SCHIAVI E TURCHI GALLIPOLI - Emeroteca Digitale Salentina
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SCHIAVI E TURCHI GALLIPOLI - Emeroteca Digitale Salentina
SCHIAVI E TURCHI GALLIPOLI NEI SECOLI XVI - XVIII Del movimento schiavista in Puglia hanno trattato in diverse riprese Nicola Argentina per Francavilla Fontana, Amilcare Foscarini per Lecce pubblicando il 1908 interessanti ricerche archivistiche (cfr. Rivista Storica Salentina, a. V, nn. 1-2, 10, 11, 12) e Salvatore Panareo in diversi articoli apparsi in « Japigia » e « Rinascenza Salentina ». Prima ancora aveva scritto sullo stesso argomento, con profondo acume e piacevole erudizione, Carlo Massa (1), ma è da dire che lo studioso gallipolino nel suo citato lavoro storico-economico tenne presenti la provincia e la città di Bari, ove egli si trovava, sin dal 1883, come ordinario. di Lettere Italiane nella Scuola Superiore di Commercio. Se il Massa nelle sue frequenti visite alla città natia, avesse consultato documenti e registri avrebbe raccolto in questo campo messe più opima, poiché Gallipoli nei secc. XV, XVI, XVII et ultra fu centro e scalo commerciale di vite umane. Di quanti sino ad oggi si sono occupati di siffatto fenomeno, nessuno ha mai ricordato come da Gallipoli merce umana fosse inviata sui mercati salentini e pugliesi. Volendo illustrare questa pagina di storia gallipolina e raccoglierne fin nell'ultima nota l'eco che quasi svanisce nei tempo, pubblico il risultato di lunghe e pazienti indagini esperite nei libri dei battezzati, dei confermati e dei defunti nonché nei registri matrimoniali dell'archivio parrocchiale della Cattedrale gallipolina, che, com'è noto, è l'unico nostro archivio diocesano che conserva ancora registri e' documenti pretridentini. Dallo studio di questi registri è stato possibile conoscere un'interessante brano di storia civica altrimenti ignorato, non avendo io riscontrato in alcun'altra fonte tanta e tale dovizia di notizie e di esatte infor(1) In « Rassegna Pugliese », vol. XXIII, n. 9-10, p. 270. 181 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce mazioni ove si eccettuino sei atti notarili di compra stipulati da notar Mega negli anni 1688-1698, attualmente non più reperibili nell'Archivio di Stato in Lecce, e dei quali ho trovato il ricordo in una silloge di istrumenti compilata dal Ravenna ed ora custodita presso di me (2). Contrariamente a quanto ha potuto notare agevolmente il Foscarini per Lecce, dove il colmo della schiavitù fu nel secolo XVI il fervore di un tal traffico ed umano mercimonio in Gallipoli si sviluppò maggiormente' nel secolo XVII quando cioè Gallipoli — come ha notato il Vernole — era l'unico emporio di tutta la Puglia ed il suo nome, che prima echeggiava qua e là nel Mediterraneo, varcò gli stretti, richiamando nel porto gallipolino vascelli dai cui pennoni sventolavano le bandiere nazionali di tutto il mondo. Le pagine, che l'amico Vernole ha scritto con passione e verità storica sul commercio gallipolino (3), alla luce della mia presente nota, acquistano un valore probativo. I documenti, che man mano verrò citando, sono, invero, prove incontrovertibili che, efficacemente e concretamente, segnano i lidi d'oltremare e le città d'Italia con cui Gallipoli era in attivissimo commercio. Tutti i ceti della cittadinanza gallipolina, dal Vescovo al Regio Castellano, dal Sindaco al dottore in legge, dal Governatore al Regio Portulano, dal medico all'ecclestiastico, dal ricco commerciante al facoltoso lavoratore del porto, tutti ambivano avere uno o più schiavi dal volto... vellutato, uno o più turchi. Gli atti battesimali ed i necrologi, se sono ricchi di notizie e curiosità storiche che — a dire la verità — mi han fatto gola, sono però incompleti dal lato economico-finanziario, essi, infatti, non indicano il (2) Ecco l'elenco cronologico dei sei strumenti notarili del Mega: 1) a. 1688, Atto di manomissione di uno schiavo venduto a mons. Antonio Della Lastra vescovo di Gallipoli; 2) id., Atto di compravendita di una schiava tra Carlo Aymone e Giovanni M. Cacchia; 3) a. 1694, Atto dì compravendita di una schiava tra Giov. Battista Carteny e Giov. M. Cacchia; 4) id., Atto di compravendita di una schiava tra Francesco Antonio Venneri e Giov. M. Cacchia; 5) a. 1697, Atto di compravendita di una schiava tra Filippo De Tomasi e Giov. M. Cacchia ; 6) a. 1698, Atto di compravendita di uno schiavo tra Giuseppe De Leone e Cariddi. Documenti abbastanza antichi testimoniano la presenza di schiavi in Gallipoli; cito, tra gli altri, la pergamena greca del riportata dal TRINCHERA, Syllabus graecarum membranarum, Napoli 1865, p. relativa alla donazione di alcuni servi estesa dal gallipolino Riccardo Martello in favore del monastero di S. Mauro. E' interessante notare che i trecentodiciotto patres ricordati nel documento, la cui maledizione è richiamata, insieme con quella della Trinità, degli Apostoli e di S. Mauro sul capo del donatore ove egli non tenesse fede alla parola data, sono i metropoliti e i presuli della Chiesa greca intervenuti, appunto in tal numero, al Concilio di Nicea del quale sottoscrissero i canoni il 767. (3) Ettore VERNOLE, Il Castello di Gallipoli, Roma 1933. 182 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce prezzo di costo di ogni schiavo, laddove si danno premura di farci conoscere il luogo d'origine o di provenienza, il nome del mercante alienante e quello del cittadino acquirente, il tempo e il luogo dove venne éonferito agli schiavi il battesimo o il luogo della sepoltura in caso di morte'. Siffatta lacuna è però colmata dalle cifre che il Massa ha inserito nel suo studio e che l'Argentina riporta fedelmente. Il prezzo di costo nel secolo XVI oscillava tra i 106 e i 111 ducati (4). Stralcio dall'opuscolo citato, a titolo di curiosità, la relazione della vendita di alcuni schiavi fatta ad estinta di candela nel 1598... « gli schiavi negri sono stati venduti alli sottoscritti prezzi : Antonio, schiavo olivastro, per ducati 110. Giovane schiavo olivastro per ducati 111. Domingo, schiavo negro con un occhio guercio, per ducati 87. Amoret schiavo negro con due denti manco dalla parte di sinistra di sotto, per ducati 106 ». Il prezzo maggiorato del secolo XVI è indubbio indice della rarità della merce; quando, invece, sul mercato italiano vi fu una notevole affluenza di prodotti umani, come facilmente si può scorgere attraverso i documenti gallipolini, il deprezzamento fu inevitabile ed il calmiere schiavista oscillò nei prezzi nominativi tra i 60 e 90 ducati. Nello scorrere i succitati documenti si ha l'impressione di leggere il libro d'oro della nobiltà gallipolina del '600 chè il ruolo dei patrizi e dei cittadini benestanti, nel comprare e ritenere nei propri palazzi gli schiavi, riteneva di fare opera eminentemente caritativa ed umanitaria poiché quegli individui erano per la maggiore prigionieri di guerra o cittadini di altri paesi catturati dai pirati. La posizione giuridica in cui veniva a trovarsi in Gallipoli lo schiavo o il turco era singolare essendo pari a quella in cui, nel secolo XV, si trovò l'elemento giudaico; quando Gallipoli, mentre fervevano nel Regno sentimenti antisemiti, fu apertamente filo giudaica. Gli schiavi, dunque, rimanevano per di più nella famiglia dell'acquirente; in essa erano battezzati (5) ed acquistavano (4) Cenni storici sulla fede di credito, opuscolo, s. d., edito a c. del Banco di Napoli. (5) D. Iabb(attista) Veneri battigiò la figlia di Iabb. Patinari nomine Cravige la madre Rosa compatres lantomasi Nanni et Vasile De lu Nicolò et Pietro schiavo de Gabriele Nanni. - 4 Februarii 1544. La famiglia Nanni era una delle antiche, primarie famiglie gallipoline, si estinse nei primi del sec. XVII. Vari membri di questa famiglia coprirono in patria cariche, civili ed ecclesiastiche. Gabriele Nanni, rcordato nella fede di battesimo fu sindaco di Gallipoli l'anno 1535-1536 e sotto il suo governo la città fu visitata dal Vicerè D. Pietro de Toledo. L'8 gennaio era A Napoli per il generai Parlamento, ove ottenne la ratifica di tutti i privilegi della città. L'Università di Aradeo nel 1533 era debitrice verso Gabriele Nanni di 3.168 staja di olio. Giantomaso Nanni nel sec. XVI era abbate commendatario della Badia dì S. Mauro in agro di Gallipoli. L'abbadia di S. Salvatore era anch'essa commenda di 1_83 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce la libertà, contraevano matrimonio e, morendo, venivano sepolti nelle cappelle gentilizie dei loro padroni o, se questi non appartenevano alla nobiltà, nei cimiteri civici entro il sacro recinto delle chiese. Il padrone che, per caso morisse prima di aver ben collocato il suo schiavo si faceva sovente premura di raccomandarlo nelle ultime volontà alla generosità del suo erede. Ciò che rarissime volte, anzi quasi mai, accadeva in Lecce, in Galdetta famiglia. Trovo notato nella Visita Pastorale del vescovo Cybo che l'abbate Francesco Camaldari, avendo dotato l'abbazia di alcuni terreni seminabili proprietà del magnifico Gabriele Nanni convenne con questi che, dopo la sua morte, la commenda sarebbe passata all'Abbate Giantomaso Nanni figlio di detto Gabriele. Di ciò fu interessante la Sede apostolica che spedì le relative bolle di conferma. Giantomaso ,Nanni, dopo la sua morte, lasciò alla sua Abbazia diciassette alberi di olive in tenimento di Gallipoli nel luogo delle Barre. La commenda venne concessa poi al chierico Donat'Antonio Nanni nipote ex filio di Gabriele vivente ancora quando il vescovo Cybo il 12 novembre visitò la predetta abbazia. Remigio Nanni diede la figlia Caterina in sposa al francavillese Francescantoniu Cotogno « uomo d'arme de greve armatura » che si coprì di gloria nella famosa battaglia a Lepanto, milite della Compagnia di Antonio Doria. A dì 25 juli 1546 Donno Sansonetto de Sansonetti battegiò la figliola de Joannuzzo Colopazzo de Gallipoli nomine la figlia Dealenja, la madre Imperia Patitari, li compari Antjoco Roczio, Lojsi Moschetta, Giambattista de Muro turco de Ogento, Cola Stefano ide 1a Cava, Sebastiano Fonctanazzo, Laura la Spina, Marriano da Lecce. Alli 8 aprile 1553 Donno Jacobo Prisco battizao la schiava delo Episcopo de Gallipoli nomine Matalena. Il Vescovo del tempo era il genovese Pelegro Cybo-Toriglia (1538-1568). Aveva esercitato prima d'esser vescovo di Gallipoli la mercatura insieme con suo fratello Giangiacomo Cybo. Nel 1530 a Gallipoli mosse lite a Cesare Arcanà per aver preso costui a nome dell'Università 258 ducati di olio. Diventato vescovo di Gallipoli si servì di Giantomaso Nanni come Vicario Generale. Morì a Roma in Castel Sant'Angelo per essersi lasciato forse corrompere dal Commedatario di Maruggio sospetto di eresia luterana nel processo che a nome della Sede apostolica aveva iniziato. Anno 1596 alli 26 di marzo il Rev. Arciprete battizzò la figliola di Fatema serva de )Galiotta Spinola (chiamata Porzia, il compare Roberto Violo. Nell'anno 1699 a dì 30 di marzo D. Antonio Lubello p. s. nella Cattedrale dì Sant'Agata battezza la fanciulla nata a dì detto, figlia di 1sma della città di Assovz in Rossia, schiava bianca turca del Rev. Abbate D. Francesco Picciolo canonico tesoriero alla quale fu imposto nome Maria Fortunata. Nell'anno del Signore 1670 ia dì 16 settembre Beatrice Eulalia della Cueva, schiava bianca del Castellano D. Giuseppe della )Cueva d'anni dieci incirca nella Comunione della S.M.C.C. rese l'anima a Dio il corpo della quale fu sepelito nella Chiesa di San Francesco dei Padri francescani. Era stata battezzata il 19 maggio dello stesso anno col nome di Beatrice Eulalia essendo compare D. Marc'Antonio Di Gennaro, Preside della Provincia della terra di Orange mediante mandato di procura in persona di Francesco Paladini di Lecce stipulato per mano di notar Antonio Galieno di Parabita il 18 maggio, la commare Livia D'Alessandro di Galatone. Nell'anno 1729 il 30 Agosto Rosa Maria Robles schiava d'anni 70 incirca nella 184 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce lipoli, ove, in fatto, di nobiltà, ci si teneva forse più che in altro luogo di Terra d'Otranto, si verificò sempre che schiavi e turchi battezzati ritenessero il cognome dei loro padroni, come sarà esposto in seguito. La vita cittadina nelle sue molteplici manifestazioni gli schiavi la esplicavano in pieno. Le maestranze locali, quando assumevano al loro servizio gli schiavi ed i turchi, non speculavano giammai nella retribuzione giornaliera di tali manipoli ed aiutanti, anzi il salario giornaliero era loro corrisposto in maniera affatto eguale a quella prestata ai liberi cittadini. E mano d'opera eccedente richiedevano in quegli anni le grandi costruzioni civiche, quali la Cattedrale terminata nel 1696, i palazzi Romito, Venneri (1660), D'Acugna, Tafuri, Balsamo, Pirelli etc. Negli anni 1533-34 si lavorava febbrilmente intorno alla massa architettonica del real Castello onde opporre una più valida resistenza ai primi assalti della Mezzaluna che si preannunciavano formidabili; tra gli altri operai figurano alcuni schiavi turchi, quattro dei quali appartenevano al Castellano d. Pietro Barba (in carica dall'anno 1522 al 1534) i quali venivano retribuiti con 10 carlini in questo del tutto alla pari degli altri mastri muratori. La notizia favoritami da E. Vernole e da lui stesso spigolata nelle carte documentali gallipoline nei Grande Archivio di Napoli relative al Castello di Gallipoli, è di primaria importanza per il nostro argomento, perchè è la sola che ci testimonia la presenza non casuale di schiavi turchi in Gallipoli nei primordi del secolo XVI (6). La permanenza di schiavi turchi ha lasciato in Gallipoli traccie più durature in ricordi artistico-letterari. Non sono infrequenti nelle tele di autori gallipolini e salentini le ritratte sembianze di personaggi turchi in abito di servienti e di paggi intenti a mescere — come si ravvisa in Comunione della S.M.C.C. rese l'anima a Dio ed il cadavere fu sepellito nella Chiesa dei Paolotti; prima del battesimo si chiamava Zilbàn, nata da padre e madre turchi a Posseg portata a Gallipoli da Padron Giuseppe De Silvestro con ima sua feluca e da lui stesso venduta al Rev. D. Alessandro De Robles. A dì 20 Aprile 1730 Teresa Pirelli schiava di circa 60 anni rese l'anima a Dio ed il suo cadavere fu seppellito nella Chiesa dei Padri Predicatori. Aveva costei ricevuto il battesimo il 10 luglio nella chiesa del monastero di S. Teresa dal vescovo fondatore del medesimo d. Antonio della Lastra all'età di tre anni. Nata da padre e madre turchi fu comprata da Francesco Pirelli di Gallipoli, il compare e la commare furono il Regio Governatore della stessa città d. Consalvo Perez de Nuoras aragonese e Veneranda Venneri anch'essa di Gallipoli. Nel ms. del Patitari trovo che d. Consalvo Perez y Nuoras fu commissario generale della Cavalleria D'Aragona e che in Gallipoli prese possesso il maggio 1695 dopo essere stato Preside di questa Provincia. (6) A. S. N., Sezione amministrativa-finanziaria, dipendenza della Sommaria, fascio 195, Incarto Fabrica di Brindisi, fol. 56v. Fabrica et fortificatione del Castello di Gallipoli, fascio 195, a. 1533. 185 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce una tela del pittore mandurino Diego Bianco nella Chiesa di S. Maria degli Angeli ed in S. Maria della Purità — a tavola fra lo scintillio del vasellame d'oro e d'argento. Il protovescovo di Gallipoli — S. Pancrazio Martire — in diverse tele del Catalano rappresenta certamente' un autentico ritratto di un qualche schiavo di carnagione bruna dimorante in Gallipoli così come certamente un ritratto di schiavo turco è quello di un omaccione negro disteso ai piedi della Vergine del Rosario in S. Domenico, come si può vedere in una tela del pittore gallipolino Giov. Andrea Coppola. L'edilizia cittadina conserva ancora molti elementi architettonici che richiamano alla memoria la dimora dei turchi in Gallipoli : spesso un balcone secentesco è sostenuto da una fuga di telamoni che sono poi nient'altro che autentici ritratti di schiavi e di turchi. Alle volte sono teste, visi che, nello sforzo erculeo teso a sostenere il peso, prendono degli atteggiamenti assumendo spasmodiche contrazioni facciali. Acquasantiere, cattedre e pulpiti in parecchie chiese di Gallipoli sono sostenuti da putti e figure che fanno pensare a gente infedele, turca ed africana. Prima di dare l'elenco degli schiavi dimoranti in Gallipoli mi piace riportare — a conferma di quanto ho asserito innanzi — un sonetto di d. Giacinto Coppola, dottore nell'uno e nell'altro diritto, tesoriere della Cattedrale gallipolina, pubblicato dallo stesso nel 1694, nel suo « Plettro Armonico » quando, appunto, in patria il commercio degli schiavi era fiorentissimo, e anzi il poeta stesso ne prendeva parte attiva. Il poeta « in misera schiavitudine vien d'una bellissima turca consolato » : Fendea d'irato mar, l'onde spumanti per non veder mai più l'empia, ma bella, quando spinse ver me fausta rubella la preda, e scaricò bronzi tonanti. Servo tra ceppi indegni, o quali e quanti rimproveri inviavo a la mia stella, vaga più del sol, in sua favella venne una turca a consolar miei pianti. Giurò da ferri il piede, intenerita a le lagrime mie, sciorm'in poch'ore, e lasciarmi goder libera vita. Dissi acceso all'hor io di degno amore invan spero da te conforto, aita, se pria di torli al piè gli hai posti al core. La turca « vaga più del sol » che consolò l'angosciato canonico 186 Provincia di Lecce - Mcdiateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce era Fatima Imaich della città di 'Giagiac, venticinquenne, comprata da Padron Giov. Maria Cacchia in Sebenico e dallo stesso venduta in Gallipoli all'Abbate d. Giacinto Coppola che la fece cristiana 1'8 gennaio 1690 imponendole i nomi di Anna Giuseppa (7). *** Ancor oggi il ricordo dei turchi in Gallipoli lo cogli vivo e palpitante sulla bocca del nostro popolo ed in alcuni relitti folkloristici in cui l'ardore e l'entusiasmo hanno dei tocchi lirici e delle sfumature alate specialmente quando il racconto si snoda e si svolge in scene e situazioni arroventate di passione erotica. Se l'accoglienza data ai turchi fu generalmente festosa, pur tuttavia non mancavano dei casi in cui lo schiavo turco o negro manifestava tutta la sua nativa, efferata indole. Trascrivo un solo episodio così come lo trovo nel manoscritto del Patitari (in Biblioteca Comunale, scaffale X). D. Cristofaro Malgarego, Regio Governatore in Gallipoli, aveva uno schiavo negro, quale una sera era tanto infuriato che prese a seguitare per le camere il figlio di detto Governatore con una scialba in mano, al di cui rumore il Governatore vedendo che lo schiavo s'indirizzava per dentro la sua camera, si pose dietro la porta, ed avendo prima smorzato tl candeliere prese una pistola in mano, ,e all'altra la spada, avendo avuto questo tempo per l'antecedente rumore, ed avvicinandosi alla sala per entrare dentro l'ultima camera dove stava detto D. Cristofaro, quando questo l'intese vicino accortosi dalla luce degli occhi di deto schiavo, gli diede una stoccata facendolo cadere a terra esinanito, avendo solo rimasto in vita un giorno, quanto fu bastante a farsi battezzare. I turchi che dimoravano a Gallipoli non erano tutti comprati sul mercato locale, alcuni erano stati catturati dai gallipolini stessi nei tentati sbarchi di quelli nelle nostre marine. Nel 1551 nelle secche ugentine apparvero i turchi per le solite piraterie. I gallipolini, accorsi a loro insaputa, li respinsero in mare catturando due schiavi che il Preside della Provincia voleva per sè nonostante lettere viceregnali che li destinavano ai servizio della città. Nel 1544 galere turche di ritorno dall'isola di Lipari, ove avevano fatto gran bottino di uomini e di cose, naufragarono presso l'isola di S. Andrea nelle acque gallipoline. L'eroica, antica virtù gallipolina rifulse ancora una volta : venuti a singolar tenzone con i (7) Morì, all'età di quarant'anni, a dì 2 dicembre 1707 e venne seppellita in S. Francesco d'Assisi; aveva sposato Giovanni Morello, alias Bratta, che, dopo cinquanta giorni, 1a seguì nella tomba. 187 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce turchi sbarcati in numero di duecento parte ne gettarono in mare, ove miseramente trovarono la morte', parte la lasciarono distesa sulle brulle petraie (Mi assicurava tempo fa il Comandante Coppola della Guarnigione militare stanziata sull'Isola S. Andrea che in recenti scavi son venuti alla luce relitti umani ed ossame si è trovato seppellito con tegole di creta : avanzi della battaglia avvenuta?). Dei prigionieri ne scelsero sei i più proporzionati e di comparsa e con Giov. Maria Rodogaleta l'inviarono a Napoli in dono al Vicerè d. Pietro De Silva che poi alla città donò sei ancore, il metallo e iL rame delle galere. Quarantaquattro turchi furono catturati dai gallipolini nel 1669 — il 24 maggio — carichi di bottino e ricchi di 24 rotoli di monete d'argento oltre un quantitativo di monete ungheresi, e il cannone di bronzo fu adoperato per l'artiglieria del Castello. Ma non sempre il valore gallipolino la vinceva sul furore dei turchi cani (è questo l'epiteto che costantemente il popolo di Gallipoli dava ai seguaci della mezzaluna). Molti cittadini furono predati dai pirati orientali quasi in casa propria. Le cronache cittadine registrano che il 20 aprile 1430 quattro galeotte di turchi sbarcarono nel nostro porto e fecero schiavi molti cittadini. Liborio Franza, nella sua Colletta Istorica a pagina 101, scrive che nel 1654 una troiata di Turchi sbarcarono sulla spiaggia e fecero captive venti persone da quelle masserie e giardini, ed entrati essendo nella cappelluccia della Madonna del Carmine uno di quei Mussulmani tirò un colpo di scialba all'effigie di quella Vergine, di cui ne rimase il segno. Il 24 luglio 1659 il rev. cantore della Cattedrale, convocato ad sonum campanae il capitolo, rende noto che alcuni gentil'uomini vanno per la città cercando carità per il riscatto di undici persone catturate per mano dei turchi e che come impotenti sono forzati a restare in cattività, ed esorta tutti i capitolari che « nomine Capituli » si dia una grossa carità di almeno dieci ducati. D. Camillo Camaldari, procuratore' del Capitolo per l'esercizio dell'anno 1662, a dì 9 luglio, propone : Signori miei, Giov. Gallo si ritrova in potere dei Turchi e tutta la città have fatto carità per riscattarlo ritrovandosi la galeotta all'Isola per questo effetto, sarta però bene che il Capitolo facesse qualche elemosina, e così fu concluso, che li procuratori dessero ducati 8 d'argento (8). Scrive il Ravenna (9) che, nel 1665, il padre fra Francesco Genuino da Gallipoli, cappuccino, mentre si recava in Sicilia col fratello laico fra Antonio da Gallipoli fu catturato dai Turchi e per il riscatto dovette (8) Archivio capitolare di Gallipoli, Conclusioni, vol. I. (9) Bartolomeo RAVENNA, Memorie istoriche della città di Gallipoli, p. 372. 188 Provincia di Lecce - Media teca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce intervenire il Granduca di Toscana con lo scambio di uno schiavo turco a lui molto caro. Questi atti di pirateria lasciavano un senso di terrore misto a profonda compassione per i malcapitati nell'animo dei gallipolini di quel tempo, i quali non aprivano solo i ricchi forzieri per la somma del riscatto, ma aprivano anche le vie del patetico lor cuore per dar libero ed ampio corso alla piena dei soavi e teneri sentimenti sublimati da vera e dolce poesia. Tra gli altri documenti che comprovano tutto lo schianto e l'angoscia per i cittadini rapiti, segnalo la romanza completa dal titolo « Sabella » pubblicata dal Vernole in « Rinascenza Salentina », Anno I, 1933, p. 89 e segg.) ed egregiamente recensita dal prof. Michele Barbi, accademico d'Italia, nella Rivista « Melanges de philologie d'histoire et de Litterature » di Parigi (1934, p. 21 e segg.). La leggenda o romanza narra di un pirata turco camuffato da mercante levantino, il quale sulle nostre coste induce una dama a dargli in isposa una delle sue due figlie della quale egli ne fa scempio seppellendone i resti su di uno scoglio in alto mare. Tornato dalla suocera con un pretesto specioso, il turco chiede la seconda figlia per condurla seco, l'ottiene, attenta al suo onore, infine, avanzate richieste di riscatto agli ingordi congiunti della giovane, ottiene la somma dall'innamorato della fanciulla che sacrifica ogni ricchezza pur di riavere il suo amore. Con l'intento di salvare il ricordo di un'altra romanza : Candida, che rievoca il rapimento di una giovane fatto da pirati turchi, trascrivo gli ultimi brandelli rimasti. C'era una giovane sposa, di nome Candida, cchiu bedda idda ca de lu sole, che conviveva con le cognate zitelle invidiose della sua bellezza ma ancor più della sua fortuna. Non essendo queste riuscite a strapparla, nonostante i molti raggiri, all'affetto del marito, poiché le due zii ellone non volevano macchiarsi le mani di sangue, pensarono di disfarsene mediante l'inganno. Nel porto erano ancorati vascelli levantini carichi di drappi preziosi, seterie e lini; e fatte più animose dall'assenza del fratello le due zitelle chiamarono la cognata, le cui mani erano di fata ed assai esperte nell'arte del ricamo mani cande uliane ncartati e le fanno conoscere che sette navi su banute e quattordici nde spattamu portane seta a vendere nde ci a ccattare? La giovane approfitta dell'occasione per procurarsi della seta orientale e Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce prestu alla marina scise • • • • • • comu la vittara li turchi cani se la satira susu le navi. Le cognate, intanto, mandano un messo per annunziare l'avvenuta rapina al fratello lontano che, immantinenti, corre al porto onde contrattare il riscatto. Quandu la sippe sou maritu foe de sabutu a la mmane lu cavaddu ci portava tuttu a sangu nde sutava prestu alla marina scise • • • • signuri mei ci stati a comuti vascelli a mmienzu mmare dateme donna Candita comu donna naturale La giovane sposa alla risposta negativa dei turchi non regge e, dall'alto del vascello, si precipita in mare motivando un tal gesto con queste parole : mi me gote lu meu maritu e nu me gotene li turchi cani. Sette giurni utare lu mare e quattordici a fatiare • • • • Finalmente fu rinvenuto il cadavere di Candida de li soi beddi tienti ficiara pale su le navi de li soi capelli ficiara lazzi ali stivali e li soi carni se li cutiu lu mare. *** In Gallipoli quello che più si distinse nel redimere schiavi e turchi con alto e profondo senso umanitario fu il già ricordato d. Giuseppe della Cueva, spagnuolo, nativo di S. Maria del Porto. Venuto in Gallipoli per 190 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce