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LE MANSIONI SUPERIORI NEL PUBBLICO IMPIEGO: IL
LE MANSIONI SUPERIORI NEL PUBBLICO IMPIEGO: IL CONTRIBUTO DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E L'EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE Dott.ssa Rosanna Ursino (Funzionario presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze) 1. PREMESSA I mutamenti verificatisi nella realtà socio economica del nostro paese, già a partire dalla fine degli anni 80, hanno reso necessario un lungo processo di ammodernamento della pubblica amministrazione, volto alla realizzazione di un radicale mutamento del suo operato in termini di trasparenza, efficienza, efficacia. Da tale percorso, considerata la sua natura di elemento propulsore dell’attività amministrativa, non poteva quindi essere escluso il settore del pubblico impiego, la cui disciplina, spogliata del carattere unilaterale e differenziato, che da sempre la contraddistingueva rispetto al lavoro privato, si è progressivamente avvicinata alle disposizioni che regolano quest’ultimo, culminando in quella che comunemente viene definita “privatizzazione del pubblico impiego”. Tuttavia, la duplice posizione rivestita dai pubblici dipendenti 1 , non consente una totale identificazione tra i due sistemi, rendendosi necessario per il primo, proprio in virtù della sua natura “pubblica”, affidare le linee fondamentali di disciplina degli uffici ad atti unilaterali di tipo normativo, lasciando invece l’organizzazione dei rapporti di lavoro in senso stretto alle stesse regole che disciplinano il rapporto di lavoro privato (codice civile, statuto dei lavoratori). Notevoli sono state, infatti, le difficoltà riscontrate dal processo di “privatizzazione”, soprattutto in ordine alla sentita esigenza di apertura verso la contrattazione collettiva, che nel rapporto privatistico si poneva quale contemperamento di opposti interessi delle parti sociali, da connettere tuttavia alla necessità di permanenza degli elementi che delineano la “specialità” del rapporto di pubblico impiego, così come disposto dal dettato costituzionale: il rispetto ed il perseguimento dei fini pubblici, propri dell’attività amministrativa. 1 La posizione dei pubblici impiegati, secondo la dottrina ormai tradizionale, è caratterizzata da un duplice profilo: da un lato essi sono incardinati nella struttura organica configurandosi come veri e propri organi dell’amministrazione, esprimendone all’esterno la volontà e realizzandone i fini istituzionali (rapporto organico o di ufficio), dall’altro sono legati al soggetto pubblico da un rapporto di lavoro comportante diritti ed obblighi analoghi a quelli che scaturiscono dal rapporto di lavoro privato (rapporto di servizio). F. Caringella, Il diritto amministrativo, Napoli, 2006. 1 In particolare, gli artt. 97 e 98 della Costituzione prevedono i principi generali in materia di pubblico impiego, stabilendo che l’agire amministrativo deve essere informato ai principi di legalità 2 , imparzialità 3 e buon andamento 4 . In questa sede verrà brevemente illustrato il cammino storico normativo che ha progressivamente reso possibile il sostanziale avvicinamento dei due sistemi e, principalmente, verranno analizzate le diversità e le analogie che i medesimi riscontrano in ordine alla comune tematica dell’assegnazione di mansioni superiori e del loro svolgimento di fatto, Verrà inoltre preso in esame il diverso orientamento adottato dalla giurisprudenza in merito all’argomento, soprattutto dopo il passaggio al giudice ordinario del lavoro del prevalente contenzioso sul pubblico impiego. Sarà infine considerato l’impatto che sulle amministrazioni ha avuto in termini di costi l’assegnazione di mansioni superiori ed il contributo apportato al progressivo superamento del problema dalla contrattazione collettiva per l’anno 2006/2009. 2 EVOLUZIONE STORICO – NORMATIVA DELLA DISCIPLINA DEL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO La graduale evoluzione normativa, nel corso della quale si sono progressivamente ridotte, pur se mai azzerate, le distanze tra lavoro pubblico e privato, è avvenuta per fasi successive. Alla nascita dello Stato unitario il rapporto di lavoro pubblico era sostanzialmente equiparato al rapporto alle dipendenze di privati e configurato giuridicamente sull’istituto contrattuale della locazione. Successivamente, però, gli sforzi compiuti ai fini del miglioramento dell’apparato burocratico, finirono inevitabilmente per incidere, con provvedimenti amministrativi, anche sul rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, facendo venire meno, di fatto, la caratteristica 2 Il principio di legalità indica la necessità che l’attività pubblica trovi il proprio fondamento nella legge. Ne consegue che solo la legge può determinare i fini che l’azione amministrativa deve perseguire, il contenuto tipico dei vari atti posti in essere dalle autorità amministrative ed il loro procedimento di formazione. 3 Il principio di imparzialità afferma il dovere dell’amministrazione di non discriminare la posizione dei soggetti coinvolti dalla sua azione nel perseguimento degli interessi affidati alla sua cura e di non abusare della propria posizione quando entra in contatto con soggetti terzi e si esplicita sia sul piano dell’organizzazione che in quello dell’attività. 4 Il principio del buon andamento indica l’obbligo per i funzionari amministrativi, e in genere per tutti gli agenti dell’amministrazione di svolgere la loro attività secondo le modalità più idonee ed opportune per l’efficacia, la speditezza e l’economicità dell’azione amministrativa, con il minor sacrificio degli interessi particolari dei singoli. 2 formale tra le parti del rapporto, allontanandolo dalla sfera del diritto privato e facendolo confluire in quella del diritto amministrativo. 5 L’emanazione del R.D. n. 2395/1923, sull’ordinamento gerarchico delle amministrazioni dello stato, e del R.D. n. 2960/1923, recante le disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati civili dell’amministrazione dello stato, entrambi delegati dalla legge n. 3/1922, conclusero il percorso, imprimendo al rapporto di lavoro pubblico un assetto nuovo, basato su posizioni di assoluta subordinazione gerarchica, assetto che resterà sostanzialmente invariato per lungo tempo. Successivamente, l’esigenza di adeguare la disciplina del pubblico impiego alla mutata realtà politico – sociale, scaturita dalla fine della guerra, ha reso possibile, con l’emanazione del D.P.R. n. 3/1957, contenente il Testo Unico degli impiegati civili dello Stato, una attenuazione della valenza gerarchica del modello precedente, aprendo così la strada verso la parificazione tra sistema pubblico e sistema privatistico. 6 La norma, applicabile al solo personale civile ne prevedeva l’inquadramento in quattro carriere (direttiva, di concetto, esecutiva ed ausiliaria), nell’ambito delle quali era prevista una scala di qualifiche con mansioni e qualità diverse; a queste si accedeva per la prima volta tramite concorso e, successivamente, tramite promozione. In seguito, con il D.P.R. 748/1972, si è venuta delineando per la prima volta la “specialità” della funzione dirigenziale rispetto a quella direttiva, disciplinando l’accesso alle tre “separate” qualifiche dirigenziali e attribuendo ai dirigenti specifici poteri e responsabilità. La Legge n. 312/1980 ha poi proseguito il cammino verso l’avvicinamento del sistema pubblico al sistema privatistico, eliminando le carriere ed introducendo le qualifiche funzionali, correlate alla qualità della prestazione ed al grado di responsabilità dei dipendenti. Un ulteriore passaggio fondamentale nell’evoluzione precedentemente delineata è stato rappresentato dalla legge quadro n. 93/1983, con la quale si sono in particolar modo responsabilizzate le organizzazioni sindacali e si è riconosciuto il ruolo primario della contrattazione collettiva nella regolamentazione di talune materie non riservate alla legge o agli atti unilaterali di organizzazione della P.A. Tuttavia, la contrattazione relativa al pubblico impiego non produceva effetti concreti in via autonoma, ma solo a seguito della recezione del testo dell’accordo da parte di un 5 6 Il diritto amministrativo, F. Caringella, Simone, 2006. Si veda al riguardo A. Montemarano, Guida pratica pubblico impiego, Il Sole 24 ore, 2006 3 provvedimento normativo posto in essere unilateralmente dalla P.A., non costituendo, la contrattazione, fonte diretta ed immediata di disciplina del rapporto di lavoro, come previsto dall’art. 97 Cost. (principio di legalità). A tali disfunzioni, si è sopperito con l’emanazione della legge n. 421/1992 che ha accelerato i tempi dell’auspicata riforma, conferendo all’Esecutivo la potestà di emanare entro 90 giorni uno o più decreti legislativi in materia di razionalizzazione del pubblico impiego. Detta delega ha trovato attuazione con l’emanazione del decreto delegato n. 29 del 3 febbraio 1993, che ha realizzato il faticoso processo di avvicinamento del lavoro pubblico a quello privato. 7 In virtù del carattere annuale della delega, l’originario assetto normativo è stato in seguito più volte rivisto ed innovato ed il processo di riforma intrapreso ha subito una importantissima accelerazione nel momento in cui, tra la fine del 1994 e i primi mesi del 1995, sono stati siglati i primi contratti collettivi, destinati a rappresentare il momento del definitivo passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina del lavoro nella P.A. 8 Successivamente, la riapertura dei termini della delega già conferita con la L. 421/1992, ha consentito al D.Lgs. 80/1998 di modificare, ed in parte riscrivere, le disposizioni fondamentali del D.Lgs 29/1993, perseguendo varie finalità, tra le quali il passaggio del contenzioso dal giudice amministrativo al giudice ordinario a partire dal 1 luglio 1998. Infine, con il D.Lgs. 165/2001, il Governo, in attuazione della delega conferitagli dalla L. 340/2000, ha provveduto a riordinare in un unico testo le norme ancora in vigore che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, sottolineando, tra l’altro, il ruolo fondamentale assunto dalla contrattazione ed indicando con inequivocità le finalità della riforma: efficienza, economicità, trasparenza, accrescimento dell’efficienza delle amministrazioni in relazione ai risultati raggiunti dagli altri paesi dell’Unione Europea, razionalizzazione del costo del lavoro pubblico entro i vincoli di finanza pubblica, migliore 7 “A meno di un anno dalla emanazione della normativa di riforma, l’originario assetto normativo è stato rivisitato in profondità in forza di significativi interventi della Consulta e del legislatore delegato. La prima, in particolare, con sentenza 30.7.1993, n. 359, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina in tema di contrattazione collettiva e di mobilità, nella parte in cui non garantiva sufficienti spazi di autonomia deliberativa e di partecipazione consultiva delle amministrazioni regionali.” F. Caringella, Il Diritto Amministrativo, Esselibri-Simone, 2006. 8 “Il legislatore è poi successivamente intervenuto in materia, con interventi settoriali che hanno introdotto modifiche parziali ad alcuni istituti del pubblico impiego ( si pensi, per fare solo qualche esempio, al D.L. 12 maggio 1995, n. 163, conv. in L. 11 luglio 1995, n. 273, che ha modificato ed integrato la disciplina degli uffici per le relazioni con il pubblico e dei servizi di controllo interno, e alla L. 19 dicembre 1994, n. 724, in tema di permessi, congedi ed aspettative.” F. Caringella, Il Diritto Amministrativo, Esselibri-Simone, 2006. 4 utilizzazione delle risorse umane, ai fini del buon andamento, imparzialità e democraticità dell’amministrazione. In seguito tuttavia, sebbene il D.Lgs. n. 165/2001 dovesse chiudere il discorso della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, nel tempo, altre disposizioni normative sono intervenute a modificare ed innovare la disciplina in esso contenuta. Tale ad esempio la L. 145/2002 che ha riformato in parte le disposizioni previste per la dirigenza, creando, fra l’altro la figura della “vice dirigenza”. 3 EVOLUZIONE STORICO NORMATIVA DEL MUTAMENTO DI MANSIONI NEL PUBBLICO IMPIEGO Nell’articolato e complesso processo che riguarda la gestione del personale, con il termine mansione viene indicato l’insieme dei compiti, più o meno omogenei, che connotano lo spazio organizzativo affidato ad una persona e che ne individuano la posizione all’interno della struttura organizzativa. 9 Il D.P.R. n. 3/1957 10 pur attenuando la rigida articolazione gerarchica, strutturata per gruppi e per gradi, propria del precedente modello, non ha garantito una maggiore elasticità tra mansioni e posizioni giuridiche correlate, tale da prevenire un uso improprio di assegnazione di mansioni superiori al fine di sopperire a carenze di organico protrattesi nel tempo. In tal senso l’art. 31 del suindicato D.P.R. affermava il diritto all’esercizio di funzioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza 11 ed, in particolare, il terzo comma attribuiva la facoltà, seppur temporaneamente ed in caso di sopravvenute esigenze di servizio, di destinare il pubblico dipendente a mansioni proprie di altra qualifica superiore, indipendentemente dalla posizione rivestita, purché nell’ambito della carriera di appartenenza. La necessità di sopperire a deficienze funzionali ed organizzative degli uffici ha portato ad una lettura fuorviata del disposto normativo, ed ha dato luogo, nel tempo, ad una 9 In tal senso si veda E. Autieri, Management delle risorse umane, Azzate (Varese), 2006 Il D.P.R. n. 3/1957, Testo unico degli impiegati civili dello Stato, espressamente prevede “...Le carriere degli impiegati civili dello Stato, amministrativi e tecnici, sono distinte come segue: carriere direttive; carriere di concetto;carriere esecutive; carriere del personale ausiliario. Le singole carriere e le relative qualifiche sono stabilite per ciascuna amministrazione nei quadri annessi al presente decreto.” 11 La norma espressamente prevede: “…L’impiegato ha diritto all’esercizio delle funzioni inerenti alla sua qualifica e non può essere privato del suo ufficio, tranne che nei casi previsti dalla legge. Può essere destinato a qualunque altra funzione purché corrispondente alla qualifica che riveste ed al ruolo cui appartiene…” 10 5 impropria applicazione del medesimo e all'assegnazione di mansioni superiori al di fuori di qualsiasi regola. In tale sistema, le mansioni di fatto svolte ai sensi del terzo comma dell’art. 31, non davano luogo, né a riconoscimenti giuridici, né a benefici di carattere economico. Tale modus operandi ha determinato il perdurare di fattispecie atipiche, non collocabili all’interno della struttura gerarchica esistente, generando contenziosi volti all’accertamento della liceità dell’atto di assegnazione delle mansioni e del diritto alla loro retribuibilità. In seguito, a partire dall’emanazione del D.Lgs. n. 29/1993, 12 la disciplina delle mansioni superiori è stata scossa da una rapida evoluzione normativa, che ha tra l’altro orientato la giurisprudenza amministrativa ed ordinaria in modo non sempre concordante. 13 L’entrata in vigore del D.Lgs. 80/1998 ha abrogato l’art. 57 del D.lgs. 29/1993, modificando altresì il testo dell’originario art. 56. 14 12 Il testo originario del D.Lgs. 29/1993, stabiliva: “Art.56 - 1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni proprie della qualifica di appartenenza, nelle quali rientra comunque lo svolgimento di compiti complementari e strumentali al perseguimento degli obiettivi di lavoro. 2. Il dipendente può essere adibito a svolgere compiti specifici non prevalenti della qualifica superiore, ovvero, occasionalmente e ove possibile con criteri di rotazione, compiti o mansioni immediatamente inferiori, se richiesto dal dirigente dell'unità organizzativa cui è addetto, senza che ciò comporti alcuna variazione del trattamento economico. Art. 57 – 1. L’utilizzazione del dipendente in mansioni superiori può essere disposta esclusivamente per un periodo non eccedente i tre mesi, nel caso di vacanza di posti di organico, ovvero per sostituire altro dipendente durante il periodo di assenza con diritto alla conservazione del posto, escluso il periodo del congedo ordinario, sempre che ricorrano esigenze di servizio. 2. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori, il dipendente ha diritto al trattamento economico corrispondente all’attività svolta per il periodo di espletamento delle medesime. Per i dipendenti di cui all’art. 2, comma 2, in deroga all’art. 2103 del codice civile l’esercizio temporaneo di mansioni superiori non attribuisce il diritto all’assegnazione definitiva delle stesse. 3. L'assegnazione alle mansioni superiori è disposta, con le procedure previste dai rispettivi ordinamenti, dal dirigente preposto all'unità organizzativa presso cui il dipendente presta servizio, anche se in posizione di fuori ruolo o comando, con provvedimento motivato, ferma restando la responsabilità disciplinare e patrimoniale del dirigente stesso. Qualora l'utilizzazione del dipendente per lo svolgimento di mansioni superiori sia disposta per sopperire a vacanze dei posti di organico, contestualmente alla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti. 4. Non costituisce esercizio di mansioni superiori l'attribuzione di alcuni soltanto dei compiti propri delle mansioni stesse, disposta ai sensi dell'articolo 56, comma 2. 5. In deroga a quanto previsto dal comma 1, gli incarichi di presidenza di istituto secondario e di direzione dei conservatori e delle accademie restano disciplinati dalla legge 14 agosto 1971, n. 821, e dall'articolo 2, terzo comma, del R.D.L. 2 dicembre 1935, n. 2081, convertito dalla legge 16 marzo 1936, n. 498.” - art. svolgimento di fatto di mansioni superiori, M.Mirante, Lavoro nella P.A., II, 2007. 13 Sino alle modifiche introdotte all’art. 56 del D.Lgs. 29/93 dal D.Lgs 80/98, costituiva principio consolidato in materia di pubblico impiego l’irrilevanza, per il pubblico dipendente, dello svolgimento di mansioni superiori, e ciò sia sotto il profilo economico, che al fine dell’inquadramento nella superiore qualifica rivestita. In particolare, la retribuibilità o meno delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico aveva dato luogo, in passato ad orientamenti giurisprudenziali non sempre univoci, fino al consolidamento di quell’indirizzo alla stregua del quale per la retribuibilità occorrevano una espressa previsione normativa, un preventivo provvedimento di incarico riferito a mansioni di qualifica immediatamente superiore, la disponibilità del posto in organico (Sez. V, n. 1447 del 12.10.1999; Sez. VI n. 1119 del 18.7.1997; A.P. n. 22 del 18.11.1999). – Art. Svolgimento di fatto di mansioni superiori, M. Mirante, Lavoro nella P.A., II, 2007. 14 “Art. 56 – 1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione. 2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore: a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la 6 L’evoluzione del quadro normativo è successivamente proseguita con la modifica apportata dall’art. 15 del D.Lgs. 387/1998 che, nell’omettere al comma 6, ultimo periodo, il riferimento alle parole “differenze retributive”, ne ha sancito per la prima volta il riconoscimento, orientando in tale senso anche la giurisprudenza amministrativa, che ha ritenuto efficace tale riconoscimento a decorrere dall’entrata in vigore della norma che lo prevede. 15 È opportuno rilevare che il sesto comma dell’art. 56 demandava ai contratti collettivi l’applicazione delle disposizioni da esso dettate, precisando però che in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori avrebbe comportato il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici. A ciò si aggiunga, inoltre, che la giurisprudenza amministrativa comunemente interpretava l’art. 57 del D.Lgs. 29/1993 come l’affermazione della assoluta irrilevanza, sia economica che giuridica, dello svolgimento di mansioni superiori nel pubblico impiego, argomentando, a sostegno di tale interpretazione la coesistenza, rispetto al principio costituzionale della corrispondenza della retribuzione alla qualità e quantità di lavoro prestato, di altri principi di pari dignità, dettati dagli artt. 97 e 98 Cost. 16 copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4; b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con l’esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza. 3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo e temporale, dei compiti di dette mansioni. 4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze di posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti. 5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave. 6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2,3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti di automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.”. 15 Si veda, Disciplina delle mansioni superiori nel pubblico impiego, M. Monetti, Il lavoro nelle P.A., 2006, VI 16 Il C.d.S., sulla base di tali principi, affermava che l’esercizio delle mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita contrastasse con il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei funzionari.(C.d.S., Sez. IV, decisione n. 474/2006). In tal senso, tra tante, la stessa sezione( sentenza n. 1213 del 22.3.2005 ), ha ritenuto che nel pubblico impiego sia “la qualifica e non le mansioni, il parametro al quale la retribuzione è…riferita, considerato anche l’assetto rigido della p.a. sotto il profilo organizzatorio… con la conseguenza che l’amministrazione è tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo quando una norma speciale consenta tale assegnazione e tale maggiorazione”. Nello stesso senso, la Seconda Sezione del TAR Lazio, in una recente decisione dell’8 giugno 2006 (sentenza n. 5195/2006), in relazione alla normativa vigente precedentemente alla riforma introdotta dal D.Lgs. 80/1998, affermava che:” le mansioni svolte dal pubblico dipendente, eventualmente superiori rispetto a quelle proprie della qualifca rivestita, sono di regola del tutto irrilevanti sia ai fini della progressione di carriera che ai fini retributivi, attesa la non assimilabilità del rapporto di pubblico impiego al rapporto privato, l’indisponibilità degli interessi pubblici coinvolti nonché la necessità che i provvedimenti di nomina o di inquadramento siano conformi alla normativa legislativa e contrattuale e che l’attribuzione delle mansioni e del 7 La successiva emanazione dell’art. 15 del D.Lgs. n. 387/1998 ha apportato alla disciplina delle mansioni superiori una ulteriore modifica: l’eliminazione dell’esclusione del diritto alle differenze retributive e la sua sostanziale coincidenza con l’automatico ed assoluto riconoscimento delle medesime. 17 4. LE MANSIONI SUPERIORI NELL’ATTUALE SISTEMA NORMATIVO Attualmente, la materia delle mansioni superiori nel pubblico impiego è disciplinata dall’art. 52 del D.Lgs. 165/2001 18 , che ha integralmente recepito il disposto dell’art. 56 del D.Lgs. 29/1993, novellato dall’art. 25 del D.Lgs. 80/1998, a sua volta modificato dall’art. 15 del D.Lgs. 387/1998. Rispetto alla precedente disposizione normativa, quella contenuta nell’art. 52 D.Lgs.165/2001, individua, per il sistema di pubblico impiego, i criteri specifici che devono sussistere affinché il dipendente possa essere validamente adibito a compiti propri di qualifiche superiori. Dunque, nell’attuale disposto contenuto all’interno del suindicato art. 52, la riformulazione dello “ius variandi” 19 da parte della pubblica amministrazione in qualità di datore di lavoro, è prevista in maniera più rigida e puntuale rispetto al passato e con un richiamo, però, al concetto di mansioni equivalenti, già contenuto dall’ art. 2103 c.c. 20 Nonostante tale apertura alla disciplina privatistica, tuttavia, i due sistemi continuano ad avere notevoli differenze. Infatti, nella disciplina privatistica, il sistema dello ius variandi è fondato sull'automatica trasformazione delle mansioni superiori in acquisizione della posizione superiore ad esse relativo trattamento economico sia correlata a detti provvedimenti,nel rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione.” 17 A tale conclusione, è giunto il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, con decisione n. 3 del 24.3.2006, sulla base delle argomentazioni tecnico-giuridiche fondate sul principio, dettato dalle disposizioni sulla legge in generale, di irretroattività della legge: la norma intervenuta ad eliminare l’esclusione del diritto a differenze retributive in seguito all’esercizio di mansioni superiori, ossia ad introdurre il diritto stesso, non rivestendo la qualità di norma interpretativa, non può avere efficacia di norma retroattiva. Di contrario avviso, Adunanza Plenaria, Sezione V dello stesso Consiglio di Stato, nella sentenza n. 2099 del 15.11.2005. Secondo il Collegio, infatti, anche in base alla normativa vigente prima del D.Lgs. n. 80/1998, ferma restando l’esclusione di qualsiasi passaggio alla categoria superiore, il mero esercizio di fatto di mansioni superiori, in assenza di vacanza del posto in organico e di provvedimento formale di assegnazione, è irrilevante dal punto di vista economico. 18 Si veda F. Caringella, Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni dopo il D.Lgs. 165/2001 e la L. 145/2002: dottrine, giurisprudenza, appendice normativa, Napoli, 2002. 19 L’art.52, prevede infatti, nei casi di cui al comma 2, la possibilità che il dipendente sia legittimamente adibito, con provvedimento formale, a mansioni superiori, riconoscendone il diritto al corrispondente trattamento economico. 20 L. SGARBI - Impiego privato ed impiego pubblico: l’avvicinamento dei modelli di classificazione del personale e la trasposizione del concetto di mansioni equivalenti, in www.labourlawjournal.it. 8 corrispondente, ovvero sul consolidamento e sul conseguimento della posizione rivestita a seguito del loro svolgimento. 21 Contrariamente, tale principio normalmente non può trovare applicazione nel rapporto di pubblico impiego, ancorché “privatizzato”, dal momento che si verrebbe a determinare un contrasto con il dettato dell’art. 97 della Costituzione che, al terzo comma, dispone precise modalità per il reclutamento dei pubblici dipendenti 22 . Invero, un'applicazione sic et simpliciter del principio dettato dall’art. 2103 c.c., al sistema di pubblico impiego, comporterebbe una illegittima elusione della norma costituzionale menzionata 23 . Alla luce di ciò, appare evidente il motivo per il quale il sopracitato art. 52 24 , pur riconoscendo la possibilità di mansioni superiori, tuttavia non ne sancisce l’assegnazione definitiva, né l’automatico inquadramento del dipendente nella qualifica ad essa correlata. Sotto altro profilo l’art. 52, come già accennato, prevede un elenco di ipotesi in cui l’adibizione a mansioni superiori è consentita; cosa di cui non v’è traccia nell’art. 2103 c.c. 25 . Nel pubblico impiego, pertanto, l’assegnazione a tali mansioni è ammissibile esclusivamente nei casi tassativamente previsti dal citato art. 52 e, in mancanza dei presupposti, l’assegnazione delle medesime risulta nulla. 21 Art. 2103 - “ … Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta [Cost. 36], e l’assegnazione della stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi.”. La più recente disciplina, pur ammettendo il pagamento delle mansioni superiori svolte, conferma brevi limiti temporali per il relativo svolgimento e preclude la stabilizzazione delle mansioni stesse. Ciò, continua a costituire, anche dopo la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, uno dei più significativi punti di diversificazione tra rapporto di lavoro pubblico e privato. Infatti, mentre nel primo caso resta preclusa ogni rilevanza all’esercizio di fatto di mansioni superiori, nel rapporto di lavoro privato l’art. 2103 c.c. prevede che dallo svolgimento di mansioni superiori scaturisca non solo il diritto alla retribuzione corrispondente, ma anche all’inquadramento nella qualifica superiore. (M. Mirante, Lavoro nella P.A., II, 2007). 22 “La ragione di tale differenza risiede nelle notevoli ricadute giuridiche ed economiche che potrebbe discendere da un’applicazione indiscriminata del principio civilistico sull’organico delle amministrazioni, in diffuso e perenne stato di carenza di personale. Visto che la materia dell’organico è strettamente correlata all’organizzazione degli uffici, il legislatore ha opportunamente ritenuto di non lasciare in merito alcun margine di applicazione alla disciplina privatistica o alla giurisprudenza, Inoltre, come ritenuto dal Consiglio di Stato, Sez. V, dec. 1362/1994, il passaggio automatico ad una qualifica superiore comporterebbe violazione del principio dell’art. 97 Cost. secondo cui ad un nuovo posto di lavoro si accede mediante pubblica selezione”. (A. Niccoli in Diritto Amministrativo a cura di C. Buonanno, Napoli, 2006). 23 A. Marin, Mansioni superiori nel pubblico impiego (nota a C.Cost. 8 gennaio 2004, n. 15 ), Lavoro nella giurisprudenza, 2004 24 Art. 52 D.L.gs, 165/2001- “…L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione…”. 25 L’art. 2103 c.c. si limita a prevedere le conseguenze dell’adibizione a mansioni superiori, ma nulla dispone in merito ai casi nei quali essa è consentita. 9 È evidente, in conclusione, che relativamente alla materia in esame, i due sistemi (privato e pubblico privatizzato) si equivalgono unicamente sotto il profilo del riconoscimento del diritto alla retribuzione per lo svolgimento di mansioni superiori di fatto avvenute. Tale equivalenza è rilevata dall’esame e dal confronto tra il disposto del secondo capoverso dell’art. 2103 c.c. ed il quarto comma dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001. 26 5. LA MATERIA DELLA VICEDIRIGENZA Si deve segnalare come recentemente si stia lentamente affermando un orientamento che si pone parzialmente in contrasto con i principi sin qui delineati. La materia è quella ampiamente dibattuta della “vicedirigenza”. L’introduzione, all’interno del nostro ordinamento, di tale categoria risale alla Legge 145/2002 con la quale, il legislatore intendeva creare una qualifica funzionale corrispondente a quella dei “quadri”, propria del lavoro privato ed, all’interno della quale, compiendo un rinvio alla contrattazione collettiva, riteneva di includere i funzionari laureati inquadrati nelle posizioni ordinamentali C2 e C3, per i Ministeri, ed equivalenti negli altri comparti, secondo i criteri dettati dal Ministero per la Funzione Pubblica 27 . In effetti, quel che la norma prevede è un automatismo nell’acquisizione della qualifica superiore che determina nei destinatari della norma (i dipendenti laureati, inquadrati in C2 e C3, con cinque anni di anzianità in quelle posizioni, sono ricompresi nella vicedirigenza) l’aspettativa ad una puntuale e soddisfacente regolamentazione secondo le volontà del legislatore. La vicedirigenza infatti avrebbe dovuto coadiuvare la Dirigenza nelle funzioni proprie di quest’ultima, in virtù di espressa indicazione legislativa di immediata applicazione ed avrebbe 26 “…Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti". 27 L’art. 7, co. 3, L. n. 145/2002, introduce l’art. 17-bis del D.Lgs. n. 165/2001. Il primo comma si occupa, dell’istituzione della vicedirigenza ad opera della contrattazione collettiva del comparto Ministeri, il secondo comma invece, per la altre Amministrazioni pubbliche (salve Regioni e Enti Locali), prevede che «la disposizione di cui al comma 1 si applica, ove compatibile, al personale dipendente delle altre amministrazioni [...] appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri». Il seguito della norma in questione, prescrive che l’«equivalenza delle posizioni è definita con decreto del Ministro per a funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze». In sostanza, dunque, la ricognizione dei diversi sistemi di classificazione del personale vigenti nei comparti, viene affidata ad un decreto ministeriale, privando la contrattazione collettiva di comparto di ogni possibilità di valutazione in merito. Si vedano A.VALLEBONA, La vicedirigenza nel lavoro pubblico tra legge e contratti, in Dir. lav. 2002, I, 309; G. GOLISANO, La vicedirigenza nell’impiego pubblico, in Riv. giur. lav. 2004, I, 27; A.M. PERRINO, Il rapporto di lavoro pubblico, Padova, 2004, 571 10 potuto sostituirla, addirittura, in alcune specifiche attività, attraverso l’istituto della delega di funzioni, in particolari e determinati ambiti. 28 La mancata applicazione pratica della normativa, dovuta soprattutto al contrasto insorto in ambito sindacale, ha determinato la nascita di numerosi contenziosi sia in sede Amministrativa 29 che Civile. Sono state avviate delle azioni individuali, tendenti all’attribuzione, da parte del giudice ordinario, della qualifica in parola non istituita dalla Contrattazione collettiva, in virtù dell’equiparazione privatistica del rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. Inizialmente i giudici aditi, discostandosi metodologicamente da analoghe decisioni che riguardavano esclusivamente l’ambito del lavoro privato ed aziende nelle quali la pretesa azionata veniva ritenuta fondata mediante l’esame analitico delle funzioni svolte ex art. 2103 c.c., non hanno ritenuto di applicare la normativa in questione al rapporto di lavoro pubblico 30 . Con un recente intervento, di segno completamente opposto, il Tribunale di Roma, ha riconosciuto il diritto di 82 ricorrenti, tutti Funzionari “apicali” (C2-C3) del Ministero dei Beni ed Attività Culturali, alla qualifica di vicedirigenti, con condanna dell’Amministrazione di appartenenza dell’attribuzione della suddetta qualifica, sia ai fini giuridici che economici, sin dal momento della sua istituzione avvenuta a seguito dell’entrata in vigore della L. 15/7/2002 n. 145. 28 Degne di nota risultano le sentenze TAR Lazio 1° Sez. n°11033/05, 4266/07, 5063/07 che censurano l’inerzia degli organismi preposti per legge a diramare le direttive generali in tema di contrattazione in sede di ciascun rinnovo contrattuale (Comitato di Settore per le amministrazioni, agenzie ed aziende autonome dello Stato ed A.R.A.N.), anche in virtù di apposite prescrizioni normative, sanzionando l’inerzia nell’emanazione delle direttive idonee a garantire al personale individuato con il suffisso di “Alte professionalità” nel primo caso e “Vicedirigenza” nel secondo caso ad un corretto riassetto del personale del comparto ministeri, appartenente alle ex carriere direttive. Difatti la L. 145/2002, oltre a delineare la nuova “qualifica”, conferisce la facoltà ai Dirigenti di delegare ai Vicedirigenti alcune funzioni proprie in ambiti ben determinati dalla stessa norma, espressamente indicati nell’art. 17 D. Lgs. N°165/2001. 29 In entrambi i casi il Giudice Amministrativo adito, nel sanzionare l’inerzia degli organi preposti all’emanazione delle direttive contrattuali, atto amministrativo necessario per obbligo di legge all’avvio delle trattative contrattuali, accogliendo le richieste avanzate dagli interessati, tutti destinatari di un interesse “qualificato” a veder definita la propria posizione all’interno della struttura presso la quale sono impiegati, ha sancito la sussistenza di un interesse qualificato in capo ai ricorrenti che, discendendo da uno specifico precetto normativo, “si pone su di un piano di maggiore specificità rispetto ad un semplice rinnovo contrattuale”. 30 In particolare la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che “pur non esistendo, nel periodo 1985-1987, alcuna norma collettiva disciplinante la figura del quadro, la domanda del lavoratore doveva essere valutata in base alla legge n. 190 del 1985”, pertanto anche in assenza di esplicita regolamentazione nella contrattazione collettiva, le mansioni del richiedente vanno valutate, in base alla norma (L. 190/1985), in considerazione dell’importanza e rilevanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa. La Cassazione ha così implicitamente riconosciuto la richiesta qualifica anche in assenza di un’apposita norma contrattuale, ma dai requisiti desunti dalle specifiche indicazioni poste della legge. Si veda Cass. Lav. 21/10/1999 n°11856, in Mass. Giur. It., 1999 e 20/11/2000 n. 14981, in Mass. Giur. It., 2000. 11 Tale intervento giurisprudenziale risulta essere particolarmente innovativo in quanto accogliendo le istanze dei lavoratori sulla base del solo dettato normativo (L.145/2002 e succ.) non seguito da esplicite norme contrattuali tendenti alla regolamentazione del rapporto di questa specifica categoria (vicedirigenza) ha importato anche nel settore pubblico una metodologia, propria del settore privato, in tema di mansioni e qualifiche 31 ; con ciò preludendo ad una vera valanga di contenziosi 32 . 6. RECENTI PROFILI GIURISPRUDENZIALI SULLA RETRIBUZIONE DELLE MANSIONI SUPERIORI Il D.Lgs. n. 165/2001 ha, tra l’altro, sancito il passaggio dal giudice amministrativo al giudice ordinario della maggior parte del contenzioso attinente i pubblici dipendenti. Tale evoluzione ha determinato un mutamento anche negli orientamenti della giurisprudenza in tema di mansioni superiori, avvicinando maggiormente la disciplina del pubblico impiego a quella propria del lavoro privato. L’avvenuta “privatizzazione” ha dunque determinato il proliferare della giurisprudenza di merito e di legittimità, impegnata ad individuare le norme applicabili ad entrambi i sistemi, diversificandole da quelle riservate invece al solo sistema privatistico. La disposizione che ha creato maggiore difficoltà applicativa alla giurisprudenza, è contenuta nell’art. 36 della Costituzione, il quale prevede i principi della equità e proporzionalità della retribuzione al lavoro effettivamente prestato. 33 . 31 Per lo stesso giudice l’art. 17 bis D. Lgs. 165/2001 nel delineare i requisiti specifici dei destinatari di tale normativa ha attribuito ai lavoratori stessi un diritto soggettivo immediato ed incondizionato che abilita il Giudice ad attribuire, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, la richiesta qualifica, pur in assenza di una esplicita disciplina devoluta alla contrattazione collettiva, come stabilito dallo stesso citato articolo: alla stessa stregua di quanto era stato deciso nel settore privato per la categoria dei quadri, all’accoglimento del ricorso seguono le condanne delle parti resistenti al risarcimento danni subito dai richiedenti ed alle spese processuali dagli stessi sostenute. Nel caso in esame - prosegue il Tribunale di Roma - atteso che l'art 17 bis citato rinvia alla contrattazione collettiva la disciplina dell'istituto della vicedirigenza, ove la contrattazione collettiva non applichi la vicedirigenza nel termine dell'approvazione del contratto medesimo, “è lo stesso organo giudicante ad attribuire la qualifica ai lavoratori aventi i requisiti legislativi prescritti e ciò, in modo analogo a quanto viene rilevato nel lavoro privato per la qualifica di "quadro", avendo la norma in parola carattere inderogabile”. In pratica, secondo il giudice decidente, la normativa di cui all’art. 17 bis attribuisce ai lavoratori, in possesso dei previsti requisiti, diritti soggettivi immediati ed incondizionati, e, pertanto, ha accolto il ricorso riconoscendo agli interessati il diritto alla qualifica di vicedirigenti, condannando le parti resistenti alle spese processuali. Si veda Tribunale di Roma, sentenza n. 7 marzo 2008, n. 4399, in Diritto del lavoro, 4/2008. 32 La reazione a tale pronuncia ha determinato le necessità di risolvere, normativamente, il problema anche al fine di limitare il contenzioso. Il Disegno di Legge n-847 denominato Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico in discussione in Commissione Affari Costituzionali del Senato contiene l’emendamento 5.27, nel quale viene disposta la abrogazione delle norme istitutrici della vicedirigenza. ROGARI M., Niente premi ai dirigenti pubblici poco efficienti, in Il Sole 24 Ore, 5.10.2008 33 L’art. 36 della Costituzione recita: “…Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.” 12 Il riferimento è alla Sentenza n. 25837/2007 34 con la quale la Suprema Corte di Cassazione, SS.UU. ha sancito il diritto del pubblico dipendente, che svolge mansioni superiori, ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost. In particolare, il caso ha riguardato un dipendente regionale, inquadrato nella VII qualifica funzionale, al quale era stato affidato il compito di responsabile e dirigente di un servizio, a seguito della collocazione in quiescenza del precedente titolare, senza che ciò comportasse alcun riconoscimento economico. Il Giudice Ordinario, chiamato a pronunciarsi sul ricorso proposto dall’interessato per l’accertamento del suo diritto, ne aveva accolto la domanda, disponendo la condanna dell’amministrazione resistente alla corresponsione delle differenze retributive. La sentenza, confermata in appello, aveva successivamente dato luogo alla proposizione del ricorso per cassazione della parte soccombente. Le Sezioni Unite, pertanto, pur valutando l’indirizzo prevalente in giurisprudenza amministrativa, volto al diniego dell’applicabilità del citato art. 36 Cost. al pubblico impiego, ne 35 avevano tuttavia considerato la significativa apertura verso una maggiore tutela del lavoratore, già a partire dall’emanazione del D.Lgs. n. 387/1998. In considerazione, inoltre, di una giurisprudenza ordinaria favorevole, la Suprema Corte rigettava il ricorso ed, in virtù della sua funzione nomofilattica, sanciva il già consolidato principio della applicabilità dell’art. 36 Cost. al rapporto di pubblico impiego ed il conseguente diritto alla retribuibilità 36 per le superiori mansioni svolte al di fuori dei casi tassativamente previsti al comma 2 dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001. 37 34 Cass. SS.UU., n. Cass. civ. Sez. Unite Ord., 11-12-2007, n. 25837, in Mass. Giur. It., 2007 Secondo parte della giurisprudenza amministrativa, il disposto dell’art. 36 Cost. non è applicabile al pubblico impiego, presupposto che detta norma, esprimente il principio della giusta retribuzione, confligge con altre norme di pari rilevanza costituzionale, gli artt. 97 e 98 Cost., che diventano prevalenti, in quanto il rapporto di pubblico impiego non può essere assimilato ad un rapporto di scambio e dovendosi, anche ai fini del controllo della spesa, rispettare l’esigenza di conservazione di un assetto della pubblica amministrazione rigido e trasparente. Si vedano in riferimento: Cons. Stato, Sez.V, 28 febbraio 2001 n. 1073; Cons. Stato, Sez. VI, 4 dicembre 2000, n. 6466; Cons. Stato, Sez. V, 12 ottobre n. 1438; Cons. Stato, Sez. VI, 29 settembre 1999 n. 1291. 36 Si cfr. A. Marin, Mansioni Superiori nel pubblico impiego e diritto alle differenze retributive (nota a Cassazione Civile, 20 novembre 2007, n. 25837), Lavoro nella Giur., 2008, n. 6. 37 “… In materia di pubblico impiego – come si evince anche dalla lettura dell’art. 56, comma sesto, d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (nel testo sostituito dall’art. 25 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, così come successivamente modificato dall’art. 15 d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387) l’impiegato cui sono state, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori, anche corrispondenti ad una qualifica di due livelli superiore a quella di inquadramento, ha diritto, in conformità con l’orientamento della giurisprudenza della Corte Costituzionale, ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost., norma questa che deve, quindi, trovare integrale applicazione, senza sbarramenti temporali di alcun genere – pure nel settore del pubblico impiego privatizzato, sempre che le superiori mansioni assegnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che in relazione all’attività spiegata siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni.” 35 13 7. IL CONTRIBUTO DELLA PIÙ RECENTE CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E L’IMPATTO ECONOMICO DELLE MANSIONI SUPERIORI SUL BILANCIO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE La contrattazione collettiva ha contribuito all’evoluzione del sistema ed alla risoluzione dei problemi interpretativi emersi successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 165/2001. In particolare il recente C.C.N.L. 2006 – 2009, applicabile al personale del Comparto Ministeri, prevede l’individuazione delle mansioni in maniera più ampia, non più per singole posizioni, bensì per aree funzionali, all’interno delle quali coesistono più posizioni economiche, denominate fasce. Il C.C.N.L. del comparto ministeri per il quadriennio normativo 2006–2009 prevede che la contrattazione integrativa di Amministrazione dovrà occuparsi in via prioritaria della nuova classificazione del personale, rivedendo l’articolazione delle aree, nonché i contenuti dei profili professionali, e conseguentemente, disciplinare lo sviluppo professionale dei lavoratori. Il nuovo contratto ha, infatti, innovato la concezione delle “mansioni per profilo”, introducendo una modalità di lavoro all’interno della medesima area, più orizzontale e più permeabile tra le varie attribuzioni di competenze che caratterizzano le nuove “posizioni economiche”. Lo scopo di tale innovazione è quello di armonizzare dette regole con la necessità di valorizzare il lavoratore pubblico e di superare, come richiesto da più parti, il fenomeno dallo scostamento tra organico teorico e reale, che ha dato origine al cosiddetto "mansionismo", e cioè allo svolgimento (di fatto o di diritto) di mansioni diverse dalla qualifica posseduta e generalmente di maggior pregio. Inoltre, tale sistema permette di avere, all’interno di una stessa area, mansioni equivalenti, alle quali, indifferentemente, adibire il personale appartenente alle posizioni economiche che rientrano nell’area medesima, senza che ciò comporti una violazione del divieto di ius variandi. 38 Il nuovo sistema di classificazione del personale, superando il rigido schema delle posizioni giuridiche all’interno delle aree professionali, e prevedendo solo livelli economici, consente una maggiore flessibilità nella gestione del personale medesimo, semplificando 38 Si veda ad esempio come l’allegato A del C.C.N.L. 2006/2009 denomini l’area funzionale seconda , ex B1, B2, B3 e B3S 14 notevolmente le procedure di gestione delle risorse umane mediante il riconoscimento alla parte datoriale del potere di esigere dal dipendente tutte le attività lavorative previste all’interno dell’area di appartenenza. Tale nuova impostazione contribuirà a determinare, presumibilmente, anche un risparmio nei costi della pubblica amministrazione, in quanto detta semplificazione del sistema di classificazione consente l’utilizzo di criteri selettivi flessibili, di matrice aziendale e privatistica, per i passaggi di livello all’interno delle aree. Dunque, l’adibizione di dipendenti, appartenenti a fasce diverse, a mansioni ricomprese nella medesima area professionale, non determinerà una attribuzione del lavoratore a mansioni superiori. Alla luce di tale nuova prospettiva, almeno in termini ipotetici, il lavoratore che opera orizzontalmente nell’ambito della stessa area professionale, non avrà diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori. Sotto tale profilo, dunque, il nuovo contratto collettivo potenzialmente potrebbe contribuire al contenimento delle spese. Infatti, il sistema regolato dalla contrattazione collettiva precedente, prevedendo mansioni differenti per ogni singola posizione economica, determinava l’agevole passaggio da una mansione all’altra con la conseguente nascita del diritto, in capo al lavoratore, a percepire la retribuzione corrispondente. Tale diritto determinava, inevitabilmente, l’insorgere di contenzioso e, dunque, nella maggior parte delle ipotesi, una condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento delle differenze retributive e delle spese processuali, con enorme aggravio di costi in capo alla P.A.. Per avere una concreta idea di quanto abbia inciso nelle casse dell’amministrazione, tale precedente impostazione si riporta, di seguito, la tabella riepilogativa di due casi di attribuzione di mansioni proprie della posizione immediatamente superiore a quella posseduta, illustrandone i costi previsti in ordine alle sole differenze stipendiali, nel periodo 1998/2006. Si osservi, ad esempio, l’effetto prodotto da un semplice caso di adibizione a mansioni proprie della posizione economica C2, di un dipendente pubblico appartenente alla posizione economica C1. Considerando unicamente gli elementi fissi della retribuzione, si concretizza, 15 rispetto alle previsioni sui costi stimati in base all’organico effettivo, in un maggior costo per l’Amministrazione pari ad euro 25.249,00. 16 Indennità Amministrazione Stipendio Indennità Amministrazione Indennità integrativa speciale 1998 B2 4.253,52 1.050,48 B3 4.718,74 1.186,80 465,22 136,32 53,19 242,33 1999 B2 8.182,75 2.100,96 B3 9.069,14 2.373,60 886,39 272,64 53,19 448,56 1.660,78 2000 B2 8.388,32 2.135,04 B3 9.289,67 2.413,92 901,35 278,88 53,19 456,34 1.689,76 2001 B2 8.869,64 2.200,08 B3 9.804,08 2.485,20 934,44 285,12 53,19 471,08 1.743,83 2002 B2 9.315,54 2.358,51 B3 10.278,58 2.660,40 963,04 301,89 53,19 487,54 1.805,66 2003 B2 16.656,51 2.365,71 B3 17.708,47 2.669,99 1.051,96 304,28 503,24 1.859,48 2004 B2 17.120,61 2.365,71 B3 18.201,95 2.669,99 1.081,34 304,28 514,52 1.900,14 2005 B2 17.674,29 2.365,71 B3 18.790,55 2.669,99 1.116,26 304,28 527,92 1.948,46 2006 B2 17.720,43 2.365,71 B3 18.839,60 2.669,99 1.119,17 304,28 529,04 1.952,49 1998 C1 1.335,54 C2 1.502,88 817,20 167,34 99,39 404,25 1.488,18 5.456,08 6.273,28 897,06 1999 C1 10.462,32 2.671,08 C2 12.007,76 3.005,76 1.545,44 334,68 99,39 738,47 2.717,98 2000 C1 10.701,47 2.714,46 C2 12.269,13 3.055,32 1.567,66 340,86 99,39 749,02 2.756,93 2001 C1 11.265,41 2.795,04 C2 12.885,73 3.142,08 1.620,32 347,04 99,39 771,25 2.838,00 2002 C1 11.782,81 2.994,24 C2 13.452,53 3.365,28 1.669,72 371,04 99,39 798,06 2.938,21 2003 C1 19.343,09 3.003,84 C2 21.174,92 3.377,28 1.831,83 373,44 825,17 3.030,44 2004 C1 19.882,07 3.003,84 C2 21.765,12 3.377,28 1.883,05 373,44 844,83 3.101,32 2005 C1 20.525,03 2006 C1 20.578,61 3.003,84 C2 22.468,92 3.003,84 C2 22.527,57 3.377,28 1.943,89 3.377,28 1.948,96 373,44 373,44 868,18 3.185,51 870,13 3.192,53 15.457,65 Stipendio € Indennità Liv. Amministrazione Differenze 25.249,09 Stipendio Differenze per oneri riflessi (F.do pens; O.P.; IRAP) € Liv. Posizione economica riconosciuta per mansioni superiori Totale maggiori costi 1998/2006 Posizione economica rivestita valutazioni in termini di costi dall'01/07/1998 Totale maggiori costi 1998/2006 mansioni superiori: Maggiori costi anno ANNO Sentenze