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Amine aromatiche e cancro della vescica

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Amine aromatiche e cancro della vescica
Versione agosto 2013
Factsheet
Amine aromatiche e cancro della vescica
Dr. med. Dr. sc. nat. Michael Koller, Dr. med. Claudia Pletscher, Dr. med. Marcel Jost
1. Premessa
Il cancro della vescica rappresenta una delle più frequenti patologie neoplastiche ed è la più
importante patologia urologica a genesi professionale. Nella maggior parte dei casi la causa
del cancro vescicale non è chiara e ciò è tra l'altro dovuto al tempo di latenza di decine di anni
tra l'effetto di un agente e la manifestazione della malattia. Dal punto di vista della medicina
del lavoro è rilevante soprattutto l'esposizione alle amine aromatiche (sinonimo di arilamine)
che possono causare il cancro della vescica. Per questo motivo le misure di protezione vengono prese precocemente e i lavoratori esposti vengono visitati nell'ambito della prevenzione in
medicina del lavoro.
2. Epidemiologia
Il cancro della vescica è la quinta neoplasia più frequente in Europa e gli uomini sono colpiti
tre volte più frequentemente rispetto alle donne [1]. In Svizzera, nel periodo 2004-2008 ogni
anno si sono ammalati di cancro della vescica circa 900 uomini e 300 donne (ovvero
12/100'000 e 4/100'000) e rispettivamente 90 e 50 di neoplasie maligne di altri organi delle
vie urinarie esclusi i reni (circa 1,2 e 0,7/100'000) [2]. La mortalità è del 33% circa negli uomini e del 50% circa nelle donne [3]. L'incidenza aumenta notevolmente a partire dalla quarta decade di vita e raggiunge un picco tra i 70 e 75 anni di età. I tassi di incidenza a partire
dagli anni novanta dell'ultimo secolo si sono nettamente ridotti.
Tra le patologie neoplastiche professionali il cancro della vescica è al secondo posto dopo le
neoplasie causate dall'amianto [4]. Ogni anno la Suva ne riconosce in media 2-3 casi come
malattia professionale.
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3. Eziologia
Nell'80% dei casi l'eziologia di un tumore della vescica rimane ignota. La più frequente causa
nota è il tabagismo. Il rischio dei fumatori rispetto ai non fumatori può aumentare fino a cinque volte [5], a seconda della frequenza e della durata dell'abitudine al fumo e del contenuto
di catrame delle sigarette. Il catrame, tra l'altro, contiene amine aromatiche e idrocarburi
aromatici policiclici cancerogeni. Dopo la cessazione del fumo il rischio si riduce rapidamente
nei primi 3 anni e più lentamente in seguito; esso, tuttavia, rimane per tutta la vita più alto
rispetto a quello di un non fumatore [6].
Altre rare cause di cancro della vescica sono le infezioni croniche delle vie urinarie, come per
esempio i calcoli vescicali, i disturbi di svuotamento della vescica in seguito a un'iperplasia
prostatica, la bilarziosi o le neoplasie vescicali a distribuzione familiare.
Importante dal punto di vista della medicina del lavoro è soprattutto l'esposizione alle amine
aromatiche e agli idrocarburi policiclici aromatici (PAH o IPA), e raramente a derivati di oli
fossili o arsenico.
Amine aromatiche (arilamine)
Le amine sono composti organici dell'azoto, nei quali l'atomo N è legato a un residuo organico
da R1 a R3. Si parla di amine primarie, secondarie o terziarie a seconda del numero di residui
sull'atomo N.
Fig. 1: Formula di struttura di un'amina terziaria con residui R1, R2 e R3
Se uno dei residui è un anello aromatico si parla di amina aromatica. Il rappresentante più
semplice di un'amina aromatica è l'anilina monociclica; altri esempi sono illustrati in Figura 2.
Fig. 2: Formule strutturali di alcune semplici amine aromatiche: anilina (sinistra), 2-naftilamina (in
mezzo) e benzidina (destra)
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Le amine aromatiche sono precursori per la produzione di azocomposti. Un noto azocomposto
è per esempio il rosso congo già noto dal 1883 che anche oggi viene utilizzato, per esempio
per la colorazione istologica dell'amiloide. Gli azocomposti posseggono un doppio legame
N=N, il cosiddetto gruppo azotato, sul quale sono uniti uno all'altro due anelli aromatici.
Fig. 3: Formula strutturale dell'azocomposto Direct red 28
Alcuni azocomposti possono nuovamente essere trasformati in amine aromatiche tramite lisi
enzimatica, chimica o batterica del gruppo azotato (vedi figura 4), motivo per cui questi azocomposti sono cancerogeni. Il loro uso oggigiorno, a seconda dell'area di utilizzo, in molte
nazioni è limitato o proibito.
Fig. 4: Degradazione dell'azocomposto Direct Blue 231 tramite lisi riduttiva del legame azotato [modificata da 7]
Nel 1895 il chirurgo Ludwig Rehn ha descritto per la prima volta l'associazione tra il cancro
della vescica e l'azocomposto anilina ("cancro da anilina"). Oggi è noto che numerose amine
aromatiche possono causare il cancro della vescica e, raramente, anche il cancro di pelvi renale, uretere e uretra [8]. Il tempo di latenza tra esposizione e comparsa della malattia può
essere di decenni; nei casi riconosciuti dalla Suva tra il 1924 e 1988 questo era di circa
vent'anni [9]. Un'anamnesi lavorativa accurata è quindi particolarmente importante. Le amine
aromatiche vengono assunte principalmente attraverso la cute o l'inalazione di vapori e polveri; l'ingestione dal punto di vista della medicina del lavoro non è significativa [8].
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Alla categoria dei cancerogeni umani accertati appartengono: 2-naftilamina, benzidina, 4amino-difenile (sinonimo 4-aminobifenile) e come unica amina aromatica monociclica la 4cloro-orto-toluidina (4-COT) (sinonimo 2-amino-5-clorotoluolo o 5-CAT). Nella lista svizzera
dei valori limite essi sono classificati nella categoria delle sostanze cancerogene C1. Nella lista
svizzera dei valori limite, inoltre, sono inserite diverse amine aromatiche nella categoria C2
(sostanze che dovrebbero essere considerate cancerogene per gli esseri umani; esistono diversi indizi per supporre che l'esposizione di una persona alla sostanza possa provocare il
cancro) oppure C3 (sostanze che fanno temere un possibile effetto cancerogeno sugli esseri
umani, sul quale tuttavia non ci sono ancora informazioni sufficienti per una valutazione soddisfacente). La tabella che segue dà una visione di insieme sulle amine aromatiche cancerogene inserite nella lista svizzera dei valori limite [10] (aggiornamento 2013):
Categoria C1
Categoria C2
Categoria C3
4-amino-difenile
auramina
anilina
benzidina
p-cloranilina
3,3'-diaminobenzidina
4-cloro-orto-toluidina
(4-COT o 5-CAT)
4,4'-diaminodifenilmetano
N,N-dimetilanilina
2-naftilamina
3,3'-diclorbenzidina
p-toluidina
3,3'-dimetossibenzidina
3,3'-dimetilbenzidina
3,3'-dimetil-4,4'diaminodifenilmetano
p-cresidina
2-metossianilina
4,4'-Metilen-bis(2-cloranilina)
4,4'-Metilen-bis(N,N'dimetilanilina)
o-toluidina
2,4-toluilendiamina
Nella valutazione del rischio non bisogna considerare soltanto la sostanza finale, ma anche i
metaboliti. Come esempio si può citare l'insetticida clordimeform, che dopo l'assunzione
nell'organismo viene metabolizzato a 4-COT, un cancerogeno di classe C1.
Esiste una diversa sensibilità congenita verso l'effetto cancerogenetico delle amine aromatiche, le quali vengono metabolizzate dall'enzima N-acetiltransferasi 2 (NAT2). Esiste un polimorfismo genetico di questo enzima che si esprime in una diversa velocità di acetilazione.
Fino a oggi si riteneva che le persone che acetilano lentamente le amine aromatiche avessero
un rischio di cancro della vescica maggiore rispetto a coloro che posseggono una NAT2 più
rapida. Uno studio, tuttavia, non è stato in grado di verificare questa ipotesi [11].
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Le amine aromatiche sono utilizzate, o lo sono state in passato, per esempio come precursori
per la produzione di azocomposti, isocianati o poliuretani e come indurenti per resine epossidiche. Esse inoltre si trovano nel catrame e nella pece o nei prodotti delle fonderie. Alle amine
aromatiche, inoltre, erano esposti anche i lavoratori occupati nell'industria dei colori e della
gomma, i pittori, i verniciatori, i parrucchieri, i lavoratori impiegati nella colorazione di cuoio e
tessuti o nella produzione di catrame, pece e bitume. Le amine aromatiche cancerogene sono
state sostituite già da tempo in diversi utilizzi. A norma dell'allegato 1.10 dell'ORRPChim le
sostanze cancerogene non possono essere fornite al pubblico (questo divieto tuttavia non
comprende gli scopi professionali o commerciali). 2-naftilamina, 4-aminobifenile, benzidina e
4-nitrobifenile vengono espressamente elencate nell'allegato 1.13 dell'ORRPChim come amine
aromatiche proibite.
I parrucchieri, secondo una metanalisi pubblicata nel 2010, [12] presentano un rischio di cancro della vescica leggermente aumentato con un fattore di 1.3. Se il contatto lavorativo con
azocomposti contenuti nelle tinture dei capelli supera i 10 anni, il rischio relativo arriva a 1.7.
Si deve presumere un rischio di cancro della vescica aumentato nei/nelle parrucchieri/e che in
passato, cioè negli anni '60 e parte degli anni '70, hanno manipolato senza guanti di protezione tinture per capelli contenenti amine aromatiche. L'utilizzo delle odierne tinture per capelli
non è più associato a un aumento del rischio di cancro della vescica nei/nelle parrucchieri/e.
I pittori, fino agli anni '50, probabilmente erano esposti ad amine aromatiche cancerogene
durante la preparazione di mordenti per legno, vernici o lacche trasparenti; nel contatto con
prodotti per la pittura per soffitti e pareti e con lacche di copertura normalmente non si presume alcun rischio. Nella produzione di mordenti per colori, ancora negli anni '60, venivano
utilizzati azocomposti. In uno studio ginevrino del 1988 il rischio di cancro alla vescica nei
pittori risultava aumentato del 70% [13]. Questa ricerca è stata effettuata negli anni '70 e
'80; considerando un tempo di latenza del cancro da cause professionali di 20-40 anni, questo
maggior rischio esprime le condizioni lavorative presenti negli anni '40-'60. Uno studio
dell'IARC del 2010 ha concluso che nei pittori il rischio relativo di ammalarsi di cancro della
vescica era rispettivamente di 1.4 (<10 anni di esposizione) e 1.8 (>10 anni di esposizione)
[14], e un rapporto dell'OMS del 2007 afferma che esiste un aumento del 20-25% della probabilità di comparsa di un cancro della vescica nei pittori [15]. Nei pittori, quindi, va verificata
l'associazione con la professione di un cancro della vescica se può esserci stata un'esposizione
ad azocomposti, ovvero, di regola, per le attività effettuata prima degli anni '60 (con l'eccezione di attività con mordenti per colori fino a tutti gli anni '60). Si deve pensare a una possibile esposizione anche in caso di contatto con vecchi prodotti contenenti azocomposti, come
nella piallatura di superfici di legno trattate con vecchi mordenti.
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4. Diagnosi e clinica
Nei carcinomi primari della vescica si distinguono i seguenti tipi istologici [1]:
Tipo di cancro
Percentuale di tutti i cancri della vescica
Carcinoma uroteliale (papillare, solido)
90%
Carcinoma a epitelio pavimentoso
4%
Adenocarcinoma
0,5 - 2%
Altre forme
<6%
Oltre ai tipi di carcinoma elencati possono verificarsi carcinomi benigni della vescica (papillomi, miomi, ecc.) e tumori secondari della vescica, per esempio provenienti dalla prostata o
dal colon.
Il carcinoma uroteliale ha solitamente una distribuzione multifocale. Al momento della diagnosi spesso non è ancora presente nessuna metastatizzazione e nessuna crescita nella muscolatura circostante. I tumori della vescica, secondo le norme internazionali, vengono classificati
in diversi gradi di differenziazione (G1 per quelli altamente differenziati o low grade, G2 per
quelli cosiddetti intermediate grade, G3 per quelli scarsamente differenziati o high grade)
Sintomi
Il più frequente sintomo di esordio di un carcinoma della vescica è la comparsa indolore di
sangue nelle urine (macroematuria). Altri sintomi sono le irritazioni della vescica, i disturbi
della minzione (disuria, pollachiuria, eccetera) e infezioni associate. Sintomi tardivi sono ritenzione urinaria, dolori al fianco e anemia causata dall'ematuria.
Procedure diagnostiche con particolare attenzione alla citologia
Tra le misure diagnostiche si possono citare la visita manuale, l'esame delle urine su strisce
reattive per la dimostrazione dell'ematuria, la citologia urinaria, la cistoscopia e la cistoscopia
a fluorescenza, l'ecografia, l'urografia endovenosa, la TC, la RM e la PET con colina C11.
Terapia e prognosi
A seconda del tipo e dell'estensione del tumore la terapia consiste in una resezione transuretrale del tumore stesso o nell'asportazione di tutta la vescica urinaria (cistectomia). In base
all'estensione del tumore, in certi casi devono essere anche asportati altri organi o linfonodi.
Altre opzioni terapeutiche sono l'instillazione postoperatoria di un farmaco chemioterapico,
come per esempio la mitomicina, un'immunoterapia locale con il vaccino antitubercolare BCG
oppure una polichemioterapia. In base al tipo di intervento chirurgico scelto devono essere
confezionate una nuova derivazione urinaria o una vescica sostitutiva.
Quando il cancro della vescica viene diagnosticato in uno stadio precoce e non si è ancora
esteso dalla vescica verso l'esterno, la prognosi è buona e il tasso di sopravvivenza a 5 anni e
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dell'80% [21]. Di regola in questi stadi precoci il tumore può essere completamente rimosso.
In caso di diagnosi di tumori già disseminati, nonostante estesi interventi chirurgici, nella
maggior parte dei casi non è più possibile un'exeresi completa. Il tasso di sopravvivenza a 5
anni nel cosiddetto stadio T4 è del 20%.
5. Visite profilattiche in medicina del lavoro
Negli anni '60, in seguito al riconoscimento dell'associazione tra cancro della vescica ed esposizione ad amine aromatiche, sono iniziate le visite regolari dei lavoratori esposti nell'ambito
della prevenzione in medicina del lavoro. Per quanto riguarda i lavoratori sottoposti a visita, si
tratta pressoché esclusivamente di persone che in precedenza sono state esposte ad amine
aromatiche cancerogene note della categoria C1 (2-naftilamina, benzidina, 4-aminobifenile,
4-cloro-orto-toluidina). Queste sostanze oggi non vengono più utilizzate.
All'inizio, la sorveglianza in medicina del lavoro è stata effettuata con cistoscopie semestrali;
queste, a partire dal 1981, sono state completamente sostituite con una citologia urinaria
annuale. Questi esami vengono proseguiti per tutta la vita anche dopo l'uscita dalla ditta a
norma dell'art. 74 OPI (Ordinanza sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali). Questo articolo di legge stabilisce che la Suva, dopo la cessazione dell'attività nociva
alla salute, può ordinare controlli medici se lo esigono motivi di natura medica. Ogni anno la
Suva effettua tra 2000 e 2300 esami citologici sui lavoratori. Ogni anno, in media, vengono
registrati 2.5 casi di infortunio. I costi di questi casi, calcolati sugli ultimi dieci anni, ammontano a quasi 100 000 CHF. La maggior parte delle malattie può essere trattata e curata grazie
alla diagnosi precoce.
Nella prevenzione in medicina del lavoro, come anche nel follow-up oncologico, è importante
la citologia. In questo caso viene utilizzato il sedimento urinario o il liquido di lavaggio di una
cistoscopia (citologia da lavaggio vescicale). Se possibile non dovrebbe essere utilizzata l'urina del mattino, in quanto è presente una maggior quantità di cellule disgregate. Non è necessaria una visita medica, il lavoratore può autonomamente spedire per posta le urine al laboratorio di analisi. È importante che questo avvenga rapidamente in quanto altrimenti la qualità
delle urine ne patisce. Quanto maggiore è il grado di malignità, ovvero quanto minore è la
differenziazione del tumore, tanto più facilmente possono essere scoperte e classificate le
cellule tumorali nel sedimento. La specificità, dell'85-100% è molto buona [16], mentre la
sensibilità dipende dal grado del tumore e varia tra il 13 e il 75%; nei tumori low-grade sono
riportati dal 40 al 60% di risultati falsi negativi [17]. Una citologia negativa, quindi, non significa che non è presente un tumore della vescica. Al contrario, in caso di infezioni si può trovare fino al 15% di falsi positivi [17]. Queste cifre dipendono fortemente dall'esperienza del citopatologo.
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Una speranza di miglioramento della diagnostica è dato dall'utilizzo delle nuove tecniche e
dall'impiego di nuovi esami come per esempio la FISH con il kit Urovysion per dimostrare i
cromosomi aneuploidi o la determinazione dei marker tumorali NMP22 (Nuclear Matrix Protein
22), survivina o BTA (Bladder Tumor Antigen) [18]. Questi nuovi metodi, tuttavia, hanno
risultati falsi positivi più frequenti e sono costosi [19]. Inoltre è necessaria una visita medica
in quanto deve essere effettuato un esame delle urine. La sensibilità va dal 51 al 100%, la
specificità è tra il 40 e il 98%. Nello studio UroScreen effettuato in Germania dal 2003 al 2010
la sensibilità è stata notevolmente aumentata con l'uso combinato di UroVysion e NMP22,
ottenendo tuttavia un gran numero di falsi positivi [20]. Nella prevenzione in medicina del
lavoro per la valutazione di assicurati asintomatici la combinazione utilizzata nello studio
UroScreen non rappresenta, perlomeno al momento, un'alternativa all'esame citologico.
Se la citologia fornisce un reperto sospetto o se il paziente ha ematuria il passaggio successivo consiste nell'effettuare una cistoscopia. La cistoscopia è l'esame gold standard nella diagnosi del cancro della vescica e viene anche utilizzata di routine, insieme alla citologia, nel
follow-up successivo, anche se viene percepita come sgradevole.
Altri metodi che possono essere utilizzati per il monitoraggio biologico sono:
-
Misurazione nell'urina delle amine aromatiche e/o particolari prodotti del metabolismo, i
cosiddetti coniugati di fase II
-
Misurazione nel sangue degli addotti all'emoglobina delle amine aromatiche
Le amine aromatiche e/o i loro coniugati di fase II nell'urina sono marker a breve termine per
determinare l'esposizione nei turni di lavoro precedenti; gli addotti dell'emoglobina sono
marker a lungo termine per determinare l'esposizione media negli ultimi quattro mesi [7].
Questi metodi vengono utilizzati nella prevenzione in medicina del lavoro in Svizzera quando
debba essere dimostrato o escluso il carico interno dei lavoratori per la valutazione delle misure di protezione in caso di esposizione attuali, come i lavori di risanamento di discariche
contaminate da amine aromatiche.
6. Aspetti di medicina delle assicurazioni
Le malattie contratte dal contatto professionale con le amine aromatiche vengono riconosciute
dalla Suva, secondo le disposizioni di legge contenute nella Legge federale sull'assicurazione
contro gli infortuni (LAINF), come malattie professionali, purché l'associazione causale venga
stabilita con preponderante probabilità secondo il dettato dell'art. 9.1 LAINF. Le amine aromatiche (arilamine) appartengono alle cosiddette sostanze in lista, che a norma dell'art. 9.1
LAINF sono state elencate dal Consiglio Federale nell'allegato 1 OAINF. Per quanto riguarda le
sostanze in lista, una malattia per essere riconosciuta come malattia professionale deve essewww.suva.ch/medicina-del-lavoro-factsheets
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re stata causata dal lavoro con preponderante probabilità, ovvero >50%. L'attuale situazione
degli studi epidemiologici, tuttavia, non consente di derivare rapporti dose-rischio per il calcolo della frazione eziologica. Tra gli specialisti non vi è accordo [23] sui tentativi di stabilire
questi rapporti con osservazioni per analogia dalle conoscenze sperimentali sugli animali [22].
Nell'apprezzamento di una malattia tumorale maligna delle vie urinarie viene perciò verificato
nel singolo caso se questa può essere riconosciuta come malattia professionale in base all'esposizione ad amine aromatiche cancerogene e al tempo di latenza [4] (in Francia l'INRS, in
caso di tempo di esposizione minimo di 5 anni, ha fissato il tempo di latenza a 30 anni [24]).
Le prestazioni dopo il riconoscimento di una malattia professionale corrispondono a quelle
degli infortuni; le malattie professionali sono quindi assimilate a questi a norma di legge
(LAINF art. 9 cpv. 3).
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