al suo paese di origine – la Scozia, appunto – losanghe e fantasie checked che sono ancora molto utilizzate come motivi identificativi nell’abbigliamento ideato per questo sport. Oggi l’attenzione si concentra sulle esigenze di performance del giocatore, a partire dall’assoluta libertà di movimento garantita dall’attenta progettazione dei capi e dall’utilizzo di materiali con un forte contenuto tecnologico. La ricerca stilistica è infatti indirizzata su tessuti all’avanguardia con proprietà anticalore, antimicrobiche, antivento e impermeabili che permettono al golfista di affrontare nel migliore dei modi gli agenti atmosferici. Questa disciplina, infatti, si pratica a stretto contatto con la natura, e rende lo sportivo soggetto alle più diverse condizioni climatiche. Negli ultimi anni il golf, che sta vivendo di una sempre più grande popolarità a livello mondiale, ha attirato l’interesse di moltissime griffe che hanno sviluppato linee di abbigliamento dedicate. Si tratta di collezioni con forte attenzione allo stile ma anche agli aspetti di funzionalità, che affiancano la proposta di marchi prettamente tecnici come Nike, Adidas e Colmar. Parliamo di collezioni in grado di rispondere alle necessità dei golfisti più esigenti, compresi i professionisti, come per esempio la linea RLX Ralph Lauren, sponsor tecnico del campione Matteo Manassero. Stile e performance si integrano quindi alla perfezione, garantendo al golfista di vestire sul campo in modo impeccabile pur mantenendo un altissimo livello di tecnicità. sport equipment Perfect shot Tecnologia e un guardaroba casual per non sbagliare un colpo sui campi da golf. Bushnell TaylorMade Garmin Telemetro digitale Tour Z6, assicura grande Guanti in pelle con inserti in Lycra, garantiscono GPS da polso Approach S2, con le mappe di oltre precisione nel misurare le distanze sul campo. una presa e traspirazione eccezionali. 30.000 campi di tutto il mondo precaricate. www.bushnellgolf.eu www.taylormadegolf.eu www.garmin.it Colmar Berwich Chervò Pullover in cotone con inserti tono su tono Pantaloni in cotone stretch a quadri con tasche Polo in tessuto tecnico che assicura la massima sui gomiti e girocollo con bottone. alla francese e profili a contrasto. traspirabilità e libertà di movimento. www.colmar.it www.berwich.com www.chervo.com Tommy Hilfiger Tailored Manlio Paradisi The Bridge Borsone da week-end in pelle con chiusura Scarpa da golf bicolore a coda di rondine, in pelle Sacca da golf in cuoio, dotata di numerose tasche a zip, manici e tracolla staccabile. idrorepellente e cuoio con fondo brevettato. e completamente realizzata artigianalmente. eu.tommy.com www.manlioparadisi.it www.thebridge.it 49 overseas Golfisti globetrotter 01 Caraibi, Medio Oriente, Asia, Isole del Pacifico sono solo alcune delle destinazioni in cui l’industria del turismo golf addicted ha dato vita ai migliori campi del momento. Chiudete gli occhi, fate girare il mappamondo e puntate il dito: difficilmente in zona non troverete un 18 buche dove dare sfogo al vostro swing. di Andrea Zappa 01. Alcuni giocatori a piedi lungo una strada statale che attraversa il Nullarbor Links nel sud dell’Australia, il campo da golf più lungo al mondo, circa 1300 chilometri. 50 Il merito della diffusione del golf nel mondo è da attribuirsi agli scozzesi, veri cultori di questa disciplina fin dal XVI secolo. Sembra infatti che, già a partire dai primi del Cinquecento, fossero numerose le fatture pagate dalla tesoreria della corona per l’acquisto di palline e mazze, ma anche per saldare i danni e le scommesse perse durante le gare. Le cronache dell’epoca narrano che lo stesso re di Scozia, Giacomo VI, attorno al Seicento, abbandonava volentieri gli impegni da sovrano per dedicarsi al miglioramento del proprio swing. I campi allora si estendevano spesso, con grande “gioia” dei passanti, anche attraverso spazi pubblici, come giardini, strade e piazze. Fortunatamente non è più così da molto tempo. Nei secoli il golf si è diffuso ampiamente a ogni latitudine dando vita a innumerevoli campi di altissimo livello e svestendosi di quel carattere un po’ elitario che lo aveva contraddistinto fino a qualche decennio fa. Secondo gli ultimi dati sono oltre 50 milioni gli appassionati che ogni anno viaggiano in giro per il mondo con lo scopo di misurarsi sui più suggestivi e performanti green del pianeta. Non a caso il fascino del golf sta, oltre che nell’eleganza e nella tecnicità del gesto, anche nel fatto che è uno dei pochi sport a non avere un campo da gioco standardizzato: sebbene, infatti, alcuni elementi progettuali siano obbligatori per regolamento, ogni campo presenta spesso inedite caratteristiche estetiche e paesaggistiche che lo rendono unico. Le 9 o 18 buche possono trovare spazio in pianura, in collina, così come in montagna o in qualsiasi luogo dove vi sia la possibilità di avere ampi spazi a disposizione. Questo offre agli appassionati la overseas golf in convento Con quasi 80 campi da golf distribuiti in tutto il Paese, e grazie anche a un clima mite quasi tutto l’anno, il Portogallo rappresenta una delle destinazioni top per gli appassionati di questo sport. Nei pressi di Lisbona a Serra de Sintra, c’è il campo di Penha Longa, uno tra i più belli del paese e sede di numerose competizioni a livello europeo. A fianco al fairway un resort di lusso con vista mare, realizzato all’interno di un ex convento. www.penhalonga.com possibilità di muoversi e competere immersi in scenari molto diversi e di grande fascino. La Repubblica Dominicana, per esempio, vanta ormai una lunga tradizione ed è stata recentemente nominata “Golf Destination of the Year per i Caraibi e l’America Latina” dall’Associazione Internazionale dei Tour Operator di Golf (IAGTO). Solo nella capitale Santo Domingo se ne contano tre, ma è soprattutto sul lato orientale della penisola che si ha la massima concentrazione: ben 18 campi dei 28 totali presenti. Fiore all’occhiello tra questi è il Cana Bay Golf Club, perfettamente integrato con l’ambiente naturale, fa parte dell’Hard Rock Palace Casino Golf & Spa Resort di Punta Cana. Le sue 18 buche sono il prodotto dell’immaginazione e della creatività del celebre giocatore Jack Nicklaus. Non da meno le Barbados, con un totale di 8 campi. Il Barbados Golf Club, 18 buche 72 par, è firmato da Ron Kirby, uno dei più rinomati architetti del settore. La presenza di due laghi e di immensi alberi di oltre 25 anni di età, strategicamente piantati lungo il percorso, innalza il livello di gioco, fino a condurre i giocatori al famigerato “Amen Corner” tra le buche 15 e 16. La Clubhouse del campo è una residenza coloniale immersa in uno splendido giardino con una terrazza dalla quale ammirare l’intera area. Un altro campo nominato dagli esperti tra i migliori dei Caraibi, è il Green Monkey (18 buche 72 par), nei pressi dello storico e prestigioso Sandy Lane Hotel. Il nome deriva dalle scimmie verdi che popolano la zona. Ricavato da un’antica cava di calcare a cielo aperto, offre uno scenario unico, dove il bianco delle rocce contrasta con il verde intenso degli ampi fairway e con il blu dei suoi cinque laghi. I golf cart messi a disposizione degli ospiti sono provvisti di GPS che, oltre a mostrare la posizione sul campo e le distanze, offrono suggerimenti sul miglior modo di affrontare il percorso e un sistema per ordinare direttamente al bar bibite e spuntini. Altro paradiso terrestre per i golfisti di ogni livello è senza dubbio El Camaleon Mayacoba Golf Club a Playa del Carmen in Messico. Un campo unico nel suo genere avvolto da una lussureggiante vegetazione tropicale che possiede fairway fiancheggiati da dune di sabbia e mangrovie, cenotes e lagune cristalline. Chi invece non teme gli effetti del jet lag sull’efficacia del proprio swing e ama giocare a bordo di mezze lune di sabbia bianca incoronate da alte palme, può decidere di raggiungere le lontane Isole Cook. Qui si trovano due campi da golf da 9 buche, uno a Rarotonga e l’altro sull’isola di Aitutaki. I locali dicono simpaticamente che alle 51 overseas sul web www.canabay.com www.barbadosgolfclub.com www.sandylane.com www.mayakobagolfclassic.com www.mazaganbeachresort.com www.almoujgolf.com www.nullarborlinks.com 02 02. Ultimo colpo sul green di una delle 18 buche del Great Rift Valley Lodge & Golf Resort in Kenya. Il campo si trova a un altitudine di 2 mila metri ed è circondato da panorami di grande fascino. 52 Cook in realtà c’è un unico campo da 18: “Basta prendere l’aereo per completare il circuito!”. Destinazione molto amata dai golfisti è anche la Malesia che garantisce agli appassionati ben 200 campi di altissimo livello dall’incredibile varietà di percorsi: in montagna, a strapiombo sul mare, nel mezzo delle foreste, nel cuore delle città. Una caratteristica di molti golf club malesi è la possibilità di giocare in notturna, godendo di una temperatura più fresca rispetto alle ore diurne. Per chi cerca panorami mozzafiato, il Great Rift Valley Lodge & Golf Resort in Kenya, premiato con il Certificato di Eccellenza da TripAdvisor, dovrebbe soddisfarne ampiamente questa esigenza. Costruito a circa 2 mila metri di altitudine, gode di uno dei landscape più spettacolari di tutta l’Africa. La vista si estende dalle acque del lago Naivasha al cratere vulcanico del Monte Longonot, fino ai pendii spioventi delle Montagne Aberdare. La Clubhouse offre un raffinato ristorante e due bar con vista sul lussureggiante fairway del campo di circa 6 mila metri. Il prestigioso premio di “Golf Resort 2013” nella categoria “Resto del Mondo”, agli ultimi IAGTO Awards, gli oscar del settore, è stato però assegnato al Mazagan Golf Club in Marocco, campo disegnato dal celebre campione sudafricano Gary Player. Un 18 buche link, par 72, che si snoda lungo tre chilometri di spiaggia seguendo i contorni delle dune circostanti. Chi non ha mai giocato con il vento avrà vita dura su questo campo. Rimanendo in tema di dune, non si può non segnalare il nuovissimo Almouj Golf nel Sultanato dell’Oman. Perfetto sia per principianti sia per esperti si estende per oltre 6500 metri e si adatta perfettamente alle caratteristiche del territorio di Muscat con le sue coste e le sue dune naturali. Restando in Medio Oriente, la compagnia aerea Etihad, mette a disposizione ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, un esclusivo Golf Club in cui poter fare pratica e rilassarsi. I passeggeri possono utilizzare parte delle miglia accumulate come fee di gioco. L’esclusivo Etihad Golf Club garantisce agli iscritti agevolazioni in vari campi nel mondo in base a dove la compagnia fa scalo. Chi invece è uno stakanovista di questo sport e non vuole mai smettere di giocare, può mettere alla prova la resistenza del proprio swing nelle terre aride e sconfinate del Western Australia, affrontando il Nullarbor Links, il campo da golf più lungo al mondo. Più di mille chilometri di tracciato divisi per tappe: sul sito nullarborlinks. com consigliano circa quattro giorni di tempo per arrivare alla fine e di portarsi molta acqua. Chi sa se il re di Scozia, Giacomo VI, avrebbe approvato? WEllness Benessere da green Il prestigio del golf incontra l’eccellenza di terme e Spa nei resort più esclusivi della Toscana, ispirando la mise en place di rituali dedicati. di Simona Lovati terme di saturnia La struttura di fama internazionale, in provincia di Grosseto, ha ideato il Golfer Back Massage, per infondere scioltezza ed elasticità ai muscoli di schiena e braccia. Perfetto anche in coppia. www.termedisaturnia.it La zona termale della Egoista Spa del Principe Forte dei Marmi in Versilia. montebelli agriturismo e country hotel Nell’incontaminata Maremma, i giocatori possono concedersi il meritato relax con una tecnica distensiva, che esercita movimenti di trazione su dorso, spalle e collo. www.montebelli.com argentario golf resort & spa A Porto Ercole (GR), la proposta è il Fairway & Spa Ritual, una metodica specifica per eliminare le contratture alla schiena, seguita da un soin viso idratante di Carita. www.lavithotels.com Non solo club privati per happy few, il golf è un’attività fisica a tutti gli effetti, capace di apportare benefici sia al corpo sia alla mente. La sua pratica, che coinvolge braccia, polsi, spalle, busto, gambe e piedi, consente di rafforzare la tonicità muscolare, bruciare una quantità di calorie superiore rispetto all’allenamento in palestra, aumentare la coordinazione e favorire la concentrazione. Senza contare la possibilità di giocare immersi nel verde, un vero toccasana per rasserenare lo spirito. E poi è adatto a tutti, bambini compresi. Al termine di una partita, niente di meglio che ritemprare le membra grazie a massaggi studiati ad hoc per sciogliere le contratture e fare il pieno di energia, in vista di una sfida sulle 18 buche. Sospeso tra il blu della costa e la maestosità delle Alpi Apuane, il Principe Forte dei Marmi è uno degli indirizzi glam-chic della Versilia. La sua architettura contemporanea è un inno alle linee essenziali. Gli interni sono realizzati in marmo, onice e pordoro, e giocano con le sfumature del bianco, protagonista di tutti gli ambienti, che “si scalda” negli elementi di arredo, declinandosi nei toni di beige e marrone. Nella Egoista Spa, nome evocativo che invita a prendersi cura di sé, gli ospiti possono provare protocolli di bellezza tradizionali e innovativi, come la seduta anti-età con infusione di ossigeno iperbarico puro. La “chicca” è il Quiro Golf Massage, firmato Natura Bissé, un trattamento rilassante, mirato al riallineamento e all’equilibrio corporeo. La sua particolarità consiste nell’esecuzione di manovre di pressione, lente e profonde, con l’aiuto di speciali palline da golf ergonomiche, fatte scivolare e ruotare su muscoli e articolazioni. L’obiettivo è migliorare la flessibilità, calmare la tensione nervosa, dare sollievo agli arti indolenziti, ottimizzare la respirazione e scaricare lo stress accumulato. Il tutto mentre nella cabina si sprigionano gli aromi di un’essenza personalizzata, secondo i gusti del golfista. 53 WEEK - END Profumo di lavanda 01 Molto antica e profondamente legata alle sue tradizioni, la Provenza è una vera terra di mezzo, un piccolo forziere pieno di tesori da scoprire. Tra natura, gastronomia e cultura. di Filippo Spreafico 01. L’abbazia cistercense di Sénanques, fondata nel XII secolo e ancora occupata da una comunità di monaci. Foto courtesy Atout France Emmanuel Valentin. 54 Accade tra il mese di giugno e l’agosto avanzato, a seconda dei giorni di sole, della latitudine, del clima, e come tutte le cose belle è destinata a non durare molto a lungo: è un momento magico e prezioso, che a Valensole, un villaggio con poco più di 3 mila anime nell’Alta Provenza, succede fortunatamente tutti gli anni. È la fioritura della lavanda, uno dei fiori e dei profumi simbolo di questa terra, un evento capace ancora oggi di raccontare una storia antica, fatta di tradizioni, di culture e di persone legate a un territorio ibrido, da sempre a metà strada tra la Francia imperiale e il sole del Mediterraneo, tra la Gallia medievale e Roma. La Provenza è una delle province più antiche d’Oltralpe e la sua storia è presente in ogni villaggio, in ogni abbazia, in ogni campo coltivato a perdita d’occhio: ancora oggi, a soli 200 chilometri dal confine italiano, la regione è meta di un turismo colto e attento, di chi ama il mare ma non le spiagge affollate, di chi desidera un profondo contatto con la natura senza però rinunciare al comfort. L’incredibile ricchezza della Provenza richiederebbe molto più di un lungo weekend per essere assaporata in ogni suo aspetto: la sua fortunata latitudine permette alla regione di essere sempre diversa, mese dopo mese, con territori e paesaggi in costante cambiamento. A partire dalla Camargue. A sud di Arles e a ridosso del delta del Rodano, la Camargue è un lembo di terra unico in tutto Europa, per conformazione e biodiversità: acqua salata e dolce si incontrano tra paludi, praterie e natura incontaminata, diventando un habitat perfetto per numerose specie animali, come fenicotteri rosa e i famosi cavalli bianchi che da questa regione prendono il nome, oggi ancora presenti in piccole mandrie allo stato brado. Non è un caso che la Réserve Nationale de la Camargue sia oggi WEEK - END 02 una delle mete preferite per chi ama i lunghi tour in bicicletta: gli itinerari della Digue à la Mer, delle grandi saline di Giraud o del Parco Ornitologico di Pont de Gau, tutti percorsi attrezzati per accogliere i cicloturisti d’Europa, rappresentano un’eccezionale opportunità per visitare in maniera consapevole ed ecologica una delle zone più belle e ancora autentiche del Vecchio Continente. I dintorni di Avignone e i territori del dipartimento di Vaucluse, nel cuore della Provenza, sono terra di conquista per chi desidera un weekend all’insegna dell’enogastronomia: arroccati tra i villaggi e le valli si trovano i vitigni da cui si produce il celebre Châteauneuf-du-Pape, ancora oggi presentato all’interno di bottiglie marchiate con l’insegna papale. Anche la gastronomia della Provenza può dirsi una sorta di punto d’incontro tra l’Italia e la Spagna: la cousine du soleil, come viene chiamata, mischia influenze liguri a quelle catalane, grazie a specialità come la pissaladière, pizza con olive e cipolle, o la gardiane de taureau, lo stufato di carne di toro. Più ci si avvicina al mare, più il pesce e in particolare i moules, i molluschi, diventano i re incontrastati della tavola: da provare, magari insieme alla ratatouille che rimane uno dei piatti simbolo della regione, anche la bouillabaisse, la celebre zuppa che prevede sia la patria dei ricci Le “Oursinades” si tengono ogni anno alla fine dell’inverno a Carry Le Rouet, un villaggio di pescatori a pochi chilometri da Marsiglia. Nata negli anni Cinquanta, la sagra è oggi un punto di riferimento per tutti gli amanti dei frutti di mare: durante l’evento è possibile gustare a crudo i ricci freschissimi pescati a mano direttamente lungo la costa, con altri molluschi e mitili di stagione. pesce di mare sia di palude. Rimanendo a ridosso della costa, lontano dai fasti e dalla mondanità della Costa Azzurra, delle luci di Cannes e del clamore di Nizza, è possibile scoprire alcune gemme della Provenza, come il villaggio di Saintes Maries de la Mer, sulle cui spiagge e strade il 24 e il 25 maggio viene portata in trionfo la statua della Patrona dei Gitani: un’occasione questa per tutti gli zingari d’Europa, che dopo tanto peregrinare si riuniscono e si incontrano tra balli, fuochi sulla spiaggia, giochi equestri e festeggiamenti. Per chi ama l’avventura e i paesaggi più aspri e difficili, ma non meno incantevoli, il Parc Naturel Régional du Luberon è la meta ideale: chiamato anche il Colorado provenzale a causa delle cave d’ocra di Roussillon e dei canyon della Gola di Régalon, questo territorio è caratterizzato dalla presenza di numerosi villaggi e borghi fuori dal tempo, tra castelli medioevali e abbazie cistercensi. Tra queste ultime, un cenno va dedicato all’Abbazia Notre-Dame de Sénanque, costruita nella prima metà del 1100, ancora oggi abitata da monaci che vivono in solitudine e in silenzio. È proprio qui che accanto all’Abbazia si estendono gli infiniti campi di lavanda, che i monaci, con una tecnica millenaria, lavorano con pazienza per estrarne l’essenza. Proprio come una preghiera. 02. Il Palazzo dei Papi di Avignone, sito all'interno delle antiche mura dei bastioni, vicino al Ponte dei Benezet. Foto courtesy Atout France Jean Malburet. 55 food Palato d’alta quota 01 Viaggio da insider nel Gate Gourmet, l’hangar dell’aeroporto di Zurigo dove gli chef fanno a gara per rendere appetibili i manicaretti destinati ai passeggeri dei voli di linea di mezzo mondo. di Paolo Crespi 01. Servizio in cabina, classe business, durante un volo continentale della Swiss. Tutti i pasti sono preparati con cibi freschi e la supervisione di vari chef nel Gate Gourmet di Zurigo. 56 Mangiare in aereo, si sa, non è sempre un’esperienza gratificante. Al punto che molti passeggeri, soprattutto nei voli a corto raggio (in particolare quelli delle compagnie low-cost, che fanno pagare extra un servizio di ristorazione spesso scadente), preferiscono il fai-da-te in aeroporto o con cibi portati da casa. Ma potendo scegliere il vettore e la classe di volo, giocando tra una buona economy, la business e la first, la faccenda cambia, anche radicalmente. Gli “airline meals”, i pasti da consumare a bordo, sono per necessità organizzative il frutto di una catena di montaggio che deve comprimere le esigenze del palato e quelle della pura sopravvivenza in un vassoietto standard perfettamente equilibrato, in grado di planare integro sulle nostre ginocchia una o più volte durante il volo. Se è compiuta a regola d’arte, questa missione richiede grande professionalità e un lavoro di squadra che solo poche grandi firme del catering internazionale sono in grado di offrire. Per scoprire cosa succede dietro le quinte di una grande “fabbrica” del cibo in volo, abbiamo colto l’occasione del decimo anniversario di “Taste of Switzerland”, il programma della compagnia Swiss che varia ogni tre mesi i menu di bordo di business e first class, affidandoli ogni volta alla direzione di grandi chef stellati, titolari in rinomati alberghi e ristoranti della Confederazione (nella primavera 2013 è di turno Martin Göschel, del Relais & Châteaux Paradies di Ftan, nei Grigioni). La base operativa del programma è Gate Gourmet, la più grande compagnia di catering aereo indipendente del mondo, con quartier generale nell’hub internazionale di Zurigo. Parte di Gate Group (che si occupa anche di comfort e intrattenimento di bordo e servizi accessori come il lavaggio e il de-icing delle aeromobili, compagnia di proprietà americana), l’organizzazione, che opera in 28 paesi nei cinque continenti, con una task-force di 28 mila addetti, distribuisce quotidianamente pasti per oltre 300 milioni di passeggeri, preparandoli secondo protocolli rigorosi in 122 cucine specializzate. Quella di Zurigo è una delle più grandi e attrezzate, su un’area di 29.000 metri quadrati, con 700 persone al lavoro su vari turni, fra cuochi e addetti alla food 02 logistica, e 69 “high loader” (i container mobili che servono a caricare le vettovaglie direttamente a bordo degli aerei). Ogni giorno dal gate gastronomico partono oltre 90 tipi diversi di “special meal”: cibi etnici e diete particolari richiesti dalle diverse compagnie aeree (sono circa 270 quelle servite complessivamente dal gruppo), sulla base delle segnalazioni dei passeggeri in fase di prenotazione. Girando per il Gate Gourmet, con tanto di camice sterile e cuffia per i capelli (obbligatori anche per i pochissimi visitatori autorizzati), la prima sorpresa è l’atmosfera internazionale che vi si respira: alla grande varietà di cibi, ingredienti e metodi di preparazione corrisponde infatti il mix culturale delle persone che lavorano sulle linee di produzione, selezionate in 58 paesi del mondo per garantire, ad esempio, che il sushi sia sfilettato come si deve e che il cibo kosher sia cucinato secondo tutti i crismi della tradizione. Poche cucine al mondo possono permetterselo. Quando gli chef si recano qui per proporre un nuovo menu o sperimentare la fattibilità di un nuovo piatto trovano la collaborazione di una grande “brigata”. malpensa a.d. 2015 “Terzo terzo” è la parola magica, un po’ criptica (è la terza parte finora incompiuta del Terminal 1 dell’originario progetto di Malpensa 2000) che nell’anno dell’Expo rivoluzionerà lo scalo milanese elevandolo a livelli davvero europei. Con il suo completamento vedranno la luce tra l’altro una grande area del lusso e un ristorante stellato sul modello di quelli degli aeroporti londinesi. La specializzazione, insieme alla meticolosità dei controlli (sulla qualità delle materie prime, sull’igiene, sul rispetto delle procedure) è la chiave di volta dell’efficienza della struttura, che ogni giorno, insieme al cibo, di varietà e complessità crescente consegna a hostess e steward anche i quotidiani e i periodici destinati alle diverse classi di volo. Quando si parla di food, i rischi naturalmente sono all’ordine del giorno e i pochi incidenti rilevanti verificatisi in vent’anni di attività sono un buon biglietto da visita. Anche la tecnologia ha un ruolo importante nel Gate Gourmet: perché nulla si perda o “sbagli strada” nei meandri di questa complicata filiera, occorre identificare otticamente e tracciare, una volta completato, ogni singolo vassoio. Un ultimo aspetto centrale, nella complessità di questo delicato meccanismo, è la cura dell’ambiente, perseguita attraverso il sistematico riciclo di Pet: alluminio, stagno, olio, carta e cartone. Come teoricamente dovremmo fare tutti nelle nostre “cambuse”, ma molto più in piccolo. 02. Rifornimento a bordo di un aereo mediante un “high loader” di Gate Gourmet nell’hub di Zurigo. Ogni giorno il servizio consegna migliaia di pasti già porzionati negli appositi vassoi. 57 food Giovanni Ruggieri Non ha ancora trent’anni e il cibo è il suo lavoro da più di un decennio. Ha già lavorato con i più grandi nomi della ristorazione italiana ma non ha alcuna intenzione di fermarsi. Nato a Betlemme e vissuto in Piemonte, da poco più di un anno è a Milano alla guida della cucina del ristorante Refettorio Simplicitas. Tra ingredienti bio e a km zero, la semplicità è il suo obiettivo principale. di Elisabetta Gentile Chi sono i tuoi maestri in cucina? Una persona è stata fondamentale: Alfredo Chiocchetti, lo chef dello “Scrigno del Duomo” di Trento. Mi ha insegnato ad apprezzare, valorizzare e utilizzare tutti i prodotti “limitrofi” al ristorante affinché ci sia la più totale autenticità. E qua al Refettorio ho fatto esattamente la stessa cosa. Ho impiegato un anno intero per selezionare i miei fornitori. Che caratteristiche devono avere? Essere rigorosamente piccoli, produrre nella maniera più vicina possibile a come si produceva a inizio secolo e avere una qualità altissima dei prodotti. La filosofia di Refettorio Simplicitas ha come obiettivo principale la ricerca della semplicità, dell’autenticità e della qualità. Come traduci questi valori nella tua cucina? Per me vuol dire esaltare la tradizione contadina, sgrassarla da tutte le ridondanze e renderla contemporanea. Noi crediamo molto nella frase: “leggerezza con gusto”, ovvero dare sapore cercando 58 di fare eccedere il meno possibile quello che è la parte grassa di un piatto. Ogni giorno nel vostro ristorante proponete un piatto diverso. Cosa vuol dire questo per il tuo lavoro? Occorre avere un approccio totalmente diverso rispetto all’organizzazione di un ristorante classico dove il menù cambia con meno frequenza. È dieci volte più complicato, ma proprio per questo più bello! Stilo il menu 10 giorni in anticipo rispetto alla settimana in cui entrerà in vigore. La mia difficoltà, oltre quella di proporre ricette sempre nuove è assicurarmi che i miei fornitori, dato le loro piccole dimensioni, abbiano la disponibilità dei prodotti. Uno dei vostri punti di forza è offrire menu a prezzi contenuti ma di altissima qualità. Come si coniuga low price, qualità e creatività? In un concetto moderno di ristorazione questa scelta potrebbe essere qualcosa che limita la creatività, perché ci sono tutta una serie di prodotti che non pos- so utilizzare. Se lo si vede da punto di vista della semplicità refettoriale però è bellissimo, perché riesco ad avere un approccio che è totalmente diverso da tutti gli altri ristoratori. Nella tua cucina scegli e utlizzi sempre prodotti bio, biodinamici e a km zero. Ma un posto tutto speciale lo occupano le erbe. Da dove nasce questa passione? Ho sempre amato la natura, sin da piccolo. Con il passare degli anni ho approfondito, studiato e mi sono avvicinato alle prime erbe medicinali, l’ipperico piuttosto che l’assenzio. A nove anni ho fatto il mio primo orto e l’ho portato avanti fino a undici. Anche oggi al Refettorio ne ho uno tutto mio personale, che non è fisico ma “mentale”, reso possibile da tutti i contadini che ho selezionato personalmente e da cui faccio arrivare i prodotti. Quotidianamente e sempre freschissimi. Non troverai mai qui da noi un gambo di sedano molle o del prezzemolo appassito. food La ricetta dello chef Giovanni Ruggeri ci presenta una delle specialità della cucina del Refettorio Simplicitas. Risotto al crescione Ingredienti per quattro persone: un mazzo di crescione, 400 gr di riso carnaroli, vino bianco, parmigiano, olio e sale quanto basta. Tostare il riso con poco olio e salare fino a che i chicchi diventino ustionanti al polpastrello. Sfumare con un generoso bicchiere di vino bianco e sfregolare fino a quando non è evaporato. Bagnare il riso con un acqua appena salata in ebollizione. Tenere il riso sempre ben bagnato e rabboccare d’acqua man mano che la cottura va avanti. Cuocere per dodici minuti. Negli ultimi minuti di cottura mantenere il riso abbastanza asciutto e girarlo continuamente in modo tale da far espellere tutto l’amido. Sfoglia- refettorio simplicitas Nato dalla mente illuminata di Rinaldo Invernizzi, Refettorio Simplicitas è un angolo di pace assoluta nel cuore di Milano. Centocinque coperti, un’ambiente semplice ed elegante all’insegna del silenzio e della ricerca della qualità. Il locale, progettato da Piero Castellini, si caratterizza per l’atmosfera sobria ed essenziale. Pavimento in legno, pareti chiare e vetrate che danno su un meraviglioso giardino interno. Come in ogni refettorio che si rispetti anche qui in via dell’Orso il silenzio è d’oro. E se qualcuno alza la voce, a disposizione dei clienti c’è una campanella che può essere suonata per richiamare all’“ordine” i commensali più rumorosi. Il ristorante milanese è la prima tappa di un progetto di carattere europeo che vede imminenti le aperture a Salisburgo e a Monaco. Via dell’Orso 2, Milano www.refettoriomilano.it re il crescione, sbianchirlo e frullarlo con acqua, olio e sale. Far raffreddare la crema. A cottura ultimata aggiungere olio, parmigiano (una manciata), la salsa al crescione e un altro mestolo di acqua di cottura che ha continuato a bollire. Sbattere violentemente il risotto e renderlo all’onda. Mantecare e servire subito. Eseguire questi passaggi con la massima velocità perché tutte le verdure verdi, dopo due minuti a contatto con il calore, iniziano a perdere il loro colore, rischiando di compromettere l’appetosità della ricetta. 59 Club house Il tennis, visto da vicino Da oltre 15 anni Danilo Pizzorno segue i campioni del tennis mondiale da dietro una telecamera, aiutandoli a migliorare grazie alla video analisi. È una colonna portante del team Piatti e oggi la sua esperienza è al servizio anche dei ragazzi del Tennis Club Milano Alberto Bonacossa. di Enrico S. Benincasa 60 Club house “Non esistono colpi perfetti. Esistono però colpi d'eccellenza, come il dritto di Federer o il rovescio di Djokovic” Come hai iniziato con la video analisi? Ho iniziato circa 20 anni fa, c’era ancora l’analogico. In quel periodo ero al Tennis Club Le Pleiadi, dove ho conosciuto Riccardo Piatti e ho cominciato a sperimentare queste tecniche con i tennisti italiani di quel periodo come Caratti, Furlan, Camporese e Pescosolido. Il mio progetto Video Tennis (www. dartfish.tv/progettovideotennis) ha debuttato nel 2001, con l’avvento del digitale, quando con Piatti seguivamo Ivan Ljubicic, che in quel periodo era entrato nei primi 50 del mondo. Oggi continuo a collaborare con Riccardo, seguendo sia campioni come Gasquet ma anche i ragazzi del Tennis Club Milano Alberto Bonacossa, e collaboro anche con il team Sartori per seguire Andreas Seppi. Quanto è diffusa oggi a livello pro? è diffusa, ma non tutti la usano. Giro i tornei in tutto il mondo e non ci sono tantissimi analisti riprendere le azioni di gioco. So che Murray, Federer e Nadal la usano. Anche Djokovic, che ho seguito in prima persona, continua a utilizzarla. In altre discipline è molto presente. Per darti un metro di paragone, più di 400 atleti che sono arrivati a podio nelle ultime Olimpiadi usavano strumenti di video analisi e Dartfish, la stessa piattaforma che uso io. Dal 2006 al 2012 c’è stato un incremento incredibile, quasi tutte le federazioni usano il supporto visivo e si sono dotate della figura del video analyst. Tecnicamente come si svolge il tuo lavoro con l’atleta? Quando lavoro con un solo un giocatore posso usare più telecamere, altrimenti ne uso una sola e mi sposto. Abbiamo standardizzato delle procedure che riguardano le angolazioni di ripresa, ma rimane un lavoro molto soggettivo, non per tutti funziona allo stesso modo. La telecamera è uno strumento che può essere percepito come molto invasivo. In qualche modo condiziona il lavoro con il tennista? Il giocatore ad alto livello è abituato, con i ragazzi giovani e gli amatori si è più vicini alla sensazione della partita. C’è quindi più contrazione e timore, e lo si nota quando si lavoro sul singolo colpo. In genere viene chiesto al tennista di ripetere 10 volte un servizio o un dritto per poi estrapolare il migliore. In genere è nei primi tre, il 90% delle volte è il primo. Parlando con chi fa tiro a segno o tiro con l’arco, mi è stato confermato che anche nel loro sport è così. I ragazzi di oggi, che sono al 100% nativi digitali, come accolgono l’utilizzo di queste tecnologie applicate allo sport? Viviamo nell’era dell’immagine, le nuove generazioni sono già pronte per interfacciarsi con questi tipi di supporto. Può succedere che i primi step siano di chiusura, ma poi arriva l’apertura totale. Abbiamo notato che giocatori giovani come Quinzi e Donati arrivano ad autoanalizzarsi, tanto sono educati a lavorare con questi sistemi. Riescono a correggersi senza l’aiuto del video analista, sono quasi autosufficienti. Utilizzi mai qualche modello di confronto, magari un colpo preciso di un tennista? In poche parole, esistono dei colpi perfetti a cui fare riferimento? No, esistono dei colpi d’eccellenza come il dritto di Federer o il rovescio di Djokovic. Quando inizio un percorso di video analisi con un ragazzo, propongo un colpo di un tennista che è simile a lui, e poi gli faccio vedere come esegue lo stesso colpo un altro campione. Tutti i giocatori hanno dei passaggi obbligati che sono determinati dalla biomeccanica, e in mezzo a questi passaggi ci sono i particolarismi, che non vanno toccati. Quando questi passaggi sono eseguiti correttamente viene fuori il colpo con la massima fluidità e la massima energia. Qual è oggi il tuo obiettivo? Continuare a lavorare in questo campo, sia con i pro, sia con i giovani, come sto facendo ora con il team Piatti. Se sono arrivato a questi livelli lo devo soprattutto a lui, che mi ha sempre spinto a migliorare e a trovare nuovi obiettivi da raggiungere. Ho tantissimo materiale video archiviato, un giorno mi piacerebbe sfruttarlo per fare un film o un documentario, ma sono sempre impegnato e al momento è solo un’idea. 61 free time Da non perdere... Una selezione dei migliori eventi che animeranno la città e non solo nei prossimi mesi. a cura di Enrico S. Benincasa Jovanotti Dopo la parentesi americana di quest’inverno, fatta di tanti concerti in piccoli club, Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti torna a suonare in Italia, questa volta negli stadi. Il Backup Tour, che prende il nome dall’omonimo progetto discografico uscito a fine 2012, toccherà Milano il 19 e 20 giugno. La prima data è praticamente sold out, qualche biglietto lo si trova ancora online; la seconda ancora no, ma conviene sbrigarsi perché il tutto esaurito non è così lontano. Stadio San Siro il 19 e 20 giugno www.ticketone.it Taste of Milano 2013 Superstudio Più dal 30 maggio al 2 giugno www.tasteofmilano.it Le Grand Fooding Quest’anno l’evento milanese di Le Fooding celebrerà il cibo per quello che ormai è diventato, ovvero un cult. Ecco quindi CULTorama, tre serate culinarie d’eccezione con protagonisti cinque top chef che serviranno i loro piatti iconici dal “bancone” di un truck. Il tutto in un luogo veramente di culto per la Milano by night, ovvero il Plastic. I biglietti saranno a breve in vendita online, come sempre parte del ricavato andrà in beneficienza. Plastic dal 2 al 4 luglio www.legrandfooding.com 62 L’evento dedicato al food di qualità e all’alta ristorazione accessibile a tutti torna per la quarta volta in città. Confermato il posizionamento in primavera inoltrata (le prime due edizioni, 2010 e 2011, si svolsero a settembre), questa volta è la location a cambiare. Saranno infatti gli spazi di Superstudio Più in via Tortona a ospitare l’edizione 2013 di Taste of Milano. Un piccolo fuorisalone del gusto, quindi, al quale parteciperanno 14 chef, tra cui alcune giovani promesse dell’alta cucina che ruoteranno nei quattro giorni della manifestazione. I quattro chef emergenti sono stati scelti dalla prestigiosa associazione Jeune Restaurteurs d’Europe e si affiancheranno a nomi confermati come Andrea Aprea (Vun), Roberto Okabe (Finger’s), Viviana Varese (Alice), Matteo Torretta (Al V Piano) e Andrea Provenzani (Il Liberty). Non mancheranno le novità, come per esempio Luigi Taglienti del Trussardi Alla Scala ed Enrico Bartolini del Devero, a cui si affiancheranno anche numerosi chef ospiti da tutta Italia, impegnati in varie attività durante gli eventi in programma. Parteciperanno a questa festa del cibo milanese anche tantissimi espositori di prodotti e servizi speciali dedicati al food, acquistabili direttamente in loco. I bambini a Taste saranno i benvenuti con un’area tutta dedicata a loro, così come celiaci, vegetariani e vegani: nei menu degli chef non mancheranno opzioni appositamente rivolte a loro. free time Trofeo Bonfiglio 2013 La leggenda del Mago e del Paron Una mostra fotografica dedicata a due leggende dello sport italiano, il “Mago” Helenio Herrera e il “Paron” Nereo Rocco, arriva a Palazzo Reale. A curare il tributo in immagini a questi grandi personaggi del calcio è stato Gigi Garanzini, una delle firme più prestigiose del giornalismo sportivo italiano. La mostra è coprodotta da Skira, che pubblicherà a breve un volume speciale dedicato a questa iniziativa. Palazzo Reale dal 22 maggio all’8 settembre www.comune.milano.it/palazzoreale Tennis Club Milano Alberto Bonacossa dal 18 al 26 maggio www.tcmbonacossa.it Le immagini della vittoria di Gianluigi Quinzi (qui in una foto di Francesco Panunzio) sulla terra rossa di via Arimondi sono ancora ben vive nella memoria di tutti gli appassionati di tennis italiano. Accadeva giusto un anno fa, e oggi il Tennis Club Milano Alberto Bonacossa è pronto a trovare il nuovo “possessore temporaneo” del Trofeo Bonfiglio, gli Internazionali di Italia Juniores che quest’anno giungono alla 54esima edizione. Il torneo milanese è uno dei più importanti appuntamenti mondiali a livello di tennis giovanile, equiparato dagli addetti ai lavori ai quattro tornei del Grande Slam e all’Orange Bowl e arriva in calendario giusto dopo il torneo del Foro Italico. Il trionfo di Quinzi quest’anno potrebbe essere bissato da un altro italiano. Baldi, Donati e Napolitano sono tra gli accreditati alla vittoria finale, ma non sarà una passeggiata: sono molti gli juniores stranieri che contenderanno loro la vittoria finale, primi fra tutti il serbo Milojevic e il croato Coric. In campo femminile puntiamo tutto su Giulia Pairone, che si distinse per grinta e determinazione nel 2012. Come di consueto, l’ingresso ai campi di via Arimondi per assistere alle partite sarà gratuito ma, per chi non riuscirà a essere a Milano, SuperTennis Tv (canale 64 del DDT) coprirà semifinali e finali, mentre grazie alla app Tennis Touch Live Tracker sarà possibile essere aggiornati in tempo reale sui risultati delle partite più importanti. We Own The Night Nike ha organizzato una 10 km notturna per le vie della città (partenza da largo Cairoli) in contemporanea con altre capitali europee come Barcellona, Berlino, Londra, Amsterdam e Parigi. Per partecipare è sufficiente collegarsi al sito e iscriversi, per allenarvi potete unirvi al Red Snakes Running Club, che si ritrova ogni martedì e giovedì al Nike Stadium di Foro Bonaparte o, in alternativa, utilizzare la app Nike + o la nuovissima app NTC. Partenza da Largo Cairoli il 31 maggio www.nike.com/weownthenightmilano 63 free time Colazione da Porsche Un sabato mattina al mese, le due filiali milanesi del marchio tedesco, davanti a un caffè e a una brioche, vi invitano a scoprire il mondo Porsche in maniera insolita e informale. a cura della Redazione di Club Milano coffee and test drive Bere un caffè insieme e ammirare le vetture della gamma Porsche, scoprendo nei dettagli i segreti di queste auto da sogno. Sono le "Colazioni da Porsche", che si svolgono un sabato al mese, alternativamente, in entrambe le filiali milanesi del marchio tedesco. In più, in alcuni appuntamenti, è anche possibile provare Boxster, Cayman o Carrera con gli istruttori della Porsche Sport Driving School. Un invito a colazione il sabato, giorno off per molti di noi, è sempre una cosa gradita. Se poi a invitarti sono i Centri Porsche di Milano, come si fa a dire di no? Dall’inizio dell’anno, un sabato al mese, in entrambe le filiali milanesi della casa di Stoccarda (una è in Via Stephenson, l’altra in Via Rubattino) aprono le proprie porte a clienti e appassionati per offrire loro un appuntamento speciale, con contenuti ogni volta diversi, resi ancor più piacevoli dalla possibilità di degustare un caffè accompagnato da una brioche fresca di forno. Ogni appuntamento, dunque, è caratterizzato da un tema: quello del 20 aprile scorso, ad esempio, svoltosi in Via Stephenson, era dedicato alla sicurezza stradale. Grazie alla collaborazione con la Michelin, i partecipanti, hanno avuto la possibilità di effettuare un controllo degli pneumatici, in vista delle partenze per i “ponti” festivi e i weekend fuori porta a cavallo fra aprile e maggio. Nel primo weekend di marzo, invece, la 64 Colazione ha avuto uno speciale occhio di riguardo per le donne, che i Centri Porsche di Milano hanno omaggiato con un cadeaux per la cura del corpo offerto da L’Occitane en Provence. A contraddistinguere tale appuntamento, così come anche alcuni della “serie”, la possibilità di effettuare un test drive con gli istruttori della Porsche Sport Driving School, scuola ufficiale di guida sicura e sportiva Porsche. Quindi, fra un caffè e una chiacchierata in totale relax, le Colazioni da Porsche sono anche occasioni per scoprire da vicino i modelli della gamma Porsche, particolarmente ricca e completa, cui si è aggiunta a febbraio la nuova Cayman, e, ovviamente, provarli di persona affiancati da istruttori professionisti. Una gamma che, inoltre, quest’anno celebra il 50° anniversario della sua punta di diamante, la mitica 911. L’occasione per festeggiare una delle icone della casa di Stoccarda è alle porte: il 1° giugno, infatti, nella cornice della Coppa Intereuropa Sto- rica, presso l’Autodromo Nazionale di Monza, la 911 sarà celebrata con un programma ricco di attività. La prima, è la parata in pista di tutte le vetture partecipanti. Successivamente, ci sarà una sfilata delle vetture più rappresentative della storia della 911, una mostra con tutte le sette serie nell’area allestita a tema, un contest dedicato ai possessori del modello che premierà la 911 più bella fra tutte e anche alcune categorie “speciali”. Difficile trovare uno scenario migliore per celebrare questo modello, da sempre simbolo d’innovazione ma rimasto comunque fedele agli stilemi che lo contraddistinguono e lo rendono riconoscibile da tutti gli amanti delle quattro ruote, oggi come ieri. Tutte le informazioni sul calendario delle Colazioni e sull’evento “50 anni 911”, dedicato naturalmente agli appassionati possessori di questo modello, sono disponibili sul sito. www.milano.porsche.it network Puoi trovare Club Milano in oltre 200 location selezionate a Milano night & restaurant: Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37 Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Caffè Savona Via Montevideo 4 California Bakery Pzza Sant’Eustorgio 4 - V.le Premuda 449 - Largo Augusto Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11 Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium t7 café - via Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 - P.zza Cavour 7 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis 33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia 28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36 Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 56 Via Tucidide 56 3Jolie Via Induno 1 20 Milano Via Celestino 4 stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia 1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 FNAC Via Torino 45 Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Henry Cottons C.so Venezia 7 Joost Via Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1 La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10 Native Alzaia Naviglio Grande 36 Paul Smith Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rossocorsa C.so porta Vercellina 16 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99 showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 Bagutta Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s Who Via Serbelloni 7 beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24 Adorè C.so XXII Marzo 48 Caroli Health Club Via Senato 11 Centro Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Palestre Downtown P.za Diaz 6 - P.za Cavour 2 Fitness First V.le Cassala 22 - V.le Certosa 21/a - Foro Bonaparte 71 - Via S.Paolo 7 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Romans Club Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni 8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31 hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi 1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le Piave 42 inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di PreSaint-Didier (AO) 65 Colophon club milano viale Col di Lana, 12 20136 Milano T +39 02 45491091 [email protected] www.clubmilano.net direttore responsabile publisher Stefano Ampollini M.C.S. snc via Monte Stella, 2 art director 10015 Ivrea TO Luigi Bruzzone distribuzione caporedattore [email protected] Andrea Zappa editore redazione Contemporanea srl Enrico S. 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