Un caso dubbio, come si vedrà successivamente, è quello dell
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Un caso dubbio, come si vedrà successivamente, è quello dell
Capitolo iii – L’assemblea dei condomini 57 Un caso dubbio, come si vedrà successivamente, è quello dell’approvazione delle tabelle millesimali, laddove un parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che non sussiste una vera e propria competenza assembleare. 4. Lo svolgimento e le decisioni dell’assemblea Superata la prima fase della convocazione e chiariti i contorni delle competenze dell’assemblea, è consequenziale analizzare la seconda e la terza fase dell’iter procedimentale sopra descritto; lo svolgimento e la deliberazione. Queste sono strettamente connesse, rispetto alla prima, in quanto una volta iniziata una discussione non può non decidersi nulla. Così mentre ad una convocazione non necessariamente deve seguire lo svolgimento dell’assemblea, poiché come spesso accade potrebbe non presentarsi nessuno49, lo stesso non può dirsi se l’assise si costituisce e discute sugli argomenti da trattare: in tal caso è naturale conseguenza che si debba giungere ad una decisione. Pure se con il consesso dei condomini si invia la trattazione dell’argomento ad una prossima assemblea, decidendo di non decidere, quella determinazione avrà il valore di una decisione; le decisioni che l’assemblea adotta al termine di una discussione sono dette deliberazioni. Come vedremo oltre esse sono obbligatorie per tutti i condomini. 4.1 La regolare costituzione Il sesto comma dell’art. 1136 recita: “L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione”. Ciò significa che il primo adempimento cui si dovrà far fronte è quello dell’accertamento della regolare costituzione. Prima di analizzare la portata di questa norma, ossia come si verifica che l’assemblea sia regolarmente costituita, è necessario capire a chi spetta tale onere. Sarà buona regola verificare il contenuto del regolamento di condominio, in quanto le disposizioni codicistiche in materia condominiale non disciplinano questo aspetto formale proprio dell’apertura dell’assise. Dalla formulazione dell’art. 67, secondo comma, disp. att. c.c. si desume che l’assemblea debba nominare un presidente. Non vi è traccia della necessità di nominare un segretario, cui compete la redazione del verbale. Secondo la dottrina, che aderisce alla interpretazione giurisprudenziale, la mancata nomina del presidente (e del segretario) non comporta l’invalidità della delibera50. E’ prassi, tuttavia, che, una volta riunitisi, i condomini nominino un presidente ed un segretario. Spetterà al primo verificare se l’assemblea possa deliberare. Ciò comporta lo svolgimento di due operazioni; con la prima si verificherà che tutti i partecipanti al condominio siano stati invitati a parteci La c.d. assemblea andata deserta Cass. 15 luglio 1980, n.4615 49 50 58 il condominio negli edifici pare all’assemblea. In buona sostanza, il presidente dovrà verificare che tutti i condomini abbiano ricevuto l’avviso di convocazione nel termine e nei modi indicati dalla legge51. Appurato ciò si dovrà valutare se gli intervenuti rappresentino le maggioranze richieste dalla legge per poter deliberare. Si tratta dei c.d. quorum costitutivi indicati dall’art. 1136, primo e terzo comma, c.c. Il codice civile, infatti, prevede due tipi di convocazione: la prima e la seconda convocazione. Nel primo caso sarà necessaria la presenza dei due terzi del valore millesimale dell’edificio52 e dei due terzi dei partecipanti al condominio. In seconda convocazione, invece, le deliberazioni saranno valide se adottate da un terzo dei condomini che rappresenti un terzo dei millesimi53. Di queste operazioni deve rimanere traccia nel verbale al fine di consentire a tutti i partecipanti al condominio,assenti compresi, una verifica del rispetto delle formalità attinenti alle verifiche di costituzione dell’assemblea. Il mancato rispetto delle formalità relative alla regolare costituzione dell’assemblea comporta l’annullabilità delle deliberazioni adottate in quella sede54. 4.2 L’ordine del giorno Una volta espletati gli adempimenti preliminari, il presidente dell’assemblea potrà dare inizio alla discussione; per consentire un corretto svolgimento della riunione e permettere a tutti i condomini d’intervenire, il presidente – nell’ambito dei propri poteri d’indirizzo e controllo dell’assise ed anche in assenza di una precisa disposizione del regolamento di condominio – potrà contingentare i tempi dell’intervento purché tale limitazione non comporti una lesione del diritto di ogni condomino di esprimere le proprie ragione sugli argomenti posti in discussione55. Il dibattito si svolgerà sui temi indicati nell’avviso di convocazione. Ogni avviso di convocazione, infatti, deve contenere l’elenco degli argomenti che verranno affrontati in sede di riunione. Questo elenco prende il nome di ordine del giorno56. Approfondire il concetto di ordine del giorno significa, sostanzialmente, rispondere a tre domande: a) è obbligatorio comunicare l’ordine del giorno prima dello svolgimento dell’assemblea?; b) chi ha competenza a decidere gli argomenti da inserire nell’o.d.g.?; c) che cosa succede se l’assemblea delibera su questioni non riportate nell’o.d.g. indicato nell’avviso di convocazione? In prima istanza, dunque, bisogna comprendere se esiste una norma che imponga la comunicazione dell’o.d.g. prima dello svolgimento dell’assem Supra Par. 2.1 Id est 666 millesimi 53 Cioè 333 millesimi 54 Si veda infra Cap. VI 55 Cfr. Cass. 13 novembre 2009, n. 24132 56 Di seguito anche o.d.g. 51 52 Capitolo iii – L’assemblea dei condomini 59 blea e quale sia la ratio di tale norma. Gli articoli del codice civile dettati in materia di condominio57 non contengono una esplicita disposizione che si occupi dell’o.d.g. In virtù del richiamo alle norme dettate in materia di comunione, contenuto nell’art. 1139 c.c., bisogna fare riferimento all’art. 1105, terzo comma, c.c. a norma del quale: “per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione”. Questa disposizione dà la risposta a due dei tre quesiti posti. Soffermando l’attenzione sul primo dei tre è possibile rispondere positivamente, ossia: è obbligatorio informare preventivamente i condomini degli argomenti che andranno ad essere discussi in assemblea. Quest’informazione sarà contenuta nell’avviso di convocazione con lo scopo, evidente, di consentire ai condomini una partecipazione all’assemblea informata e consapevole58. Appurata, dunque, l’obbligatorietà di indicare nell’avviso di convocazione gli argomenti che saranno trattati in assemblea, è consequenziale verificare se esistano delle prescrizioni relative alla compilazione dell’o.d.g. Al riguardo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, ribadendo l’obbligatorietà dell’indicazione dell’o.d.g. nel avviso di convocazione, è costante nell’affermare che lo stesso può essere redatto anche in modo non analitico e minuzioso purché raggiunga il proprio scopo, ossia quello di informare i condomini59. Allo stesso modo per il Giudice di legittimità, “l’accertamento della sussistenza della completezza o meno dell’ordine del giorno di un’assemblea condominiale è demandato all’apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato”60. Compreso come e perché si deve inserire l’o.d.g. nell’avviso di convocazione, bisogna rispondere al secondo quesito, ossia chi decide il contenuto dell’o.d.g.? Per quanto la risposta più immediata sia l’amministratore, bisogna distinguere tra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria, anche al fine di evidenziare alcune criticità in materia. La legge dice che l’assemblea ordinaria deve essere convocata annualmente dall’amministratore61 per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 c.c.62. Ciò significa che l’o.d.g. dell’assemblea ordinaria è, quanto meno parzialmente, stabilito ex lege. Tuttavia l’amministratore è legittimato ad inserire nell’elenco degli argomenti da trattare tutte quelle questioni che ritiene utili affrontare. Si tratta di un potere discrezionale e non vincolato. I condomini, sia in modo informale, sia a livello ufficiale63, possono chiedere l’inserimento di determinate questioni all’o.d.g. Sarà Artt. 1117-1139 c.c. Cfr. A. De Renzis, Trattato del condominio, Cedam, 2001 59 Cfr. tra le altre Cass. 22 luglio 2004, n. 13763 60 Cass. 13 ottobre 1999 n. 11526 61 Supra Par. 2 62 Conferma o revoca dell’amministratore, approvazione rendiconto preventivo e consuntivo, ecc. 63 Es. richiesta scritta 57 58 60 il condominio negli edifici compito dell’amministratore valutare l’opportunità di una loro trattazione ed il conseguente inserimento nell’o.d.g. Per ciò che concerne l’o.d.g. relativo all’assemblea straordinaria, si deve evidenziare come lo stesso sia assolutamente libero da qualunque prescrizione legislativa. In sostanza sarà l’amministratore a dover indicare gli argomenti che verranno discussi in assemblea. Su che basi deciderà l’amministratore? La sua scelta è libera o vincolata? Come si è visto sopra, l’assemblea straordinaria può essere convocata dall’amministratore ogni qual volta ne ravveda la necessità o quando gli venga avanzata richiesta dai condomini64. Stando semplicemente alla lettera della legge, cioè dell’art. 66 disp. att. c.c., sembrerebbe che, tanto nella convocazione di propria iniziativa, tanto in quella avvenuta a seguito di sollecitazione dei condomini, la decisione dell’o.d.g. non soffra vincoli di sorta e sia atto di competenza esclusiva e vincolata dell’amministratore. Una pronuncia, inedita, della Suprema Corte afferma che “poiché il codice civile prevede, all’art. 66 disp. att., che due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio, possono chiedere all’amministratore la convocazione di una assemblea straordinaria, ovvero possono provvedervi direttamente in caso di mancato adempimento alla richiesta, deve ritenersi che alle medesime condizioni possa anche essere richiesto in modo vincolante all’amministratore di inserire argomenti all’ordine del giorno di una assemblea già convocata”65. Tale decisione, per quanto apparentemente logica, non può andare esente da critiche. In primo luogo la richiesta dei condomini ex art. 66 disp. att. c.c. non obbliga l’amministratore a convocare l’assemblea ma crea solamente il presupposto per un’auto-convocazione in caso di rifiuto dell’amministratore a provvedere. In effetti si potrebbe obiettare che non avrebbe molto senso dare seguito alla richiesta di convocazione di un’assemblea formulata dai condomini, per discutere determinati argomenti, inserendo all’o.d.g. altri argomenti, oppure di non inserire quelli richiesti nell’ordine del giorno di un’assemblea già convocata. Tuttavia non si può tacere, pur nel limite del proprio ruolo ma proprio in ragione di questo, che l’amministratore abbia il dovere di valutare la legittimità delle richieste dei condomini. Sarebbe giusto procedere alla convocazione di un’assemblea perché un gruppo di condomini irretiti dal comportamento, magari discutibile ma lecito, di un vicino voglia deliberarne la “messa al bando dal condominio”? E’ evidente che, anche in queste circostanze trova specifica applicazione quel concetto di diligenza del buon padre di famiglia che accompagna lo svolgimento del mandato dell’amministratore. Attenzione che lo deve portare a valutare l’assoluta incompetenza dell’assemblea a deliberare su temi del genere e di conseguenza a declinare la richiesta o quanto meno a non essere vincolato nella scelta dell’o.d.g. Supra Par. 2 Così Cass. 31 ottobre 2008 n. 26336 64 65 Capitolo iii – L’assemblea dei condomini 61 Infine è utile comprendere che cosa succede qualora l’assemblea decida di porre in discussione e deliberare su argomenti che non siano presenti nell’o.d.g. Sul punto occorre fare una distinzione; la risposta al quesito sarà differente a secondo del fatto che in assemblea siano, o meno, presenti tutti i partecipanti al condominio. Nel caso in cui all’assemblea partecipino tutti i condomini e la deliberazione si assunta all’unanimità, anche su questioni non menzionate all’o.d.g., non si potrà parlare di deliberazione viziata in quanto la decisione presa dall’assemblea deve essere inquadrata come un accordo di natura negoziale tra i partecipanti al condominio cui non si applicano le regole previste in tema d’invalidità delle delibere condominiali66. Allo stesso modo, a parere della giurisprudenza di legittimità, indipendentemente dalla partecipazione alla riunione di tutti i partecipanti al condominio la deliberazione di un’assemblea che abbia deciso su argomenti non inseriti nell’o.d.g. non è impugnabile dal dissenziente “nel merito, che non ha preliminarmente eccepito in quella sede l’irregolarità della convocazione”67. In definitiva, la deliberazione assunta su un punto non inserito all’o.d.g. potrà essere sempre impugnata dal condomino assente che ha deciso di rimanere tale e che se avesse saputo che si sarebbe deliberato anche su altro argomento avrebbe optato per presenziare alla riunione68. Per costante giurisprudenza, ribadita dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 4805/05, l’omessa indicazione di un punto all’o.d.g. comporta l’annullabilità e non la nullità delle delibera69. 4.3 La partecipazione all’assemblea: personale o per delega Inquadrate le principali problematiche attinenti all’iter convocazione – svolgimento dell’assemblea è opportuno chiarire chi possa partecipare all’assemblea di condominio. In sostanza, appurato che in una determinata data si svolgerà l’assemblea di condominio, per la quale è stato correttamente convocato, il condomino avrà a disposizione tre opzioni: non partecipare, partecipare personalmente, partecipare per delega. Nel primo e nel secondo caso, nulla quaestio. Nel verbale (infra Par. 6) si darà atto della presenza o dell’assenza. Sostanzialmente simile, seppur con qualche peculiarità è la situazione relativa alla partecipazione per delega. Recita il primo comma dell’art. 67 disp. att. c.c. “Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante”. In pratica il condomino può decidere di partecipare all’assemblea di condominio facendosi rappresentare da una terza persona70. La legge non dice nulla sulla forma della delega, ne sulle norme di riferimento. Secondo Sul punto Cass. 10 ottobre 2007 n. 21298 Così Cass. 20 aprile 2001, n. 5889, in senso conf. Cass. 19 novembre 2009, n. 24456 68 Cfr. Trib. di Napoli 12 ottobre 1995, n. 7020 69 Sui riflessi di tale differenza in tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari si veda infra Cap. VI 70 Sia esso un altro condomino o un estraneo al condominio 66 67 62 il condominio negli edifici la giurisprudenza di legittimità il rapporto tra delegante e delegato è regolato dalle norme sul mandato71. La delega non richiede la forma scritta per quanto è prassi che la stessa venga concessa in tal modo anche per ragioni di certezza. Non esiste un limite al numero di deleghe che ogni condomino può assumere ne sussiste un divieto di delegare l’amministratore. In tal caso, però, per evitare votazioni in conflitto d’interesse72 è opportuno dare indicazioni di voto e non rilasciare una delega in bianco. Ad ogni modo è stata ritenuta legittima la clausola di un regolamento di condominio che disciplini e limiti il modo di concedere la delega73. 4.4 I quorum deliberativi Si è detto, e si dirà oltre, che la deliberazione assembleare è obbligatoria per tutti i condomini. Ciò significa che gli assenti, come i dissenzienti, laddove la decisione si sottragga ad eventuali azioni tese a far accertare l’invalidità, saranno vincolati dalla decisione presa dalla maggioranza. Si pensi, ad esempio, ai lavori di straordinaria manutenzione di notevole entità che, se deliberati con le maggioranza richieste dalla legge, obbligano tutti i condomini a partecipare alle relative spese. Si tratta – è ultroneo sottolinearlo – di un potere in grado di incidere, e non poco, su ogni partecipante al condominio. Proprio per questo il codice civile ha inteso sottoporre l’approvazione delle decisioni assembleari al raggiungimento di determinate maggioranze, parametrate all’importanza dell’argomento oggetto della deliberazione. La scelta del legislatore è stata quella di prevedere una doppia maggioranza, in termini di quote millesimali che devono essere espresse dalla maggioranza dei condomini: si tratta dei c.d. quorum deliberativi. Come è stato efficacemente sottolineato dalla dottrina, “lo scopo del legislatore era, forse, quello di raggiunger un bilanciamento tra il valore delle proprietà individuali ed il numero dei condomini, evitando che la gestione del condominio potesse essere condizionata sia da una minoranza dei condomini in possesso della maggioranza dei millesimi, sia da una maggioranza dei condomini non in possesso di una maggioranza dei millesimi”74. Solo in determinate circostanze e per determinati argomenti - anche al fine di non paralizzare la vita del condominio a causa della scarsa partecipazione di molti alla gestione della cosa comune - si ritiene sufficiente un quorum inferiore rispetto a quello maggioritario richiesto in quasi tutti i casi75. I quorum deliberativi sono sostanzialmente contenuti nelle norme codicistiche. Alcune disposizioni contenute nelle leggi speciali, prevedono delle deroghe alle maggioranze codicistiche. Si tratta di leggi che disciplinano materie di forte impatto socio-economico per le quali il legislatore ha previsto delle agevolazioni in Cass. 26 aprile 1994, n. 3952 Si pensi alla conferma o revoca 73 Cfr. Trib. di Milano 15 giugno 1989 74 R.Triola e .M Andrighetti – Formaggini, L’assemblea di condominio, Giuffrè, 2006 75 Si veda ad es. art. 1136, terzo comma, c.c. e approvazione rendiconto di gestione 71 72 Capitolo iii – L’assemblea dei condomini 63 termini di maggioranze assembleari76. Fermi restando i c.d. quorum costitutivi di cui è stato detto nel Par. 4.1 nella tabella sono riportati i quorum deliberativi più significativi richiesti per l’approvazione di determinati interventi. Maggioranze richieste dalla legge Quorum deliberativi in prima convocazione Quorum deliberativi in seconda convocazione Nomina, conferma e revoca dell’amministratore Liti attive e passive eccedenti la competenza dell’amministratore Deliberazioni concernenti la ricostruzione dell’edificio Riparazioni straordinarie di notevole entità Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e due terzi dei millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi 501 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e due terzi dei millesimi Un terzo dei partecipanti al condominio ed un terzo dei millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi 501 millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Un terzo dei partecipanti al condominio ed un terzo dei millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Un terzo dei partecipanti al condominio ed un terzo dei millesimi Un terzo dei partecipanti al condominio ed un terzo dei millesimi Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500 millesimi Innovazioni Approvazione preventivo e consuntivo di gestione Approvazione del regolamento di condominio Passaggio da impianto centralizzato ad impianti autonomi di riscaldamento (l. 10/91) Eliminazione delle barriere architettoniche (l. 13/89) Installazione antenna satellitare (l. 66/2001) Realizzazione parcheggi sotterranei o al pian terreno (l. 122/88) Si pensi alla normativa in materia di risparmio energetico, di eliminazione della barriere architettoniche, di nuove tecnologie, ecc. 76 64 il condominio negli edifici Non sono state inserite nella tabella quelle deliberazioni che necessitano di un’approvazioni unanime e che, stando al tenore delle disposizioni legislative, sembrerebbero sottratte alla competenza dell’assemblea. Si pensi, ad esempio, alle innovazioni che incidono sul decoro architettonico (si veda art. 1120, secondo comma, c.c.). In questo caso l’assemblea è solo l’occasione in cui si può raggiungere un accordo, il quale più che una deliberazione deve essere considerato un vero e proprio negozio giuridico. Un discorso a parte merita la questione relativa all’approvazione delle tabelle millesimali, per la quale si rimanda al capitolo V. 4.5 Il resoconto dell’assemblea: il verbale Recita l’ultimo comma dell’art. 1136 c.c. “Delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore”77. E’ il c.d. verbale della riunione che l’amministratore deve conservare e consegnare al suo successore in caso di revoca. Si tratta di un documento importante nella vita del condominio in quanto dai verbali si desume la volontà dei condomini relativamente alle varie discussioni, cosa utile per accertare, ad esempio, deliberazioni assunte e mai eseguite ai fini di inquadrare l’operato dell’amministratore78 o, ancora, la ripartizione delle spese nei casi di cessione di un’unità immobiliare79. Non solo, infatti secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione “il verbale dell’assemblea condominiale offre una prova presuntiva dei fatti che afferma in essa essersi verificati, e dunque che spetta al condomino il quale impugna la deliberazione assembleare, contestando la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, di provare il suo assunto”80. In poche parole il condomino che intenda impugnare una deliberazione assembleare è chiamato a dare prova contraria rispetto a ciò che è riportato nel verbale. 4.6 La validità delle delibere Si è detto che l’assemblea può dirsi regolarmente convocata, se tutti i condomini vengono informati, nei termini e nei modi di legge, del luogo, del giorno, dell’ora e dell’oggetto sui cui sarà incentrata la riunione. Una volta riunitisi e verificati questi requisiti, i condomini potranno discutere e deliberare sugli argomenti posti all’ordine del giorno. Se si formeranno le maggioranze richieste dalla legge si avrà una deliberazione valida. Questa, in quanto formalmente e sostanzialmente ineccepibile, sarà obbligatoria per tutti i condomini81e potrà essere eseguita anche contro la volontà di chi si è Art. 1136, settimo comma, c.c. Supra Cap. II 79 Infra Cap. V 80 Cass. 11 novembre 1992, n. 12119, conf. Cass. 13 ottobre 1999 n. 11526 81 Art. 1137, primo comma, c.c. 77 78 Capitolo iii – L’assemblea dei condomini 65 detto contrario. Al solo fine di comprendere la forza che assume una deliberazione assembleare, si pensi che in caso di morosità di uno dei partecipanti al condominio, l’amministratore sarà legittimato ad agire in giudizio per il recupero del credito del condominio e potrà ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea82. 5. La stasi dell’assemblea ed i poteri dell’amministratore Può accadere che l’amministratore di condominio adempia regolarmente al suo mandato, convocando regolarmente le assemblee anche quando richiesto dai condomini, ma che l’organo deliberativo condominiale non riesca a funzionare. I motivi posso essere vari: disinteresse alla gestione dei beni comuni, contrasti tra i condomini, insomma tutte quelle situazioni che generano una stasi decisionale. Che cosa succede se l’assemblea ordinaria, convocata più volte, non riesce a confermare l’amministratore? Ferma restando la facoltà, per ogni singolo condomino, di ricorrere all’Autorità Giudiziaria affinché la stessa proceda alla nomina dell’amministratore c.d. giudiziale (si veda supra Cap. II),egli, come visto, proseguirà nel suo compito in prorogatio. Che cosa succede se l’assemblea non delibera dei lavori straordinari che risultino necessari al fine di salvaguardare la sicurezza dello stabile? In questo caso l’amministratore, ferma restando la necessità di provvedere a rimuovere il pericolo, non potrà far altro che convocare più e più volte l’assemblea fino alla regolare deliberazione dei lavori necessari. Come è stato giustamente sottolineato, l’amministratore ha il compito di eliminare gli effetti del pericolo non anche le cause83. D’altra parte ogni condomino, laddove insoddisfatto dell’attività assembleare potrà sempre adire l’Autorità Giudiziaria; infatti ai sensi del quarto comma art. 1105 c.c. “se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria”. In sostanza, lungi dall’avere potere sostitutivi della volontà assembleare, l’amministratore ha semplicemente il compito di continuare a svolgere il proprio ruolo nel limite delle proprie attribuzioni, cercando, per quanto in suo potere, di essere d’impulso affinché l’assemblea svolga regolarmente il proprio ruolo. 6. L’assemblea e la privacy Partecipare all’assemblea di condominio potrebbe significare venire a conoscenza di questioni e situazione che non tutti i condomini gradiscono che siano Sul punto si veda infra Cap. VI Si veda Cass. pen. 21 maggio 2009, n. 21401 82 83 66 il condominio negli edifici comunicate all’esterno. Si pensi alle assemblee in cui si decide l’affidamento di lavori di manutenzione dello stabile, o alle questioni attinenti controversie giudiziarie verso terzi o, ancora, alle azioni contro condomini morosi ecc. Il problema, dunque, è quello di comprendere quando sia concesso agli esterni prendere parte ad un’assemblea di condominio. Con un proprio provvedimento del 18 maggio 2006 il Garante per la protezione dei dati personali, riprendendo quanto già stabilito nel 2000 ha affermato che “possono comunque partecipare all’assemblea soggetti terzi (ad esempio, tecnici o consulenti) per trattare i punti all’ordine del giorno per i quali i partecipanti ne ritengano necessaria la presenza (cfr. Provv. 19 maggio 2000, cit.); con l’assenso dei partecipanti o sussistendo le condizioni previste da specifiche disposizioni normative (quale ad esempio l’art. 10 della legge 27 luglio 1978, n. 392 sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani) potrà partecipare all’assemblea il conduttore di un immobile del condominio”. Così, ad esempio, un tecnico potrà partecipare all’assemblea per il tempo necessario ad esporre la relazione che gli è stato richiesto di redigere e per rispondere alle eventuali domande di chiarimento. Esaurita la discussione relativamente al punto di sua competenza, salvo l’assenso di tutti i presenti, sarà tenuto ad allontanarsi non sussistendo più ragione alcuna che giustifichi la sua presenza e di conseguenza la conoscenza di fatti del condominio. il condominio negli edifici - Tizio ha acquistato una casa nel condominio Beta sprovvisto di regolamento. Al piano terra, proprio affianco al locale per il portiere vi è una sala che gli è stato detto essere adibita a sala riunioni condominiali. Dal proprio atto d’acquisto e da quello degli altri condomini non risulta alcuna indicazione in merito. La sala dovrà considerarsi di proprietà comune? L’art. 1117 c.c. elenca una serie di beni che devono essere ritenuti di proprietà di tutti i condomini, salvo che il titolo (vale a dire l’atto d’acquisto o il regolamento allegato) non disponga diversamente. L’elencazione non è tassativa ma puramente indicativa. Ciò significa che anche altri beni rispetto a quelli citati possono essere comuni, purché sussista una relazione di accessorietà funzionale e strutturale di questi rispetto alle unità immobiliari di proprietà esclusiva. Nel caso di specie il locale non è tra quelli indicati nell’art. 1117 c.c., pur tuttavia trattandosi di uno spazio destinato a servizi comuni (lo svolgimento dell’assemblea di condominio). La non menzione dello stesso negli atti d’acquisto unitamente alla funzione assolta (quella di permettere lo svolgimento delle adunanze nel condominio) evidenzia come lo stesso debba essere considerato di proprietà comune. Si badi che si tratta di una vera e propria comunione e non di una presunzione di condominialità. La sentenza riportata qui di seguito chiarisce oltre ogni dubbio tale questione. Cass. SS.UU. 7 luglio 1993 n. 7449 Svolgimento del processo Con atto di citazione del 29 ottobre 1980 (...), proprietario dell’appartamento del piano rialzato con ingresso autonomo e annesso giardino, dell’edificio sito in (...), via (...), n. (..), assumendo che i coniugi (...), ai quali apparteneva l’intero primo piano, anch’esso con entrata indipendente e adiacente porzione di giardino, avevano costruito su una parte della terrazza di copertura del fabbricato un manufatto la cui presenza costituiva un impedimento al proprio libero godimento de, bene comune; convenne i medesimi, davanti al Tribunale di (...), chiedendo l’emanazione di una sentenza di accertamento del suo dirit- 142 il condominio negli edifici to di comproprietà della terrazza e di condanna dei convenuti alla demolizione della sopraelevazione e al risarcimento del danno. Inoltre, dichiarò che aveva comprato l’immobile, con atto per notaio (...) dell’otto aprile 1978, da (...)il quale lo aveva acquistato come assegnatario dell’Istituto Autonomo Case Popolari e che ai convenuti la proprietà dell’appartamento - era - stata trasferita da (…), altro - assegnatario dell’I.A.C.P. Costituitosi in giudizio il (…) contestarono la pretesa sostenendo di essere i proprietari esclusivi della terrazza di copertura del fabbricato, sulla quale avevano il diritto di eseguire sopraelevazioni ai sensi dell’art. 1127 del codice civile. Si costituì successivamente (…), chiamata in causa dai convenuti i quali per essere garantiti avevano citato anche (…), altri eredi del defunto, rimasti invece contumaci. Con sentenza del 20 settembre 1986 il Tribunale rigettò sia la domanda principale, sia quella di garanzia. Propose impugnazione il soccombente insistendo nell’affermare che la terrazza era di proprietà comune sua e dei convenuti. Questi ultimi e la (…) resistettero al gravame eccependone l’infondatezza, mentre la (…) e la (…) non si costituirono neanche in questa fase del processo. Con sentenza dell’otto aprile 1988 la Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado avendo ritenuto che la presunzione legale di comunione, sancita dall’art. 1117 del codice civile e basata sulla destinazione all’uso e al godimento comune del bene, era stata superata perché la terrazza per le sue caratteristiche strutturali, pur svolgendo la funzione sussidiaria di copertura dell’intero edificio, costituito soltanto dagli appartamenti delle parti in causa, era posta al servizio esclusivo dell’immobile degli appellati potendo accedersi ad essa dalla scala di quest’ultimo e non anche dal piano rialzato. Il (…) ricorre per cassazione con tre motivi. Resistono con controricorso il (…). Non si sono costituiti la (…) la (…) e la (…). Il ricorso è stato assegnato all’esame delle Sezioni Unite sul presupposto che si sarebbe formato un contrasto tra le sentenze della Corte di Cassazione nell’interpretazione dell’art. 1117 del codice civile, perché la comunione del bene, mentre per alcune di esse sarebbe esclusa dalla sua destinazione all’uso e al godimento di una sola parte dell’immobile, per altre dovrebbe risultare sempre da un atto scritto. Motivi della decisione Con i tre motivi strettamente connessi, denunziandosi la violazione degli art. 1117, 1127 1362 e 1371 del codice civile, 205 e 206 del R.D. 28 aprile 1938 n. 1165, 112, 116, 132, 177, 210 e 213 del codice di procedura civile, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 di quest’ultimo codice, si censura la senten- Questioni pratiche 143 za impugnata per avere la Corte d’appello ritenuto la terrazza di copertura dell’edificio di proprietà esclusiva dei convenuti in base alle seguenti erronee considerazioni: 1) - la terrazza è destinata soltanto al servizio dell’appartamento del (…) e della (…) e manca un titolo da cui risulti, in contrasto con tale situazione oggettiva, la sua appartenenza anche al proprietario del piano rialzato; 2) - la terrazza ha una funzione solo sussidiaria di copertura dell’intero fabbricato; 3) - il Presidente dello I.A.C.P. con la sua nota del 5 marzo 1982 aveva escluso la proprietà comune della scala di accesso alla terrazza e aveva attestato che le spese dell’energia elettrica per la sua illuminazione devono essere pagate per intero dai proprietari dell’appartamento del primo piano; 4) - la comproprietà della terrazza non si deduce nemmeno dall’art. 206del R.D. n. 1165 del 1938, sia perché questa norma fa salvo il caso, come quello in esame, dell’uso esclusivo della terrazza da parte di uno o più condomini, sia soprattutto perché la stessa è inapplicabile essendo stata vinta la presunzione di cui all’art. 1117 del codice civile; 5) - l’art. 10 del regolamento per gli inquilini, richiamato negli atti di acquisto dei due appartamenti, secondo cui “la terrazza serve a tutti gli inquilini del fabbricato e all’uso di essa sovrintende il custode delegato dall’I.A.C.P.,” è inoperante nel caso in esame non potendo accedersi alla terrazza dello appartamento del (…); 6) - la costruzione eseguita sulla terrazza è legittima non avendo pregiudicato nè la statica del fabbricato, nè il suo decoro architettonico. In contrario si sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere che la norma dell’art. 1117 del codice civile è dispositiva, nel senso che definisce comuni le cose da essa indicate, mentre avrebbe dovuto escludere che la stessa preveda una presunzione di comunione di dette cose, potendo la proprietà esclusiva di queste risultare solo da un atto scritto. E, pertanto, nella specie, in assenza di un titolo con cui si fosse attribuita la proprietà esclusiva della terrazza di copertura dell’intero fabbricato ai convenuti, avrebbe dovuto dichiararne la natura condominiale ai sensi dell’art. 1117 n. 1 del codice civile. Si aggiunge che la Corte: a) - non avrebbe potuto ritenere la terrazza di proprietà esclusiva dei coniugi (…) in base alla nota del Presidente dell’I.A.C.P., costituendo questa una semplice comunicazione (atto unilaterale) di un soggetto che non aveva partecipato alla conclusione dei contratti di compravendita dei due appartamenti; b) - avrebbe dovuto ravvisare la comproprietà della terrazza in base allo art. 206 del R.D. n. 1165 del 1938 secondo cui “I lastrici solari e le terrazze, che non siano state originariamente destinate ai servizi comuni anche di altri condomini, costituiscono proprietà comune, ma divisibile soltanto tra i condomini dei piani compresi nella colonna di fabbrica sottostante, a meno che non siano stati in tutto o in parte assegnati in uso o in proprietà ad uno od a più di essi”; c) - avrebbe dovuto valorizzare l’art. 10 del regolamento inquilini il quale è vincolante per tutti i proprietari dello stabile essendo stato richiamato espressamente nei rispettivi atti di acquisto; 144 il condominio negli edifici d) - avrebbe dovuto condannare i convenuti a demolire la sopraelevazione essendosi con la sua costruzione violato, sia l’art. 10 del regolamento degli inquilini, per il quale la terrazza è utilizzabile solo per lo “sciorinamento dei panni”, sia l’art. 1120 del codice civile. Il ricorso è fondato. La norma dell’art. 1117 del codice civile stabilendo che: “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo”, le cose in essa elencate nei nn. 1, 2 e 3, non ha sancito una presunzione legale di comunione delle stesse, come erroneamente si è affermato in alcune sentenze di questa Corte, ma ha disposto che detti beni sono comuni a meno che non risultino di proprietà esclusiva in base a un titolo che può essere costituito o dal regolamento contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall’usucapione. E che la norma non abbia previsto una presunzione risulta non solo dalla sua chiara lettera che ad essa non accenna affatto, ma anche dalla considerazione che nel codice si parla esplicitamente di presunzione ogni qual volta con riguardo ad altre situazioni si è voluto richiamare questo mezzo probatorio (v. art. 880, 881 e 899 cod. civ.). D’altra parte, se con la disposizione dell’art. 1117 si fosse effettivamente prevista la presunzione di comunione, si sarebbe ammessa la prova della proprietà esclusiva con l’uso di qualsiasi mezzo e non soltanto con il titolo. Tuttavia, con le pronunce di questa Corte nelle quali è stato richiamato il concetto di presunzione, non si è inteso affermare che la prova della proprietà esclusiva delle cose comuni di cui all’art. 1117 cod. civ. possa essere fornita con ogni mezzo e non con il solo titolo cui la norma espressamente si riferisce, ma si sono volute escludere dallo stesso complesso delle cose comuni quelle parti che per le loro caratteristiche strutturali risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari di un determinato edificio. In altri termini, ritenendosi in tali decisioni che “la destinazione particolare vince la presunzione legale di condominio alla stessa stregua di un titolo contrario”, benché si sia richiamato erroneamente il concetto di presunzione, del tutto estraneo alla norma dell’art. 1117 civ., s è pero, enunciato anche il principio, indubbiamente corretto, secondo cui una cosa non può proprio rientrare nel novero di quelle comuni se serva per le sue caratteristiche strutturali soltanto all’uso e al godimento di una parte dell’immobile oggetto di un autonomo diritto di proprietà. L’equivoco che dall’espressione adottata in dette sentenze potrebbe tuttavia derivare, consiste nel ritenere che la cd. presunzione legale di comunione possa essere vinta sia dalla destinazione particolare del bene, sia dal titolo, mentre è solo da quest’ultimo che una cosa comune può risultare di proprietà singola, in quanto la destinazione particolare esclude già all’origine che il bene rientri nella categoria delle cose comuni, e che ad esso possa quindi riferirsi la norma dell’art. 1117 del codice Questioni pratiche 145 civile. Come esempio chiarificatore può considerarsi l’ipotesi di una scala che serva per accedere a un solo appartamento dell’edificio condominiale. Non può dubitarsi che essa sia di proprietà esclusiva del titolare di questa unità immobiliare, ma non perché la sua destinazione particolare superi la presunzione legale di comunione, bensì in quanto in tale caso la scala per le sue caratteristiche strutturali non rientra proprio nell’ambito delle cose comuni di cui all’art. 1117 del codice civile. Pertanto, deve ritenersi che il contrasto giurisprudenziale evidenziato non sussiste, come è stato giustamente rilevato anche dal difensore del ricorrente, e si devono solo correggere nei sensi sopra esposti gli errori nei quali le sezioni semplici di questa Corte sono incorse ogni qual volta hanno affermato che la norma dell’art. 1117 cod. civ. contempli una presunzione legale di comunione e che “la destinazione particolare vince la presunzione legale di condominio alla stessa stregua dell’esistenza di un titolo contrario”. Ciò premesso, la Corte d’appello ha ritenuto che nella specie la terrazza di copertura dell’intero edificio è di proprietà esclusiva dei convenuti, sul rilievo che di essa solo costoro hanno la disponibilità potendo accedervi dalla scala che conduce al loro appartamento del primo piano, mentre dal piano rialzato di proprietà del (…) non è possibile salire sulla terrazza stessa in mancanza di una seconda scala. Ma così decidendo la Corte ‘e incorsa in errore, perché, sia per l’art. 1117 cod. civ. sia per l’art. 206 del R.D. 28 aprile 1938 n. 1165 (di contenuto sostanzialmente analogo) i lastrici solari e le terrazze di copertura (che dai primi si distinguono essendo accessibili e protette), a meno che non risultino di proprietà esclusiva in base a un titolo, sono sempre comuni esercitando come superfici terminali la indefettibile funzione primaria di protezione del fabbricato. L’uso della terrazza riservato soltanto ad alcuni condomini non la rende di proprietà esclusiva dei medesimi, perché non determina il venire meno della sua insopprimibile, fondamentale destinazione primaria di copertura dell’edificio. La soluzione della Corte del merito sarebbe stata, perciò, corretta solo se la terrazza si fosse trovata al livello dello appartamento del primo piano. Infatti, la terrazza a livello, a differenza di quella di copertura, è costituita da una superficie scoperta posta alla sommità di alcuni vani e sullo stesso piano di altri dei quali forma parte integrante strutturalmente e funzionalmente, nel senso che per le modalità costruttive, risulta destinata non tanto e non solo a coprire le verticali del sottostante edificio, quanto e soprattutto a dare un affaccio un’ulteriore comodità all’appartamento cui è collegata e del qual costituisce una proiezione verso l’esterno. Il Giudice d’appello, avendo deciso che, a causa della sua destinazione, la terrazza di copertura appartiene soltanto ai proprietari del primo piano, ha omesso di considerare che la medesima svolge la sua funzione fondamentale di copertura - sia - dell’appartamento - dei convenuti, sia - dell’unità - immobiliare dell’attore. Inoltre, a - sostegno - della - sua statuizione ha dato rilievo alla nota del 5 marzo 1982 del Presidente dell’I.A.C.P. che non ha, invece, 146 il condominio negli edifici nessun valore ai fini della prova della proprietà esclusiva, non costituendo la stessa titolo ai sensi degli art. 1117 cod. civ. e 206 del menzionato R.D. del 1938. Infine, erronea perché fondata sul presupposto dell’appartenenza esclusiva della terrazza ai convenuti, è la decisione con cui la Corte del merito ha ritenuto la liceità del manufatto su di - essa - costruito, e - tale - questione dovrà, quindi, essere riesaminata in base al principio secondo cui la terrazza di copertura dell’intero fabbricato è di proprietà comune di tutti i condomini. Consegue - che - si - deve - accogliere - il ricorso, cassare la sentenza impugnata e rinviare la causa per un nuovo esame ad altra sezione della stessa Corte d’appello, la quale, oltre a provvedere sulle spese di questo giudizio, si adeguerà, nel decidere, al principio di diritto secondo cui: “Salvo che il contrario non risulti da un titolo, le terrazze di copertura dell’intero edificio sono oggetto di proprietà comune di tutti i condomini”. p.q.m. la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Bari. Roma 21 maggio 1993. - Chi deve essere considerato condomino al fine della corretta comunicazione delle questioni inerenti la gestione del condominio (es. convocazione assemblea, richieste di pagamento, ecc.). Che cosa si intende per condomino apparente? Per avere certezza di indirizzare correttamente le comunicazioni concernenti questioni condominiali, è necessario comprendere quale significato si debba dare al termine condomino e quali siano le situazioni giuridiche riconducibili al soggetto che viene considerato tale. A livello tecnico-giuridico con il termine condomino si individua il proprietario dell’appartamento sito in condominio. Ciò significa che l’unico soggetto legittimato nei rapporti con il condominio è il proprietario. Tale assunto trova giustificazione anche nella natura delle obbligazioni legate ad un immobile, le quali vengono dette obbligazioni reali (o propter rem), cioè seguono automaticamente il trasferimento del diritto reale. In sostanza, per fare un esempio, le spese condominiali non potranno mai essere chieste ad un inquilino in quanto questo soggetto non potrà essere considerato condomino nell’accezione sopra specificata (infra Cap. V). Quando si parla di condomino apparente, si intende riferirsi al soggetto che, sulla base di un proprio comportamento protratto nel tempo, può indur- Questioni pratiche 147 re altri soggetti a considerarlo come il proprietario. La Corte di Cassazione è intervenuta nel 2002 con una pronuncia delle Sezioni Unite chiarendo in modo preciso e puntuale perché il principio dell’apparenza non possa essere invocato nei rapporti condominiali. In sostanza ha messo da parte la figura del c.d. condominio apparente. Cass. SS.UU. 8 aprile 2002, n. 5035 Motivi della decisione 1. Con i tre motivi di cui si compone la impugnazione i ricorrenti denunciano: a) violazione degli artt. 1123 c.c., 63 disp. att. c.c., 630 n. 1 c.p.c., nonché violazione dei principi generali di diritto in ordine alla legittimazione passiva delle parti. Assumono che in tema di ripartizione delle spese condominiali è passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale per il recupero delle quote di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e non, anche, chi possa apparire tale, difettando nei rapporti fra condominio, che è ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela del terzo in buona fede; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c.; c) violazione dell’art. 360 n. 5 per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ai criteri da adottarsi per pervenire all’interpretazione del patto di cui all’art 2 dell’atto notaio (…), e alla sua interpretazione; d) violazione e falsa applicazione degli artt. 1118 e 1123 c.c., 360 n. 1 c.p.c. Sostengono i ricorrenti che la sentenza non contiene motivazione in ordine alle ragioni per le quali non si potesse, come richiesto, procedere ad interpretazione letteraria del patto in base al quale è stato escluso tra venditore ed acquirente il pagamento delle spese di condominio. e) violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa pronuncia in relazione al punto relativo all’opponibilità al Condominio del patto di cui all’art. 2. Rilevano i ricorrenti che il Tribunale, benché con il secondo motivo di gravame gli appellanti avessero censurato la sentenza sul punto in cui afferma che il patto non era opponibile al Condominio, ha omesso ogni pronuncia sul punto. 2. In relazione alla questione sottesa al primo mezzo impugnatorio - se in tema di ripartizione delle spese condominiali sia passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale per il recupero delle quote di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare ovvero chi possa apparire tale - la causa è stata, come detto, rimessa all’esame di questo Collegio per composizione di contrasto di giurisprudenza. 3. Il denunciato contrasto effettivamente sussiste perché mentre un orientamento giurisprudenziale (per la verità più remoto e quasi superato, ma di 148 il condominio negli edifici recente riproposto unicamente da Cass. 20/3/1999 n. 2617) è nel senso che debba continuare ad essere sottoposto al pagamento degli oneri condominiali il venditore di una unità immobiliare facente parte dell’edificio condominiale, il quale, pur dopo il trasferimento della proprietà, ha continuato ad esercitare i diritti apparenti del condomino (Cass. 14/2/1981 n. 907; 16/11/1984 n. 5818; 1/9/1990 n. 9079); altro, e più attuale, indirizzo giurisprudenziale, invece, al contrario ritiene che obbligato al pagamento delle spese condominiali, e quindi legittimato passivo, sia il vero proprietario della porzione immobiliare (Cass. 3/4/2001 n. 4866; 19/4/2000 n. 5122; 8/8/1998 n. 6653; 27/6/1994 n. 6187). 4. L’orientamento giurisprudenziale, che ritiene l’applicabilità del principio dell’apparenza del diritto nei rapporti tra condominio e condomino, si fonda sulle seguenti considerazioni. 4.a. Innanzitutto rileva che lo stesso legislatore ha riconosciuto il principio in questione alcune volte in modo espresso (come ad es. per gli acquisti a titolo oneroso dall’erede apparente (art. 933 c.c. abr.; 534 c.c. vigente);per il matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile (art. 113 c.c.); per il pagamento fatto al creditore apparente (art. 189,1° comma, c.c.), altre volte per implicito (ad es. negoziazione di titoli di credito, acqui sto di beni mobili, obbligazioni assunte dai soci di società apparente etc.). Il principio è stato, quindi, esteso ed applicato, per ragioni di necessità che affiorano nella pratica, alle situazioni oggettive nelle quali il terzo si sia dimo strato inconsapevolmente indotto a confidare nella rispondenza al diritto della situazione esteriorizzata. In particolare, il principio dell’apparenza ha trovato applicazione nel campo dei diritti reali prima ancora che in altri campi, come dimostra l’istituto del possesso, che ab antiquo è riconosciuto e tutelato, senza riguardo alla titolarità del diritto, come espressione di un potere di fatto, esercitato come diritto di proprietà o altro diritto reale. Lo stesso si deve dire per la concessione di ipoteca da parte del proprietario apparente, ai fini dell’iscrizione e della trascrizione, che può prevalere sul diritto dell’effettivo proprietario. 4.b. Osserva poi l’orientamento in esame che i concetti di pubblicità e di apparenza, che rilevano nel caso di specie, e, che sembrerebbero inconciliabili, non lo sono, in effetti, in modo assoluto, perché, nonostante la prima consenta ai terzi di accertare la realtà giuridica di una situazione determinata che - indipendentemente dall’uso errato o fraudolento degli strumenti pubblicitari - può anche non coincidere con quella effettiva, in ogni caso la pubblicità non impedisce che su di essa possa venire a innestarsi una situazione derivata che, nel complesso dei suoi elementi costitutivi, consenta di ravvisare l’esistenza di circostanze idonee a generare il legittimo convincimen to del terzo di essere entrato in rapporto con l’avente diritto. Esplicitando meglio tale concetto, l’orientamento giurisprudenziale in esame rileva che la configurazione dell’apparenza richiede necessariamente il concorso di Questioni pratiche 149 due condizioni: quella di uno stato di fatto formalmente rispondente a una realtà giuridica, e l’altra, del giustificato convincimento del terzo che le due situazioni coincidano. A fronte di ciò può dirsi, in generale, che la tutela dell’apparenza del diritto non può essere invocata da chi abbia trascurato di accertare sui pubblici registri, contro ogni norma di avvedutezza, la situazione giuridica, appunto perché la pubblicità, dov’è imposta, ha la funzione di rendere nota ufficialmente la posizione che ne forma oggetto. Questo, tuttavia, quando il nesso sia diretto; quando, invece, il rapporto negoziale non riguarda la situazione giuridica resa pubblica, perché si riconduce ad, essa solo in via mediata, il riferimento alle risultanze dei pubblici registri viene a perdere il suo carattere determinante, dal quale deriva l’onere dell’accertamento, per declassarsi a semplice indagine cautelativa, che può risultare anche ultronea rispetto alle esigenze della pratica del diritto (Cass. 16/11/1984 n. 5818). 4.c. La fattispecie complessa che viene a configurarsi nel caso dei rapporti tra condominio e condomino per quanto concerne le somme dovute da quest’ultimo, frapponendosi tra la pubblicità e la situazione di diritto apparente, allenta, o interrompe, addirittura, il legame fra i due elementi, consentendo di invocare utilmente il principio dell’apparenza come discriminante dell’errore, quando assume rilevanza giuridica autonoma (Cass. 1/9/1990 n. 9079; 14/2/1981 n. 907). 5. In dottrina gli autori che sostengono l’applicabilità della tutela dell’apparenza nei rapporti tra condominio e falso condomino, svolgono le seguenti considerazioni. 5.a. L’apparenza non è un fenomeno patologico che assume rilevanza solo in ipotesi eccezionali perché, al contrario essa può essere riconosciuta quale canone generale dell’ordinamento applicabile, quindi, per analogia. 5.b. La certezza del diritto presuppone che sia possibile portare a conoscenza della generalità ogni situazione giuridicamente rilevante, come non è in effetti, e come non appare nemmeno realizzabile, in molti casi, a causa della molteplicità dei rapporti giuridici esistenti e della rigidità insita in ogni sistema di pubblicità legale. In tal senso è stato osservato che la imperfetta organizzazione del sistema di pubblicità nel diritto italiano e l’insufficiente sviluppo degli strumenti del formalismo giuridico rendono necessario un mezzo che supplisca a cedeste deficienze, garantendo la tutela di interessi considerati eminenti. 5.c. L’esigenza di tutelare l’amministrazione condominiale che ha fatto ragionevole affidamento su una situazione manifesta ha portato ad attenuare il rigore del collegamento fra il potere di disposizione del diritto ed il suo titolare, riconoscendo la rispondenza alla realtà giuridica della situazione apparente quando l’accertamento della titolarità venga a risolversi in un intralcio alla circolazione dei beni e alla costituzione dei rapporti giuridici, tanto più che il comportamento posto in essere da chi si presenta come condomino senza 150 il condominio negli edifici esserlo si pone in violazione dei doveri di correttezza e di informazione all’interno del condominio. 5.d. Nell’ambito dei diritti reali l’apparenza è di remota applicazione come dimostra la disciplina del possesso, tutelato anche contro l’effettivo proprietario come espressione di un potere di fatto esercitato come diritto di proprietà o altro diritto reale. 5.e. Il mancato controllo nei pubblici registri della posizione di proprietario del presunto condomino, da parte dell’amministratore condominiale, non è di ostacolo alla invocabilità del principio dell’apparenza del diritto, giacché questa può essere fatta valere anche quando la situazione apparente non coincide con quella risultante dai pubblici registri, ove non viene in rilievo direttamente, ma solo come presupposto di una fattispecie complessa, rilevante autonomamente sul piano giuridico, addotta per giustificare l’errore del terzo di buona fede. La pretesa fatta valere dall’amministratore, infatti, riguarda l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria connessa con la titolarità del diritto di proprietà, e non questo diritto di per sé, o nei suoi riflessi reali. In altri termini i rapporti relativi al pagamento delle spese condominiali per l’utilizzazione delle parti comuni che accedono all’unità immobiliare di proprietà individuale non concernono in via primaria e diretta l’avvenuto trasferimento della predetta unità immobiliare, sicché le risultanze dei registri immobiliari sono rilevanti solo in via mediata, perdendo quel carattere determinante dal quale deriva l’onere dell’accertamento che può anche risultare ultroneo rispetto alle esigenze della gestione delle spese condominiali. 5.f. Ulteriore riscontro del fatto che la materia degli oneri condominiali, sebbene connessa con il diritto di proprietà, non integra una situazione di diritto reale, è costituito dal fatto che il pagamento effettuato per più anni in base a tabelle apparenti, perché non corrispondenti all’effettivo valore delle proprietà individuali, da luogo alla vigenza delle tabelle stesse, approvate per fatta concludentia, senza alcuna forma ad substantiam e senza dover verificare l’effettiva corrispondenza tra i millesimi corrisposti e quelli effettivamente dovuti in base al valore della proprietà secondo il disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. dello stesso codice. 6. L’opposto orientamento giurisprudenziale afferma, invece, che in tema di ripartizione delle spese condominiali è passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale per il recupero della quota di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire tale, difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, coessenziale alla tutela di terzi in buona fede (Cass. 8/7/1998 n. 6653). 6.a. Si è a tale proposito rilevato che il principio dell’apparenza del diritto è collegato alla esigenza di tutelare l’affidamento incolpevole, e, cioè, la buona fede del terzo, che, senza sua colpa, abbia fatto affidamento su una Questioni pratiche 151 determinata situazione, esistente però solo in apparenza, alla quale, quindi, al di fuori dell’applicazione del principio in argomento, non potrebbe collegarsi nessun effetto giuridico, con grave pregiudizio del terzo, cui, in tesi, non è addebitabile un incauto affidamento. Caso tipico di applicazione del principio suddetto è quello dell’apparente rappresentato, il quale si sia comportato nel mondo esterno in maniera tale da ingenerare nel terzo la convinzione plausibile e ragionevole della effettiva sussistenza della rappresentanza: in tal caso, in forza del principio dell’apparenza del diritto, l’apparente rappresentato è tenuto a far fronte agli obblighi assunti in suo nome dal falsus procurator (in effetti, al di fuori dell’applicazione del principio dell’apparenza del diritto, gli obblighi assunti dal falsus procurator in nome altrui non sorgerebbero ne in capo al falsus procurator, non avendoli lo stesso assunti in nome proprio, ne in capo all’apparente rappresentato, mancando la rappresentanza, con la conseguenza che il terzo in buona fede resterebbe pregiudicato nei suoi diritti e nei suoi interessi, per aver confidato, senza sua colpa, nella validità e nella efficacia di un contratto). Altro caso tipico di applicazione del principio in discorso è quello della c.d. società di fatto che, ancorché non esistente nella realtà dei rapporti giuridici, può apparire come tale di fronte ai terzi, quando due o più soggetti agiscano nel mondo esterno, in modo da determinare la opinione che essi siano soci: in questo caso, sempre per la esigenza di tutelare la buona fede del terzo, questi, che senza sua colpa abbia fatto affidamento sulla esistenza effettiva di un rapporto societario fra alcune persone e sia venuto in rapporto con una di queste che abbia agito in nome e per conto della società, potrà sempre invocare la responsabilità illimitata e solidale di tutte quelle persone che operavano in modo da apparire legate da un effettivo vincolo sociale (Cass. 27/6/1994 n. 6187). 6.b. Nel caso, invece, del rapporto tra il condominio ed il singolo condomino (proprietario esclusivo di singole unità immobiliari dello stabile condominiale), in ordine al pagamento, da parte di quest’ultimo, della sua quota di spese sostenute per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, owero per la prestazione dei servizi nell’interesse comune o per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, non si pone affatto una esigenza di tutelare al riguardo l’affidamento incolpevole del condominio e, quindi, di dare, a tal fine, corpo e sostanza ad una situazione apparente per non pregiudicare il condominio medesimo (Cass. 19/4/2000 n. 5122). Invero, a prescindere dalla considerazione che il condominio non è terzo ma una parte del rapporto, in tal caso, non può, ai fini della tutela della buona fede del condominio, sorgere la necessità di collegare effetti giuridici ad una situazione apparente, come è nei casi esemplificati sopra, nei quali, se non si collegassero effetti giuridici alla situazione apparente, il terzo incolpevole non vedrebbe sorgere il rapporto sulla cui esistenza e validità aveva senza sua colpa confidato. Il rapporto giuridico tra il condominio e l’effettivo 152 il condominio negli edifici singolo condomino, proprietario esclusivo della unità immobiliare, esiste, infatti, in ogni caso nella realtà, essendo previsto dagli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. di detto codice, e trattasi di un rapporto che, risultando da una situazione obiettiva quale è quella della proprietà delle varie unità immobilia ri, non può essere influenzato dal comportamento di alcuno, rispetto al quale è oltretutto anteriore. 6c. Si è pure osservato che paradossalmente, nel caso di rapporti tra condominio e condomino, con la pretesa applicazione del principio dell’apparenza del diritto, si determinerebbe una situazione in un certo senso opposta a quella che si verifica nei casi della società apparente e dell’apparente rappresentato: in questi, infatti, non esiste un valido ed effettivo rapporto e, per la tutela dell’affidamento e della buona fede del terzo incolpevole, si deve attribuire rilevanza giuridica ad una situazione meramente apparente; nel caso in esame, invece, esiste, nella realtà giuridica un effettivo rapporto e lo si mette in non cale in forza di una situazione meramente apparente, da cui, senza necessità alcuna, si fa discendere un rapporto dello stesso contenuto (peraltro non assistito da garanzie come quello effettivo). Il fatto che il condominio, per errore determinato da un comportamento altrui, possa avere intrapreso una iniziativa giudiziaria, può valere ad altri effetti e determinare semmai altre responsabilità ed in altre direzioni, ma non può portare a porre, a carico di un soggetto un obbligo che, invece, la legge pone a carico di un altro soggetto, esistente e bene individuato in base ad un rapporto oggettivo (Cass. 27/6/1994 n. 6187). 7. La dottrina che commenta favorevolmente l’orientamento giurisprudenziale volto a negare la possibilità di applicare il principio dell’apparenza in tema di pagamento di spese condominiali, chieste dall’amministratore all’apparente condomino, svolge le seguenti considerazioni. 7.a. Innanzitutto sostiene che non è possibile superare il limite sempre riconosciuto dell’operatività del principio dell’apparenza per tutti quei casi in cui l’ordinamento attribuisce valore costitutivo, probatorio o anche di semplice notizia ad un particolare sistema di pubblicità diretta a rendere nota ai terzi una determinata situazione giuridica sulla quale possono fare legittimo affidamento. Pubblicità e apparenza sono infatti istituti che si completano l’un l’altro, rispondenti alle medesime finalità di tutela dei terzi di buona fede; ma proprio perché tendenti alle stesse esigenze pratiche, logica vuole che dove opera la prima non abbia più ragione di operare la seconda. La tutela dell’apparenza non può infatti tradursi in un indebito vantaggio per chi abbia trascurato di accertarsi della realtà delle cose, preferendo affidarsi alla parvenza dei fatti. La titolarità del diritto reale rimane dunque la posizione giuridica essenziale e maggiormente rilevante, sia pure come presupposto determinante in una fattispecie più complessa; e non si vede come possa riconoscersi rilievo alcuno alla situazione giuridica apparente, in contrasto con quella risultante dai pubblici registri, senza mettere in forse la stessa validità e vigenza di tutto il sistema di pubblicità. Questioni pratiche 153 7.b. Richiama poi i principi di carattere generale elaborati in tema di tutela dell’apparenza del diritto secondo cui apparenza e pubblicità sono - e insieme con altri - strumenti concorrenti di tutela giuridica di una medesima esigenza pratica in relazione alla quale la c.d. apparenza assume la funzione di mezzo complementare, per cui là dove la pubblicità si attua pienamente e compiutamente, deve escludersi ogni autonoma tutela dell’apparenza, comunque venga intesa. Infatti, quando la legge con i normali sistemi di pubblicità consente al contraente di accertarsi del vero stato delle cose, non è necessario alcun principio che protegge la buona fede del terzo, il quale faccia affidamento su di una situazione apparente. Pertanto la pubblicità è un limite all’efficacia dell’apparenza. E questa affermazione trova puntuale riscontro nel costante orientamento della giurisprudenza secondo il quale il principio dell’apparenza del diritto non può essere invocato quando la situazione che si pretende apparente sia in contrasto con situazioni giuridiche risultanti dalla pubblicità legale. L’apparenza è infatti uno strumento elastico idoneo a penetrare nei campi in cui il formalismo giuridico non ha avuto la possibilità di esplicarsi, e mira a proteggere l’interesse dei terzi tutte le volte in cui essi non hanno una dichiarazione formale su cui poggiare e tuttavia sono stati tratti in inganno da una situazione di fatto che abbia manifestato come esistente una realtà giuridica inesistente. 7.c. La dottrina che esclude la tutela dell’apparenza del diritto ai rapporti tra condominio e condomino apparente rileva ulteriormente che non può attribuirsi al conduttore di un’unità immobiliare la qualità di condomino per il solo fatto di avere egli partecipato alle assemblee condominiali, diritto che, peraltro, gli è riconosciuto dall’ari 10 della 1. n, 392 del 1978; tale norma si limita a prevedere solo una legittimazione del conduttore alla partecipazione alle assemblee condominiali relative a determinate materie, con diritto di voto o di intervento nelle relative delibere e non una legittimazione passiva del conduttore nei confronti del condominio in ordine al pagamento degli oneri condominiali. Il nostro legislatore non prevede una azione diretta del condominio nei confronti del conduttore di una unità immobiliare. L’unico caso in cui potrebbe sussistere una obbligazione del conduttore nei confronti del condomino sarebbe quello in cui il conduttore, d’accordo con il locatore, si fosse accollato (con un accollo esterno) i pagamenti da effettuare periodicamente all’amministratore, sempreché anch’egli avesse aderito a tale convenzione a norma dell’ari 1273 c.c. o ne fosse stato comunque a conoscenza. La legge n. 392 del 1978 non ha, nei confronti del condominio, aggiunto al debitore originario (il condomino) un altro debitore (il conduttore), ma ha soltanto voluto disciplinare i rapporti tra conduttore e locatore. 8. Ritiene il Collegio che, valutate tali opposte prospettazioni e le rispettive argomentazioni, le quali, peraltro, più che fronteggiarsi (come in taluni momenti pur è avvenuto) in termini di radicale contrapposizione hanno, tendenzialmente, piuttosto, espresso una evoluzione, per aggiustamenti successivi, di 154 il condominio negli edifici una linea interpretativa, la questione di contrasto, per quanto e nei limiti in cui episodicamente ancora si ripropone, debba comporsi in conformità del riferito più recente indirizzo che perviene ad escludere l’applicazione del principio dell’apparenza del diritto nei rapporti tra condominio e condomino, nel senso che in tema di ripartizione delle spese condominiali è passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziaria promossa dall’amministratore per il recupero della quota di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire tale. E ciò sia in considerazione della suitas dell’apparenza del diritto, sia sulla base di una corretta interpretazione degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. c.c., avuto riguardo alla natura processuale (contenziosa) dell’iniziativa giudiziaria intrapresa dall’amministratore e al sistema delle garanzie del credito. 8.1. Il principio dell’apparenza del diritto - ancorché rispondente (come ammesso in dottrina, ma soprattutto in giurisprudenza) ad uno schema negoziale di vasta portata, trascendente l’ambito delle singole figure legislativamente disciplinate e riconducibile a quello più generale della tutela dell’affidamento incolpevole - ha, però, una sua innegabile specificità e peculiarità, nel senso che non è suscettibile di incauti impieghi, specie in relazione a quelle fattispecie che trovano già nella legge una compiuta disciplina, venendo in considerazione solo in presenza dell’esigenza di tutelare il terzo in buona fede in ordine alla corrispondenza fra la situazione apparente e quella reale. 8.2. Nel caso del rapporto tra condominio (che pacificamente è ente di gestione) e il singolo condomino (proprietario esclusivo di determinate porzioni di piano o di unità immobiliari dello stabile condominiale) in ordine al pagamento, da parte di quest’ultimo, della sua quota di spese, sostenute per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione di servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, una esigenza di tutelare al riguardo l’affidamento incolpevole del condominio (che terzo non è) e, quindi, di dare a tal fine corpo e sostanza ad una situazione apparente per non pregiudicare il condominio medesimo, non si pone affatto. Come già osservato, innanzitutto il condominio non è terzo ma una parte del rapporto, sicché rispetto ad esso non è possibile convenire la inesistente titolarità del diritto di proprietà nella effettiva titolarità e la inesistente legittimazione in una effettiva legittimazione nascente dalla situazione di apparenza. Inoltre, nel caso in esame, è da escludere la necessità, ai fini della tutela della buona fede del condominio, di collegare effetti giuridici ad una situazione apparente, come avviene nelle ipotesi di applicazione del principio dell’apparenza del diritto, dove, in mancanza di tale collegamento, il terzo incolpevole non vedrebbe sorgere il rapporto sulla cui esistenza e validità aveva senza sua colpa confidato, perché il rapporto giuridico tra il condominio e il singolo condomino, proprietario esclusivo di unità immobiliari, esiste in ogni caso nella realtà. Questioni pratiche 155 8.3. Invero tale rapporto è espressamente previsto dagli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. c.c., che disciplinano compiutamente la materia della ripartizione delle spese e del recupero, da parte dell’amministratore, della quota di competenza del singolo condomino, stabilendo l’art. 1123 c.c. (primo comma) che «Le spese necessario per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale ad valore della proprietà di ciascuno, salva diversa convenzione» e l’art. 63 disp. att. c.c. (primo comma) che «Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore può ottenere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, nonostante opposizione», aggiungendo (secondo comma) che «Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente». 8.4. L’ipotesi non contenziosa del rapporto va mantenuta distinta da quella contenziosa. Le esigenze di celerità, praticità e funzionalità, addotte a giustificazione dell’applicazione dell’istituto dell’apparenza del diritto, valgono per l’ipotesi non contenziosa del rapporto, quando, cioè, l’apparente condomino non solleva alcuna contestazione provvedendo al pagamento degli oneri condominiali. In tal caso le violazioni dei rispettivi doveri (quelli di correttezza e di informazione a carico del condomino apparente e quelli di consultazione dei registri immobiliari a carico dell’amministratore) non rilevano; in particolare l’amministratore non è tenuto ad effettuare alcuna indagine, mediante consultazione dei pubblici registri (che può essere anche costosa e a volte, complessa, con grave nocumento per la gestione condominiale) circa il vero proprietario dell’unità immobiliare, potendo oltretutto il problema essere affrontato anche in termini di adempimento del terzo (art. 1180 c.c.). Diversa è l’ipotesi contenziosa, quando cioè l’amministratore, in presenza di mancato pagamento, deve agire giudizialmente per il recupero delle spese condominiali. In tal caso, l’istituto dell’apparenza del diritto, che non è di natura processuale, bensì di natura sostanziale, non può valere a giustificare un’iniziativa giudiziaria svincolata dalla realtà; mentre la violazione dei rispettivi doveri va considerata, esigendo nel contempo un collegato giudizio di comparazione e bilanciamento tra situazioni contrapposte. 8.5. Nell’ipotesi in cui l’amministratore agisca per il recupero delle spese di competenza, l’osservanza del dovere di consultazione dei registri immobiliari presso la conservatoria assume rilievo ed è preminente (rispetto al contrapposto dovere di correttezza e informativa) per l’individuazione del vero condomino obbligato, non solo perché corrisponde a regola di normale prudenza accertare l’effettivo legittimato passivo allorché si intende dare inizio 156 il condominio negli edifici ad un’azione giudiziaria, ma anche perché appare conforme al sistema della tutela del credito. Sotto quest’ultimo profilo, ancorché generalmente l’omesso pagamento si verifica per le spese (consistenti) collegate alle innovazioni deliberate dalla maggioranza (come nel caso specifico), l’amministratore che agisce contro il condomino apparente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo sia privo di beni, potrebbe non vedere soddisfatto il credito azionato, con grave pregiudizio per la gestione condominiale. Laddove, invece, essendo il vero condomino proprietario dell’unità immobiliare, l’amministratore che agisce contro di lui può utilmente esperire tutti i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale (in particolare chiedere sequestro conservativo: artt. 2905 c.c. e 671 c.p.c.) per il soddisfacimento del credito. Il sistema normativo (art. 1123 e art. 63 disp. att. c.c.) che, in tema di omesso pagamento delle spese condominiali, consente all’amministratore di ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, stabilendo altresì che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente, è finalizzato non soltanto alla celerilà ma anche al rafforzamento e soddisfacimento del credito per il buon andamento e operatività della gestione condominiale. 9. Conclusivamente deve affermarsi (in tal senso, quindi, risolvendosi la questione di contrasto) che, in caso di azione giudiziale dell’amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale. Alla luce del principio enunciato, la sentenza del Tribunale, che da esso si è discostato, non resiste alle censure formulate con il primo motivo del ricorso, che va accolto, assorbiti gli altri. Di conseguenza la sentenza impugnata va cassata; e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, in applicazione dell’ari. 384 c.p.c., decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda proposta dal Condo minio (…) e, per l’effetto, revoca l’opposto decreto ingiuntivo (…) del Pretore di Salerno. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio. P.Q.M. La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda, proposta dal Condominio (…) nei confronti (…), revocando l’opposto decreto ingiuntivo (…). Roma, 14 febbraio 2002. Depositata in cancelleria in data 8 aprile 2002. Formulario 313 Lettera di segnalazione di avvenuta lesione del decoro architettonico Spett.le Condominio Alfa In persona dell’amministratore pro tempore Via _______ Oggetto: segnalazione di lesione del decoro architettonico dell’edificio Egr. Amministratore, Il sottoscritto _________ proprietario di un’unità immobiliare posta nel condominio Alfa sito in ______ alla via __________, in relazione a quanto in oggetto specificato Vi significa quanto segue. A partire dal giorno _________ sulla facciata principale (descrivere in modo preciso e circostanziato il fatto ritenuto lesivo del decoro architettonico dello stabile, laddove possibile indicando l’autore dello stesso fatto lesivo. Citare, se presenti, le norme del regolamento condominiale relative al decoro dello stabile). Tanto premesso lo scrivente fa istanza affinché Ella, nell’esercizio delle funzioni conferitigli ex art. 1130, primo comma n. 2, c.c. intervenga per ripristinare lo status quo ante. Fin da ora viene formulata ampia riserva di agire per ottenere quanto di giustizia. Distinti saluti Luogo,______________ Firma 314 il condominio negli edifici Convocazione dell’assemblea per la nomina dell’amministratore di condominio Ai sigg. condomini Del condominio Alfa Loro sedi Oggetto: convocazione dell’assemblea condominiale per la nomina dell’amministratore di condominio Il sottoscritto ___________ proprietario di un’unità immobiliare posta nel condominio Alfa sito in ______ alla via __________ , comunica quanto segue. Il condominio Alfa è composto da _ unità immobiliari per un totale di __ partecipanti. Ciò significa che ai sensi dell’art. 1129, primo comma, c.c. è obbligatorio nominare un amministratore. Tanto premesso, il sottoscritto ai sensi dell’art. 66, secondo comma, disp. att. c.c. convoca l’assemblea di condominio in prima convocazione per il giorno _________ alle ore _______ presso _____________ e qualora questa andasse deserta in seconda convocazione per il giorno _________ alle ore _______ presso _____________ (ai fini della fissazione della data di quest’ultima si rammenta che ex art. 1136, terzo comma, c.c. l’assemblea in seconda convocazione deve svolgersi il giorno successivo a quella di prima e comunque al massimo entro 10 giorni dalla stessa) per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno: - nomina amministratore di condominio; - varie ed eventuali. Si rammenta che il mancato svolgimento dell’assemblea e/o comunque l’impossibilità di deliberare per mancanza dei quorum necessari per la nomina dell’amministratore dà facoltà ad ogni condomino, ex art. 1129, primo comma, c.c. di ricorrere all’Autorità Giudiziaria affinché la stessa provveda, in vece dell’assemblea, alla nomina dell’amministratore. Distinti saluti Luogo,______________ Firma Formulario 315 Convocazione dell’assemblea ordinaria da parte dell’amministratore Ai Sigg.Condomini Oggetto: Assemblea ordinaria E’ indetta, presso lo studio dell’amministratore sig. ______ alla via ________ in ____, l’assemblea ordinaria dei condomini il giorno _______ ore____ in prima convocazione e il giorno _______ ore ___ in seconda convocazione per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno: - - - - approvazione rendiconto ordinario al ________ e del relativo piano di riparto conferma o revoca e nomina amministratore approvazione preventivo ordinario _________ eventuali e varie. Si allega copia del rendiconto ordinario ____ e del preventivo ____. I documenti giustificativi sono a disposizione dei condomini presso lo studio dell’amministratore negli orari d’ufficio, fino al _____. Si allega copia (inserire eventuale altra documentazione da allegare). Distinti saluti. Luogo,_____ L’Amministratore 316 il condominio negli edifici Convocazione dell’assemblea straordinaria da parte dell’amministratore Ai Sigg. Condomini Oggetto: Assemblea straordinaria E’ indetta, presso lo studio dell’amministratore sig. ______ alla via ________ in ____, l’assemblea straordinaria dei condomini il giorno _______ ore____ in prima convocazione e il giorno _______ ore ___ in seconda convocazione per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno: (inserire gli argomenti che l’amministratore intende sottoporre all’attenzione dell’assemblea) Si allega copia (inserire eventuale altra documentazione da allegare). Distinti saluti. Luogo,_____ L’Amministratore n.b. se la convocazione viene effettuata a seguito di richiesta dei condomini ex art. 66 disp. att. c.c. pur non essendo obbligatorio e utile fare menzione del fatto nell’avviso.