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Diario Tanzania - Viaggi Avventure nel Mondo

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Diario Tanzania - Viaggi Avventure nel Mondo
TACCUINO DI VIAGGIO | Tanzania
Diario Tanzania
Gruppo Vincenzo Milotta
Testo e foto di Monia Isidori
Quest’anno si va in africa… scelta obbligata, scelta di cuore… veniamo a
conoscere la tua terra, per imparare ad
amarne i colori e gli odori, la sua gente
fiera e dignitosa, gente di pancia, che sa
passare in pochi secondi dal nero cupo
degli occhi intensi al bianco candido (o
arancio!) di sorrisi aperti… veniamo a
cercare di capirne i tempi, quest’african
time con cui cozziamo fin dal primo giorno del safari, ma che presto impariamo
a rispettare, a farci affidamento con un
sorrisetto (se Jeff fa un’ora di ritardo, saprà lui come recuperare,è fuori luogo il
vincenziano “do you know vaffanculo,
Jeff?”)… ci faccio talmente il callo che,
ad una settimana dal rientro, non riesco
a scrollarmi questa pacifica lentezza di
dosso, a riprendermi i miei ritmi abituali
e frenetici … forse va bene così.
Veniamo per cercare, se non di capire,
almeno di rispettare quel che ci ostacola
da te: burocrazia, illogica risoluzione dei
problemi, african time…
Veniamo perchè prepararci ad accogliere te significa conoscere le tue radici,
l’odore della polvere rossa che si infila
ovunque, le buche per le strade dove
l’imprevisto è sempre in agguato, la
poesia dei tramonti, la Via Lattea che
illumina le notti buie dei campeggi,
questa gente fiera che si prende il diritto di arrabbiarsi anche se non ne ha
il potere…
Scendiamo eccitati dall’aereo dove Sandro, col suo ottimo inglese, non ha capito che il pacco rosa che occupava tutto il
suo box era un wedding dress e ha ben
pensato di accartocciarlo, scatenando le
ire della futura sposa!
Partiamo per il safari dopo un’ottima
cena ad Arusha, in un’officina meccanica
che di sera si reinventa osteria, dopo un
viaggio esilarante in taxi in 7 più l’autista
104 – Avventure nel mondo 1 | 2011
sfuggito al linciaggio da tamponamento.
Il safari, sogno di ogni bambino, il mio
sogno di ora… carichiamo Jeff e la sua
esperienza ventennale a cui pian piano
ci affidiamo fiduciosi, Remy like polvere,
i suoi “maddeooo” e un costante quesito “ci è o ci fa?”, Samuel con il suo sacro fornello, due pentole nella valigia, la
camicia rossa consunta, l’ascella pesante
e lo sguardo fiero quando lo offendono
e lui si trattiene per non rispondere e
tenersi il suo lavoretto precario di cuoco.
Carichiamo viveri per 9 gg comprati nel
colorato mercato con Samy, noi sfiniti e
lui che ancora contrattava, viveri che si
manterranno misteriosamente intatti
fuori dal frigo per tutto il tempo senza avvelenarci, bagagli tende e sacchi
a pelo, compagni di viaggio simpatici
e accomodanti. Qualcosa preferiremmo
non caricarlo – paure, ansie, aspettative, tensioni e malumori – ma ci tocca
lo stesso… nessun bagaglio può essere
così leggero.
Visitiamo i parchi più belli, conosciamo
tribù, incontriamo sguardi e persone, è
un viaggio ricco e completo.
Partiamo dal Tarangire, i suoi maestosi
baobab, gli elefanti che si abbeverano
al fiume secco, una leonessa concitata
che smangiucchia la sua preda e controlla a distanza che gli avvoltoi non ne
facciano razzia.
Il Lake Manyara con la vegetazione rigogliosa, gli ippo lontani e ciccioni come
la turista inglese, l’eleganza seducente
delle giraffe che Simone non vuol riconoscere, lui e i suoi simpatici facoceri.
Sandro si cosparge di Autan, teme la
malaria anche se si è affidato a me e
non ha fatto la profilassi; io al solito tiro
a campare, son convinta che questa terra non mi farà strani scherzi e così sarà.
Con l’età son diventata più fatalista!
Passeggiamo per Mto Wa Mbu con una
guida, lasciamo scorrere gli occhi sulle
loro capanne, sulle donne che spazzano
pavimenti di terra, su uomini che intagliano ebano e ci chiedono prezzi assurdi per le loro ciotole (ma com’è che
ci provano comunque a fregarci?è una
costante!), su bimbi smocciolosi belli e
caldi come il sole, fiduciosi e sorridenti, che mi toccano i lunghi capelli lisci
incuriositi. Sandro fa due tiri a pallone
con loro. Ci fermiamo a sorseggiare birra di banana, è disgustosa, ma non oso
rifiutare, neanche quando Simone ci fa
notare che il cestino con cui ce la porgono è quello con cui scarichiamo l’acqua
in bagno! Anti-tifica assistici!
Passiamo all’orfanotrofio, Jeff fa qualche
giochetto per non portarci, chissà perché, ma noi abbiamo penne, quaderni e
coccole da offrire, ci impuntiamo. Vado
tranquilla, non so neanch’io come posso immaginare di reggere l’esperienza,
mi illudo di razionalizzare, sorrido delle battute sarcastiche di Matteo che
sdrammatizza… ma non la reggo…
non riesco ad entrare, tutti quei bambini
seduti ai tavoli che ci salutano contenti appena entriamo, potresti essere tu
uno di loro… noi benefattori dal cuore
tenero che lasciamo una penna e ce ne
andiamo, lasciatemi qui, voglio restare,
non dare due coccole e fuggire. Potrei
essere la loro mamma, non penso di
poter rientrare. Poi rientro, non guardo
nessuno, non dico una parola, mi chino
a scrivere i loro nomi sui quaderni, un
bimbo mi si appoggia addosso con tutto
il suo peso, poi un’altra bimba dal sedere
bagnato… all’inizio noto solo quelli che
mi si gettano in braccio, mi sento stordita, poi quelli più timidi, Sandro allunga una penna ad un bimbetto rimasto
senza, mi sorride protettivo, mi dice con
gli occhi che tu non sei qui, che ce la
posso fare. In una camera c’è un bimbo
che dorme su un materasso consunto,
non ha preso nulla, non ci ha sentiti.
Forse ci sarà qualche turista intenerito
che starà facendo lo stesso con te, che ti
starà scattando foto da mostrare, l’idea
mi infastidisce… e io non sono lì. Ce ne
andiamo, sento il cuore che pesa, le lacrime risalgono, l’animo pesante… non
ho voglia di parlare, brucerei i venditori
attorno. Voglio star sola.
Facciamo un paio d’ore di strada terribile ma panoramica nell’africa vera di
campagne e villaggi, di polvere rossa e
povertà, di case di fango e bimbi che
corrono dietro alla jeep per salutarci con
gli occhi stupiti e sgranati. Arriviamo al
Lake Eyasi, o “il lago che non c’è”, il
posto è sperduto e il campeggio very
wild, ma ci piace di più. Il lago è una
distesa ventosa e umida di sale, nulla
a perdita d’occhio. Torniamo da Samuel,
ha poco carbone, nessuna luce, cucinerà
in ritardo, ma un pasto davvero buono.
Ci svegliamo per cacciare con gli Hadzabe, 3 ore di marcia sostenuta dietro
a gente che ha scelto di non convertirsi alla civiltà, che vive di niente, che
dorme sotto le stelle senza neanche la
capanna. Prendono solo due passerotti, del resto col rumore che facciamo è
pure troppo! Siamo stanchi, loro corrono
e fumano, noi siamo senz’acqua, solo
Sandro regge il passo, vorrà farsi prendere dalla squadra, ritrova persino le
frecce come un bravo cane da riporto!
Ripartiamo per fermarci, prima a regalare magliette a bimbi che si ritraggono
impauriti quando vedono questi brutti
musi bianchi scendere dalla jeep, poi
Jeff a sgridare due bimbe che gli hanno lanciato un sasso, poi due camion in
panne ci bloccano la strada… capisco la
T
TACCUINO DI VIAGGIO | Tanzania
filosofia dell’african time, è impossibile
prevedere l’imprevisto, perché accanirsi
contro la sorte? Hakuna matata, lascia
fare, tutto va dove deve andare, hakuna
matata, sorridi anche se capisci che ti
sto fregando, hakuna matata, “vaffanculo non va bene”, hakuna matata, “se
sorridi safari bello, se arrabbiato safari
brutto”, hakuna matata… Non si può
venire in africa e pensare di esportare i
nostri modi di fare, bisogna capire i loro
e adeguarsi.
Domani si va allo Ngorongoro, evviva!!
Prima però solita sosta a discrezione
di Jeff, per comprare un kg di riso, un
summit di mezzora a cui partecipano
passanti, commessi, Samu incastrato e
offeso al fondo della jeep, è lui il cuoco, bisogna lasciarlo fare! Arriviamo,
nebbia infinita, scoraggiamento … ma
Jeff ci assicura che dentro il cratere la
nebbia non c’è mai. È così, scendiamo
in un paradiso abbondante come un
supermarket, tutti gli animali assiepati qui, tranne le mie ammirate giraffe:
facoceri simpatici, branchi di gnu, zebre
col sederone, leoni spaparanzati al sole,
infine anche il rino incazzuto che carica
una jeep. Lucky Safari! È l’africa dei documentari, l’Africa selvaggia che ho nel
cuore fin da bambina.
Torniamo al campeggio, siamo gli unici
sfigati senza tavolo e sedie, ma ci va
bene così; ci appartiamo fuori con i cani
e la vodka, dopocena si accende il falò,
ma resistiamo poco, è troppo freddo.
Come faranno Giulia&Fede con quella
tenda del cavolo? Nanna con ruggiti di
leone e lamenti di iene, ma io non li so
riconoscere e dormo come un sasso.
Si riparte al buio per il Serengeti, fra villaggi masai e giraffe ai lati della strada,
montiamo la tenda in un campeggio
schifoso in mezzo a fango e zanzare, la
notte sarà allietata dalla pioggia. Mi vergogno di lamentarmi quando capisco
che a Samu andrà sicuramente peggio,
senza tenda steso a terra. Mi fa una
pena infinita, lui lo legge nei miei occhi, posso solo regalargli la lampada da
fronte, almeno non sarà al buio. Il game
drive ripaga subito: leonesse in branco
che spupazzano i cuccioli, un leopardo
che si porta l’impala sull’albero, la caccia dei ghepardi velocissimi, il re della
savana che avanza lento e maestoso, il
piccolo giraffino, persino la iena che col
suo cucciolo appare più simpatica… la
maternità dona a tutte, quasi.
A pranzo, Samu riesce a preparare delle
torte salate croccanti col suo fornellino,
zuppa, riso, verdure e carne, è un mistero… peccato che l’ananas gli venga
sempre al retrogusto di cipolla! Gli chiedo come è andata la notte, a me dice
sempre tutto ok, solo a Simone rivela
che ha avuto freddo. Ripartiamo, Jeff
non muove un dito, Remy e Samu caricano aiutati dai nostri validi uomini, si
avvia la jeep, Samu non c’è, è in bagno,
Jeff lo vuol lasciare a piedi perché ci ha
messo troppo, gli diciamo di caricarlo,
faccio uno sproloquio con Sandro sulla
prepotenza che mi irrita, sull’arroganza
dei forti che detesto, Jeff capisce che ce
l’ho con lui e mi lancia un’occhiata severa nello specchietto, chiedendomi ironicamente se è tutto ok… riacquista un
po’ di punti, in fondo la sua intelligenza
mi piace. Sono contenta che mi abbia
sentito. Ogni viaggio mi aiuta a riscoprirmi, e il gruppo è un ottimo specchio
che rimanda un lato di noi, quello che
in quel momento esprimiamo: in India
la fiducia e le speranza, in Turchia la
mia pazienza, la gentilezza, in Africa la
forza che tengo spesso nel cassetto, la
lingua tagliente ma onesta, l’assertività
senza sconti nel confrontarmi. Mi spiace
se qualcuno se l’è presa, ma forse è lo
strumento di cui ho bisogno ora.
Ci dirigiamo al Lobo, temiamo un altro camping schifoso, invece arriviamo in una ridente vallata collinare,
ovunque frotte di erbivori, la piazzola
erbosa(perché il campeggio a questo
si riduce) sotto la rupe abitata dai babbuini è meravigliosa, di fronte brucano
le zebre, ci sono due capanne con le
inferriate che lasciano ben immaginare
(ci tranquillizzano che in questo periodo
non ci serviranno perché c’è abbondanza di zebre, ma la notte per andare a
lavare le stoviglie ci muoviamo tutti
assiepati e impauriti, e capiamo che
leccare le posate è una valida alternativa all’acqua!). Cena nella capanna fra
la polvere, chiacchiere intorno al fuoco,
Sandro è pensieroso, pensa a Samu che
è trattato male, è povero, dorme per
terra al freddo. E pensa a te, nero, se gli
piacerai, se ce la faremo. Mi commuovo
a guardare le stelle, mi chiedo se sei
già nato, se sei già in pancia ad una
mamma che ti abbandonerà.
Ci svegliamo con le giraffe che si muovono a due passi da noi, emozioni pure,
foto, smontiamo tutto per il lungo trasferimento al Natron. Vediamo i leoni
mentre ce ne andiamo… allora erano
davvero vicini! Il trasferimento è molto
lungo, sembra di nuovo di essere sulle
montagne russe, respiriamo polvere,
deserto arido. Ogni tanto spuntano bimbi masai fra i cactus… come possono
vivere tutta la vita così? Come possiamo
noi? Mi fermo a immaginare i loro pensieri, che sogni faranno questi bambini?
Sosta a Wasso, ci facciamo fregare e al
posto della birra ci rifilano un drink imbevibile; ci sediamo a guardare i bimbi
assiepati per ricevere penne, gente coi
carretti, uomini che ci osservano, donne eleganti con tacchi che sfidano la
polvere, questa vita infinita che scorre
lenta. Il campeggio masai sotto al vulcano è l’unica piazzola erbosa nella zona,
il vento sferza le tende, quella di Vincenzo è deformata, Simone sclera per
rimetterla su. Questo luogo è magico: il
vulcano fumante, il villaggio masai fuori
dal finto recinto del campeggio, capanne e terra, terra e capanne. Partiamo
per la passeggiata alle cascate, il vento
scopre il gonnino dell’accompagnatore,
unica spettatrice le mie compagne mi
invidiano! Che divertente, facciamo il
bagno sotto l’acqua gelata, Federico ha
aggrappata una spagnola 150kg che lo
usa come roccia da appiglio. Ridiamo!
Torniamo indietro, attraversando il villaggio un bimbo masai mi dà la mano
senza paura.
Scendiamo al lago al tramonto, sembra
di essere sulla luna, puntini rosa in volo,
tanti fenicotteri. Sandro corre sempre
più lontano, scattiamo foto stupende. Al
solito, siamo l’ultimo gruppo a ripartire,
si sta bene qui, ma ci attende il capretto masai. Samu per non smentirsi ha
scelto il tavolo più sfigato, ma ripariamo.
Arriva il capretto tagliato boccone boccone dalle mani puzzolenti del masai, fa
una certa impressione, ma dopo la birra
alla banana lo stomaco è pronto a tutto:
gruppo tosto! Dopocena, chiacchiere e
coffee sul prato sotto le stelle, stoviglie
a giro, Simone lecca il mio cucchiaio prima di riporlo … siamo davvero al top!
Sveglia alle 4 per il lungo trasferimento
a Zanzibar, Jeff non si vede, spunta fuori
in costume e bicchierozzo in mano con
15 minuti di ritardo non appena anche
l’ultimo bagaglio è stato caricato… sempre più simpatico! Per la strada ci capita
di tutto. Prima soccorriamo il furgoncino
dei medicinali impantanato nella sabbia. Dopo 30 minuti arriviamo in una
scena apocalittica: un bus cappottato,
30 persone che urlano e piangono, feriti
stesi a terra, ceste e banane dappertutto. Ci fermiamo, vogliono aiuto, Jeff
sembra in difficoltà, pare non voglia
caricarli, forse è preoccupato per noi. La
gente si agita, iniziano ad accerchiare la
jeep, Samu chiude il finestrino, urlano,
le donne spandono tutte le ceste in
mezzo alla strada, non possiamo passare. La situazione si fa pesante, ho un
po’paura, non possiamo mica lasciarli
qui, l’aereo aspetterà. Diciamo a Jeff
di prenderli, li portiamo all’ospedale,
la strada si riapre, carichiamo 3 feriti e
due accompagnatori. Il tragitto è condito
dai loro lamenti e dal nostro magone,
la vita è davvero dura, se non fossimo
passati noi cosa avrebbero fatto? Sospiri, lamenti, polvere, gente disperata che
aspetta un’occasione per sopravvivere,
gente costretta ad aiutarsi per affrontare
una natura difficile. Del resto, quando
arriviamo all’ospedale, capiamo che forse non avrebbe fatto molta differenza
non portarli, la vita fa davvero da sé…
li lasciamo in mani lente e goffe, speriamo bene. I nostri sedili sono lerci di
polvere e macchiati di sangue. Samu ci
tiene a fermarsi per fare colazione con
le cose che ha preparato, noi non abbiamo molto appetito, ma come negargli
la soddisfazione, come rinunciare all’ultimo ananas alla cipolla? Mi fa tenerezza,
gli regaliamo di tutto, quando ci lascia ci
chiede scusa di errori e contrattempi...
scusa di che?
Lasciamo jeep, Samu Jeff e Remy, polvere e villaggi, animali in libertà, tenda
e pasti a terra, foto di commiato, si vola
a Zanzibar, un’altra vacanza. Mare turchese, spiaggia bianca, vele rattoppate,
spezie e gongo con Babà, cena zanziberina, bagni e chiacchiere, camere sfigate
e gruppo in rivolta, “rilassatevibellisiamoinafrica”, turisti a frotte e masai finti,
luce e acqua dappertutto tranne nelle
nostre camere, shopping da “bancarotta fraudolenta&maremmalamaiala”,
pesci e stelle marine, mercato del pesce, massaggio a 10 dollari, Stefania
che contratta impazzita… il mare è
un’altra cosa, emozioni diverse, nulla di
paragonabile ai 10 giorni vissuti fin qui
gomito a gomito.
Tanzania
Goodbye Africa, torneremo presto. Speriamo il nuovo anno ci porti di nuovo
in questa calda terra, stavolta senza un
gruppo così simpatico, senza Avventure… stavolta verremo da soli, verremo
a prendere Te.
Avventure nel mondo 1 | 2011 – 105
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