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Schiavi moderni

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Schiavi moderni
Le forme moderne
di schiavitù
La schiavitù (lavoro forzato) purtroppo non è un ricordo di un barbaro
passato, ancor oggi milioni di persone vivono in questa in condizione anche
se ufficialmente la schiavitù è condannata e vietata da tutti gli Stati. Non si
conosce il numero esatto di questi moderni schiavi. Questo perché il lavoro
forzato è un fenomeno sommerso, vietato e ciò non di meno possibile proprio
grazie alla connivenza di quelle autorità che dovrebbero combatterlo.
ll lavoro forzato si manifesta in diverse forme: servitù per debiti, traffico di
persone e altre tipologie di schiavitù moderna, che hanno tutte un comune
denominatore: si tratta di costrizione al lavoro di esseri umani che sono
diventati in qualche modo “proprietà” di un’altra persona. Le stime parlano
di almeno 21 milioni di persone vittime del fenomeno in tutto il mondo (vedi
box) che fanno sempre parte dei settori più poveri e vulnerabili della società.
Si tratta in genere di appartenenti a gruppi con uno status sociale inferiore,
a minoranze etniche o religiose, a popolazioni indigene o a gruppi nomadi,
molto spesso donne e bambini perché la loro situazione li predispone alla
povertà e allo sfruttamento e quindi alla schiavitù. Secondo l’Organizzazione
Internazionale del Lavoro (ILO), nel 2012¹, i minori coinvolti nel lavoro forzato
erano 5,5 milioni così distribuiti: 3.780.000 sfruttati da individui o imprese,
960.000 vittime di sfruttamento sessuale, 709. 000 sottoposti a lavoro
forzato imposto dallo Stato.
Vecchia e nuova schiavitù
In passato il proprietario possedeva ‘legalmente’ gli schiavi che
aveva spesso comprato ad un alto costo d’acquisto. Era quindi
nel suo interesse ‘conservarlo’ nel miglior stato possibile, in
modo da potersi rifare del suo investimento. Ora gli schiavi,
anche se sono resi e mantenuti tali sotto la minaccia costante
della violenza, e spesso fisicamente imprigionati, non sono
‘proprietà legale’ di nessuno, ma sono costretti a lavorare,
senza compenso, per qualcuno fino allo sfinimento. Sono
schiavi ‘usa e getta’: costano poco, c’è ne sono in abbondanza,
e quando non ‘funzionano’ più si abbandonano a se stessi. Altri
li sostituiranno.
Cos’è la schiavitù?
La schiavitù si distingue da altre
forme di violazione dei diritti
umani per alcune caratteristiche:
- costrizione al lavoro mediante
minacce e violenze fisiche e
psicologiche;
Anno 2014
Amnesty International
Coordinamento Bambini/Minori
Servitù per debiti - E’ una forma di schiavitù legata ad un
- appartenenza ad un “datore di
lavoro” che ha completo controllo
sul lavoro (tipo e durata) dello
schiavo;
- essere comprati/venduti come
“proprietà”;
- subire restrizioni fisiche e non
avere più libertà di movimento.
modello di prestito ad usura, sviluppato soprattutto in ambito
rurale, secondo il quale quando le famiglie più povere ricevono prestiti da un proprietario terriero devono dare in cambio il
lavoro gratuito di uno o due dei suoi membri. Poiché in genere
gli interessi applicati sono molto alti, le persone coinvolte sono
costrette a lavorare a vita per il proprietario terriero. Esse sono
tenute sotto sorveglianza, anche armata, e possono subire violenze fisiche e sessuali. A volte la famiglia non riesce a pagare
il debito e la condizione di schiavitù si tramanda di padre in
figlio. Nel 1999 il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulle
forme contemporanee di schiavitù ha stimato in 20 milioni il
numero delle persone nel mondo schiave per debiti, distribuite
tra le piantagioni in Africa, nei Caraibi e nel Sud-Est asiatico.
Anche se questa forma di schiavitù è vietata per legge, essa
è difficile da sconfiggere perché radicata nella povertà e nelle
tradizioni locali.
Il Lavoro forzato
Secondo l’ILO, nel 2012,
erano quasi 21 milioni
nel mondo le vittime del
lavoro forzato.
Fonte ILO, www.ilo.org/rome/
risorse-informative/per-lastampa/comunicati-stampa/
WCMS_182076/lang--it/
index.htm
18,7 milioni (90%) sono le
persone sfruttate da individui o
imprese di cui 4,5 milioni (22%)
erano vittime di sfruttamento
sessuale e 14,2 milioni (68%)
vittime di sfruttamento lavorativo
in attività economiche come
l’agricoltura, le costruzioni, il
lavoro domestico e l’industria
manifatturiera.
2,2 milioni (10%) erano sottoposti
a forme di lavoro forzato imposte
dallo Stato, ad esempio in carcere
in condizioni che violano le
norme dell’ILO, oppure da eserciti
nazionali o da forze armate ribelli.
18,7
milioni (90%)
rappresenta il
numero di persone
sfruttatate da
individui o imprese
5,5
milioni (26%)
dei lavoratori
forzati hanno
meno di 18 anni
La regione Asia-Pacifico conta
il maggior numero di lavoratori
forzati nel mondo: 11,7 milioni
(56%) del totale mondiale.
Al secondo posto l’Africa con
3,7 milioni (18%), seguita
dall’America Latina con 1,8 milioni
di vittime (9%).
I paesi sviluppati e l’Unione
Europea contano 1,5 milioni
(7%) di lavoratori forzati, mentre
i paesi dell’Europa centrale
e sudorientale e della CSI ne
contano 1,6 milioni (7%). Si
stimano in 600.000 le vittime nel
Medio Oriente.
Tratta di esseri umani - L’UNODOC (United Nations Office of
Il Lavoro domestico
2008
100
Drugs and Crime) stima che ogni anno più di 2 milioni di individui siano trasportati e venduti, con la forza o con l’inganno,
per essere impiegati come schiavi in diverse forme di lavoro
forzato (18%), nella prostituzione (79%) o per altro (3%)².
La maggior parte di loro sono donne e bambini. La percentuale
dei minori vittime di tratta varia dal 22% a più del 50% in zone
come l’Africa Occidentale, la regione del Mekong o alcuni paesi dell’America Latine centrale.
Nell’Africa Occidentale vi è di un’alta domanda di bambini, soprattutto ragazze, che dal Togo, il Benin e il Camerun, vengono
instradati in Gabon o in Nigeria per lavorare nei mercati o per
lavori domestici in aree benestanti intorno a Lagos (Nigeria)
e a Libreville (Gabon). Bambini sottoposti alla brutalità della
schiavitù domestica si ritrovano anche nei paesi industrializzati: Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, ecc. Dal Sud Asia al
Golfo Persico la tratta serve a fornire bambini per le corse di
cammelli. Nel sud est asiatico, le ragazze vengono vendute e
comprate per la prostituzione.
Le vie del traffico passano attraverso percorsi disagevoli e pericolosi. Non di rado i bambini possono morire durante il viaggio.
Il lavoro infantile domestico
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
5-11
12-14
15-17
maschi
femmine
Fonte ILO, Ending Child labour
in domestic work, 2013
Secondo il rapporto dell’ILO, Ending Child labour in domestic
work (Mettiamo fine al lavoro domestico dei minori) del giugno 2013, sarebbero circa 15,5 milioni i bambini e le bambine
che lavorano come domestici in case private e 10,5 milioni lavorano in condizioni pericolose e a volte di schiavitù.
Sei milioni e mezzo di questi hanno tra i 5 e i 14 anni. Oltre il
71% sono bambine. Svolgono mansioni come pulire, stirare, cucinare, si occupano
del giardino, prendono l’acqua o si occupano di altri bambini
o degli anziani. Sono esposti a violenze fisiche, psicologiche e sessuali nonché a condizioni di lavoro disumane, vengono allontanati dalle
loro famiglie, invisibili al pubblico e dipendono completamente
dal datore di lavoro. Molti corrono il rischio di venire sfruttati
sessualmente per fini commerciali. Non hanno accesso all’istruzione e hanno quindi poche speranze di uscire dalla spirale
della povertà.
E’ difficile difendere queste bambine e questi bambini perché il
loro lavoro si svolge dietro porte chiuse e spesso le attività che
svolgono non sono riconosciute come lavoro.
11,7
milioni
lavoratori
forzati
Asia-Pacifico
3,7
milioni
lavoratori
forzati Africa
1,8
milioni
lavoratori
forzati
America Latina
«Nessun individuo potrà essere
tenuto in stato di schiavitù o di
servitù; la schiavitù e la tratta
degli schiavi saranno proibite
sotto qualsiasi forma»
– Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani, art. 4
La legislazione internazionale
Esistono due Convenzioni contro la schiavitù, la prima del 1926 e la seconda del 1956.
La prima Convenzione, adottata dalla Società delle Nazioni, venne successivamente
fatta propria dall’Organizzazione delle Nazioni Unite ed emendata con un protocollo
nel 1953. Altri trattati internazionali specifici sono: la Convenzione sul lavoro forzato
del 1930, la Convenzione per l’abolizione
del lavoro forzato del 1957, la Convenzione
per la soppressione del traffico di persone
e il commercio della prostituzione del 1949
ed infine la Dichiarazione di Stoccolma del
1996, adottata durante il primo Congresso
Mondiale contro il commercio sessuale e
lo sfruttamento dei minori. Nella 103a Conferenza Internazionale del Lavoro che si è
svolta a Ginevra dal 28 maggio al 12 giugno
2014, l’Ilo ha adottato un nuovo protocollo
alla convenzione del 1930. Questo strumento giuridicamente vincolante ha l’obiettivo
di migliorare la prevenzione, la protezione
e le misure di risarcimento per le vittime di
lavoro forzato, come pure di intensificare
gli sforzi per eliminare le forme moderne di
schiavitù. Nel 2000 le Nazioni Unite hanno
adottato il Protocollo per la prevenzione,
soppressione e punizione del traffico di
persine specialmente donne e bambini,alla
Convezione contro il Crimine Organizzato
Transnationale. Il Protocollo è entrato in
vigore nel 2003.
¹
ILO, Marking progress against child labour. Global
estimates and trends 2000-2012, Ginevra, 2013
²
Fonte UNODOC, Global Report in traffiking in person,
2013 scaricabile all’indirizzo https://www.unodc.org/
documents/Global_Report_on_TIP.pdf
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