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Cinetica e meccanismo delle reazioni discontinue

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Cinetica e meccanismo delle reazioni discontinue
CdS in Scienze e Tecnologie Chimiche, “Chimica Fisica 1” (prof. D. Pitea)
Cap. 5 − CINETICA E MECCANISMO DELLE REAZIONI DISCONTINUE
INDICE
pag.
PREMESSA
3
5.1 RUOLO DELLA TERMODINAMICA E DELLA CINETICA
3
5.2 VELOCITÀ DI REAZIONE E SUA MISURA
4
5.3 LEGGE DI VELOCITÀ, COSTANTE DI VELOCITÀ E ORDINE DI
REAZIONE
7
5.4 EQUAZIONI CINETICHE
9
5.4.1 Reazioni di ordine zero
5.4.2 Reazioni del primo ordine
5.4.3 Reazioni del secondo ordine
5.4.4 Reazioni semplici di ordine n
5.4.5 Reazioni complesse: reazioni consecutive
5.4.6 Reazioni complesse: reazioni opposte
5.5 DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DELL’ORDINE DI REAZIONE 21
5.5.1 Metodo dell’integrazione
5.5.2 Metodo differenziale
5.5.3 Metodo del semiperiodo
5.5.4 Metodo dell’isolamento
5.6 DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DELLA VELOCITÀ DI
REAZIONE
25
5.6.1 Metodi sperimentali
5.6.2 Correlazione tra grandezze fisiche e concentrazione
5.7 CONTROLLO DIFFUSIONALE E CONTROLLO CHIMICO
30
5.8 STADI ELEMENTARI E MECCANISMO DI REAZIONE
31
5.9 RELAZIONE TRA COSTANTE DI EQUILIBRIO E COSTANTE DI
VELOCITÀ
33
5.10 IL PRINCIPIO DELLA REVERSIBILITÀ MICROSCOPICA
35
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5.11 COSTRUZIONE DI UN MECCANISMO DI REAZIONE
36
5.11.1 Integrazione diretta delle equazioni differenziali
5.11.2 Ipotesi dello stadio determinante
5.11.3 Un caso di studio
5.12 DIPENDENZA DELLA COSTANTE DI VELOCITÀ DI UNO
STADIO ELEMENTARE DALLA TEMPERATURA.
EQUAZIONE DI ARRHENIUS
45
5.13 RELAZIONE TRA COSTANTE DI VELOCITÀ, ENERGIA
ED ENTROPIA DI ATTIVAZIONE.
EQUAZIONE DI EYRING
46
5.13.1 Superficie di energia potenziale di una reazione
5.13.2 Lo stato attivato
5.13.3 Teoria dello stato di transizione
5.13.4 Reazioni in soluzione. Equazione di Eyring
5.13.5 Relazione tra le teorie di Arrhenius e di Eyring
APPENDICE
67
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PREMESSA
Le proprietà dei sistemi all’equilibrio non dipendono dal tempo. Ovviamente,
l’ambiente nel quale viviamo non è in equilibrio: il flusso di energia proveniente dal
Sole e dai processi che avvengono all’interno della Terra costituisce la “forza motrice”
di tutti i fenomeni, da quelli biochimici a quelli geologici. La comprensione della
cinetica e dei meccanismi delle reazioni chimiche e dei processi naturali è pertanto di
fondamentale importanza per lo studio delle trasformazioni che avvengono
nell’ambiente.
Una reazione può essere effettuata in un recipiente (reattore), aperto (P = costante) o
chiuso (V = costante), nel quale vengono introdotti i reagenti, condotta la reazione e, a
tempi prefissati, prelevati i campioni per l’analisi quantitativa dei reagenti residui e/o
dei prodotti formati: con queste modalità, la reazione è condotta in discontinuo e si
parla di studio della cinetica delle reazioni discontinue. La stessa reazione può essere
condotta in un reattore nel quale i reagenti vengono immessi in modo continuo e i
prodotti fuoriescono in continuo: questa reazione è condotta in continuo e si parla di
studio della cinetica delle reazioni continue.
In questo capitolo viene discussa soltanto la cinetica delle reazioni discontinue.
5.1 RUOLO DELLA TERMODINAMICA E DELLA CINETICA
Lo studio della termodinamica ci dice che una reazione procede in modo spontaneo se,
a temperatura e pressione costante, c’è una diminuzione di energia libera: questo però
non significa che la reazione debba necessariamente procedere con una velocità
misurabile ma indica semplicemente una tendenza.
Per comprendere meglio questa differenza, si consideri un reattore contenente zucchero
(saccarosio) in contatto con aria. A temperatura ambiente e con tutti i gas alla pressione
di 1 atm, la reazione di ossidazione
C12H22O11 (s) + 12 O2 (g) ⎯→ 12 CO2 (g) + 11 H2O (g)
(5-1)
ha ΔG° = - 5693 kJ mol-1. Essendo ΔG° = - RT lnKP < 0, è KP > 1: la termodinamica ci
dice che è favorita la formazione dei prodotti di reazione ma l’esperienza comune ci
dice che lo zucchero, lasciato all’aria, non si ossida e non s’incendia. Un altro
significativo esempio: i carboidrati, le proteine e gli acidi nucleici presenti nel nostro
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corpo sono termodinamicamente instabili rispetto alla reazione di idrolisi in zuccheri,
amminoacidi e nucleotidi (ossia, ΔG° < 0): poiché la nostra vita continua, almeno per
un certo periodo di tempo, è evidente che queste sostanze non sono “instabili” nel
senso comune del termine.
Si consideri una reazione nella quale, a partire da certi reagenti, si possono formare più
prodotti in competizione tra loro: se il prodotto ottenuto è quello di minor energia
libera, si dice che si forma il prodotto termodinamicamente favorito; se il prodotto
ottenuto è diverso da quello previsto dalla termodinamica, si dice che si forma il
prodotto cineticamente favorito. Dovrebbe quindi apparire chiaro che, per determinare
le proprietà dei sistemi macroscopici, i principi della termodinamica e della cinetica
devono essere tenuti presenti congiuntamente.
Lo studio della cinetica delle reazioni ci insegna che i processi possono avvenire con
velocità tra loro molto diverse. Per esempio, molte reazioni biochimiche,
termodinamicamente spontanee, procedono con velocità molto basse e quelle che
avvengono con velocità misurabili sono catalizzate da enzimi. Una delle funzioni degli
enzimi è quindi quella di agire da catalizzatori: un catalizzatore è un elemento o un
composto o un microorganismo che aumenta la velocità di una reazione senza subire
una trasformazione permanente nel senso che, alla fine della reazione, si ritrova
inalterato. Un’altra funzione degli enzimi è quella di organizzare la miriade di reazioni
termodinamicamente permesse in un organismo, variandone la velocità in modo da
organizzarle in un processo metabolico significativo.
Lo studio della cinetica delle reazioni, ossia della velocità dei processi, viene quindi
condotto al fine di aumentare le conoscenze sulle trasformazioni chimiche,
biochimiche o fisiche e ha, come obiettivo finale, l’individuazione di un plausibile
meccanismo di reazione.
5.2 VELOCITÀ DI REAZIONE E SUA MISURA
Il primo atto di uno studio cinetico è la determinazione sperimentale della velocità
della reazione che si vuole studiare. A tal fine, è necessario il preventivo
riconoscimento dei prodotti della reazione e la determinazione della sua stechiometria.
In genere, per la soluzione di uno specifico problema, è necessario utilizzare una
varietà di tecniche sperimentali. Per esempio: impiego di atomi marcati, per
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l’identificazione degli atomi coinvolti nella formazione di nuovi legami; studio della
variazione di configurazione ottica di un centro chirale; individuazione di intermedi
reattivi che possono formarsi nel passaggio dai reagenti ai prodotti e che, essendo
specie transienti e instabili, non possono essere facilmente isolati e identificati.
La velocità di una reazione dipende da molte variabili. Le principali sono: la
concentrazione dei reagenti e dei prodotti, la temperatura, la pressione, il volume, la
concentrazione di catalizzatori e inibitori e, per le reazioni in soluzione, la natura del
solvente e le concentrazioni di ioni presenti.
Per una generica reazione
A+B
P
la velocità è espressa come variazione nel tempo della “quantità” di uno dei composti
presenti nella miscela di reazione. La “quantità” è espressa con una variabile intensiva:
usualmente, la pressione in fase gassosa e la concentrazione molare in soluzione.
L’espressione della velocità di reazione, r, riferita alla formazione del prodotto P è
velocità = r = d[P]/dt
(5-2)
dove [P] è la concentrazione del prodotto P al tempo t e d[P]/dt è la variazione della
concentrazione di P nel tempo. Come mostrato nella Fig. 5.1, la velocità di reazione è
la tangente alla curva della concentrazione in funzione del tempo, a ciascun tempo t. Si
noti che la velocità di una reazione non è una costante.
Nell’esempio, per ciascuna molecola di P che si forma, scompaiono una molecola di A
e una molecola di B: la velocità di formazione del prodotto P è uguale alla velocità di
scomparsa di ciascuno dei reagenti:
d[P]/dt = - d[A]/dt = - d[B]/dt
Il segno negativo è posto affinché la velocità risulti sempre numericamente positiva.
Se i coefficienti stechiometrici della reazione sono diversi da uno, l’espressione della
velocità deve tenere conto della stechiometria della reazione. Per esempio, nella
reazione
2A
P
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reagiscono due molecole di A per ciascuna molecola di P che si forma. Di
conseguenza, la velocità di formazione di P è uguale alla metà della velocità di
scomparsa di A:
d[P]/dt = - (1/2) d[A]/dt
In generale, indicando con νi il coefficiente stechiometrico dell’i-esimo composto, per
la reazione
νAA + νBB ⎯→ νPP
(5-3a)
si ha:
r = (1/νP) d[P]/dt = - (1/νA) d[A]/dt = - (1/νB) d[B]/dt
(5-3b)
L’introduzione dei coefficienti stechiometrici è necessaria perché il valore numerico di
r a un dato tempo t deve essere lo stesso, indipendentemente dal reagente o prodotto
preso come riferimento.
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La determinazione della velocità di reazione richiede quindi la misura della variazione
della concentrazione di almeno un reagente o un prodotto in funzione del tempo. I
metodi sperimentali utilizzabili dipendono dalla velocità della reazione e saranno
discussi in seguito (§ 5.6).
5.3 LEGGE DI VELOCITÀ, COSTANTE DI VELOCITÀ E ORDINE DI
REAZIONE
Una volta effettuata la determinazione sperimentale della variazione di una o più
concentrazioni in funzione del tempo, si deve determinare la legge di velocità, ossia la
dipendenza della velocità di reazione dalla concentrazione dei reagenti o dei prodotti.
Per esempio, se la velocità di formazione di P nella reazione in soluzione
A+B
P
dipende linearmente sia dalla concentrazione di A che dalla concentrazione di B, la
legge di velocità (o legge cinetica) è
r = d[P]/dt = k[A][B]
(5-4)
dove la costante di proporzionalità k è la costante di velocità della reazione.
In genere, la legge di velocità deve essere derivata sperimentalmente e non può essere
prevista sulla base della stechiometria della reazione.
La forma più generale dell’eq. (5-4) è
r = d[P]/dt = k [A] n A [B ]n B
(5-5)
dove gli apici nA e nB indicano l’ordine della reazione, rispettivamente rispetto al
reagente A e al reagente B.
Se nA = 1, la reazione è del “primo ordine” rispetto ad A; se nA = 2, la reazione è del
“secondo ordine” rispetto ad A; se nB = 1, la reazione è del “primo ordine” rispetto a B;
ecc. Nei casi più semplici, gli esponenti nA e nB sono numeri interi ma possono essere
anche numeri frazionari.
L’ordine totale di reazione è definito dalla somma di tutti gli esponenti che appaiono
nella legge di velocità; per esempio, se nA = 1 e nB = 1, la reazione è del “primo
ordine” rispetto sia ad A che a B ed è del “secondo ordine totale”, (nA + nB) = 2.
Stabilita la legge di velocità, il valore della costante di velocità, k, si calcola integrando
l’eq. (5-5), con le procedure discusse nel § 5.4.
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Nei casi che tratteremo, la funzione generale che esprime la dipendenza della velocità
di reazione dalle concentrazioni
r = f ([A], [B], ……)
potrà essere scritta come produttoria delle concentrazioni (equazione eq. 5-5a):
r = d[P]/dt = k [A] n A [B ]n B ….. = k ∏ [X i ]
n Xi
(5-5a)
i
Si deve però tenere presente che questa non è una regola generale: la legge di velocità
può assumere forme differenti in funzione della complessità del meccanismo con il
quale avviene la reazione. Questo concetto viene illustrato con l’esempio che segue.
Per la reazione di formazione dell’acido bromidrico, HBr, in fase gassosa
H2 (g) + Br2 (g)
2 HBr (g)
è stato dimostrato sperimentalmente che la legge di velocità ha la forma:
r = k1 [H2] [Br2]3/2 / {[Br2] + k2 [HBr]}
La reazione è quindi del primo ordine rispetto all’idrogeno, H2, mentre gli ordini di
reazione rispetto al bromo, Br2, e all’acido bromidrico, e di conseguenza l’ordine totale
di reazione, non sono definibili.
In questo caso, la legge di velocità così complessa è generata dal fatto che il
meccanismo della reazione cambia al cambiare delle condizioni di reazione. Infatti:
se [Br2] >> k2 [HBr], la legge di velocità assume la forma
r = k1 [H2] [Br2]1/2
e la reazione risulta del primo ordine rispetto a [H2], di ordine 0,5 rispetto a [Br2] e,
quindi, di ordine totale 1,5.
se [Br2] << k2 [HBr], la legge di velocità assume la forma
r = ka [H2] [Br2]3/2 [HBr]-1
dove ka = (k1/k2) è una costante di velocità apparente. La reazione risulta del primo
ordine rispetto a [H2], di ordine 1,5 rispetto a [Br2], di ordine − 1 rispetto a [HBr] e,
quindi, di ordine totale 1,5.
L’esempio mette anche in evidenza che l’ordine di reazione può assumere anche valori
non interi e/negativi.
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Dall’eq. (5-5), si può osservare che le dimensioni, e quindi le unità di misura, della
costante k dipendono dalla legge di velocità e dalle unità usate per esprimere la
concentrazione. Per esempio: data la legge di velocità di eq. (5-4), la velocità di
reazione r ha dimensioni [concentrazione*tempo-1], ossia [ML-3T-1]; anche il prodotto
k[A][B], secondo membro dell’eq. (5-4), deve avere le stesse dimensioni: perché
questo
si
verifichi,
la
costante
di
velocità
k
deve
avere
dimensioni
[concentrazione-1*tempo-1], ossia [(ML-3)-1T-1] ≡ [M-1L3T-1]. Se la concentrazione è
espressa in (mol L-1) e il tempo è espresso in secondi, le unità di misura di r sono
(mol L-1 s-1) e quelle di k sono (mol-1 L s-1).
5.4 EQUAZIONI CINETICHE
5.4.1 Reazioni di ordine zero
Se la reazione,
A ⎯→ P
(5-6)
nella quale A e P indicano genericamente i reagenti e i prodotti di reazione, può
essere descritta mediante l’equazione cinetica
- d[A]/dt = k [A]0 = k
(5-7)
la reazione è di ordine zero rispetto ad A. Il simbolo [A] indica la concentrazione di
A al tempo t; k è la costante di velocità della reazione. Indicando con [A]0 la
concentrazione di A al tempo t = 0 (concentrazione iniziale di A), separando le
variabili
- d[A] = k dt
e integrando tra [A]0 e [A] e tra t = 0 e t, si ottiene
[A] = [A]0 - kt
(5-8)
L’eq. (5-8) indica che, in una reazione di ordine zero, la concentrazione di A
diminuisce in modo lineare nel tempo (Fig. 5.2); la diminuzione è tanto più rapida
quanto più elevato è il valore di k. Il valore di k si calcola dalla pendenza, - k, della
retta di regressione di [A] in funzione di t; le dimensioni di k sono [ML-3T-1].
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Noto il valore della costante k, l’eq. (5-8) permette il calcolo del tempo necessario
perché reagisca una data frazione del reagente A inizialmente presente.
Particolarmente importante è il tempo di semitrasformazione, t1/2, che è il tempo
necessario perché [A] diventi uguale alla metà di [A]0. Dall’eq. (5-8), sostituendo i
valori t = t1/2 e [A] = [A]0/2, si ottiene
t1/2 = [A]0/2k
(5-9)
In una reazione di ordine zero, t1/2 dipende dalla concentrazione iniziale [A]0.
5.4.2 Reazioni del primo ordine
Se la reazione
A ⎯→ P
(5-10)
può essere descritta mediante l’equazione cinetica,
- d[A]/dt = k [A]
(5-11)
la reazione è del primo ordine rispetto ad A. Separando le variabili,
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- d[A]/[A] = k dt
e integrando tra [A]0 e [A] e tra t = 0 e t, si ottiene
ln [A] = ln [A]0 - kt
(5-12a)
ovvero
ln ([A]/ [A]0) = - kt
(5-12b)
In forma esponenziale,
[A]/ [A]0 = exp (- kt)
(5-12c)
Le dimensioni di k sono [T-1] e, quindi, indipendenti dall’unità di misura scelta per
esprimere la concentrazione.
L’eq. (5-12c) indica che, in una reazione del primo ordine, la concentrazione di A
diminuisce in modo esponenziale nel tempo (Fig. 5.3a); la diminuzione è tanto più
rapida quanto più elevato è il valore di k (Fig. 5.3b).
L’eq. (5-12a) indica una dipendenza lineare del valore di ln [A] dal tempo: il valore
di k può essere calcolato dal valore della pendenza, - k, della retta di regressione ln
[A] in funzione di t (Fig. 5.3c).
Nota la costante k, l’eq. (5-12b) permette il calcolo del tempo necessario perché
reagisca una data frazione del reagente A inizialmente presente: per esempio, il
tempo necessario perché [A] raggiunga un valore pari a 1/e volte il valore iniziale
[A]0 è uguale a 1/k (Fig. 5.3a). Il tempo di semitrasformazione può essere calcolato
sostituendo t = t1/2 e [A] = [A]0/2 nell’eq. (5-12b); si ottiene
ln (1/2) = -k t1/2.
e, riordinando:
t1/2 = 0.693/k
(5-13)
In una reazione del primo ordine, t1/2 è indipendente dalla concentrazione iniziale
[A]0.
Dopo un tempo pari a t1/2 (1 volta t1/2):
¾ [A] = [A]0 (0.5)1;
¾ la quantità di A reagita, x, è x = [A]0 - [A]0 (0.5)1 = [A]0 [1 - (0.5)1];
¾ la frazione di A reagita, x/[A]0, è x/[A]0 = [1 - (0.5)1] = 0.5.
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Il valore x = 0.5 [A]0 (t uguale a 1 tempo di semitrasformazione) indica che il 50%
del reagente inizialmente presente si è trasformato nel prodotto di reazione.
Dopo un tempo pari a n volte t1/2, la concentrazione di A assumerà un valore pari a
(0.5)n volte la concentrazione iniziale [A]0. In particolare, per n = 10, la frazione di
A reagita è [1 - (0.5)10] = 0.999 (99.9%): a tutti gli effetti pratici, si può quindi
ritenere che una reazione del primo ordine sia completa dopo un tempo uguale ad
almeno dieci volte il tempo di semitrasformazione.
La concentrazione del prodotto dopo un tempo pari a 10 - 20 volte il tempo di
semitrasformazione può quindi essere considerata equivalente alla concentrazione
del prodotto dopo un tempo infinito (reazione completa): la determinazione
quantitativa di questa concentrazione consente di effettuare il bilancio di massa e di
controllare la stechiometria della reazione.
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A titolo di esempio, si riporta l’applicazione di questi concetti alla misura del BOD
(Biochemical Oxygen Demand), uno dei metodi più comunemente utilizzati per
determinare la quantità di ossigeno necessaria per i processi ossidativi biochimici
delle sostanze organiche contenute in acque reflue. La determinazione sperimentale
del BOD comporta la misura dell’ossigeno disciolto consumato dai microorganismi
che metabolizzano le sostanze organiche presenti nell’acqua.
La cinetica del processo di biodegradazione è assimilabile a una reazione del primo
ordine. Definita L la concentrazione di sostanza organica presente al tempo t, la
velocità di scomparsa del substrato organico è:
- dL/dt = k L
Indicando con L0 la concentrazione di sostanza organica presente inizialmente e
integrando l’equazione precedente tra L0 e L e tra t = 0 e t, si ottiene:
L/L0 = exp(- kt)
Come evidenziato nella Fig. 5.4:
L0 = BOD∞ (BOD∞ è il valore asintotico del BOD);
L = L0 - BODt = BOD∞ - BODt
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Operando le opportune sostituzioni, l’equazione precedente diventa:
1 - (BODt/BOD∞) = exp(- kt)
e, passando alla forma logaritmica:
ln [1 - (BODt/BOD∞)] = - kt
Per calcolare la costante di velocità di biodegradazione è quindi necessario stimare il
valore di BOD∞, come valore asintotico della curva sperimentale BODt contro t, e
calcolare i parametri della retta di regressione ln [1 - (BODt/BOD∞)] in funzione di t.
5.4.3 Reazioni del secondo ordine
Una reazione del tipo
A + B ⎯→ P
(5-14)
può risultare del secondo ordine globale in due casi diversi.
(Caso a) A ≡ B: la reazione è A + A ⎯→ P
L’equazione cinetica è
- d[A]/dt = k [A]2
(5-15)
e la reazione è del secondo ordine rispetto a un solo reagente.
Dall’integrazione dell’eq. (5-15) tra [A]0 e [A] e tra t = 0 e t, si ottiene
1/[A] = 1/[A]0 + kt
(5-16)
La costante k ha le dimensioni [(ML-3)-1T-1] ≡ [M-1L3T-1] e il suo valore dipende
dall’unità di misura scelta per esprimere la concentrazione. Se la concentrazione è
espressa in moli L-1 e il tempo in s, le unità di misura sono moli-1 L s-1.
Misurati i valori di [A] in funzione di t, il valore della costante k può essere
determinato dalla retta di regressione (1/[A]) in funzione di t (Fig. 5.5).
Dall’eq. (5-16) si ricava che il tempo di semitrasformazione è:
t1/2 = 1/(k [A]0)
(5-17)
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(Caso b) A ≠ B
L’equazione cinetica è
- d[A]/dt = k [A] [B]
(5-18)
e la reazione è del primo ordine rispetto a ciascuno dei due reagenti e, quindi, è del
secondo ordine globale.
Possono darsi due sottocasi:
(b1) Le concentrazioni iniziali dei due reagenti sono uguali: [A]0 = [B]0.
L’eq. (5-18) diventa formalmente uguale all’eq. (5-15).
(b2) Le concentrazioni iniziali dei due reagenti sono differenti: [A]0 ≠ [B]0.
L’eq. (5-18) può essere integrata tenendo presenti le relazioni stechiometriche
[A] = [A]0 – x
[B] = [B]0 - x
dove x è la concentrazione di reagente (A o B) convertito al tempo t.
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L’eq. (5-18) diventa:
- d[A]/dt = - d([A]0 – x)/dt = dx/dt = k ([A]0 - x) ([B]0 - x)
(5-19)
Integrando tra x = 0 e x e tra t = 0 e t, si ottiene
{1/([A]0 - [B]0)} ln {[B]0([A]0 - x)/[A]0([B]0 - x)} = kt
Riordinando, si ottiene:
ln {([A]0 - x)/([B]0 - x)} = ln {[A]0/[B]0} + ([A]0 - [B]0) kt
(5-20)
Anche in questo caso, la costante k ha le dimensioni [M-1L3T-1]; il suo valore
può essere determinato dalla retta di regressione ln {([A]0 - x)/([B]0 -x)} in
funzione di t.
5.4.4 Reazioni semplici di ordine n
La trattazione è limitata al caso di reazioni nelle quali l’ordine n è determinato da un
solo reagente ovvero da più reagenti aventi la stessa concentrazione iniziale.
L’equazione cinetica generale è
- d[A]/dt = k [A]n
(5-21)
che integrata, per n ≠ 1, tra [A]0 e [A] e tra 0 e t fornisce l’equazione
1/{(n-1)[A]n-1} = 1/{(n-1) [A] 0n −1 } + kt
(5-22)
La costante ha le dimensioni [(ML-3)1-n T-1] e il suo valore dipende dall’unità di
misura scelta per esprimere la concentrazione.
Per t = t1/2 e [A] = [A]0/2, dall’eq. (5-22) si ricava l’espressione per il tempo di
semitrasformazione:
t1/2 = (2n-1 - 1)/{k (n-1) [A] 0n −1 }
(5-23)
5.4.5 Reazioni complesse: reazioni consecutive
Le reazioni consecutive procedono attraverso la formazione di composti intermedi,
anche chimicamente instabili, che si trasformano successivamente in nuovi intermedi
o in prodotti finali.
A titolo di esempio, viene trattato il caso delle reazioni consecutive monomolecolari:
kb
ka
A ⎯→ B ⎯→ C
(5-24a)
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La velocità di scomparsa di A, che non si forma in altre reazioni, è:
- d[A]/dt = ka [A]
(5-24b)
L’intermedio B si forma da A (con velocità ka [A]) e si decompone formando C (con
una velocità kb [B]). La sua velocità globale di formazione è quindi:
d[B]/dt = ka [A] - kb [B]
(5-24c)
Il prodotto finale C si forma da B con una velocità:
d[C]/dt = kb [B]
(5-24d)
Si assume che inizialmente sia presente solo A, in concentrazione [A]0.
La forma integrata dell’eq. (5-24b) è (eq. 5-12c):
[A] = [A]0 exp( - ka t)
(5-25a)
Sostituendo l’eq. (5-25a) nell’eq. (5-24c), ricordando che [B]0 = 0 e integrando, si
ottiene:
[B] = [A]0 { ka/(kb - ka)} {exp( - ka t) - exp( - kb t)}
(5-25b)
A ciascun tempo t, è [A]0 = [A] + [B] + [C]: esprimendo [C] in funzione di [A] e [B],
si ottiene
[C] = [A]0 {1 + [ka exp( - kb t) - kb exp( - ka t)]/(kb - ka)}
(5-25c)
Come mostrato nella Fig. 5.6, la concentrazione dell’intermedio B raggiunge un
valore massimo e poi diminuisce, tendendo a zero. La concentrazione del prodotto C,
inizialmente nulla, aumenta progressivamente fino a raggiungere il valore finale
[A]0.
5.4.6 Reazioni complesse: reazioni opposte
Per una reazione limitata dalla reazione opposta, la velocità complessiva della
reazione è data dalla differenza tra la velocità della reazione diretta e quella della
reazione inversa.
A titolo di esempio, vengono riportati due casi.
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Primo caso: si consideri l’equazione chimica
kd
A
C
(5-26)
ki
Se il sistema è inizialmente costituito soltanto dal reagente A, la reazione inversa ha
velocità iniziale nulla. Mano a mano che si svolge il processo diretto e si accumula il
prodotto C, la velocità della reazione inversa aumenta mentre la velocità della
reazione diretta diminuisce, perché diminuisce la concentrazione di A. La velocità
delle due reazioni tende quindi a diventare uguale e, di conseguenza, la velocità della
reazione complessiva tende a zero. Quando questo avviene, il sistema ha raggiunto la
condizione di equilibrio.
La variazione della concentrazione di A nel tempo dipenderà dalla velocità della
reazione diretta, che comporta una diminuzione di [A], e dalla velocità della reazione
inversa, che comporta un aumento di [A]. Se si assume che la reazione diretta e
quella inversa siano ambedue del primo ordine, l’equazione cinetica è
− d[A]/dt = + kd [A] − ki [C]
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Se al tempo t = 0 è presente solo il reagente A, in concentrazione iniziale [A]0, per il
principio di conservazione della materia è:
[A]0 = [A] + [C]
Si ricava
− d[A]/dt = + kd [A] − ki ([A]0 − [A]) = + (kd + ki) [A] − ki [A]0
(5-26b)
Integrando1 si ottiene:
[A] = [A]∞ − {[A]0 − [A]∞ } exp [− (k d + k i ) t ]
(5-26f)
ovvero
[A] − [A]∞
[A]0 − [A]∞
= exp [− (k d + k i ) t ]
(5-26g)
e
ln {[A ] − [A ]∞ } = ln {[A ]0 − [A ]∞ } − (k d + k i ) t
(5-26h)
Dalle equazioni (5-26f-h), noti [A]0, i valori sperimentali di [A] per vari tempi t e il
valore di [A] a t = ∞ (ossia in condizioni di equilibrio, quando [A] ≡ [A]∞), è
possibile calcolare il valore di (kd + ki). Noto il valore della costante di equilibrio, K
= kd/ki, si possono infine calcolare i valori di kd e ki.
Dal bilancio di massa
[C] = [A]0 − [A]
(5-26i)
e dall’eq. (5-26f) si ricava:
[C] = {[A ]0 − [A ]∞ } { 1 − exp [− (k d + k i ) t ]}
..(5-26l)
L’andamento delle concentrazioni di A e C in funzione del tempo è riportato in Fig.
5.6a.
Per t → ∞, il sistema tende a raggiungere la condizione di equilibrio: le
concentrazioni del reagente A e del prodotto C tendono quindi ai valori costanti,
[A]∞ e [C]∞, corrispondenti alle concentrazioni di equilibrio, [A]eq e [C]eq:
[A]∞ = [A]eq = ki [A]0 / (ki + kd)
1
(5-26c)
L’integrazione dell’eq. (5-26b) costituisce un interessante esempio delle metodologie utilizzate per
calcolare le concentrazioni di reagenti e prodotti in una equazione cinetica complessa: per questo
motivo, si ritiene utile riportare una delle possibili vie di integrazione in Appendice al Cap. 5.
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[C]∞ = [C]eq = [A]0 − [A]∞ = kd [A]0 / (ki + kd)
Il rapporto tra le concentrazioni di C e di A all’equilibrio fornisce il valore della
costante di equilibrio, K, della reazione (5-26):
K = [C]eq / [A]eq = kd / ki
(5-27)
Si noti che la costante K coincide con la costante di equilibrio termodinamico solo se
il comportamento del sistema è ideale.
L’eq. (5-27) è molto importante perché mette in relazione grandezze cinetiche (le
costanti di velocità) con la costante di equilibrio (grandezza termodinamica).
Dall’eq. (5-27) si ricava che:
¾ se K > 1, kd > ki e l’equilibrio è spostato verso destra;
¾ se K < 1, kd < ki e l’equilibrio è spostato verso sinistra.:
Secondo caso: si consideri l’equazione chimica
kd
A+B
C+D
(5-26a)
ki
Se si assume che la reazione diretta e quella inversa siano ambedue del secondo
ordine, con ragionamenti analoghi a quelli del caso precedente, all’equilibrio si ha
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r = kd[A]eq[B]eq - ki[C]eq[D]eq = 0
e si ricava
[C]eq[D]eq/[A]eq[B]eq = kd/ki = K
(5-27b)
¾ dove K è la costante di equilibrio per la reazione (5-26a).
Sono possibili molte combinazioni di reazione dirette e inverse di vario ordine; di
seguito, vengono riportati alcuni esempi per reazioni costituite da stadi elementari.
‰ Reazione diretta del primo ordine e inversa del primo ordine
A
C
‰ Reazione diretta del secondo ordine e inversa del primo ordine
A+B
C
‰ Reazione diretta del primo ordine e inversa del secondo ordine
A
C + D
‰ Reazione: diretta del secondo ordine e inversa del secondo ordine
A+B
C +D
Per la trattazione formale delle reazioni di ordine n, delle reazioni consecutive, delle
reazioni opposte e, più in generale, delle reazioni “complesse” si rimanda a testi
specializzati.
5.5 DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DELL’ORDINE DI REAZIONE
Una volta nota la natura dei prodotti e la stechiometria di una generica reazione,
A + B ⎯→ P
lo studio cinetico comporta la ricerca dell’appropriata equazione cinetica, cioè la
determinazione dell’ordine di reazione rispetto a ciascuno dei reagenti.
Per la determinazione sperimentale dell’ordine di reazione sono disponibili diversi
metodi: il metodo dell’integrazione, il metodo differenziale, il metodo del semiperiodo
e il metodo dell’isolamento.
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5.5.1 Metodo dell’integrazione
Il metodo dell’integrazione (o metodo diretto) si basa sulla misura della variazione nel
tempo della concentrazione di un reagente (o di un prodotto) rispetto al quale si vuole
valutare l’ordine di reazione. Si cerca quindi, per tentativi, l’equazione cinetica che
fornisce il miglior accordo con i dati sperimentali.
5.5.2 Metodo differenziale
Il metodo differenziale utilizza le equazioni cinetiche in forma differenziale e
richiede la conoscenza di un opportuno numero di valori della velocità di reazione, r,
che possono essere calcolati dalla variazione della concentrazione di un reagente (o
di un prodotto) in funzione del tempo.
Come esempio di applicazione, si consideri la reazione:
A ⎯→ P
(5-28)
La relativa equazione cinetica è:
r = - d[A]/dt = k [A] n A
(5-29)
che, riscritta nella forma,
ln r = ln k + nA ln [A]
(5-30)
indica che i parametri della retta di regressione ln r - ln [A] forniscono i valori
dell’ordine della reazione rispetto ad A (nA, pendenza della retta) e della costante di
velocità della reazione (da ln k, intercetta della retta).
Per calcolare valori di r, si possono utilizzare due tecniche.
La prima, di tipo numerico (alle differenze finite), comporta la stima di valori medi
di r da una serie di coppie di valori concentrazione – tempo. Dall’insieme dei dati
sperimentali di [A] in funzione di t, si selezionano un numero di coppie di valori di
[A], [A]1 e [A]2 (ai tempi t1 e t2), pari al numero di valori di r che si vogliono
determinare. Ciascuna di queste coppie deve essere scelta in modo che i due valori
[A]1 e [A]2 siano sufficientemente diversi tra loro perché l’errore sperimentale non
influisca in modo significativo sulla loro differenza e, nel contempo, siano misurati
ai tempi t1 e t2 sufficientemente vicini tra loro perché si possa scrivere:
r = - d[A]/dt ≅ -Δ[A]/Δt
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Questo equivale a dire che ciascuna coppia di valori concentrazione - tempo deve
essere tale da potere sostituire il valore istantaneo r della velocità di reazione con il
rapporto incrementale, ossia con il valore medio rm = -Δ[A]/Δt, senza introdurre un
errore significativo. Si ricava:
rm = - ([A]2 - [A]1)/(t2 – t1)
(5-31)
L’eq. (5-31) fornisce quindi una stima (valore medio) della velocità di reazione r per
una concentrazione media [A]12m = {[A]1 + [A]2}/2 al tempo medio t12m = (t1 + t2)/2.
Ripetendo il calcolo per le n coppie di valori concentrazione–tempo selezionate, si
ottengono le n coppie di valori rm - [A]m, ovvero di ln rm - ln [A]m, che consentono di
calcolare i coefficienti della retta di regressione di eq. (5-30).
La seconda tecnica. di tipo grafico o analitico, comporta la costruzione del grafico
dei valori di [A] in funzione di t. Con metodi di interpolazione grafica, o analitica,
dei punti sperimentali, si costruisce la curva, o si calcola l’equazione, che raccordi
nel miglior modo possibile i punti sperimentali stessi: in ciascun punto, ossia per
ciascun valore di [A] al tempo t, la tangente alla curva fornisce un valore di r. Si
ottengono così le n coppie di valori r - [A], ovvero di ln r - ln [A], che consentono di
calcolare i coefficienti della retta di regressione di eq. (5-30).
5.5.3 Metodo del semiperiodo
Il metodo del semiperiodo si basa sul fatto che la forma funzionale che esprime la
dipendenza del tempo di semitrasformazione di una reazione dalla concentrazione
iniziale di un reagente varia al variare dell’ordine di reazione (equazioni 5-9, 5-13, 517 e 5-23).
A partire da valori diversi di concentrazione iniziale di [A], si effettuano un
opportuno numero n (con n ≥ 2) di prove cinetiche e, per ciascuna, si determina il
tempo di semitrasformazione.
Per due prove condotte con concentrazioni iniziali ([A]0)1 e ([A]0)2, indicando con
(t1/2)1 e (t1/2)2 i corrispondenti tempi di semitrasformazione, si può scrivere (eq. 523):
(t1/2)1 ÷ ([A]0) 1− ( n A −1)
(t1/2)2 ÷ ([A]0) 2− ( n A −1)
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Poiché la costante di proporzionalità, 2 n A −1 /[(nA - 1) k], è la stessa per ambedue le
relazioni, si ricava
nA = 1 - ln {(t1/2)1/(t1/2)2}/ln {([A]0)1/([A]0)2}
(5-32)
Ripetendo il calcolo per tutte le coppie di dati ricavabili dalle n prove, si può
verificare il risultato ottenuto e calcolare un valore medio di nA.
In alternativa, le n coppie di valori [A]0, t1/2 possono essere utilizzate per calcolare i
coefficienti della retta di regressione ottenuta riscrivendo l’eq. (5-23) nella forma
ln t1/2 = ln [(2 n A −1 − 1)/(nA − 1) k] – (nA – 1) ln [A]0
(5-23a)
5.5.4 Metodo dell’isolamento
Il metodo dell’isolamento risulta utile quando i reagenti sono due o più di due. Per
semplicità, si consideri la reazione
A + B ⎯→ P
la cui equazione cinetica ha la forma dell’eq. (5-5). Si devono determinare nA e nB.
Il metodo dell’isolamento consiste nell’isolare, nel suo effetto cinetico, un reagente
(per esempio, A) rispetto a tutti gli altri. A tal fine, si usa un eccesso di reagente A
sufficientemente grande da poter assumere che, in tutto il corso della reazione, la
concentrazione di A si mantenga approssimativamente uguale a quella iniziale. In
questo modo, si ottiene un abbassamento dell’ordine di reazione totale (nA + nB)
all’ordine di reazione apparente nB (se A è il reagente usato in forte eccesso) oppure
nA (se B è il reagente usato in forte eccesso).
Se A è il reagente usato in forte eccesso, si ha [A]0 » [B]0 e l’equazione cinetica
diventa
nA
r = k [A] 0 [B]
nB
= k’ [B]
nB
(5-33)
con
nA
k’ = k [A] 0
L’eq. (5-33) ha la forma dell’eq. (5-23): il valore di nB può essere ricavato con uno
dei metodi visti e l’equazione può essere integrata.
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Naturalmente, la costante di velocità k’, calcolata dai dati sperimentali relativi alla
reazione condotta in forte eccesso di A, è funzione della concentrazione iniziale di
A:
ln k’ = ln k + nA ln [A]0
(5-34)
Conducendo un opportuno numero di prove cinetiche con eccessi diversi di [A]0,
l’ordine di reazione rispetto ad A, nA, si determina come parametro angolare della
retta ln k’ in funzione di ln [A]0; dall’intercetta, si ricava la costante di velocità della
reazione globale.
5.6 DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DELLA VELOCITÀ DI REAZIONE
5.6.1 Metodi sperimentali
La determinazione della velocità di reazione richiede lo studio della variazione della
concentrazione di uno o più reagenti e/o prodotti in funzione del tempo. In linea di
principio, per seguire il corso di una reazione, può quindi essere utilizzata qualsiasi
tecnica capace di fornire la misura della variazione di una proprietà nel corso della
reazione.
I metodi analitici utilizzabili possono essere divisi in due categorie: metodi chimici e
metodi fisici.
I metodi chimici sono “invasivi” perché comportano sempre il prelievo, a vari tempi,
di un opportuno numero di campioni dalla miscela di reazione; per contro,
consentono la determinazione diretta della concentrazione di uno (o più) reagenti o
prodotti con metodi volumetrici o gravimetrici (i primi sono in genere preferibili per
la loro maggiore rapidità di esecuzione). Il vantaggio principale è quindi costituito
dall’ottenimento diretto del valore della concentrazione. Un importante limite è
costituito dal rapporto tra il tempo necessario per l’effettuazione dell’analisi e la
velocità con la quale varia nel tempo la concentrazione che si vuole misurare.
Poiché, in genere, i metodi di analisi sono relativamente lenti, i campioni non
possono essere analizzati direttamente ma solo dopo avere “bloccato” la reazione
mediante brusco raffreddamento, avvelenamento del catalizzatore, ecc. (quenching
della reazione).
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I metodi fisici consentono la misura di una proprietà fisica della miscela di reazione
sui campioni prelevati o, direttamente, sulla miscela. In generale, i metodi fisici sono
preferibili ai chimici sia perché sono più rapidi sia perché, specialmente nello studio
di reazioni veloci, l’effettuazione delle misure direttamente nel reattore permette di
eliminare le fonti di errore connesse al prelievo e alla manipolazione dei campioni. Il
limite principale nell’utilizzo dei metodi fisici è costituito dal fatto che essi non
forniscono direttamente il valore della concentrazione ma solo quello di una
grandezza fisica legata alla concentrazione da una relazione funzionale; per potere
utilizzare in modo efficace questi metodi, la proprietà fisica deve essere correlabile
in modo semplice alla variazione di concentrazione del reagente e/o prodotto che si
vuole misurare (vedere § 5.6.2). Inoltre, la variazione della proprietà dovuta al
composto analizzato deve essere molto maggiore rispetto all’eventuale contributo
degli altri reagenti o prodotti. Tuttavia, i moderni strumenti di misura sono spesso
dotati di un software che consente di ottenere il valore della concentrazione mediante
elaborazione diretta del valore strumentale. Inoltre, in genere, il sistema di reazione
non è perturbato dalla misura ed è anche possibile una registrazione automatica e
continua della variazione della proprietà fisica scelta.
I metodi fisici hanno in genere un limite di rilevabilità molto inferiore rispetto ai
metodi chimici e, quindi, sono spesso in grado di misurare variazioni della proprietà
di interesse dovute a variazioni di concentrazione molto piccole. Questo vantaggio
può avere però un risvolto negativo, perché può essere fonte di errori anche grandi.
Per esempio, in un’analisi di tipo spettrofotometrico possono essere presenti, come
impurezze o perché formati da reazioni secondarie, composti in concentrazioni molto
basse; se questi composti hanno un forte assorbimento nella stessa zona del
composto che si vuole analizzare, l’errore nella misura può essere anche elevato. In
generale, è quindi consigliabile effettuare più di una misura, seguendo la scomparsa
di almeno uno dei reagenti e la formazione di almeno uno dei prodotti.
I metodi fisici più comunemente impiegati sono: misure di pressione per reazioni in
fase gassosa; metodi ottici quali polarimetria, refrattometria, colorimetria;
spettrofotometria elettronica, vibrazionale e rotazionale; spettroscopie di risonanza,
quali risonanza magnetica nucleare e risonanza di spin elettronico; metodi
elettrochimici,
quali
conduttività,
potenziometria,
e
polarografia;
metodi
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cromatografici in fase gassosa e in fase liquida; spettrometria di massa. I metodi
fisici più recenti, dei quali è riportato un sommario non esaustivo nella Fig. 5.7,
consentono la misura delle variazioni in processi che avvengono su scale di tempi
molto variabili, da 10-12 s (1 picosecondo) a 106 s (1 megasecondo).
5.6.2 Correlazione tra grandezze fisiche e concentrazione
Il caso più interessante dal punto di vista pratico è quello di una grandezza fisica che
gode della proprietà additiva (ossia, il suo valore sperimentale, che è una proprietà
del sistema, è uguale alla somma dei contributi dei singoli componenti il sistema) e
per la quale esiste una relazione lineare con la concentrazione. Alcune grandezze che
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soddisfano queste condizioni sono, per esempio, la conducibilità elettrica, la densità
ottica, la rotazione di luce polarizzata, la pressione dei gas. Inoltre, in soluzione
diluita, anche altre proprietà (volume specifico, indice di rifrazione, ecc.) sono
additive e variano linearmente con la concentrazione, purché l’intervallo di
variazione della concentrazione non sia troppo elevato.
Per ricavare una relazione generale tra una grandezza fisica e la concentrazione, si
consideri la generica reazione
aA + bB + cC ⎯→ pP
che, per comodità di trattazione, viene riscritta come
A + (b/a) B + (c/a) C ⎯→ (p/a) P
(5-35)
dove a, b, c, e p sono i coefficienti stechiometrici e P include tutti i prodotti. Siano
[A]0, [B]0 e [C]0 le concentrazioni iniziali di A, B e C; si assuma che A sia il reagente
che, tenuto conto dei coefficienti stechiometrici, è inizialmente presente in
concentrazione più bassa (reagente limite) e che la reazione possa essere seguita fino
a completezza (conversione del 100%).
Se α è il valore della proprietà fisica, al tempo t si ha
α = αM + αA + αB + αC + αP
(5-36)
dove αM è l’eventuale contributo del mezzo. Si assume che il contributo αi di
ciascuna specie i sia legato alla concentrazione mediante una relazione del tipo
αi = hi [i]
(5-37)
dove hi è una costante di proporzionalità e [i] è la concentrazione dell’i-esimo
reagente o prodotto.
Con la relazione di eq. (5-37), l’eq. (5-36) può essere riscritta:
α = αM + hA [A] + hB [B] + hC [C] + hP [P]
Indicando con x la concentrazione di A reagito al tempo t e utilizzando le relazioni
stechiometriche
[A] = [A]0 - x
[B] = [B]0 – (b/a) x
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[C] = [C]0 – (c/a) x
[P] = (p/a) x
l’equazione precedente diventa:
α = αM + hA{[A]0 - x)}+ hB{[B]0 – (b/a) x)} + hC{[C]0 – (c/a) x} + hP(p/a) x
(5-38)
Il valore di α al tempo t = 0, α0, è:
α0 = αM + hA [A]0 + hB [B]0 + hC [C]0
(5-39)
Il valore di α al tempo t = ∞, α∞, quando x = [A]0, è:
α∞ = αM + hB {[B]0 - (b/a) [A]0} + hC {[C]0 - (c/a) [A]0} + hP (p/a) [A]0
(5-40)
Sottraendo membro a membro le equazioni (5-40) e (5-39), si ottiene:
α∞ - α0 = - hA [A]0 - hB (b/a) [A]0 - hC (c/a) [A]0 + hP (p/a) [A]0
= ([A]0/a) (hP p - hA a - hB b - hC c) = ([A]0/a) Δh
(5-41)
Sottraendo membro a membro le equazioni (5-38) e (5-39), si ottiene:
α - α0 = - hA x - hB (b/a) x - hC (c/a) x + hP (p/a) x =
= (x/a) (hP p - hA a - hB b - hC c) = (x/a) Δh
(5-42)
Sottraendo membro a membro le equazioni (5-41) e (5-42), si ottiene infine:
α∞ - α = - hA ([A] 0 – x) – hB (b/a) ([A]0 – x) - hC (c/a) ([A]0 – x) + hP (p/a) ([A]0 – x)
= {([A]0 – x)/a} Δh
(5-43)
Le equazioni (5-41), (5-42) e (5-43) consentono di esprimere, caso per caso, le
equazioni cinetiche in funzione dei valori della grandezza fisica.
Per esempio, per la reazione del primo ordine di eq. (5-12b), utilizzando le equazioni
(5-41) e (5-43), si ricava:
k = (1/t) ln([A]0/[A])
= (1/t) ln{[A]0/([A]0 - x)} = (1/t)ln{(α∞ - α0)/(α∞ - α)}
(5-44)
5.7 CONTROLLO DIFFUSIONALE E CONTROLLO CHIMICO
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Il valore della costante di velocità può fornire indicazioni sul meccanismo di reazione
attraverso l’utilizzo di modelli. I due modelli più utilizzati sono noti come teoria delle
collisioni e teoria dello stato di transizione (o dello stato attivato). In generale, i
modelli, tenuto conto della stechiometria della reazione, descrivono la variazione
dell’energia potenziale di singole molecole di reagenti e prodotti nel corso della
reazione (e, quindi, delle proprietà di singole molecole) o dell’energia libera del
sistema costituito dalle molecole di reagenti e prodotti (e, quindi, delle proprietà di un
grande numero di molecole).
L’ipotesi alla base del modello della teoria delle collisioni è che le reazioni avvengono
per effetto di collisioni tra le molecole dei reagenti. In alcune reazioni, per esempio
+
-
quella tra H e OH in soluzione acquosa, si assume che ciascun atto di collisione tra
+
-
H e OH porti alla formazione del prodotto H2O: questa reazione avviene quindi con
la massima “efficienza”, ossia con la velocità più elevata possibile in quelle condizioni.
Poiché la velocità con la quale i reagenti si incontrano (collidono) dipende dalla
velocità dei moti delle specie interessate nella soluzione (processo di diffusione),
queste reazioni vengono dette a controllo diffusionale.
La maggior parte delle reazioni ha però una velocità inferiore rispetto a quella
calcolabile dalla teoria delle collisioni perché non tutte le collisioni tra i reagenti sono
“efficaci”, ossia non tutte le collisioni portano alla formazione del prodotto di reazione.
Fondamentalmente, questa “minor efficienza” è dovuta a due fattori:
‰ Durante la reazione si deve formare una “specie intermedia”, che ha un’energia
maggiore di quella disponibile come energia cinetica o energia potenziale dei
reagenti: perché la reazione possa avvenire, deve essere superata una “barriera
energetica”, chiamata energia di attivazione della reazione;
‰ Perché la reazione possa avvenire, i reagenti devono assumere una ben definita
orientazione reciproca; questa richiesta viene quantitativamente espressa
dall’entropia di attivazione della reazione.
Per separare il contributo della componente energetica della barriera dal contributo
della componente entropica, si deve studiare la dipendenza della velocità di reazione
dalla temperatura. All’aumentare della temperatura, l’energia cinetica delle molecole
aumenta: i reagenti possono quindi acquisire l’energia necessaria per formare
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l’intermedio di alta energia, richiesto perché la reazione possa avvenire: usualmente,
quindi, la velocità di reazione aumenta all’aumentare della temperatura. L’aspetto
quantitativo della relazione tra costante di velocità e barriere energetica ed entropica
sarà discusso in seguito (§ 5.13).
5.8 STADI ELEMENTARI E MECCANISMO DI REAZIONE
Si è già detto che obiettivo finale di uno studio cinetico è l’individuazione di un
plausibile meccanismo di reazione che, in genere, è costituito da una serie di stadi
elementari.
Gli stadi elementari delle reazioni hanno importanti caratteristiche. Al solo scopo di
fornire delle “linee guida” di carattere generale, in questo e nei due paragrafi
successivi, le caratteristiche sono riassunte in un totale di sette condizioni.
Le prime due sono:
1. Gli stadi elementari di reazione comportano processi che possono coinvolgere una
singola molecola oppure collisioni reattive tra due (al massimo, tre) molecole.
2. Uno stadio, per essere elementare, non deve includere la formazione di intermedi
chimicamente stabili nel passaggio dai reagenti ai prodotti.
Per esempio: la ploflavina (P) si lega al DNA (D) per formare un complesso (PD)in, nel
quale il farmaco è intercalato tra coppie di basi. La reazione risultante (stadio
elementare) è:
P+D
(PD)in
Successivi studi cinetici hanno però messo in evidenza la formazione intermedia di un
complesso, (PD)out, nel quale il farmaco è legato, in modo più labile, all’esterno della
doppia elica. Il meccanismo della reazione globale può essere quindi riscritto come
somma dei due stadi elementari
k2
P+D
(PD)out
k-2
k1
(PD)out
(PD)in
k-1
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Il primo stadio comporta una collisione bimolecolare tra una molecola del farmaco e il
DNA; il secondo stadio è un processo unimolecolare, che comporta un riarrangiamento
intramolecolare del complesso farmaco-DNA.
Allo stato attuale delle conoscenze, non esistono evidenze sperimentali della
formazione di altri intermedi di reazione: si postula quindi che ciascuna delle due
precedenti reazioni costituisca uno stadio elementare. Non essendo possibile escludere
con certezza l’esistenza di altri intermedi, il meccanismo di reazione dovrà essere
rivisto e modificato se e quando ulteriori esperimenti dovessero evidenziare la presenza
di altri intermedi e, quindi, di altri stadi elementari.
La terza condizione è:
3. La legge di velocità per uno stadio elementare può essere scritta sulla base della
sua stechiometria
Questa condizione deriva direttamente dalle prime due e comporta che uno stadio
elementare che coinvolge νA molecole di A è del νA-esimo ordine rispetto ad A. Si noti
che questa condizione non è in contrasto con quanto affermato nel § 5.3 perché vale
soltanto per uno stadio elementare mentre, in genere, una reazione è costituita da più
stadi elementari.
Riprendendo l’esempio precedente ed esprimendolo nella forma più generale,
k2
A+B
C
(5-45a)
k-2
k1
C
D
(5-45b)
k-1
uno stadio elementare è il decadimento unimolecolare di C a dare D, con costante di
velocità k1 (si trascura la reazione inversa):
k1
C
D
(5-46a)
Poiché le molecole di C “reagiscono” in modo indipendente l’una dall’altra, la frazione
d[C]/[C] di molecole che decadono nell’intervallo di tempo dt è proporzionale a dt:
- d[C]/[C] = k1 dt
(5-46b)
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Si ricava:
- d[C]/dt = k1 [C]
(5-46c)
Di conseguenza, uno stadio elementare unimolecolare ha una legge di velocità del
primo ordine (nC = 1).
La velocità dello stadio elementare di collisione bimolecolare è proporzionale alla
frequenza di collisioni per unità di volume tra i due reagenti A e B (si trascura la
reazione inversa):
k2
A+B
C
(5-46d)
La frequenza di collisioni per unità di volume tra una molecola di A (ovvero, di B) e
tutte le molecole di B (ovvero, di A) è proporzionale alla concentrazione di B; la
frequenza totale di collisioni per unità di volume si ottiene moltiplicando per la
concentrazione di A per la concentrazione di B. Si ha:
- d[A]/dt = k2 [A][B]
(5-46e)
Di conseguenza, uno stadio elementare bimolecolare ha una legge di velocità del
secondo ordine (nA = nB = 1; ntot = 2).
La generalizzazione di questi risultati costituisce il terzo enunciato.
La quarta condizione è:
4. La somma di tutti gli stadi elementari costituisce la reazione globale.
Questo significa che tutti gli intermedi formati durante la reazione devono essere
consumati nella reazione stessa: essi devono quindi apparire come prodotti in uno
stadio elementare e come reagenti in un altro stadio elementare e, globalmente, si
devono cancellare. Se questo non si verifica, il meccanismo di reazione proposto non
descrive correttamente la reazione globale.
5.9 RELAZIONE TRA COSTANTE DI EQUILIBRIO E COSTANTE DI
VELOCITÀ
La relazione tra costante di equilibrio e costante di velocità è una delle relazioni
fondamentali della chimica fisica, perché mette in relazione la termodinamica di una
reazione con la sua cinetica.
Si considerino separatamente i due stadi elementari di eq. (5-45a) e di eq. (5-45b).
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La legge di velocità per lo stadio elementare di eq. (5-45a) considerato è:
d[C]/dt = k2 [A][B] - k-2 [C]
(5-45c)
La legge di velocità per lo stadio elementare di eq. (5-45b) è:
d[D]/dt = k1 [C] - k-1[D]
(5-45d)
Se ciascun stadio elementare, separatamente considerato, raggiunge le condizioni di
equilibrio, la concentrazione di ciascun reagente e prodotto in ciascuna reazione è
costante (indipendente dal tempo) e si ha quindi:
k2 [A][B] - k-2 [C] = 0
(5-45e)
k1 [C] - k-1[D] = 0
(5-45f)
Riordinando ciascuna delle due equazioni, si ricava:
[C]/[A][B] = k2/k-2 = K2
(5-45g)
[D]/[C] = k1/k-1 = K1
(5-45h)
dove K2 e K1 sono le costanti di equilibrio, rispettivamente dello stadio elementare di
eq. (5-45a) e di quello di eq. (5-45b).
La conclusione è che la legge di velocità e la costante di equilibrio di uno stadio
elementare possono essere scritte sulla base della stechiometria dello stadio. La
generalizzazione di questo risultato costituisce il quinto vincolo che deve essere
soddisfatto da uno stadio elementare:
5. La costante di equilibrio di uno stadio elementare è data dal rapporto tra la
costante di velocità della reazione diretta e quella della reazione inversa.
La sesta condizione, che si applica a una reazione complessa somma di più stadi
elementari, deriva dalla seguente considerazione: per la reazione globale, costituita
dall’insieme dei due stadi elementari di equazioni (5-45a) e (5-45b) che avvengono
contemporaneamente (nello stesso reattore), la costante di equilibrio K della reazione
globale è:
K1K2 = k1k2/k-1k-2 = [C][D]/[A][B][C] = [D]/[A][B] = K
(5-45e)
L’eq. (5-45e) è una conseguenza del fatto che, nel prodotto di tutte le costanti di
equilibrio degli stadi elementari, la concentrazione delle specie intermedie si
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semplifica, per la stessa ragione per la quale le specie intermedie si elidono quando si
sommano gli stadi elementari.
La generalizzazione di questo risultato esprime la sesta condizione:
6. La costante di equilibrio di una reazione globale, K, è data dal rapporto tra il
prodotto delle costanti di velocità delle j reazioni dirette, ki, di tutti gli stadi
elementari e il prodotto delle costanti di velocità delle j reazioni inverse, k-i, di tutti
gli stadi elementari:
K = Πj ki / Πj k-i
(5-47)
5.10 IL PRINCIPIO DELLA REVERSIBILITÀ MICROSCOPICA
Si è finora implicitamente assunto, per esempio, quando sono state scritte le equazioni
cinetiche (5-45e) e (5-45f) per le reazioni (5-45a) e (5-45b) all’equilibrio, che nella
reazione diretta e nella reazione inversa di un equilibrio chimico
A
C
sia coinvolto lo stesso intermedio e, quindi, che la velocità della reazione diretta e
inversa siano uguali all’equilibrio. Per dimostrarlo, si può fare l’ipotesi che siano
invece coinvolti due intermedi diversi, secondo un meccanismo ciclico tipo quello di
eq. (5-48), nel quale A si trasforma in C attraverso l’intermedio B e C si ritrasforma in
A attraverso l’intermedio D.
Per poter realizzare il ciclo, le costanti di velocità delle reazioni inverse da C ad A
attraverso B e delle reazioni dirette da A a C attraverso D devono essere trascurabili
rispetto a quelle delle rispettive reazioni “inverse”. Questo significa che deve essere:
kCB ≅ 0 e kBA ≅ 0 assieme a kAD ≅ 0 e kDC ≅ 0.
kAB
B
A
kBC
C
kDA
(5-48)
kCD
D
La conseguenza di queste assunzioni è che la costante di equilibrio
KAC = kABkBC/kBAkCB
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della reazione da A a C attraverso B è molto grande (tende a infinito) così come tende a
infinito il valore della costante di equilibrio
1
= kCDkDA/kDCkAD
K −AC
della reazione da C ad A attraverso D. Ovviamente, è impossibile che i valori di KAC e
1
tendano ambedue a infinito. Questo significa che non è possibile assumere che
di K −AC
siano trascurabili le costanti di velocità delle reazioni inverse in un cammino e delle
1
si
reazioni dirette nell’altro. Inoltre, dal confronto fra le espressioni di KAC e di K −AC
ricava che deve essere kAB = kAD, kBC = kDC, kBA = kDA e kCB = kCD, ossia che
l’intermedio B e l’intermedio D coincidono.
Questo è un modo semplice per introdurre un principio generale, noto come il
principio della reversibilità microscopica, che può essere ricavato in modo rigoroso
applicando i metodi della meccanica statistica ai sistemi in equilibrio. Il principio
stabilisce che in ciascun stadio elementare di un processo all’equilibrio, le velocità
della reazione diretta e della reazione inversa devono essere uguali. Per esempio,
quando la reazione (5-48) è all’equilibrio, deve essere
r (A ⎯→ C) = r (C ⎯→ A)
(5-49)
Le conseguenze del principio di reversibilità microscopica su un meccanismo di
reazione possono essere riassunte nel settimo, e ultimo, vincolo al quale devono
sottostare gli stadi elementari di reazione.
7. La costante di equilibrio (calcolata come rapporto fra i prodotti delle costanti di
velocità delle reazioni dirette e i prodotti delle costanti di velocità delle reazioni
inverse) deve essere uguale ad uno per qualsiasi cammino ciclico nel meccanismo
di reazione.
Ricordando che ΔG° = − RT ln K, si può osservare che questo vincolo ribadisce il
concetto che la variazione di energia libera deve essere uguale a zero in un processo
ciclico, ricavandolo però attraverso le costanti di velocità e di equilibrio.
5.11 COSTRUZIONE DI UN MECCANISMO DI REAZIONE
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Si deve innanzitutto aver ben presente che, in generale, non è possibile dimostrare che
il meccanismo di reazione ipotizzato sia quello corretto; quello che si può dimostrare è
che altri possibili meccanismi non sono corretti.
La costruzione di un meccanismo di reazione è una “arte” difficilmente codificabile in
una metodologia standard. Esistono tuttavia alcune linee generali, sia sperimentali che
teoriche, che possono servire come linee guida. Tra queste, hanno particolare rilevanza
le seguenti:
‰ Le reazioni proposte devono essere consistenti con le conoscenze chimiche
generali, incluse le evidenze sperimentali sulla reattività di sistemi analoghi.
‰ Qualora il meccanismo ipotizzato preveda la formazione di intermedi, si deve dare
una evidenza sperimentale indipendente a sostegno delle ipotesi fatte.
‰ Si deve verificare che il meccanismo proposto sia congruente con la legge di
velocità sperimentale.
Per fare questo di deve (a) scrivere la legge cinetica per il meccanismo proposto e (b)
confrontarla con la legge cinetica sperimentale.
La legge di velocità per il meccanismo proposto può essere ricavata utilizzando almeno
tre metodologie di tipo generale:
1) Integrazione diretta delle equazioni differenziali che esprimono la dipendenza delle
concentrazioni dal tempo.
2) Ipotesi dell’esistenza di uno “stadio determinante”:
a) le concentrazioni delle specie transienti vengono calcolate assumendo delle
condizioni di stato stazionario;
b) le concentrazioni delle specie transienti vengono calcolate assumendo delle
condizioni di pre-equilibrio.
5.11.1 Integrazione diretta delle equazioni differenziali
Le equazioni differenziali che esprimono l’evoluzione della concentrazione di ciascuna
specie nel tempo possono essere integrate con vari metodi. Si deve tenere presente che
il numero di variabili indipendenti è definito dal principio di conservazione della
materia, che consente di ricavare un certo numero di relazioni tra le concentrazioni: il
numero di variabili indipendenti è uguale alla differenza tra il numero totale di specie e
il numero di equazioni di conservazione.
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5.11.2 Ipotesi dello stadio determinante
Le metodologie basate sull’approssimazione del pre-equilibrio e sull’approssimazione
dello stato stazionario si basano sull’ipotesi che esista uno stadio elementare
sufficientemente lento rispetto a tutti gli altri da costituire lo stadio che determina la
velocità globale del processo: si parla di stadio determinante della reazione. Se
l’ipotesi è vera, la velocità del processo globale è uguale a quella dello stadio
determinante. Gli stadi successivi allo stadio determinante non vengono presi in
considerazione, in quanto non influenzano la velocità del processo.
A titolo di esempio, si consideri la reazione
k1
A
I
k-1
k2
I
C
k3
C
P
Nell’ipotesi che lo stadio determinante sia il secondo, la velocità del processo dipende
solo dello stadio lento e, pertanto, possiamo trascurare gli stadi successivi. La legge
cinetica è
d[P]/dt = k2 [I]
Una volta applicata l’ipotesi dello stadio determinante, rimane il problema di
determinare la concentrazione dell’intermedio I.
La complessità matematica del sistema di equazioni differenziali da risolvere cresce
notevolmente anche nel caso in cui il meccanismo sia costituito da pochi stadi
elementari (si ricordi l’esempio delle reazioni consecutive trattate nel § 5.4.5). Per il
calcolo delle concentrazioni degli intermedi può essere utilizzata l’approssimazione del
pre-equilibrio oppure quella dello stato stazionario.
Approssimazione dello stato stazionario
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Il calcolo della concentrazione dell’intermedio è condotto sulla base dell’ipotesi che la
concentrazione [I], in genere molto piccola, sia anche praticamente costante nel tempo:
di conseguenza, si può assumere che la sua variazione nel tempo, d[I]/dt, sia uguale a
zero.
In realtà, negli istanti iniziali della reazione, ci sarà sempre un periodo più o meno
breve nel quale la concentrazione dell’intermedio aumenta: l’assunzione implica che,
una volta raggiunte le condizioni di stato stazionario, [I] rimanga praticamente
costante nel tempo. In altre parole, l’intermedio reagisce appena formato e non si
accumula.
Con questa assunzione, si formula la legge di velocità per la concentrazione
dell’intermedio in stato stazionario e si pone uguale a zero la sua derivata rispetto al
tempo. Si noti che l’assunzione è valida se le velocità degli stadi che non coinvolgono
l’intermedio in stato stazionario sono sufficientemente elevate rispetto alla variazione
nel tempo della concentrazione dell’intermedio stazionario.
A titolo di esempio, si consideri un sistema, analogo a quello presentato nella (5-24a)
di § 5.4.5, nel quale avvengono due reazioni consecutive,:
A
k1
I
k2
P
(5-50)
Le velocità di formazione e scomparsa di reagenti, intermedi e prodotti sono:
− d[A]/dt = k1 [A]
(5-51)
d[I]/dt = k1 [A] − k2 [I]
(5-52)
d[P]/dt = k2 [I]
(5-53)
Applicando l’approssimazione dello stadio stazionario alla variazione della
concentrazione dell’intermedio I, eq. (5-52),
d[I]/dt = k1 [A] − k2 [I] = 0
(5-52a)
si ottiene
[I] = (k1/k2) [A]
(5-52b)
Sostituendo l’eq. (5-52b) nell’espressione della velocità di formazione del prodotto, eq.
(5-53), si ricava:
d[P]/dt = k2 [I] = k1 [A]
(5-53a)
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Integrando l’eq. (5-51),
[A] = [A]0 exp ( − k1 t)
(5-51a)
sostituendo l’eq. (5-51a) nell’espressione della velocità di formazione del prodotto, eq.
(5-53a),
d[P]/dt = k1[A]0 exp ( − k1 t)
(5-53b)
e integrando, si ottiene:
[P] = {1 − exp( − k1 t)} [A]0
(5-53c)
Dal confronto tra questo risultato e quello previsto dalla soluzione esatta:
[P] = [A]0 {1 + [k1 exp( - k2 t) - k2 exp( - k1 t)]/(k2 - k1)}
(5-25c)
si può verificare che i due risultati coincidono se k2 >> k1, ovvero se l’intermedio
reagisce immediatamente, non appena si forma.
Approssimazione del pre-equilibrio
Si assume che tutte le reazioni che precedono la reazione assunta per ipotesi come
stadio determinante raggiungano le condizioni di equilibrio.
A titolo di esempio, si consideri un sistema nel quale avvengono le due reazioni:
k1
A
I
(5-54a)
P
(5-54b)
k-1
k2
I
Le velocità di formazione e scomparsa di reagenti, intermedi e prodotti sono:
− d[A]/dt = k1 [A] − k-1 [I]
(5-55)
d[I]/dt = k1 [A] − k-1 [I] − k2 [I]
(5-56)
d[P]/dt = k2 [I]
(5-57)
Nell’approssimazione del pre-equilibrio, si assume che l’intermedio I sia in
equilibrio con il reagente A: la velocità di formazione dell’intermedio e quella della
sua trasformazione nel reagente A sono molto più elevate della velocità di
formazione del prodotto. In altre parole, deve essere: k-1 >> k2.
Dall’espressione della costante di equilibrio dell’eq. (5-54a) si ricava la concentrazione
dell’intermedio I all’equilibrio
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[I] = Keq [A]
che, sostituita nell’espressione della velocità di formazione del prodotto, eq. (5-57),
fornisce:
d[P]/dt = k2 [I] = k2 Keq [A]
(5-57a)
Applicando l’approssimazione dello stato stazionario, avremmo ottenuto:
d[I]/dt = k1 [A] − k-1 [I] − k2 [I] = 0
(5-56a)
[I] = [A] {k1/(k-1 + k2)}
(5-56b)
da cui:
d[P]/dt = k2 [I] = {k1k2/(k-1 + k2)} [A]
(5-57b)
che coincide con il risultato ottenuto nell’approssimazione del pre-equilibrio, eq. (557a), sotto la condizione k-1 >> k2.
L’approssimazione del pre-equilibrio costituisce quindi un’approssimazione più
“restrittiva” rispetto a quella dello stato stazionario.
5.11.3 Un caso di studio
La reazione di formazione del fosgene, Cl2CO, in fase gassosa a partire da monossido
di carbonio e cloro
CO (g) + Cl2 (g) ⎯→ Cl2CO (g)
(5-58)
non avviene con un meccanismo di stadio elementare bimolecolare. Infatti, è stato
determinato sperimentalmente che la legge di velocità iniziale, ossia quando la
concentrazione di Cl2CO è ancora sufficientemente bassa da poter trascurare la
reazione inversa dell’eq. (5-58), è:
v0 = d[Cl2CO]/dt = kexp[Cl2]3/2[CO]
(5-59)
Il problema è quindi quello di individuare un possibile meccanismo di reazione e di
dimostrare che è consistente con le osservazioni sperimentali.
Se la reazione fosse costituita da un solo stadio elementare bimolecolare, gli atomi di
cloro nella molecola di fosgene dovrebbero essere gli “stessi” presenti nella molecola
di cloro. Per dimostrarlo si può, in accordo con la prima regola generale, utilizzare una
miscela di molecole di cloro alcune formate da isotopi *Cl e *Cl - *Cl, e le altre
formate da isotopi Cl, Cl - Cl. Analizzando in spettrometria di massa i prodotti di
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reazione, si può determinare se gli atomi di cloro presenti nella molecola di fosgene
sono costituiti da un unico isotopo (*Cl o Cl). Se gli atomi di cloro presenti in ciascuna
molecola di fosgene sono isotopicamente uguali, c’è una buona probabilità che la
reazione sia elementare bimolecolare. Se invece, come si verifica sperimentalmente,
nel fosgene sono presenti sia atomi *Cl che atomi Cl, la conclusione che si deve trarre è
che, in uno stadio elementare, si ha dissociazione delle molecole *Cl - *Cl in radicali
·
·
*Cl e, in un altro stadio elementare, delle molecole Cl - Cl in radicali Cl ; in un altro e
successivo stadio elementare della reazione, i radicali reagiscono in modo
indipendente.
La prima regola generale enfatizza il ruolo della conoscenza chimica pregressa e
dell’intuizione chimica. Essendo ben noto dalla letteratura che, in molte reazioni, il Cl2
·
reagisce secondo catene radicaliche che coinvolgono il radicale Cl , si può scrivere lo
stadio elementare:
·
Cl2
2 Cl
·
Questa ipotesi può essere validata mediante esperimenti nei quali il radicale Cl viene
“intrappolato”, per esempio, da altri radicali aggiunti nella miscela di reazione.
La terza regola generale richiede di dimostrare che il meccanismo ipotizzato è coerente
con la legge di velocità sperimentale. Per fare questo, è necessario scrivere, sulla base
del meccanismo proposto, le leggi di velocità. Nell’esempio, avendo ipotizzato un
·
meccanismo con reazioni a catena che coinvolgono Cl , il meccanismo di reazione
potrebbe essere costituito dai seguenti stadi elementari:
k1
·
¼ Cl2
½ Cl
(5-60a)
k-1
k2
·
Cl + CO
·
ClCO
(5-60b)
k-2
·
ClCO + ¾ Cl2
k3
k-3
·
Cl2CO + Cl
(5-60c)
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Si osservi che lo stadio (5-60a), è quello che funziona da “iniziatore” della reazione
·
·
producendo radicali Cl . La stadio (5-60b) consuma Cl ; questi radicali vengono però
prodotti nello stadio (5-60c) e rientrano nel ciclo attraverso la stadio (5-60b).
Integrazione diretta delle equazioni differenziali
·
·
Le specie chimiche presenti sono cinque (Cl2, Cl , CO, ClCO e Cl2CO) e possono
essere scritte tre equazioni di conservazione. Una di queste è, per esempio, quella che
esprime la conservazione degli atomi di cloro:
·
·
[Cl2] + [Cl ] + [ClCO ] + [Cl2CO] = costante
Poiché ci sono cinque specie e tre equazioni di conservazione, il numero di variabili
indipendenti è uguale a due. Di conseguenza, ci sono soltanto due equazioni della
velocità tra loro indipendenti. Per esempio, si possono scegliere:
·
·
d[Cl2CO]/dt = k3[ClCO ] [Cl2] - k-3[Cl2CO][Cl ]
·
·
·
·
·
d[Cl ]/dt = k1[Cl2] - k-1[Cl ] - k2[Cl ][CO] + k-2[ClCO ] + k3 [ClCO ] [Cl2] +
·
- k-3[Cl2CO][Cl ]
Il sistema di due equazioni lineari può essere facilmente risolto utilizzando hardware
(calcolatore) e software (programma di calcolo) adeguati.
Ipotesi dello stadio determinante
Se, per esempio, si hanno elementi di valutazione che consentano di assumere che lo
stadio determinante sia quello di eq. (5-60c) e che sia trascurabile la reazione inversa,
la velocità di formazione del prodotto Cl2CO è:
·
d[Cl2CO]/dt = k3 [ClCO ] [Cl2]
(5-61)
Per poter integrare l’equazione è necessario disporre di un metodo per il calcolo della
·
concentrazione della specie transiente ClCO .
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Approssimazione del pre-equilibrio
Le reazioni (5-60a) e (5-60b), che precedono la reazione assunta per ipotesi come
stadio determinante (eq. 5-60c), raggiungono le condizioni di equilibrio.
Si ha quindi:
·
K1 = [Cl ]1/2/[Cl2]1/4
·
e
·
K2 = [ClCO ]/[Cl ][CO]
·
Eliminando [Cl ] dalle due espressioni precedenti, si ottiene un’espressione per il
·
calcolo della [ClCO ]:
·
[ClCO ] = K 12 K2 [Cl2]1/2 [CO]
(5-62)
Sostituendo nell’eq. (5-61), si ha:
d[Cl2CO]/dt = k3 K 12 K2 [Cl2]3/2[CO]
(5-63)
Confrontando l’eq. (5-63) con la legge di velocità sperimentale (eq. 5-59), si ricava:
kexp = k3 K 12 K2
(5-64)
La costante di velocità sperimentale è quindi interpretata in termini delle proprietà
degli stadi elementari.
Una verifica della validità dell’ipotesi sullo stadio determinante può essere fatta
assumendo, per esempio, che lo stadio determinante sia lo stadio di eq. (5-60b): si
ricava la legge di velocità
·
·
d[Cl2CO]/dt = d[ClCO ]/dt = k2 [CO] [Cl ] = k2 K 12 [Cl2]1/2 [CO]
(5-63a)
che è diversa dalla legge sperimentale di velocità iniziale.
In accordo con quanto esposto in precedenza, la scelta dello stadio determinante può
essere fatta sulla base della legge di velocità sperimentale ed è possibile dimostrare che
un meccanismo non è in grado di spiegare i risultati sperimentali.
Approssimazione dello stato stazionario
Tenendo presenti le reazioni (5-60b) e (5-60c) e trascurando ancora la reazione inversa
nell’eq. (5-60c), si ottiene:
·
·
·
·
d[ClCO ]/dt = k2[Cl ][CO] - k-2[ClCO ] - k3[ClCO ][Cl2] = 0
(5-65)
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Si noti che i singoli addendi al secondo membro dell’eq. (5-65) possono anche essere
grandi ma la loro somma algebrica deve essere molto piccola.
·
Risolvendo l’eq. (5-65) rispetto a [ClCO ], si ottiene:
·
·
[ClCO ] = k2[Cl ][CO]/(k-2 + k3[Cl2])
(5-66)
Per semplicità, si assuma che il primo stadio elementare (eq. 5-60a) sia all’equilibrio
(sarebbe tuttavia possibile applicare l’approssimazione dello stato stazionario anche a
·
[Cl ]). Si ha quindi
·
[Cl ] = K 12 [Cl2]1/2
che, sostituita nell’eq. (5-66), fornisce:
·
[ClCO ] = k2 K 12 [Cl2]1/2[CO]/(k-2 + k3[Cl2])
(5-67)
Inserendo questa relazione nell’eq. (5-61), si ricava:
d[Cl2CO]/dt = k3k2 K 12 [Cl2]3/2[CO]/(k-2 + k3[Cl2])
(5-68)
Quando k-2 » k3[Cl2], l’eq. (5-68) coincide con l’eq. (5-63) (si ricordi che k2/k-2 = K2):
l’approssimazione dello stato stazionario ci dice quindi che la legge di velocità iniziale
sperimentale è valida solo se k-2 » k3[Cl2].
Inoltre, lo studio sperimentale della reazione condotto in condizioni nelle quali la [Cl2]
è molto elevata e tale che k-2 « k3[Cl2], ha messo in evidenza che la legge di velocità
sperimentale è diversa da quella iniziale di eq. (5-59) ed è data da:
d[Cl2CO]/dt = k2 K 12 [Cl2]1/2 [CO]
(5-59b)
Poiché k-2 « k3[Cl2], questa equazione coincide con l’eq. (5-68). Si confronti inoltre
l’eq. (5-59b) con l’eq. (5-63a).
pag. 45/68
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5.12 DIPENDENZA DELLA COSTANTE DI VELOCITÀ DI UNO STADIO
ELEMENTARE DALLA TEMPERATURA. EQUAZIONE DI ARRHENIUS
Come anticipato nel § 5.4, lo studio della dipendenza della costante di velocità dalla
temperatura fornisce le relazioni quantitative tra costanti di velocità e barriere
energetica ed entropica. La dipendenza della velocità di una reazione, costituita da
un singolo stadio elementare, dalla temperatura è stata formulata da Arrhenius
(1889) in modo empirico, a partire dall’osservazione che la costante di equilibrio di
una reazione può essere vista come il rapporto tra due costanti di velocità (equazioni
5-45g, h).
La variazione della costante di equilibrio con la temperatura è espressa
dall’equazione di van’t Hoff
(∂ ln K/∂T)P = ΔH°/RT2
dove ΔH° è la variazione di entalpia standard della reazione.
Per analogia, Arrhenius ha ipotizzato la seguente relazione per la dipendenza della
costante di velocità dalla temperatura
(∂ ln k/∂T)P = Ea/RT2
(5-69)
dove Ea è l’energia di attivazione della reazione. Come sarà specificato in seguito,
l’energia di attivazione Ea è una differenza di energia.
Se si assume che la costante di velocità non dipenda dalla pressione, integrando l’eq.
(5-69) si ottiene
∫ d ln k
= ln k = cost + (1/R) ∫ ( E a / T 2 ) dT
Come più volte discusso, il valore dell’integrale al secondo membro dell’equazione
precedente dipende dalla relazione funzionale Ea = Ea(T).
Se si assume che l’energia di attivazione non dipenda dalla temperatura, integrando
si ottiene l’equazione di Arrhenius
ln k = ln A - (Ea/RT)
(5-70a)
ovvero, in forma esponenziale,
k = A exp(-Ea/RT)
(5-70b)
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La costante di integrazione A è detta fattore di frequenza e ha le stesse dimensioni, e
quindi unità di misura, della costante di velocità.
Sperimentalmente, l’energia di attivazione di una reazione si determina da valori
della costante di velocità k misurati a varie temperature. Nei limiti di validità dell’eq.
(5-70a), Ea = costante, un grafico di ln k in funzione di 1/T (grafico di Arrhenius) ha
un andamento lineare (Fig. 5.8a): il valore di Ea si ricava dal parametro angolare
della retta. Il valore di A può essere ricavato dall’intercetta sull’asse delle ordinate;
in pratica, per evitare errori troppo elevati dovuti alla estrapolazione (ln k ≡ ln A
quando T → ∞), il valore di A si ottiene dall’eq. (5-70), utilizzando il valore
calcolato di Ea.
La dipendenza lineare di ln k da 1/T è un’approssimazione che deve essere sempre
verificata sperimentalmente. Se la reazione è costituita da un solo stadio elementare,
l’eq. (5-70) è sempre verificata; negli altri casi, si trova che l’eq. (5-70) è
sufficientemente accurata quando l’intervallo di temperatura nel quale vengono
eseguite le misure non è troppo ampio. Inoltre, si ammette implicitamente che il
fattore di frequenza A non dipenda dalla temperatura: anche questa approssimazione
risulta spesso accettabile. Nella maggior parte degli altri casi, la dipendenza di queste
grandezze dalla temperatura è tale da comportare errori che sono dello stesso ordine
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di grandezza dell’errore sperimentale: in questi casi, si ottengono quindi valori medi
di A e di Ea nell’intervallo di temperatura studiato.
Se la reazione comporta più di uno stadio elementare, è possibile osservare
sperimentalmente una dipendenza non lineare di ln k da 1/T (Fig. 5.8b): il significato
più probabile è che, al variare della temperatura, varia il meccanismo della reazione.
5.13 RELAZIONE TRA COSTANTE DI VELOCITÀ, ENERGIA ED ENTROPIA
DI ATTIVAZIONE. EQUAZIONE DI EYRING
Nella discussione precedente, la velocità di uno stadio elementare di una reazione
chimica è stata espressa in funzione della costante di velocità, che è una grandezza
sperimentalmente determinabile e consente una descrizione quantitativa della
velocità di una reazione.
Ci si può chiedere quali siano i fattori che determinano il valore di una costante di
velocità di reazione. La comprensione di questo problema richiede una discussione
basata sulle teorie della velocità di reazione.
Il valore della costante di velocità di uno stadio elementare di reazione dipende dalle
interazioni a livello molecolare che si sviluppano nel passaggio da reagenti a
prodotti, durante gli incontri reattivi tra le singole molecole dei reagenti. La durata di
un incontro reattivo è estremamente breve, anche per reazioni “molto lente” (ossia,
reazioni che hanno una piccola costante di velocità); la costante di velocità di una
reazione dipende dal numero di incontri reattivi e non dalla loro durata: una reazione
è lenta perché gli incontri reattivi sono pochi. Come si vedrà nel seguito, la
probabilità che un incontro sia reattivo può essere espressa in funzione delle
variazioni di energia e di entropia che avvengono durante gli incontri reattivi.
Si noti che le denominazioni di A (fattore di frequenza) e di Ea (energia di
attivazione) derivano dall’interpretazione molecolare data dal modello della teoria
delle collisioni e si riferiscono alla frequenza con la quale avvengono le collisioni tra
le molecole e al fatto che, tra le molecole che collidono, “reagiscono” soltanto quelle
energeticamente attivate.
Per studiare gli incontri (urti) tra molecole, si deve tenere presente che una molecola
è composta da più atomi. La posizione di ciascun atomo è definita da tre coordinate
spaziali (in uno spazio cartesiano: le coordinate x, y e z); le coordinate necessarie per
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la descrizione di un sistema (molecole o insieme di atomi e molecole) costituito da N
atomi sono quindi 3N. Queste coordinate consentono di descrivere:
‰ Il moto dell’intero sistema nello spazio (moto traslazionale). Se si considera il
centro di massa del sistema, la descrizione di questo moto richiede 3 coordinate
(nello spazio cartesiano, le coordinate x, y e z del centro di massa).
‰ La rotazione dell’intero sistema nello spazio (moto rotazionale). La descrizione
di questo moto richiede 3 coordinate; per una molecola biatomica sono sufficienti
2 coordinate.
‰ Gli spostamenti relativi degli atomi, uno rispetto all’altro. La descrizione di
questi moti (moti vibrazionali) richiede le restanti (3N - 6) coordinate, ovvero
(3N - 5) coordinate per le molecole biatomiche.
Nel nostro studio della reattività, l’interesse è concentrato sulla rottura di legami
chimici e sulla formazione di nuovi legami; quelli che interessano sono quindi gli
spostamenti relativi degli atomi e non i moti traslazionale e rotazionale dell’intero
sistema. Di conseguenza, per la descrizione delle interazioni durante la reazione sono
necessarie (3N - 6) coordinate: si dice che il sistema ha (3N - 6) gradi di libertà. Per
esempio, un sistema costituito da tre atomi ha (3*3 - 6) = 3 gradi di libertà.
5.13.1 Superficie di energia potenziale di una reazione
Si consideri, a titolo di esempio, la reazione di scambio di un atomo di idrogeno tra
un atomo, HA, e una molecola di idrogeno, H2 (HB - HC):
HB - HC + HA ⎯→ HB - HA + HC
(5-71)
Perché lo scambio possa avvenire, HA si deve avvicinare alla molecola HB - HC, il
legame tra HB e HC si deve rompere e si deve formare il nuovo legame tra HA e HB:
HA
HB - HC + HA ⎯→
ϕ
HB
HC
⎯→ HB - HA + HC
(5-72)
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La riorganizzazione degli atomi e le variazioni di energia potenziale che
accompagnano l’avvicinamento, la collisione e la reazione tra i reagenti si
sviluppano in modo continuo. Queste variazioni possono essere studiate in funzione
delle coordinate interne (distanze interatomiche, angoli di legame e angoli di
torsione) mediante le quali si individua la disposizione degli atomi nello spazio che
definisce la geometria del sistema.
Nell’esempio, gli atomi interessati sono tre; il sistema ha tre gradi di libertà, ovvero
per la descrizione del processo sono necessarie 3 coordinate interne (3 variabili): le
due distanze, dBC (tra gli atomi HB e HC) e dAB (tra gli atomi HA e HB), e l’angolo ϕ
(secondo il quale l’atomo HA si avvicina alla molecola HB - HC).
Nell’eq. (5-72), la scrittura tra parentesi indica la contemporaneità tra la rottura del
legame tra HB e HC e la formazione del legame tra HA e HB e sottolinea il fatto che il
passaggio dai reagenti ai prodotti avviene attraverso delle geometrie di transizione
che non sono intermedi stabili e costituiscono il cammino di reazione.
Il tipo di trasformazione dipende dall’evoluzione dell’energia potenziale lungo il
cammino di reazione. Nell’esempio, l’energia potenziale del sistema è funzione di tre
variabili:
Energia = E(dBC, dAB, ϕ)
(5-73)
Per poter tracciare il grafico della variazione dell’energia potenziale in funzione
delle posizioni dei nuclei è necessario uno spazio a quattro dimensioni.
Il processo può essere rappresentato in uno spazio cartesiano solo se si fissa una
delle variabili (per esempio, ϕ) e si studia la variazione dell’energia per ciascun
valore fissato di ϕ. La relazione funzionale diventa:
Energia = E(dBC, dAB)ϕ
(5-74)
Si noti che la reazione dell’esempio è un modello della più semplice reazione tra due
reagenti se a uno di essi si richiede di essere una molecola: in tutti gli altri casi, la
rappresentazione richiede uno spazio a più dimensioni.
La relazione funzionale di eq. (5-74) rappresenta una superficie nello spazio
cartesiano. Questa superficie, detta superficie di energia potenziale della reazione (si
usa l’acronimo PES, Potential Energy Surface), è usualmente costruita per punti,
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mediante calcoli teorici effettuati con la meccanica quantistica o con altri metodi.
Fissata una geometria della molecola, ossia il valore di ϕ e di una coppia di
coordinate dBC e dAB, si calcola il valore dell’energia del sistema in un certo stato
(per esempio, lo stato fondamentale). Il calcolo è ripetuto per un numero
sufficientemente elevato di coppie di valori delle coordinate, opportunamente scelti.
I valori così ottenuti possono essere interpolati con opportune tecniche di calcolo,
ottenendo la superficie di energia potenziale; la PES viene spesso riportata in forma
schematica, mediante linee di contorno equipotenziali, ottenendo grafici tipo quello
riportato nella Fig. 5.9, che rappresenta la PES della reazione (5-43) nel caso ϕ = 0,
ossia quando l’atomo HA si avvicina alla molecola HB - HC lungo la direzione del
legame.
La PES rappresenta la variazione di energia a seguito della riorganizzazione della
distribuzione degli elettroni dovuta alla modificazione della posizione reciproca dei
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nuclei degli atomi nello spazio (variazione della geometria) al procedere della
reazione. La PES è importante perché contiene le informazioni necessarie per la
comprensione del meccanismo della reazione. Per estrarre queste informazioni, è
necessario individuare il cammino di minor energia, ossia la barriera di energia più
bassa che i reagenti devono superare per trasformarsi nei prodotti.
A tal fine, è necessario caratterizzare la topologia della PES, ossia individuare i punti
critici o punti stazionari di energia: minimi, massimi e punti di sella. I punti di minor
energia, punti di minimo, corrispondono alle situazioni di stabilità termodinamica dei
reagenti, di eventuali intermedi stabili e dei prodotti; i punti di maggior energia,
punti di massimo, corrispondono a stati completamente dissociati. Il significato dei
punti di sella sarà discusso nel seguito.
Nelle Figure 5.10 e 5.11 è riportata la caratterizzazione dei punti critici quando
l’energia dipende da una sola variabile, E = E(ϑ) o da due variabili, E = E(ϑ1, ϑ2).
In tutti i punti critici, si ha (∂E/∂ϑi)j = 0. Inoltre:
¾ nei punti di minimo è (∂2E/∂ϑ 2i )j > 0 per tutte le variabili;
¾ nei punti di massimo è (∂2E/∂ϑ 2i )j < 0 per tutte le variabili;
¾ nei punti di sella è (∂2E/∂ϑ 2i )j > 0 per tutte le variabili tranne una variabile, κ,
per la quale è
(∂2E/∂ϑ 2i )j < 0.
Definendo come indice di punto critico , λ, il numero di derivate seconde negative, i
punti critici rappresentati nelle Figure 5.10 e 5.11 possono essere classificati secondo
il seguente schema:
E = E(ϑ)
E = E(ϑ1, ϑ2)
Punto critico
λ
λ
Minimo
0
0
Nessuna derivata seconda negativa
Sella
-
1
Una sola derivata seconda negativa
Massimo
1
2
Tutte le derivate seconde negative
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5.13.2 Lo stato attivato
Per dare un carattere di generalità alla discussione che segue, la reazione di eq. (5-71)
può essere riscritta
R-X + Y ⎯→ R-Y + X
(5-75)
dove R, X e Y possono essere atomi o gruppi assimilabili ad atomi.
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I passaggi concettuali fondamentali per la “lettura” della PES possono essere
schematizzati a partire dall’osservazione che, per la reazione di eq. (5-75), sono
possibili due meccanismi limite.
Il primo dei due meccanismi (che, per comodità, sarà nel seguito indicato con il
simbolo SN1) corrisponde a un meccanismo a due stadi elementari.
Il primo stadio elementare è la rottura del legame R-X senza intervento del reagente Y
(eq. 5-76a): il reagente Y non interagisce perché rimane a distanza infinita dal reagente
R-X.
R-X + Y ⎯→ R + X + Y
(5-76a)
R +X + Y ⎯→ R-Y + X
(5-76b)
Nel grafico di Fig. 5.12, questo stadio è rappresentato nel piano parallelo al piano
E - d(RX), che interseca l’asse d(RY) a un valore “infinito” della distanza tra R e Y; in
pratica, questa distanza “infinita” corrisponde a un valore sufficientemente grande da
poter assumere nulle le interazioni tra R e Y (per esempio, una distanza pari a 10-20
volte la distanza di equilibrio). Durante la rottura del legame R-X, il contributo di Y
all’energia del sistema reagente è quindi costante per qualsiasi valore della distanza
R-X.
La variazione dell’energia potenziale del “sistema reagente” in funzione della distanza
R-X ha quindi un andamento qualitativamente analogo a quello per una molecola
biatomica, la differenza essendo costituita dal contributo costante di Y (Fig. 5.13a).
Il secondo stadio elementare è la formazione del legame R-Y senza intervento di X (eq.
5-76b): X non interagisce perché rimane a distanza infinita da R-Y per qualsiasi valore
della distanza d(RY). Nel grafico di Fig. 5.12, questo stadio è rappresentato nel piano
parallelo al piano E - d(RY), che interseca l’asse d(RX) a un valore “infinito” della
distanza tra R e X. La variazione dell’energia potenziale del “sistema prodotto” in
funzione della distanza R-Y è riportata nella Fig. 5.13b.
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La variazione di energia potenziale per l’intero processo di eq. (5-76) è schematizzata
nella Fig. 5.13 (“somma” delle Fig. 5.13a e 5.13b: il valore dell’energia del sistema (R
+ X + Y) è unico mentre l’energia del sistema (R + X) sarà in generale diversa
dall’energia del sistema (R + Y).
Se R-X è una molecola biatomica, l’energia di attivazione, Ea, della reazione coincide
con l’energia di dissociazione, Ed, del legame R-X. In generale, R-X sarà una molecola
poliatomica e il valore di Ed può essere assunto come una stima dell’energia di
attivazione.
Per quanto riguarda il meccanismo SN1 quindi: (a) il calcolo fornisce una stima di
Ea(SN1); (b) la stima del valore calcolato può essere confrontata con il valore
sperimentale di Ea (grafico di Arrhenius) e/o con l’energia di dissociazione
sperimentale del legame R-X.
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Il secondo dei due meccanismi (sigla SN2) corrisponde a un processo concertato tipo
eq. (5-72), nel quale si ha allentamento del legame R-X in presenza di Y (o, come si
dice, assistito da Y) e formazione, più o meno sincrona, del legame R-Y.
Il meccanismo è usualmente schematizzato come:
R-X + Y
S‡
S‡ ⎯→ R-Y + X
(5-77a)
(5-77b)
Con il simbolo S‡ si indica una particolare disposizione degli atomi nello spazio, detta
stato attivato.
Per un prefissato valore di ϕ, il meccanismo SN2 può essere studiato analizzando
l’andamento della PES (Fig. 5.12). Si noti che le zone caratterizzate da valori di d(RX)
e d(RY) minori dei corrispondenti valori di equilibrio non sono utili ai fini dello studio
del meccanismo di reazione.
La trasformazione del sistema R-X + Y nel sistema R-Y + X è descritta dal
movimento di un punto rappresentativo sulla PES. Per un prefissato valore di ϕ, la
posizione di questo punto sulla PES è definita da una coppia di valori (dBC, dAB): tra
le infinite possibili combinazioni di queste coordinate, quelle che consentono di
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passare dal sistema reagente al sistema prodotto vengono dette cammino di reazione.
Tra tutti i possibili cammini di reazione, quello che comporta il superamento della
barriera di energia più bassa è detto coordinata di reazione, κ. La coordinata di
reazione è quindi una misura del procedere della reazione lungo il cammino di
reazione più probabile.
Normalmente, per chiarire questi concetti, si utilizza l’analogia tra la PES e una zona
di montagna che presenta due “valli” (rappresentative degli stati iniziale e finale
della reazione), un “altipiano” (lo stato completamente dissociato, con HA, HB, HC a
distanza infinita) e uno o più “valichi”. È evidente che esistono diverse alternative
per passare dalla “valle” dei reagenti a quella dei “prodotti”, ma qualsiasi
ragionevole escursionista sceglierebbe il cammino che comporta il superamento del
valico di “minor altezza”.
Fuori dall’analogia, il cammino di reazione più probabile è quello che consente il
passaggio dai reagenti ai prodotti attraverso la barriera energetica più bassa. Il punto
a maggior energia di questo cammino è descritto matematicamente come un punto di
sella, nel quale l’energia è un massimo rispetto al moto lungo la coordinata di
reazione κ ma è un minimo per i moti nelle direzioni perpendicolari alla coordinata
di reazione. La particolare disposizione (geometria) che gli atomi del sistema
assumono in questo punto (o zona) dello spazio, che è quella indicata con il simbolo
S‡, è definita “stato attivato” perché è in queste condizioni che il sistema possiede
l’energia necessaria per evolvere verso i prodotti.
Si noti che lo stato attivato è uno stato di massima energia rispetto a una delle
coordinate interne del sistema mentre una molecola stabile è sempre rappresentata
da una buca nella PES. La “profondità” della buca definisce la “stabilità” della
molecola e l’energia di una specie stabile è un minimo rispetto a tutte le sue
coordinate interne.
Riportando in grafico la variazione di energia potenziale in funzione della coordinata
di reazione si ottiene il profilo di reazione illustrato nella Fig. 5.14. Formalmente, il
profilo di reazione può essere ottenuto dalla PES, “tagliando” la superficie lungo la
linea tratteggiata che rappresenta la coordinata di reazione e “stendendo su un piano”
la sezione così ottenuta.
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Il calcolo fornisce quindi la stima di Ea, barriera energetica da superare. Si osservi
che la PES, e quindi il profilo di reazione, è una costruzione teorica e che, per via
sperimentale, sono ricavabili soltanto tre parametri:
‰ La differenza di energia tra i reagenti e i prodotti, (ΔE, parametro
termodinamico).
Per una reazione in fase gassosa è E = H – RT e, quindi, ΔE = EP – ER = ΔH.
‰ La differenza di energia tra lo stato attivato e i reagenti (Ea, parametro cinetico).
‰ La differenza di energia tra lo stato dissociato e i reagenti (Ediss, parametro
termodinamico).
Frequentemente, le superfici di energia potenziale sono rappresentate come mappe
bidimensionali mediante curve isoenergetiche (diagramma dei contorni), come
illustrato in Fig. 5.15 per la PES di Fig. 5.9.
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È necessario a questo punto ricordare che, formalmente, la discussione precedente è
riferita alla PES ottenuta per un prefissato valore dell’angolo ϕ. Il calcolo deve
essere pertanto ripetuto per un sufficiente numero di valori di ϕ: tra tutti i cammini di
reazione così individuati, il cammino di reazione più probabile è quello per il quale è
stata stimata l’energia di attivazione più bassa.
Per poter decidere quale dei due meccanismi ipotizzati è il più probabile, è necessario
confrontare il valore calcolato di Ea(SN2) con la stima di Ea(SN1) e con il valore
sperimentale di Ea (grafico di Arrhenius).
Il confronto tra Ea(SN1) e Ea(SN2) fornirà sempre Ea(SN1) > Ea(SN2): nel meccanismo
SN2, l’energia da fornire per la “rottura” del legame R-X è in parte compensata
dall’energia che si ottiene nell’incipiente formazione del legame R-Y.
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Per quanto riguarda il confronto tra il valore calcolato di Ea(SN1), o di Ea(SN2), e il
valore sperimentale derivato mediante l’equazione di Arrhenius, possono darsi tre casi:
¾ Ea(SN1) > Ea(sper) ≈ Ea(SN2). È probabile che il meccanismo operante sia SN2.
¾ Ea(SN1) ≈ Ea(sper). È probabile che il meccanismo operante sia SN1.
¾ Ea(SN1) < Ea(sper). Se è possibile escludere che nei calcoli siano state introdotte
approssimazioni troppo grossolane, la conclusione da trarre è che il modello non
include effetti importanti (quali effetti sterici o di solvatazione) che rendono più
“difficile” la reazione perché aumentano la barriera energetica.
5.13.3 Teoria dello stato di transizione
La teoria dello stato di transizione (Eyring, 1935) è tutt’oggi largamente utilizzata
come schema concettuale per lo studio dei meccanismi di reazione.
L’idea centrale di questa teoria è che, fissata la temperatura, la costante di velocità
della reazione dipenda soltanto dalla concentrazione dello stato attivato di alta
energia, che è in equilibrio con i reagenti.
Come indicato dall’analisi della PES, lo stato attivato S‡ può essere considerato
come una “pseudo-molecola”, nel senso che si comporta come una molecola stabile
rispetto a tutti i gradi di libertà (l’energia è un minimo) tranne quello lungo la
coordinata di reazione κ (l’energia è un massimo). Questo grado di libertà
corrisponde a un moto vibrazionale lungo la direzione della coordinata di reazione. A
differenza di quanto avviene nel moto vibrazionale normale, in questo caso l’atomo
che si deve staccare non “viene richiamato” alla fine dell’oscillazione ma può
continuare nel suo moto, fino alla rottura del legame; per il legame che si deve
formare, avviene il processo inverso. In questo senso, lo stato attivato rappresenta
uno stato di transizione nella trasformazione continua dei reagenti nei prodotti lungo
la coordinata di reazione. Nel seguito, le proprietà dello stato di transizione saranno
indicate ponendo, come apice, il simbolo ‡.
Riprendendo lo schema di eq. (5-77), la teoria di Eyring richiede che la pseudomolecola sia in uno stato di equilibrio “pseudo-termodinamico” con i reagenti. La
costante di equilibrio è data dalla relazione:
K‡ = [S‡] / [R – X] [Y]
(5-78)
La velocità della reazione di eq. (5-77), - d[R-X]/dt, dipende:
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¾
dalla concentrazione della pseudo-molecola;
¾
dalla velocità con la quale la pseudo-molecola supera la barriera energetica.
Dalla trattazione statistica della teoria dello stato di transizione, si ricava che la
“velocità” di questo processo è uguale a kBT/h, dove kB e h sono, rispettivamente,
la costante di Boltzmann e la costante di Planck e T è la temperatura assoluta;
¾
da un parametro, detto coefficiente di trasmissione, κ, che esprime il numero di
pseudo-molecole che superano la barriera energetica, dando luogo alla
formazione dei prodotti (0 < κ < 1).
Si ottiene:
- d[R-X]/dt = κ (kBT/h) [S‡]
(5-79)
Combinando le equazioni (5-78) e (5-79), si ottiene:
- d[R-X]/dt = κ (kBT/h) K‡ [R-X][Y]
Se la reazione di eq. (5-77a) è del secondo ordine, si può scrivere:
- d[R-X]/dt = k [R-X][Y]
Dal confronto tra le due equazioni precedenti, si ottiene infine
k = κ (kBT/h) K‡
(5-80)
equazione che mette in relazione la costante di velocità, k, della reazione con la
costante di pseudo-equilibrio K‡.
L’eq. (5-80) è molto importante perché costituisce il collegamento tra la cinetica e la
termodinamica delle reazioni chimiche.
5.13.4 Reazioni in soluzione. Equazione di Eyring
La trattazione in funzione dell’energia potenziale (ossia, della proprietà di una
singola molecola) è utile per calcoli teorici o per reazioni in fase gassosa. Per
reazioni in soluzione, è necessaria una trattazione in termini di energia libera di
Gibbs (ossia, di una funzione di un grande numero di molecole).
Ricordando la relazione fra energia libera e costante di equilibrio, si può scrivere
ΔG‡ = G‡ - GR = - RT ln KC‡
(5-81)
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dove ΔG‡ è l’energia libera molare di attivazione della reazione; G‡ e GR sono,
rispettivamente, l’energia libera della pseudo-molecola e dei reagenti; KC‡ è la
costante di pseudo-equilibrio, espressa in funzione delle concentrazioni.
Dalle equazioni (5-80) e (5-81) si ricava:
k = κ (kBT/h) exp(- ΔG‡/RT)
(5-82)
L’eq. (5-82) indica che la costante di velocità di una reazione elementare dipende
dalla differenza di energia libera tra lo stato di transizione e i reagenti. Questa
differenza è positiva per definizione: di conseguenza, qualsiasi fattore esterno che
diminuisce ΔG‡ aumenta k.
Indicando con ΔH‡ e ΔS‡, rispettivamente l’entalpia molare di attivazione e
l’entropia molare di attivazione della reazione, si può scrivere
ΔG‡ = ΔH‡ - TΔS‡
(5-83)
Con l’eq. (5-83), l’eq. (5-82) diventa
k = exp(- ΔH‡/RT) κ (kBT/h) exp(ΔS‡/R)
(5-84)
Le equazioni (5-82) e (5-84) sono note come equazione di Eyring.
Sperimentalmente, i parametri di attivazione (energia libera, entropia ed entalpia di
attivazione) di una reazione si determinano da valori della costante di velocità k
misurati a varie temperature. L’eq. (5-84), riscritta nella forma,
ln (k/T) = [ln (κ kB/h) + ΔS‡/R) – (ΔH‡/R)/T
(5-84a)
evidenzia che, nei limiti di validità dell’eq. (5-84), un grafico di ln (k/T) in funzione
di 1/T (grafico di Eyring) ha un andamento lineare: il valore di ΔH‡ si ricava dal
parametro angolare della retta; il valore di ΔS‡ può essere ricavato dall’intercetta
sull’asse delle ordinate. In pratica, per evitare errori troppo elevati dovuti alla
estrapolazione, il valore di ΔS‡ può essere calcolato dall’eq. (5-84a), utilizzando il
valore calcolato di ΔH‡. La dipendenza lineare di ln (k/T) da 1/T è
un’approssimazione che deve essere sempre verificata sperimentalmente.
5.13.5 Relazione tra le teorie di Arrhenius e di Eyring
L’eq. (5-84) indica che, a una data temperatura, la costante di velocità dipende da
due fattori, ΔH‡ e ΔS‡.
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La differenza tra l’entalpia dello stato di transizione e l’entalpia dello stato iniziale,
ΔH‡ = H‡ - HR
è in relazione con l’energia di attivazione sperimentale di Arrhenius, Ea.
Infatti, per reazioni in soluzione, l’eq. (5-80) può essere scritta:
ln k = ln (κ kB/h) + ln T + ln KC‡
Derivando rispetto alla temperatura a pressione costante, si ottiene:
(∂ln k/∂T)P = 1/T + d ln KC‡/dT = 1/T + ΔH‡/RT2
(5-85)
Derivando l’equazione di Arrhenius (5-70b) rispetto alla temperatura nell’intervallo
di temperatura nel quale sono state condotte le misure sperimentali e assumendo che
il fattore di frequenza non sia funzione della temperatura, si ottiene
(∂ln k/∂T)P = Ea/RT2
(5-86)
Confrontando le equazioni (5-85) e (5-86) si ottiene infine:
ΔH‡ = Ea - RT
(5-87)
Si noti che, per T = 25°C, è RT = 1.98*298 ≈ 6 kcal mol-1.
La differenza tra l’entropia dello stato di transizione e l’entropia dello stato iniziale,
ΔS‡ = S‡ - SR
è inclusa nel fattore di frequenza, A, dell’equazione di Arrhenius.
Infatti, dalle equazioni (5-84) e (5-87) si ottiene:
k = exp(- Ea/RT) κ e (kBT/h) exp(ΔS‡/R)
dove e è la base dei logaritmi naturali.
Confrontando le equazioni (5-70b) e (5-84), si ricava:
A = (κ e kBT/h) exp(ΔS‡/R)
(5-88)
L’eq. (5-88) mette in evidenza che il fattore di frequenza include due contributi: il
termine (κ e kBT/h), che è correlato alla frequenza di vibrazione lungo la coordinata
di reazione; il termine exp(ΔS‡/R), che è correlato all’orientazione reciproca dei
reagenti.
Questo secondo termine (termine entropico) dipende essenzialmente dalle geometrie
del sistema reagente e dello stato attivato:
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¾ Se la struttura dello stato attivato è più rigida di quella dei reagenti (S‡ < SR), si
ha ΔS‡ < 0. Un valore negativo dell’entropia di attivazione indica quindi che la
flessibilità dello stato attivato è minore di quella del sistema reagente.
¾ Se la struttura dello stato attivato è meno rigida di quella dei reagenti (S‡ > SR),
si ha ΔS‡ > 0. Un valore positivo dell’entropia di attivazione indica quindi che la
flessibilità dello stato attivato è maggiore di quella del sistema reagente.
Per riassumere, l’equazione di Eyring indica che la costante di velocità k di una
reazione elementare dipende da tre fattori:
‰ Il coefficiente di trasmissione, κ
Poiché, in genere, non si hanno informazioni sul suo valore numerico, si pone
κ =1.
‰ Il fattore pre-esponenziale, kBT/h.
Fornisce una stima della frequenza di vibrazione del legame destinato a rompersi
lungo la coordinata di reazione. Si assume che essa sia determinata dall’energia
cinetica del moto traslazionale e, quindi, che sia essenzialmente una misura della
velocità di collisione tra molecole in soluzione. Dai valori delle costanti di
Boltzmann e di Planck, si ricava che il valore del fattore pre-esponenziale, a
temperatura ambiente, è dell’ordine di 1013 s-1.
Il fattore pre-esponenziale aumenta linearmente con la temperatura ma ha un
effetto relativamente piccolo sulla dipendenza della costante di velocità dalla
temperatura. Infatti, la temperatura appare anche nel termine esponenziale, dove
esercita un effetto molto più pronunciato.
‰ Il fattore esponenziale, che contiene le grandezze pseudo-termodinamiche.
La grandezza che dipende dalla natura della reazione è l’energia libera di attivazione
che, a sua volta, dipende dall’entalpia e dall’entropia di attivazione.
Un valore elevato di ΔG‡ indica che l’energia libera dello stato attivato è molto
maggiore di quella del sistema reagente; per l’eq. (5-82), la k è piccola. Il valore
elevato di ΔG‡ può essere dovuto a un valore positivo elevato di ΔH‡, oppure a un
valore negativo elevato di ΔS‡ o a entrambi.
L’entalpia e l’entropia di attivazione sono una misura delle variazioni di calore e di
entropia nel passaggio dai reagenti allo stato attivato.
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Per una reazione elementare, ΔH‡ è sempre positivo perché è necessario fornire
energia per la rottura parziale dei legami chimici nel passaggio allo stato attivato
mentre ΔS‡ può essere positiva o negativa.
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APPENDICE
Come riportato al paragrafo 5.4.6, se si assume che la reazione diretta e quella
inversa siano ambedue del primo ordine, per l’equazione chimica
kd
A
C
(5-26)
ki
l’equazione cinetica è
− d[A]/dt = + kd [A] − ki [C]
Se al tempo t = 0 è presente solo il reagente A, in concentrazione iniziale [A]0, per il
principio di conservazione della materia è:
[A]0 = [A] + [C]
Si ricava
− d[A]/dt = + kd [A] − ki ([A]0 − [A]) = + (kd + ki) [A] − ki [A]0
(5-26b)
Integrando tra i limiti di concentrazione [A]0 e [A], rispettivamente ai tempi 0 e t, si
ottiene:
{(
)
}
ln k d + k i [A] − k i [A]0 − ln { k d [A ]0 } = − (k d + k i ) t
(5-26c)
da cui
(k d + k i ) [A] − k i [A]0 = exp [− (k
k d [A ]0
d
+ ki ) t]
(5-26d)
Per t → ∞, [A] → [A]eq = [A]∞; si ha
lim
lim
t→∞
(k d + k i ) [A] − k i [A]0
k d [A]0
=
[ (
)]
lim
exp − k d + k i t = 0
t→∞
da cui
(k d + k i ) [A]∞
k d [A ]0
−
ki
=0
kd
Si ricava
[A]0 =
kd + ki
ki
[A]∞
(5-26c)
[A]0
(5-26d)
e, quindi,
[A]∞ =
ki
kd + ki
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Dall’eq. (5-26c), sottraendo [A]∞ dal primo e dal secondo membro si ottiene
⎞
⎛ kd + ki
− 1⎟⎟ [A ]∞
⎠
⎝ ki
[A]0 − [A]∞ = ⎜⎜
e, riordinando,
[A]0 − [A]∞ =
kd
ki
[A]∞
Sostituendo l’eq. (5-26d) si ottiene infine
[A]0 − [A]∞ =
kd
kd + ki
[A]0
(5-26e)
L’eq. (5-26d) può essere riscritta:
[A] −
ki
[A]0 = k d [A]0 exp [− (k d + k i ) t ]
kd + ki
kd + ki
Sostituendo l’eq. (5-26d) nel secondo termine del primo membro e l’eq. (5-26e) nel
secondo membro, si ottiene:
[A] − [A]∞ = {[A]0 − [A]∞ } exp [− (k d + k i ) t ]
(5-26f)
ovvero
[A] − [A]∞
[A]0 − [A]∞
= exp [− (k d + k i ) t ]
(5-26g)
e
ln {[A ] − [A ]∞ } = ln {[A ]0 − [A ]∞ } − (k d + k i ) t
(5-26h)
Dalle equazioni (5-26f-h), noti [A]0, i valori sperimentali di [A] per vari tempi t e il
valore di [A] a t = ∞ (ossia in condizioni di equilibrio, quando [A] ≡ [A]∞), è
possibile calcolare il valore di (kd + ki). Noto il valore della costante di equilibrio, K
= kd/ki, si possono infine calcolare i valori di kd e ki.
Dal bilancio di massa
[C] = [A]0 − [A]
(5-26i)
e dall’eq. (5-26f) si ricava:
[C] =
{[A]0 − [A]∞ } { 1 − exp [− (k d + k i ) t ]}
..(5-26l)
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