DALLE ORIGINI AL RAP, PASSANDO PER MILES AHEAD E LOVE
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DALLE ORIGINI AL RAP, PASSANDO PER MILES AHEAD E LOVE
RdC_Cover4_2016_copertina 04/04/16 16:22 Pagina 1 rivista del cinematografo Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano MENSILE N.4 aprILE 2016 € 3,50 trinità americana n. 4 apriLe 2016 Football, baseball e basket. al cinema fanno ancora furore SOUL MUSIC DALLE ORIGINI AL RAP, PASSANDO PER MILES AHEAD E LOVE & MERCY anteprima fantasmi dal cile il neruda di Larraín e le torture di colonia dignidad e a n c o r a JOHNNY CASH ELVIS PRESLEY BOB DYLAN ROLLING STONES SEX PISTOLS DAVID BOWIE JIM MORRISON MADONNA KURT COBAIN AMY WINEHOUSE N.W.A. fondazione ente™ dello spettacolo SMARTTVTV SMART doppia cinematografo istituzionale_STAR WARS.indd 26-27 BLURAY SMART TV BLURAY BLURAY PCPC TABLET PC TABLET SMARTPHONE SMARTKEY KEY TABLET SMARTPHONE SMARTPHONE SMART KINDLE SMART KEY KINDLE AND KINDLE ANDR DLE TE KEY ANDROID KINDLE ANDROID IOS WIN8 IOS ANDROID IOS WIN8 WIN8 29/03/16 13:11 da sconosciute a sorelle regia di scritto da CASTING DI PRODUTTORI ESECUTIVI COLONNA SONORA DISTRIBUITA DA e PRESENTA IN COLLABORAZIONE CON SUPERVISORE DELLA MUSICA SCRITTO DA PRODOTTO DA MUSICA ORIGINALE DI REGIA DI UN FILM DI MONTAGGIO DI DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA COPRODUTTORE www.facebook.com/FoxSearchlightItalia da aprile al cinema © 2016 TWENTIETH CENTURY FOX FILM CORPORATION. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. PROPRIETÀ FOX. SOLO PER USO PROMOZIONALE. LA VENDITA, LA DUPLICAZIONE, O ALTRI TRASFERIMENTI DI QUESTO MATERIALE SONO SEVERAMENTE PROIBITI. RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 13:02 Pagina 5 Punti di vista nuova serie - anno 86 n. 4 aprile 2016 In copertina Miles Davis - artwork Marco letizia Seguici anche su facebook Cinematografo.it EnteSpettacolo TWITTeR @cinematografoIT YoUTUbe l’alibi della censura EnteSpettacolo DIrETTorE rESponSabIlE Ivan Maffeis “ennesimo esempio di come interessi corporativi censurino la libertà di parola, l’arte e la verità”. Così andrew Wakefield, l’autore dello studio che indicherebbe un rapporto tra la diffusione delle vaccinazioni e l’aumento delle diagnosi di autismo, ha commentato la decisione di robert De niro di non presentare al Tribeca Vaxxed: from Cover-Up to Catastrophe, doc curato dallo stesso controverso medico. “non credo che il film (che doveva aprire il festival newyorkese, ndr) possa contribuire alla discussione come avevo sperato”, ha spiegato De niro. È censura? Wakefield può proporre un film che presenta come scientifiche tesi che dalla comunità medica sono rigettate? Ciascuno ha il diritto di girare il film che vuole, ognuno il diritto di commentarlo come crede. Ma la questione posta da De niro è un’altra: lui che ha un figlio autistico, (in)volontario testimonial della lotta alla malattia, è particolarmente “esposto” a proposito del film. le scelte che farà saranno guardate con attenzione e magari provocheranno conseguenze in alcune comunità. È senso di responsabilità. al netto delle decisioni prese anche per “calmare la piazza” mediatica, De niro nel “suo” Tribeca ha la libertà di proporre ciò in cui si riconosce, o di non propinare ciò che è contrario alla sua visione del mondo. CaporEDaTTorE Marina Sanna rEDazIonE Gianluca arnone, federico Pontiggia, Valerio Sammarco ConTaTTI [email protected] arT DIrECTor alessandro Palmieri Hanno collaboRaTo angela bosetto, orio Caldiron, Gianluigi Ceccarelli, Silvio Danese, alessandro De Simone, bruno Fornara, Giuseppe Gariazzo, Mauro Gervasini, Massimo Giraldi, Gianfrancesco Iacono, Marco letizia, Emanuela Martini, Massimo Monteleone, Franco Montini, luca pellegrini, Manuela pinetti, Guido rovatti, Marco Spagnoli, Chiara Supplizi ReGISTRaZIone al TRIbUnale DI RoMa n. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al r.o.C. n. 15183 del 21/05/2007 STaMPa Varigrafica - Via Cassia km 36,300 zona Ind. Settevene - 01036 nepi (VT) Finita di stampare nel mese di marzo 2016 MaRkeTInG e aDVeRTISInG Eureka! S.r.l. - Via l. Soderini, 47 - 20146 Milano Tel. 02-83427030 Fax: 02-83427032 Cell. 335-5428.710 e-mail: [email protected] DISTRIbUToRe eSclUSIVo ME.pE. Milano abbonaMenTI abbonaMEnTo pEr l’ITalIa (10 numeri) 30,00 euro abbonaMEnTo pEr l’ESTEro (10 numeri) 110 euro C/C 80950827 - Intestato a Fondazione Ente dello Spettacolo PeR abbonaRSI [email protected] Tel. 06.96.519.200 PRoPRIeTa’ eD eDIToRe prESIDEnTE Davide Milani DIrETTorE antonio Urrata uFFICIo STaMpa [email protected] CoMunICazIonE E SVIluppo franco conta - [email protected] CoorDInaMEnTo SEGrETErIa Marisa Meoni - [email protected] Roberto Santarelli - [email protected] DIReZIone e aMMInISTRaZIone Robert De Niro, direttore del Tribeca Film Festival caso in parte simile a quello capitato con Weekend, il film di andrew Haigh distribuito in Italia dal 10 marzo scorso, giudicato dalla Commissione nazionale Valutazione Film come “sconsigliato, non utilizzabile, scabroso” per via di un “copione che indulge in qualche compiacimento che può risultare eccessivo” e perché - parafrasando De niro - “non credo che il film possa contribuire alla discussione”. libero il distributore di far circolare il film in Italia, liberi i cittadini di vederlo, libero di esprimersi l’organismo che per la CEI valuta i film in vista della proiezione nelle sale parrocchiali. anche qui un caso di responsabilità davanti ad una comunità: chi si riconosce nella chiesa, trova un riferimento fondato. Inscrivere questi casi nel falso binomio censuralimitazione della libertà è improduttivo: spacca solo legna buona da ardere sotto le pentole degli uffici stampa. Si trovano semmai spunti per riflettere sulla responsabilità di coloro che si occupano di processi culturali, nel far crescere la capacità critica in dialogo con la propria comunità di riferimento e nell’offerta costruttiva, a chi la pensa diversamente, delle proprie ragioni. Via aurelia, 468 - 00165 roma Tel. 06.96.519.200 - Fax 06.96.519.220 [email protected] associato all’uSpI unione Stampa - periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema - Ministero dei beni e delle attività Culturali e del Turismo la testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 in collaborazione con LA BUSSOLA DEL CINEMA Come girare film in Italia Find your way shooting in Italy www.bussoladelcinema.com seguici anche su RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 7 sommario Aprile 2016 8 In vetrina In ricordo di Scola e Mastroianni: così al Bif&st li avevamo tanto amati 12 Brividi di genere Sam Raimi torna a Casa e crea il serial: Ash vs Evil Dead 14 Capolavori di carta Le grandi sceneggiature: La conversazione di Coppola è sempre attuale. Conferma Snowden di Stone 16 Cile d’autore Il Neruda di Larraín e la dittatura Pinochet in Colonia Dignidad di Florian Gallenberger 19 Cover story Accordi e raccordi Dal country al rap: tendenze, ribellioni e ripercussioni di un secolo di musica. Riletti attraverso il cinema, i grandi autori e i fenomeni di massa 20 Strade perdute 24 Innocenti evasioni? 28 Il visionario del jazz 32 Like a Rolling Stone 36 No Future 41 Dal glam al grunge 44 Il Club dei 27 48 Rappami o diva 24 il lato oscuro dell’utoPia 51 La questione sportiva 51 16 Football, baseball e basket. Miti e leggende raccontati dalle opere USA: non sempre in maniera adulatoria. E ora è il turno di Zona d’ombra 54 ritratti Gregory Peck 57 I film del mese will smith e quelle ultime mete neruda di Pablo larraín Recensioni, anteprime, colpi di fulmine 72 Dvd, Blu-ray & serie tv Revenant e Il ponte delle spie. Il caso O.J. Simpson e 22.11.63 78 Borsa del cinema Audiovisivo italiano: quale riforma in arrivo? 80 Libri 14 76 snowden di oliver stone james franco in 22.11.63 Tra 007 e Gabriele Ferzetti, Gian Luigi Rondi si racconta 82 Colonne sonore Mistress America e in cinque per un David aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 7 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 8 a cura di Gianluca arnone Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze li avevamo tanto amati Il Bif&st 2016 nel nome di Ettore Scola e Marcello Mastroianni. Ecco tutte le iniziative 8 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 9 i l programma del Bif&st 2016 – dal 2 al 9 aprile a Bari - è stato seguito e curato da Ettore Scola fino a pochi giorni prima della sua morte. Perciò il maestro sarà, anche per questa edizione, il Presidente del Festival che lo ha visto per sei anni (accolse l’incarico nel giugno 2010) attivissimo animatore e protagonista della manifestazione ideata e diretta da Felice Laudadio. Uno dei temi centrali del pro ssimo Bif&st sarà proprio ScolaMastroianni 9. C’eravamo tanto amati: il regista ha diretto più di chiunque altro l’attore scomparso 20 anni fa: ben 9 film di lungometraggio, più un film a episodi, tutti in programma a Bari. Viene inoltre istituito il Premio Ettore Scola per il miglior regista di opera prima o seconda assegnato, insieme al Premio Gabriele Ferzetti per il migliore attore e al Premio Marian gela Melato per la migliore attrice, dalla giuria del pubblico presieduta da un giornalista. A Scola sono dedicati inoltre otto incontri pomeridiani, uno al giorno, condotti da Jean Gili con la partecipazione della famiglia, di amici, colleghi, produttori e studiosi. Marcello Mastroianni avrà, all’interno del Bif&st, un festival tutto suo organizzato in partnership con la Fondazione Centro Sperimentale di C inematografia-Cineteca Nazionale, con la collaborazione di RAI Teche e Istituto Luce Cinecittà. Comprenderà oltre 50 film e una gran quantità di materiali di documentazione, oltre a tre laboratori di formazione sul mestiere dell’attore promossi dalla Scuola di Cinema Gian Maria Volonté e dalla Cooperativa Artisti 7607. Per parlare del talento di Mastroianni saranno presenti al Teatro Petruzzelli, dopo la p roiezione dei film in cui lo hanno diretto, i registi Francesca Archibugi, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Roberto Faenza, Paolo e Vittorio Taviani, Luciano Tovoli. Nel nome di Mastroianni il Bif&st 2016 ha invitato inoltre a Bari alcuni protagonisti del cinema di grande talento e notorietà – fra i quali Paolo Virzì, Toni Servillo, Jacques Perrin – che alle 18 dialogheranno al Petruzzelli con un regista italiano dopo la presentazione pomeridiana, alle 16, di un loro film. A Toni Servillo verrà conferito il Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence, che riproduce il celebre profilo felliniano disegnato da Scola. J aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 9 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 10 inVetrinaNews Che succede in città? Eventi speciali, digitali, on stage e live: tutto quello che non puoi e non devi perdere il cartellone Ascensore per il patibolo Dal 4 aprile torna in sala, restaurato, l’indimenticabile esordio di Louis Malle alla regia. Con Jeanne Moreau mozzafiato, dark lady dallo sguardo inquieto. Quando Hitchcock incontrò Truffaut In sala l’intervista che divenne un’imperdibile lezione di cinema Don Chisciotte L’eccellenza del Bolshoi incontra l’acclamata messa in scena di una performance esaltante, accompagnata dalla famosa partitura di Minkus. In sala il 10 aprile. San Pietro e le Basiliche Papali di Roma 3D Inedito tour 3D nei segreti di San Pietro, San Giovanni, Santa Maria Maggiore e San Paolo Fuori le Mura, grazie a riprese mai realizzate prima. 11-13 aprile. Amleto Nel 400° anniversario della morte di Shakespeare, arriva nelle sale italiane (1920 aprile) lo spettacolo dei record. Benedict Cumberbatch nel ruolo principale. Leonardo Da Vinci - Il genio a Milano Dopo la mostra a Palazzo Reale, ecco il doc che ripercorre il soggiorno milanese, le opere e le leggende sull’artista più ammirato di tutti i tempi. 2-4 maggio. 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 È il 13 agosto 1962 quando François Truffaut e Alfred Hitchcock si siedono l’uno di fronte all’altro per una lunga intervista. Accompagnati dall’interprete Helen Scott, staranno insieme una settimana intera, durante la quale il grande autore britannico condividerà con il giovane ammiratore i segreti del suo cinema. Da quell’incontro nascono un’amicizia che dura per 20 anni e il volume Il cinema secondo Hitchcock, che il regista francese amava chiamare “Hitchbook”. Divenne il libro da leggere per gli addetti ai lavori di tutto il mondo e ancora oggi ha lo stesso valore di allora. Le conversazioni tra i due, infatti, cambiarono profondamente la critica nei confronti dell’opera di Hitchcock e destarono scandalo perché lo stesso concetto di “cinema” venne totalmente sconvolto. Oggi quell’incontro, la più grande lezione di cinema di tutti i tempi, arriva nelle sale italiane con Hitchcock/Truffaut di Kent Jones, distribuito da Cinema e Nexo Digital il 4, 5 e 6 aprile. La visione singolare di Hitchcock, mostrata grazie ad estratti dei suoi film, alle registrazio ni originali dell’intervista, alle fotografie del tempo, alle lettere che i due si scambiarono, verrà rievocata e commentata da alcuni dei più grandi registi di oggi, da Martin Scorsese a David Fincher, da Wes Anderson a Peter Bogdanovich. PO8649S_A_210x285_Cinematografo_1Maggio16.indd 1 23/03/16 09:49 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 12 brividi di genere I FestIvAL a cura di Massimo Monteleone Agenda del mese: gli appuntamenti da non perdere 1 MIDDLe eAst NoW Località Firenze, Italia Periodo 5-10 aprile tel. 3337840736 Web middleastnow.it Mail [email protected] resp. Lisa Chiari, Roberto Ruta 2 reNDeZ-voUs – APPUNtAMeNto CoN IL NUovo CINeMA FrANCese Località Roma, Italia Periodo 6-10 aprile tel. (06) 68601203 Web rendezvouscinema francese.it Mail muriel.peretti@diplomatie .gouv.fr resp. Vanessa Tonnini, Dragoslav Zachariev FILM FestIvAL 3 IMAGINe Località Amsterdam, Paesi Bassi Periodo 14-24 aprile tel. (0031-20) 6794875 Web imaginefilmfestival.nl Mail [email protected] resp. Chris Oosterom 4 FAr eAst FILM FestIvAL Località Udine, Italia Periodo 22-30 aprile tel. (0432) 299545 ToRNA A casa, SAM! Raimi ripropone il suo cult come serie tv: ash vs evil dead di Giuseppe Gariazzo SAM RAIMI è tornato alle origini del suo cinema. Al film e al personaggio che lo resero un regista cult e un autore capace di inventare nuove strade horror in un decennio memorabile per quel genere, gli anni Ottanta. Un film, La casa (Evil Dead), e un personaggio, Ash Williams (interpretato da Bruce Campbell), che apparvero sugli schermi nel 1981 e che furono sviluppati poi da Raimi nei due capitoli successivi La casa 2 (1987) e L’armata delle tenebre (1992), creando così la celebre trilogia grondante sangue e umorismo, terrore e trionfo di dettagli splatter. A oltre trent’anni da quel gioiello, e dopo avere esplorato sempre con punto di vista personale altri generi (western, noir, dramma sentimentale, fantasy) e realizzato un’altra trilogia di alto livello (quella di Spider-Man), Raimi ha deciso che era tempo di far vivere a Ash altre avventure. Ma con una serie televisiva. Ecco quindi Ash vs Evil Dead, titolo che sintetizza perfettamente il legame con la trilogia filmica e che assume anche senso teorico, evidenziando un ulteriore lavoro di scavo nella memoria del suo cinema. La prima stagione, del 2015-2016, vede Ash costretto a ri-affrontare i propri lati oscuri quando il Male minaccia l’umanità con l’obiettivo di distruggerla. Ideatore della serie con il fratello Ivan e Tom Spezialy, Raimi ha diretto il primo episodio, El Jefe. Ma sta già guardando oltre per introdurre nella sua filmografia un n u ovo g e n e re, q u e l l o d i guerra, contaminato con fantascienza e azione. Prossima tappa: World War 3. LA CAsA 2 DrUG Me to heLL Gli imperdibili LA CAsA (1981) Visionario horror artigianale. Ed è subito cult. 12 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 (1987) Raimi sfrenato fra horror, cartoon, humour nero. (2009) La crisi finanziaria filtrata da un horror infernale. Web fareastfilm.com Mail [email protected] resp. Sabrina Baracetti DU reeL 5 vIsIoNs FestIvAL INterNAtIoNAL De CINeMA Località Nyon, Svizzera Periodo 15-23 aprile tel. (0041-22) 3654455 Web visionsdureel.ch Mail [email protected] resp. Luciano Barisone 6 FestIvAL DeL CINeMA eUroPeo Località Lecce, Italia Periodo 18-23 aprile tel. (0832) 093331 Web festivaldelcinema europeo.com Mail info@festivaldelcinema europeo.com resp. Alberto La Monica, Cristina Soldano FILM FestIvAL 7 treNto Località Trento, Italia Periodo 28 aprile - 8 maggio tel. (0461) 986120 Web trentofestival.it Mail [email protected] resp. Luana Bisesti 210x285_ZETA_cinematografo.indd 1 30/03/16 12:04 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 14 capolavoridicarta tFF 33 Dietro ogni grande film c’è una magnifica sceneggiatura Abuso di potere: da snowden di oliver Stone a la conversazione di Francis Ford Coppola, il lupo perde il pelo ma non il vizio (di spiare) a volte ritornano di Guido Rovatti 14 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 15 SNOWDEN, nuovo e attesissimo film - scritto e diretto da Oliver Stone – biopic su Edward Snowden, informatico della NSA che ha diffuso informazioni riservate sulle attività di intercettazione e controllo dei cittadini americani (e non) da parte delle agenzie di intelligence statunitensi - prende ispirazione da due libri (The Snowden Files: The Inside Story of the World’s Most Wanted Man e Time of the Octopus). Il dibatt ito sulla condotta di Snowden e su dove - più in generale - debba essere collocato il confine tra privacy (diritto) e difesa (sicurezza nazionale) è aperto da molto tempo. Già negli anni ‘70 infatti (nonostante le tecniche e le attività di intercettazione utilizzate non fossero minimamente paragonabili a quelle di oggi) uno dei maggiori cineasti della storia del cinema americano - F.F. Coppola - decide di produ rre, scrivere e dirigere un film altamente correlato a questo tema. La conversazione (1974) è uno spaccato dell’America nixoniana degli anni ’70 nella quale la reazione conservatrice (e paranoica) alla contestazione si esprime anche con l’affermarsi del mito della Sicurezza (attraverso il dispiegamento di nuove tecnologie di sorveglianza). Film intriso di metacinema, manifesta allo stesso tempo la potenza del “m ezzo” ed il suo limite nel comprendere la realtà; puntando il dito (o meglio, “l’occhio” e “l’orecchio”) non sulle tecnologie ma sul loro utilizzo. Nella storia, Harry Caul (Gene Hackman) è un professionista delle intercettazioni (cattolico, misantropo e paranoico) che viene incaricato di spiare una coppia. Ricostruendo e riascoltando la registrazione si convince che i due sono in pericolo di vita e nel tentat ivo di prevenire il peggio confonde vittime e carnefici finendo a sua volta spiato. Di seguito, la struttura della storia scomposta col modello dei 5 punti chiave: Gene Hackman nella Conversazione. Sotto Francis Ford Coppola Spaccato dell’America nixoniana in cui la reazione conservatrice (e paranoica) alla contestazione si esprime anche con l’affermarsi del mito della sicurezza I Atto Incidente scatenante: Il team di professionisti - incaricato da un cliente privato intercetta e registra la conversazione della coppia bersaglio. Lock-In (snodo critico): Harry Caul, ricostruendo faticosamente la registrazione, ascolta il passaggio critico: “Ci ammazza se gliene diamo l’occasione”. Si ritrova intrappolato in una cosa più grande. II Atto Primo punto culminante: Dopo aver rimandato la consegna della registrazione scopre di essere pedinato. Nonostante tutte le sue precauzioni (ai limiti della paranoia) la registrazione gli viene rubata. Punto culminante principale: Caul conosce di persona il committente dell’intercettazione: è il marito della donna. III Atto svolta dell’ultimo atto: Caul decide di entrare in azione, convinto che la donna e il suo presunto amante siano in pericolo di vita. Non riesce ad evitare il morto, ma con scioccante sorpresa scopre che i due amanti (sapendo di essere stati intercettati) hanno escogitato la trappola per attirare ed uccidere il marito di lei: a morire è il marito e non la coppia. Caul da spione finisce con l’essere minacciato e spiato a sua volta. Curiosità: Prima che Walter Murch creasse apposta per questo film la quantità di riverberi e vibrazioni che caratterizzano le fasi dell’intercettazione, nel mondo del cinema non esisteva la qualifica di “sound designer”. aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 15 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 16 anteprima Pablo Larraín rievoca gli anni di neruda. Gallenberger le torture della dittatura Pinochet con colonia dignidad di Angela Bosetto 16 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 17 IL CILE DELLA VERGoGNA IL CINeMA è NAto come forma di intrattenimento, ma la sua funzione istruttiva (dall’affrontare argomenti difficili al mantenere viva la memoria di fatti storici che non devono essere dimenticati) rimane innegabile. Ecco perché chi ne ama tale valenza farebbe bene a segnare sull’agenda il 26 maggio, data in cui usciranno nelle nostre sale ben due film ambientati negli anni bui del Cile: Colonia Dignidad di Florian Gallenberger e Neruda di Pablo Larraín. Il primo (collocato a ridosso del golpe del 1973 e presentato a Berlino) segue l’odissea della giovane Lena (Emma Watson), che, per ritrovare il marito (Daniel Brühl) arrestato dalla polizia segreta di Pinochet, varca la soglia del luogo che dà il titolo al film, all’apparenza una comune agricola guidata dal predicatore laico Paul Schäfer (Michael Nyqvist), in realtà centro di tortura blindato al servizio del regime. La storia del villaggio è purtroppo vera, senza contare che lo stesso Schäfer, ex nazista e pedofilo, mise la colonia a disposizione dei propri commilitoni esuli, fra cui il famige- rato dottor Mengele. D’altro canto, la capacità di analizzare l’animo della società cilena sotto Pinochet ha fatto la fortuna critica di Larraín (Tony Manero, Post Mortem, No – I giorni dell’arcobaleno), ma stavolta uno dei registi più bravi e coraggiosi del Sudamerica ha deciso di affrontare un periodo precedente la dittatura: la seconda metà degli anni quaranta, epoca dello scontro tra il politico Gabriel González Videla (futuro alleato del Generalissimo, che represse gli scioperi nella violenza) e il comunista Pablo Neruda. oltre al suo attore prediletto Alfredo Castro (Videla), Larraín ha voluto i due protagonisti del fortunato No, ossia Luis Gnecco e Gael García Bernal, nei rispettivi panni di Neruda e di oscar Peluchoneau, l’ispettore incaricato di dare la caccia al poeta ribelle. Considerando la tematica e i nomi coinvolti (la sceneggiatura è di Guillermo Calderón, penna de Il club), è assai probabile il passaggio a Cannes. Gael García Bernal in Neruda di Larraín. A sinistra Emma Watson e Daniel Brühl in Colonia Dignidad IL GRANDE RITORNO DEL PROTAGONISTA DI “QUASI AMICI” SANDRO PARENZO PRESENTA “UN FILM DELIZIOSO” LE PARISIEN “UN INCREDIBILE OMAR SY” L’EXPRESS CONCEPT BY PHOTOS: JULIAN TORRES OMAR SY JAMES THIERRÉE LA STORIA VERA DEL PRIMO ARTISTA NERO DAL 7 APRILE AL CINEMA IN COLLABORAZIONE CON mymovies.it/misterchocolat RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 19 cover storY EFFETTO SONORO Il secolo breve della musica. Gli autori, i brani e gli ideali che hanno segnato il ‘900. Visti dal cinema aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 19 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 20 cover storY le origini Solo in un caso film e canzoni appaiono contemporanei: con il country. Pensi a lui e vedi il western, immagine acusmatica di una Nazione sempre meno confusa con il Mito di Gianluca Arnone a quali distanze il cinema guarda alla musica? I suoi tentativi di rendere fisicamente coinvolgente l’esperienza di visione sono sempre più fantasiosi (occhiali, sensori, poltrone semoventi) e sempre meno efficaci. Lo schermo resta un mondo al di là di una finestra chiusa. Nulla a che vedere con la forza sciamanica del live, il rintocco dei bassi che pompano nelle vene dell’ascoltatore, la con-di-visione dell’evento “dal vivo”. Il fatto è che il cinema resta esperienza socialmente solitaria, privata e oltremodo individualista. La musica invece trascina fuori da sé, crea mescolanza, raduni, piste da ballo. C’è una koinè di ascoltatori che non si esaurisce necessariamente con la cricca dei fan. Ha semmai vocazione trasversale, sposa un sound e, anche, un modo di essere. C’è una simile koinè al cinema, dove non esistono due cinefili con gli stessi gusti cinematografici? Attenzione, non si sta dicendo che il cinema non cambia la vita. L’ha cambiata a molti di noi. Ci sono film del cuore che sono vere e proprie esperienze maieutiche. E certamente ci sono mode traghettate dal cinema e movimenti cinematografici di ispirazione politica (i russi sono stati i maestri, la lezione però l’ha impartita Hollywood), ma quello che ancora non si è visto è STRADE 20 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 21 PERDUTE aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 21 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 22 cover storY le origini qualche agit-prop uscire da una sala cinematografica, fondare un movimento e mettersi alla testa di una generazione e dei suoi slogan per un mondo migliore. E non è forse il canto l’espressione più alta di una consonanza di intenti, la voce di tutti in una, l’unità nel molteplice? Cos’è stato il gospel dentro le lotte di rivendicazione degli afroamericani? E il rap per quelli di qualche generazione più tardi? Cos’è stato il folk negli anni della contestazione? Solo musica? Esiste qualcosa di analogo al cinema? Non parrebbe. Semmai il cinema arriva sempre dopo, a testimoniare, immortalare, rubare un po’ di quell’alito di vita che canzoni e canzonieri hanno soffiato sulla Storia. Perché la musica è adesso, il cinema il delay. Tranne che in un caso: il country americano. Pensi al country e vedi il western. Come due mondi leggendari, né passati né contemporanei, fissati semmai in un presente astorico. Entrambi prodotti della massiccia e variegata immigrazione proveniente dalla vecchia Europa. Il country è nomen omen il canto della nazione. Ma il western ne è la narrazione, il corpo. Figure, mitologie e storie ribollono nel grande circolo acusmatico, dove le immagini del Far West hanno il suono delle melodie portate lì dai pionieri europei, mentre la polvere, i cavalli e i cowboy perdurano nelle canzoni. Certo, il country diventa discografico, popolare, un momento dopo la fine dell’epopea del west, ma i cavalieri, le donne, l’arme e gli amori sono già pronti a diventare memoriale in musica e testamento per immagini. Certe strade poi si ripercorrono: il passaggio della Frontiera traslittera nel viaggio on the road, come quello intrapreso dall’Honkytonk Man di Eastwood, eteronimo del grande Hank Williams che il cinema resuscita quest’anno con I Saw the Light (Tom Hiddlestone è il grande countryman). E quando Joaquin Phoenix e Reese Witherspoon: Quando l'amore brucia l'anima. A fianco e in alto a sinistra Tom Hiddlestone nei panni di Hank Williams in I Saw the Light. In alto a destra Jackie & Ryan 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 23 Johnny Cash deciderà di calcare le scene lo farà in un western, A Gunfight, (Quattro tocchi di campana), al fianco di Kirk Douglas, sulle orme di altri “cowboy singer” che negli Anni Trenta erano diventati attori - da Ken Maynard a Gene Autry, da Roy Rogers a Woodward “Tex” Ritter, per non dire dell’immenso Woody Guthrie. Western è il galoppare solenne di “I Walk The Line”, esempio massimo del suo irresistibile boom-chicka-boom sonico; western è il movimento circolare di “Ring of Fire”, come il lazo lanciato al collo dell’animale. Walk the Line (Quando l’amore brucia l’anima) è invece la celebrazione di Cash al cinema, intensamente mélo, in rima con la passione che lo consumò per June Carter, al- I TEMPI IN CUI "My DARLING CLEMENTINE" SI SALDAVA CON LA PARTITURA PER IMMAGINI DI FORD SONO LONTANI tro nome che sembra pescato dal mazzo delle eroine di Frontiera. Lei morì a Nashville là dove Robert Altman ha catturato la fine del mito e l’agonia di un paese ormai ripiegato su stesso. E in fondo questo connubio tra country music e cinema non può che continuare nel lutto, nella nostalgia e nel rimpianto. Quel mondo che cantano, quella grande epopea americana, è diventato folklore. Il western si fa crepuscolare, la country-music intimista. Certe ballate di Micah P. Hinson, tra le voci folk più autentiche di oggi, sembrano “mormorate” dalla veranda di una casa colonica con affaccio sul nulla. Gli assoli di chitarra defluiscono e si spengono nell’orchestrale dolente degli archi, a riecheggiare la dissolvenza in blu di un mondo perduto. I tempi in cui “My Darling Clementine” si saldava armonicamente con la partitura per immagini di Ford (nel suo Sfida infernale) sono lontani. Il suono, le voci, i balli e i canti di quella comunità di cowboy, metodisti e donne di malaffare sono come un’eco lontana, un miraggio nel deserto. In uno dei film americani più belli degli ultimi anni, l’inedito Jackie & Ryan, il country tiene insieme una micro-comunità in cui le camicie di flanella hanno sostituito stivaloni e gilet, e i pub sono gli eredi dei vecchi saloon. La diaspora sociale costringe al randagismo musicale sfortunati cantori d’America, i folksinger, che vagabondeggiano senza meta alla maniera di Dylan, con le scarpe rotte, i polpastrelli consumati e la chitarra in spalla. L’abbraccio con la comunità, quando c’è, è momentaneo (come accade ai due protagonisti della storia). L’eldorado è di là, sempre di là, ma non è più l’Altrove sconosciuto di avventurieri e padri fondatori. La terra delle opportunità è piccola come uno studio di registrazione. Lo spirito americano declina nell’anima del commercio. J aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 23 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 24 cover storY il disimpegno iNNoceNti evasioNi? 24 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 25 Formidabile arma di dissuasione di massa, il pop ha attraversato guerre, crisi e contestazioni coltivando generazioni di americani. Gli stessi che oggi ascoltano Bieber e votano Trump di Alessandro De Simone Madonna, qui sotto Paul Dano in Love & Mercy e a sinistra Elvis Presley RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 26 cover storY il disimpegno Buggles erano inglesi, ma Trevor Horn e Geoff Downes avevano ragione da vendere sul fatto che la televisione avrebbe ucciso le stelle della radio. Così è stato, e tutto partì dal Nuovo Mondo, già negli anni Cinquanta, con un ragazzotto di provincia che agitava il bacino con una chitarra a tracolla. Elvis era il suo nome, e del rock il Re divenne, anche se la leggenda vuole che la “Mossa” gliela insegnò un bambino della contea di Greenbow con la schiena più contorta della lingua di un politico. Magari non andò proprio così, ma anche questo fa parte della cultura Pop propria del tessuto americano. Non a caso Elvis divenne una delle icone dell’arte di Andy Warhol, che nella sua Factory negli anni Sessanta costruì l’immaginario nuovo di un paese in disfacimento. Nel suo loft newyorkese si faceva il futuro, quello che ha ispirato e ancora oggi ispira musicisti, cineasti e artisti di ogni sorta. Ma il pop, in quanto movimento popolare, nasce per la massa dentro la scatola magica, arma di dissuasione di massa che venne usata negli anni Sessanta dai discografici per distogliere i giovani dalla radio, dove i barbari invasori da Albione la facevano da padroni. Difficile contrastare i Beatles e i Rolling Stone, ma ci si provò, soprattutto per non far pensare a quello che succedeva in un paese lontano chiamato Viet-fottuto-Nam. Nacque così il Bubblegum Pop, con gruppi che scoppiavano come un palloncino di chewingomma. Una truffa con destrezza nata da alcuni produttori illuminati, che crearono veri gruppi falsi, come i Bananasplit, gli Archies, le Josie and the Pussycats, tutti protagonisti di show a cartoni animati, e finte band reali, come i Monkees, quattro ragazzi messi di fronte a una camera per vivere un Grande Fratello che ricalcasse ogni settimana le trame di Help e Hard Day’s Night, senza però Richard Lester a dirigere. Poi c’erano gli strani intrecci, come la serie cult La Famiglia Partridge che era ispirata ai veri Cowsills, o quella animata dei Jackson 5, veicolo delle loro hit, già cantate da un Michael sovrannaturale. Tutto questo faceva molto West Coast, dove oltretutto avevano base i Beach Boys, gli unici veri Beatles americani, grazie al genio di Brian Wilson. Pet Sounds è un capolavoro insuperato, disco dalle sonorità straordinarie, la cui creazione viene raccontata nell’ottimo Love & Mercy (leggi la recensione a pagina 58), in cui Paul Dano e John Cusack interpretano il leader dei Beach Boys in giovane e mezza età. I Beach Boys erano i finti bravi ragazzi degli anni Sessanta, in realtà le loro canzoni anticipavano il Free Love e parlavano di viaggi psichedelici su una tavola da surf. Senza di loro non avremmo avuto Un mercoledì da leoni e il I 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 TUTTO PARTì DAL NUOVO MONDO, NEGLI ANNI CINQUANTA, CON UN RAGAZZOTTO DI PROVINCIA CHE AGITAVA IL BACINO CON UNA CHITARRA A TRACOLLA: ELVIS RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 27 movimento skater, e di conseguenza quel gran film di Lords of Dogtown. Sull’altro Oceano, New york generava Nico e i Velvet Underground, pop inscatolato in una Campbell Soup pronta a sommergere l’Europa quasi orfana dei Fab Four. Senza la “Banana” e senza i Beatles, non ci sarebbe stata la musica a venire. Il Pop resta legato a uno schermo, solo più grande. Gli anni Settanta e Ottanta sono caratterizzati dai musical di successo e dalla colonna sonora dell’edonismo reaganiano. Giorgio Moroder fu il Mozart degli ‘80s, da Top Gun a Flashdance, mentre dal cinema alla tv la fanno da padrone i ragazzi del corpo elettrico, quelli che alla fine (non) Saranno Famosi, ma che hanno generato fenomeni popolari come i talent show e i programmi per talenti in erba targati Disney. Christina Aguilera, Britney Spears, Miley Cyrus, le ragazzine terribili degli anni 2000, già cadute prima ancora di essere regine, arrivano tutte dalla Mickey Mouse Mansion. Prendono lezioni dall’unica grande regina del pop, Miss Madonna Louise Veronica Ciccone, quella ragazza “cercata disperatamente” da Warhol stesso e di cui a modo suo ha raccolto il testimone. Artista crossmediale, tra Marina Abramovic e Marshall McLuhan, ha vinto un Oscar e cantato per James Bond. Senza di lei Lady Gaga sarebbe il bislacco fenomeno da baraccone di un’American Horror Story che potrebbe finire tragicamente, con Justin Bieber che intona l’inno nazionale in mutande firmate all’insediamento di Donald Trump, il presidente da riporto dei Newnited States of Kardashian. J aprile 2016 Donald Trump. A sinistra dall'alto Michael Jackson, i Beatles e Justin Bieber rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 27 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 28 cover storY kind of mood IL VISIONARIO DEL JAZZ Aggressivo, introverso, follemente innamorato della moglie: Miles Davis nella biografia libera e impressionante di Don Cheadle di Silvio Danese RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 29 un mood, una dispersione di congetture, una triste vaghezza, ma che cosa importa sapere se c’era l’intenzione o meno di fare “monologo interiore” nella celebre camminata di Jeanne Moreau uscita dal bar a cercare Julien su quel cadenzato di tromba, su quel soffiato senza vibrato, su quell’imboccatura magica inventata come un fiato d’anima - ed è bene ricordare che nell’unica session notturna per la colonna di Ascensore per il patibolo Louis Malle proiettava le sequenze e Miles Davis improvvisava (si fa per dire, improvvisazione, la questione è più complessa)? Però c’è del vero quando Franco La Polla, in un bel saggio su cinema&jazz È Don Cheadle in Miles Ahead. Sopra Jeanne Moreau in Ascensore per il patibolo di Louis Malle per un festival di Locarno, ricordando la coetanea avventura della settima arte e della rottura nella musica popolare tonale a New Orleans intorno al ‘95 (del XIX secolo) richiama il “flusso di coscienza” di Virginia Woolf e James Joyce nella frattura delle convenzioni sociali come improvvisazione, frammentazione della costruzione logica, eccetera. Viaggio intrecciato a più livelli quello tra il jazz e il cinema, nella fusione della musica nelle immagini, nella documentazione storica, nella biografia dei musicisti, sostanzialmente, a livello formale, in un’immediatezza di “ritmo” spesso evidente, nella tematizzazione del “disagio della civiltà” e nella decostruzione analogica delle narrazioni (ancora La Polla ricordava il montaggio di Altman e Cassavetes). Da- vis è stato riprodotto frequentemente al cinema, ma non furono frequenti i suoi interventi d’autore, tra Malle (per una nuova collaborazione le pretese di Davis furono inaccettabili) e la colonna per il doc sul pugile Jack Johnson (la boxe, seconda passione di Miles), e meno rari negli anni ‘80, alla ripresa dopo l’oblio a metà ‘70 (Hot spot, Siesta). Ora, non solo un disco memorabile, Miles Ahead è anche il titolo di un film, un intenso, informato (col contributo della famiglia) tentativo di biografia libera, applaudito a Berlino e in uscita ad aprile negli Usa, diretto e interpretato da Don Cheadle, esordiente alla regia che oltre a somigliargli fisicamente nel ten- aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 29 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:58 Pagina 30 cover storY kind of mood “SE VUOI SAPERE QUALCOSA DI ME, ASCOLTA LA MIA MUSICA” ERA L'IMPERATIVO PER I SECCATORI per aggressività, intelligenza, introversione e imprevedibilità. Quando tocca la tromba, nei flashback in cui si riprendono registrazioni memorabili, l’arresto razzista o l’amore incontrollato per la moglie ballerina Frances, l’editing funziona e la carne vive. Costretto a uscire dalla tana di New york da un giornalista (Ewan McGregor), Miles subisce il furto di una nuova bobina per ritrovare la quale impugna la pistola (e lo faceva veramente), minaccia, insegue, soffre, ricorda, incontrando il giovane, geniale trombettista Junior, un alter ego dal passato. Non è difficile, tra i vari piani temporali, vedere in quel tape, nell’investimento di rinascita, un riferimento, pur spostato di data, alla (terza) rivoluzione di Davis in “Bitches Brew” (in realtà inciso alcuni anni prima, nel 1970), con la fusion jazzrock, la dissoluzione della forma, la post produzione sonora. “Se vuoi sapere qualcosa di me, ascolta la mia musica” era l’imperativo per i giornalisti seccatori. Quando parte la storia Davis aveva quasi perso l’imboccatura e la crisi è giustamente il momento più fruttuoso per ‘ascoltare’ Miles, per correre su e giù nella vita, dall’incontro con Charlie Parker a “Kind of Blue” a “Sketches of Spain” a “In a silent way”. Formalmente siamo in piena fusion cinema-jazz: come la sua musica, la struttura del racconto è “modale” (svincolo delle attrazioni tonali degli accordi, insomma fine della continuità armonica), una delle sue scoperte: “Kind of Blue” è il primo album modale nella storia del jazz. Sette anni di promesse e rifiuti per produrlo. Grazie Cheadle. J Miles Davis e sotto ancora Don Cheadle nel biopic da lui diretto e interpretato tativo di allinearsi alla personalità conscia e inconscia, fu un fan dall’età di dieci anni. Sapendo bene che quando Davis componeva e suonava “neanche il cielo è un limite”, per dire la verità sulla sua vita il colonnello blockbuster di Iron Man e The Avengers prende la strada giusta: meglio inventare, creare, svisare sui fatti e fissa il centro della biografia nel momento più crudo, dispersivo fino all’immobilismo da droga e alcol, tra il ‘75 e l’80. Diciamo subito che in alcuni momenti il Davis di Cheadle è un’ipotesi impressionante, 30 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 cinemadays2016_210x285_verde.qxp 22/03/16 15:38 Pagina 1 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 32 cover storY scariche elettriche LIKE A ROLLING STONE Che cos’hanno in comune Mick Jagger e Bob Dylan? Facile: Scorsese. Da shine a light a no direction home, la camera con vista rock di Martin di Federico Pontiggia 32 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 33 marzo 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 33 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 34 cover storY scariche elettriche Stones da Martin. Già supervisor, montatore e assistente alla regia - con la sodale Thelma Schoonmaker - al celeberrimo Woodstock: tre giorni di pace, amore, e musica (1970), a riff e ugole Scorsese ha dedicato anche quattro documentari: L’ultimo valzer (1978), The Blues: dal Mali al Mississippi (2003), No Direction Home: Bob Dylan (2005) e George Harrison: Living in Waltz, uno dei concert movie migliori di sempre, ed è indicazione valida per tutto il corpus socrsesiano. Per quell’ultimo concerto di The Band, il 25 novembre 1976 al Winterland Ballroom di San Francisco, al gruppo di Robbie Robertson si unirono, tra gli altri, Eric Clapton, Neil Diamond, Joni Mitchell, Van Morrison, Ringo Starr, Muddy Waters, Ronnie Wood, Neil young. E Bob Mick Jagger ha ironizzato: "Shine a Light è l'unico film in cui Marty non abbia usato Gimme Shelter" NEW YoRk, 1973: un produttore discografico intraprendente e cocainomane, Richie Finestra (Bobby Cannavale), è disposto a tutto pur di salvare la sua etichetta, l’American Century Records. Dietro la – bella – serie tv Vinyl, prodotta da HBO, c’è una coppia che più rock non si può: Martin Scorsese, regista del magnifico pilot, e Mick Jagger, il frontman dei Rolling Stones. Mick ci ha messo pure un figlio, James, già leader dei britannici Turbogeist, che interpreta Kip Stevens, il frontman dei Nasty Bits, la punk band che dovrebbe salvare l’American Century. Tra New york Dolls e Led Zeppelin, Vinyl canta il rock, stana i sopraggiungenti punk, disco e hiphop, ritrae il taylorismo disinibito, trasgressivo e drogato dell’industria discografica. Il 1973 non è data qualsiasi: Scorsese vi licenziò Mean Streets, sottotitolo italiano Domenica in chiesa, lunedì all’inferno. Ecco, Vinyl è il sabato al concerto, e Martin nella sua lunga carriera cine-musicale non se n’è perso uno, con un occhio di riguardo per i “suoi” Stones. Mick Jagger ci ha perfino ironizzato: “Shine a Light è l’unico film in cui Scorsese non abbia utilizzato Gimme Shelter”, e Shine a Light è proprio il rockumentary dedicato agli 34 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 the Material World (2011). In attesa, forse vana, di poter dare fiato cinematografico a The Voice, il biopic di Frank Sinatra (Leo Di Caprio?), Scorsese per ora fa Silence, ma la sua anima rock, tendenza punk, siamo certi non si esaurirà: “This film should be played loud!”, apriva (cartello) The Last Dylan. Dopo gli Stones, è il menestrello di Duluth il compagno sonoro di Martin. In No Direction si concentra sugli esordi di Dylan: dall’arrivo a Ny nel 1961 al temporaneo ritiro di cinque anni più tardi, da folksinger acustico a rockstar elettrica, per intermezza – adesione alla – protesta. Messo in piedi James Jagger in Vinyl, in alto Cate Blanchett in I'm Not There. A sinistra in alto: Scorsese con i Rolling Stones. Sotto Bob Dylan, Mick Jagger e keith Richards RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 35 Bob Dylan in The Last Waltz. Sotto Bobby Cannavale in Vinyl su input del manager di Dylan Jeff Rosen, il rockumentary passa in rassegna i tempi dell’high school, il provino per Andy Warhol del 1965 e il concerto di Manchester del 17 maggio ’66, quando un fan gridò in faccia a Dylan e The Hawks “Judas”, poco prima che eseguissero Like a Rolling Stone, da cui viene il titolo No Direction Home. Soprattutto, Scorsese appoggia il proprio genio ribelle a quello di Dylan, cogliendone “il folle volo” da voce di una generazione a Mr. Tambourine Man postideologico. In fondo, il menestrello al cinema è solo qui, con e per Scorsese, altrimenti è I’m Not There (2007) di Todd Haynes. Non c’è lui, perché non si tratta di un biopic musicale, e non ci sono le canzoni più note, eccetto Like a Rolling Stone confinata a ridosso dei titoli di coda, addossata al primissimo piano del vero Bob Dylan con armoni- ca a bocca, l’unico del film. Haynes di non-Dylan ne mette in scena sei: Woody (Guthrie), afroamericano con chitarra, on the road su carri bestiame; il contestatore Arthur (Rimbaud), con il volto di Ben Whishaw; Jack (Rollins), interpretato da Christian Bale, che ha lasciato il palco per l’altare; Robbie (Heath Ledger), anni ’70, denaro, successo e una moglie lasciata a se stessa; Jude, la folgorante, metamorfica Cate Blanchett, in bianco e nero psichedelico; Richard Gere alias Billy (the Kid) nella città di Enigma, fantasmagorica polis minacciata dall’autostrada della modernità. Sei personaggi in cerca d’autore, che fu attore – e che attore! - in Pat Garrett e Billy Kid di Sam Peckinpah. Correva l’anno 1973, e le Mean Streets scorsesiane avrebbero trovato 32 anni dopo No Direction Home. J aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 35 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 36 cover storY punk! La fashion designer Vivienne Westwood 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 37 Nofu ture In principio furono i Sex Pistols e Vivienne Westwood, ancor prima Patti Smith e Iggy Pop negli Usa, ma la più arrabbiata di tutti è... la Regina Elisabetta! di Emanuela Martini aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 37 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 38 cover storY punk! IL 26 NoVEMBRE del 1976 uscì in Inghilterra il primo singolo dei Sex Pistols, Anarchy in the UK: 55.000 copie vendute, 38° nelle classifiche, cancellato dal listino Emi all’inizio del 1977 per le proteste ricevute e la conseguente scissione del contratto tra la casa discografica e la band, passata poi alla Virgin Records, che nel maggio dello stesso anno pubblicò il secondo singolo del gruppo, God Save the Queen, secondo posto nella classifica dell’anno (ma si è sempre sospettato fosse al primo posto, mai ufficializzato da radio e televisioni per non dare troppa pubblicità ai Pistols e al pezzo nel pieno del Silver Jubilee di Elisabetta II). Pochi mesi prima, durante l’estate, Londra era stata folgorata da due concerti di artisti provenienti da oltreoceano: prima Patti Smith, poi i Ramones. E solo un mese prima, alla fine di ottobre, era uscito New Rose, primo 45 giri del gruppo britannico dei Damned. Ma l’impatto più dirompente fu, fin dal titolo, quello di Anarchy in the UK, dichiarazione, in realtà, per nulla politica ma molto esistenziale, fatta di anti-Cristi e “anarchisti”, di “destroy”, “cahos” e “no future” (anche se, letteralmente, questa espressione salta fuori nel successivo “sberleffo” God Save the Queen). Il look dei Sex Pistols, poi, era di quelli che dilagano immediatamente nell’immaginario collettivo, pelle nera e capelli ispidi e colorati, catene e spille da balia, T-shirt che, stracciate ad arte, divennero subito oggetti di desiderio, da quella, celeberrima, con la scritta DESTROy, a quelle talmente lise da parere tessute da una ragnatela. Dietro quel look c’era una giovane signora con i capelli gialli sparati intorno alla testa, che aveva da poco cambiato il nome (da “Too Fast To Live, Too young Julian Temple, sopra Patti Smith. A destra This is England e Derek Jarman 38 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 To Die” a “Sex”) del negozio-atelier al 430 di King’s Road che gestiva insieme all’allora compagno cantante, manager e discografico: lui era Malcolm McLaren, “inventore” dei Sex Pistols, la cui astuta operazione di lancio e promozione è stata immortalata da Julien Temple nel suo film d’esordio, La grande truffa del rock’n’roll (1980), e vent’anni dopo riletta e ridimensionata in Sex Pistols - Oscenità e furore; mentre lei, la grande, impareggiabile Vivienne Westwood, ha proseguito sulla sua strada artistica, continuando a coniugare e rimescolare le carte della tradizione e della provocazione, com’è nelle abitudini e nello spirito dei migliori creatori britannici (di moda, di musica, di cinema, di arte in genere). Così accadde che fu il punk britannico a dilagare internazionalmente, come nuova propaggine del rock e come controcultura nascente (spesso equivocata e semplificata), e che, quando si è trattato di ufficializzare una data di nascita del “movimento”, ci si è rifatti proprio a quel 26 novembre 1976, che ne indica in realtà solo l’esplosione mediatica e trascura il punk rock statunitense, che nacque invece alcuni anni prima (ispirato dai gruppi e dagli interpreti “proto-punk”, garage rock e hard rock, Patti Smith, Iggy Pop, i New york Dolls) con la costituzione dei Ramones, i Voidoids di Richard Hell, i Dead Boys. Tutti gruppi che McLaren conosceva RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 39 bene, perché tra il ‘73 e il ‘75 era stato spesso a New york, e da là aveva tentato invano di trascinare a Londra Richard Hell per metterlo a capo di una band di giovani che stava formando. Anche il cinema punk nasce prima negli Stati Uniti, sulla East Coast degli indipendenti, dove nel 1976 Ivan Kral (chitarrista di Iggy Pop, Blondie e Patti Smith) e il regista Amos Poe filmano in 16 mm le esibizioni sul palco del CBGB di molti artisti emergenti, che poi sonorizzano fuori synch, in esplicito omaggio agli insegnamenti godardiani: è The Blank Generation, quasi un home movie che mostra dal vivo la nascita del punk e il cui titolo (lo stesso di un brano di Hell e i Voidoids) diventa un vero e proprio manifesto generazionale. Tre anni dopo, nel 1979, sulla West Coast, mentre una giovane regista e producer, Penelope Spheeris, inizia a girare il primo dei tre film che dedica alla scena punk di Los Angeles, The Decline of Western Civilization (uscito nel 1981, seguito da un altro film punk dell’autrice, Suburbia, del 1984, e poi nell’88 e nel ‘98 dai due capitoli successivi), il padre degli indipendenti, Roger Cor- man, produce Rock’n’roll High School, commedia musicale e demenziale diretta da Allan Arkush, nella quale gli studenti di un liceo fanatici dei Ramones occupano la scuola e vengono raggiunti dai loro idoli. Corman, che è a caccia di un film che rinverdisca i successi dei college-movies anni 60, afferra l’aria del tempo. Nel frattempo, però, si è mosso qualcosa anche nel cinema inglese, dove uno dei più visionari dei giovani autori emergenti nella palude degli anni ‘70 realizza, nel 1977, il suo secondo film, Jubilee, ritratto sconvolgente e desolato di un’Inghilterra attanagliata dalla crisi economica e dalla violenza, ruotante (come molta della promozione dei Sex Pistols) intorno al simbolo più permeante della cultura british, la Regina Elisabetta (seconda e prima) e percorso di simboli, nichilismo, icone punk. Vivienne Westwood non gradì e produsse una T-shirt con una poesia aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 39 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 40 Sid Vicious, il celebre frontman dei Sex Pistols storia del suo paese attraverso la musica, ed è ritornato tre volte, tra il 1979 e il 2008, sui Sex Pistols (La grande truffa del rock’n’roll, Oscenità e furore e There’ll Always Be an England), mentre in The Future Is Unwritten (2007) ha tracciato il ritratto di Joe Strummer, il leader dei Clash. Temple, come Vivienne Westwood e come Derek Jarman, è un artista talmente radicato nella propria cultura che, nel momento stesso in cui si accinge, per delusione e rabbia, a distruggerla, finisce per riscoprirne e recuperarne i sommersi significati positivi, e la nostalgia si mescola con il furore, senza per questo addolcirlo. Questo elemento isolano ed eccentrico, insieme alla crisi economica attraversata negli anni ‘70 e all’avvento del durissimo decennio Thatcher (una signora che, con il suo disprezzo, ha fatto un gran bene alle arti), è forse una delle cause dell’espansione a macchia d’olio e della resistenza della subcultura punk nel Regno Unito: a differenza che negli Stati Uniti, dove l’accento è aperta all’autore, dove disapprovava la rappresentazione dei punk; e tuttavia Derek Jarman, non solo in Jubilee e nel successivo The Last of England (1988) ma anche nei suoi film di ambientazione storica, è stato forse l’autore che si è avvicinato più profondamente allo spirito punk, cogliendo bene quell’impasto di anarchia, malinconia, disperazione e provocazione che ha reso tanto duratura e pervasiva l’estetica punk britannica, e che nel decennio 80 non solo dà origine a esplicite rievocazioni come Rude Boy (1980) di Jack Hazan, docu-fiction su un giovane fan dei Clash con molto footage dei concerti della band, o la storia autodistruttiva di Sid Vicious e Nancy Spungen, Sid & Nancy (1986) di Alex Cox (bizzarro regista british trapiantato a Los Angeles, dove 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 DEREK JARMAN È STATO FORSE L'AUTORE CHE SI È AVVICINATO DI PIù ALLO SPIRITO PUNK aveva diretto nel 1984 Repo Man, punk californiani più Ufo), ma attraversa spesso i film di autori che non hanno alcuna relazione con il “movimento”, da My Beautiful Laundrette (1985) e Sammy e Rosie vanno a letto (1987) di Stephen Frears a Il cuoco, Il ladro, sua moglie e l’amante (1989) di Peter Greenaway, da suggestioni sparse nei film di Neil Jordan a Naked (1993) di Mike Leigh. E poi, naturalmente, c’è il cantore “ufficiale” del punk britannico, Julien Temple, che con i suoi documentari adrenalici ha raccontato gli umori e la sempre stato “esistenziale” (e infatti ha coinvolto cineasti agli esordi come Jim Jarmusch e Susan Seidelman), in Inghilterra il punk ha spesso assunto una colorazione politica, per quanto confusa e altalenante tra neo-anarchismo e neonazismo, come dimostrano film molto successivi come Trainspotting (1996) di Danny Boyle e This Is England (2006) di Shane Meadows. Resta, a congiungere i due filoni, quel motto tristissimo, “No Future” che, anche avanzando nel nuovo millennio, sembra destinato a durare. J RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 41 cover storY polvere di stelle DAL GLAM AL GRUNGE Per capire come tutto è finito, bisogna iniziare dalla fine. Dall’utopia di Woodstock alla morte di Bowie, percorsi intrecciati e paralleli di Gianluigi Ceccarelli aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 41 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 42 cover storY polvere di stelle er capire come tutto è finito, bisogna iniziare dalla fine. Dagli ultimi minuti di Woodstock di Michael Wadleigh, quando Jimi Hendrix inizia il suo show la mattina del 18 agosto 1969 e migliaia di ragazzi sono già andati via. Il mondo riprende a lavorare e a girare come prima, dopo tre giorni di utopia e, forse, di esperimento sociale sull’utilizzo di LSD da parte dell’FBI. La fine è sempre un nuovo inizio: di lì a poco, tutto cambierà. Il rock destrutturato e psichedelico di Doors, Jefferson Airplane e Grateful Dead ha ottenuto l’acme della fruizione di massa; il prog dei primi anni ‘70 mira più al cervello del pubblico borghese che alla pancia dell’ascoltatore. L’intuizione successiva è quella che Todd Haynes racconta in Velvet Goldmine (1998), evocando fra le righe del racconto il fantasma di David Bowie (che non gradì); mentre Born to Boogie, diretto da sir Ringo Starr (1972), è un rockumentary con folli inserti alla Magical Mystery Tour e introduce quel rivoluzionario della musica che fu Marc Bolan. Lui e Bowie impongono all’attenzione mondiale il glam rock: per la prima volta l’aspetto di un artista, i suoi ostentati richiami a una (presunta) ambiguità sessuale contano al pari della musica e portano all’estremo i principi libertari della filosofia hippie. Bowie attraversa il glam (portandolo all’apogeo) indossandolo come uno dei mille vestiti e delle mille mode cavalcate in carriera; quando al cinema esce il film-concerto Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di D.A. Pennebaker, nel 1979, il genere è morto da un pezzo. Forse due anni prima, quando Bolan, il suo reale inventore, muore di incidente stradale. In America, i New york Dolls di Johnny Thunders (quelli che “folgorano” Richie Finestra nel pilot di Vinyl diretto da Scorsese) produssero un esplicito glam rock per omosessuali gettando di fatto, musicalmente, le basi del punk, ennesima rivoluzione organizzata a tavolino dai discografici sulla pelle di giovani che non sopravvivranno al proprio desiderio di autodistruzione. Inevitabile pensare P 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 al morboso Syd e Nancy (1986) di Alex Cox con Gary Oldman, ma merita segnalazione What we do is Secret (2005), il biopic sul leader dei Germs, Darby Crash, apologeta di Hitler e al contempo gay mal tollerato in un contesto punk omofobo e reazionario. Dopo un solo disco, GI, Crash muore di overdose il 7 dicembre 1980, un giorno prima di John Lennon. Curiosamente, l’attore Shane West, che lo ha interpretato, ne ha preso il posto anche sul palco, come frontman dei riformati Germs. Il rock è morto? Forse, ma la giostra deve continuare. Può chiamarsi gothic, ma continua a nutrirsi dei suoi deboli eroi: Ian Curtis dei Joy Division si impicca a 23 anni. Lo vediamo in tutta la sua de- Marc Bolan. A destra i New York Dolls e, in basso, Velvet Goldmine L’ASPETTO DI UN ARTISTA E LE RELATIVE AMBIGUITà COMINCIANO A CONTARE QUANTO IL SOUND. GLI APRIPISTA? MARC BOLAN E IL DUCA BIANCO RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 43 bolezza (splendido Sam Riley) nel bel Control di Anton Corbijn (2007), incentrato sulla sua figura e sul mancato “controllo” della propria vita. Il grido di dolore dell’artista alienato e divorato dal sistema arriva al cinema fuori tempo massimo: The Wall di Alan Parker esce nel 1982, tre anni dopo il disco, con Bob Geldof a impersonare gli incubi egotici di Roger Waters. Gli anni ‘80 hanno voltato pagina, i Joy Division si chiamano New Order e scalano le classifiche, la parola d’ordine è evasione. Un diktat che tiene lontani dalle charts i fenomeni indipendenti e “controculturali”, mai come in questo decennio così di nicchia. Julien Temple, autore nel 1980 de La grande truffa del rock’n roll (vera e propria dichiarazione di colpevolezza di Malcolm McLaren, gran burattinaio dei Sex Pistols), gira nel 1986 Absolute Beginners, musical esile che sfrutta Bowie per una blanda operazione nostalgia, emblematica di anni orientati a rimuovere rabbia e ribellione a favore del back to the past e di una convinta apologia del presente. Fa eccezione il bellissimo Stop Making Sense di Jonathan Demme (1984), che porta in scena nel loro splendore David Byrne e i Talking Heads, forse gli unici veri rivoluzionari nel panorama pop dell’epoca. Gli anni ‘90 offrono l’ultima rivoluzione: Kurt Cobain riporta la chitarra elettrica al centro del villaggio con il grunge, che il mercato ingloberà fino a renderlo genere da salotto. Cobain ha tutto per essere un nuovo divo del rock: bello, dannato, una moglie (Courtney Love) novella yoko Ono. E una tensione mortifera che sfocia nel suicidio, i cui momenti precedenti sono immaginati in Last Days (2005), biopic straniante e volutamente falso firmato Gus van Sant. La vita di Cobain è invece ricostruita in Montage of Heck (2015), docurock di Brett Morgen che attinge all’archivio di famiglia (produce Frances Bean Cobain, neonata all’epoca della morte del padre). Vent’anni dopo, anche Bowie, ultimo testimone di una vacua rivoluzione di costume, ci ha lasciato cantando la sua morte in un disco postumo. E il rock viaggia oggi lungo fredde corsie digitali, in cerca di nuove storie di martiri da raccontare. J aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 44 IL CLUB DEI cover storY too young 27 Accesso negato: il cinema è mai riuscito ad entrare davvero nel famigerato “gruppo”? Quello di finzione poche volte (e con poca convinzione): meglio lasciar dormire la rockstar che muore… di Valerio Sammarco 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 7 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 45 Amy Winehouse e sopra alcuni membri del "club" tra cui Jimi Hendrix, Jim Morrison e Janis Joplin aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 45 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 46 cover storY too young L’unica lente per non deformare ulteriormente la leggenda dei vari morrison, Joplin e cobain sembra essere quella del reale CINeMA e MALeFICIo. Un binomio tutto sommato “felice”, soprattutto se pensiamo allo sterminato filone degli horror anni ’70 e ’80, a partire da La maledizione di Roy Ward Baker (1972), passando per il classico Poltergeist di Tobe Hooper (1982), che poi si lasciò dietro una scia di maledizioni ben più tragiche e reali di quelle raccontate nel film. Ed è proprio all’alba dei Settanta che venne “ufficializzata” per la prima volta un’altra maledizione, quella del “Club 27”, ormai celeberrimo ritrovo di leggendarie rockstar morte all’età di 27 anni. Dal 3 luglio 1969 al 3 luglio 1971 Brian Jones dei Rolling Stones, Jimi Hendrix (il 18 settembre ’70), Janis Joplin (4 ottobre ’70) e Jim Morrison passarono a miglior vita. Negli anni seguenti, al gruppo (che vedremo poi essere molto più ampio di quanto si pensi) si aggiungeranno Kurt Cobain dei Nirvana (5 aprile ’94) e Amy Winehouse (23 luglio 2011). Prima di provare a capire se e come il cinema abbia saputo confrontarsi con questa sciagurata coincidenza, è curioso constatare che il cosiddetto Club 27 sia “nato” in realtà molti anni prima: il capostipite (tra cantanti, musicisti e artisti vari alla fine se ne contano più di 50) è il paulista Alexandre Levy, compositore e direttore d’orchestra (morto nel 1892), tra i primi a fondere gli elementi della musica classica con le tradizionali sonorità brasiliane. Ma colui al quale si deve la suggestione più forte di questa maledizione rimane senza dubbio Ro- 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 bert Johnson, stratosferico bluesman (il padre di Sweet Home Chicago, per intendersi), avvolto da sempre in una fumosa e misteriosa leggenda secondo la quale aveva venduto la propria anima al diavolo per poter suonare la chitarra come nessun altro al mondo. Nel 1938, a 27 anni, morì in circostanze che ancora oggi nessuno è stato in grado di chiarire (tra le teorie più accreditate, l’avvelenamento). Ora, a parte il documentario Can’t You Hear the Wind Howl? The Life & Music of Robert Johnson (1998) di Peter Meyer, a Hellhounds On My Trail: The Afterlife of Robert Johnson (2000, resoconto filmato del tribute concert avvenuto a Cleveland nel ’98) e a Sessions for Robert J. (2004), sorta di doc sulla realizzazione dell’omonimo album di Eric Clapton, il cinema solamente una volta ha provato ad avvicinare la leggenda di Johnson, nel 1986, grazie a Walter Hill, che in Mississippi Adventure (lasciare l’originale Crossroads, che rimandava ad un omonimo brano di Johnson, sembrava brutto…) racconta la storia di un ragazzo (Ralph Macchio) che cerca di trovare la trentesima traccia mai incisa dal celebre bluesman. Tim Russ interpreta Johnson, mentre Joe Seneca è l’amico Willie Brown, altro chitarrista. Gli arrangiamenti di Ry Cooder, le mani del protagonista nella scena del duello di chitarra quelle del virtuosissimo Steve Vai (che è anche il diabolico sfidante). Un film (tra i meno riusciti di Walter Hill) che prende spunto dal “mistero” Johnson, ma che ben si guarda di scavare dentro il mistero stesso, rimanendo saldo sul terreno poco “scivoloso” del road-movie. Se vogliamo, quello del “caso Johnson” fu un pretesto come quello che aleggiava intorno a Maledetto il giorno che ti ho incontrato di Carlo Verdone (1992), in cui il regista e attore romano, affiancato da Margherita Buy, è un giornalista musicale che vuole completare una biografia su Jimi Hendrix, promettendo incredibili rivelazioni sulla verità della sua scomparsa. Uno spunto accatti- RdC_aprile_2016_RdC_ 04/04/16 16:19 Pagina 47 vante, che fa comunque da sfondo alla reale dimensione del film, commedia amara sull’incontro/scontro tra due depressi cronici. È come se il cinema – sul mistero del Club 27 – fino ad oggi abbia preferito rimanere a debita distanza, quasi a non voler scomodare icone così drasticamente radicate nell’immaginario collettivo. Quasi preferendo non andare a “rovistare” nel torbido di situazioni mai chiarite del tutto. Solamente in tre occasioni – T h e Doors di Olive r Stone (1991), Last Days di Gus Van Sant (2005) e Jimi: All Is by My Side di John Ridley (2013) – il cinema mainstream e d’autore ha tentato frontalmente, metaforicamente e biograficamente l’incursione: nel primo caso, attirandosi le ire della critica, dei fan di Jim Morrison e, su tutti, di Ray Manzarek (tastierista dei Doors) che si scagliò contro Stone asserendo che nel film Morrison (interpretato da Val Kilmer) era dipinto solo come “un pazzo e un ubriacone”. Nel caso di Last Days, invece, pur non facendo nomi e cognomi e senza utilizzare alcun brano dei Nirvana, Van Sant “rinchiude” (l’immagine di) Kurt Cobain (Michael Pitt) in un maniero diroccato circondato dal bosco, negli ultimi giorni antecedenti il suicidio: rifuggendo le dinamiche da “inchiesta biografica”, il regista di Elephant concentra – come d’abitudine – le sue attenzioni sulle lente sinergie tra scorrere del tempo e moto interiore dell’inferno che (non) anima il protagonista (“un’immersione sensoriale, emozionale e quasi calma nel cuore di un mistero e di una fascinazione che circondano gli ultimi due giorni della vita dell’artista”, come scrisse Jean-Luc Wachthausen su Le Figaro). L’ultima volta, in ordine di tempo (2013), invece, John Ridley con Jimi: All Is by My Side ha tentato la via del film biografico su Hendrix cercando di svincolarsi dalla solita fanghiglia in cui si resta impantanati con i classici biopic che si preoccupano della vuota descrizione dei fatti. Altra operazione, nel 2008, quella della regista inglese Erica Dunton, che ha diretto The 27 Club, film indie presentato al Sundance e incentrato su personaggi “di fantasia”, naturalmente ispirato alle vicende dei rocker “maledetti”. Da sempre in cerca di storie “vere” e d’impatto da poter mutuare, insomma, il cinema su certe figure è come se non avesse mai voluto insistere troppo, lasciando però ampio margine di movimento alla sfera documentaristica: su Jim Morrison nel 2009 ci ha pensato Tom DiCillo con When You’re Strange, affidandosi a Johnny Depp per la voce narrante (da noi era Morgan dei Bluevertigo), su Janis Joplin (si parla di un biopic su di lei da almeno sei anni, che dovrebbe interpretare Amy Adams…) c’è il recente Janis: Little Girl Blue di Amy Berg (2015). E sempre l’anno scorso Brett Morgen e Asif Kapadia si sono concentrati sul leader dei Nirvana (con Cobain: Montage of Heck) e su Amy Winehouse (con lo struggente Amy, anche fresco vincitore dell’Oscar): due approcci differenti, seppur accomunati dall’enorme lavoro sulla ricerca di materiale d’archivio inedito, per raccontare due celebrità entrambe soffocate (e uccise) dalla celebrità stessa. Come se, per entrare davvero nel Club 27, il cinema non possa fare a meno di affidarsi al filtro del reale. Unica lente per non deformarne ulteriormente la leggenda. J In alto Jimi: All Is by My Side, a sinistra Val Kilmer in The Doors e Kurt Cobain. Nei riquadri piccoli: Alexandre Levy e Robert Johnson aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 47 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 48 cover storY parole e dintorni RAPPAMI O DIVA... Da Eminem a Straight Outta Compton: bianco o nero non i l blues è l’albero, jazz e rock i frutti, sostiene B.B. King. Bene, ma il rap? Il frutto più alto, l’ultimo in ordine di tempo, apparentemente “ribelle” se paragonato al resto della pianta, nonostante una derivazione diretta da quella pratica della musica del diavolo chiamata in gergo “talkin’ blues”. Ma cambia lo scenario: da rurale a metropolitano, facendo certo tesoro delle influenze elettriche di chi la scala pentatonica l’ha rielaborata in quel di Chicago. Negli anni, il rap ha avuto un’estensione culturale ampia che riguarda lo slang quotidiano, il modo di vestirsi, persino la gestualità, tutte fondamenta dell’hip hop. Tra gli afroamericani soprattutto, ma ci sono eccezioni “scandalose”. Se per il blues l’intromissione bianca dovette arrivare da oltreoceano, con la British Invasion, per l’hip hop la partita si è giocata in casa con toni anche accesi, come ben dimostrato dalla lotta per l’improvvisa- 48 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 zione rap tra i neri e il cucciolo bianco interpretato da Eminem (di fatto nel ruolo di se stesso) in 8 Mile di Curtis Hanson (2002). Il rap è un modo di pensare la musica e la vita. Sembra un’esagerazione ma no: da almeno 30 anni rappresenta il linguaggio urbano, lo strumento di narrazione di quelli che un tempo erano chiamati ghetti, alcune sue parole d’ordine (“No Justice, No Peace” ai tempi del feroce pestaggio di Rodney King a Los Angeles, 1991, con conseguente messa a ferro e fuoco del quartiere di South Central) si sono estese al conflitto di classe, padre di tutti i conflitti. L’anno scorso ha fatto discutere il successo di pubblico di Straight Outta Compton di F. Gary Gray (che ha sostituito John Singleton), biopic del gruppo rap N.W.A. (Niggaz Wit Attitudes) nel quale a cavallo tra gli anni 80 e i 90 si sono fatti le ossa pesi massimi del genere come Ice Cube, Dr. Dre e Eazy-E (i primi due direttamente coinvolti nel progetto come produttori). Un film importante, realizzato da afroamericani per fare giustizia di molti luoghi comuni che accompagnano il rap, spesso visto dai media bianchi come una specie di “neomelodico della malavita” Usa; ma RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 09:59 Pagina 49 importa, l’importante è far la cosa giusta di Mauro Gervasini anche per pacificare una comunità artistica in effetti, spesso, contaminata dalla criminalità, estremamente divisa al proprio interno (i N.W.A. “implosero” a causa di rivalità e ripicche, con strascichi violenti). Ma il cosiddetto gangsta rap, di cui un altro attore-cantante, Ice-T, è stato alfiere (sua è la canzone che dà il titolo al film di Dennis Hopper Colors, del 1988), non esaurisce per fortuna l’immaginario hip hop, che invece spesso coincide con la poesia, l’invenzione linguistica e non solo melodica. Un po’ dimenticato nonostante avesse vinto la Camera d’or a Cannes, ma in questo senso importante, è Slam (1998), scritto e diretto da Marc Levin con le musiche di DJ Spooky, storia classica di caduta, riscatto e redenzio- ne di un ragazzo che finisce in galera, esce su cauzione, partecipa a un poetry slam rappando e riesce a provocare uno scatto d’orgoglio nella sua crew altrimenti votata esclusivamente al crimine. Non poteva che appartenere anche a Spike Lee questa volontà di distinzione del rap dallo stereotipo della “drug culture” afroamericana. Fa’ la cosa giusta (1989), che comincia sulle note di Fight the Power dei Public Enemy, ristabilisce il valore identitario culturale del rap, soprattutto nella celebre scena in cui Radio Raheem (Bill Nunn) e Buggin Out (Giancarlo Esposito) rifiutano di spegnere il ghetto blaster che spara la “loro” musica nel locale italoamericano gestito da Sal (Danny Aiello) e da suo figlio razzista Pino (John Turturro), sequenza che si conclude con l’uccisione di Radio Raheem da parte della polizia. Bianca. J Il gruppo rap Public Enemy. A fianco, Fa' la cosa giusta. In alto Eminem in 8 Miles e Straight Outta Compton aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 49 SMARTTV TV SMART BLURAY SMART TV BLURAY PC BLURAY PC TABLET PC TABLET SMARTPHONE SMARTKEY KEY KINDLEKEY TABLET SMARTPHONE SMART SMARTPHONE SMART KINDLE doppia cinematografo istituzionale_STAR WARS.indd 28 ANDROID KINDLE ANDROID IOS WIN8 IOS ANDROID IOS WIN8 WIN8 29/03/16 11:45 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:14 Pagina 51 momenti di gloria QUELLE SPORCHE, ULTIME METE Sugli schermi Zona d’ombra, nuovo capitolo di una storia – quella tra film americani e sport – che ha prodotto grandi titoli. E quasi sempre era molto più di un gioco di Alessandro De Simone aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 51 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:01 Pagina 52 momenti di gloria otremmo farlo anche noi, gli argomenti non mancherebbero. Le molte calciopoli, la parabola di Marco Pantani, i successi sassaresi del basket. Quante storie ci racconta lo sport, meravigliose e controverse, scuola di vita, ma il cinema italiano le ha colte raramente e malamente. Gli americani, al contrario, ne hanno fatto epica per sopperire alla loro breve storia nazionale, creando miti tra il diamante, il cesto e la end zone. Frank Capra fece di un giocatore di baseball il suo profeta in Arriva John Doe e lo stesso Gary Cooper avrebbe prestato il suo corpo all’incarnazione cinematografica di Lou Gehrig, l’orgoglio degli Yankees nel magnifico L’idolo delle folle. Un genere di successo il film sportivo, e non necessariamente celebrativo, come dimostra l’immi- P 52 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 nente Concussion (Zona d’ombra da noi, in sala dal 21 aprile con Warner), storia vera del dottor Bennet Omalu, patologo che ha scoperto i gravi danni cerebrali da cui sono affetti molti giocatori di football professionisti. Will Smith cerca riscatto dopo alcuni passi falsi, ma soprattutto è l’ulteriore tassello di un mosaico cinematografico che rac- giovane America che cresce sotto la guida di un mentore. Friday Night Lights ne è l’esempio principe. Tratto da una storia vera, diventato bestseller in libreria, successo sul grande schermo e serie tv ancora più amata. Ma è solo l’ultimo di una lunga serie, in cui gli schemi di campo sono la scusa per raccontare altro. Il sapore della vittoria faceva san- Il tessuto sociale Usa si basa su una trinità: football, baseball e basket. E le opere ne alimentano il mito conta molto più che storia di campo e spogliatoio. Il tessuto sociale americano si basa su una trinità: football, baseball e basket. Il primo racconta storie di formazione, la guinare la ferita mai chiusa del razzismo negli stati del sud, The Program affrontava il problema del doping giovanile, Le riserve una commedia che raccontava una cosa ben più seria come la RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:01 Pagina 53 disoccupazione cavalcante nell’America dell’amministrazione Bush. L’All American, il giocatore perfetto, pronto per la ribalta professionistica e anche per la caduta a cui gli Dei sono inevitabilmente destinati, negli anni Cinquanta era il maschio alpha da demolire. Le pulsioni irrefrenabili di Warren Beatty in Splendore nell’erba, film che rivisto oggi ha una violenza potente e inalterata. Tennesee Williams che ne La gatta sul tetto che scotta prende a schiaffi il Paese dicendogli che il suo seme potrebbe non essere così fertile, opera straordinaria e geniale. Il football è uno sport violento come le storie che racconta. Il basket è velocità e sottolinea quelle diverse della società americana. L’esempio lampante è He Got Game, forse il miglior Spike Lee di sempre, in cui il grandissimo Ray Allen, vera giovane stella del basket NBA, si confronta con il padre appena uscito dal carcere. La fuga dal ghetto, lo sport come rivincita sociale, elementi che si trovano anche in Colpo vincente, straordinario film di David Anspaugh che racconta l’epopea di una bianchissima squadra di high school di provincia che trionfa nonostante l’etichetta di perdenti che tutti si portano appresso. Un gioiello, con Gene Hackman e Dennis Hopper immensi, quasi quanto un piede di Shaquille O’Neal, attore per William Friday Night Lights, la serie. A sinistra, dall'alto: Zona d'ombra, The Program, L'uomo dei sogni, He Got Game, Arriva John Doe Friedkin in Basta vincere, o “Il braccio violento della pallacanestro”. Lezione di vita, sul campo e fuori, sapendo che quando si finisce di giocare non si vincerà più. Perché di campo dei sogni ce n’è solo uno ed è in Iowa, che non è il Paradiso, ma è dove Kevin Costner (L’uomo dei sogni) racconta l’America a cui manca la pace e con una sola costante: il baseball. Anche quando qualcuno lo ha sporcato, come gli Otto uomini fuori dei Chicago White Sox del 1919, la squadra più forte del mondo che si vendette le World Series. Un dolore che ha segnato la nazione e l’immaginario collettivo. Francis Scott Fitzgerald lascia intendere che Gatsby c’entrasse qualcosa, il codice Hays entra in vigore nel cinema perché il baseball si diede delle regole. I sogni non si devono corrompere. Dallo schermo e dai diamanti nascono solo le stelle. Non a caso Roy Hobbs, il protagonista de Il migliore, nel romanzo di Bernard Malamud è un uomo senza qualità, simbolo di un paese malato, mentre al cinema, interpretato da Robert Redford, trionfa sul campo e nella vita, giocando a baseball al tramonto con il figlio nell’orizzonte del Grande Paese. Lo sport americano crea leggende. E come disse una volta il cinema americano, è sempre meglio raccontare la leggenda. J RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:01 Pagina 54 RITRATTI di Orio Caldiron La spontanea naturalezza degli eroi tutti d’un pezzo e il tormento di personaggi vulnerabili. Indimenticabile nel Buio oltre la siepe GREGORY PECK 54 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:01 Pagina 55 F Gregory Peck con Audrey Hepburn in Vacanze romane. In apertura nell’artwork di Marco Letizia Fin dall’inizio Gregory Peck – nasce a La Jolla, California, il 5 aprile 1916, morirà a Los Angeles il 12 giugno 2003 – s’impone per la disinvoltura con cui passa dallo smemorato in sospetto di omicidio di Io ti salverò (1945), psicanalizzato dalla dottoressa Ingrid Bergman, al farmer tutto boschi e famiglia di Il cucciolo (1946), dal cronista liberal di Barriera invisibile (1947) che si finge ebreo per indagare sull’antisemitismo allo scrittore vittima del demone del gioco di Il grande peccatore (1949), assicurandosi la simpatia del pubblico soprattutto femminile per la sua immagine di bravo ragazzo, elegante e gentile. Se richiama la spontanea naturalezza degli eroi tutti d’un pezzo del cinema classico, è a suo agio con i personaggi tormentati e vulnerabili, che non riescono a nascondere le loro inquietudini. Come Frank Savage, il generale dell’aviazione di Cielo di fuoco (1949) che, alla testa dei piloti impegnati nei bombardamenti delle città tedesche, entra in crisi quando mette da parte l’impassibilità e soffre con i suoi uomini, mentre la tensione emotiva tocca il punto di rottura. O come Jimmy Ringo, il pistolero di Romantico avventuriero (1950) perseguitato dalla sua fama di imbattibile. Stanco e disilluso, è ormai lontano dal mito che ha alimentato le sue imprese, vorrebbe cambiar vita, farsi una famiglia con la donna e il figlio che aveva abbandonato, ma la lunga sosta al Bar Palace di Cayenne è il drammatico capolinea in cui ancora una volta vince la maledizio- ne della leggenda. L’orgoglio della divisa tutta alamari e bottoni dorati prevale in Le avventure del capitano Hornblower, il temerario (1951), dove l’attore guida l’ammiraglia inglese contro le navi napoleoniche in un’epopea marinara che, tra perfidi agguati, mirabolanti arrembaggi, amori tenaci, ritrova il gusto del sogno a occhi aperti. Siamo nella favola con Vacanze romane (1953), la sua prima commedia in cui è il giornalista che, sottraendola al protocollo, accompagna la principessa in giro per la città. Audrey Hepburn gli ruba spesso la scena, ma la loro immagine in Vespa resta un’icona della modernità in arrivo. Tom Rath, l’impiegato di L’uomo dal vestito grigio (1956) si identifica con l’americano medio che si rifugia nella flanella grigia, l’uniforme della normalità, fino a quando non scopre di aver avuto un figlio dalla ragazza italiana con cui era stato durante la guerra. L’avvocato Atticus Finch di Il buio oltre la siepe (1962) – tratto dal bestseller di Harper Lee – all’inizio degli anni trenta difende un giovane nero accusato ingiustamente di aver stuprato una ragazza bianca. È uno dei personaggi più appassionati e popolari della sua galleria d’attore sensibile ai valori civili e al rispetto della diversità. Singolare romanzo di formazione di Scout e del fratello Jem sullo sfondo del problema razziale in una cittadina del Sud, il film gli offre l’occasione di una delle performance più straordinarie dell’intera carriera, che gli vale l’Oscar. J L’IMMAGINE IN VESPA CON AUDREY HEPBURN ICONA DELLA MODERNITÀ INCOMBENTE aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 55 SMARTTV TV SMART BLURAY SMART TV BLURAY PC BLURAY PC TABLET PC TABLET SMARTPHONE SMARTKEY KEY KINDLEKEY TABLET SMARTPHONE SMART SMARTPHONE SMART KINDLE doppia cinematografo istituzionale_STAR WARS.indd 32 ANDROID KINDLE ANDROID IOS WIN8 IOS ANDROID IOS WIN8 WIN8 29/03/16 11:45 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:01 Pagina 57 I TOP 5 58 al Cinema HHHHH OTTIMO HHHH BUONO HHH SUFFICIENTE HH MEDIOCRE H SCARSO LOVE & MERCY 60 61 THE DRESSMAKER SOLE ALTO 62 65 RACE - IL COLORE DELLA VITTORIA 66 ZONA D’OMBRA TRUMAN 63 68 IL COMPLOTTO DI CHERNOBYL DESCONOCIDO 64 58 Love & Mercy 60 Sole alto 61 The Dressmaker 61 Appena apro gli occhi 62 Truman 63 Desconocido 63 Un’estate in provenza 64 Veloce come il vento 64 Una notte con la regina 65 Race – Il colore della vittoria 66 Zona d’ombra 67 Ustica 67 Lo stato contro Fritz Bauer 68 L’infinita fabbrica del Duomo 68 Il complotto di Chernobyl 69 Preview n Captain America: Civil War n Il traditore tipo n X-Men: Apocalisse n Pelé n Alice attraverso lo specchio n Money Monster VELOCE COME IL VENTO aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 57 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:01 Pagina 58 i film del mese Brian Wilson, mente musicale del gruppo, era un artista raffinato e un abile sperimentatore RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:01 Pagina 59 LoVe & MeRCy Biopic anomalo e affascinante sui Beach Boys. Bravissimi Paul Dano ed elizabeth Banks In sala Regia Bill Pohlad Con Paul Dano, John Cusack, Elizabeth Banks Genere Biografico (121’) I Beach Boys sono un gruppo a cui la storia della musica non ha reso il giusto tributo. Troppo facilmente etichettati come una semplice pop band, nati in un periodo in cui dall’Inghilterra i Rolling Stones e i Beatles la facevano da padrone e la musica americana si divideva tra il folk impegnato di Bob Dylan e “ l’onda rock che avrebbe culminato in Woodstock. La band californiana in questo panorama sembrava essere un fenomeno di passaggio, ma non era assolutamente così. Brian Wilson, mente musicale del gruppo, era un artista raffinato e un grande sperimentatore, e non è un caso che il processo creativo che portò alla realizzazione del loro capolavoro, Pet Sounds, sia in tutto e per tutto simile a quello che avrebbero poi seguito anche i Beatles per Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, il loro album più complesso e meraviglioso. Si racconta anche questo in Love & Mercy, biografia della tormentata vita di Wilson, segnata da problemi mentali di cui approfittò lo psicanalista Eugene Landy, che di fatto lo tenne prigioniero suo e della malattia per quasi un ventennio. Come spesso accade, l’amore per la futura seconda moglie Melinda Laedbetter fu il motore primario della guarigione, insieme al desiderio di tornare a essere un musicista. Equamente diviso tra il periodo Pet Sounds, interpretato da un ottimo Paul Dano, e quello dell’incontro con Melinda, in cui Wilson è interpretato da un John Cusack ispirato come non gli succedeva da tempo, Love & Mercy è un biopic atipico diretto con intelligenza da Bill Pohlad, produttore di assoluto valore (nel suo curriculum troviamo The Tree of Life e Into the Wild, tra gli altri), qui alla sua opera seconda dopo quasi venticinque anni. I due protagonisti fanno rivivere mirabilmente il genio, ma soprattutto i demoni di Wilson, ma se da un lato quello di Dano è praticamente un One Man Show, tra musica e ossessioni, Cusack ha invece la fortuna di essere supportato da due grandi attori come Paul Giamatti, nei panni di Landy, e soprattutto una straordinaria Elizabeth Banks, bellissima e sempre più brava, che tratteggia un’amorevole e risoluta Melinda. Lo racconta il titolo stesso, quella di Brian Wilson è una vita divisa tra l’amore, per la musica prima di tutto, e il perdono di ciò che si è lasciato alle spalle, a partire dalla famiglia. Una parabola molto umana e narrata con una non comune dolcezza, quasi a cercare entrambe le cose anche da quel pubblico che per troppo tempo non ha potuto godere di uno dei più grandi talenti musicali di sempre. ALeSSAnDRo De SIMone aprile 2016 J rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 59 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:01 Pagina 60 i film del mese SoLe ALTo Amore e guerra nei Balcani: l’opera di Dalibor Matanic vive di tensioni erotiche Anteprima Regia Dalibor Matanic Con Goran Markovic e Tihana Lazovic Genere Drammatico (123’) POSSONO DI PIù le divisioni create ad arte dagli uomini o i legami genuini che s’instaurano tra le persone? E’ la domanda elementare che sembra percorrere dall’inizio alla fine il croato Sole alto, film che lo scorso anno si aggiudicò il Premio della Giuria di Un Certain Regard a Cannes. Il lavoro di Dalibor Matanic (suo il cortometraggio pluripremiato Party) è diviso in tre atti, corrispondenti a tre decenni distinti nella storia di un villaggio dei Balcani (1991, 2001, 2011). In scena, con variazioni minime, una relazione proibita tra una ragazza serba e un giovane croato. I nomi dei personaggi cambiano, ma gli attori che li interpretano sono sempre gli stessi (gli 60 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 ottimi Goran Markovic e Tihana Lazovic) a suggerire probabilmente la ciclicità e l’universalità della vicenda raccontata. La guerra rimane fuoricampo. Nel 1991 non era ancora esplosa, nel 2001 era già finita. Il clima di conflittualità però era già presente prima e si sarebbe avvertito anche dopo. A Dalibor Matanic non interessa fare memoria, scavare nelle divisioni etniche di ieri e di oggi. Vuole semmai sentirne l’aria, isolare le pulsioni, trasformare l’inquadratura in un campo magnetico di forze in lotta: un cinema, il suo, mosso da un violento impulso sensoriale, una tensione erotica che né le forme della cultura né i retaggi della Storia – e qui sta l’ottimismo – sanno contenere. Una visione metastorica, fisica, consegnata a uno scenario (un villaggio di confine) indefinito, sospeso nel tempo e immerso in una luce calda, estiva, foriera di epifanie. Perfetta la chimica tra i due attori protagonisti: il modo in cui usano i corpi, si lanciano occhiate, si respingono e si annusano, ha un che di bestiale, autentico e straordinario. Bello il contrasto con la calma piatta della campagna intorno, il bagno d’inquietudine nella placida neutralità della natura. Il mondo per Matanic esisteva prima di ogni io, noi, loro. E’ intero sotto la grande ferita. Verità condivisibile. Non lenisce ma almeno, diceva qualcuno, ci renderà liberi. GIAnLUCA ARnone Premio della giuria di Un Certain Regard a Cannes 2015 J RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 61 APPenA APRo GLI oCChI CAnTo PeR LA LIBeRTà Tra formazione e ritratto generazionale: buon esordio alle porte. Storia di formazione e ritratto generazionale di un passatopresente che abbiamo ancora dinanzi agli occhi, l’opera della Bouzid si caratterizza per le contrapposizioni: non soltanto quella fra giovani aperti ai desideri del mondo globalizzato e adulti legati a una realtà tradizionale, ma persino quella che può sorgere fra due coniugi decisi a rinunciare agli ideali professati in gioventù in cambio di un po’ di stabilità e, allo stesso tempo, sensibili alle richieste dell’universo giovanile. Sullo sfondo, permangono le restrizioni del regime, spia lampante di un sistema sull’orlo del collasso. Massiccio, infine, il ricorso a numeri musicali di etno-rock per un film lontano dall’entusiasmare ma che si conferma, oltre ogni dubbio, come una prova di tutto rispetto. GIAnFRAnCeSCo IACono PRIMO LUNGOMETRAGGIO della giovane regista tunisina Leyla Bouzid, Appena apro gli occhi è la storia di Farah, una diciottenne di Tunisi con la passione per la musica. Mentre la famiglia vorrebbe iscriverla alla facoltà di Medicina, lei ha testa soltanto per il gruppo rock di cui fa parte e grazie al quale contribuisce a dar voce ai turbamenti di una generazione ansiosa di rinnovamento. Ci troviamo, però, nell’estate del 2010 e la rivoluzione è J Anteprima Regia Leyla Bouzid Con Baya Medhaffer, Ghalia Benali Genere Drammatico (102’) The DReSSMAKeR L’abito non fa il film, ma la sexy Kate Winslet convince Anteprima Regia Jocelyn Moorhouse Con Kate Winslet, Judy Davis Genere Commedia (118’) LA STORIA DI TILLy DUNNAGE (Kate Winslet), bomba sexy, stilista ardita e sarta provetta: dopo l’apprendistato a Parigi e in mezza Europa, torna nella natia Australia per ritrovare l’eccentrica madre Molly (Judy Davis). Nel villaggio di Dungatar, da cui fuggì “rea” di omicidio, l’attendono invidia e cattiveria, ma anche gli occhi blu, che fanno scopa con i suoi, di Teddy (Liam Hemsworth). Sarà amore, vendetta o che altro? Campione di incassi in Australia, è The Dressmaker di Jocelyn Moorhouse: troppo lungo e incerto tra commedia e revenge movie, si bea dell’interpretazione di Kate Winslet e Judy Davis, ma nemmeno loro riescono a farci interessare, figurarci appassionare, alla storia. Che strizza un occhio al pubblico gay, grazie al sergente Farrat di Hugo Weaving innamorato di stoffe e boa di struzzo e la stessa Winslet che scimmiotta le femme fatale della Hollywood che fu, e l’altro all’haute couture, complici i costumi meravigliosi di Marion Boyce, la cosa migliore del film e non ci vuole molto. Già, non bastano sequenze indovinate, come quella bruciante del finale, e siparietti a segno per distoglierci dalla vera “maledizione” di The Dressmaker: l’abito non fa il film. FeDeRICo PonTIGGIA aprile 2016 J rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 61 RdC_aprile_2016_RdC_ 04/04/16 16:20 Pagina 62 i film del mese tRumAn L’amicizia oltre la morte. Script eccellente e due interpreti maiuscoli Anteprima Regia Cesc Gay Con Ricardo Darín, Javier Cámara Genere Drammatico (108’) “ognuno muore come può”. Julián (Darín), malato di cancro, ha deciso di smettere con le cure: preferisce viversi quel poco che gli resta al di fuori di un ospedale. L’amico di sempre, Tomás (Cámara), torna allora a sorpresa dal Canada a Madrid per trascorrere con lui qualche giorno prima che sia troppo tardi. Attore ancora in scena, divorziato e con un figlio universitario ad Amsterdam, Julián ha una sola preoccupazione: trovare qualcuno che possa adottare il suo secondo “figlio”, Truman, cagnolone da cui non si è mai separato. L’amicizia oltre la morte: lo spagnolo Cesc Gay richiama a sé Ricardo Darín e Javier Cámara (splendidi entrambi) e 62 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 dopo la coralità di Una pistola en cada mano si concentra sull’aspetto più intimo, e vero, di un rapporto destinato a non morire anche al di là della vita stessa. Non è un caso che il film – scritto insieme al sodale Tomàs Aragay – debba il titolo all’unico personaggio silenzioso, il cane Troilo (morto qualche mese dopo le riprese), lascito terreno di un uomo che, in quei pochi giorni di spostamenti, pranzi, cene e viaggi improvvisati, avrà modo di riflettere ancor più in profondità sul senso dell’esistenza, sulla forza dei legami, sulla continuità delle “cose” oltre il termine materiale delle stesse. La bravura degli autori e degli interpreti (5 premi Goya, gli Oscar spagnoli, per miglior film, regia, attore protagonista e non protagonista, sceneggiatura originale) è però nell’evitare qualsiasi stucchevole filosofia d’accatto, nel saper fuggire ogni trappola da ricatto emotivo, nel lasciar scivolare i dialoghi e i momenti, nell’approfittare dei giusti silenzi e dell’incredibile alchimia tra i due protagonisti, così lontani-così vicini da risultare per questo tremendamente veri, incarnazione di una sincerità leggera e commovente. Ecco, è proprio nella levità di una commozione mai forzata che Truman cerca di accomodarsi, proprio come un affettuoso e docile cagnone che ti si accuccia accanto. Senza chiedere nulla in cambio, se non uno sguardo. O una carezza. vALeRio SAmmARCo J Sorprende la levità con cui si cerca una commozione mai forzata RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 63 DeSConoCIDo Guida per riconoscere i tuoi bancari: ottimo Luis Tosar anche noi italiani conosciamo fin troppo bene. Eppure, la gogna non è (solo) per i bancari, ma per i banchieri: se i primi sono spregiudicati, ma meri esecutori, le pratiche fraudolente vengono promosse ai piani alti. A rischiare le chiappe sono quelli come Carlos (Tosar), un funzionario di banca rispettato e rampante, con una bella famiglia, una bella casa e un’incipiente crisi coniugale. Un brutto giorno è lui, al posto della moglie, ad accompagnare i figli a scuola, ma nell’abitacolo squilla un cellulare e una voce sconosciuta gli intima di versare fior di quattrini su un conto: se non lo farà, salterà in aria insieme ai figli, perché sotto i sedili della sua BMW X5 (già auto di Locke...) è stata messa una bomba. Chi c’è all’altro capo del telefono? Boom! FeDeRICo PonTIGGIA GUIDA per riconoscere i tuoi bancari: Desconocido. E’ un thriller potenzialmente esplosivo quello diretto dallo spagnolo Dani de la Torre e molto ben interpretato – è la cosa migliore del film - da Luis Tosar, già apprezzato in Cella 211. Adrenalina e suspense fanno da cornice a un ritratto perfettibile (colpi di scena fuori bersaglio, snodi fallaci), ma impietoso dell’attuale sistema bancario, che da Banca Etruria alla Popolare di Vicenza J In sala Regia Dani de la Torre Con Luis Tosar, Javier Gutiérrez Genere Thriller (102’) Un’eSTATe In PRoVenZA Banale commedia vacanziera. Anche Jean Reno è “in ferie” In uscita Regia Rose Bosch Con Jean Reno, Anna Galiena Genere Commedia (105’) JEAN RENO è Paul, burbero nonno di Adrien, Lea e Theo, tre giovani fratelli parigini costretti a trascorrere l’estate in Provenza nell’approssimarsi del divorzio dei genitori. A condurli nel soleggiato e gaudente Midi è la nonna, interpretata dalla nostra Anna Galiena, che fin da subito deve darsi da fare per rintuzzare le schermaglie generazionali fra lo scorbutico marito campagnolo e i vivaci nipoti, in tutto e per tutto figli della metropoli e della contemporaneità globale 2.0: quasi superfluo aggiungere che i contrasti fra età matura/gioventù e città/campagna la faranno da padroni durante l’intera, abbondante ora e mezza del film. Un’estate in Provenza, commediola francese diretta da Rose Bosch che non brilla di particolari virtù né per originalità, si segnala invece per aderire in pieno ai canoni rassicuranti, patinati e volemosebene del film vacanziero, fotografia da cartolina compresa. Il plot non punge, non solletica mai, non tenta una sola volta di sollevare il minimo dubbio e spesso annoia nei suoi tentativi di provocare un pur minimo sussulto emotivo. E Jean Reno, qui protagonista non troppo convincente, fa sentire nostalgia del suo simpatico personaggio ai tempi di French Kiss. GIAnFRAnCeSCo IACono aprile 2016 J rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 64 i film del mese UnA noTTe Con LA ReGInA Anche i reali nel loro piccolo si divertono: noi meno Hepburn, qua un acerbo attore irlandese (Ja ck Reynor) e una fin qui solo graziosa Sarah Gadon. S’incontrano nella finzione la notte dell’8 maggio 1945, tra i balli del Mall e la baldoria ubriaca di Trafalgar Square, per celebrare la fine della guerra e la vittoria dell’Europa sull’Asse del Male. Classica commedia degli equivoci in moto perpetuo e a tempo di swing, modellata su un romanticismo caramelloso che tutto ammette e perdona, baci rubati, diff erenze di censo, pietose bugie e improbabili inganni, audace quanto basta per non essere imprudente, Una notte con la regina confida soprattutto sulla generosità bonaria di un pubblico d’altri tempi e la simpatia dei suoi reali di contorno, re Giorgio (Rupert Everett), la moglie Elisabetta (Emily Watson) e la figlia minore Margaret (Bel Powley). GIAnLUCA ARnone L’IPOTESI NAIF di una società orizzontale, un tempo cara ai comunisti e ai commoventi cantori della Hollywood b/n, è il cuore di questa commedia all’inglese deliziosamente futile, che trasforma un aneddoto bio di sua maestà Elizabetta II nella favola escapista modello Vacanze romane. Là il giornalista e la principessa, qua l’aviatore e la giovane erede al trono d’Inghilterra. Là soprattutto il fascino di Gregory Peck e la grazia di Audrey J In sala Regia Julian Jarrold Con Sarah Gadon, Jack Reynor Genere Commedia (97’) VeLoCe CoMe IL VenTo Motori e voglia di rivincita: è il titolo giusto per Accorsi In sala Regia Matteo Rovere Con Stefano Accorsi, Matilda De Angelis Genere Drammatico (119’) FINALMENTE ACCORSI ha accettato un ruolo scomodo, diverso, accogliendo le insicurezze di Loris, ex pilota che un incidente ha precipitato in un presente senza prospettive, se non quelle di rimanere ai bordi della società senza affetti e responsabilità, sempre pronto a compiere gesti audaci, pericolosi, vuoi per ribellione, vuoi per la droga di cui ormai abusa quotidianamente. Per evadere, dimenticare. La sorella Giulia (Matilda De Angelis) è stata contagiata pure lei dalla passione dei motori, la sua 64 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 Porsche è la vita, e le gare cui partecipa come pilota un modo per affermarsi, fuggire forse, scacciare fantasmi. Quando il padre muore, il fratello torna ad affacciarsi. Inizialmente lo scontro è inevitabile, poi i due troveranno un modo, non senza dolore, per correre insieme alla stessa velocità, sulle piste e nella vita. Matteo Rovere si ispira a fatti in parte accaduti, si cala nella provincia emiliana e nel mondo delle corse, ne gestisce bene lingua e ambienti, spazi e pulsioni. Realismo e commozione procedono nel giusto senso di marcia, non sono mai forzati. I due protagonisti si fanno lentamente conoscere, regolando perfettamente i loro caratteri, le loro parole, i loro sentimenti. Tra motori e voglia di rivincita. LUCA PeLLeGRInI J RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 65 RACe - IL CoLoRe DeLLA VITToRIA La velocità di Jesse owens. Che “bruciò” le olimpiadi naziste del 1936 In sala Regia Stephen Hopkins Con Stephan James, Jason Sudeikis Genere Drammatico (134’) “IL RECORD MONDIALE non è niente, arriva il primo ragazzino sconosciuto e te lo leva. Ma una medaglia d’oro no, quella non te la leverà mai nessuno”. Restano impresse le parole di Larry Snyder (Jason Sudeikis), coach dell’Ohio University che riuscì ad affinare il talento di James Cleveland Owens (Stephan James), per tutti “Jesse” Owens da quando, bambino, una maestra di Cleveland iniziò a storpiare le sue iniziali, J.C. Veloce come il vento, il nero Jesse passerà alla storia (non solo sportiva) vincendo quattro ori (nei 100 e nei 200 metri piani, nel salto in lungo e nella staffetta 4x100) alle Olimpiadi del ’36 di Berlino, nella Germania del Terzo Reich, sotto gli occhi di Hitler e Goebbels. Il film di Hopkins – primo a raccontare sul grande schermo le gesta del grande olimpionico USA (il cui record sarà eguagliato nel 1984 da Carl Lewis, che a Los Angeles vinse altrettanti ori nelle stesse quattro gare) – è un interessante ritratto, oltre che del personaggio protagonista, di un’epoca in cui il nazismo provò a consacrare se stesso attraverso il volano dei Giochi, immortalati trionfalmente dalle cineprese di Leni Riefenstahl (Carice van Houten), oltre alle contraddizioni dell’America depressa e razzista in cui nacque e crebbe lo stesso Owens. E senza dimenticare le tensioni relative alla partecipazione a quelle Olimpiadi (fino all’ultimo, scosso dalle ordinanze tedesche contro gli ebrei, il comitato olimpico USA era diviso sulla scelta di partecipare), il film affida a Jeremy Irons il ruolo del controverso Avery Brundage, presidente del comitato americano che non solo decise di non boicottare i Giochi, ma sembrerebbe abbia spinto affinché i corridori ebrei Glickman e Stoller venissero sostituiti da Owens e Metcalfe per la finale della staffetta. Tra storia e finzione (il rifiuto di Hitler nel congratularsi con il vincitore, cosa che Owens smorzò anni dopo dicendo che in realtà il Führer lo salutò dal palchetto), Hopkins prova a rendere giustizia ad un campione che, come detto, anche in patria continuò ad avere problemi per il colore della sua pelle. VALeRIo SAMMARCo J Tra storia e finzione, Hopkins rende giustizia ad un campione assoluto aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 65 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 66 i film del mese ZonA D’oMBRA Le conseguenze da trauma cranico del football americano: Landesman contro la nFL Anteprima Regia Peter Landesman Con Will Smith, Alec Baldwin Genere Drammatico (123’) PROvATE AD IMMAGINARE che nel giuoco del calcio si decida di vietare il colpo di testa. O che nella boxe non si possa colpire l’avversario dal collo in su. Ecco, nel 2002, in seguito alla tragica morte dell’ex giocatore di football americano Mike Webster (per tutti Iron Mike, leggendario centro dei Pittsburgh Steelers), c’è stato qualcuno che ha provato a far notare i pericoli letali di uno sport dove il trauma cranico è all’ordine dei minuti. Un neuropatologo nigeriano, Bennet Omalu (Will Smith), che fino a quel momento non aveva mai visto neanche una partita dell’NFL. E che, da quel momento, venne considerato dall’NFL stessa il nemico 66 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 pubblico numero uno. Dopo Parkland, Peter Landesman si concentra su un’altra storia vera, lì erano i giorni immediatamente successivi alla morte di JFK, qui tutto prende le mosse da “Game Brain”, articolo di Jeanne Marie Laskas pubblicato su GQ in cui si faceva luce sulla ricerca di Omalu, che dopo quello di Webster prese in esame il cervello di altri “cadaveri eccellenti”, tutte ex stelle NFL come Terry Long, Andre Waters e Dave Duerson, morti in seguito alla malattia degenerativa che Omalu definì CTE (encefalopatia cronica traumatica), causa di amnesie, disorientamento, demenza, disartria e via discorrendo. Il film, che Landesman dirige senza particolare originalità e senza servirsi di chissà quali stratagemmi, apre però un importante squarcio sull’annosa questione tra ciò che sarebbe giusto fare e ciò che sarebbe tremendamente impopolare, per non parlare degli interessi monstre che orbitano intorno ad un universo quale quello del football americano negli States. Ecco allora che la narrazione si fa via via più “spettacolare”, puntando sui risvolti thriller della vicenda (Omalu e la moglie che vedono minacce ovunque), senza però mai perdere di vista l’indubbia e assoluta integrità di un personaggio che, anche grazie all’interpretazione di un Will Smith monocorde, sembra provenire da un altro pianeta. Effetto voluto, per carità, ma che alla lunga rischia di sembrare posticcio. VALeRIo SAMMARCo The show must go on. Fino a che punto vale in questo caso? J RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 67 Lo STATo ConTRo FRITZ BAUeR Germania, i conti col passato non tornano Bonn. Non sarà facile. Il tormento del passato è un fuoco ancora vivo per la giovane generazione di registi tedeschi, chiamati come i loro padri a fare i conti con la Storia. Con quello che sta succedendo in Germania, tra gestione degli immigrati e nostalgie della destra xenofoba, vanno compresi. Tuttavia Lo stato contro Fritz Bauer di Lars Kraume forma un dittico ideale con Il labirinto del silenzio di Ricciarelli, non solo per uno scrupolo edificante verso gli eroi della Germania “denazificata”, ma anche per la resa visiva, cromaticamente pastosa e di sciagurata piattezza televisiva. Una “qualità” che finisce per far apparire questi prodotti tutti uguali. Quasi intercambiabili. Con i film dei loro padri non succedeva. Quello era cinema politico. Questo è marketing democratico. GIAnLUCA ARnone GERMANIA, 1957. Il procuratore generale Fritz Bauer, ebreo tedesco, sta cercando di portare in giudizio i criminali del Terzo Reich. Peccato che molti di loro sotto Adenauer si siano ripuliti occupando i buoni uffici della Repubblica Federale, da dove si spalleggiano e coprono gli hitleriani fuggiti. Il più pericoloso è Adolf Eichmann, ex tenente colonnello delle SS, che Bauer vuole stanare dal nascondiglio argentino e processare a J Anteprima Regia Lars Kraume Con Burghart Klaussner, Ronald Zehrfeld Genere Drammatico (105’) USTICA Pregevoli intenzioni, ma Renzo Martinelli sbatte contro il muro del cinema In sala Regia Renzo Martinelli Con Caterina Murino, Marco Leonardi Genere Drammatico (106’) 27 GIUGNO 1980, un DC9 della compagnia Itavia scompare dai radar senza lanciare alcun segnale di emergenza e si schianta tra le isole di Ponza e Ustica: muoiono 81 persone, di cui 14 bambini. Un mistero (arci)italiano, su cui il cinema si è già espresso con Il muro di gomma di Marco Risi (1991): ora tocca a Renzo Martinelli con Ustica, in cui “tutto quanto viene dichiarato è inconfutabilmente supportato da materiale documentale”. Non sveleremo la (ipo)tesi del regista di Vajont, basti sapere che non contempla il cedimento strutturale, il missile o la bomba, bensì il triangolo con caccia libici e americani. A indagare sul caso sono Roberta Bellodi (Caterina Murino), giornalista siciliana che su quel DC9 aveva la figlia, e il deputato Corrado di Acquaformosa (Marco Leonardi), la cui moglie elicotterista Valja (Lubna Azabal) ha trovato il relitto di un caccia a Timpa delle Magare, ma depistaggi e incidenti sospetti tagliano la strada… Buone, ancorché confutabili, le intenzioni di fare luce e, possibilmente, riaprire il caso, ma Ustica, che ha nel doppiaggio pervasivo il vizio di forma peggiore, non ha la dignità del cinema, bensì della fiction tv: è in sala per “colpa” di Martinelli o italica censura? FeDeRICo PonTIGGIA aprile 2016 J rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 67 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 68 i film del mese L’InFInITA FABBRICA DeL DUoMo Doc fascinoso su un simbolo dell’architettura mondiale restauratori, costruzione-metamorfosi che diviene, in un trapasso audace ma saldamente ancorato all’immagine, simbolica dichiarazione d’amore all’operosità umana. Il percorso seguito da D’Anolfi e Parenti è arduo, insolito anche per un documentario, fondato su un rigoroso studio dell’immagine (e dei suoi rimandi simbolici, per cui si rischia sovente una sovrabbondanza polisemica, non sempre raccomandabile per un’opera cinematografica) e su un’intensa partecipazione alla manualità e all’artigianalità intese nel loro senso più letterale che le vuole immerse nell’ombra, nella pace, nel silenzio dei laboratori. Quel silenzio che, inevitabilmente, si fa nido e culla della sacralità e in-forma l’agire dell’esperienza architettonica. GIAnFRAnCeSCo IACono LA SECOLARE STORIA del Duomo di Milano, uno dei simboli dell’architettura italiana nel mondo, rivive nell’affascinante documentario a firma di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti. Nascita, ascesa, consolidamento e conservazione nel tempo sono concettipilastri su cui poggia l’approccio dei due registi alla materia, una materia quanto mai concreta, della costruzione nel suo farsi, dall’estrazione del marmo nelle cave sino alle rifiniture degli orafi e dei J In sala Regia Massimo D’Anolfi e Martina Parenti Genere Documentario (74’) IL CoMPLoTTo DI CheRnoByL Il disastro fu voluto da Mosca. Duro j’accuse In sala Regia Chad Garcia Genere Documentario (82’) SON PASSATI 30 ANNI dal disastro di Chernobyl e non ne sappiamo ancora abbastanza. Chi e che cosa innescò l’incendio nel reattore che avrebbe avvelenato mezzo mondo? Indaga un coraggioso regista ucraino, Fedor, e il suo cameraman, convinti che l’incidente non sia tale ma un sabotaggio voluto da Mosca per distogliere l’attenzione da una gigantesca antenna eretta di fronte alla centrale, la Duga. Costata sette miliardi di rubli e voluta da un pezzo grosso del Partito, la Duga doveva interferire con le comunicazioni 68 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 occidentali ma si era rivelata un’arma inutile, da liquidare con il suo committente. Il complotto di Chernobyl di Chad Garcia - Gran Premio della Giuria al Sundance 2015 è un nervoso, fazioso, a tratti inquietante j’accuse contro il Potere sovietico di ieri e di oggi, il cui sinistro monito riecheggia nel rumore debole e martellante della Duga, simile a quello di un grosso picchio (evocato nel titolo originale: The Russian Woodpecker). Visivamente nulla di nuovo ma l’infotainment è utile, merita il plauso per l’audacia e la prudenza per la smaccata retorica complottista. Verissimi invece i tumulti di Kiev del 2014 e la ripresa delle ostilità con la Russia. Per Fedor il primo atto della terza guerra mondiale. GIAnLUCA ARnone J RdC_aprile_2016_RdC_ 04/04/16 16:20 Pagina 69 i film del mese preview a cura di manuela pinetti Captain ameRiCa: Civil waR x-men: apoCalisse pelé l’un contro l’altro armato. Captain America (Chris Evans) e Iron Man (Robert Downey Jr.), all’indomani degli eventi narrati in Avengers: Age of Ultron, capeggiano due fazioni di supereroi, tra cui spiccano Vedova Nera (Scarlett Johansson), Soldato d’Inverno (Sebastian Stan) e SpiderMan (Tom Holland), che ha furoreggiato già dal trailer. La “Fase Tre” del Marvel Cinematic Universe è ufficialmente iniziata. J la minaccia per i mutanti del Professor X (James McAvoy) e gli abitanti della Terra arriva dal passato più remoto e risponde al nome di Apocalisse. Invincibile, potente come una divinità, immortale, Apocalisse (Oscar Isaac) è il primo dei mutanti, pronto a sottomettere l’universo dopo un sonno millenario. Ma il ritorno più emozionante, per i fan e non solo, è senz’altro quello di Bryan Singer alla regia. J non un film sul calcio, ma la storia di una leggenda vivente. Pelé (Kevin de Paula, Leonardo Lima Carvalho), nato Edson Arantes do Nascimento, era un ragazzino brasiliano povero con un grande sogno, un’incredibile passione e un innegabile talento. Il film racconta la prima parte della sua carriera, tra successi e lezioni di vita, concentrandosi sul rapporto con il padre, il calciatore Dondinho. J Regia Anthony e Joe Russo Con Robert Downey Jr., Scarlett Johansson Regia Bryan Singer Con Jennifer Lawrence, Michael Fassbender Regia Jeff Zimbalist, Michael Zimbalist Con Vincent D’Onofrio, Rodrigo Santoro aliCe attRaveRso lo speCChio il tRaditoRe tipo money monsteR a sei anni da Alice in Wonderland, Mia Wasikowska e Johnny Depp tornano nei variopinti panni di Alice Kingsleigh e Cappellaio Matto nel fantastico regno di Sottomondo. Con loro, amici vecchi e nuovi: Bianconiglio, Brucaliffo, Stregatto, Regina Bianca, Regina Rossa… ma a dirigere non c’è più Tim Burton. Confermata invece Linda Woolverton alla sceneggiatura, tratta dall’omonimo romanzo di Lewis Carroll. J in vacanza a marrakech Perry (Ewan McGregor) e Gail (Naomie Harris), un’ordinaria coppia di professionisti britannici, conosce Dima (Stellan Skarsgård) un eccentrico magnate russo dedito al riciclaggio di denaro. La pericolosa amicizia li catapulterà nel mondo dello spionaggio internazionale, tra i politici corrotti di mezza Europa. Sceneggiatura di Hossein Amini (Drive) dall’omonimo romanzo di John Le Carré. J “money monster” è una trasmissione televisiva di successo. A condurla c’è il pittoresco guru della finanza Lee Gates (George Clooney), che insegna agli spettatori ad arricchirsi coi suoi modi spicci ed irresponsabili. Ma quando un povero cristo (Jack O’Connell, Cook in Skins) irrompe armato in diretta tv, perché seguendo i consigli di Lee ha perso tutti i suoi risparmi, saltano fuori tante scomode verità. An teprima mondiale a Cannes. J Regia James Bobin Con Johnny Depp, Mia Wasikowska Regia Susanna White Con Ewan McGregor, Naomie Harris Regia Jodie Foster Con George Clooney, Julia Roberts aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 69 L’ appc het iport aalc i ne ma Pr ov al anuov av er s i one di s poni bi l es uognidi s pos i t i v o Wi ndows10 L ’ a ppc het i por t aa l c i nema Di s poni bi l ea nc heperAndr oi d, i Phone , i Pa deBl a c k Ber r y10 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 71 Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore tele A CURA DI Valerio Sammarco DA NON PERDERE Homevideo da Oscar: Revenant, Il ponte delle spie. Si ride con Bogdanovich in queSto numero Nuovi disegni di legge: ci siamo? Le presidenziali USA a colpi di tweet american crime Story: the People v. o.J. Simpson Il processo del secolo nel serial di Ryan Murphy Classe dei classici Quo vado? Game of Silence Social Surfing Divi italiani Mistress America 73 75 77 79 80 82 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 72 TELECOMANDO /// Dvd e Blu-ray ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- revenant redivivo Scene tagliate ed estese negli extra. Oltre al documentario un mondo sconosciuto arà disponibile sui migliori store digitali (iTunes, Google Play, Chili Tv, TIMvision e Wuaki) dal 30 aprile, mentre in homevideo arriverà il 5 maggio (4k Ultra HD, Blu-ray e DvD), Revenant di Alejandro G. Iñárritu, film che è valso il primo Oscar a Leonardo Di Caprio e vincitore di altre due statuette (regia e fotografia). Ispirato a fatti realmente accaduti, Revenant segue la storia dell’esploratore Hugh Glass, abbandonato in fin di vita – dopo un brutale attacco di un orso – da un membro della sua squadra di cacciatori di pelli (Tom Hardy). Tra pene inimmaginabili, Glass lotterà contro un S 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 inverno inarrestabile, in un terreno inesplorato. Fortemente caratterizzato dallo straordinario lavoro del direttore della fotografia Emmanuel Lubezki (premiato per la terza volta consecutiva dall’Academy), il film è arricchito da contenuti speciali imperdibili: oltre alle scene tagliate ed estese, infatti, è disponibile il documentario Un mondo sconosciuto, che trasporta gli spettatori direttamente nell’America del xIx secolo e mostra, attraverso il contributo del regista e di Di Caprio, il pensiero dietro Revenant e il parallelismo con il nostro mondo. diStr. 20TH CENTURy FOx H.E. RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 73 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Laclasse deiclassici a cura di Bruno Fornara Il romanzo di Thelma Jordon Il titolo originale è The File of Thelma Jordon. Si trova anche “Jordan” al posto di “Jordon”. “File” nel senso di “dossier”, “fascicolo”, qualcosa che ha a che fare con un’inchiesta, un caso giudiziario. Il titolo italiano dice “romanzo”, storia romanzesca, storia d’amore. Vanno bene tutte e due le accezioni: questo bel film del grande specialista Robert Siodmak è un noir, un caso giudiziario e un melodramma, tutto insieme. C’è una donna che è la dark lady ma è anche la donna innamorata (che uccide...). C’è un giudice sposato e attaccato alla bottiglia che incontra la dark lady e se ne innamora. C’è un processo a lei che ha ucciso. Lui, Wendell Corey, costruisce un’intricata tela per salvare lei e vi finisce dentro. Lei, Barbara Stanwick, è perfetta nel doppio gioco al punto da restarne anch’essa irretita. Certo, c’è molta fatalità ma c’è soprattutto quella visione nerissima che le vittime sono soprattutto vittime di se stesse. Regia Robert Siodmak Con W. Corey, B. Stanwick Genere Noir (Usa, 1949) Distr. Golem Video aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 74 /// Dvd e Blu-ray ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- TELECOMANDO knock knock Rimasto da solo il giorno della Festa del Papà, Evan Webber – sposato e con due figli – sente bussare alla porta e si ritrova davanti due giovani e avvenenti donne che trasformeranno la sua vita da sogno in un incubo a occhi aperti. In Limited Edition + Booklet (Blu-ray e Dvd) l’horror di Eli Roth mai uscito in sala, con Keanu Reeves. Negli extra interviste al cast, scena alternativa, finale alternativo e making of del film. Disponibile dal 14 aprile. DISTR. KOCH MEDIA Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet A dieci anni, il brillante T.S. Spivet lascia segretamente il ranch di famiglia nel Montana, dove vive con la madre scienziata ed il padre cowboy, e viaggia attraverso il paese a bordo di un treno merci per ricevere un premio allo Smithsonian Institute. Anche in Blu-ray 3D l’ultima avventura di JeanPierre Jeunet, con divertenti e interessanti approfondimenti negli extra: “L’adattamento”, “Creare un film in 3D”, “Il T.S. Perfetto”, “La famiglia Spivet”. DISTR. KOCH MEDIA 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 Il ponte delle spie Spielberg e la Guerra Fredda, su script dei Coen con Tom Hanks eroe “comune” Buon successo di critica e ottimo riscontro di pubblico, Il ponte delle spie di Steven Spielberg arriva dal 6 aprile in Blu-ray e Dvd dopo aver vinto l’Oscar per il migliore attore non protagonista (Mark Rylance). Thriller storico-biografico tratto da una storia vera e sceneggiato dai fratelli Coen, il film è interpretato da Tom Hanks, che veste i panni dell’avvocato James Donovan. Legale assicurativo di Brooklyn, viene ingaggiato dalla CIA durante la Guerra Fredda per negoziare il rilascio di un pilota americano catturato dai sovietici. E, grazie alla sua integrità morale e senso di giustizia, Donovan – anche a costo di scelte difficili contro le indicazioni della CIA stessa – riuscirà a gestire quella missione solo apparentemente impossibile. Numerosi e interessanti i contenuti speciali presenti nell’edizione Blu-ray: oltre alle interviste al cast, approfondimenti e documentari sul contesto storico, come “Un caso durante la guerra fredda: Il ponte delle spie”, “Berlino 1961: ricreare il muro”, “Scambio di spie: uno sguardo all’atto finale”. DISTR. 20TH CENTURY FOX H.E. RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 75 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Quo vado? Il fenomeno zalone arriva in salotto dopo il record d’incassi Dopo l’incredibile exploit al botteghino (oltre 65 milioni di euro), arriva in Blu-ray e Dvd – dal 20 aprile – l’ultimo successo con Checco Zalone. Che stavolta interpreta un ragazzo che ha realizzato tutti i sogni della sua vita: voleva vivere con i suoi genitori evitando così una costosa indipendenza e c’è riuscito, voleva essere eternamente fidanzato senza mai affrontare le responsabilità di un matrimonio con relativi figli e ce l’ha fatta, ma soprattutto, sognava da sempre un lavoro sicuro ed è riuscito a ottenere il massimo: un posto fisso nell’ufficio provinciale caccia e pesca. Con questa meravigliosa leggerezza Checco affronta una vita che fa invidia a tutti. Un giorno però tutto cambia. Il governo vara la riforma della pubblica amministrazione che decreta il taglio delle province. Convocato al ministero dalla spietata dirigente Sironi, Checco è messo di fronte a una scelta difficile: lasciare il posto fisso o essere trasferito lontano da casa. Per Checco il posto fisso è sacro e pur di mantenerlo accetta il trasferimento. Anche a costo di arrivare al Polo Nord… DISTR. WARNER BROS. H.E. Il Trono di Spade Tutto può accadere a Broadway Accolto con enorme favore alla Mostra di Venezia 2014 (fuori concorso) e uscito molto dopo in sala – con esiti poco lusinghieri – è disponibile in Blu-ray e Dvd dal 5 aprile il gustosissimo ritorno del fresco ultrasettantenne Peter Bogdanovich. Un film che riporta in auge i meccanismi della screwball comedy, un congegno narrativo che tende a risolvere gli equivoci nel momento stesso in cui si presentano, alimentandone poi di nuovi. Isabella “Izzy” Patterson (Imogen Poots) è una giovane squillo che aspira a diventare attrice. O piuttosto una giovane attrice che si arrangia a sbarcare il lunario. Una notte s’imbatte in Arnold Albertson (Owen Wilson), affermato regista con passioni da filantropo. Arnold le offre 30.000 dollari per coltivare i suoi sogni e realizzare se stessa. Si innesca così una gi randola di eventi inaspettati ed incredibili equivoci che cambieranno la vita di tutte le persone che Izzy conosce, dalla sua stralunata psicanalista (Jennifer Aniston) fino ad un misterioso detective (George Morforgen). Ma attenzione ai cammei eccellenti, Tarantino su tutti. Il 24 aprile inizierà l’attesissima sesta stagione del serial HBO. Se siete colpevolmente ignari e volete correre ai ripari o se avete finalmente deciso di collezionare la vostra serie preferita, l’occasione arriva il 20 aprile: in Blu-ray e Dvd il cofanetto che contiene le stagioni complete 1-5 con un’infinità di contenuti speciali. Winter is coming… DISTR. WARNER BROS. H.E. DISTR. 01 DISTRIBUTION aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 76 TELECOMANDO /// Serie Tv ///--------------------------------------------------------------------- --------------------------------------------------------------- ------ 22.11.63 [canale 106 - 112 di Sky] Dall’11 aprile in anteprima per l’Italia la serie tratta dal bestseller di Stephen King T ratta dall’omonimo bestseller di Stephen King e prodotta dallo scrittore insieme a J. J. Abrams arriva dall’11 aprile su Fox (canale 106 e 112 del bouquet Sky), ogni lunedì alle 21.00, 22.11.63, serie evento in otto episodi diretta da Kevin Macdonald e interpretata da James Franco. Il titolo fa riferimento alla data della morte di John F. Kennedy e la serie, proprio come il romanzo di piccolo schermo 76 King, segue le vicende di Jake Epping, un insegnante di letteratura inglese da poco separato dalla moglie. Quando l’amico Al Templeton (Chris Cooper) gli rivelerà l’esistenza di un varco spaziotemporale che conduce chiunque lo oltrepassi al 21 ottobre 1960, la vita di Jake cambierà per sempre. E dopo qualche titubanza, deciderà di tornare nel passato per provare a sventare l’omicidio di JFK. Garantendo (?) così all’umanità un presente migliore: ma riscrivere la storia non è così semplice come potrebbe apparire... Nel cast della serie troviamo anche Josh Duhamel, Sarah Gadon, T.R. Knight e Cherry Jones. Sempre l’11 aprile, su National Geographic Channel (canale 403 di Sky) alle 22.30, andrà in onda lo speciale JFK: le ultime 24 ore. a cura di Federico Pontiggia o.J. Simpson Gregory Peck Una scomoda verità Fox crime Studio universal Studio universal Dal 6 aprile ogni mercoledì alle 21.00 American Crime Story: The People v. O.J.Simpson, serie sul processo-show iniziato nel ’95. Il 5 aprile 1916 nasceva Mr. Peck, il lunedì: Duello al sole, I cannoni di Navarone, Arabesque, La notte dell’agguato. Il 22 aprile alle 18.50, la Giornata della Terra con l’eco-doc (2006) di Davis Guggenheim sul riscaldamento globale. rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 77 ------ ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ WORLDWIDE Percorsi di vita Il nuovo drama NBC remake del format turco Suskunlar (Silenziosi), venduto in oltre 30 paesi. Tra Mystic River e Sleepers a cura di Angela Bosetto Wynonna earp (Première: 1 aprile) A dispetto della data, non si tratta di uno scherzo: la serie fanta-western tratta dal fumetto di Beau Smith è pronta a esordire su Syfy. La showrunner è emily Andras (la stessa di Lost Girl), mentre il ruolo della pistolera Wynonna earp, discendente del leggendario sceriffo Wyatt e impavida cacciatrice di mostri, spetta a Melanie Scrofano, che non avrà i capelli biondi e le cur ve esplosive della sua controparte cartacea, ma ha promesso ai fan di essere altrettanto tosta, sarcastica e agguerrita. The Girlfriend experience (Première: 1 aprile) Game of Silence L’avvocato Jackson Brooks (David Lyons) è un vincente. Ha una bella fidanzata e lo studio per cui lavora sta per farlo socio, ma quell’apparenza perfetta si incrina quando riappaiono Gil (Michael Raymond-James) e Shawn (Larenz Tate), i suoi migliori amici d’infanzia, che non vede da quando, adolescenti, scontarono insieme nove mesi in un carcere giovanile. Anche se la trama fa pensare a Mystic (Première: 7 aprile) River, in realtà il nuovo drama della NBC è il remake della serie turca Suskunlar (Silenziosi, evento in patria e venduta in oltre trenta paesi), scritta da Pinar Bulut combinando un’inchiesta giornalistica sugli abusi perpetrati nella prigione di Pozanti con le atmosfere del romanzo Sleepers. A occuparsi dell’adattamento americano è David Hudgins, penna di Everwood, Friday Night Lights e Parenthood. nel 2009 Steven Soderbergh ha diretto l’omonimo film con protagonista Sasha Grey, oggi ne produce la versione “seriale”, che approda su Starz dopo una favorevole anteprima al Sundance Film Festival. Tocca a Riley Keough (Mad Max: Fury Road) (s)vestire i panni di Christine, brillante studentessa e stagista presso uno prestigioso studio legale a Chicago, che viene irresistibilmente attratta dal lusso, dal potere e dai ricchi (nonché facili) guadagni che si ottengono facendo l’escort d’alto bordo. aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 77 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 78 TELECOMANDO /// Borsa del cinema ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ A COLPI DI DDL I tempi per una nuova legge sul cinema sono maturi: la spunterà la proposta Di Giorgi o quella del ministro Franceschini? di Franco Montini A Arriverà finalmente una nuova legge sul cinema in sostituzione del provvedimento che governa il settore e che, espressione di una realtà superata, risale a più di 50 anni fa? Sull’urgente, improrogabile necessità di una nuova legge, il consenso è unanime e, forse, è davvero la volta buona. Da una parte c’è l’impegno della Commissione Cultura del Senato e in prima persona della senatrice del PD Rosa Maria Di Giorgi, firmataria di un disegno di legge attualmente in discussione, dall’altra l’iniziativa del governo, che, a fine gennaio, ha presentato un secondo disegno di legge di matrice ministeriale, fortemente sponsorizzato anche dal premier Matteo Renzi. Ispirato al modello francese, il ddl Di Giorgi introduce alcune importanti novità, prima fra tutte, da un punto di vista economico, è l’introduzione di un prelievo di scopo da applicare a tutti i soggetti che utilizzano il cinema: sala, televisione, home video, rete, provider, telefonia. In questo modo, proprio come avviene in Francia, il cinema potrebbe autofinanziarsi con la creazione di un tesoretto di risorse da distribuire a tutta la filiera ed in particolare alla realizzazione di cinema di qualità, ovvero al segmento di produzione più emarginato dal mercato. Su questo specifico punto, che è essenziale, il ddl Franceschini, pur prevedendo un sostanzioso aumento delle risorse pubbliche per il settore audiovisivo, con una soglia minima di 400 milioni di euro annui, più del doppio rispetto a quanto attualmente a disposizione, non prevede un prelievo aggiuntivo per i soggetti che beneficiano di proventi tramite il cinema, bensì la destinazione al settore cinema di una quota dell’Ires e dell’Iva versate dai soggetti che operano nel settore. Di fatto non sarebbero le imprese a sostenere il cinema, ma lo Stato rinunciando ad una parte delle sue entrate. Altra sostanziale differenza, per cui non sembra facile, come da più parti si è auspicato, poter arrivare ad un’armonizzazione fra i due progetti, è la destinazione delle risorse. Il ddl Franceschini prevede un automatismo delle assegnazioni in base ai risultati ottenuti precedentemente dalle singole produzioni e riservando solo il 15% del totale a contributi selettivi, destinati a nuovi autori, esordi, opere sperimentali. Di fatto si tratta di un meccanismo che favorisce la produzione più commerciale, penalizzando le piccole e medie imprese. Al contrario, la filosofia del ddl De Giorgi RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 79 ----------------- ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Surfing @Marco_Spagnoli Cinguettii presidenziali L’endorsement USA corre su Twitter e Facebook U sembra essere indirizzata ad aiutare prevalentemente imprese ed autori emergenti, nella convinzione che i poteri forti del cinema siano già sufficientemente tutelati e possano trovare le necessarie risorse confrontandosi sul mercato. Altri aspetti destinati a suscitare discussioni sono l’introduzione di nuovi soggetti creati per la governance del settore: il Centro Nazionale del Cinema nel ddl Di Giorgi; il Consiglio Superiore nel ddl Franceschini. In entrambi i casi gli enti previsti ed ipotizzati non hanno mancato di suscitare perplessità: il primo per una struttura eccessivamente elefantiaca, il secondo per l’eccessivo potere del governo nella scelta dei commissari. Cosa accadrà concretamente non è facile prevederlo, perché le differenze fra i due progetti non sono di poco conto, ma soprattutto perché sorprendentemente entrambi i ddl nascono da una stessa area politica: il PD. na volta c’erano le veline e le Convention, le interviste a radio e quotidiani, i dibattiti in Tv. Oggi, la campagna elettorale per eleggere il 45° Presidente degli Stati Uniti si caratterizza per un’onnipresenza amplificata dai Social Media. E Hollywood, ovviamente, scende nell’arena esprimendo consenso per questo o quel candidato (di solito democratico) e sparando ad alzo zero contro il dibattito repubblicano e al suo unico, vero, grande protagonista mediatico: Donald Trump. Dal ‘solito’ Michael Moore al comico Louis Ck, solo per citarne alcuni, stelle di prima e seconda grandezza partecipano in maniera attiva, attraverso Twitter o Facebook, arrivando ad una vera e propria dichiarazione di voto. Come nel caso di Schwarzenegger, che su Twitter ha annunciato il suo sostegno al collega di partito, il repubblicano John kasich o come Mark Ruffalo e Spike Lee in favore del democratico Bernie Sanders che, però, sembra avere meno appeal della rivale Hillary Clinton. In un’era come la nostra, un tweet o un post possono influenzare molto l’elettorato. Ecco quindi nascere account gestiti dai team dei diversi politici: @celebsforbernie è dedicato ai sostenitori (famosi) di Sanders, mentre sui siti dei principali quotidiani si possono leggere elenchi di artisti schieratisi in favore di questo o di quel candidato: katy Perry e Lena Dunham, kerry Washington, Beyoncé, Robert De Niro e kim kardashian votano Hillary; Danny De vito, Neil young, Will Ferrell e Susan Sarandon per Sanders; mentre Donald Trump deve accontentarsi di Mike Tyson e Stephen Baldwin. A dispetto delle classifiche e dei gradimenti degli altri utenti, vale la pena citare il tweet dello scrittore Stephen king durante uno dei dibattiti repubblicani: “Il Mondo intero ci ride dietro, QUALCUNO zITTISCA QUESTI CLOWN!” Che, poi, scritto dall’autore di IT, fa decisamente un certo effetto. Il candidato alla Casa Bianca Donald Trump aprile 2016 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 80 /// Libri ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ TELECOMANDO Arrivano i nostri Jacqueline Reich, Catherine o’Rawe Divi. La mascolinità nel cinema italiano Meno venerati delle colleghe e più umani rispetto alle stelle di Hollywood, i divi italiani hanno conquistato il pubblico grazie un’immagine virile che mescola carisma e fragilità. Le autrici ne spiegano i motivi attraverso un percorso che parte dalle star del cinema muto Bartolomeo Pagano ed Emilio Ghione per arrivare ai contemporanei Toni Servillo (il prediletto del cinema d’autore), Riccardo Scamarcio (ex beniamino delle adolescenti tramutatosi in presenza rassicurante per lo spettatore medio), Roberto Benigni e Carlo Verdone (esponenti del “regionalismo comico”), passando per Vittorio De Sica, Amedeo Nazzari, Raf Vallone, Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni e Gian Maria Volonté. (Donzelli, Pagg. 160, € 21,00) Più umani delle inavvicinabili stelle hollywoodiane, i divi del nostro schermo. Dal muto a oggi Uomini veri AnGeLA BoSeTTo Infedele alla linea Pier Paolo Pasolini Il mio cinema I tanti, troppi sproloqui su Pasolini l’hanno ribadito: il modo migliore di celebrare i morti è continuare a farli parlare con le loro parole. (Pre)detto, fatto: Il mio cinema, curato da Graziella Chiarcossi e Roberto Chiesi, accompagna gli stupendi scatti 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 (350) sui set dei suoi film ai testi, dalle interviste ai lacerti di sceneggiatura e i dattiloscritti inediti, in cui lo stesso PPP si espresse sul cinema. Sulle opere realizzate, da Accattone a Salò, e quelle non trasformate, da Il padre selvaggio a Porno-Teo-Kolossal, il basso continuo è la verità, questa sconosciuta: “Io affronto il problema del Terzo Mondo, ma il mio destinatario – dichiarò di Medea – non è il Terzo Mondo”. Ditelo, ai terzomondisti di oggi. (Cineteca di Bologna, Pagg. 280, € 29,00) FeDeRICo PonTIGGIA L’arte di raccontare Federico Di Chio American storytelling. Le forme del racconto nel cinema e nelle serie tv Se parliamo dell’arte di narrare storie, Hollywood è la fabbrica del racconto all’americana per eccellenza: quali sono i temi, i valori, le strutture drammaturgiche e le tipologie di personaggi che sorreggono i film e le serie televisive statunitensi? In che modo queste componenti hanno attraversato oltre un secolo di spettacolo, quali sono rimaste immutabili e quali sono cambiate, ma soprattutto perché? Come Netflix è riuscita a scomporre i titoli del proprio catalogo nei singoli elementi che ne determinano il gradimento tramite un sofisticato algoritmo (in modo da poter consigliare ai clienti storie in linea con i loro gusti personali) così si propone di fare l’autore con Hollywood grazie a questo il libro. (Carocci, Pagg. 192, € 15,00) AnGeLA BoSeTTo RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 81 --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Marcello Mastroianni Umberto Eco lo salutavano come uno dei fenomeni più eclatanti della “cultura di massa”, Alberto Abruzzese, Nello Barile, Paolo Fabbri, Gian Piero Jacobelli, Gian Franco Lepore Dubois, Valerio Magrelli, Andrea Miconi, Massimo Negrotti e Giovanni Scipioni sottolineano quanto 007 ci appartenga, in virtù del suo cambiare e attraversare i decenni restando sempre se stesso, in un’odissea in cui dopo ogni fine si torna allo stesso inizio. (Rubbettino, Pagg. 208, € 15,00) Gattopardo Un lungo viaggio Il decano Gian Luigi Rondi si racconta. In 50 anni di diari e annotazioni di Chiara Supplizi ChIARA SUPPLIZI Un attore, mille volti Massimo Giraldi Gabriele Ferzetti Agente 007 A. Abruzzese, G.P. Jacobelli Bond, James Bond. Come e perché si ripresenta l’agente segreto più famoso al mondo James Bond, nato nel 1952 dalla penna di Fleming e approdato al cinema 10 anni dopo, con il volto di Sean Connery, in Agente 007 - Licenza di uccidere, grazie alla sua longevità e ai suoi numerosi interpreti si è inscritto nel mito. E se già negli anni ’60, Oreste del Buono e Si è congedato dalla scena della vita nel 2015, all’età di 90 anni. Gabriele Ferzetti, raffinato ed eclettico interprete, è stato un protagonista importante della storia del cinema e del teatro del Novecento, dimostrandosi attore versatile ed atipico. Nella sua carriera ha lavorato con Soldati (La provinciale), Cavani (Il portiere di notte), Leone (C’era una volta il West), fino all’esordio alla regia di Edoardo Leo Diciotto anni dopo (2010). Da non dimenticare, poi, le tante esperienze internazionali, tra cui Agente 007. Al servizio di sua maestà. Il pregio dell’opera di Giraldi è quello di aver ricostruito con attenzione la carriera di Ferzetti, rendendo così giustizia alla memoria di un grande interprete. (Tabula Fati, Pagg. 100, €€10,00) Gian Luigi Rondi le mie vite allo specchio. diari 1947-1997 Edizioni Sabinae Pagg. 1308 € 50,00 Ne Le mie vite allo specchio, come in caleidoscopio, il critico e lo storico cinematografico, il saggista, l’operatore culturale, lo sceneggiatore, il regista, l’attore, il direttore della Mostra del Cinema di venezia, il presidente della Biennale, del Festival di Roma e in ultimo, ma solo in ordine di tempo, dei David di Donatello si mescolano nei resoconti di giornate vissute e raccontate con eleganza ed entusiasmo. Una lettura coinvolgente in cui si alternano brevi annotazioni e resoconti di viaggi, incontri ed eventi mondani, riflessioni sull’Italia del xx secolo scritti rigorosamente su quaderni a righe rilegati in tela nera e custoditi per anni nello studio di Gian Luigi Rondi. Una vera e propria vocazione diaristica assecondata dal 1947, su consiglio di Andreotti, in cui sono le considerazioni e i pensieri ad accompagnare gli avvenimenti creando un palcoscenico su cui si alternano artisti e politici, dive e personalità ecclesiastiche, eventi culturali e festival cinematografici. Un lungo viaggio nella nostra storia in cui la passione per la vita e per il cinema si incontrano e si confrontano, mantenendo un confine davvero labile. Un libro ricco di notizie, aneddoti, una fucina di polemiche e battibecchi in cui il mondo del cinema si intreccia alle trasformazioni della cultura e del costume. Un tesoro a cui attingere per ricordare chi siamo e da dove proveniamo. SeRGIo PeRUGInI Gian Luigi Rondi all’Auditorium di Roma quando era presidente del Festival capitolino RdC_aprile_2016_RdC_ 01/04/16 10:02 Pagina 82 TELECOMANDO /// Colonne sonore ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- CInQUe PeR Un DAVID David Lang, già candidato all’Oscar con Simple Song #3, per lo score di Youth o Ennio Morricone, oscarizzato per The Hateful Eight, con l’OST de La corrispondenza di Tornatore? E se invece toccasse a Paolo Vivaldi, che in collaborazione con Alessandro Sartini musica Non essere cattivo? In lizza anche Michele Braga e Gabriele Mainetti per Lo chiamavano Jeeg Robot e il francese Alexandre Desplat per Tale of Tales di Garrone. Chi di questi magnifici cinque la spunterà ai 60esimi David di Donatello? La musicale risposta il 18 aprile. F.P. EFFETTO DOMINA... Come in While We’re Young, Noah Baumbach affronta con tocco leggero il confronto fra generazioni, con i più giovani destinati a prendere il posto dei propri mentori. Stavolta, però, il commento musicale “nostalgico” è più elaborato ed ambizioso. Baumbach affida la soundtrack (come già nel precedente The Squid and the Whale del 2007) al duo indie Dean Wareham/Britta Phillips (ex Luna), coppia perfetta per una odierna rielaborazione del sound rétro. Il registro è un synth pop anni ‘80 che manderà in sollucchero i sopravvissuti degli anni ottanta: la title track Mistress America, con quel riff di basso e i sintetizzatori in primo piano, sembra uscita da un album dei New Order. In Tracy & Tony la chitarra arpeggia melodica come nei Cure più commerciali, per poi dialogare con le tastiere nella b ellissima Tracy in New York. C’è aria di Ocean Blue, ma ascoltando frammenti “da strada” come Do Everything (Gas Station) la mente torna anche ai contrappunti elettropop di Giorgio Moroder. E non mancano le fissazioni di Baumbach, i “suoi” personali anni ‘80: ancora McCartney (No More Lonely Nights), gli OMD di Souvenir, gli struggenti Suicide di Dream Baby Dream, gli Hot Chocolate di You Could’ve Been A Lady. Dean e Britta, per il resto, fanno tornare indietro nel tempo chi quel tempo lo ha vissuto. GIAnLUIGI CeCCAReLLI 82 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2016 on aiR Chi non conosce il programma radiofonico Lo zoo di 105? vita, miracoli e sconfitte del suo creatore, il dj Marco Mazzoli, in On Air – Storia di un successo, dove la musica – incredibilmente? - non la fa da padrone. O tempora, o mores! F.P. 10 cLoveRFieLd Lane Musicare il sequel di Cloverfield tocca a Bear McCreary, compositore seriale – da Battlestar Galactica a The Walking Dead – premio Emmy per Da Vinci’s Demons. Claustrofobia e minaccia per basso continuo, il suo score, per cui ha potuto disporre di un orchestra di 90 elementi, lavora sull’acustico per ottenere un effetto al sintetizzatore, complice quel Blaster Beam impiegato già in Star Trek: The Motion Picture. Se il retaggio tv si fa sentire, non manca il citazionismo cinematografico, ovvero il morriconiano C’era una volta il West. F.P.