Picone Chiodo Alfonso, Porpàtima. Cammina… sui sentieri greci
by user
Comments
Transcript
Picone Chiodo Alfonso, Porpàtima. Cammina… sui sentieri greci
Picone Chiodo Alfonso, Porpàtima. Cammina… sui sentieri greci. Da Reggio Calabria alla fiumara La Verde, Edizioni Apodiafazzi, Reggio Calabria, anno 2015 Vi sono tante modalità per poter percorrere con intendimento esplorativo e conoscitivo, non disgiunto da finalità ricreative, il territorio della provincia di Reggio Calabria e le varie significative località punteggiate di storia, di tradizione popolare, di arte, di memoria. E il godibilissimo testo di Alfonso Picone Chiodo, dal suggestivo titolo Porpàtima, ne indica uno, nobile, antico, indispensabile, antropologicamente necessario, anche se ritenuto desueto: camminare, camminare …sui sentieri greci, camminare per cogliere l’essenza della vita, camminare per leggere la natura e capire, camminare per rintracciare la storia e capire. Camminare ci permette di rintracciare davvero i segni di un alfabeto perduto o smarrito, alterato o frantumato dalla velocità e caoticità del vivere attuale : le casette rurali, le chiesette diroccate, le grotte, qualche scolorito ed incerto affresco murale, i viottoli, le balze, i carruggi, l’indistinto, l’incerto, il reperto, lo squarcio, l’orizzonte e, soprattutto, la memoria. Il concetto di modalità indica le condizioni in cui può avvenire un’azione; designa, di essa, le condizioni fondamentali. Un’azione si può compiere in diversi modi: secondo lo stato di necessità, di utilità, di contingenza, di possibilità. Ecco, è proprio dettata dalla possibilità la condizione di esplorare il territorio camminando, percorrendolo a piedi. Trasformare la possibilità in attuazione. Aristotele, fondatore della Logica, includeva in essa anche le modalità, presentandole come “i modi di inerenza del predicato al soggetto”. Vale a dire, le modalità con cui si compie un’azione corrispondono e identificano l’atto compiuto con il soggetto che lo compie. C’è da chiedersi, allora: perché il camminare è o può essere considerato come l’atto più rispondente e corrispondente al modo e alle condizioni con cui si può muovere e si manifesta l’uomo? Sono certo che la risposta ognuno può trovarla in se stesso, essendo ognuno di noi dotato, naturaliter, della facoltà del camminare, primo atto umano cui tende ognuno dopo la nascita. Quindi, più che mai il camminare, modalità umana possibile, coincide con la condizione fisiologica stessa dell’uomo. E ancora: oggi più che mai, per dare respiro e quiete al nostro inquieto vivere quotidiano, ci è d’aiuto il camminare; ci è d’aiuto muoverci con la destrezza e la lentezza del camminare per cogliere i dettagli, i frammenti e assaporare ciò che osserviamo. Lo scrittore, saggista e filosofo americano Henry Thoreau, in un classico della seconda metà dell’800, Walden ovvero Vita nei Boschi, resoconto di due anni trascorsi in una capanna sulle rive del lago Walden, nel Massachusetts, così scrive: “Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”. Sono sempre stato attratto da questo pensiero di Thoreau che sollecita di ricercare le condizioni per stare a contatto con la natura, per vivere con essa e in essa rintracciare i segni della memoria. Tutto ciò risponde al modo greco di pensare e di operare, perché il concetto di memoria nasce, come bene chiarisce U. Galimberti ne “Gli equivoci dell’anima”, non dal desiderio di ricostruire la propria storia o di trovare la propria identità personale o collettiva, ma dalla interrogazione che investe il senso della vita… E interrogarsi sul senso della vita o sulla direzione che ciascuno deve dare alla propria vita serve ancora oggi. Eccome! Per queste ragioni si impone la lettura e l’utilizzo della splendida guida approntata da Alfonso Picone. In essa, accanto alla particolareggiata e fondamentale descrizione degli itinerari (se ne contano ben quattordici: Da Reggio Calabria alla Fiumara La Verde, attraverso le località di Cardeto, Fossato, San Niceto, Pentedattilo, San Pantaleone, Bova, S. Lorenzo), in cui sono riportati, dei vari luoghi, i monumenti contenuti in ciascuna località indicata, si può apprezzare il significativo e Recensione pubblicata sul n.147-148 [luglio-dicembre 2015] della Rivista “Calabria Sconosciuta” utilissimo corredo fotografico che induce e sollecita il lettore a ripromettersi di cogliere al più presto la prima occasione per raggiungere le diverse località e, perché no, completare l’intero circuito di cui può menar vanto la provincia di Reggio Calabria. Ma si fa anche apprezzare la minuziosità e cura che pone Alfonso Picone nel descrivere i vari percorsi da fare a piedi, come se il viaggiatore fosse lì, accanto a lui. Ecco, un piccolo esempio tratto dall’8° itinerario ove si descrive il percorso per giungere al Monastero di Lacchi, percorrendo un territorio ricadente tra i Comuni di Condofuri e di Bova. “Dopo la frazione di San Carlo, salendo verso Condofuri, s’incontra un ponte che attraversa la fiumara Amendolea. Percorretelo e, giunti alle case di Amendolea posteggiate l’auto nei pressi dell’azienda agrituristica […]. Tornate indietro lungo la strada asfaltata per circa 300 m. e attraversate il ponte che supera la fiumara Cozzi. Tralasciate la freccia segnaletica che, prima del ponte, invita ad accedere al greto della fiumara. Dopo il ponte potete rifornirvi di acqua ad una fonte e poco avanti lasciate la strada principale per una pista sulla sinistra che sale. Seguitela per c. 20 m. ma lasciatela a sinistra per una traccia (sic) che scende ad un piccolo impluvio e poi, lungo un sentiero supera dei roccioni e giunge ad un cancello in legno. Si segue la traccia a fondo naturale che porta, dopo c.10 minuti, ad un altro cancello, in ferro. Superatolo s’incontra un rigagnolo e si arriva ad un quadrivio. Si gira a destra e dopo qualche centinaio di metri s’incontra una fonte d’acqua con abbeveratoio. Rimanendo sulla pista sterrata che sale, poco dopo la fonte d’acqua, prendete a sinistra la traccia ben visibile di un sentiero che passando da terrazzamenti ormai abbandonati conduce ai resti di una grande costruzione ( Contrada Lacchi) che sorge sui ruderi di un probabile monastero bizantino …”. Fantastico, strabiliante descrizione che sembra quasi una caccia al tesoro. Ma, a ben pensarci, si tratta davvero di una caccia al tesoro per rintracciare la testimonianza di una civiltà intramontabile, sebbene spesso ignorata e trascurata. Apprezzabilissima, inoltre, l’illustrazione di molti toponimi riferiti alle località trattate, che fanno ben intendere di dover considerare la lingua grecanica come lingua di culto da tutelare e diffondere, per poter capire di più il territorio in cui si vive. Ci si può sottrarre dalla lettura e dall’utilizzo di questa preziosissima guida? Angelo Vecchio Ruggeri Recensione pubblicata sul n.147-148 [luglio-dicembre 2015] della Rivista “Calabria Sconosciuta”