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Alla periferia di Città del Messico - Comunità Missionaria di Villaregia

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Alla periferia di Città del Messico - Comunità Missionaria di Villaregia
Comunità Missionaria di Villaregia
Alla periferia di
Città del Messico
)
In caso di mancato recapito inviare all’Ufficio P.T. di Padova per la restituzione al mittente che si impegna a restituire la tariffa dovuta.
Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/PD - n. 71- Dicembre 2013 - Anno 24
sommario
03
04
06
13
Editoriale
14
16
18
19
20
Ascolta la Parola!
Missione è...
Parole del Papa
Chiesa Missionaria
Diretta dalla missione
Alla periferia di Città del Messico
Dal mondo
La storia
di Grégoire Ahongbonon
Andò in fretta…
Raccontare la fede
C’è più gioia nel dare…
Vita spirituale
La missione della Chiesa
CO.MI.VI.S.
Salute, un diritto di tutti
News
Ordinazioni
25 anni di sacerdozio
Partenze per la missione
Appuntamenti
In copertina, evangelizzazione in una zona povera della missione di Texcoco (Messico).
Intenzioni Sante Messe
Indirizzi
In ogni sede della CMV, ogni giorno
celebriamo la Santa Messa, nella quale
presentiamo al Signore le intenzioni di
preghiera che amici e benefattori ci affidano.
Se desideri puoi trasmetterci le tue
intenzioni:
- per il suffragio dei tuoi defunti;
- per la celebrazione di 30 Sante Messe gregoriane;
- per una particolare intenzione familiare o personale.
La tua offerta sarà anche un aiuto concreto
per i missionari e per i fratelli della missione.
Frazione VILLAREGIA 16
45014 Porto Viro RO Tel. 0426 325032
c.c.p.10227452 [email protected]
Avviso ai lettori: Ai sensi della legge D. Lgs. 30.6.2003 n. 196 per la
tutela dei dati personali, comunichiamo che gli indirizzi di quanti
ricevono questo periodico fanno parte dell’archivio della Comunità
Missionaria di Villaregia e sono utilizzati esclusivamente per l’invio
del predetto periodico o di altre comunicazioni sulle nostre attività.
Redazione: Comunità Missionaria di Villaregia 45014 Villaregia di
Porto Viro (RO) Tel. 0426/325032 Direttore responsabile: Francesca
Trudu
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Autorizzazione: Tribunale di Rovigo n. 14/89
Sui testi e sulle immagini presenti nella rivista tutti i diritti riservati
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2
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S
iamo tutti dei viandanti! E
quando il camminare si fa annuncio, l’incontro si fa missione. Dio
è missionario e ci chiede di esserlo a
nostra volta: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” (Gv 20,21).
Crescere e formarci in questa consapevolezza ci fa cristiani. Ma se la
missione è di tutti e per tutti, cosa
significa, in concreto, per il cristiano
essere missionario?
Prima di tutto avere coscienza che
essere missionari è insito nella nostra vocazione cristiana, non si tratta di un optional né di una delega a
qualcuno che generosamente pone
la sua vita a servizio della missione,
rendendosi disponibile a partire per
terre lontane. Ogni credente, nella
misura in cui ha dentro il Vangelo,
deve comunicarlo! Questo non solo
per rispondere a un “dovere”, ma
perché ne avverte la necessità. La
fede è pienezza di vita che dà senso
a tutta l’esistenza e la riempie di una
gioia che va comunicata a tutti.
Il Vangelo è quella buona notizia
che, una volta accolta, ha il potere
di salvarci, di renderci diversi, di
dare significato a quello che facciamo. Allora, è questo
che, come cristiani, dobbiamo trasmettere, non
tanto con le parole, quanto soprattutto con la nostra
vita.
Quante volte in questi mesi
di pontificato Papa Francesco ci ha richiamato a non
essere tristi, a mostrare la
gioia della pienezza cristiana e a non lasciarci rubare
la speranza!
A volte abbiamo paura di
aprire gli occhi sul mondo
e preferiamo rinchiuderci
nei nostri piccoli problemi.
Vogliamo sicurezze e ci isoliamo, dimenticando che
Gesù è venuto per rompere
tutte le separazioni e vuole
continuare a farlo servendosi di ciascuno di noi.
Per questo, l’identità del
cristiano si definisce attraverso una successione di
Missione
è…
La missione
riguarda tutti i
cristiani,
tutte le diocesi
e parrocchie,
le istituzioni
e associazioni
ecclesiali.
Redemptoris missio 2
azioni che esprimono la sua missionarietà: andare, annunciare, condividere, entrare, pregare.
Andare: comporta un movimento,
un esodo non solo fisico, ma anche
spirituale. Santa Teresina, la patrona
universale delle missioni, non è mai
andata in terra di missione, ma ha attestato con estrema chiarezza il suo
profondo amore per tutti i popoli, il
suo desiderio di abbracciare tutto il
editoriale
mondo nel totale esercizio del dono.
Il primo esodo deve partire dal cuore: non ogni “andare” è missionario,
ma lo diventa se si identifica con l’invio del Padre.
Annunciare: il cristiano è colui che
vive e annuncia la fede. L’annuncio è
la buona notizia che Dio è venuto a
stare con noi. Le nostre parole devono sprigionare il sapore, la passione
e lo stupore della parola di Dio e devono nascere da una vita che mette
in pratica il Vangelo nel quotidiano.
Condividere: è lo stile della missione, che passa anche attraverso la
solidarietà e il dono. Se possediamo
beni materiali possiamo condividerli,
ma se non li possediamo, possiamo
dare noi stessi, le nostre forze, il nostro tempo…
Questa è missione, perché ogni
annuncio, che non sia compiuto in
solidarietà con i più bisognosi, è un
annuncio culturale, politico o economico, ma non certo di fede!
Entrare: è l’incontro con l’altro, con
la sua lingua, la sua storia, la sua cultura, le sue attese, le sue gioie e le
sue sofferenze. Comporta, in ogni
caso, l’annuncio discreto, rispettoso,
ma chiaro, anche di fronte al rifiuto.
Missione è soprattutto incontro,
arricchimento e crescita reciproca.
A volte preferiamo “passare
oltre” piuttosto che entrare
nella “casa” dell’altro. È più
comodo e non mette in
discussione le nostre certezze culturali o religiose.
Non è facile assumere tale
percorso ed è per questo
che Gesù, prima di inviarci, ci suggerisce di pregare.
Pregare: è il presupposto
di qualsiasi esperienza missionaria, è accoglienza del
Signore e, dunque, dei fratelli. Ed è questo che conta,
anche se non sono sempre
scontati i frutti, soprattutto
nell’immediato.
La missione si colora anche di fatica, delusioni e
frustrazioni, ma vince sempre la presenza del Cristo
che ancora oggi viene per
assicurarci: “Io sono con voi
tutti i giorni, fino alla fine del
mondo” (Mt 28,20).
3
parole del papa
Chiesa Missionaria
C
ari fratelli e sorelle,
quest’anno celebriamo la
Giornata Missionaria Mondiale mentre si sta concludendo l’Anno della
fede, occasione importante per rafforzare la nostra amicizia con il Signore
e il nostro cammino come Chiesa che
annuncia con coraggio il Vangelo. In
questa prospettiva, vorrei proporre
alcune riflessioni.
Sabrina Fusco
1. La fede è dono prezioso di Dio,
il quale apre la nostra mente perché
lo possiamo conoscere ed amare. Egli
vuole entrare in relazione con noi per
farci partecipi della sua stessa vita e
rendere la nostra vita più piena di significato, più buona, più bella. Dio ci
ama! La fede, però, chiede di essere
accolta, chiede cioè la nostra perso-
4
nale risposta, il coraggio di affidarci a
Dio, di vivere il suo amore, grati per la
sua infinita misericordia. È un dono,
poi, che non è riservato a pochi, ma
che viene offerto con generosità. Tutti dovrebbero poter sperimentare la
gioia di sentirsi amati da Dio, la gioia della salvezza! Ed è un dono che
non si può tenere solo per se stessi,
ma che va condiviso. Se noi vogliamo tenerlo soltanto per noi stessi,
diventeremo cristiani isolati, sterili e
ammalati. L’annuncio del Vangelo fa
parte dell’essere discepoli di Cristo
ed è un impegno costante che anima
tutta la vita della Chiesa. «Lo slancio
missionario è un segno chiaro della
maturità di una comunità ecclesiale»
(Benedetto XVI, Esort. ap. Verbum Domini, 95). Ogni comunità è “adulta”
quando professa la fede, la celebra
con gioia nella liturgia, vive la cari-
tà e annuncia senza sosta la Parola
di Dio, uscendo dal proprio recinto
per portarla anche nelle “periferie”,
soprattutto a chi non ha ancora avuto l’opportunità di conoscere Cristo.
La solidità della nostra fede, a livello
personale e comunitario, si misura
anche dalla capacità di comunicarla
ad altri, di diffonderla, di viverla nella carità, di testimoniarla a quanti ci
incontrano e condividono con noi il
cammino della vita.
2. L’Anno della fede, a cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II,
è di stimolo perché l’intera Chiesa
abbia una rinnovata consapevolezza
della sua presenza nel mondo contemporaneo, della sua missione tra i
popoli e le nazioni. La missionarietà
non è solo una questione di territori
geografici, ma di popoli, di culture e
di singole persone, proprio perché i
“confini” della fede non attraversano
solo luoghi e tradizioni umane, ma il
cuore di ciascun uomo e di ciascuna
donna. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato in modo speciale come il
compito missionario, il compito di allargare i confini della fede, sia proprio
di ogni battezzato e di tutte le comunità cristiane: «Poiché il popolo di Dio
una dimensione programmatica
nella vita cristiana, ma anche una dimensione paradigmatica che riguarda tutti gli aspetti della vita cristiana.
Padre Emanuele Ciccia, di Selargius (CA).
A sinistra, quartiere di Sicobois nella missione di Yopougon (Costa d’Avorio).
vive nelle comunità, specialmente in
quelle diocesane e parrocchiali, ed
in esse in qualche modo appare in
forma visibile, tocca anche a queste
comunità rendere testimonianza a
Cristo di fronte alle nazioni» (Decr.
Ad gentes, 37). Ciascuna comunità è
quindi interpellata e invitata a fare
proprio il mandato affidato da Gesù
agli Apostoli di essere suoi «testimoni
a Gerusalemme, in tutta la Giudea e
la Samaria e fino ai confini della terra»
(At 1,8), non come un aspetto secondario della vita cristiana, ma come un
aspetto essenziale: tutti siamo inviati
Missione è partire,
camminare,
lasciare tutto,
uscire da se stessi,
rompere la crosta
di egoismo che ci chiude
nel nostro io.
È smettere di girare
intorno a noi stessi
come se fossimo
il centro del mondo
e della vita.
È non lasciarsi bloccare
dai problemi del
piccolo mondo al quale
sulle strade del mondo per camminare con i fratelli, professando e testimoniando la nostra fede in Cristo
e facendoci annunciatori del suo
Vangelo. Invito i Vescovi, i Presbiteri,
i Consigli presbiterali e pastorali, ogni
persona e gruppo responsabile nella
Chiesa a dare rilievo alla dimensione
missionaria nei programmi pastorali
e formativi, sentendo che il proprio
impegno apostolico non è completo
se non contiene il proposito di “rendere testimonianza a Cristo di fronte
alle nazioni”, di fronte a tutti i popoli.
La missionarietà non è solamente
apparteniamo:
l’umanità è più grande.
Missione è sempre partire,
ma non è divorare
chilometri.
È, soprattutto, aprirsi agli
altri come a fratelli,
è scoprirli e incontrarli.
E, se per incontrarli e amarli
è necessario attraversare i
mari e volare lassù nel cielo,
allora missione è partire
fino ai confini del mondo.
Dom Hélder Câmara
3. Spesso l’opera di evangelizzazione trova ostacoli non solo all’esterno, ma all’interno della stessa
comunità ecclesiale. A volte sono
deboli il fervore, la gioia, il coraggio,
la speranza nell’annunciare a tutti il
Messaggio di Cristo e nell’aiutare gli
uomini del nostro tempo ad incontrarlo. A volte si pensa ancora che
portare la verità del Vangelo sia fare
violenza alla libertà. (…) È urgente far
risplendere nel nostro tempo la vita
buona del Vangelo con l’annuncio
e la testimonianza, e questo dall’interno stesso della Chiesa. Perché, in
questa prospettiva, è importante non
dimenticare mai un principio fondamentale per ogni evangelizzatore:
non si può annunciare Cristo senza
la Chiesa. Evangelizzare non è mai un
atto isolato, individuale, privato, ma
sempre ecclesiale. (…)
4. Nella nostra epoca, la mobilità
diffusa e la facilità di comunicazione attraverso i new media hanno
mescolato tra loro i popoli, le conoscenze, le esperienze. (…) L’uomo del
nostro tempo ha bisogno di una luce
sicura che rischiara la sua strada e che
solo l’incontro con Cristo può donare. Portiamo a questo mondo, con la
nostra testimonianza, con amore, la
speranza donata dalla fede! La missionarietà della Chiesa non è proselitismo, bensì testimonianza di vita
che illumina il cammino, che porta
speranza e amore. La Chiesa - lo ripeto ancora una volta - non è un’organizzazione assistenziale, un’impresa, una ONG, ma è una comunità di
persone, animate dall’azione dello
Spirito Santo, che hanno vissuto e
vivono lo stupore dell’incontro con
Gesù Cristo e desiderano condividere
questa esperienza di profonda gioia,
condividere il Messaggio di salvezza
che il Signore ci ha portato. È proprio
lo Spirito Santo che guida la Chiesa
in questo cammino.
Dal messaggio del Santo Padre
Francesco per la giornata missionaria mondiale 2013
5
diretta dalla missione
texcoco
Alla periferia di Città d
Città del Messico, una delle più popolose megalopoli del mondo, rispecchia i tratti tipici delle grandi
città del Sud del mondo. Se da un
lato offre il volto di una grande ed
evoluta metropoli, dall’altro nasconde, specie nelle periferie, situazioni
drammatiche. Violenza e degrado
sono incrementati da forti problemi
economici, spesso legati a disparità
sociali e disoccupazione.
Solo il comune di Texcoco conta
200.000 abitanti e proprio in questa
zona sorge la missione Cristo Rey. Qui,
a circa una trentina di chilometri dal
6
cuore della capitale, nel 1998 è approdata la Comunità di Villaregia, che
oggi conta 15 missionari.
Su un territorio che si estende per
parecchi kmq, la missione si suddivide in 5 pueblos, (grossi agglomerati
umani), molto diversi tra loro per
tradizione e composizione, ciascuno
con le sue ricche note culturali e le
sue inevitabili problematiche.
Un’unica missione, dunque, dai molti
volti e dalle tante sfide. In particolare
due zone, Wenceslao e Victor Puebla,
sono molto povere e mancano ancora
delle infrastrutture di base: luce, ac-
qua, fognature... Qui la vita è piuttosto precaria e si svolge in abitazioni
fatiscenti, per la maggior parte costruite con materiale di fortuna. Miseria, degrado e violenza convivono
accanto a tanto calore umano e generosità, tipici della cultura messicana.
Proprio in queste zone, assieme ad
altri progetti di sviluppo rivolti alle
categorie più deboli della popolazione, da qualche mese ha preso forma
un progetto destinato in particolare
alle donne. Le pagine che seguono illustrano il significato di tale iniziativa
e le varie fasi di realizzazione.
à del Messico
Un progetto
per le donne
messicane
Liana Manfredi,
originaria di Saviano (NA),
da 13 anni in Messico,
ci racconata come nella
missione Cristo Rey è nato
un progetto per creare
opportunità di lavoro per 50
donne messicane.
Liana, come è nata l’idea di questo
progetto?
È
un’idea maturata nel tempo, soprattutto
a partire da quanto abbiamo osservato
e toccato con mano tra la gente della nostra
missione.
Come si sa, nella periferia di una megalopoli
ci sono molte situazioni sociali allarmanti, non
ultima la condizione femminile.
In questi anni, visitando tante famiglie, abbiamo conosciuto molte donne giovani e adulte. Storie difficili, segnate da grossi problemi
economici e familiari…
Il costante ripetersi delle stesse problematiche ci ha provocato a fare qualcosa proprio
per le donne.
A darci conferma, poi, di quanto la situazione
delle donne fosse un’emergenza nella società
messicana sono state le statistiche pubblicate di
recente dalla Commissione Nazionale dei Diritti
Umani. Le ricerche condotte dalla CNDU rilevano, infatti, che negli ultimi ventiquattro anni
sono state assassinate in Messico più di 34.000
donne, mentre il numero di quelle che hanno
subito violenze e abusi sessuali può superare
addirittura il milione all’anno. Allarmante anche
un altro dato: in 28 milioni di famiglie messicane si registrano episodi di violenza familiare.
E nell’ambito lavorativo come vanno
le cose?
È facile intuire come nel mondo del lavoro le
cose non vadano meglio! La situazione lavora-
7
tiva delle donne è davvero precaria.
I salari sono bassissimi e le giornate
in fabbrica interminabili, con turni
che sfiorano anche le 12-14 ore. Per
non parlare, poi, della sistematica
violazione della dignità personale
e la frustrante privazione di diritti.
Abbiamo saputo che, in certi ambienti lavorativi, le dipendenti sono
addirittura costrette ad assumere gli
anticoncezionali – forniti dalla stessa
azienda - per scongiurare il rischio
di gravidanza. Insomma, una sorta
di “precauzione” alla quale non ci si
può sottrarre se si vuole mantenere
il posto!
È risaputo, inoltre, che in questo
Paese, alla maggior parte delle operaie tra i requisiti per l’assunzione è
richiesto anche un certificato medico che attesti l’assenza di gravidanza. Inutile dire che queste lavoratrici
non godono di assistenza sanitaria,
né di condizioni di sicurezza sul lavoro e tantomeno della possibilità di
costituirsi in sindacato.
C’è anche da dire che il lavoro è
sempre precario e non esiste nessuna garanzia assicurativa. I costi per
l’assistenza sanitaria e per l’istruzione sono a carico delle famiglie, tanto
più se le lavoratrici sono donne.
Per molte di loro, tutto ciò significa estrema povertà o emigrazione
verso i paesi del Nord; sfruttamento
lavorativo e sessuale, disgregazione
familiare e delle comunità.
Dunque, questa è la
situazione delle donne anche
nella missione Cristo Rey?
Indubbiamente. C’è da evidenziare, però, che qui da noi, le donne, per quanto spesso maltrattate,
sono anche la forza della famiglia,
quelle che si fanno carico dei figli e
che si danno da fare per sopravvivere in situazioni veramente dure e
umanamente insostenibili. Sono la
maggioranza i nuclei familiari in cui
il capofamiglia è una donna. Tra le
cause di questo fenomeno giocano
un ruolo importante l’emigrazione,
l’infedeltà coniugale e l’abbandono
da parte degli uomini… Altra grossa
piaga è l’alcolismo.
Spesso la vita familiare è così dura
da indurre le minorenni a scappare
con un coetaneo, inseguendo il sogno di formare una nuova famiglia.
Situazione che, in molti casi, finisce
per sfociare in una condizione esattamente uguale a quella che hanno
lasciato, se non addirittura peggiore.
La precarietà economica è una
tra le principali cause della disgregazione familiare.
Un solo stipendio - che si aggira attorno ai nostri 125 euro - non
è sufficiente a coprire tutte le spese
di una famiglia, tanto più se numerosa. Inoltre, l’accentuato maschilismo
e la rigida ripartizione dei ruoli familiari costringono le donne a stare
in casa per occuparsi dei figli e dei
lavori domestici. Ciò, in molti casi,
non consente alla donna di rendersi
autonoma e di contribuire all’economia familiare con l’apporto di un suo
lavoro esterno. L’uomo amministra
lo stipendio mentre la donna, che
normalmente neppure sa quanto
guadagna il marito, riceve da lui una
quota fissa con cui deve mandare
avanti la famiglia.
È per questo che avete dato
avvio a questo progetto?
Sì. Con questo progetto abbiamo tentato di rispondere a queste
grosse sfide, offrendo risposte con-
Liana Manfredi con l’insegnate del corso per parrucchiere. Le partecipanti al corso di parrucchiera.
8
crete alle reali necessità della donne
che risiedono nella nostra missione.
Donne che hanno un volto, un nome,
spesso una triste storia di sofferenza
familiare alle spalle.
Già dal 2007 abbiamo costituito
un’ associazione civile denominata
Juntos sin Fronteras, il cui obiettivo
oggi è proprio quello di promuovere
concretamente lo sviluppo umano,
culturale e sociale delle fasce più
deboli e povere della popolazione.
Il progetto è nato con l’obiettivo
di creare opportunità di lavoro per
le donne che si trovano in situazione economica precaria. L’abbiamo
realizzato con il partenariato della
Fondazione Mazzocchi e della Fondazione Uniendo Manos, partner locale che offre consulenza ed esperienza nel settore della solidarietà
alle Associazioni civili.
Vuoi dirci in cosa consiste il
progetto?
Al momento abbiamo cominciato con un gruppo di 50 donne, scelte
tra coloro che presentavano una situazione socio-economica piuttosto
precaria.
Il progetto è articolato in alcuni
corsi, che hanno anche lo scopo di
promuovere la dignità delle partecipanti e lo sviluppo delle loro capacità. Ci interessa incentivare il lavoro
in equipe, favorire in queste donne
la creatività, l’abilità organizzativa e
cooperativa e lasciare che siano esse
In alto, Liana si intrattiene con Elisa, la coordinatrice del progetto.
Le signore mostrano con soddisfazione gli oggetti artigianali realizzati durante i corsi.
9
stesse le protagoniste dell’organizzazione e della gestione del lavoro.
Per il momento si tratta di corsi
professionali di artigianato, corsi per
parrucchiere e per la realizzazione di
tipici prodotti alimentari. Le lezioni
sono impartite con frequenza settimanale e si svolgono in ambienti
messi a disposizione da alcuni enti
locali.
Il progetto prevede due fasi, della
durata complessiva di otto mesi, ai
quali - qualora si verifichino le condizioni ottimali - seguirà una terza
fase per la commercializzazione degli stessi prodotti.
Anche il ricavato della vendita
di tali prodotti sarà ripartito in percentuali tra chi li ha realizzati e chi si
è impegnato a venderli. Una quota
sarà riservata naturalmente anche
per gli investimenti necessari a sostenere lo stesso progetto: l’acquisto
delle materie prime, la manutenzione degli ambienti, ecc.
Al momento, tutto è ancora in
fase sperimentale! Andiamo piano
e ci muoviamo a piccoli passi soprattutto per rispettare i tempi e le
possibilità delle persone.
Comunque, insieme alla gente,
sogniamo per il futuro un investimento in attività lavorative vere e
proprie, che creino nuove opportunità per queste donne. Tuttavia ci
sembra prematuro fare previsioni.
Saranno i risultati di questo primo
esperimento a indicarci la strada.
Intanto, il primo e più importante
risultato è vedere con quanto entusiasmo e impegno queste 50 donne
stanno affrontando l’esperienza. In
questi mesi hanno scoperto che davvero possono unirsi per realizzare insieme qualcosa e stanno prendendo
coscienza delle loro reali potenzialità
e risorse.
Proprio in questa direzione stiamo lavorando anche con altri progetti, rivolti, per esempio, ai giovani
perché possano trovare un impiego
ed alle famiglie perché trovino le
risorse necessarie per vivere dignitosamente.
Per il momento, tutto sta procedendo secondo le previsioni, le dirette interessate si dicono soddisfatte
dei risultati finora raggiunti.
10
In alto, Daniela Fois, di Cagliari, con alcuni bambini della missione Cristo Rey.
Sopra, padre Fabio Bamminelli, di Brusciano (NA), durante un ritiro di evangelizzazione
per i laici.
Sotto, panoramica della colonia Wenceslao (Messico).
In Messico…
√ Possiede un diploma di scuola
superiore solo 1 adulto su 3, nella
fascia di età tra i 24 e i 69 anni.
√ Le percentuali di occupazione
maschile sono del 78% contro appena
il 43% dell’occupazione femminile.
√ La situazione lavorativa femminile
è caratterizzata da salari infimi e da
orari che raggiungono anche le 12-14
ore giornaliere.
√ 6 donne su 10 di 15 anni non hanno
completato le scuole dell’obbligo.
L’unione fa la forza!
Valentina, Carmen,
Elisa… donne
messicane che
hanno imparato a
lavorare insieme e ora
cominciano a sperare in
un domani migliore.
√ 9 donne su 10 tra i 14 e i 15 anni
sono costrette a conciliare i lavori
domestici con lo studio o con un
lavoro fuori casa.
√ Il 44.7% delle lavoratrici non gode
di assistenza sanitaria e il 44.1% non
ha un contratto scritto.
√ In 28 milioni di famiglie messicane
si registrano episodi di violenza
familiare.
√ Il numero di donne che subisce
violenza può superare il milione
all’anno.
√ Negli ultimi 24 anni sono state
assassinate più di 34.000 donne.
Fonti: Commissione Nazionale dei Diritti
Umani (CNDH); Istituto Nazionale di statistica
e geografia.
V
alentina, 42 anni, madre di 5
figli, ha alle spalle una situazione economica molto difficile. Il
marito, operaio presso una ditta di
mangimi, guadagna un salario assolutamente insufficiente a mantenere la famiglia. Vivono in una piccola
“casa” dal tetto di lamiera, costruita
con materiali di fortuna, dove non
c’è né luce, né acqua. Facile intuire
che le prospettive di vita per questa
famiglia non sono affatto rosee!
Valentina ha intravisto nella pos-
sibilità di partecipare al progetto
uno spiraglio di speranza, ma per
iscriversi ha dovuto superare le resistenze del marito che l’ha ostacolata
in ogni modo, ritenendo la cosa una
perdita di tempo.
Questa donna messicana, però,
non si è arresa: “All’inizio ho dovuto
lottare con me stessa, con mio marito,
con la mia timidezza! – ci racconta Viviamo in una zona isolata… non ero
abituata a stare in mezzo agli altri. Ma
partecipando a questo progetto e frequentando altre donne come me, un
po’ alla volta, ho superato la paura e
soprattutto ho imparato a lavorare insieme a loro. Questi mesi si sono trasformati in un’esperienza di solidarietà
e di amicizia sincera. La mia più grande conquista è stata raggiungere la libertà di esprimermi e di confidare, senza vergogna, alle mie compagne che
non so né leggere né scrivere. Proprio a
partire da qui è scattata una maggiore
solidarietà delle altre che, non solo mi
hanno accettato, ma mi hanno anche
incoraggiato e sostenuto quando i
problemi familiari ed economici rischiavano di farmi tornare indietro. –
Valentina sorride e prosegue – Ora il
mio modo di pensare è diverso, guardo
con più fiducia al futuro dei miei figli.
Al lato, padre Marco Pizzato, di Martellago (VE), ed Emily Madronic, di Cagliari.
11
Alessandra Venturini, di Scorzé (VE), si intrattiene con una venditrice di nopales (foglie di fico d’India) usate per realizzare un piatto
tipico. Lucia Autelitano, di Padova, con la signora Engracia, di Lázaro Cárdenas, quartiere della missione Cristo Rey.
Voglio mettercela tutta per aiutare la
mia famiglia attraverso queste nuove
prospettive di lavoro”.
Anche Carmen, 46 anni, dopo 18
anni di lavoro come operaia, ora è a
casa per assistere la mamma anziana
e malata. Non è sposata e, pensando
a quando la madre non ci sarà più,
non vorrebbe dipendere dai fratelli.
Non ha grandi risorse economiche
e per questo si è impegnata nel
progetto, con la speranza di poterlo
utilizzare in futuro per mettere su
un’attività in proprio. Anche per lei
non è stato facile superare pregiudizi
familiari e vari problemi che tentavano di ostacolarla.
Oggi Carmen è felice di avercela
fatta: “Sono certa che questo progetto
ci apre nuove prospettive per il futuro.
Proprio lavorando con le altre donne
ho riacquistato fiducia in me stessa,
perché qualcuno ha creduto in me e
nelle mie potenzialità. Nella mia vita
è rinata la speranza e ora il futuro non
mi appare più buio e incerto, come
qualche mese fa. Ora vedo davanti a
me una porta aperta verso nuove opportunità. Non mi sento più sola, ho
scoperto la grande forza della collaborazione ed ho sperimentato che l’unione ci rende più forti anche di fronte
alle inevitabili difficoltà”.
Il progetto si è rivelato un’opportunità anche per gli istruttori dei corsi. Elisa, che coordina l’intera attività,
non nasconde che questa esperienza ha dato nuovo sprint alla sua vita:
“Ho avuto modo di aprire gli occhi
sulla situazione difficile e pesante che
tante donne qui devono affrontare
ogni giorno – ci racconta – e questa
12
consapevolezza mi ha guidato e motivato nel mettercela tutta a fare del
mio meglio. Credo che un risultato già
raggiunto da questo progetto, oltre all’
apprendimento delle diverse attività,
sia stato proprio quello di aver fatto
rifiorire in queste donne la fiducia in
se stesse”.
Fiducia e speranza nel futuro
sono ormai parole ricorrenti sulla
bocca di queste donne, che nel giro
di pochi mesi, grazie a questo piccolo esperimento, hanno ricominciato
a sorridere!
Dal Messico…
tà della sua attività criminosa che
comprende torture e decapitazioni,
anche come “avvertimento” ai gruppi rivali. Le lotte interne, e non solo
quelle tra bande concorrenti, sono
una delle caratteristiche principali
dei “cartelli”. Il numero dei morti è
impressionante: dal 2006 a oggi si
parla di 70 mila uccisioni legate in
un modo o nell’altro ai cartelli della
droga.
A luglio di quest’anno i marines
del Messico hanno arrestato il capo
di Los Zetas, Miguel Angel Trevino
Morales, 42 anni, uno degli uomini
più ricercati anche negli Stati Uniti. È
stato il primo successo della strategia
del presidente messicano Enrique
Pena Nieto, che contro i cartelli ha
istituito un corpo di polizia speciale.
Abbandonando i metodi spettacolari, ma poco efficaci, del predecessore
Felipe Calderon. Che sguinzagliò nel
Paese 50 mila militari, fece uccidere
molti capi delle organizzazioni criminali ma non riuscì a fermare la strage
quotidiana della droga!
I
l Messico detiene molti tristi
primati nel campo della droga.
È, innanzitutto, il maggior produttore di oppio del continente americano. E fornisce agli Stati Uniti,
direttamente o indirettamente, la
gran parte della cocaina che viene
consumata nell’America del nord,
dal momento che il 95% della
“droga dei ricchi” arriva negli States proprio attraverso il Messico.
Come dappertutto nel mondo, la
droga genera grandi guadagni. Il
mercato degli stupefacenti vale
ogni anno in Messico 13 miliardi
di dollari, quasi 10 miliardi di euro.
Una torta contesa da numerose
organizzazioni criminali, i “cartelli”
della droga. Il più importante e famigerato si chiama Los Zetas. È relativamente giovane, formato alla
fine degli anni Novanta da un gruppo di ex-militari dell’esercito. Ha la
sua base nello stato di Tamaulipas,
nel nordest del Paese. Los Zetas
è tristemente noto per la brutali-
Francesco Antonini
dal mondo
La storia di
Grégoire Ahongbonon
Grégoire Ahongbonon,
sposato e padre di 6
figli, è il fondatore
dell’Associazione San
Camillo, il cui obiettivo
è l’accoglienza e la
riabilitazione di persone
con disturbo mentale in
Costa d’Avorio, Benin e
Burkina Faso. G
régoire Ahongbonon nasce
a Ketoukpe, piccolo villaggio
del Benin, da una famiglia di contadini. Da piccolo viene battezzato e
trascorre la sua infanzia nel villaggio
natale. Nel 1971 emigra in Costa d’Avorio per lavorare come riparatore di
pneumatici.
Conosce, negli anni successivi, un
periodo di prosperità economica
che lo porta a diventare proprietario di alcuni taxi. In questo tempo
abbandona la Chiesa ritornando
alle pratiche feticiste ed abbracciando uno stile di vita libertino. Verso
la fine degli anni settanta conosce
gravi disavventure finanziarie che lo
porteranno al fallimento economico
e personale fino a condurlo sull’orlo
del suicidio.
È in questo periodo che Grégoire
sperimenta un incontro profondo
con Dio e si riavvicina alla Chiesa
partecipando, nel 1982, ad un pellegrinaggio a Gerusalemme, nel corso
del quale una frase pronunciata dal
sacerdote lo toccherà profondamente: “Ogni cristiano deve posare una
pietra per costruire la Chiesa”.
Frase che cambia letteralmente la
sua vita. Grégoire, infatti, rientrato
a Bouaké, si accorge di una persona
che vaga nuda per strada alla ricerca
di cibo, le si avvicina e si rende conto che è un uomo malato di mente,
emarginato dalla società a causa della sua condizione. Comincia così ad
interessarsi alla causa delle persone
affette da disturbi psichici, scopre le
condizioni disumane in cui vivono
in Africa Occidentale dove si crede siano colpiti da stregoneria. Si
rende conto che l’incatenamento
e l’abbandono nelle strade di questi individui sono pratiche diffuse
ed accettate dalle comunità locali.
Grégoire decide di dedicare la sua
vita alle persone affette da disturbi psichici e agli emarginati dalla
società ed inizia a liberare dalle catene ed a raccogliere dalle strade
le persone con problemi mentali.
Ritornato a Bouaké, in Costa d’Avorio, avvia un gruppo di preghiera che
ben presto si trasformerà in un gruppo di carità per i malati bisognosi di
cure: è l’Associazione San Camillo di
Bouaké.
Il 27 settembre Grégoire ha tenuto un incontro presso la sala Era-
cle del comune di Porto Viro (RO),
dal titolo “Le catene e la libertà”,
alla presenza di oltre 200 persone.
A rendere possibile l’incontro è stata la collaborazione tra CO.MI.VI.S.,
l’Associazione Culturale - Ricreativa
“L’Umana Avventura”, gli Assessorati alla Cultura e ai Servizi Sociali del
Comune di Porto Viro (RO), la Caritas
Diocesana di Chioggia (VE), la Coop.
Sociale “Don Sandro Dordi”.
Il suo stile semplice e appassionato
ha permesso ai presenti di entrare
nel dramma delle persone con disturbo mentale. Con il suo metodo,
centrato sul valore incondizionato
della dignità umana, i malati mentali
vivono una vera e propria liberazione
verso una rinascita umana e una riabilitazione all’interno di quella stessa
società che li vuole dimenticare e li
abbandona perché considerati solo
violenti e irrecuperabili. In questi
anni più di 30.000 sono rientrati nelle
loro famiglie e nei loro quartieri, guariti e reintegrati.
“I malati mentali sono ridotti a spazzatura e tutti passano vicino a loro
senza vederli, anch’io passavo vicino
senza vederli - racconta Grégoire -. Ad
un certo punto, incontrandoli di notte, ho capito che prima di tutto sono
uomini e donne che hanno bisogno
di essere amati.” Una storia, quella
di Grégoire che ci fa riflettere e ci
interroga sul dramma di tanti esseri umani che meritano attenzione e
riconoscimento della dignità come
ogni altra persona.
13
ascolta la parola!
n quei giorni Maria si alzò
I
e andò in fretta verso la
regione montuosa, in una
città di Giuda. Entrata nella
casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta
ebbe udito il saluto di Maria,
il bambino sussultò nel suo
grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò
a gran voce: «Benedetta tu fra
le donne e benedetto il frutto
del tuo grembo! A che cosa
devo che la madre del mio
Signore venga da me? Ecco,
appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino
ha sussultato di gioia nel mio
grembo. E beata colei che ha
creduto nell’adempimento di
ciò che il Signore le ha detto».
(Lc 1, 39-45).
Andò in
fretta…
“Nella Vergine Maria
che va a visitare la
parente Elisabetta
riconosciamo
l’esempio più limpido
e il significato più vero
del nostro cammino
di credenti
e del cammino
della Chiesa stessa”.
Benedetto XVI
tudini quotidiane, la fa arrivare, in
un certo senso, sino ai confini da lei
raggiungibili.
Perché Maria sale in fretta verso i
monti a trovare la cugina Elisabetta? Cosa è successo?
Luca ci racconta dell’Angelo che annuncia il concepimento del Messia
nel grembo di Maria ad opera dello Spirito di Dio. E, come segno che
quello che ha detto è vero e realizzabile, rivela a Maria la gravidanza
di Elisabetta. Il fatto che questa anziana parente, da tutti ritenuta irrimediabilmente sterile, sia in attesa
di un bambino è davvero segno che
“nulla è impossibile a Dio”, nulla può
fermare Dio che entra vivo nella
storia... Maria quindi corre ad AinKarim perché in questo incontro la
sua fede e la sua vita avranno un
motivo di crescita, ma corre anche
per portare all’anziana cugina la
gioia della vita che la abita per puro
dono di Dio.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò
Elisabetta…
Ecco la particolarità di questo incontro tra le due donne: non succede nulla di straordinario all’esterno
che possa far gridare al miracolo.
La straordinarietà è tutta all’interno
delle due donne che si incontrano
e che in questo incontro crescono
In quei giorni…
Sono i giorni immediatamente successivi all’annuncio sconvolgente
che l’angelo Gabriele porta alla Vergine: “Sarai madre del Figlio di Dio!”.
È un momento forte, decisivo della
sua vita, eppure Maria non reagisce
ripiegandosi su se stessa nel tentativo di comprendere cosa le stia capitando, o per custodire gelosamente
il dono ricevuto. La purezza della
sua fede e la fiducia nel suo Signore
la mettono subito in cammino.
…si alzò e andò in fretta verso la
regione montuosa…
Si tratta di un lungo viaggio, stando alla collocazione tradizionale
che viene fatta della città di Elisabetta, ad Ain-Karim, a circa 150 km
da Nazareth. Quello di Maria è un
autentico viaggio missionario. È
un viaggio che la porta lontano da
casa, in luoghi estranei alle sue abi-
14
Cecilia Del Testa, di Montecchio di Peccioli (PI), con alcuni bambini di Belo Horizonte
(Brasile).
spiritualmente e umanamente.
…Il bambino le sussultò nel
grembo.
La carità di Maria si traduce nell’aiuto concreto alla cugina, ma si manifesta soprattutto nel portare Gesù
stesso, nel “farlo incontrare”. Questa
è la vera missione evangelizzatrice
ed è questo il senso di ogni cammino missionario: portare agli uomini
il Vangelo vivente, cioè portare lo
stesso Signore Gesù.
Nel racconto della visitazione possiamo davvero verificare la nostra
vita nella normalità dei nostri incontri. Quante persone incontriamo per i più svariati motivi! Ci incontriamo in famiglia, tra amici, sul
posto di lavoro, ci incontriamo nelle
attività parrocchiali o di volontariato, e abbiamo anche incontri casuali tra persone.
Come sono i nostri incontri? Sono
portatori della vita di Dio o sono superficiali e distratti?
Ogni incontro può essere una missione, un’occasione, cioè, per portare agli altri la gioia di Dio, quella che
riempie la nostra vita e che si può
trasmettere anche con un semplice
saluto.
Basta un saluto per far sentire Elisabetta amata da Dio attraverso la
voce di questa sua giovane parente
di Nazareth.
Questo incontro però, da parte di
Maria, non è né facile né immediato. Per raggiungere Elisabetta, Maria compie un lungo cammino in
salita.
Incontrare veramente una persona
ci “obbliga” ad uscire dalla nostra
casa, dai nostri schemi, spesso rigidi, per fare spazio all’altro, al suo
bisogno. Per incontrare devo uscire
e salire, superando le montagne di
pregiudizi con i quali spesso filtro la
realtà. Se accettiamo di metterci in
cammino verso l’altro non possiamo non accettare la fatica che questo comporta.
E solo quando finalmente avviene
l’incontro, dopo il lungo viaggio, la
gioia prevale. La gioia dell’incontro
è contagiosa e dà ristoro a tutte le
fatiche del viaggio verso l’altro!
Donna missionaria
Santa Maria,
donna missionaria,
noi ti imploriamo per tutti
coloro che avendo avvertito,
più degli altri,
il fascino struggente di
quella icona che ti raffigura
accanto a Cristo,
inviato speciale del Padre,
hanno lasciato gli affetti
più cari per annunciare
il Vangelo in terre lontane.
Sostienili nella fatica.
Ristora la loro stanchezza.
Proteggili da ogni pericolo.
Dona ai gesti con cui si
curvano sulle piaghe dei
poveri i tratti della tua
verginale tenerezza. (...)
Santa Maria,
donna missionaria,
tonifica la nostra vita
cristiana con l’ardore
che spinse te,
portatrice di luce sulle
strade della Palestina.
Anfora dello Spirito,
riversa il tuo crisma
su di noi,
perché ci metta nel cuore
la nostalgia degli “estremi
confini della terra”.
Don Tonino Bello
15
raccontare la fede
Sara, cosa ti ha spinto a
partire?
“C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, mi è spontaneo iniziare da questa frase per raccontare il mio Perù, il
Paese verso il quale ho deciso di partire, lasciando la mia vita di provincia,
le amicizie, gli affetti, le comodità…
in cambio di sei mesi di volontariato
dall’altra parte del mondo, a servizio
dei poveri.
Credo fermamente che ci sia più
gioia nel dare che nel ricevere. Il desiderio di andare è nato semplicemente dal cuore, è sorto dall’esigenza di
sperimentare questa frase della Bibbia e di mettermi in gioco in qualcosa
che andasse al di là del quotidiano.
con i giovani, attraverso un corso di
danza… Ho collaborato nella guida
di un gruppo parrocchiale di preadolescenti e mi sono cimentata in
tanti altri piccoli lavori che mi hanno
permesso di entrare in contatto con
il popolo peruviano.
Quale è stato il tuo impatto
con la realtà?
Da subito ho vissuto tutto come
una sfida, ma anche come un dono,
ricevuto per poter conoscere un
mondo differente da quello al quale
sono abituata. Un mondo che, paradossalmente, è pronto a restituirti il
centuplo di ciò che tu provi a dargli.
Proprio come dice il Vangelo!
Mi ha sempre stupito l’affetto dei
bambini dell’asilo: appena mi vedevano arrivare, mi correvano incontro
per abbracciarmi, baciarmi e dirmi:
“Hola (Ciao), miss Sara!”. Di esperien-
C’è più
gioia nel
dare…
Sara Lenardon,
vent’anni, giovane
del GimVi di
Pordenone, dopo aver
trascorso sei mesi
a Mariano Melgar,
alla periferia di Lima
(Perù), racconta
la sua esperienza
missionaria.
alto e la città ha l’apparenza di una
megalopoli. Basta però spingersi
verso la periferia, ad appena un’ora
di bus, per trovarsi immersi nella miseria e nella sporcizia.
Solo pochi chilometri e lo scenario si capovolge: la vita si dipinge dei
colori della sabbia che caratterizza il
paesaggio, si impregna dell’odore
di immondizia che trovi per strada
o che viene bruciata. Gli occhi si devono abituare a vedere la miseria e,
poco alla volta, si impara a convivere
con questa povertà materiale e umana, dalla quale, comunque, puoi trarre grandi insegnamenti.
La missione ti ha insegnato
qualcosa per la tua vita?
Come ti sei inserita accanto ai
missionari?
In questi mesi la Comunità missionaria di Villaregia è diventata la
mia nuova famiglia. Ho vissuto questa esperienza con altri due giovani,
uno messicano e l’altro brasiliano.
Le mie giornate erano davvero
piene. Ho prestato il mio servizio
nel Centro medico e ho sfruttato il
mio titolo di studio per lavorare nei
due asili che, ormai da anni, accolgono i bambini più poveri della zona.
Ho avuto anche modo di lavorare
16
ze umane semplici come questa ne
ho vissute tante in questo angolo di
mondo! Ricordo una sera, quando
feci visita ad un vedovo che vive con
nove figlie, nella povertà più estrema.
Ci accolse con grande gioia offrendoci quel poco che aveva con queste
parole: “La mia casa è povera, ma io
ho tanta buona volontà”. Mi ha fatto
riflettere molto!
A Mariano Melgar, in periferia, la
vita è radicalmente diversa rispetto a
quella di chi vive al centro della capitale. A Lima lo status sociale è medio
Sì, dai poveri ho imparato molto.
Quando si parla di poveri, troppe volte si fa ricorso a parole come “pena” o
“elemosina”, ma è un grande errore.
Prima di tutto ho imparato che non si
deve guardare al povero come qualcuno al quale devi solo dare qualcosa, ma: lo si deve accogliere come
una persona con un proprio vissuto
di sofferenza e di privazioni, con una
propria dignità, che va rispettata.
Da loro si apprende una delle più
grandi lezioni di vita; solo a guardarli sembrano dirti: “Ama ciò che hai,
ringrazia per le possibilità che ti sono
date, apprezza la vita e vivila al cento
In alto, alcuni bambini dell’asilo Maria Misionera, nato nella missione di Lima per accogliere i bimbi delle famiglie più disagiate.
Sopra, Sara assieme ad alcune giovani del GimVi di Lima.
per cento”.
Ho imparato a relativizzare le
fatiche che la vita può chiedermi,
perché, se le paragono alle fatiche e
alle ferite che molte persone vivono
a Mariano Melgar, mi accorgo subito che le mie sono molto piccole. Lì
c’è chi alle tre di notte esce dalla sua
chosa (tipica casa di stuoie) e lavora
facendo la “raccolta differenziata” tra
la spazzatura, per garantire un pasto
alla propria famiglia.
E ho imparato anche a cogliere i
lati belli di questo popolo, i mille colori che caratterizzano le loro danze
e i loro costumi, l’instancabile voglia
di fare festa, l’accoglienza semplice
e sincera che in qualsiasi occasione
ti viene riservata e ti fa sentire a tuo
agio.
Il popolo peruviano mi ha inse-
gnato l’arte della sopportazione. Per
la storia che ha alle spalle, la gente
ha imparato a sopportare difficoltà,
ferite, limitazioni e dolori, ma senza
perdere la speranza. In questa realtà
lamentarsi non vale. Vivi, dunque!
Impara a sopportare e a caricare le
piccole croci che la vita ti riserva,
accogli tutto ciò che ti viene dato
per poi restituirlo senza chiedere in
cambio nulla. È la lezione di vita che
i peruviani mi hanno lasciato.
In che modo questa esperienza
ha arricchito la tua fede?
Posso sintetizzarlo con due verbi: fidarsi e lanciarsi. Attraverso tutto
ciò che ho vissuto laggiù, ho fatto un
vero e proprio percorso di riscoperta
e di riconoscenza per l’amore che Dio
ha per me. La mia relazione con Dio
e la preghiera sono cresciute. È stato
come riprendere a coltivare una vecchia amicizia che, pur non essendo
mai venuta meno, aveva bisogno di
essere ricaricata! Sicuramente l’immersione in una realtà diversa, abitare in comunità, essere testimone di
tante situazioni di sofferenza, ma anche di vera fede, sono elementi che
mi hanno aiutato a riflettere sulla mia
storia e mi hanno avvicinato di più
a Dio e alla sua Parola. Inizialmente
non sentivo l’esigenza di leggere la
Bibbia, ma con il trascorrere dei mesi,
a partire da ciò che vedevo e, direi,
anche grazie ai momenti di fatica,
ho cominciato quotidianamente a
prendermi del tempo da passare
con Gesù.
Così ho riscoperto quanto Dio è
vicino alla mia vita. Piena di gioia,
ho recuperato quel rapporto intimo
e così misterioso che ogni uomo ha
con il Padre misericordioso, sempre
pronto a riaccoglierci a braccia aperte. La nuova certezza del suo amore
mi ha aiutato a lasciarlo agire nella
mia vita. Ho imparato ad affidarmi a
Lui con fiducia e a lanciarmi nella vita,
oltre ogni titubanza e difficoltà.
Suggeriresti anche ai tuoi
amici di partire?
Certo, ai miei coetanei che hanno
anche solo una vaga idea di lanciarsi
in quest’avventura, dico: “Non abbiate timore! Credetemi, un tempo vissuto
al servizio del prossimo poi si rivela un
tempo dato a se stessi per riflettere,
conoscersi e crescere come persone e
come cristiani Ne vale la pena, perché
più dai più ricevi!”.
17
vita spirituale
L
a Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua
natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva
la propria origine.
Questo piano scaturisce dall’amore nella sua fonte, cioè dalla carità di Dio Padre. Questi essendo il
principio senza principio da cui il
Figlio è generato e lo Spirito Santo attraverso il Figlio procede, per
la sua immensa e misericordiosa
benevolenza liberatrice ci crea ed
inoltre per grazia ci chiama a partecipare alla sua vita e alla sua gloria;
egli per pura generosità ha effuso
e continua ad effondere la sua divina bontà, in modo che, come di
tutti è il creatore, così possa essere
anche “tutto in tutti” (1 Cor 15,28),
procurando insieme la sua gloria e
la nostra felicità. Ma piacque a Dio
chiamare gli uomini a questa partecipazione della sua stessa vita non
tanto in modo individuale e quasi
senza alcun legame gli uni con gli
altri, ma di riunirli in un popolo, nel
quale i suoi figli dispersi si raccogliessero nell’unità (…).
Il Signore Gesù, fin dall’inizio “chiamò presso di sé quelli che voleva e
ne costituì dodici che stessero con
lui e li mandò a predicare” (Mc 3,13;
cfr. Mt 10,1-42). Gli apostoli furono
dunque ad un tempo il seme del
nuovo Israele e l’origine della sacra gerarchia. In seguito, una volta
completati in se stesso con la sua
morte e risurrezione i misteri della
nostra salvezza e dell’universale restaurazione, il Signore, a cui competeva ogni potere in cielo ed in terra,
prima di salire al cielo, fondò la sua
Chiesa come sacramento di salvezza ed inviò i suoi apostoli nel mondo intero, come egli a sua volta era
stato inviato dal Padre e comandò
loro: «Andate dunque e fate miei
discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo, insegnando
loro ad osservare tutte le cose che
18
La
missione
della
Chiesa
io vi ho comandato» (Mt 28,19-20);
“Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi
crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi invece non crederà, sarà condannato” (Mc 16,15). Da qui deriva
alla Chiesa l’impegno di diffondere
la fede e la salvezza del Cristo, sia
in forza dell’esplicito mandato che
l’ordine episcopale, coadiuvato dai
sacerdoti ed unito al successore di
Pietro, supremo pastore della Chiesa, ha ereditato dagli apostoli, sia
in forza di quell’influsso vitale che
Cristo comunica alle sue membra:
“Da lui infatti tutto quanto il corpo,
connesso e compaginato per ogni
congiuntura e legame, secondo l’attività propria di ciascuno dei suoi
organi cresce e si autocostruisce
nella carità” (Ef 4,16).
Pertanto la missione della Chiesa
si esplica attraverso un’azione tale,
per cui essa, in adesione all’ordine
di Cristo e sotto l’influsso della grazia e della carità dello Spirito Santo,
si fa pienamente ed attualmente
presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l’esempio della
vita, con la predicazione, con i sacramenti e con i mezzi della grazia,
alla fede, alla libertà ed alla pace di
Cristo, rendendo loro facile e sicura
la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo.
Questa missione continua, sviluppando nel corso della storia la missione del Cristo, inviato appunto a
portare la buona novella ai poveri;
per questo è necessario che la Chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada
seguita da questi, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino
alla morte, da cui poi, risorgendo,
egli uscì vincitore. Proprio con questa speranza procedettero tutti gli
apostoli, che con le loro molteplici
tribolazioni e sofferenze completarono quanto mancava ai patimenti
di Cristo a vantaggio del suo corpo,
la Chiesa. E spesso anche il sangue
dei cristiani fu seme fecondo.
Dal Decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes, nn 2.5.
co.mi.vi.s
texcoco
SALUTE, UN DIRITTO DI TUTTI
N
ella colonia Wenceslao, quartiere
formatosi alla fine degli anni ’90 alla
periferia di Città del Messico, le famiglie vivono in abitazioni piccole e malsane, senza acqua potabile e rete fognaria. I servizi
sanitari sono insufficienti a garantire il
diritto alla salute degli abitanti.
Dal febbraio di quest’anno in questa zona,
grazie al contributo di CO.MI.VI.S., è attivo
il Dispensario Medico San Lorenzo, che offre servizi di medicina di base, ginecologia,
odontologia e supporto psicologico alle famiglie che vivono in situazione di estrema
marginalità.
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sarebbe necessario effettuare esami specifici di laboratorio, per i quali però mancano
le attrezzature.
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19
News
Ordinazioni
Pordenone, il 15 agosto, Sua Ecc.za mons.
A
Ovidio Poletto, vescovo emerito della diocesi, ha ordinato sacerdote Andrea Vascon, di
Baone (PD).
Nella foto, padre Andrea appena ordinato assieme a
i suoi genitori, Agnese e Roberto.
ldo Vittor (sotto) dopo l’ordinazione diaconaA
le avvenuta a Gorizia (UD) il 23 novembre, per
l’imposizione delle mani di Sua Ecc.za mons. Carlo
Roberto Maria Redaelli, prende il volo per la missione di Texcoco (Messico).
imone Bruno (sopra) di Pirri (CA), il 7 settembre,
S
nel Santuario Nostra Signora di Bonaria, a Cagliari,
è stato ordinato diacono per l’imposizione delle mani
di Sua Ecc.za mons. Arrigo Miglio, arcivescovo metropolita di Cagliari.
Il 5 dicembre Simone è partito per la missione di San
Paolo (Brasile), per servire i poveri di questa grande
periferia.
Nella foto, Simone con i suoi genitori, Gianni e Franca.
25 anni
di sacerdozio
ei mesi di settembre e ottobre, padre MarN
co Paini, di Mantova, e padre Siro Sechet,
di Scorzè (VE), hanno celebrato il loro 25° di sacerdozio prima nelle rispettive Comunità di Imola (BO) e Lonato del Garda (BS) e poi nelle loro
parrocchie d’origine. Circondati dall’affetto dei
familiari e della Comunità i nostri fratelli sacerdoti hanno elevato a Dio la loro gratitudine per
quanto il Signore ha operato nella loro vita sacerdotale e attraverso il loro ministero.
20
Partenze
per la missione
Destinazione Texcoco (Messico)
Teresa Zullo e Susanna Scalas.
Teresa Zullo
Destinazione San Paolo (Brasile)
Daniela Camuffo, Francesca Celeghin,
Sonia Basso e Francesca Atzeri.
Daniela Camuffo e
Susanna Scalas
Destinazione Belo Horizonte (Brasile)
Simone Fonsato e Padre Antonello Piras.
Simone Fonsato
Francesca Celeghin
Padre Antonello Piras
Sonia Basso
Destinazione Yopougon (Costa d’Avorio)
Valentina Guidolin.
Valentina Guidolin
Francesca Atzeri
21
Destinazione Lima (Perù)
Padre Francesco Zaccarini, Elena Salvagnin, Gabriele Carnera, Stefano Crosara, Katiuscia Baraldi e Katia Pagnin.
Elena Salvagnin
Padre Francesco
Zaccarini
Stefano Crosara
Gabriele Carnera
Katia Pagnin
Katiuscia Baraldi
Destinazione Maputo (Mozambico)
Padre Antonio Perretta e Annamaria Teobaldi.
Annamaria Teobaldi
Padre Antonio Perretta
22
Appuntamenti
PRESEPE VIVENTE MISSIONARIO:
Comunità di Roma
- domenica 22 dicembre 2013
- sabato 28 dicembre 2013
- sabato 4 gennaio 2014
dalle ore 15.30 alle 18.00
i Sabati del sociale ii
i
I PRINCIPI DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA.
sabato 3 maggio.
Tema: Bene comune e compito “alto” della politica
Relatore: Don Fabio Longoni - Direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI
sabato 10 maggio.
Tema: La solidarietà a 360 gradi
Relatore: Paolo Beccegatto - Vicedirettore di Caritas Italia.
sabato 24 maggio
Tema: La destinazione universale dei beni: un altro modello di sviluppo
Relatore: Francesco Gesualdi - Presidente del Centro Nuovo Modello di Sviluppo
sabato 31 maggio:
Tema: Sussidiarietà e partecipazione
Relatore: Ugo Campagnaro - Presidente Confcooperative Veneto
Comunità Missionaria
di Villaregia
Diocesi di Chioggia
Caritas Diocesana di Chioggia
Gli incontri
inizieranno
alle ore 18.00
presso la sede della
Comunità Missionaria
di Villaregia di Porto Viro
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Avviso ai lettori
Carissimi lettori,
con questa nota intendiamo informarvi che da maggio
2013 abbiamo operato alcune scelte relative alla pubblicazione del periodico CMV.
Esso è uno strumento col quale, con cadenza trimestrale
o quadrimestrale, per circa vent’anni, siamo entrati nelle vostre famiglie per raccontarvi la nostra esperienza
missionaria. Vi abbiamo mostrato, attraverso immagini ed esperienze dirette, l’impegno della Comunità
Missionaria di Villaregia a favore degli ultimi nei luoghi
di missione, vi abbiamo proposto di collaborare con i
nostri progetti e con le attività che svolgiamo nelle sedi
italiane, anch’esse finalizzate alla missione ad gentes. Il
nostro è un periodico di informazione che non ha nessuna pretesa se non quella di condividere il nostro ideale
missionario con le tante persone che incontriamo nel
servizio di animazione missionaria e che simpatizzano
con il nostro lavoro.
È uno strumento che da sempre abbiamo offerto gratuitamente alle persone interessate e la cui realizzazione si regge solo ed esclusivamente sulla generosità di
coloro che scelgono di inviarci un’offerta.
D’ora in poi, usciremo con due numeri anziché tre (dicembre e maggio) perché i costi di stampa e di postalizzazione aumentano e il contesto economico generale
non è certo favorevole. Dall’ultimo numero abbiamo
introdotto una nuova veste grafica, optando per uno
stile più sobrio sia nella scelta della carta sia nel numero
di pagine, che da 28 sono passate a 24.
Opereremo, inoltre, anche un taglio degli indirizzi, poiché in tanti casi il periodico viene restituito al mittente
con ulteriori costi a nostro carico, scelta anche questa
che ci consentirà un notevole risparmio. Nostro malgrado ci vediamo costretti a queste restrizioni.
Tuttavia, se qualcuno non dovesse più ricevere il periodico, ma fosse interessato ancora ad esso può notificarlo
alla sede centrale di Villaregia, specificando con correttezza il proprio indirizzo.
Nel ringraziare tutti coloro che con la loro generosità
ci hanno sostenuto in questi vent’anni per divulgare
l’informazione missionaria, ci appelliamo ancora alla
generosità di ciascuno per aiutarci a garantire, anche
in futuro, questo servizio almeno ogni sei mesi. Grazie.
Investimenti
alternativi
Un’alternativa ai soliti regali. Battesimo, prima comunione,
cresima, matrimonio, compleanno, laurea... tante occasioni
per creare una mentalità di condivisione. Anziché i soliti regali
puoi proporre ai tuoi invitati di sostenere i nostri progetti di
solidarietà verso i più poveri.
Donazione in memoria. La scelta di collaborare con la nostra
opera missionaria è un modo per ricordare una persona defunta
e per esprimere il tuo affetto alla sua famiglia.
Lasciti testamentari. È possibile lasciare per sempre un segno di
amore universale, a sostegno dei nostri progetti di promozione
umana, inserendo la Comunità Missionaria di Villaregia tra gli
eredi testamentari.
WWW.CMV.IT
Entra nel nostro SITO per avere
altre informazioni sulla Comunità
Missionaria di Villaregia
Per maggiori informazioni telefona a Villaregia,
allo 0426 325032, e chiedi degli incaricati.
conto corrente bancario
c/o Cassa di Risparmio di Ferrara (CARIFE) Filiale di Porto Viro (RO)
BIC: CFERIT2F IBAN: IT 78 D 06155 68730 000000003500
Per le donazioni tramite bonifico bancario, puoi segnalare, se
vuoi, il tuo indirizzo sulla ricevuta bancaria.
Ci consentirai di inviarti il nostro grazie!
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