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«Il rischio sismico a Catania diventi emergenza nazionale»

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«Il rischio sismico a Catania diventi emergenza nazionale»
LA SICILIA
28.
VENERDÌ 11 OT TOBRE 2013
CATANIA
La città
vulnerabile
Adeguare subito gli edifici pubblici e privati alle
norme antisismiche, come chiedono gli addetti ai
lavori. Ma i fondi per il sindaco Bianco «sono
insufficienti». Per questo fa una richiesta al governo
«Il rischio sismico a Catania
diventi emergenza nazionale»
VITTORIO ROMANO
Il messaggio arriva chiaro dagli addetti ai lavori,
istituzioni, protezione civile, ingegneri, costruttori
edili: Catania è una città con un rischio sismico
molto elevato e la maggior parte degli immobili
residenziali è stata realizzata nel ventennio 19601980, quindi senza alcun criterio antisismico, e ciò
spiega perché il capoluogo è considerato, in una
recente indagine del settimanale l’Espresso, la più
pericolosa d’Italia. Dunque, gli interventi di
adeguamento sono quanto mai urgenti e nessuno
può permettersi di far finta di niente. Il sindaco
Bianco questo lo sa bene e punta l’indice contro le
istituzioni più alte, parlando di «fondi
insufficienti». Con l’ordinanza ministeriale 52 del
20 febbraio 2013, lo Stato ha stanziato per la
Sicilia 23 milioni per più annualità. Il 30
settembre scorso Crocetta ha deciso di destinare
per il 2012 quasi 5 milioni per l’intera Isola. Nella
provincia etnea ne usufruiranno 56 Comuni su 58
considerati idonei. Il Comune di Catania, quando
la Regione comunicherà le direttive tecniche da
inserire nel bando, provvederà a pubblicarlo e i
privati cittadini potranno concorrere per ottenere
un contributo a fondo perduto destinato alla
ristrutturazione sismica della propria abitazione,
cumulabile anche per i condominii. «Forniremo
informazioni e supporto a tutti i catanesi
interessati a presentare le domande attivando
uno sportello - ha spiegato Bianco -. Ci rendiamo
conto però che i fondi a disposizione non possono
assolutamente essere sufficienti. Ecco perché la
situazione del rischio sismico a Catania deve
diventare un’emergenza nazionale». La sicurezza
«è la nostra priorità, sia che si tratti di sistemare il
nodo Gioeni, sia che si tratti di misurare la
sicurezza delle nostre scuole e prendere gli
opportuni provvedimenti».
O PROTEZIONE CIVILE: L’ASSESSORE BOSCO O ORDINE INGEGNERI: IL PRESIDENTE CASCONE O ANCE CATANIA: IL PRESIDENTE COLOMBRITA
«Vulnerabilità degli edifici
lo studio propedeutico
per avere i finanziamenti»
«Il primo step per la messa in sicurezza degli edifici è ricondurli almeno alla fase originaria. Ripristinare cioè l’armatura che, usurata dal
tempo, riduce sensibilmente la sezione resistente. In parole povere,
i pilastri di cemento armato costruiti negli anni ‘50, ‘60 e ‘70 sono, chi
più chi meno, degradati. Dunque, andrebbero ripresi prima che l’usura peggiori ulteriormente».
L’assessore Luigi Bosco, con delega alla Protezione civile e alle grandi
opere, parla con cognizione di causa, essendo un ingegnere e conoscendo assai bene i problemi legati al rischio sismico in città. «La quasi totalità degli edifici di Catania non è antisismica - afferma -. Abbiamo già attivato un tavolo tecnico al quale partecipano gli ordini professionali, l’Ance, i sindacati di categoria e l’Università, per far partire al più presto lo studio della vulnerabilità delle strutture, senza il quale non si può accedere a finanziamenti per la messa in sicurezza. Ci
sono scuole, per esempio, di cui non sappiamo
nulla dal punto di vista strutturale. Un primo
incontro c’è già stato la settimana scorsa e
l’Ance ha dato la propria disponibilità a finanziare l’ateneo per le verifiche che necessitano sugli edifici».
La partenza dunque, come sostiene l’assessore Bosco, è avvenuta. Nel programma di
Enzo Bianco, «una delle priorità è trasformare il grande rischio in opportunità. Perché le
verifiche strutturali prima e i lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza, poi, attiverebbero fondi e investimenti che, in un momento di crisi qual è questo, rimetterebbero in
Case di edilizia popolare
moto l’edilizia e, dunque, l’economia».
costruite senza criteri
Facendo riferimento alla detassazione al 50%
antisismici
cui il cittadino che intende mettere in sicurezza la propria casa accede per legge fino al 31 dicembre prossimo (forse lo Stato concederà una proroga), Bosco parla anche «di premialità. Sarebbe un buon modo, se fosse riproposta insieme alle agevolazioni fiscali, per incentivare i privati a intervenire sugli edifici.
Col piano casa, per esempio, se si interveniva per la prevenzione sismica, veniva data la possibilità di aumentare la cubatura dell’abitazione.
Dunque bisognerebbe mettere insieme una serie di fattori che servano da
incentivo. Compresa la diffusione della cultura della prevenzione, un’azione che Ance, ordini professionali e Comune dovrebbero svolgere insieme. Avviare cioè campagne promozionali per spiegare alla gente l’importanza di mettere in sicurezza le case, dalle piccole ai grandi condominii».
Anche l’operazione del ponte Gioeni, per l’assessore Bosco, è stata un
segnale chiaro alla città. «L’abbattimento è avvenuto per il rischio sismico legato a un’opera ormai vetusta. Siamo su un campo minato e non possiamo più mettere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi».
Accanto e sopra,
pilastri di
cemento armato
usurati che
reggono palazzi
anche di 8 piani e
necessitano di
interventi urgenti
«Per l’adeguamento
costi sostenibili
e buona detassazione»
«Non bisogna perdere altro tempo prezioso. Noi ingegneri chiediamo allo Stato politiche concrete per incentivare il cittadino a mettere in sicurezza la propria casa. Innanzitutto prorogando la detassazione oltre il termine previsto, che
è il 31 dicembre prossimo; innalzando la stessa dal 50 al 70% e garantendo forme di credito agevolato. Solo così Catania potrebbe diventare un cantiere a cielo aperto, con pochi disagi e tantissimi benefici per tutti, economia compresa».
Lo dice Santi Cascone, neopresidente provinciale dell’Ordine degli ingegneri. Secondo il quale le istituzioni dovrebbero trovare «una soluzione per dare
l’opportunità di accedere alle detassazioni non soltanto ai singoli cittadini, ma
anche a interi condominii. Per gli amministratori, e per gli stessi inquilini, sarebbe tutto più semplice».
La maggior parte degli edifici in città sono stati costruiti senza criteri antisismici, dice Cascone. «Paradossalmente sono più sicuri alcuni palazzi edificati negli anni successivi all’ultimo grande terremoto del 1692, poiché vennero
utilizzate tecniche antisismiche oggi superate, di tutti quelli venuti su negli anni del boom edilizio, tra i ‘50 e i ‘70. Più ci si allontanava da quella famigerata
data - sostiene Cascone - più si perdeva la memoria e si costruiva senza criterio. Le norme antisismiche hanno obbligato ad adeguare le nuove costruzioni
solo a partire dal 1981. Dunque, in città gli edifici sicuri sono una minoranza».
Oggi, dice il presidente Cascone, «si rileva un progressivo degrado, spesso visibile, del cemento armato e dell’acciaio. Per questo non ci stanchiamo di sostenere che occorre una adeguata politica di interventi, a partire dalla defiscalizzazione. Un meccanismo cui è molto meno complicato accedere rispetto alla concessione di contributi, cioè di soldi, che avrebbe bisogno di tanti, troppi
passaggi burocratici e quindi di tanto tempo».
Ma chi vuole adeguare la propria casa o il palazzo dove abita, sarebbe costretto a trasferirsi temporaneamente altrove? «Assolutamente no - dice Cascone
-. Potrebbe succedere in rari casi, per lo più riguardanti le case a pian terreno
o sotto il livello della strada. E la durata dei lavori dipende dal tipo di interventi e dalla grandezza dell’edificio. Comunque da un minimo di sei mesi a dieci
e più per palazzi dai sei piani in su. Interventi ne abbiamo già fatti, ma sono ancora troppo pochi in una città a così alto rischio sismico».
«La messa in sicurezza degli edifici esistenti è molto rara perché spesso, a torto,
la si considera non possibile o non conveniente. Tuttavia, sono in corso dei progetti per mettere in sicurezza strutture pubbliche di particolare rilevanza, come
Università e scuole, mentre sul fronte degli edifici privati siamo ancora molto indietro, a causa della scarsa sensibilità verso questo rischio e della scarsa considerazione delle qualità strutturali di un edificio quando se ne valuta il valore
commerciale». E’ quanto sostiene l’ing. Nicola Colombrita, presidente di Ance Catania, l’associazione nazionale dei costruttori edili.
A chi deve rivolgersi il cittadino che vuole adeguare la propria casa?
«A un ingegnere strutturista con esperienza nel campo dell’adeguamento antisismico. La nostra città ha la fortuna di avere numerosi esperti grazie alla didattica e alla ricerca portata avanti da docenti universitari di fama internazionale. Ance Catania ha realizzato all’inizio di quest’anno una campagna dal titolo “Trema ma non
crolla” per sensibilizzare i proprietari di immobili
sul rischio sismico, fornendo a chi ne facesse richiesta una consulenza gratuita sullo stato del proprio
edificio e sui possibili interventi. E’ un primo passo, la fase zero. Chi è interessato dovrà procedere
richiedendo un’analisi più approfondita sulla vulnerabilità e un progetto sugli interventi necessari.
Sul fronte della ricerca applicata abbiamo finanziato una borsa di studio per un corso di dottorato con
tema di ricerca “Adeguamento antisimico degli
edifici in cemento armato”, allo scopo di utilizzare al meglio le tecnologie e le conoscenze che possono favorire la realizzazione di edifici più sicuri».
Balconi di un intero palazzo messi Gli incentivi disponibili per legge possono coprire il
in sicurezza perché a rischio
fabbisogno di quanti edifici a Catania?
crollo. Ce ne sono tanti così
«Gli incentivi previsti dall’attuale normativa sono agevolazioni fiscali e non contributi che coprono il 100% dei costi, pertanto non è possibile calcolare quanti cittadini li utilizzeranno. Si tratta comunque di un’ottima opportunità offerta dallo Stato che consente di detrarre in 10 rate annuali dalle proprie imposte il 65% delle spese effettuate per gli interventi di consolidamento antisismico. Auspichiamo che
questi incentivi vengano prorogati o diventino strutturali».
Quali sono le zone più a rischio in città?
«Tutta la città è ad elevato rischio e tutti gli edifici costruiti prima del 1981, data in cui Catania è stata classificata zona sismica, non garantiscono la dovuta sicurezza».
Cosa si deve fare davvero per scongiurare rischi in caso di forte sisma?
«Agire per adeguare gli edifici e renderli antisismici. La tecnologia attuale permette in molti casi interventi a costi sostenibili, circa 300 euro a mq. Quando
questo non è possibile, si dovrà considerare l’opzione di sostituire l’edificio incentivando gli interventi di demolizione e ricostruzione, sempre che non abbiano valore storico o architettonico».
VI. RO.
VI. RO.
FOTOSERVIZIO DI
DAVIDE ANASTASI
«Mettere in sicurezza
la casa è più semplice
di quanto si creda»
VI. RO.
INGV. «Un quadro dinamico in continua evoluzione» dice Eugenio Privitera, nuovo direttore dell’Osservatorio Etneo di Catania
«Etna, lievi terremoti vanno messi nel conto»
ALFIO DI MARCO
«Un quadro dinamico in continua evoluzione, com’è logico che sia quando si parla di un vulcano attivo come l’Etna.
Ciò non vuol dire, tuttavia, che siamo alla vigilia di fenomeni che possano indurre apprensione. Significa soltanto che
terremoti di lieve entità come quelli di mercoledì mattina
o esplosioni dai crateri sommitali come quelli dei giorni
scorsi devono essere messi nel conto». Così Eugenio Privitera, nuovo direttore dell’Osservatorio Etneo-Ingv (Istituto
nazionale di geofisica e vulcanologia) di Catania, spiega le
sette scosse sismiche che due giorni fa hanno fatto scattare l’allarme sul versante sud-orientale del vulcano.
«L’intera area in cui si sviluppa l’edificio vulcanico –
spiega Privitera – è caratterizzata da un’intricata rete di faglie in continuo movimento. Se a ciò si aggiunge che a livello profondo continuiamo ad assistere a una lenta ma costante fase di ricarica di magma, e che questa ricarica genera una graduale tensione, è facile comprendere come lo
stress prodotto vada a scaricarsi nelle aree più deboli e
quindi esposte del sistema. La faglia in questione, che si allunga a nord di Pedara, già in passato ha innescato terremoti più o meno di uguale intensità a quella di mercoledì. E
non si può escludere che altri sismi possano seguire. Anche
a livello superficiale».
Insomma, dopo mesi di quiete, l’Etna torna a scuotersi.
«A livello sommitale - riprende il direttore dell’Osservatorio etneo - i primi, sporadici segnali di risveglio, dopo
quattro mesi di quiete, li abbiamo avuti - con sbuffi di cenere e intensi bagliori - a partire dal 3 di settembre tra il
Nuovo Cratere di Sud-Est e la Bocca Nuova. Il vulcano era
entrato in uno stato di quiete ad aprile, dopo una fase di intensa attività, spesso parossistica, che dallo scorso gennaio
aveva interessato prima la Bocca Nuova e poi anche il Nuovo Sud-Est, e durante un periodo di due settimane, tra fine
febbraio e metà marzo, anche la Voragine. In particolare, i
13 episodi di fontana di lava al Nuovo Sud-Est hanno ripetutamente prodotto grandi quantità di materiale piroclastico che sono poi ricadute soprattutto nei settori orientale e
nord-orientale del vulcano, causando disagi e danni mate-
riali in numerosi centri abitati. All’ultimo di questi episodi,
la sera del 27 aprile, è seguita una breve serie di esplosioni al Nuovo Sud-Est, tra il primo e il 2 maggio. Da allora, i
crateri sommitali hanno mostrato soltanto il consueto, tipico degassamento. Forti esplosioni profonde, invece, sono
via via emerse dal condotto del cratere di Nord-Est; e nelle ultime settimane questi boati sono diventati più intensi e più continui».
Possibile fare previsioni o paragoni con fasi simili del passato?
«No. Allo stato, continua la ricarica profonda, mentre a livello sommitale il sistema rimane aperto. Tra l’aprile ‘87 e
l’agosto ‘89 il vulcano visse lunghi mesi di quiescenza. Da
lì si passò agli intensi fenomeni che avrebbero portato alla grande eruzione laterale del ‘91-’93. Ma quella di oggi è
altra storia: in mezzo abbiamo 20 anni ricchi di fenomeni
anche violenti. Il vulcano tiene la memoria di quanto accaduto nel passato e agisce di conseguenza. Ma alla luce
delle varianti che le singole attività hanno apportato alla
sua struttura».
Un’immagine
suggestiva del
cratere centrale
dell’Etna
SCAVONE (GAL): «STABILIZZARE PERSONALE DEGLI UFFICI SISMA DEI COMUNI»
Stabilizzare il personale assunto in base alle ordinanze del presidente del Consiglio
3253 e 3254 del 2002 dopo gli eventi sismici che hanno interessato la Sicilia e il
Molise. E’ quanto prevedono 2 ordini del giorno presentati al decreto per la P. A. dal
gruppo Gal del Senato e approvati dall’aula. Gli odg impegnano il governo a
“valutare ogni iniziativa utile per promuovere con urgenza la stabilizzazione del
personale” assunto dopo gli eventi sismici che hanno interessato le Regioni Sicilia e
Molise nel 2002 rendendo “totalmente o parzialmente inagibili numerosi edifici
pubblici, privati, di interesse storico-artistico, di culto”. «Speriamo - commenta il
sen. Antonio Scavone - di aver messo un punto definitivo alla grave situazione degli
uffici sisma dei Comuni etnei».
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