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LA RIVOLUZIONE IN FRANCIA DAGLI STATI GENERALI AL

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LA RIVOLUZIONE IN FRANCIA DAGLI STATI GENERALI AL
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
LA RIVOLUZIONE IN FRANCIA
DAGLI STATI GENERALI AL DIRETTORIO
(1789-1799) CRONOLOGIA ESSENZIALE
GLI STATI
GENERALI
(5 maggio 1789 –
20 giugno 1789)
L'ASSEMBLEA
NAZIONALE
COSTITUENTE
(9 luglio 1789 –
30 settembre 1791)
L'ASSEMBLEA
LEGISLATIVA
(1° ottobre 1791 –
10 agosto 1792)
-Premessa: cahiers de doléances e rivoluzione nobiliare dei Parlements.
-Convocazione degli Stati Generali (5 maggio 1789)
-Assemblea Nazionale (17 giugno 1789)
-Giuramento della pallacorda (20 giugno 1789)
La caduta
dell'Ancien
Régime
- Proclamazione dell’Assemblea Nazionale Costituente (9 luglio 1789)
-Istituzione della guardia nazionale
-Presa della Bastiglia (14 luglio 1789)
-Sollevazioni nelle campagne: «Grande Paura» (luglio 1789)
-Abolizione dei diritti feudali (4 agosto 1789)
Le nuove
strutture
politiche
-Dichiarazione dei Diritti dell'uomo (26 agosto 1789)
-Costituzione civile del clero (luglio 1790)
-Decentramento amministrativo (istituzione dei dipartimenti)
-Costituzione monarchico-costituzionale (3 settembre 1791
L'inizio dei
dissensi
-Club, società popolari, giornali rivoluzionari
-Fuga del re a Varennes (20-21 giugno 1791)
-Strage del Campo di Marte (17 luglio 1791)
-Dichiarazione di guerra all'Austria (20 aprile 1792)
-Caduta della monarchia e instaurazione della Repubblica (10 agosto 1792)
Le componenti
-Gironda (ex giacobini)
della Convenzione -Palude (moderati)
-Montagna (giacobini radicali)
La lotta alla
controrivoluzione
-Condanna a morte di Luigi XVI (23 gennaio 1793)
-Insurrezione in Vandea (marzo 1793)
-Francia in guerra con le monarchie europee
-Comitato di salute pubblica: istituito il 6 aprile 1793 nel pieno
della lotta tra girondini e montagnardi, nato per motivi
congiunturali su proposta dei girondini, il Comitato sarà il fulcro
del governo rivoluzionario
-Caduta dei girondini (2 giugno 1793)
-Creazione del Comitato di salute pubblica (5-6 giugno 1793)
La repubblica
giacobina e il
terrore
-Costituzione democratica (24 giugno 1793)
-Leva in massa (agosto 1793)
-Potenziamento delle attribuzioni del Comité du salut public
(decreto 10 ottobre 1793)
-Il mode de gouvernement provisoire et révolutionnaire rende il
Comité du salut public il nuovo sovrano assoluto (14 frimario anno
II ovvero 4 dicembre 1793, in cinque sezioni)
-Epurazione di hebertisti e indulgenti (marzo-aprile 1794)
-Dittatura di Robespierre (giugno 1794)
-Istituzione del tribunale rivoluzionario (Legge del 22 pratile anno
III ovvero 10 giugno 1794)
LA CONVENZIONE
(20 settembre 1792 –
23 settembre 1795)
IL DIRETTORIO
23 settembre 1795 –
10 novembre 1799
Costituzione del 1795 (agosto)
Babeuf e la Congiura degli Eguali (10 maggio 1796)
Campagne del Reno e d'Italia (1796)
Colpo di Stato del 18 brumaio 1799.
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
DOCUMENTI - FONTI
LA CRISI FINANZIARIA DELLA FRANCIA – ETIENNE LOMÉNIE DE BRIENNE (BILANCIO DEL 1788)
Il 1° maggio del 1787, De Brienne riceve l’incarico di controllore generale delle finanze da Luigi XVI. Inizia
a trattare con l’assemblea dei nobili e del clero appositamente riunita per poter approvare una moderata
riforma fiscale (riduzione dei privilegi e delle esenzioni). Per mostrare il reale stato delle finanze francesi,
De Brienne rende pubblico un bilancio di previsione delle uscite e delle entrate per il 1788.
SPESE: 629,6 MILIONI DI LIRE
1. Spese civili
a. Spese per la riscossione delle imposte e altre spese di finanza
b. Spese dell’amministrazione (giustizia, politica)
c. assistenza e pubblica istruzione
d. Spese per l’economia pubblica (contributi all’agricoltura e all’industria),
lavori pubblici
e. Sussidi ai municipi e alle province
f. Spese per la corte
2. Spese militari e diplomatiche
3. Debito pubblico
ENTRATE: 503,6 MILIONI DI LIRE
1.Entrate fiscali
a. Imposte dirette* (taglia, capitazione, ventesima)
b. Imposte indirette (di cui 60 milioni per la gabella del sale*)
c. Monopoli e concessioni industriali
d. Sovvenzioni dei Paesi di stato* (Linguadoca, Provenza, Bretagna, Artois,
Delfinato, Borgogna, Franca Contea, Bretagna, Béarn, Navarra)
2. Entrate non fiscali
a. Proprietà della corona
b. altre
145,8
38
19,1
12,2
23,2
23,16%
6,04%
3,03%
1,94%
3,68%
17,6
35,7
165,5
318,223
2,8%
5,67%
26,29%
50,55%
409,6
157,6
208
14,3
29,7
81,3%
31,29%
41,3%
2,84%
5,9%
94
50,3
43,7
18,7%
9,99%
8,71%
DEFICIT: 126 milioni di lire
Deficit stimato per il 1787: 112 milioni
(Fonte: P. Goubert, L’Antico Regime, Jaca Book, Milano 1976, vol. II, pp. 424-425)
DAI CAHIERS DE DOLÉANCES
In 60.000 cahiers de doléances i sudditi francesi hanno espresso, alla vigilia della Rivoluzione, le loro
lamentele e le loro richieste. Rappresentano una miniera di informazioni sulla società dell'Ancién Régime e
sulle circostanze da cui prende avvio la Rivoluzione.
L'8 aprile 1788 Luigi XVI fissa la riunione degli Stati generali per il 1° maggIo dell'anno seguente. Il sovrano
attua dunque ciò che da più parti (nobili, ecclesiastici, borghesi, contadini, cittadini) era stato richiesto: la
convocazione di un'assemblea di rappresentanti eletti dalla nazione incaricata di proporre al sovrano un
piano di riforme per risolvere i gravi problemi del Regno.
Per poter conoscere i motivi di disagio e le speranze del popolo, il re invita i sudditi (i tre «Stati») a redigere
dei «cahiers de voeux, plaintes et doléances».
Come vengono redatti i cahiers? Eleggendo assemblee di rappresentanti cui è data specifica delega (nobiltà)
oppure invitando intere comunità (monasteri, collegi dei canonici, parrocchie, corporazioni, quartieri
cittadini) a stendere memorie, discuterle, approvarle per farle infine confluire in un quaderno definitivo.
Sebbene la consultazione sia ampia, la pressione esercitata da signori e borghesi intimidisce sicuramente
contadini, artigiani, manovali. Solo raramente i cahiers raccolgono la voce dei poveri (il cosiddetto «Quarto
stato»). Sono infatti altri a stendere materialmente le lagnanze.
Lo spaccato che emerge è quello di una società logorata dal malgoverno e dalle sperequazioni. Il mondo
contadino è ridotto alla miseria dal peso del regime signorile, dalle carestie e dalle epidemie. I cittadini sono
vessati dalla pressione fiscale, dall'arbitrio dei giudici, dalla disonestà degli amministratori, dal coacervo di
leggi e consuetudini, dal parassitismo del clero e dalla concorrenza commerciale degli stranieri
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
Qui il povero non ha il diritto di fare del fuoco nella sua casa per sottrarsi alle morse del freddo, se non l’aquista a
caro prezzo dal signore, con un tributo che grava sulla sussistenza sua e su quella della sua famiglia. Questa
imposta inumana esiste a Brovès con la denominazione di diritto di focatico. Qui il lavoratore non ha nemmeno il
diritto di nutrire le proprie bestie con l'erba che cresce nel suo campo; se egli la tocca viene denunciato e punito
con un'ammenda che lo rovina; e l'esercizio legittimo dei diritti della sua proprietà è subordinato alla volontà
arbitraria del signore, che ha la pretesa del diritto universale su tutti i pascoli del territorio. Questo diritto barbaro
esiste a Romaluette e in molti altri luoghi; ovunque, infine, la libertà naturale e la libertà civile sono asservite, il
commercio è soggiogato, l'uomo è schiavo, e quest'ultima parola, fin troppo esatta, indica tutta l'odiosità dei diritti
contro i quali il Terzo stato protesta.
(Il terzo stato del siniscalcato di Draguignan)
Le persone non ricavano dai loro prati la metà del raccolto che avrebbero ragione di aspettarsi, a causa della
mancanza dell'acqua, di cui i signori pretendono di avere la proprietà; si chiede che questo abuso sia soppresso e
che le acque vengano rese comuni.
(Escames B. Beauvais)
Noi non pagheremo più ai signori di feudi né riscatti né laudemii*, ma li pagheremo in avvenire agli ospedali, per
il sostentamento e il vitto dei minori, degli orfani, degli infermi, degli anziani incapaci di guadagnarsi da vivere
nel territorio del feudo.
(Artigiani di Pont-L'abbé)
Noi non abbiamo nemmeno la libertà di eliminare i corvi, quei volatili distruttori dei prodotti delle nostre terre.
Ahimè! Quanto cibo degli uomini costa il piacere della cacca! Quante terre perdono i loro prodotti per questo
oneroso diritt! Bisogna sopportare in silenzio che la selvaggina mangi i nostri legumi e anche le nostre piante
persino dentro i nostri giardini, e se succede che si tenda una trappola per fermare questi animali distruttoi, ben
presto, in seguito al rapporto di una guardia, si è perseguitati penalmente e trascinati in prigione; il marito è tolto a
sua moglie, il padre ai suoi figli, a coloro ai quali le braccia sono necessarie per la sussitenza. Se i signori
vogliono procurarsi questo piacere, che essi almeno rinchiudano la loro selvaggina entro la recinzione dei loro
parchi e l’estensione dei loro boschi; ma che ogni individuo abbia il diritto di difendere il suo raccolto.
(Croissy-en-Brie)
Questa provincia è ridotta in uno stato di miseria insopportabile, che pone i cittadini nell’impossibilità di saldare le
imposte di cui sono gravati. La causa di questa infelice condizione [deriva] dalle malattie e dalle morie delle
bestie, che da quindici anni hanno fatto enormi danni in questa provincia. Poi, diverse altre calamità come la
grandine e le gelate, specialmente quelle del 1786 e dell 1789, e le grandi ripetute inondazioni che hanno portato
via in alcunepievi (paroisse) tutta la superficie del terreno e l’hanno resto quasi sterile.
Coutures (T. e G.) (Pierre de Rivière-Verdun)
C’è ancora un’altra categoria di uomini assoggettati al duro e penoso lavoro della campagna, sono i miserabili
braccianti giornalieri, la classe più indigente del Regno, che non hanno che le loro braccia per vivere e sono
spesso gravati da una numerosa famiglia, che non possono lavorare nei periodi difficili, ai quali bisognerebbe
alleggerire il peso delle imposte. Abbiamo un chiaro esempio di questa verità nel triste inverno che abbiamo
appena trascorso, in cui la maggior parte di questi miserabili era ridotta alla miseria più nera, distesi nei loro
casolari sopra un pugno di paglia, privati di tutte le cose necessarie alla vita, mentre i grandi e i ricchi si godevano
nelle loro camere dorate le dolcezze di una temperatura costante.
(Pamproux (S. Saint-Maixent)
La comunità di Sérignac, subendo annualmente gli effetti più crudeli che la miseria può produrre in tutta la
provincia di Guascogna, desidera ardentemente che il re, questo caro e tenero padre del suo popolo, inviti i signori
grandi decimatori... a dare in futuro la ventesima parte delle entrate prodotte dalle loro decime... ai detentori di
una cassa costituita all’uopo in ogni parrocchia... questi ventesimi resteranno in deposito... Un ventesimo sulla
capitazione sarà inoltre costituito per provvedere ai bisogni degli indigenti in caso di grandine, di cattive annate...
Proponiamo per la sicurezza di questo deposito, che dovrà essere considerato sacro dal re e dai suoi sudditi, che ne
siano guardiani i curati delle parrochie... per mezzo di un forziere chiuso con tra chiavi, di cui una conservata dal
curato, l’altra dal primo pubblico ufficiale e la terza dal sindaco... In caso di grandine, di carestia e di cattivo
raccolto... sei notabili con i tre detentori delle chiavi andranno a prelevare al deposito i fondi raccolti per
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
acquistare grano comune al miglior prezzo... Una simile istituzione farebbe onore alla nazione e garantirebbe una
risorsa ai coltivatori indigenti... e farebbe risparmiare milioni alle casse del re.
Sérignac (T. e G.) (Pierre Rivière-Verdun)
Nei primi tempi della monarchia, l’imposta della tagli era isolata. Ins eguito, man mano che l’immaginazione si
sviluppava, sono comparse e si sono moltiplicate le tasse accessorie. Di qui le capitazioni, i ventesimi e molte
altre imposte, che a causa dei loro rapidi aumenti sono diventate altrettanti flagelli per gli abitanti delle campagne.
Si immagini la condizione insostenibile in cui versano questi sventurati villici, che dopo aver impiegato un intero
anno nel lavoro più penoso e più necessario allo Stato, ricavano appena dal seno della terra i giusti frutti delle loro
fatiche! E se, come troppo sovente accade, il falgello della grandine, dell’inondazione e dell’incendio annullano il
loro lavoro, quanti mali in una volta! Le eredità sono oltremodo gravate da censi e da rendite. I creditori
perseguitano senza tregua. L’esattore arriva; e improvvisamente, gli uni e gli altri s’impossessano per di più delle
spoglie di questa sciagurata famiglia. È allora che, perseguitata dalla miseria, errante e senza asilo, essa percorre
l’universo per implorare il soccorso dell’umanità.
Parent (Auvergne)
È giunto il tempo, Sire, di porre le basi di una giusta ripartizione delle imposte tra tutti i cittadini. Questa giustizia,
da lungo tempo misconosciuta, ha infine dissipato le nubi che da secoli la coprivano a causa dei pregiudizi, delle
pretese, degli interessi. Essa è apparsa ai nostri occhi, in seno alle nostre disgrazie, come la nostra risorsa; e in
mezzo al fermento che agita e divide gli spiriti, li ha tutti riuniti intorno a essa. Ebbene sì, Sire, tutti i vostri
sudditi, di ogni condizione e rango, rendono ora omaggio a questa grande verità, che l’eguaglianza proporzionale
deve essere la legge dei tributi. Essi riconoscono unanimemente che tutte le proprietà devono concorrere
egualmente al mantenimento del potere pubblico, che li protegge e li difende, e che, poiché l’alleggerimento per
gli uni determina necessariamente l’aggravio per gli altri, appesantisce il fardello dei più poveri per alleviare
quello dei più ricchi è contrario sia ai principi dell’equità, sia ai sentimenti dell’umanità. Un grido generale
s’innalza in tutto il regno per rivendicare questa preziosa eguaglianza: i prìncipi del vostro sangue hanno portato
questo voto ai piedi del vostro trono, i pari del vostro Regno l’hanno ripetuto, ha echeggiato in tutte le province
ove gli ordini hanno avuto la facoltà di riunirsi: e noi, Sire, non appena ci raduniamo secondo i vostri ordini, ci
premuriamo di unire insieme le nostre voci a tutte queste voci che vi sollecitano, ben sicuri d’interessare il vostro
cuore implorando nel contempo la vostra giustizia e la vostra munificenza.
I tre ordini del distretto di Langres
Il clero, indipendentemente dalle sue proprietà, percepisce un decimo dei frutti delle nostre terre... Quando i nostri
antenati fecero, per amore o per forza, questo magnifico regalo ai loro preti, era per fornire loro i mezzi per la
sussistenza e per distribuire il superfluo ai poveri; ma, ahimè! Come sono disattese le loro volontà! Il nostro
curato è sordo ai gemiti dei bisognosi di cui questa parrocchia brulica. Cinque monaci consumano 24.000 lire di
rendita, di cui i nostri beni fanno parte. Superbamente alloggiati, le pietanze più ricercate abbondano sulle loro
tavola; le dame, la nobiltà dei dintorni vi sono ammesse; ma i poveri che si presentano alla loro porta sono cacciati
ignominiosamente come esseri vili e spregevoli, che essi non riconoscono più come fratelli. Usate, Sire, di grazia,
tutta la vostra potenza per eliminare questi monaci che hanno fatto voto di povertà e che traboccano di ricchezze;
sono sanguisughe divoranti, piante parassite; ed è presso di loro che Vostra Maestà troverà uno dei mezzi per
restaurare le sue finanze.
Che i nostri preti non s’immischino più negli affari temporali; che essi siano incessantemnte occupati ad attirare su
di noi le benedizioni celesti; che essi si astengano dal voler dominare alle assemblee nazionali, che essi si limitino
a vivere della carità dei fedeli, è la loro istituzione; allora si potrà perdonare loro di qualificare come dono gratuito
ciò di cui faranno dono allo Stato.
Saint-Quintin et Cayra (S.Limoux)
Che tutte le abbazie siano soppresse a favore di Sua Maestà per pagare il debito nazionale.
Artigiani di Pont-L’Abbé
Che gli immensi redditi dei monaci spillati per lo più alla superstizione nei secoli dell’ignoranza, siano annessi ai
fondi dello Stato e utilizzati per l’estinzione dei suoi debiti, e che i membri delle comunità soprresse siano più
utilmente impiegati al servizio delle parrocchie delle campagne, ove ci si lamenta per la scarsità di preti. [...] Che
le enormi retribuzioni assegnate alle abbazie, ai vescovati, gli arcivescovati e gli altri benefici ecclesiastici siano
ridotti per coloro che ne godono a una onesta pensione, e che l’eccedenza sia aggiunta ai redditi dello Stato.
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
Pont-Croix (S. Quimper)
Un argomento che merita le nostre riflessioni sono le leggi; ovunque, è vero, esse sono l’anima degli imperi; ma
perché esse siano lo strumento della felicità nazionale e perché rispondano al loro scopo e alle mire benefiche del
nostro illustre monarca, bisognerebbe che se ne semplificasse la forma e che costituissero un codice chiaro e
intelligibile allo spirito di colui che si trova nell’eventualità di ricorrere alla loro autorità; bisognerebbe, per così
dire, che se ne riducesse la molteplicità che provoca l’ignoranza delle stesse e sovente la loro mancata esecuzione
e presta inoltre alla malafede dell’attaccabrighe mille mezzi per vessare il suo avversario, che non ha che il diritto
della sua causa come appoggio per le sue rimostranze.
Sept-Saulx (B. Reims)
Quando saremo dunque affrancati dalla tirannia degli ufficiali giudiziari, che, col pretesto di difendere i diritti
dell’innocente, moltiplicano all’infinito gli atti lucrativi, poiché il loro spirito è attento piuttosto ai loro interessi
che alle giuste rivendicazioni dei loro clienti? Distruttori, non conservatori, di fortune, quante ne hanno sconvolte!
Quante volte la vittoria di un processo per colui in favore del quale la sentenza è stata pronunciata è stata più
onerosa rispetto all’abbandono dei propri diritti!
Avord (B. Bourges)
La libertà è senza dubbio, dopo l’onore, il bene più prezioso dell’uomo; egli deve esserne privato solo quando le
sue deviazioni turbano l’ordine della società e spetta solo a quest’ultima di mettervi un freno per mezzo delle leggi
che la governano.
Il monarca, con tutta la sua potenza, viola egli stesso i diritti del cittadino se estende il suo potere fino a privarlo di
questa libertà che gli è così cara, senza essere determinato da altra esigenza che dalla sua sola volontà. Le lettres
de cachet* sono l’effetto più immediato del potere dispotico. Sono un abuso dell’autorità che infonde turbamento
nell’ordine sociale, senza ovviare ai suoi mali.
Vi sono tuttavia dei casi in cui esse tendono a prevenire i crimini e a epurare la società dai membri che ne turbano
l’armonia e a rinchiudere nel segreto delle famiglie le tracce della loro cattiva condotta. Ma poiché è ingiusto
punire chicchessia senza averlo ascoltato, sarebbe necessario che colui che viene colpito dalla lettre de cachet
avesse la libertà di usare dei mezzi atti alla sua giustificazione.
Beaumont-le-Roger (B.Evreux)
L’affluenza delle merci inglesi introdotte in Francia ha innervosito tutte le nostre manifatture al punto che una
guerra, con tutti i suoi orrori, sarebbe da preferire alla pace attuale; e, per colmo di sventura, la molteplicità delle
macchine per filare il cotone costringe all’inoperosità un’infinità di braccia, riducendoci alla miseria più nera,
funesta epoca di brigantaggi e di omicidi fino a ora sconosciuti nella nostra provincia.
Goupillères (B. Rouen)
Da quanto il commercio ambulante è tollerato e degli stranieri, degli ebrei e genti di tutte le nazioni percorrono le
città, e introducono oggetti di oreficeria e di orologeria di bassa lega, non muniti del marchio dei maestri e con
titoli assai inferiori a quello dei materiali d’oro e d’argento deerminato dai regolamenti, quest’arte, un tempo così
importante, è caduta in discredito. Da quando il numero dei maestri è indeterminato, e la maestriaè accordata
indistintamente e previo pagamento in denaro a tutti quelli che si presentano, la fabbricazione è affidata a
mercenari che preferiscono l’appetito del guadagno alla reputazione dell’artista: e, di qui, questa infinità di merci
di bassa lega di cui il commercio e, di conseguenza, il pubblico si trovano infestati.
Orafi di Troyes
[Cit. in 1789. Les Français ont la parole, c/di P. Goubert e M. Denis, Julliard, Paris 1964, pp. 85 e passim, tr.it. di R.
Vitale]
Una parrocchia della Bretagna
Noi rispettiamo i diritti legittimi dei Signori della Nobiltà, ma non ci sono anche diritti illegittimi, diritti ridicoli,
diritti tirannici? Il franc-fief*, il riscatto: perché uno dei notri paranti muore, occorre pagare una somma; perché ci
si sposa nel corso dell’anno, occorre rompere una pertica di legno, saltare un fiume. Questi spettacoli ridicoli
attirano molti spettatori e sono occasione per ubriacarsi. I lods et ventes* percepiti anche quando si è solo
scambiato un campo con un altro, la servitù, la schiavitù dei mulini! Veniamo venduti a un mugnaio: ci deruba in
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
mille modi, e non ci è consentito sottrarci, per quanto noi facciamo o i regolamenti pubblici dicano. Schiavitù
ingiusta, vergognosa in un regno libero, in un regno di Francesi o Franchi.
Una parrocchia della Guascogna
Fra tutte le assurdità e atrocità che risultano dalle nostre leggi penali, ce ne sono due che non fanno onore al
nostro governo e alla nostra pretesa civiltà. La prima è quella che [...] determinat la natura della pena secondo le
persone e non secondo i delitti. Che, per esempio, un nobile colpevole di un certo delitto abbia la testa mozzata,
mentre un non nobile colpevole dello stesso delitto debba morire appeso al patibolo: attraverso questa
disposizione si dichiara che vi sono dei supplizi infami ed altri che non lo sono, e che il nobile appartiene a una
categoria privilegiata. [...] La seconda è che un privilegiato è degradato dalla nobiltà, prima di essere mandato al
supplizio. [...] è come dire al popolo che i delitti sono cosa sua, perché prima di punire un nobile lo si ricaccia
nella classe del popolo come indegno di appartenere a una classe più elevata. [1789, Les français ont la parole,
cit., pp. 76-77]
Dal territorio di Nîmes
I documenti seguenti mostrano gli stadi di formazione di un’opinione pubblica favorevole a profonde riforme
politiche, giuridiche ed economiche. I primi due esprimono il punto di vista di due comunità rurali, seguen poi il
cahier di una cittadina di media grandezza, per ultimo quello, più lungo ed elaborato, della capitale
amministrativa Nîmes, che tiene conto di quelli pervenuti dalle parrocchie e dalle città della circoscrizione.
Il re è umilissimamente supplicato [...]: di ordinare che tutti i cittadini, senza distinzioni di ordini, siano tenuti a
concorrere a tutte le tasse presenti e future in proporzione ai loro redditi, di qualunque natura essi siano.
Di obbligare i decimatori [...] ad accordare a curati una parte che sia veramente e realmente congrua, ossia
adeguata, sufficiente e capace di mantenerli e farli vivere in modo onesto e metterli in condizione di esercitare la
carità verso i poveri.
Di voler riformare il codice civile e penale, abbreviare e semplificare le forme giudiziarie[...]; abolire i tribunali
speciali e, se possibile, la venalità delle cariche.
Che vengano abrogati tutti i regolamente e tutte le leggi che nuocciono all’agricoltura. [...]
Che vengano soppresse le gabelle. [...]
Che venga garantita la libertà individuale dei cittadini e che nessuno venga punito senza prima essere udito. [...]
Di prendere in considerazione che il paese delle Alte Cevenne non è in condizione di sopportare un aumento delle
imposte.. [...]
Parrocchia di Voilerague (2500 abitanti), 27 febbraio 1789
Questa comunità fa voto che la nobiltà latifondista venga abolita in tutto ilr egno, che tutte le imposte [...] siano
egualmente ripartite in ogni comunità, senza distinzione di beni e di persone. [...]
Che nel regno venga abolita la decima [...], ma che venga pagato al decimatore e a ognuno degli ecclesiastici un
onesto stipendio. [...] Qualora la decima non venisse abolita [...], che ogni tipo di foraggio ne sia esente; che alla
decima sia sottratto ogni tipo di semente e che vi sia soggetto un solo raccolto tra quelli fatti nello stesso anno e
sullo stesso terreno. [...]
Che il nostro buon Re sia rispettosamente supplicato di dare un nuovo Codice civile e penale onde accorciare la
lunghezza dei processi. [...] Se esistono giustizie signorili, è necessario che il giudice risieda nel luogo. [...]
Che il sale e il tabacco siano considerati merce [cioè sottratti al regime di monopolio di stato, che ne accresceva il
prezzo, e alle gabelle]. [...]
Che l’incetta del grano sia proibita. [...]
Che i pesi e le misure siano uniformi in ogni siniscalchia.
Comunità di Aigues-Vives (1500 abitanti)
I deputati agli Stati generali faranno il possibile perché la votazione si faccia per testa e non per ordine. [...] La
dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La libertà di stampa e la sicurezza delle lettere. [...]
L’abolizioen delle lettres de cachet* e di ogni atto arbitrario che attenti alla libertà del cittadino.
L’eguaglianza proporzionale dei tributi indistintamente sulle persone e sui beni.
Sarà nominata una commissione per la riforma della legislazione penale [...] e civile. [...] La soppressione dei
pedaggi*, leudi* e altri diritti di tal natura, mediante indennità giuste e ragionevoli, in favore dei proprietari.
Chiedere che nella ripartizione delle imposte vengano escluse tutte quelle che potrebbero intralciare commerci e
industrie.
Agli enfiteuti* sia concesso di liberarsi dei diritti che pagano ai loro signori, con un’indennità reale, effettiva e
proporzionale. [...]
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
Che i sudditi del Terzo Stato siano abilitati a occupare i diversi impieghi militari di terra e di mare e quelli delle
alte magistrature.
Città di Beucaire (8-10 mila abitanti), 12 marzo 1789
[...] Poiché il più gran favore che possa promanare dalla bontà di un monarca è quello di chiamare i suoi sudditi
intorno al suo trono e di consultarli [...] per farli ritornare alle antiche libertà onde preparare la rigenerazione dello
Stato, il primo dovere dei popoli commossi è quello di recare ai piedi del sovrano le testimonianze rispettose della
loro eterna riconoscenza. [...] La Francia non può essere rigenerata e non può rinascere in nessun modo a una
nuova vita se non ricostruendola su quei princìpi antichi quanto il mondo che sono impressi in tutti i cuiri, la cui
natura è quella di esistere sempre, anche se spesso obliati. [...]
1. Della Costituzione [...]
Nella prossima assemblea degli Stati Generali si inizierà a votare per teste e non per ordine. [...]
I primi problemi di cui si occuperà l’Assemblea saranno la costituzione e le leggi. [...]
2.Degli Stati generali e provinciali
I deputati faranno osservare molto umilmente a Sua Maestà che, siccome i precedenti Stati generali della Francia
non presentavano, nella notte dei tempi e nelle tenebre della storia, null’altro che una destituzione assoluta di
princìpi, pertanto non sarebbe degno né delle vedute della saggezza sovrana di Sua Maestà, né dei lumi e della
dignità del popolo francese, abbandonarsi alla discussione delle forme incoerenti che ebbero volta a volta queste
assemblee; pertanto risulta indispensabili per la formazione, la composizione e l’organizzazione degli Stati
generali, consultare i diritti degli uomini, gli interessi degli individui e la felicità di tutti, sì che la rappresentaza
dei sudditi sia libera, elettiva, uniforme e integrale per tutti [...]. I deputati faranno inoltre osservare a Sua Maestà
come il terzo Stato [...] costituisce l’intera nazione, dal momento che i primi due ordini ne compongono appena la
centesima parte.
3. Dell’amministrazione della giustizia. [...]
Che venga abolita la venalità delle cariche. [...] Che i codici civili e panali siano semplici e alla portata di tutti. [...]
Che vengano abolite le corti signorili i proprietari indennizzati.
4. Della libertà [...]
Sua Maestà verrà umilissimamente supplicata di abolire le lettres de cachet. [...] [Si chiede libertà di pensiero e di
stampa, l’abolizione dei privilegi e dei regolamenti sulle manifatture.] Che venga stabilita in tutto il regno la libera
circolazione del commercio, le dogane vengano trasferite alle frontiere e i diritti di pedaggio [...] e altri che
intralciano le strade e il commercio siano soppressi, salvo rimborso ai proprietari. [...]
5. Dell’agricoltura [...]
L’agricoltura, già sovraccarica di imposte, non sarebbe in grado di sopportarne altre. [...] Che venga rinnovato ild
ivieto di dissodare i bischi e le lande comuni e che i dissodamenti possano avvenire soltanto con il consenso della
comunità. [...] Che venga modificata l’imposta della gabella. [...] Che le feste siano trasferite alle domeniche, fatta
eccezione per le solenni. [...] Che venga fatto presente come l’imposta della decima che pesa unicamente sul
coltivatoreè onerosa e nociva per l’agricoltura. [...] Che siano resi riscattabili* tutti i diritti signorili inconsueti che
pesano sulle comunità o sulla generalità degli abitanti, come quelli di bannalità*, pedaggio [...] e altri della stessa
natura.
6. Delle imposte [...]
I suddidi e i prestiti saranno d’ora in poi stabiliti solo con il libero consenso degli Stati generali [...]. Che, se
possibile, venga diminuità la taglia*.
Siniscalchia di Nîmes
(Cit. da A. Soboul, 1789, l’anno I della libertà, Episteme, Milano 1975, pp. 95-110)
EMMANUEL SIEYÈS, CHE COS’È IL TERZO STATO (1789)
Chi dunque oserebbe dire che il terzo Stato non ha in sé tutto ciò che occorre per formare una nazione completa?
Esso è un uomo forte e robusto con un braccio ancora in catene. Se si eliminasse l’ordine privilegiato, la nazione
non sarebbe qualcosa di meno, ma qualcosa di più. Oggi che cos’è il Terzo Stato? Tutto, ma un utto oppresso e
ostacolato. Che cosa sarebbe senza l’ordine privilegiato? Tutto, ma un tutto libero e fiorente. Nulla può procedere
senza di lui, tutto andrebbe molto meglio senza gli altri. Non basta però aver mostrato che i privilegiati, lungi
dall’essere utili alla nazione, possono solo indebolirla e nuocerle; occorre anche provare che l’ordine dei nobili
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
non trova posto nell’organizzazione sociale, che esso non solo è un peso per la nazione, ma che non potrebbe
nemmeno farne parte. [...]
Lo Stato fra tutti peggio organizzato sarebbe quello in cui non solo singoli individui, ma una classe intera di
cittadini si desse merito di rimanere immobile in mezzo al movimento generale e consumasse la parte migliore del
prodotto senza avere in nulla concorso alla sua creazione. Una tale classe è senza dubbio, per il suo non fare nulla,
estranea alla nazione.
L’ordine nobiliare non ci è meno estraneo per le sue prerogative [privilegi] civili e pubbliche. Che cosa è una
nazione? Un corpo di associati che vive sotto una legge comune ed è rappresentato da uno stesso legislativo.
Poiché ha privilegi, dispense, persino diritti separati dai diritti del corpo generale dei cittadini, l’ordine nobiliare
esce dall’ordine e dalla legge comune. I suoi diritti civili ne fanno già un popolo separato nella grande nazione. È
un vero imperium in imperio.
Esso esercita a parte anche i propri diritti politici e ha propri rappresentanti, che non ricevono nessuna procura dal
popolo. Il corpo dei suoi deputati siede a parte, e quand’anche si riunisse in una stessa aula con i deputati dei
semplici cittadini, non è meno vero che la sua rappresentanza rimarrebbe essenzialmente distinta e a sé stante:
essa è estranea alla nazione sia per il suo fondamento, in quanto il suo mandato non viene dal popolo, sia per il
suo oggetto, che consiste nel difendere non l’interesse generale, ma l’interesse particolare. Il terzo comprende
dunque tutto ciè che appartiene alla nazione; e tutto ciò che non è il terzo non può essere considerato parte della
nazione. Che cosa è il Terzo Stato? Tutto.
(E.Sieyès, Che cos’è il Terzo stato, Editori Riuniti, Roma 1972: 52-54)
17 GIUGNO 1789: DICHIARAZIONE SULLA COSTITUZIONE DELL’ASSEMBLEA
L’Assemblea, deliberando dopo la verifica dei poteri, riconosce che questa Assemblea è già composta dei
rappresentanti inviati direttamente dai novantasei centesimi, almeno, della nazione.
Una tale massa di deputazione non potrebbe restare inattiva per l’assenza dei deputati di alcuni baliaggi, o di
alcune classi di cittadini; gli assenti infattiche sono stati chiamati non possono impedire ai presenti di
esercitare la pienezza dei loro diritti, soprattutto quando l’esercizio di questi diritti è un dovere imperioso e
presente.
Inoltre, poiché spetta soltanto ai rappresentanti i cui poteri sono stati verificati di concorrere a formare il voto
nazionale, e poiché tutti i rappresentanti che hanno avuto la verifica devono essere in questa Assemblea, è
ancora indispensabile concludere che spetta ad essa, e soltanto ad essa, di interpretare e presentare la volontà
generale della nazione; non può esistere fra il trono e questa Assemblea alcun veto, alcun potere negativo.
L’Assemblea dichiara dunque che l’opera comune della restaurazione nazionale può e deve essere
cominciata senza ritardo dai deputati presenti e che essi debbono proseguirla senza interruzione come senza
ostacolo.
La denominazione di Assemblea nazionale è la sola che si addica all’Assemblea allo stato attuale delle cose,
sia perché i membri che la compongono sono i soli rappresentanti legittimamente noti e verificati, sia perché
essi sono inviati direttamente dalla quasi totalità della nazione, sia infine perché, essendo la rappresentanza
una e indivisibile, nessuno dei deputati, in qualunque ordine o classe sia scelto, ha il diritto di esercitare le
sue funzioni separatamente dalla presente Assemblea.
L’Assemblea non deporrà mai la speranza di poter riunire nel proprio seno tutti i deputati oggi assenti; essa
non cesserà di chiamarli ad assolvere l’obbligo loro imposto di concorrere alla tenuta degli Stati generali. In
qualunque momento i deputati assenti si presenteranno nel corso della sessione che sta per aprirsi, ess
dichiara sin d’ora che si farà premura di riceverli e di dividere con loro, dopo la verifica dei loro poteri, la
serie dei grandi lavori che devono procurare la rigenerazione della Francia.
L’Assemblea delibera che i motivi della presente dichiarazione saranno subito messi per iscritto e presentati
al Re e alla Nazione.
4 AGOSTO 1789: IL DECRETO DI ABOLIZIONE DELLA SOCIETÀ FEUDALE (I)
All’indomani del 14 luglio 1789, sulla scia delle insurrezioni di molte municipalità francesi, nelle campagne
monta la protesta contadina. La crisi agraria e la diffusa «paura» di aggressioni di briganti radicalizza la
protesta, che esplode in violente jacqueries, assalti ai cstelli dei signori, dove i contadini si impadroniscono
dei documenti che attestano i censi e le prestazioni dovute ai proprietari terrieri, danno fuoco agli archivi,
impiccano i signori e proclamano da sé la fine dei diritti feudali. L’Assemblea nazionale, di fronte alla
«rivoluzione contadina» nelle campagne, ecide di non alienarsi l’appoggio dei contadini: in una lunga
sessione che si conclude nella notte del 4 agosto (Le 4 aôut), anziché decidere di reprimere la rivolta, decreta
l’abolizione del regime feudale, anche se rimanda, per i particolari, a una legge successiva.
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LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
L’abolizione del regime feudale è decisa precipitosamente, per evitare il rischio di una insurrezione
generalizzata e di una guerra civile. Esso rappresenta il primo passo verso l’uguaglianza civile, in quanto pone fine
all’Ancien Régime, fondato sui diritti feudali come privilegi di clero e nobiltà e trasforma la proprietà nobiliare in
proprietà reale (sulle cose) senza più legittimare le imposizioni sugli individui.
Dopo la dichiarazione di principio del 4 agosto 1789 con cui l’assemblea nazionale dichiarava soppressi i diritti e
gli obblighi feudali, si rese necessario emanare una serie di decreti che cercavano di far ordine in una materia
sommamente intricata. Quello del 15 marzo 1790 offriva i criteri per distinguere tra i diritti che erano aboliti in
maniera pura e semplice e quelli che invece i contadini potevano far decadere pagando un risarcimento al titolare.
Nei suoi ultimi articoli il decreto aboliva inoltre alcuni istituti tipici dell’Ancien Régme ma non connessi con la
proprietà fondiaria. In questo decreto: 1) si ordina l’abolizione senza indennizzo dei diritti personali come corvées
e prestazioni d’opera, pedaggi, bannalità come l’obbligo di servirsi (a pagamento) del mulino o del forno del
signore, diritti di caccia e di colombaia ecc.; 2) si sopprime la venalità degli uffici; 3) apre a tutti i cittadini
l’accesso agli impieghi e alle professioni; 4) elimina i privilegi nobiliari e le decime ecclesiastiche. Però, mentre
diritti sulle persone (corvées ecc.) sono interamente aboliti, quelli sulle terre, considerati una forma di proprietà,
sono dichiarati riscattabili. Sino all’abolizione di tali diritti «reali» (ciò che resta dei diritti feudali), decretata dalla
Convenzione nel 1793, i contadini continueranno a versare gli antichi canoni e le decime.
Art. 1. L’Assemblea nazionale distrugge totalmente il regime feudale. Essa decreta che i diritti e i doveri, sia
feudali che censuali, che attengono alla manomorta* [complesso di limitazioni alla proprietà privata], reale o
personale, e alla servitù personale, e quelli che li rappresentano, sono aboliti senza indennità, tutti gli altri sono
dichiarati riscattabili, e il prezzo e il modo del riscatto saranno stabiliti dall’Assemblea nazionale. Tra i suddetti
diritti quelli che non sono soppressi dal presente decreto continueranno nondimeno a essere percepiti fino al
rimborso. [...]
Art. 3. Il diritto esclusivo della caccia e delle garenne* aperte [conigliere] è del pari abolito, e ogni proprietario ha
il diritto di distruggere e di far distruggere, solo sui suoi possedimenti, ogni specie di selvaggina, purché ci si
uniformi alle leggi di polizia relative alla sicurezza pubblica.
Tutte le capitanerie, comprese quelle reali, e tutte le riserve di caccia, sotto qualsiasi denominazione esse siano,
sono ugualmente abolite; e si provvederà, mediante mezzi compatibili con il rispetto dovuto alle proprietà e alle
libertà, alla conservzione die luoghi di piacere personali del re.
Il signor presidente è incaricato di chiedere al re il richiamo dei galeotti e dei banditi per fatti di caccia, la
scarcerazione dei prigionieri attualmente detenuti e l’abolizione delle procedure esistenti a questo riguardo.
Art. 4. Tutti i tribunali signorili sono soppressi senza alcuna indennità, e nondimeno gli ufficiali di questi tribunali
continueranno a esercitare le loro funzioni fino a che l’Assemblea nazionale non abbia provveduto a stabilire un
nuovo ordine giudiziario.
Art. 5. Le decime di ogni natura, e i benefici che le sostituiranno, sotto qualunque denominazione esse siano
conosciute e percepite, anche quelle spettanti per abbonamento ai corpi secolari e regolari, ai beneficiari, alle
fabbricerie, e a tutte le persone di manomorta, anche all’ordine di Malta e agli altri ordini religiosi e militari,
comprese quelle che sarebbero stae lasciate a dei laici, in sostituzione e per scelta di porzioni congrue, sono
abolite, purché si trovino i mezzi per provvedere in un latro modo alle spese per il culto divino, al mantenimento
dei ministri dell’altare, al sollievo die poveri, alle riparazioni e alla ricostruzione delle chiese e dei presbiteri, e a
tutti gli istututi, seminari, scuole, collegi, ospedali, comunità e altro, al mantenimento dei quali esse sono
attualmente stanziate.
E tuttavia, fino a che non vi si è provveduto e fino a che gli antichi possessori non sono entrati in godimento dei
benefici sostitutivi, l’Assemblea nazionale ordina che le suddette decime continueranno a essere percepite
secondo le leggi e con le solite modalità. Quanto alle altre decime, di qualsiasi natura esse siano, saranno
riscattabili nei modi che saranno regolati dall’Assemblea, e fino a che questo regolamento non sarà fatto,
l’Assemblea nazionale ordina che continui anche la loro riscossione.
Art. 6. Tutte le rendite fondiarie perpetue, sia in natura, sia in denaro, di qualsiasi specie esse siano, a qualunque
persona esse siano dovute, saranno riscattabili. [...] Le decime (champart) di ogni specie, e sotto tutte le
denominazioni, lo saranno ugualmente al tasso che sarà fissato dall’Assemblea. Sarà proibito in futuro costruire
alcun beneficio non rimborsabile.
Art. 7. La venalità degli uffici di magistratura e di municipalità è soppressa da questo istante. La giustizia sarà resa
gratuitamente. E nondimeno gli ufficiali cui questi uffici sono assegnati continueranno a esercitare le loro funzioni
e a percepirne gli emolumenti, fino a che l’Assemblea non abbia provveduto ai mezzi per rimborsarli.
Art. 8. I diritti casuali dei curati di campagna sono soppressi e cesseranno di essere pagati non appena si sarà
provveduto all’aumento delle porzioni congrue e alla pensione dei vicari, e sarà fatto un regolamento per stabilire
la sorte dei curati delle città.
Art. 9. I privilegi pecuniari, personali o reali, in materia di sussidi, sono aboliti per sempre. La riscossione sarà
fatta su tutti i cittadini e su tutti i beni, nello stesso modo e nella stessa forma; e saranno stabiliti i mezzi per
effettuare il pagamento proporzionale di tutti i contributi, anche per gli ultimi sei mesi del corrente anno tributario.
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
Art. 10. Poiché una costituzione nazionale e la libertà pubblica sono più vantaggiose per le province dei privilegi
di cui alcune di queste godevano, e il cui sacrificio è necessario per l’unione profonda di tutte le parti del dominio,
si dichiara che tutti i privilegi particolari delle province, principati, regioni, cantoni, città e comunità di abitanti,
sia pecuniari che di qualunque altra natura, sono aboliti senza possibilità di ritorno, e confluiranno nel diritto
comune di tutti i francesi.
Art. 11. Tutti i cittadini, senza distinzione di nascita, potranno essere ammessi a tutti gli impieghi e a tutte le
dignità ecclesiastiche, civili e militari, e nessuna professione utile comporterà perdita del diritto nobiliare.
26 AGOSTO 1789 - DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO
I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l'ignoranza, l'oblio o il
disprezzo dei diritti dell'uomo sono le sole cause delle sfortune pubbliche e della corruzione dei governi, hanno
deciso di esporre, in una solenne Dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi
a essi senza posa i loro diritti e i loro doveri; affinché gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo,
potendo essere in ogni momento confrontati coi fini di tutte le istituzioni politiche, vengano maggiormente
rispettati; affinché i reclami dei cittadini, fondati d'ora in poi su princìpi semplici e incontestabili, siano sempre
rivolti al mantenimento della Costituzione e alla felicità di tutti.
In conseguenza, l'Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere supremo, i
seguenti Diritti dell?uomo e del Cittadino.
Articolo primo. Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono
essere fondate che sull'utilità comune.
2. Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell'uomo. Questi
diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all'oppressione.
3. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo, nessun individuo può
esercitare un'autorità che non emani espressamente da essa.
4. La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l'esercizio dei diritti naturali di ciascun
uomo non ha confini se non quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento dei medesimi diritti.
Questi confini non possono essere determinati che dalla Legge.
5. La Legge non ha diritto di vietare se non le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è vietato dala Legge
non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.
6. La Legge è l'espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno il diritto di concorrere di persona, o
mediante loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve essere la stessa per tutti, sia che protegga, sia che
punisca. Tutti i cittadini essendo eguali ai suoi occhi, sono egualmente ammessi a tutte le dignità, posizioni ed
impieghi publici, secondo la loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti.
7. Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto se non nei casi determinati dalla Legge, e secondo le
forme che essa ha prescritto. Coloro che sollecitano, spediscono, eseguono o fanno eseguire ordini arbitrari,
debbono essere puniti; ma ogni cittadino chiamato o arrestato in virtù della Legge deve obbedire istantaneamente:
egl si rende colpevole se oppone resistenza.
8. La Legge non deve stabilire se non pene strettamente ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito
se non in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e legalmente applicata.
9. Poiché ogni uomo si presume innocente finché non sia stato dichiarato colpevole, se si sia giudicato
indispensabile arrestarlo, ogni rigore che non sarà necessario per assicurarsi della sua persona dev'essere
severamente represso dalla Legge.
10. Nessuno dev'essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la loro manifestazone non turbi
l'ordine pubblico stabilito dalla Legge.
11. La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell'uomo: tutti i cittadini
possono dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi
determinati dalla Legge.
12. La garanzia dei diritti dell'uomo e del cittadino necessita di una forza pubblica; questa forza è dunque istituita
a vantaggio di tutti, e non per l'utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata.
13. Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell'amministrazione, una contribuzione comune è
indispensabile: essa dev'essere egualmente ripartita tra tutti i cittadini, in ragione delle loro facoltà.
14. Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante loro rappresentanti, la necessità della
contribuzione pubblica, di consentirla liberamente, di seguirne l'impiego e di determinanrne la quantità, la
riparazione, l'esazione e la durata.
15. La società ha il diritto di chieder conto a tutti gli agenti pubblici della loro amministrazione.
16. Una società, nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri fissata, non ha una
costituzione.
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
17. Poiché la proprietà è un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, se non quando la necessità
pubblica, legalmente constatata, lo esiga in modo evidente, e sotto la condizione di una giusta e previa indennità.
17 GIUGNO 1791 – LA SOPPRESSIONE DELLE CORPORAZIONI
Il 17 giugno 1791 l’Assemblea nazionale votò la legge che rpendeva il nome dal deputato Isaac Le Chapelier, che
l’aveva redatta e proposta. Con questa legge furono dichiarate sciolte e non più ricostituibili le associazioni dei
maestri artigiani e in genere di chi esercitava una stessa professione (corporazioni o «giurande»), una delle più
radicate istituzioni dell’Europa dell’Ancien Régime. Alla base di questo provvedimento vi erano motivazioni
politiche ed economiche, ma esso ebbe l’effetto di lasciare i lavoratori urbani indifesi nei confronti del potere
sostanziale degli imprenditori.
1. Poiché l’eliminazione di ogni specie di corporazione di cittadini dello stesso stato e professione è una delle basi
fondamentali della costituzione francese, è vietato ristabilirle di fatto, sotto qualsiasi pretesto e forma.
2. I cittadini di uno stesso stato o professione, gli imprenditori, chi ha una bottega in attività, gli operai e gli
apprendisti di qualsiasi arte o mestiere non potranno, allorché si troveranno insieme, nominare né presidenti né
segretari o sindaci, tenere registri, prendere decisioni o deliberazioni, stabilire regolamenti sui loro pretesi
interessi comuni.
3. È vietato a ogni corpo amministrativo o municipale ricevere messaggi o petizioni a nome di uno stato o
professione e di darvi risposta, ed è fatta loro ingiunzione di dichiarare nulle le deliberazioni che potrebber essere
in tal modo prese e di vegliare con cura a che non sia dato a esse alcun seguito ed esecuzione.
4. Se, contro i princìpi della libertà e della costituzione, cittadini che svolgono la stessa professione, arte e
mestiere prendessero deliberazioni o stabilissero fra di loro accordi tendenti in maniera concertata a rifiutare o a
non accordare che a un prezzo determinato la prestazione della loro industria o del loro lavoro, le dette
deliberazioni e accordi sono dichiarate incostituzionali, attentatorie alla libertà e alla dichiarazione dei diritti
dell’uomo e prive di effetto. [...]
6. Se le suddette deliberazioni, convocazioni, manifesti, lettere o circolari contenessero qualche minaccia contro
gli imprenditori, artigiani, operai o giornalieri che vengono da fuori a lavorare nel luogo, o contro coloro che si
contentano di un salario inferiore, tutti gli autori, istigatori e firmatari degli atti o scritti saranno puniti con una
ammenda di mille lire e con tre mesi di prigione. [...]
8. Ogni assembramento composto di artigiani, operai, apprendisti, salariati, eccitato da loro stessi contro il libero
esercizio dell’industria e del lavoro – diritto che appartiene a chiunque e sotto qualsivoglia accordo liberamente
stipulato -, ovvero sollevato contro l’azione della polizia e l’esecuzione delle sentenze emesse in questa maniera, e
così pure contro le aste e gli appalti pubbklici, sarà ritenuto come assembramento sedizioso e come tale sarà
disciolto dai depositari della forza pubblica e punito secondo tutto il rigore delle leggi sulle persone degli autori,
istigatori e capi dei detti assembramenti e di tutti coloro che saranno passati a vie di fatto commettendo atti di
violenza.
(da L. Cahen, R. Guyot, L’œuvre legislative de la Révolution, Alcan, Paris 1913, pp. 461-463)
20 SETTEMBRE 1792 – L’ISTITUZIONE DEL DIVORZIO (DECRETO DELL’ASSEMBLEA LEGISLATIVA)
Il 17 maggio fu portato di fronte all’Assemblea costituente un progetto di legge sullo stato civile, che sottraeva
alla chiesa tutto ciò che riguardava la registrazione delle nascite (che, come evento civile, venivano a sostituire i
battesimi), delle morti e dei matrimoni. La Costituente non fece in tempo a votare questo progetto, che passò poi
all’Assemblea legislativa e fu approvato, come ultimo dei suoi atti, il 20 settembre 1792, giorno in cui
l’Assemblea si sciolse per lasciare il posto alla Convenzione. Il decreto in questione istituiva il matrimonio civile,
l’unico riconosciuto dallo stato e ben distinto da quello religioso. Poiché il matrimonio civile era equiparato a un
contratto, ne conseguiva che esso poteva essere sciolto. Sempre il 20 settembre, l’Assemblea legislativa approvò
anche un decreto che definiva le cause e le modalità del divorzio.
1. Cause del divorzio
1. Il matrimonio si dissolve per divorzio.
2. Il divorzio ha luogo per consenso mutuo degli sposi.
3. Uno degli sposi può far pronunciare il divorzio sulla semplice allegazione di incompatibilità di umore o
di carattere.
4. Ciascuno degli sposi può ugualmente far pronunciare il divorzio [...]: per demenza, follia o furore di uno
degli sposi; per condanna di uno di loro a pene afflittive o infamanti; per delitti, sevizie, ingiurie gravi
dell’uno verso l’altro; per notoria sregolatezza dei costumi; per abbandono [...] per due anni almeno; Per
assenza [...] senza notizie per cinque anni; per emigrazione, nei casi previsti dalle leggi.
7. In avvenire nessuna separazione di corpi* potrà essere più pronunciata.
2. Modalità del divorzio
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
[1] Il marito e la moglie che richiederanno congiuntamente il divorzio saranno tenuti a convocare
un’assemblea di almeno sei parenti prossimi, o di amici in mancanza di parenti (tre scelti dal marito e tre dalla
moglie). [...]
[4] I due sposi si presenteranno di persona all’assemblea ed esporranno la loro richiesta di divorzio. I parenti
[...] faranno le osservazioni e ammonizioni che giudicheranno convenienti. Se gli sposi persistono nel loro
proposito, sarà steso da un ufficiale municipale a ciò preposto un atto contenente semplicemente la
dichiarazione che i parenti [...] hanno udito gli sposi in assemblea debitamente convocata, e che non hanno
potuto riconciliarli. [...]
[5] Un mese almeno e sei mesi al più dopo la data dell’atto enunciato nell’articolo precedente, gli sposi
potranno presentarsi di fronte al pubblico ufficiale incaricato di ricevere gli atti di matrimonio [...] e su loro
richiesta questo ufficiale sarà tenuto a pronunciare il divorzio.
(da L. Cahen, R. Guyot, L’œuvre legislative de la Révolution, Alcan, Paris 1913, p. 380)
ROBESPIERRE: LA LEGITTIMAZIONE DEL TERRORE
(da un discorso di Robespierre alla Convenzione, 1793, cit. In La rivoluzione giacobina, a cura di U. Cerroni, trad.it. Di
F. Fabbrini, Editori Riuniti, Roma 1984: 161-62, 166-168, 171-172. modificata in alcuni punti)
Massimilien Robespierre (1758-1794), convinto sostenitore della «causa del popolo», rappresenta
l'incarnazione dell'anima democratica e intransigente della Rivoluzione. In nome della giustizia sociale,
dell'uguaglianza, della rigenerazione moral, nel 1793 instaura il regime del Terrore. Per portare a
compimento l'opera rivoluzionaria vede la necessità della lotta contro i nemici della democrazia: cospiratori,
agenti dei governi stranieri, accaparratori, aristocratici, contadini vandeani, gli indulgenti (una delle due
fazioni di cui si parla nel testo, quella di Danton e dei girondini, favorevoli a una politica meno intransigente,
interna ed esterna, che chiedono la fine delle restrizioni imposte dal Comitato di salute pubblica, il reintegro
delle libertà civili e commerciali) e gli hebertisti (la seconda fazione, costituita dai seguaci di Hébert eliminati
insieme agli indulgenti tra il marzo e l'aprile del 1794, che spingono per una radicalizzazione della
Rivoluzione e per una intransigente campagna di scristianizzazione). Robespierre realizzerà il suo intento
attraverso il Comitato di salute pubblica, nel quale assumerà un ruolo egemone, facendo emanare una serie di
provvedimenti miranti a rendere più spedita e legale l'eliminazione fisica degli oppositori (o presunti tali).
Nei suoi discorsi, come quello del 5 febbraio 1794, la giustificazione dell'abuso nei confronti della legge (e dei
diritti garantiti dalla Costituzione) avviene sulla base dello stato di estrema necessità: la Francia si trova
infatti in guerra. Il modello paranoide del pensiero cospirativo spingerà Robespierre fino alle estreme
conseguenze, ben evidenziate dal fatto che cadrà egli stesso vittima dei suoi provvedimenti: il 9 termidoro
dell'anno II (1794) Robespierre, Saint-Just e Couthon verranno condannati dalla Convenzione e ghigliottinati
il giorno seguente.
Noi vogliamo, in una parola, adempiere ai voti della natura, compiere i destini dell'umanità, mantenere le
promesse della filosofia, assolvere la provvidenza dal lungo regno del crimine e della tirannia. Che la Francia, un
tempo illustre in mezzo ai Paesi schiavi, eclissando la gloria di tutti i popoli liberi che sono mai esistiti, possa
divenire il modello delle nazioni, il terrore degli oppressori, la consolazione degli oppressi, l'ornamento
dell'universo; e che, sigillando la nostra opera con il nostro sangue, possiamo vedere almeno brillare l'aurora della
felicità universale... Ecco la nostra ambiione; ecco il nostro scopo.
Quale tipo di governo può mai realizzare questi prodigi? Solamente il governo democratico, ossia repubblicano.
Queste due parole sono sinonimi, malgrado gli equivoci del lnguaggio comune: poiché infatti l'aristocrazia non è
repubblica più di quanto non lo sia la monarchia.
La democrazia non è uno Stato in cui il popolo – costantemente riunito – regola da sé stesso tutti gli affari
pubblici; e ancor meno è quello in cui centomila fazioni del popolo, con misure isolate, precipitose e
contraddittorie, decidono la sorte dell'intera società. Un simile governo nn è mai esistito, né potrebbe esistere se
non per ricondurre il popolo verso il dispotismo. La democrazia è uno Stato in cui il popolo sovrano, guidato da
leggi che sono il frutto della sua opera, fa da sé stesso tutto ciò che può far bene, e per mezzo dei suoi delegati
tutto ciò che non può fare da sé stesso. È dunque nei princìpi del governo democratico che dovrete ricercare le
regole per la vostra condotta politica.
Ma per fondare e per consolidare la democrazia tra di noi, per poter giungere al regno pacifico delle leggi
costituzionali, bisogna condurre a termine la guerra delle libertà contro la tirannia, e attraversare con successo le
tempeste della Rivoluzione. Tale è lo scopo del sistema rivoluzionario, che voi avete regolarizzato. Dovete dunque
ancora regolare la vostra condotta nelle circostanze tempestose in cui si trova la Repubblica: e il piano della vostra
amministrazione dev'essere il risultato dello spirito rivoluzionario, combinato assieme ai princìpi generali della
democrazia.
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
Ora, qual è mai il principio fondamentale del governo democratico o popolare, cioè la forza essenziale che lo
sostiene e che lo fa muovere? È la virtù. Parlo di quella virtù pubblica che operò tanti prodigi in Grecia e a Roma,
e che ne dovrà produrre altri, molto più sbalorditivi, nella Francia repubblicana. Di quella virtù che è in sostanza
l'amore della patria e delle sue leggi.
Ma. dato che l'essenza della Repubblica, ossia della democrazia, è l'uguaglianza, ne consegue che l'amore della
patria comprende necessariamente l'amore dell'uguaglianza. Inoltre, quel sentimento sublime presuppone la
priorità dell'interesse pubblico su tutti gli interessi particolari: da ciò risulta che l'amor di matria presuppone
anche – o produce esso stesso – tutte le virtù. Infatti esse sono forse altra cosa che la forza dell'animo che rende
capaci di questi sacrifici? E come farebbe, per esempio, chi è schiavo dell'avarizia o dell'ambizione a immolare il
suo idolo alla patria?
Non soltanto la virtù è l'anima della domocrazia, ma addirittura essa può esistere solo in quella forma di governo.
[…] La grande purezza dei fondamenti della Rivoluzione francese, la sublimità stessa del suo oggetto, è
precisamente ciò che ha fatto la nostra forza e la nostra debolezza. La nostra forza, perché ci dà la superiorità della
verità sopra l'impostura e dei diritti dell'interesse pubblico sopra quelli degli interessi particolari. La nostra
debolezza, perché allea contro di noi gli uomini viziosi, tutti coloro che meditavano nel loro cuore di spogliare il
popolo e tutti quelli che vorrebbero averlo potuto sogliare impunemente; sia quelli che hanno respinto la libertà
come una calamità personale, sia quelli che hanno abbracciato la Rivoluzione come un mestiere e la Repubblic
come una preda. Da qui la defezione di tante persone ambiziose o avide, le quali, dopo la partenza, ci hanno
abbandonato lungo il cammino, perché non avevano iniziato il viaggio con il nostro stesso scopo. Si direbbe quasi
che i due geni contrari, che abbiamo rappresentato come disputantisi il dominio della natura, combattano in questa
grande epoca della storia umana per fissare definitivamente i destini del mondo, e che proprio la Francia sia il
teatro di questa terribile lotta. Al di fuori tutti i tiranni vi circondano, all'interno tutti gli amici della tirannia
cospirano: cospirano finché al crimine non sia tolta perfino la speranza.
Bisogna soffocare i nemici interni ed esterni della Repubblica, oppure perire con essa. Ora, in questa situazione, la
massima principale della vostra politica dev'essere quella di guidare il popolo con la ragione, e i nemici del popolo
con il Terrore.
Se la forza del governo popolare in tempo di pace è la virtù, la forza del governo popolare in tempo di
Rivoluzione è a un tempo la virtù e il Terrore. La virtù, senza la quale il terrore è cosa funesta; il Terrore, senza il
quale la virtù è impotente.
Il Terrore non è altro che la giustizia pronta, severa, inflessibile. Esso è dunque una emanazione della virtù. È
molto meno un principio contingente, che non una conseguenza del principio generale della democrazia applicata
ai bisogni più pressanti della patria.
Alcuni hanno affermato che il Terrore era la forza del governo dispotico. Il nostro Terrore rassomiglia dunque al
dispotismo? Sì, ma coma la spada che brilla nelle mani degli eroi assomiglia a quella della quale sono armati gli
sgherri della tirannia. Che il despota governi pure con il Terrore i suoi sudditi abbruttiti. Egli ha ragione, come
despota. Domate pure con il Terrore i nemici della libertà: e anche voi avrete ragione, come fondatori della
Repubblica. Il governo della Rivoluzione è il dispotismo della libertà contro la tirannia. La forza non è dunque
fatta che per proteggere i crimine? E il fulmine non è forse destinato a colpire le teste orgogliose? La natura
impone a ogni essere fisico o morale la legge di provvedere alla propria conservazione. Il crimine uccide
l'innocenza per regnare, e l'innocenza si dibatte con tutte le forze nelle mani del crimine. Che la tirannia regni un
giorno soltanto e l'indomani non resterà più un solo patriota. Ma fino a quando il furore dei despoti sarà chiamato
giustizia, e la giustizia del popolo barbarie o ribellione? Come si è teneri verso gli oppressori e inesorabili verso
gli oppressi! Nulla di più naturale: chiunque non odia il crimine non può amare lavirtù.
Tuttavia, occorre che l'uno o l'altra soccomba. «Indulgenza verso i realisti!» gridano certuni «Grazia per gli
scellerati!» No: grazia per l'innocenza, grazia per i deboli, grazia per gli infelici, grazia per l'umanità! La
protezione sociale è dovuta solo ai cittadini pacifici. E nella Repubblica non vi sono altri cittadini se non i
repubblicani. I realisti, i cospiratori, non sono che stranieri, per essa, o piuttosto dei nemici.
Questa guerra terribile che la libertà sta sostenendo contro la turannia non è forse indivisibile? I nemici
dell'interno non sono forse alleati con i nemici dell'estero? E gli assassini che lacerano la patria all'interno, gli
intriganti che comprano le coscienze dei mandatari del popolo, i traditori che le vendono, i libellisti mercenari che
sono assoldati per disonorare la causa del popolo, per far morire la virtù pubblica, per attizzare il fuoco delle
discordie civili e per preparare la controrivoluzione politica per mezzo della controrivoluzione morale: tutti questi
individui sono forse meno colpevoli o meno pericolosi dei tiranni di cui stanno al servizio? […]
Gettate un'occhiata sulla nostra reale situazione: sentirete che la vigilanza e l'energia vi sono oggi pù necessarie di
sempre. In ogni dove, un odio sordo contrasta le operazioni del governo. La fatale influenza delle corti straniere,
per il fatto che è più nascosta, non è perciò meno attiva né meno funesta. Si avverte che il crimine, intimidito, non
ha fatto che ricoprire il suo cammino con maggior accortezza.
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
I nemici interni del popolo francese si sono divisi in due fazioni, come in due corpi d'armata. Esse marciano sotto
bandiere di diverso colore e per strade diverse; ma tuttavia marciano verso il medesimo scopo: questo scopo è la
disorganizzazione del governo popolare, la rovina della Convenzione, vale a dire il trionfo della tirannia.
L'una di queste due fazioni ci spinge alla debolezza, l'altra agli eccessi. L'una vuole ridurre la libertà a baccante,
l'altra a prostituta. Alcuni intriganti subalterni, e spesso anche dei buoni cittadini ingannati, si schierano ora con
l'uno ora con l'altro dei partiti: ma i capi appartengono alla causa dei re o dell'aristocrazia, e si riuniscono sempre
contro i patrioti. I furfanti – anche quando si fanno la guerra tra di loro – si odiano molto meno di quanto detestino
la gente onesta. La patria è la loro preda; si combattono per dividersela, ma si alleano contro coloro che la
difendono. Agli uni si è dato il nome di moderati; vi è forse più arguzia che esattezza nella denominazione di
«ultrarivoluzionari» con la quale sono stati designati gli altri. Una denominazione, questa, che, mentre non può
applicarsi in nessun caso agli uomini di buona fede che possono essere condotti, dallo zelo o dall'ignoranza, al di
là della sana politica della Rivoluzione, non riesce a caratterizzare esattamente gli uomini perfidi che la tirannia
assolda per compromettere, con applicazioni false e funeste, i sacri princìpi della nostra rivoluzione.
Il falso rivoluzionario è forse ben più spesso ancora al di qua che non al di là della Rivoluzione. È un moderato o
è un fanatico del patriottismo, a seconda delle circostanze. Ciò che egli penserà domani viene deciso oggi nei
comitati prussiani, inglesi, austriaci e perfino moscoviti. Egli si oppone alle misure energiche, ma egli stesso le
esagera quando non ha potuto impedirle. È severo verso l'innocenza, ma indulgente verso il crimine. Egli arriva
perfino ad accusare quei colpevoli che non sono abbastanza ricchi per comprare il suo silenzio, né abbastanza
importanti per meritare la sua devozione; ma si guarda bene dal compromettersi fino al punto di difendere la virtù
calunniata. Egli scopre, talvolta, complotti già scoperti, strappando la maschera a traditori già smascherati e
perfino decapitati; ma magnifica i traditori viventi e ancora accreditati. È sempre sollecito nell'accarezzare
l'opinione del momento, e non meno attento a far di tutto per non illuminarla mai e soprattutto a non urtarla mai. È
sempre pronto ad adottare le misure più ardite purché non abbiano troppi inconvenienti; calunnia quelle che non
presentano se non dei vantaggi oppure vi aggiunge tutti quegli emendamenti che possono renderle nocive. Egli
dice la verità con parsimonia, e solamente quanto basta per acquisire il diritto di mentire poi impunemente.
Distilla il bene goccia a goccia, e versa il male a torrenti; è pieno di fuoco per le grandi risoluzioni che non
significano più niente; ma è più che indifferente per quelle che possono onorare la causa del popolo e salvare la
patria. Concede molto alle forme esteriori del patriottismo: attaccatissimo – proprio come quei devoti di cui si
dichiara nemico – alle pratiche esteriori, preferirebbe usare cento berretti rossi, piuttosto che fare una buona
azione.
Quale differenza trovate mai tra queste persone e quelli che voi chiamate «moderati»? Sono tutti servitori
impiegati presso lo stesso padrone, oppure, se volete, complici che fingono di essere in discordia tra loro per poter
meglio mascherare i loro crimini. Giudicateli non già dalla diversità del linguaggio, bensì dall'identità dei risultati.
FRANÇOIS FURET, VOCE «TERRORE»
(In F. Furet e M. Ozouf (c/di), Dizionario critico della Rivoluzione francese, trad. it. Di M. Boffa,
Bompiani, Milano 1988: 172-174, 175-177, 182-184)
5 settembre 1793: la Convenzione mette «Il Terrore» all'ordine del giorno. Ciò vuol dire che essa organizzerà,
rendendola più celere e sistematica, la repressione dei nemici interni della Repubblica, e intraprenderà il castigo
sommario di tutti i traditori. Ma questa dichiarazione candida e brutale, questo voto inaugurale del Terrore,
intervengono in condizioni particolari. Fin dal mattino, i sanculotti hanno invaso l'Assemblea e reclamano insieme
pane e ghigliottina, la ghigliottina per avere il pane. Ciò che vogliono, e che avranno qualche giorno dopo, è
un'«armata rivoluzionaria» interna, che obblighi gli accaparratori e i nemici della Repubblica a cedere il maltolto,
grazie ala macchina minacciosa che essa porta con sé, «lo strumento fatale che taglia via d'un colpo solo e i
complotti e la vita dei loro autori». Poco dopo, una delegazione dei giacobini riprende lo stesso discorso, in una
versione meno alimentare: bisogna ghigliottinare «i traditori». E per dare solenne soddisfazione ai militanti
parigini, il Comitato di salute pubblica decreta il Terrore all'ordine del giorno.
Le circostanze che si accompagnano a questa celebre decisione indicano che, ancor prima di essere un insieme di
istituzioni repressive, utilizzate dalla Repubblica per liquidare i propri avversari e appoggiare il proprio dominio
sulla paura il Terrore è una rivendicazione basata su convinzioni o credenze politiche, un tratto caratteristico
dell'attivismo rivoluzionario e della sua mentalità.
Come tale, è anteriore alla dittatura dell'anno II [1794], alla Repubblica, alla guerra con l'Europa. Esso esiste fin
dagli inizi dell'estate 1789, legato all'idea che la Rivoluzione sia minacciata da un complotto aristocratico, di cui
solo provvedimenti sommari possono venire a capo. Le violenze popolari che accompagnano a Parigi la giornata
del 14 luglio s'inseriscono già in questa specie di logica per metà economica e per metà politica che caratterizza
l'azione della folla parigina: l'uccisione del ministro Foullon de Doué, il 22, seguita da quella di suo genero,
l'intendente di Parigi Bertier de Sauvigny, è un'esecuzione sommaria in cui si sfoga l'ossessione
dell'accaparramento dei cereali e del complotto di Versailles. In settembre, con Marat e L'Ami du Peuple, l'idea
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LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
terrorista trova il suo giornale e il suo uomo. Il 6 ottobre, i parigini riportano nella capitale non tanto un re, quanto
un ostaggio: vedono nel ritorno «del fornaio, della fornaia e del garzoncello» la garanzia del futuro
approvvigionamento di Parigi, e anche del loro controllo sulle attività del re e sugli intrighi della regina e del
seguito. Infatti questo clima di sospetto generale e sistematico va di pari passo con una costante sopravvalutazione
del carattere risoluto e dei mezzi incomparabili dell'avversario; il timore del complotto è alimentato dall'idea
dell'onnipotenza del nemico che, tuttavia, il popolo deve tenere in scacco. […]
La guerra moltiplica i rischi e i timori. Cancella definitivamente la linea che separa opposizione e tradimento. Fa
dei nobili e dei preti refrattari dei nemici della patria. Liquida rapidamente il simulacro regale che era
sopravvissuto all'episodio di Varennes, ma la caduta del re, dopo il 10 agosto, non diminuisce affatto i pericoli che
la congiura dei nemici esterni e dei traditori all'interno fa correre alla Rivoluzione. Al contrario. Le sei settimane
che separano la presa delle Tuileries dalla riunione della Convenzione, il 20 settembre, segnano l'ingresso del
Terrore nella politica rivoluzionaria.
Ma non ancora come politica della Rivoluzione. Infatti 'lAssemblea legislativa è ormai solo una sovranità
provvisoria, e il potere reale è passato nelle mani dei vincitori del 10 agosto: la Comune di Parigi, composta dal
vecchio Comitato insurrezionale integrato da elezioni su misura, circa trecento membri che rappresentano il fior
fiore del militantismo parigino. Sotto la sua pressione, il 17 agosto, la Legislativa vota l'instaurazione di un
Tribunale straordinario, seguita da testi che mettono fuori legge i preti refrattari. Sotto la sua diretta autorità le
sezioni parigine si costituiscono in altrettanti comitati di sorveglianza, che moltiplicano le perquisizioni e gli
arresti. Il castigo dei «colpevoli» è all'ordine del giorno. […]
L'11 marzo, la Convenzione istituisce un Tribunale rivoluzionario per giudicare i sospetti; il 21 si creano i
Comitati di sorveglianza, incaricati di tener d'occhio, a livello locale, i «sospetti», categoria lasciata largamente al
loro giudizio; il 28 si codificano, aggravandole, le leggi contro gli emigrati, suscettibili della pena di morte se
tornano in Francia, e privati dei loro beni. La filosofia di questi provvedimenti è ben riassunta da Danton, che
pensa ai minacciosi avvenimenti di settembre «Siamo terribili per dispensare il popolo dall'esserlo». L'espulsione
forzata dei girondini dalla Convenzione, il 2 giugno, accelera l'evoluzione terrorista dando un pegno
supplementare, e di capitale importanza, alle esigenze dei sanculotto; la situazione interna ed esterna al principio
dell'estate giustifica una dittatura dei comitati, l'invio di rappresentanti muniti di poteri straordinari nelle province
in rivolta e presso le armate, provvedimenti esulanti dal diritto comune. Ma, ancora una volta, è l'invasione
dell'Assemblea da parte dei militanti delle sezioni, il 5 settembre, che fa mettere «il Terrore all'ordine del giorno».
Il Terrore è ormai un sistema di governo; o meglio, una parte essenziale del governo rivoluzionario. Il suo braccio.
La sua struttura amministrativa è semplice. Al vertice stanno i due comitati, e più particolarmente il Comitato di
sicurezza generale, con compiti di sorveglianza e di polizia; alla base, una vasta rete di comitati rivoluzionari
locali, incaricati di reperire e di arrestare i «sospetti» e di rilasciare i certificati di civismo. Compiti
complementari, poiché l'impossibilità di fornire un tale certificato definisce per eccellenza il «sospetto», cioè il
nemico del regime, o semplicemente il suo potenziale avversario, l'attendista. Una marea di denunce, del resto,
viene messa in moto da questo incitamento dell'autorità pubblica. I «sospetti» sono giudicati da Corti
straordinarie; la principale, a Parigi, è il Tribunale rivoluzionario, creato nel marzo 1793, riorganizzato in
settembre per accelerare il suo funzionamento: diviso in quattro sezioni di cui due operano simultaneamente, è
costituito da sedici giudici incaricati dell'istruttoria, sessanta giurati, un pubblico accusatore coadiuvato dai suoi
sostituti, tutti nominati dalla Convenzione su proposta di due comitati. La subordinazione al potere politico è
quindi stabilita in linea di principio, l'istruzione delle cause è rapida e priva di indipendenza, le udienze sono
sbrigative, e un decreto dell'ottobre 1793, destinato a soffocare la difesa dei deputati girondini, le limita a tre
giorni. L'autonomia concessa al Tribunale consiste nel poter rimettere in libertà alcuni accusati; dopo di che,
l'incolpato si gioca la vita, perché le sentenze, ben presto, non conoscono vie di mezzo: o l'assoluzione o la morte.
Le sentenze sono emesse con deliberazione segreta a maggioranza di voti, ma il decreto di marzo specifica che i
giudici devono «esprimersi ad alta voce»; Michelet commenta, seguito da Louis Blanc: «Tutto il Terrore era in
questa parola, più che nell'intero progetto».
Ma il Terrore non è racchiuso in una sola istituzione, per quanto simbolica. Esso è anche uno strumento di
governo onnipresente, con cui la dittatura rivoluzionaria di Parigi può far sentire il suo pugno di ferro ovunque,
nelle province e nelle armate. Esso si esercita attraverso l'«Armata rivoluzionaria», creata in settembre, grande
serbatoio di attivisti al comando del sanculotto Ronsin, gendarmeria politica della Parigi delle sezioni presente in
tutte le città e campagne della Repubblica, un occhio puntato sull'accaparratore, l'altro sul famoso «sospetto». Il
Terrore ha la sua leva principale nel rappresentante in missione, delegato dalla Convenzione e dal Comitato di
salute pubblica per organizzare la vittoria della Rivoluzione alle frontiere, e sterminare i nemici della Repubblica
nelle regioni in rivolta o in guerra contro Parigi. Infatti questo rappresentante dispone di pieni poteri per istituire
sul posto tribunali o corti marziali straordinarie incaricate di accelerare la repressione, per non parlare di una
giustizia ancora più sommaria fatta di esecuzioni collettive, come in Vandea e a Lione. L'esercizio del terrore si
svolge quindi attraverso un variopinto tessuto di istituzioni improvvisate: tribunali speciali organizzati sul modello
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LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
di Parigi sono stati istituiti ad Arras, Cambrai, Brest, Rochefort e Tolosa durante l'inverno 1793-1794; ma la
maggior parte degli organi di repressione sono state le «commissioni straordinarie», civili o militari, create ad hoc
nelle zone di guerra civile, e giudicanti senza appello. È solo nella primavera del 1794 che il Tribunale
rivoluzionario di Parigi tende a evocare sempre più spesso alla propria sbarra i colpevoli di crimini contro la
Rivoluzione; le leggi del 27 germinale (16 aprile) e del 19 floreale (8 maggio) coronano questa evoluzione,
dandone al Tribunale la giurisdizione esclusiva.
La primavera del 1794 – un anno dopo la creazione del Tribunale – è del resto l'epoca dell'istituzionalizzazione
amministrativa del Terrore, con la terribile legge del 22 pratile (10 gougno), la cui prima stesura è di pugno di
Couthon. Essa rinnova la maggioranza del personale del Tribunale rivoluzionario in servizio, a cominciare dal
pubblico ministero, rappresentato fin dall'inizio da Fouquier-Tinville; la sua novità consiste nella ridefinizione
della missione e dell'onnipotenza sterminatrice di questa temibile Corte. L'articolo 4 della legge stabilisce che «il
Tribunale è istituito per punire i nemici del popolo»: questa specificazione più politica che giuridica annincia
procedure più sommarie che giudiziarie. Il testo sopprime l'istruttoria (art.12), fondando l'atto d'accusa su semplici
denunce (art.9); nega all'accusato l'aiuto di un avvocato (art. 16), e trasforma l'udienza in una pura formalità,
sopprimendo anche l'escussione dei testimoni. Art. 13: «Se esistono prove materiali, indipendentemente dalla
prova testimoniale, non saranno ascoltati testimoni...». Robespierre, che presiede la seduta del 22 pratile, si reca
alla tribuna dell'Assemblea per appoggiare il suo fidoCouthon contro alcuni convenzionali, spaventati dal
carattere di questa giustizia rivoluzionaria: «Sfideremo le perfide insinuazioni con cui si vorrebbero tacciare di
eccessiva severità i provvedimenti imposti dal pubblico interesse. Questa severità è temibile solo per i cospiratori,
per i nemici della libertà». […]
Il Terrore si è effettivamente sviluppato, nel corso della Rivoluzione francese, in una congiuntura di minaccia
interna e interna, e, attraverso l'ossessione del tradimento da parte degli «aristocratici» e del «complotto
aristocratico». Esso stesso si è sempre giustificatoin questi termini, come indispensabile alla salvezza della patria.
Ed è messo «all'ordine del giorno» ed esercitato in nome dello Stato e della Repubblica solo sotto la pressione dei
militanti sanculotti. Nel settembre 1792 i massacri delle prigioni parigine hanno dimostrato a quali eccessi
potevano giungere le passioni punitive del popolo; un anno dopo, la Convenzione e i Comitati faranno del Terrore
un'insegna di governo anche per incanalare queste passioni.
Tuttavia, né le circostanze né la mentalità politica del popolino sono sufficienti a spiegare il fenomeno.
Anche le «circostanze», infatti, hanno una cronologia. Esse presentano i maggiori rischi per la Rivoluzione al
principio e a metà dell'estate 1793, in un momento in cui il tribunale rivoluzionario svolge un'attività
relativamente minima. Invece, il Terrore s'intensifica con il miglioramento della situazione e con le vittorie, a
partire da ottobre. Raggiunge il culmine durante l'inverno, a Lione sottomessa da parecchi mesi, nella Vandea
sconfitta, ma condannata alla devastazione; e un po' ovunque vi siano stati scontri violenti, a discrezione dei
militanti locali o degli inviati della convenzione. Sicché esiste effettivamente un rapporto tra la guerra civile e il
Terrore, ma all'interno di questo rapporto il Terrore non costituisce uno strumento destinato a far finire la guerra
civile, dal momento che le è posteriore, e la estende invece di smorzarla. Non si può attribuire al Terrore il merito
dello slancio patriottico senza peccare d'incoerenza, perché ciò significherebbe fare l'ipotesi – d'altronde inesatta –
di una Franca controrivoluzionaria. Né attribuirgli il merito di aver salvato la patria, o mantenuto la Repubblica,
perché il Terrore interviene dopo la vittoria. «Il grande Terroe» scriveva già il repubblicano Quinet nel 1867 «è
comparso quasi dappertutto dopo le vittorie. Vorremmo affermare che le ha prodotte? Diremo che nei nostri
sistemi l'effetto precede la causa?» (E. Quinet, Critica della Rivoluzione). […]
Non che tali circostanze non abbiano svolto alcun ruolo; con ogni evidenza hanno creato l'ambiente adatto per lo
sviluppo dell'ideologia e la progressiva attuazione delle istituzioni terroriste. Ma tale ideologia, presente nella
Rivoluzione fin dal 1789, preesiste a queste circostanze e possiede una realtà indipendente, che riguarda il
carattere della cultura rivoluzionaria francese, attraverso svariati itinerari di idee.
La prima idea è quella della rigenerazione dell'uomo, per cui la Rivoluzione francese si apparenta a
un'annunciazione di tipo religioso in forma secolarizzata. Gli attori degli avvenimenti hanno infatti pensato la
propria storia come un'emancipazione dell'uomo universale. Si trattava non di riformare la società francese, ma di
restituire il patto sociale fondandolo sulla libera volontà degli uomini: la Francia era solo il primo atto di questo
decisivo avvento. Ora, quest'ambizione autenticamente filosofica presenta il carattere eccezionale di trovarsi
sottoposta senza tregua alla dimostrazione della storia reale, come una promessa religiosa che abbia affidato la
prova della sua verità all'empiricità dei fatti. In questo scarto nasce l'idea di una rigenerazione, per colmare ciò che
continua a separare la Rivoluzione dalla sua ambizione, alla qale tuttavia essa non può rinunciare senza cessare di
essere sé stessa. Se la Repubblica dei liberi cittadini non è ancora possibile, ciò è dovuto al fatto che gli uomini,
pervertiti dalla storia passata, sono cattivi; attraverso il Terrore, la Rivoluzione, questa storia inedita, creerà un
uomo nuovo.
C'è poi un'altra idea, che dice la stessa cosa o conduce allo stesso risultato: la politica può tutto. L'universo
rivoluzionario è un universo popolato di volontà, tutto animato dal conflitto tra le buone intenzioni e i disegni
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
nefasti; l'azione non è mai incerta, il potere non è mai innocente. Come ha ben compreso Marx, dopo Hegel, la
Rivoluzione francese è il teatro in cui si svolge nella sua purzza il volontarismo politico moderno; l'evento è
sempre fedele alla propria idea originaria, secondo cui l'istituzione del contratto sociale non può che essere il
prodotto di libere volontà. Questa competenza illimitata attribuita all'azione politica schiude un campo immenso
alla radicalizzazione dei conflitti e al fanatismo militante. Ogni individuo può ormai fare proprio il vecchio
monopolio divino, quello di creare il mondo umano, con l'ambizione di ricrearlo. Perciò, se trova ostacoli che
impediscono il suo progetto, li attribuisce alla perversità delle volontà avverse più all'opacità delle cose: l'unico
scopo del Terrore è di venirne a capo.
LEGGE DEL 22 PRATILE ANNO III (10 GIUGNO 1794)
Questa legge «eccezionale» rappresenta il culmine della dittatura della Montagna: fu fortemente voluta da
Robespierre, che insieme a Saint-Just e Couthon dominava il Comitato di salute pubblica. Al Tribunale
rivoluzionario viene conferita la competenza per tutti i reati politici. Era così consentito condannare i sospetti
sulla base della convinzione del giudice, senza bisogno di prove testimoniali e senza alcuna garanzia
giuridica. La pena comminata era sempre la morte. Essa segna così l'inizio del «Grande Terrore».
Art.4. Il Tribunale rivoluzionario è istituito per punire i nemici del popolo.
Art.5. I nemici del popolo sono quelli che cercano di annientare la libertà pubblica, sia con la forza, sia con
l'astuzia.
Art. 6. Sono considerati nemici del popolo quelli che avranno provocato il ristabilimento della monarchia, o
cercato di esautorare la Convenzione nazionale e il governo rivoluzionario e repubblicano di cui essa è il
centro;
quelli che avranno tradito la Repubblica al comando delle piazzeforti o degli eserciti o in qualsiasi altra
funzione militare, stabilito degli accordi con i nemici della Repubblica, lavorato a far mancare gli
approvvigionamenti o i servizi delle armate;
quelli che avranno cercato di impedire gli approvvigionamenti di Parigi o di provocare penuria di viveri nella
Repubblica;
quelli che avranno assecondato i progetti dei nemici della Francia, sia favorendo la fuga e l'impunità dei
cospiratori e dell'aristocrazia, sia calunniando il patriottismo, sia corrompendo i mandatari del popolo, sia
abusando dei principi della Rivoluzione, delle leggi o delle misure del governo per mezzo di applicazioni
false e perfide;
quelli che avranno cercato di ispirare lo scoraggiamento per favorire le azioni dei tiranni collegati contro la
Repubblica;
quelli che avranno diffuso notizie false per dividere o turbare il popolo;
quelli che avranno cercato di traviare l'opinione e impedire l'istruzione del popolo, depravare i costumi e
corrompere la coscienza pubblica e alterare la forza e la purezza dei principi rivoluzionari e repubblicani o di
arrestarne i progressi, sia per mezzo di scritti controrivoluzionari o insidiosi, sia per mezzo di qualsiasi altra
macchinazione. […]
Art. 7. La pena prevista per tutti i delitti di competenza del Tribunale rivoluzionario è la morte.
Art. 13. Se esistono prove sia materiali sia morali, indipendentemente dalla prova testimoniale, non saranno
intesi testimoni, a meno che questa formalità non sembri necessaria o per scoprire dei complici o per altre
considerazioni maggiori d'interesse pubblico.
Art. 16. La legge dà per difensori ai patrioti calunniati dei giurati patrioti: non ne accorda ai cospiratori.
IL MANIFESTO DEGLI UGUALI
(In: Il socialismo prima di Marx, c/di G.M. Bravo, Editori Riuniti, Roma 1966)
La Rivoluzione francese non è che l'avanguardia di un'altra rivoluzione, più grande e più solenne: l'ultima
rivoluzione.
Il popolo ha marciato sui corpi dei re e dei potenti coalizzati contro di lui: così accadrà dei nuovi tiranni [gli
esponenti della birghesia direttoriale, per la quale vale il principio della ricchezza, che ha sostituito quello del
sangue], assisi al posto dei vecchi.
Di che necessitiamo, oltre all'uguaglianza dei diritti?
Noi non abbiamo soltanto bisogno di questa uguaglianza, quale risulta dalla Dichiarazione dei diritti
dell'uomo e del cittadino: la vogliamo in mezzo a noi, sotto il tetto delle nostre case. Siamo disposti a tutto, a
far tabula rasa per conservar essa sola. Periscano, se necessario, tutte le arti, purché ci resti l'uguaglianza
reale. […]
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
La legge agraria o la divisione delle terre fu l'aspirazione momentanea di alcuni soldati senza princìpi, di
alcune popolazioni spinte dal loro istinto più che dalla ragione [si veda l'esempio dei Gracchi]. Noi miriamo
a qualcosa di più sublime e di più equo, il bene comune, o la comunità dei beni! Non più proprietà privata
della terra: la terra non è di nessuno. Noi reclamiamo, vogliamo il godimento comune dei frutti della terra: i
frutti appartengono a tutti.
Dichiariamo di non poter ulteriormente permettere che la grande maggioranza degli uomini lavori e sudi al
servizio e per il piacere di una piccola minoranza.
Da troppo tempo meno di un milione di individui ha a propria disposizione quanto appartiene a più di venti
milioni di loro simili, di loro eguali.
Abbia infine termine questo grande scandalo, cui i nostri nipoti non vorranno prestar fede! Sparite, infine,
disgustose distinzioni fra ricchi e poveri, fra grandi e piccoli, fra padroni e servi, fra governanti e governati.
Tra gli uomini non vi sia più altra differenza che quella data dall'età e dal sesso. Giacché tutti hanno i
medesimi bisogni e le medesime facoltà, non ci sia dunque più per essi che una sola educazione, che un solo
nutrimento. Tutti si accontentano di un unico sole e di una sola aria: perché le stesse quantità e qualità di
alimenti non dovrebbero bastare a ciascuno di essi? […]
Popolo di Francia!
[…] Mai disegno più vasto è stato concepito e posto in esecuzione. Di quando in quando alcuni uomini
d'ingegno, alcuni saggi, ne hanno parlato con voce bassa e tremante. Nessuno di essi ha avuto il coraggio di
dire intera la verità.
Il momento delle grandi misure è giunto. Il male è al colmo: copre la faccia della terra. Il caos, sotto il nome
di politica, regna su di essa da troppi secoli. Che tutto rientri nell'ordine e riprenda il suo posto. All'appello
dell’uguaglianza, gli elementi della giustizia e della felicità si riorganizzino. È giunto il momento di fondare
la Repubblica degli Uguali, questo grande rifugio aperto a tutti gli uomini. Sono giunti i giorni della
restituzione generale. Famiglie sofferenti, venite a sedervi alla tavola comune eretta dalla natura per tutti i
suoi figli.
Popolo di Francia!
A te era dunque riservata la più splendente di tutte le glorie! Sì, tu, per primo, offrirai al mondo questo
commovente spettacolo. […]
Apri gli occhi e il cuore di fronte alla pienezza della felicità: riconosci e proclama con noi la Repubblica
degli Uguali.
LA REPUBBLICA DELLE DONNE
(Olympe de Gouges, Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, 1791, il melangolo, Genova 2007.)
Le madri, le sorelle, rappresentanti della nazione, chiedono di potersi costituire in Assemblea nazionale.
Considerando che l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le sole cause del pubblico
malessere e della corruzione dei governi, esse hanno deciso di enunciare, in una dichiarazione solenne, i
diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché tale dichiarazione, esposta in modo permanente
all'attenzione di tutti i membri del corpo sociale, ricordi loro in ogni momento i loro diritti e doveri; affinché
gli atti che pertengono al potere delle donne e a quello degli uomini, potendo essere costantemente
confrontati con lo scopo di ogni istituzione politica, vengano considerati con maggior rispetto; e affinché le
rivenicazioni delle cittadine, incardinate su princìpi semplici e incontestabili, si volgano sempre al
consolidamento della Costituzione, dei buoni costumi e della felicità di tutti.
In conseguenza di ciò, il sesso superiore in bellezza, e in coraggio nelle sofferenze della maternità, riconosce
e dichiara, al cospetto e sotto gli auspici dell'essere supremo, i seguenti diritti della donna e della cittadina.
Articolo 1. La donna nasce libera e mantiene parità di diritti con l'uomo. Le distinzioni sociali possono essere
fondate unicamente sull'utilità comune.
Articolo 2. Lo scopo di ogni associazione politica è quello di preservare i diritti naturali e imprescrittibili
della donna e dell'uomo: tali diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza, e innanzitutto la resistenza
all'oppressione.
Artcolo 3. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, la quale non è altro che la
riunione della donna e dell'uomo: nessun corpo e nessun individuo può esercitare un'autorità che non emani
espressamente da essa.
Articolo 4. La libertà e la giustizia consistono nel restituire all'altro tutto ci che gli appartiene; e poiché
l'esercizio dei diritti naturali della donna ha come solo limite la perpetua tirannia che l'uomo le oppone,
questo limite deve essere riformato in base alle leggi della natura e della ragione.
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
Articolo 5. Le leggi della natura e della ragione vietano ogni atto che nuoce alla società: tutto ciò che non è
vietato da queste leggi sagge e divine non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che
esse non comandano.
Articolo 6. La legge deve essere l'espressione della volontà generale; tutte le cittadine e tutti i cittadini
devono concorrere, personalmente o attraverso i loro rappresentanti, alla sua formazione; essa dev'essere
uguale per tutti; tutte le cittadine e tutti i cittadini, essendo uguali di fronte a essa, devono poter accedere con
pari diritto a ogni carica, posto e impiego pubblico, senza altre distinzioni che quelle derivanti dalle loro
virtù e dalle loro capacità.
Articolo 7. Nessuna donna costituisce eccezione; ognuna è accusata, arrestata e detenuta nei casi determinati
dalla legge. Le donne obediscono come gli uomini a questa norma rigorosa.
Articolo 8. La legge deve stabilire solo le pene strettamente ed evidentemente necessarie, e nessuno può
essere punito se non in forza di una legge stabilita e promulgata anteriormente al reato, e legalmente
applicabile alle donne.
Articolo 9. A ogni donna dichiarata colpevole si applicano esclusivamente i rigori della legge.
Articolo 10. Nessuno deve essere perseguito per le sue opinioni, per quanto radicali; come la donna ha il
diritto di salire al pubblico, così deve avere anche quello di salire alla tribuna, purché le sue esternazioni non
turbino l'ordine pubblico stabilito dalla legge.
Articolo 11. La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei più preziosi diritti della donna,
poiché tale libertà assicura la legittimità dei padri nei confronti dei figli. Ogni cittadina può quindi affermare
liberamente: sono madre di un figlo che vi appartiene, senza che un barbaro pregiudizio la costringa a
dissimulare la verità; salvo rispondere dell'abuso di tale libertà nei casi determinati dalla legge.
Articolo 12. La garanzia dei diritti della donna e della cittadina presuppone un'utilità superiore; tale garanzia
dev'essere istituita a vantaggio di tutti, e non per l'utilità particolare delle donne cui è accordata.
Articolo 13. Per il mantenimento della forza pubblica e per le spese dell'amministrazione, il contributo della
donna e quello dell'uomo sono uguali; la donna partecipa a tutte le mansioni e a tutti i compiti, anche i più
ingrati; deve quindi partecipare ugualmente all'assegnazione dei posti, degli impieghi, delle cariche, della
dignità e delle responsabilità produttive.
Articolo 14. Le cittadine e i cittadini hanno il diritto di verificare direttamente, o attraverso i loro
rappresentanti, il fabbisogno di contribuzione pubblica. Le cittadine possono concorrervi previo
riconoscimento di una distribuzione paritaria, non sono della ricchezza ma anche dei poteri pubblici,
compreso quello di determinare le aliquote, l'imponibile, il gettito e la durata delle imposte.
Articolo 15. L'insieme delle donne, unificato nella contribuzione a quello degli uomini, ha il diritto di
chiedere conto a ogni pubblico ufficiale della sua azione amministrativa.
Articolo 16. Una società nella quale non è assicurata la garanzia dei dirittie non è stabilita la separazione dei
poteri è priva di Costituzione; la Costituzione è nulla se la maggioranza degli individui che costituiscono la
Nazione non ha collaborato alla sua redazione.
Articolo 17. La proprietà appartiene a entrambi i sessi, riuniti o separati. Essa è diritto sacro e inviolabile di
ciascuno; trattandosi di autentico patrimonio naturale, nessuno può esserne privato se non quando lo esiga
con evidenza una necessità pubblica legalmente constatata, e a condizione di un equo risarcimento
preventivo.
LA MESSA A DISPOSIZIONE DEI BENI DEL CLERO: DISCORSO DI TALLEYRAND DEL 10 OTTOBRE 1789
(In: Archives parlementaires, 1a serie, Imprimerie nationale, Paris 1867, t. IX, p. 398)
Per quanto santa possa essere la natura di un bene posseduto secondo la legge, la legge stessa può garantire
solo ciò che è stato concesso dai fondatori. Tutti sappiamo che la parte i quei beni necessaria al
mantenimento dei beneficiari è la sola che appartiene loro, mentre il resto è delle chiese e dei pover. Se la
nazione garantisce questo mantenimento, la proprietà dei beneficiari non viene attaccata; se essa prende il
resto per sé, se attinge a questa fonte abbondante soltanto per soccorrere ai gravi bisogni dello Stato,
l'intenzione dei fondatori è esaudita, la giustizia non è violata. La nazione può dunque, in primo luogo,
appropriarsi dei beni delle comunità religiose da sopprimere, garantendo il mantenimento delle persone che
ne fanno parte; in secondo luogo, impadronirsi dei benefici senza funzione; in terzo luogo, ridurre, almeno in
parte, i redditi attuali dei titolari, assumendo le obbligazoni di cui questi beni vennero gravati all'inizio. La
nazione diverrà proprietaria della totalità delle terre del clero e delle decime, che quest'ordine ha sacrificato,
e garantirà al clero due terzi dei redditi di questi beni. Il reddito delle terre ammonata ad almeno 70 milioni;
quello delle decime a 80, il che fa 150 milioni, e i due terzi 100 milioni, che potranno in seguito ridursi,
grazie agli abbuoni necessari, ai posti vacanti ecc., a 85 o 80 milioni. Questi 100 milioni verranno garantiti al
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
clero con privilegio speciale; ogni titolare verrà pagato trimestralmente e in anticipo, a domicilio, e la
nazione si addosserà tutti i debiti dell'ordine. [...]
DECRETO DI SCRISTIANIZZAZIONE DI FOUCHÉ NELLA NIÈVRE
(cit. Da L. Madelin, Fouché (1759-1820), Plon, Paris 1903)
In nome del popolo francese
Il rappresentante del popolo nei dipartimenti del Centro e dell'Ovest, considerando che il popolo francese
non può riconoscere segni di privilegio diversi dalla legge, dalla giustizia, e dalla libertà, né culto diverso da
quello della morale universale, né dogma diverso da quello della propria sovranità e onnipotenza;
considerando che se, nel momento in cui la Repubblica ha dichiarato solennemente che essa concede eguale
tutela all'esercizio dei culti i tutte le religioni, fosse permesso a ogni seguace di una di esse di esporre nei
luoghi publici, sulle grandi vie di comunicazione e per le strade, i simboli delle loro confessioni e celebrarne
le cerimonie, ne conseguirebbe confusione e disordine nella società, decreta quanto segue:
Articolo primo. Tutti culti delle diverse religioni non potranno essere celebrati che nei rispettivi templi.
Articolo secondo. Poiché la Repubblica non riconosce alcun culto dominante o privilegiato, tutti i simboli
religiosi che si trovano sulle vie di comunicazione, le piazze e in genere tutti i luoghi pubblici, saranno
distrutti.
Articolo terzo. È vietato, a pena della reclusione, a tutti i ministri religiosi, a tutti i preti, vestire abiti religiosi
al di fuori dei loro templi.
Articolo quarto. In ogni municipalità tutti i cittadini morti, a qualunque confessione appartengano, saranno
portati, 24 ore dopo il decesso, e 48 ore in caso di morte improvvisa, nel luogo destinato alla sepoltura
comune, coperti da un velo funebre dipinto con l'immagine del Sonno, accompagnati da un pubblico
ufficiale, circondati dai loro amici in lutto e da un distaccamento dei loro compagni d'armi.
Articolo quinto. Il luogo comune dove riposeranno le loro ceneri sarà isolato da ogni abitazione, piantumato
d'alberi, all'ombra dei quali si eleverà una statua rappresentante il Sonno. Ogni altro simbolo verrà distrutto.
Articolo sesto. Sulla porta di questo campo, consacrato da un religiosi rispetto agli spiriti dei morti, si porrà
questa iscrizione: «La morte è un sonno eterno». […]
Nevers, 19° giorno del primo mese dell'anno secondo dela Repubblica
Fouché
ANDREA GILARDONI
LA RIVOLUZIONE FRANCESE DOCUMENTI, LEZIONI E MATERIALI (MARZO 2010)
GLOSSARIO
Bannalità – Vari obblighi di origine molto antica di servirsi delle attrezzature di proprietà del signore, come mulini,
frantoi, forni ecc.
Brissottini
Capitazione – imposta che colpisce gli individui in quanto tali, a prescindere al reddito
Decimatori – incaricati di raccogliere presso i contadini la parte del raccolto da devolvere in favore dei parroci,
chiamata convenzionalmente «decima», anche se di solito era inferiore a un decimo.
Diritti feudali
Diritti casuali
Diritti censuali - Fitti in denaro o natura spettanti ai proprietari di una terra coltivata dai contadini. Rispetto al
Medioevo, nell’età moderna il censo tende a diventare arbitrario, perdendo il valore di corrispettivo dato al signore per
la terra concessa
Diritti riscattabili – da abolire dopo un pagamento unico fatto al signore titolare del diritto.
Enfiteuti – titolari di diritti vitalizi o ereditari sulla terra altrui. Nei cahiers si chiede che con un pagamento unico
l’enfiteusi diventi effettiva proprietà.
Franc-fief – Il diritto «franco-feudo» era fondato sul principio che i non-nobili non potevano possedere una terra che in
origine era stata il feudo di un vassallo. Un simile terra poteva diventare proprietà di un borghese o di un contadino solo
pagando questo diritto al proprietario originale; il franc fief andava nuovamente pagato da ogni nuovo proprietario, per
acquisto o successione ereditaria.
Gabelle – imposte sul consumo (per esempio, del sale)
Garenne – conigliere
Giacobini
Girondini
Laudemii – prestazioni in denaro da versare all'atto di trasferimenti del diritto di godere di un fondo con l'obbligo di
apportarvi migliorie
Lettres de cachet – Lettera recante una condanna regia alla prigione o all’esilio. La lettera, un atto segreto e sigillato,
era discrezionale e poteva essere emanata su richiesta della famiglia. Senza appello e senza obbligo di motivazione.
Leudi – tasse pagate per tenere un mercato o una fiera (come per i pedaggi, i pagamenti erano fatti a favore del signore
del luogo)
Lods et ventes – detto anche Laudemio, questo diritto riguardava le terre comui ed era pagato a ogni passaggio di
proprietà al signore che pretendeva di essere il titolare dell’originaria concessione al contadino.
Manomorta – diritto
Montagnardi
Pedaggi – tasse pagat per percorrere una strada.
pievi [paroisse, cioè parrocchia, pieve, designa, per tutto l’Ancien Régime, un nucleo amministrativo rurale
Presidente
Regime feudale, feudalità, feudalesimo
Separazione di corpi – il diritto canonico ammetteva la separazione dei coniugi, ma senza la possibilità di
contrarre un nuovo matrimonio.
Taglia (Taille) – Nel Medioevo e in età moderna, imposta signorile inizialmente legata a necessità straordinarie di
difesa, ma a partire dal XII secolo richiesta a scadenze regolari. Era il tipo più comune di imposta diretta. In età
contemporanea il termine è venuto a indicare una ricompensa offerta a chi catturi o faccia catturare un delinquente
(molto usata negli Stati Uniti dell’Ottocento).
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