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LA SCOPERTA DELLO STRETTO DI MAGELLANO

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LA SCOPERTA DELLO STRETTO DI MAGELLANO
SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
LA SCOPERTA
DELLO STRETTO DI MAGELLANO
La carta dello Stretto di Magellano di Jocodus Hondius del 1633.
RAFFAELE GARGIULO
T
ra tutte le imprese del periodo delle
grandi scoperte geografiche quella di Magellano merita una considerazione a parte:
fu il primo a compiere la circumnavigazione del globo, dimostrando, contro tutti i
cosmologi e teologi del tempo, la sfericità
della terra, l’insospettata vastità dell’ORivista Marittima-Aprile 2010
ceano Pacifico e la reale dimensione del
nostro pianeta.
Il primo uomo a superare i confini del
mare immenso.
Il mare immenso! Bisognerebbe cercare
di immaginarlo, vederlo, percepirlo con gli
occhi di un uomo del XV secolo e in par83
La scoperta dello Stretto di Magellano
ticolare con gli occhi di un portoghese: un
limite, una barriera liquida e sterminata
che si estende fino all’orizzonte, dimora di
infinite creature, di mostri marini capaci di
ingoiare una nave intera, soggetti a una divinità misteriosa d’infinita potenza che
abitava gli abissi più profondi. Esso è rimasto sconfinato secondo l’antico metro
della vela e delle imbarcazioni del tempo
sempre alla mercè e al capriccio dei venti
e delle correnti, specchio del cielo e delle
sue nubi galoppanti, tomba di tanti audaci
navigatori che lo avevano sfidato andando
alla ventura alla ricerca di una vita migliore, solcando la sua superficie ingannevole,
inseguendo il suo orizzonte sfuggente.
Magellano, come ogni altro giovane
portoghese dei primi anni del XV secolo
era affascinato dai viaggi verso l’Oriente e
sperava di raggiungere l’India a bordo di
una delle tante navi che salpavano dai porti portoghesi, lungo la rotta che il Santo
Padre aveva concesso al suo paese (1).
La spartizione del globo
Il 7 giugno 1494 si giunse a un accordo
tra la Spagna e il Portogallo, riguardante
innanzitutto i diritti delle due Corone alla
navigazione, al commercio e alla pesca,
nonché alle imprese nelle Canarie e lungo
la costa africana, che non rappresentava
che una conferma del Trattato di Alcaçovas del 1479. Ma quello stesso giorno fu
firmato fra i Re Cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, e il re del
Portogallo, Giovanni II di Avis, un altro
trattato per la «spartizione dell’oceano» la
partición del mar, nel quale, rispetto agli
accordi stipulati con il papa un anno prima, i Portoghesi ottennero un cambiamento sostanziale a loro favore. Si sarebbe infatti tracciata una nuova la linea di
84
demarcazione immaginaria, dal Polo Nord
al Polo Sud, fra i rispettivi ambiti di conquista e di evangelizzazione che trasportava il confine di duecentosettanta leghe (leguas) a ponente delle isole di Capo Verde,
quindi non più 550 chilometri, bensì
2.000 chilometri a ovest di Capo Verde in
virtù del quale al Portogallo toccherà un
giorno il Brasile non ancora scoperto (una
lega equivaleva a poco più di sei chilometri, quindi corrispondono a circa 2.000
chilometri).
Tutto ciò che si trovava a ovest di quella linea sarebbe appartenuto alla Spagna,
ma quanto si trovava a est, a eccezione
delle Canarie e del territorio africano di
fronte a esse, sarebbe stato portoghese.
Mentre si dirigevano verso le Indie, le navi spagnole avrebbero potuto navigare nelle acque portoghesi per poter sfruttare gli
alisei, ma la rotta orientale sarebbe rimasta
esclusivamente portoghese. «Tagliare l’aria con una sciabola o tagliare il mare con
un coltello», così potrebbe essere definito
l’effetto del trattato di Tordesillas.
Una commissione mista, come la si definirebbe oggi, composta da una o due caravelle per parte, avrebbe dovuto stabilire
quella linea immaginaria nell’oceano, ma
non venne mai costituita.
In questo modo Giovanni II riuscì a difendere i suoi notevoli interessi in Africa.
Con la firma del trattato di Tordesillas,
confermato dal papa Giulio II nel 1506 con
la bolla Ea Quae, la divisione del mondo fu
confermata e fu accantonata la minaccia di
una guerra tra Spagna e Portogallo.
Il decreto di Alessandro VI è stato a lungo considerato un documento con il quale
il papa consegnava ai suoi figli prediletti
dal suo cuore, le terre non ancora scoperte.
Il Portogallo e la Spagna sono le uniche
nazioni i cui sovrani non si siano mai caparbiamente opposti alla sua autorità spiriRivista Marittima-Aprile 2010
La scoperta dello Stretto di Magellano
La linea
di demarcazione
del Trattato
di Tordesillas.
tuale. Essi hanno lottato contro i mori e
hanno scacciato gli infedeli, estirpato con
la spada e con il fuoco ogni eresia dalle loro terre; in nessun altro paese l’inquisizione papale trova così pronti aiuti contro
mori, marrani e giudei. No, non devono
combattersi questi figli diletti, avrà deciso
il Papa; converrà quindi suddividere
senz’altro la zona ancora sconosciuta del
mondo fra la Spagna e il Portogallo, e precisamente suddividerla, non come diremmo nel moderno gergo diplomatico — in
«sfere di interesse» — bensì con chiara
donazione. E tale era considerato dagli altri stati, in particolare dall’Inghilterra, che
tre anni dopo la pubblicazione delle bolle
Rivista Marittima-Aprile 2010
alessandrine avrebbe respinto del tutto
l’autorità papale e successivamente anche
l’Olanda e la Francia renderanno inutile
ogni mediazione pontificia.
Enrico VII, re d’Inghilterra, violò i confini tracciati dal pontefice, non riconoscendo il trattato di Tordesillas e cogliendo
a pretesto che il pontefice aveva citato l’est e l’ovest, pensò bene di conquistare il
nord. Una spedizione guidata dal veneziano Giovanni Caboto partì da Bristol, arrivando in terra di Labrador, Terranova e
Nuova Scozia. La guerra tra Inglesi, da
una parte, e Spagnoli e Portoghesi, dall’altra, fu evitata unicamente perché il successore di Enrico VII, Enrico VIII, si di85
La scoperta dello Stretto di Magellano
sinteressò del nuovo continente.
Ovviamente sia la Spagna che il Portogallo pensarono come violare il trattato di
Tordesillas e le bolle pontificie: il Portogallo oltrepassò le 370 leghe conquistando tutto l’attuale Brasile; la Spagna superò la linea del Pacifico arrivando alle
Molucche.
In realtà, come descritto, la decisione di
papa Alessandro VI non era tanto un regalo a Spagna e Portogallo, quanto una spudorata spoliazione dei privilegi che il Portogallo aveva già ottenuto e il grande
evento atlantico delle scoperte trovò il
quindi il papa come grande interprete.
L’ambizione pontificia di distribuire territori ancora sconosciuti, era legata alla convinzione del tempo che il papa, vicario di
Pietro e rappresentante del Cristo sulla terra, era Signore di ogni cosa. I pagani, coloro che erano fuori dalla Grazia della vera fede, non avevano diritto a nulla finchè
non riconoscevano la sovranità del Cristo
e della sua Chiesa.
In conseguenza degli obblighi assunti
con il patronato i sovrani, in cambio di una
serie di diritti e di privilegi, s’impegnano a
promuovere l’apostolato nelle terre scoperte, a costruire e a mantenere chiese e
monasteri, a provvedere a un numero sufficiente di sacerdoti per il servizio divino e
il ministero delle anime.
Le bolle alessandrine, inoltre, sanzionarono giuridicamente la nascita del colonialismo occidentale nel Nuovo Mondo, termine che deriva dalla versione spagnola
del nome di Colombo, Cristobal Colón, da
cui «colonialismo». Sul piano politico i
documenti emanati da Alessandro VI esaltarono l’universalità del vicario di Cristo
in terra, a dispetto di tutte quelle correnti
interne alla cattolicità che volevano in
qualche modo ridurre i privilegi del pontefice (prima fra tutte la corrente dei conci86
liaristi, ancora attiva, anche se in maniera
inconsistente).
Per quanto a prima vista possa apparire
grottesca una generosità che regala quasi
mezzo mondo, con un tratto di penna, a
due sole nazioni, senza curarsi delle altre,
bisogna però ammirare questa soluzione
pacifica come uno dei pochi atti ragionevoli della storia, uno dei pochi casi in cui
un conflitto sia stato risolto per accordo
pacifico invece che con la violenza, una
sorta di «pace preventiva», volendo estendere il paragone ai tempi attuali, contrapponendola alla «guerra preventiva».
Per anni e per decenni il trattato di Tordesillas ha, in effetti, evitato ogni guerra
coloniale tra la Spagna e il Portogallo, pur
essendo, sino dal primo giorno, una soluzione provvisoria. Se, infatti, si taglia una
mela con un coltello, la linea di sezione
dovrebbe apparire anche sulla superficie
opposta e invisibile.
Le isole delle spezie
e la ricerca dello stretto
Ma entro quale delle due metà giaccio-
no le ricercatissime, preziose Isole delle
Spezie? Sono a oriente o a ponente della
linea divisoria nell’emisfero opposto?
Dalla parte del Portogallo o della Spagna? In quel momento né il papa, né i re,
né i dotti lo possono prevedere, perché
ancora nessuno ha misurato la sfera terrestre, e la Chiesa non vuole a nessun costo
riconoscere pubblicamente la forma sferica del mondo. Ma fino alla decisione definitiva tutte e due le nazioni hanno già il
loro da fare per inghiottire l’enorme boccone che il destino ha loro offerto: alla
piccola Spagna la gigantesca America, e
al piccolissimo Portogallo tutta l’India e
l’Africa insieme.
Rivista Marittima-Aprile 2010
La scoperta dello Stretto di Magellano
Le zone di influenza scaturite dal trattato di Tordesillas.
Il 28 novembre 1520 Ferdinando Magellano scoprì il passaggio oggi noto come
Stretto di Magellano e raggiunse l’Oceano
Pacifico.
Il giorno in cui le navi europee entrarono per la prima volta nell’Oceano Pacifico
il mare era calmo, il cielo di un blu meraviglioso, con nuvole sparse qua e là e le
onde non erano che leggere increspature
illuminate dal sole: tutto era talmente rassicurante che Magellano pensò di dare un
nome promettente: El Mar Pacifico (2).
L’Europa aveva scoperto quell’Oceano
soltanto da poco e quasi contemporaneamente da entrambi i lati. Abreu e altri Portoghesi, navigando a est di Malacca nel
1512 avevano sentito parlare dell’esistenza di una grande distesa d’acqua aldilà delle isole. Questo riecheggiava ciò che Marco Polo aveva appreso più di duecento anRivista Marittima-Aprile 2010
ni prima e quanto i navigatori arabi che incrociavano il Mar Cinese Meridionale avevano scoperto prima ancora di lui. Nessuno, tuttavia, aveva compreso che questo
Oceano era più grande di tutti i continenti
che ricoprivano la faccia della Terra, che
occupava un terzo dell’intera superficie
terrestre, che era possibile navigarvi per
mesi e mesi vedendo soltanto acqua.
Così, mentre alcuni raggiungevano il
Pacifico da Ovest, Vasco Nùñez de Balboa (3) lo scopriva da est. Gli Spagnoli
avevano mostrato un certo interesse per
l’America Centrale già nel 1500, quando
fu scoperto l’oro vicino all’istmo di Panamà. Colombo, nel suo quarto e ultimo
viaggio del 1502, aveva navigato verso
sud lungo la costa orientale dell’America
Centrale, procurandosi una notevole
quantità d’oro mentre cercava uno stretto
87
La scoperta dello Stretto di Magellano
che gli permettesse di passare dall’altra
parte. Gli indigeni gli avevano detto che si
trovava «a dieci giorni dal Gange», ma
Colombo non era riuscito a trovare alcun
passaggio. Nel 1509 i tentativi di colonizzare la costa settentrionale della Colombia
e quella orientale dell’America Centrale
erano falliti, tuttavia avevano portato alla
conquista di Panamà da parte di Balboa,
che nel 1513 aveva intrapreso una spedizione via terra attraverso le foreste dell’istmo alla ricerca del mare che si diceva
arrivasse fino alla terra dell’oro. Il 25 settembre era salito finalmente sull’ultima
collina e aveva visto un oceano immenso.
In quel punto l’istmo di Panamà va da est
a ovest, di modo che l’oceano visto da
Balboa si trovava a sud ed egli lo chiamò
«Mare Meridionale». Molto probabilmente Magellano aveva sentito parlare dell’esistenza del Mare Meridionale non più
tardi del 1515 e aveva concluso che, se
avesse potuto raggiungerlo e attraversarlo
andando verso ovest, avrebbe raggiunto le
Molucche. Ma visto che era evidente che
l’America Centrale non era interrotta da
nessuno stretto, qual era la rotta che dall’Atlantico portava nel Mare Meridionale? Aveva forse in mente di imitare gli
Spagnoli e lasciare la sua nave sul versante atlantico di Panamà, attraversare a piedi l’istmo e costruire un’altra nave sull’altro versante? No. E non pensava neppure
a un passaggio settentrionale, anche se
l’esistenza dell’America settentrionale era
ancora ignota e si riteneva che a nord dei
carabi non ci fosse che il mare aperto, interrotto soltanto da isole.
Magellano ignorava la possibilità di un
passaggio settentrionale e per lui fu un bene, altrimenti sarebbe forse stato il primo a
navigare lungo le coste atlantiche dell’America del Nord, ma non avrebbe mai visto il Pacifico. Al contrario, il passaggio lo
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cercava a sud.
A quanto sembra, si basava su alcune
relazioni segrete che aveva avuto modo di
vedere molti anni prima quando lavorava
come segretario presso la Casa da India.
La scoperta di Cabral (4) — che il Brasile si trovava da lato portoghese della linea
di demarcazione tracciata da papa Alessandro — aveva fatto sì che il Portogallo
intraprendesse segretamente numerose
spedizioni sulle coste del Sud America. Il
15 marzo del 1501, re Manuel di Portogallo aveva inviato quattro navi al comando di João da Nova affinché esplorassero
il Brasile mentre si recavano in India. Una
di queste caravelle era comandata da Diogo Barbosa, membro di una importante
famiglia di navigatori. Barbosa era convinto che esistesse una rotta occidentale
per le Indie da qualche parte a sud del
Brasile e aveva steso una relazione in proposito. Magellano potrebbe anche averne
sentito parlare dal figlio di Barbosa,
Duarte (non sappiamo con esattezza se
fosse il figlio o il nipote) che aveva incontrato in India e con cui aveva fatto amicizia. Anche Cristòbal de Haro, l’astuto
agente dei Fugger (5) a Lisbona, era interessato a una rotta che portasse in India da
occidente e il 3 maggio 1501 fu autorizzato da Manuel a inviare tre caravelle in
Brasile, le quali ma non fecero nessuna
scoperta significativa. Il re mandò una seconda spedizione, il 13 maggio dello stesso anno, alla ricerca di un passaggio del
nord del Brasile. Uno degli ufficiali era un
uomo d’affari fiorentino, Amerigo Vespucci, che in una lettera a Pier Francesco
dè Medici disse di aver raggiunto i 52° di
latitudine sud; quella che sarebbe stata
chiamata Patagonia. Non sappiamo se Vespucci arrivò davvero così a sud, tuttavia
è certo che vide abbastanza da convincersi che non si trattava di un’isola, ma di un
Rivista Marittima-Aprile 2010
La scoperta dello Stretto di Magellano
continente gigantesco. Quando nel 1507 il
geografo tedesco Martin Waldseemüller
disegnò una carta del mondo, rese onore a
Vespucci dando il nome di «America» al
nuovo continente (6).
Sembra che Vespucci fosse convinto
dell’esistenza di un passaggio a occidente
e nel 1503 Cristòbal de Haro fece un nuovo tentativo. In quel periodo il Portogallo
inviava regolarmente le sue navi in India
doppiando il Capo di Buona Speranza,
dunque re Manuel non aveva alcun bisogno di una rotta occidentale; ma de Haro
voleva scoprire tutte le rotte possibili e ottenne l’autorizzazione a inviare altri
esploratori in Brasile. Gonzalo Coelho
partì con due caravelle e poco dopo Cristòbal Jacques partì con tre. Jacques navigò lungo la sporgenza del Brasile e continuò verso sud, incurante di superare la linea di demarcazione e di entrare in acque
spagnole. Tra i 35° e i 40° sud, scoprì
un’enorme spaccatura della costa: si trattava di quell’immenso estuario che sarebbe poi stato chiamato Rìo de la Plata. Jacques vi entrò e lo esplorò per due giorni,
prima che le tempeste lo costringessero a
tornare indietro e, a quanto sembra, pensò
che si trattasse di un passaggio che portava alle Indie. Continuò tuttavia lungo la
costa del Sud America, probabilmente fino alla costa della Patagonia forse fino a
quello che noi chiamiamo Stretto di Magellano a 52° sud. Al suo ritorno in Portogallo Jacques disse a de Haro di aver trovato la rotta occidentale per le Indie, anche se non sappiamo se con questo intendesse l’estuario del Rìo de la Plata o lo
Stretto di Magellano. Probabilmente si
trattava del primo.
De Haro riferì la notizia a re Manuel,
che ne rimase sconvolto e ordinò che non
si facesse menzione della scoperta. Se esisteva, lo stretto si trovava senza dubbio nel
Rivista Marittima-Aprile 2010
settore spagnolo e Manuel non aveva alcun desiderio di regalare ai suoi rivali un
rotta per l’India. Il viaggio di Jacques doveva rimanere segreto — anche se Magellano, che lavorava alla Casa da India, pare
ne abbia sentito parlare prima che Manuel
ordinasse, sotto pena di morte, di non farne menzione su nessuna carta, libro di bordo o relazione. L’editto fu promulgato il
13 novembre 1504 e proibiva, pena la
morte, di «dar notizie intorno alla navigazione oltre il fiume del Congo, affinché gli
stranieri non possano trarre vantaggio dalle scoperte del Portogallo». In quell’epoca
di scoperte, infatti, ogni nazione badava
con gelosia commerciale a tenere segreti i
risultati delle sue spedizioni. I libri di bordo dei piloti, gli appunti dei capitani, le
mappe e i portolani, venivano riposti gelosamente nella Tesoreria di Lisbona.
È tuttavia possibile che Magellano abbia saputo dell’esistenza del passaggio da
un’altra fonte. Antonio Pigafetta, un gentiluomo italiano che accompagnò Magellano nel suo viaggio di circumnavigazione e
ne fu lo storico ufficiale, riferisce che il
navigatore pensava di trovare lo stretto
perché lo aveva visto «nel tesoro del re del
Portogallo, in una carta disegnata dall’eccellentissimo Martin Behaim», un geografo che era entrato al servizio del Portogallo verso la fine del XV secolo.
Questa notizia di Pigafetta è attendibilissima, giacché prima di tutto Martin
Behaim è stato realmente cartografo di
corte del re del Portogallo sino alla sua
morte, avvenuta nel 1507, e d’altra parte
noi sappiamo che il taciturno Magellano
aveva saputo procurarsi l’ingresso agli archivi segreti. Ma — il gioco diventa difficile! — questo Martin Behaim (7) non
aveva mai partecipato personalmente a
viaggi di scoperta, e non poteva aver tratto
la stupefacente notizia dell’esistenza di
89
La scoperta dello Stretto di Magellano
uno stretto se non da altri navigatori. Anche lui, cioè, doveva avere dei predecessori. Ed ecco il problema spostarsi: chi furono questi predecessori, questi marinai sconosciuti, questi veri scopritori? Ci furono
realmente delle navi portoghesi che, prima
della redazione di quelle carte e di quei
globi, erano penetrate nella misteriosa via
fra l’Atlantico e il Pacifico?
Indiscutibili documenti stabiliscono che
in realtà dal principio del secolo parecchie
spedizioni portoghesi (tra cui una seguita
da Vespucci) (8) avevano studiato le coste
del Brasile e forse anche quelle dell’Argentina; esse soltanto potevano dunque
aver veduto il famoso passo.
Tuttavia — la vite penetra ancor più
profonda — una nuova domanda ci si presenta: fin dove erano giunte quelle spedizioni misteriose? Sino all’effettivo passaggio, cioè allo stretto di Magellano?
Circa l’asserzione che altri navigatori
avessero conosciuto il passo prima di lui,
non si ebbero per lungo tempo altre prove
che le parole di Pigafetta e un globo, ancora esistente, di Johann Schöner (9), il quale, con nostra sorpresa, già nel 1515, cioè
molto prima della partenza di Magellano,
segna distintamente un passaggio meridionale, benché situato in un punto sbagliato.
Ma con ciò non è stabilito affatto da chi
abbiano avuto le loro informazioni
Behaim e il geografo tedesco.
Già il problema della priorità sembrava
superato, quando una scoperta inaspettata
spiegò, o parve spiegare, nel secolo successivo, a chi e che cosa Behaim e Schöner e finalmente Magellano dovessero le
loro cognizioni geografiche. Si tratta di un
foglio volante in lingua tedesca, stampato
su pessima carta, scoperto per caso e intitolato Copia der Newen Zeytung aus Presillg Landt. Questo foglio (che porta per
primo la designazione Zeytung) è una rela90
zione mandata dal Portogallo sul principio
del secolo da un commerciante tedesco ai
grandi negozianti di Augusta, i Welser. In
essa si riferisce, in un orribile tedesco, che
una nave portoghese ha trovato presso il
quarantesimo parallelo di latitudine un Cabo, cioè un Capo, corrispondente a quello
di Buona Speranza, e ha potuto virarlo a
vela, constatando l’esistenza di un ampio
passaggio dall’oriente all’occidente, simile a quello di Gibilterra, per il quale era facile giungere alle Molucche e quindi alle
Isole delle Spezie. Questa relazione afferma dunque con chiarezza che i due oceani
si riuniscono: quod erat demostrandum.
Con ciò parve risolto l’enigma, e Magellano decisamente smascherato come
plagiario di una scoperta precedente. Naturalmente egli era in grado di conoscere,
quanto l’anonimo tedesco e il geografo di
Augusta, i risultati di una spedizione portoghese precedente, quindi tutto il suo merito si limiterebbe all’aver saputo divulgare e tradurre in atto un segreto gelosamente custodito, trasformandolo in una nozione valida per l’umanità intera. Tutto i valore di Magellano consisterebbe nell’abilità,
nella rapidità e nella spregiudicatezza con
cui seppe sfruttare un successo altrui.
Ma con grande sorpresa la vite si affonda con un altro giro, e per l’ultima volta.
Noi oggi sappiamo esattamente ciò che
Magellano non sapeva: i navigatori di
quella sconosciuta spedizione portoghese,
in realtà, non giunsero sino allo stretto famoso, e le relazioni che Magellano, al pari di Martin Behaim e di Johann Schöner,
ritenne attendibili, erano invece un equivoco, un errore spiegabilissimo. Che cosa
avevano dunque veduto — ecco il nocciolo del problema — quei piloti, in vicinanza del quarantesimo parallelo? Che cosa
dice precisamente la relazione della
Newen Zeytung? Che quei navigatori aveRivista Marittima-Aprile 2010
La scoperta dello Stretto di Magellano
vano scoperto a quaranta gradi di latitudine un’insenatura in cui erano penetrati per
circa due giorni senza vederne la fine, e
che prima d’aver trovato l’uscita erano stati respinti in alto mare da una bufera. Essi
non avevano dunque veduto altro che l’imboccatura d’una via d’acqua, che «supponevano» (ma supponevano solo) fosse il
tanto cercato canale di accesso all’Oceano
Pacifico. Ma il vero passaggio (lo sappiamo per merito di Magellano) si trova invece presso il cinquantaduesimo parallelo.
Che cosa avranno dunque scoperto quegli
ignoti navigatori? Ci vuol poco a supporlo.
Chi infatti abbia veduto una volta l’enorme massa, la grandiosa distesa d’acqua
con cui Rio de la Plata si versa in mare,
comprenderà che è un equivoco quasi inevitabile scambiare quella foce gigantesca
con un golfo o con un mare. Nulla di più
naturale che dei naviganti europei, i quali
mai in Europa avevano veduto un fiume
così smisurato, trionfassero prematuramente ritenendola la sognata via d’acqua
fra i due Oceani. E che quei piloti siano caduti in quest’errore, scambiando il Rio de
la Plata con uno stretto, lo dimostrano le
carte disegnate seguendo le loro affermazioni. Se infatti quei naviganti avessero
scoperto la vera strada di Magellano, il paso, i portolani e il globo di Schöner dovrebbero recare anche la foce del Rio, il
più gigantesco tra i fiumi del mondo; invece tanto Schöner che gli altri cartografi a
noi noti non segnano il Rio de la Plata, ma,
al suo posto, proprio a quel grado di latitudine, il paso, la mitica via di congiunzione.
Con ciò la questione è risolta. Gli ignoti
mallevadori della Newen Zeytung sono
vittime in buona fede di uno scambio evidente e spiegabilissimo, e Magellano non
agì slealmente affermando di avere autentica notizia dell’esistenza di un passo. Egli
fu a sua volta ingannato da un’illusione alRivista Marittima-Aprile 2010
trui quando, in base a quelle carte e a quei
rapporti, preparò il suo grandioso disegno
di un primo viaggio di circumnavigazione.
Un errore, dunque, un errore lealmente
creduto e accettato fu, in ultima analisi, il
segreto di Magellano.
Ma non si disprezzi quest’errore. Se il
genio lo sfiora, se il caso lo guida, anche
dal più stolto errore può scaturire la più sublime verità. A centinaia e a migliaia si annoverano le importanti scoperte che in
ogni campo della scienza sono state determinate da ipotesi false. Mai Colombo
avrebbe affrontato l’Oceano Atlantico senza quelle carte di Toscanelli con gli assurdi calcoli sulle dimensioni del globo, che
lo indussero a credere di poter raggiungere in brevissimo tempo le coste orientali
dell’India. E Magellano non avrebbe potuto convincere un monarca ad affidargli una
flotta, se non avesse creduto, con così folle certezza, alla carta sbagliata di Behaim
e ai fantastici rapporti dei navigatori portoghesi. Soltanto perché certo di possedere
un segreto, Magellano poté sciogliere il
maggior segreto geografico della sua epoca. Solo perché egli si affidò con tutta l’anima a un’illusione poté scoprire una verità imperitura.
Indipendentemente dal motivo che lo
convinse dell’esistenza dello stretto, sta di
fatto che subito dopo la sua caduta in disgrazia divenne per lui un’ossessione; egli,
come sappiamo, rimane ancora un anno in
Portogallo, e nessuno indovina di che cosa
si occupi. Tutt’al più si osserva (ma questo
non vuol dir molto, trattandosi di un vecchio lupo di mare) che Magellano predilige la compagnia di piloti e di capitani e
specialmente di quelli che hanno navigato
nel Pacifico. Ma di che cosa parlano i cacciatori, se non di caccia, di che i navigatori, se non dei mari e delle nuove scoperte?
Anche il fatto che egli studi nella Tesora91
La scoperta dello Stretto di Magellano
ria, cioè nell’archivio segreto di re Manuel, le mappe, i portolani e i giornali di
bordo delle ultime spedizioni in Brasile,
ivi conservati fra le secretissime cose, non
suscita sospetti. Che mai dovrebbe studiare un capitano disoccupato, nelle sue molte ore libere, se non le relazioni sulle terre
e sui mari di nuova conoscenza?
Ma anche se Magellano fosse riuscito a
trovare l’ipotetico stretto navigando verso
ovest su di una nave battente bandiera spagnola, quale vantaggio ne sarebbe derivato
a lui personalmente o alla Spagna? Le Molucche, non si trovavano forse nella metà
portoghese del globo?
Da parte sua, era pressocchè certo che
non era così. Innanzi tutto il decreto papale era vago: nessuno aveva mai stabilito se
la linea di demarcazione andava da un polo all’altro, e da entrambi i lati del globo o
tagliava semplicemente l’Atlantico alla
pattuite 370 leghe a ovest delle Azzorre.
Quella linea, era ormai stato accettato,
correva lungo il 46° meridiano ovest e se
continuava dall’altra parte del pianeta,
lungo il 134° est. I diplomatici spagnoli e
portoghesi avevano discusso la questione
fin dal 1494 senza arrivare però a una soluzione definitiva. Forse il papa voleva
semplicemente che il Portogallo raggiungesse le Indie navigando verso est e la
Spagna verso ovest, senza mettere un confine preciso alle loro sfere di influenza in
Asia. Si trattava comunque di una questione controversa, dal momento che dati i
metodi primitivi con cui si calcolava la
longitudine nessuno era stato in grado di
stabilire con esattezza dove si trovasse il
134° meridiano est.
In ogni caso Magellano era uno dei pochi europei che si fossero avvicinati al fatidico meridiano. Era sicuramente stato a
Malacca, vicino ai 100° est, e sembra assai
probabile che nel 1512 avesse raggiunto le
92
Molucche o le Filippine, che si trovavano
all’incirca tra i 120° e i 130° est. Magellano aveva concluso che le Isole delle Spezie si trovavano proprio a cavallo della linea di demarcazione, se la si prolungava
dall’altra parte del globo, ed era quasi certo che la maggior parte delle isole più preziose, se non addirittura tutte, fosse a
oriente dei 134° est, quindi nella parte spagnola del mondo. Se le cose stavano davvero così, l’ironia del trattato di Tordesillas era ancora maggiore; in base a quel
trattato João II era riuscito a far spostare la
linea di circa 270 leghe verso ovest. In
questo modo lo stesso negoziato che aveva
dato il Brasile al Portogallo, sosteneva
Magellano, lo aveva privato delle Isole
delle Spezie (10). Nell’arrivare alle sue
teorie sull’esistenza di uno stretto a sud
dell’America e sulla posizione delle Molucche, Magellano aveva avuto l’aiuto e
l’incoraggiamento dell’astronomo Ruy
Faleiro, che aveva elaborato il complesso
sistema di formule per il calcolo della longitudine, riportandolo, in base alle conoscenze vissute di Magellano su un planisfero. Nell’estate 1515 Magellano dunque
era alla ricerca di qualcuno che lo presentasse alle autorità spagnole così da poter
entrare al servizio della Spagna, presentare a re Ferdinando il suo grande progetto e
danneggiare Manuel facendo sì che la Spagna si annettesse le Molucche.
Proprio allora ricevette un brutto colpo:
Magellano venne a sapere che gli Spagnoli erano arrivati autonomamente a conclusioni simili alle sue e stavano per inviare
una spedizione che doveva raggiungere le
Molucche da occidente.
L’impresa era stata affidata al Primo Pilota della Marina Spagnola, Juan Dìaz de
Solis (11), un portoghese stanco del proprio re, noto in precedenza come João
Dias de Solis.
Rivista Marittima-Aprile 2010
La scoperta dello Stretto di Magellano
Già nel 1512 Solis aveva avuto l’incarico da re Ferdinando di doppiare il Capo di
Buona Speranza, visitare Ceylon e prendere possesso dell’isola di Maluco «che si
trova entro i nostri confini», continuando
poi verso Sumatra, la Birmania e la Cina.
Il viaggio però non fu mai effettuato, probabilmente perché gli Spagnoli non volevano in realtà andare a curiosare dalle parti della rotta orientale, mentre nel giro di
pochi anni la Spagna sarebbe stata in grado di raggiungere «Maluco» da ovest. De
Solis partì da Sanlucar de Barrameda l’8
ottobre 1515 al comando di tre caravelle e
70 uomini , toccò la costa brasiliana in diversi punti e nel febbraio del 1516 raggiunse il grande estuario del Rìo de la Plata, che chiamò El Mar Dulce (12). Sembrava proprio che fosse il sospirato passaggio,
ma, mentre esploravano lo stretto (risalirono il fiume fino alla confluenza dell’Uruguay con il Paranà), gli Spagnoli furono attaccati da indiani ostili (forse Guaranì) che
uccisero de Solis e la maggior parte dei
suoi uomini davanti agli occhi terrorizzati
degli altri componenti della flotta che erano rimasti sulle navi. I pochi sopravvissuti
fecero ritorno in Spagna, ove giunsero il 4
settembre 1516, e resero noto quello che
Cristòbal Jacques e gli altri avevano osservato più di dieci anni prima: che a sud del
Brasile la costa dell’America meridionale
puntava verso ovest, il che collocava quella parte del continente dal lato spagnolo
della linea di demarcazione. Questa scoperta fece sì che alcuni prendessero in considerazione la possibilità che, se il continente continuava a puntare verso ovest,
terminasse da qualche parte a sud, proprio
come l’Africa, e consentisse la navigazione attorno alla sua estremità. Tuttavia de
Solis si era spinto ben più a sud del punto
più meridionale dell’Africa, eppure il continente non finiva: pertanto Magellano
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giunse alla conclusione che l’unico passaggio fosse uno stretto e che questo stretto fosse stato trovato da una delle navi di
Cristòbal de Haro nel 1503.
Magellano si trova ora di fronte a una
decisione piena di responsabilità. Ha un
disegno di un’audacia tale quale nessun
uomo di mare del tempo suo possiede, e,
per di più, la certezza (o almeno crede di
averla) che questo piano, in grazia delle
sue particolari informazioni, porterà infallibilmente alla meta. Ma come attuare
un’impresa tanto costosa e pericolosa? Il
suo sovrano lo ha respinto, sugli armatori
amici del Portogallo non può contare, perché non avranno il coraggio di affidare un
comando a un uomo caduto in disgrazia
del re. Gli resta, dunque, una sola via: rivolgersi alla Spagna. Là soltanto Magellano può sperare in un appoggio, solo a quella corte la sua persona rappresenta un valore, giacché egli reca non soltanto le preziose informazioni della Tesoreria dello
Stato di Lisbona, ma offre alla Spagna, ciò
che non è di minore importanza per l’impresa vagheggiata, un indiscutibile diritto
giuridico. Il piccolo lusitano offre a Carlo
V in dono le più ricche isole del mondo —
le Isole delle Spezie si dovevano trovare al
di là della linea divisoria, nella zona assegnata dal papa alla Spagna — e la più breve via per raggiungerle; se vi è un luogo
ove possa attendere aiuto, è dunque la corte spagnola. Soltanto là potrà raggiungere
lo scopo, attuare l’idea della sua vita, sia
pure a carissimo prezzo. Se infatti ora Magellano si volge alla Spagna, sa di doversi
strappar dal cuore il nome cavalleresco di
Magalhães, sa che il suo re lo metterà al
bando e che egli per secoli apparirà ai suoi
connazionali come un traditore, un vergognoso disertore del proprio sovrano. Non
si può paragonare la volontaria rinuncia di
Magellano alla propria nazionalità, il suo
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La scoperta dello Stretto di Magellano
disperato passaggio alla corte straniera,
con il contegno di Colombo, di Caboto, di
Cadamosto o di Vespucci, che pure hanno
guidato sui mari flotte straniere. Magellano non lascia soltanto la patria, ma — non
possiamo sottacerlo — la danneggia, cercando di attribuire le Isole delle Spezie,
che sa tenute dal suo paese, al geloso rivale del re, e agisce temerariamente, anzi anti-patriotticamente, portando oltre confine
segreti nautici che gli fu dato conoscere
soltanto nella Tesoreria di Lisbona. Se traduciamo tutto ciò in linguaggio contemporaneo, Magellano, nella sua qualità di nobile e di ex capitano della flotta portoghese, si è reso reo dello stesso delitto di cui si
macchierebbe un ufficiale dei giorni nostri
che consegnasse a uno stato vicino carte
segrete dello stato maggiore e rivelasse
piani di mobilitazione. La sola circostanza
che conferisce al suo contegno una certa
grandezza è il fatto che egli non ha varcato il confine per codardia, al pari di un
contrabbandiere, bensì a visiera alzata,
conscio di tutto il disprezzo che lo attende.
Ma l’uomo geniale ubbidisce a una legge diversa e più alta che non quella nazionale. Dopo anni di fedeltà verso la patria,
Magellano ha riconosciuto «a mezzo del
cammino» la sua vera missione. La patria
gl’impedisce di attuarla, ed egli dovrà fare
di quell’idea la sua nuova patria. Risoluto,
rinuncia al nome e all’onore, per risorgere
e identificarsi con la sua idea e con un’impresa immortale.
Il fallimento della spedizione di Solis
creò, quindi, una nuova opportunità per
Magellano. In Spagna molti potenti erano
ancora interessati a raggiungere le Isole
delle Spezie passando dall’Atlantico e Magellano intraprese il lungo e difficile processo destinato ad attirare l’attenzione di
coloro che avrebbero potuto sponsorizzare
il suo progetto.
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La gloria mancata
e la sventura dello Stretto
Carlo V, divenuto imperatore, decise di
finanziare la spedizione stipulando un
contratto con il navigatore portoghese il
22 marzo 1518. La preparazione del viaggio fu per Magellano un compito molto
arduo. Tra intrighi di corte, interferenze e
cospirazioni dei Portoghesi — che tentarono in tutti i modi di impedire la partenza della spedizione — l’insolenza e l’insubordinazione dei comandanti spagnoli e
il crescente ostruzionismo da parte di alcuni finanziatori spagnoli, verso la fine
dell’estate 1519 Magellano aveva quasi
terminato i preparativi che duravano ormai da diciotto mesi.
Tra il 10 agosto 1519 e il 6 settembre
1522 la spedizione, composta da una flotta di 5 navi capitanata dal portoghese Ferdinando Magellano al servizio della corona spagnola, intraprese la prima circumnavigazione del globo. La spedizione si
concluse con gravi perdite; solo due navi
fecero ritorno, la prima (Victoria) nel
1522, al comando di Juan Sebastian Elcano — uno dei sopravvissuti della spedizione — e la seconda (Trinidad), che seguì una rotta diversa senza circumnavigare il globo, rientrò solo nel 1525. Dei 234
uomini tra soldati e marinai che formavano l’equipaggio iniziale, soltanto 36 se ne
salvarono: 18 uomini della Victoria e 5
della Trinidad; mentre 13 finirono nelle
carceri portoghesi delle Isole di Capo Verde. La storia del viaggio è stata resa nota
grazie agli appunti di viaggio dell’uomo
di fiducia e cronista di Magellano, il vicentino Antonio Pigafetta.
Magellano stesso morì nella spedizione
e tutti gli onori per la prima circumnavigazione del globo furono riservati a Juan Sebastian Elcano, non del tutto immeritataRivista Marittima-Aprile 2010
La scoperta dello Stretto di Magellano
La prima circumnavigazione del globo.
mente, dal momento che Elcano ebbe un
ruolo importante nel portare a compimento il viaggio, nonostante fosse uno dei
principali oppositori a Magellano (13) nella spedizione tanto che nel momento decisivo cercò di boicottare l’impresa di Magellano: l’antico ribelle contro il suo capo,
raccoglie cariche e onori.
L’Imperatore Carlo V — «sul cui regno
non tramontava mai il sole» — concesse
a Elcano una pensione di 500 ducati l’anno vita natural durante e il conferimento
di un ordine cavalleresco con il diritto di
fregiarsi di un elegante stemma raffigurante due bastoncini incrociati di cannella con noci moscate e chiodi di garofano,
a cui è sovrapposto un elmo reggente un
globo e il motto superbo Primus circumdedisti me.
Con fedeltà esemplare Pigafetta è solidale con Magellano, vero artefice dell’impresa, ed esalta con la sua calda parola il
diritto del morto, il vero eroe dell’impresa
e dedica il suo libro al Gran Maestro di
Rodi dedicò a Magellano il celebre epitaffio: «Spero che la fama di questo ComanRivista Marittima-Aprile 2010
dante nobile e valoroso non si estinguerà
mai né verrà mai dimenticata; perché tra le
sue numerose virtù c’era la costanza e la
perseveranza, anche nelle situazioni più
difficili. Sopportava la fame meglio di tutti noi. Era esperto nella navigazione e nella stesura delle carte nautiche. Che questa
sia la verità è evidente, dal momento che
nessun altro ebbe altrettanta genialità e
forza d’animo, unite a tutto il sapere che
gli consentì di circumnavigare il mondo,
dato che quando morì aveva raggiunto il
suo scopo, ed egli fu il primo uomo a compiere una simile impresa» (14).
Quale fu dunque l’importanza della scoperta di Magellano? Egli voleva assicurare
alla Spagna le Isole delle Spezie e le altre
conquiste, con la posta della sua vita; ma
quello che aveva iniziato come un’impresa
eroica finisce in un miserando baratto:
l’imperatore Carlo rivende le Molucche al
Portogallo per trecentocinquantamila ducati che continuarono a essere sfruttate dai
Portoghesi. La via di ponente scoperta da
Magellano non viene quasi più percorsa,
l’itinerario da lui segnato non porta né
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La scoperta dello Stretto di Magellano
guadagni né oro e né alcun beneficio alla
Spagna. La sua grande scoperta geografica, lo stretto, aveva ben poco valore pratico, dal momento che era lontano e pericoloso e non valeva la pena rischiare quando
al di là non c’era null’altro se non la distesa deserta del Pacifico. Anche dopo la sua
morte la sventura continua a perseguitare
chiunque fidasse in Magellano; quasi tutte
le flotte spagnole che vollero ripetere la
sua spedizione perirono nello stretto che
porta il suo nome; ben presto i navigatori
impauriti evitano la rotta. Gli Spagnoli
preferirono concentrarsi nello sfruttamento dei tesori del Messico e del Perù e trasportare le merci in lunghe carovane oltre
l’istmo di Panama, piuttosto che sfidare i
cupi fiordi della Patagonia. La strada di
Magellano, la cui scoperta era stata salutata con giubilo da tutto il mondo, viene così completamente messa al bando a causa
dei pericoli che presenta, tanto che nel corso di una sola generazione cade nel totale
oblio, solo però per trasformarsi più tardi
in un mito. La rotta di Magellano divenuta
leggendaria induce l’audace pirata Francis
Drake a adoperarla per cinquantotto anni
come postazione strategica per cogliere di
sorpresa gli ignari coloni spagnoli della
costa occidentale, onde saccheggiare i carichi d’argento. Allora soltanto gli Spagnoli se ne rammentano e costruiscono
frettolosamente una fortezza per impedirvi
l’entrata ad altri filibustieri.
Ma la sventura perseguita chiunque segue Magellano. La flotta condotta da Sarmiento, per ordine del re, nello stretto, si
sfracella sugli scogli, la fortezza ivi eretta va
in rovina e il nome di Porto Hambre, Porto
della Fame, serba l’orrendo ricordo della
morte per inedia dei suoi colonizzatori (15).
Pochi pescatori di balene, di tanto in
tanto un veliero temerario, solcano quello
stretto di cui Magellano sognava fare la
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via maestra del commercio fra l’Europa e
l’Oriente.
Il 24 agosto 1525 Juan Sebastiàn Elcano salpò di nuovo da la Coruña sempre diretto verso le Molucche, partecipando con
4 sue navi alla spedizione di Garcia Jofre
de Loiasa. Al comando della Sancti Spiritus, Elcano fece naufragio nello Stretto di
Magellano; trasbordato sulla nave ammiraglia della spedizione, la San Lesmes, entrava con questa nell’Oceano Pacifico.
Morto Loiasa, Elcano assunse il comando
della spedizione, ma senza dare alcun ordine, poiché era già stremato dalle fatiche
e dallo scorbuto, ai quali soccombette il 4
agosto 1526, quattro giorni dopo la morte
di Loiasa. La sventura perseguita chiunque
segue Magellano!
Negli anni dal 1535 al 1550 sette spedizioni spagnole avevano cercato di compiere la traversata e dei 17 velieri 12 furono
respinti all’imbocco orientale, alcuni erano naufragati e uno solo, comandato da
Alonso de Camargo, era riuscito a passare.
Soltanto un uomo su cinque degli equipaggi delle navi potè salvarsi, e più di 1.000,
forse 1.500 ne perirono.
La situazione migliorò dopo la metà del
secolo; nel 1558 il capitano Juan Fernandez Ladrillero forzò lo stretto da ovest a
est, dal Pacifico all’Atlantico, con una navigazione brillante e avventurosa sulla nave San Luis, partita dal Cile. Ladrillero
tornò poi nel Cile riattraversando lo stretto
e dimostrando, fra l’altro, che il percorso
era possibile anche durante il gelido inverno antartico. Così le squallide rive del passaggio videro, verso la fine del Cinquecento, un certo numero di frequentatori, sia
pur relativamente esiguo: ma va anche
considerato che, a rendere meno difficile
lo stretto, fu lo sviluppo della tecnica di
navigazione, la maggior solidità delle navi
e la più progredita esperienza marinaresca.
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La scoperta dello Stretto di Magellano
La lettera autografa di Pigafetta al Gran Maestro di Rodi.
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La scoperta dello Stretto di Magellano
Ferdinando Magellano.
Fra i più illustri navigatori che compirono la classica traversata furono due anglosassoni: Drake (1578) e Cavendish (1587),
ossia il secondo e il terzo uomo che circumnavigarono il mondo. Ma prima che il
secolo finisse, a contrastare il dominio marittimo spagnolo, portoghese e inglese,
scesero in campo nuovi temibili avversari,
gli Olandesi.
Furono olandesi il quarto e il quinto uomo che, seguendo la rotta di Magellano,
circumnavigarono il mondo: Olivier van
Noort (1598-1601) e Joris van Spilbergen
(1614-17). Il primo dei due, partito da Amsterdam con tre navi, passò lo stretto fra il
25 novembre e l’inizio di febbraio del
1600, attraversò il Pacifico, poi l’Oceano
Indiano e rientrò in patria per la via del
Capo di Buona Speranza. Attraversando le
Molucche, ancora dominate dai Portoghe98
si, van Noort si convinse che non sarebbe
stato difficile scalzare il già vacillante impero coloniale lusitano. Quanto a Spilbergen, partito da Texel nell’agosto del 1614,
percorse lo Stretto di Magellano nell’aprile 1615, esercitò una proficua attività piratesca sulle colonie spagnole d’America,
attraversò anch’egli il Pacifico e giunse alle Molucche già in parte conquistate dai
connazionali.
E, da quel giorno d’autunno del 1913 in
cui il presidente degli Stati Uniti Wilson
spalancò le dighe del Canale di Panama,
che ricongiunse per sempre i due Oceani,
la via di Magellano è divenuta del tutto
superflua. La sua sorte è ormai suggellata.
Essa non ha più che un valore storico e
puramente geografico. Il sognato paso
non è la via di mille e mille navi, non offre il percorso più rapido e comodo verso
le Indie, non arricchisce la Spagna né fa
più forte l’Europa; di tutte le zone abitabili del mondo, le coste della Patagonia e la
Terra del Fuoco sono le più abbandonate e
miserande.
Si può però anteporre, nella storia, la
misura della utilità pratica rispetto al valore morale di un’impresa? L’umanità viene
durevolmente arricchita soltanto da chi ne
accresce la coscienza e la conoscenza
creatrice. In ciò l’impresa di Magellano
supera tutte quelle del suo tempo.
La meravigliosa audacia dei cinque piccoli e deboli velieri, che partono verso l’ignoto e navigano solitari nell’immensità
dell’oceano, rimarrà indimenticabile per
l’eroico sacrificio del suo Comandante;
indimenticabile rimarrà Magellano, che
primo ha concepito l’ardito pensiero di
una circumnavigazione intorno al mondo,
realizzata poi da una sola delle sue navi.
Insieme alla precisa misura della Terra alla dimostrazione dell’esattezza di alcune
teorie da un millennio invano cercata, l’uRivista Marittima-Aprile 2010
La scoperta dello Stretto di Magellano
manità conquista per la prima volta una
nuova misura della propria forza; la grandezza degli spazi superati le dà coscienza,
con nuova gioia e nuovo coraggio, della
sua stessa grandezza. E da questo momento Spagnoli e Portoghesi, seguiti poi da
Olandesi, Francesi e Inglesi, distendono
su tutta la superficie terrestre una rete di
conoscenze destinate a infittirsi sempre
più nel tempo consentendo la produzione
di raccolte geografiche sistematiche e carte sempre più accurate e aggiornate. Un
uomo, offrendosi come esempio, dona
sempre ciò che ha di più sublime. Proprio
questa quasi dimenticata impresa di Magellano ha dimostrato per l’eternità che
un’idea, se ispirata dal genio, se sorretta
da una tenace passione, si dimostra più
forte di tutti gli elementi naturali, che l’individuo singolo con la sua piccola vita è
fugace è pur sempre in grado di trasformare in realtà e in verità imperitura quello che a centinaia di generazioni è apparso puro sogno illusorio.
n
NOTE
(1) Il papa Alessandro VI, valendosi della sua autorità di rappresentante di Cristo in terra, con la bolla del
4 maggio 1493 divise la sfera terrestre in due emisferi (bolla Inter caetera); la linea di sezione (raya) passava a circa cento leghe dalle Isole del Capo Verde. Tutto ciò che da quel giorno sarà scoperto sulla sfera
terrestre (le popolazioni, le terre, le isole e i mari) a ponente di quella linea apparterrà alla Spagna, ciò che
rimane a oriente sarà del Portogallo. In un primo tempo ambedue gli Stati si dichiararono soddisfatti e riconoscenti del bel dono. Ma ben presto il Portogallo manifestò la propria insoddisfazione circa la suddivisione e richiese che la linea di confine venisse spostata un po’ più a ovest. Ciò si verificò col trattato di Tordesillas, stipulato il 7 giugno 1494, fra i Re Cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, e il re
del Portogallo, Giovanni II di Avis, che stabiliva la linea di demarcazione fra i rispettivi ambiti di conquiRivista Marittima-Aprile 2010
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La scoperta dello Stretto di Magellano
sta e di evangelizzazione che trasportava il confine di duecentosettanta leghe (leguas) a ponente delle isole
di Capo Verde, in virtù del quale al Portogallo toccherà il Brasile, al tempo non ancora scoperto. In conseguenza degli obblighi assunti con il papato i sovrani, in cambio di una serie di diritti e di privilegi, s’impegnarono a promuovere l’apostolato nelle terre scoperte, a costruire e a mantenere chiese e monasteri, a provvedere a un numero sufficiente di sacerdoti per il servizio divino e per il ministero delle anime.
(2) Il passaggio fu chiamato «Stretto di Tutti i Santi», ma i posteri gli diedero il nome di Stretto di Magellano. Certamente sia Magellano che i suoi uomini pensavano che il peggio fosse passato. A quel punto non
rimaneva che attraversare l’oceano e avrebbero raggiunto le isole delle Molucche. Ma si sbagliavano, dal
momento che si accingevano ad attraversare un mare la cui vastità superava ogni immaginazione e il peggio, doveva ancora cominciare.
(3) Vasco Núñez de Balboa (Jerez de los Caballeros (Spagna), 1475 - Acla (Panama), 1519); il 25 settembre dell’anno 1513, attraversato l’istmo centro-americano vide per la prima volta le acque di un grande
oceano sino ad allora sconosciuto. Il nuovo mare venne chiamato «Mare del Sud». Egli capì così che Cristoforo Colombo non sarebbe mai potuto arrivare a toccare le coste dell’Asia, perché il continente americano si frapponeva fra l’Atlantico e il nuovo oceano. Semplice ufficiale dell’esercito spagnolo, non poteva
allora sapere di trovarsi di fronte alla più grande distesa d’acqua del pianeta: l’Oceano Pacifico.
(4) Pedro Alvares Cabral scoprì il Brasile il 2 aprile 1500, forse per caso in quanto dirigendosi verso le Indie si spinse molto al largo e pertanto toccò le coste del Sud America. Per il momento il Nuovo Mondo aveva reso ben poco alla Spagna e pertanto Cabral decise di non perdere tempo all’esplorazione del Brasile,
prese possesso delle terre in nome della corona portoghese e le chiamò Ilha da Vera Cruz in quanto presumeva fosse un’isola (più tardi la chiamò Terra da Santa Cruz) e si limitò a mandare una nave in Portogallo, la Anunciada di proprietà del mercante fiorentino Bartolomeo Marchionni, ad annunciare la scoperta di
un territorio sul continente sudamericano e continuò il suo viaggio verso la fonte, certa e affidabile, della
ricchezza: l’India. In realtà, Vicente Yañez Pinzòn, un veterano della prima spedizione di Colombo, vide la
costa del Brasile prima di Cabral, ma non vi sbarcò. Cabral, sbarcandovi pochi mesi dopo, dimostrò quello
che Pinzòn aveva soltanto sospettato: che il Sud America si spinge talmente a est che il Brasile si trova dal
lato portoghese della linea di demarcazione tracciata nel trattato di Tordesillas. Anche se nessuno sapeva
con certezza dove passasse quella linea, a causa della difficoltà pratica di determinare la longitudine, sembrava certo che il Brasile si trovasse a est e che pertanto anche il Portogallo, alla fine, avrebbe avuto il suo
pezzo di Nuovo Mondo. Tuttavia in Brasile non ci furono insediamenti fino al 1531.
(5) I Fugger sono stati una importante famiglia di banchieri tedeschi, principali finanziatori delle spedizioni del XV secolo di Portogallo e Spagna.
(6) Vedasi articolo dell’autore «Il toponimo America ha compiuto 500 anni» - Rivista Marittima di agostosettembre 2008.
(7) Tedesco originario della Boemia, arrivò in giovane età in Portogallo per seguire dei commerci intrapresi nelle Fiandre. Grazie alle sue conoscenze scientifiche, era stato discepolo dell’astronomo Regiomontatus
(Johann Muller), entrò presto alla corte di Giovanni II. La storia della navigazione gli è estremamente debitrice, in quanto fu fautore:
— dell’introduzione del quadrante in Portogallo, uno strumento per la misurazione dell’altezza degli astri
sull’orizzonte e il calcolo della posizione dell’osservatore sulla terra, descritto in un trattato del XIV secolo dall’ebreo spagnolo Levi Ben Gerson;
— del perfezionamento dell’astrolabio, uno strumento di origine ellenistica per il calcolo della posizione
sulla terra da poco reintrodotto in Europa grazie ad astronomi arabi.
Tra il 1484 e il 1485 accompagnò, forse in compagnia dell’astronomo Josè Visinho, Diego Cao nel suo viaggio di esplorazione delle coste dell’Africa occidentale, viaggio che lo portò a passare l’equatore e a spingersi fino a Cabo Ledo, nell’attuale Angola. Al suo ritorno a Lisbona venne fatto cavaliere da Re Giovanni; nello stesso anno si sposò e si trasferì a Fayal, nelle Azzorre, dove il suocero era governatore di una colonia fiamminga.
Nel 1492, alla vigilia della scoperta dell’America, in visita nella natia Norimberga, capitale del rinascimento tedesco, costruì il famoso Erdapfel, la mela terrestre, conservato al museo nazionale della città tedesca,
un mappamondo ricco di disegni fantastici e leggende che sintetizza perfettamente le approssimative e superstiziose cognizioni geografiche dell’epoca, le stesse che spinsero Cristoforo Colombo alla ricerca delle
Indie. Morì a Lisbona nel 1507.
(8) Nel 1501 Amerigo Vespucci intraprese il suo terzo viaggio con la spedizione comandata da Gonzalo
Coehlo. La spedizione si fermò alcuni giorni nelle isole di Capo Verde e venne in contatto con le navi di
Cabral, esploratore portoghese di ritorno dal suo viaggio in India. A Capo Verde Vespucci conobbe l’ebreo
Gaspar da Gama che gli descrisse i popoli, la fauna e la vegetazione dell’India. Comparando questo racconto con quello che lui aveva osservato nel Nuovo Mondo, si convinse ancor di più che le terre da lui visitate non potevano fare parte dell’Asia. La spedizione di Coelho raggiunse successivamente le attuali co100
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La scoperta dello Stretto di Magellano
ste brasiliane, entrò il 1 gennaio 1502 in una baia meravigliosa che fu nominata Rio de Janeiro. Quindi la
spedizione proseguì verso sud raggiungendo l’estuario di un immenso fiume il Rio de la Plata che fu inizialmente battezzato Rio Jordan. La spedizione, si spinse più a sud fino alla latitudine 52° sud quasi all’imboccatura dello stretto che sarà scoperto 18 anni più tardi da Magellano. Il punto più a sud della Patagonia raggiunto da Vespucci fu il Rio Cananor. Di seguito si riporta un passaggio delle Lettere a Lorenzo di Pierfrancesco dé Medici di Amerigo Vespucci, nel quale il fiorentino descrive gli ultimi giorni del
viaggio in Patagonia prima di ritornare verso il Portogallo: «Navigammo fino ad incontrare che il Polo meridionale si elevava cinquantadue gradi sopra l’orizzonte, in termini che già non potevamo vedere la Orsa
maggiore né la minore. Il 3 di aprile ci fu una tormenta così forte che ci fece ammainare le vele, il vento
era di levante con onde grandissime e aria tempestosa. Così forte era la tempesta che tutta la ciurma stava in gran tremore. Le notti erano molto lunghe, quella del 7 di aprile fu di quindici ore, perché il sole stava alla fine di Ariete e in questa regione era inverno. Nel bel mezzo della tempesta avvistammo, il 7 di
aprile, una nuova terra, che percorremmo per circa venti leghe, incontrando delle coste selvagge, e non vedemmo in essa nessun porto, nè gente, credo perché il freddo era così intenso che nessuno della flotta poteva sopportarlo. Vedendoci in tale pericolo e tale tempesta, che appena si poteva vedere una nave dall’altra, tanto erano alte le onde, accordammo fare segnali per riunire la flotta e lasciare queste terre per rientrare verso il Portogallo. E fu una decisione molto saggia, perché se avessimo ritardato quella notte, di sicuro ci saremmo perduti tutti».
(9) La produzione di equatoriali nel Rinascimento raggiunse un alto grado di perfezione con Johann Schöner (1477-1547), scrittore e stampatore di opere astronomiche e geografiche. Realizzò anche una serie di
globi terrestri importantissimi per la storia della cartografia perchè vi era sempre tenuta aggiornata la situazione delle scoperte geografiche. La principale difficoltà che doveva essere risolta nella progettazione degli equatoriali era data dal fatto che le longitudini medie dei pianeti dovevano essere misurate dal punto
equante, mentre la longitudine effettiva doveva essere misurata dal punto rappresentativo del centro della
Terra. E infine, il centro dell’epiciclo descritto dal pianeta doveva muoversi su un cerchio centrato in un
punto che, come sappiamo, non coincideva con i primi due. L’opera capolavoro di Schöner fu l’Equatorium
astronomicun (consisteva in effetti di una serie di pubblicazioni), che furono i primi equatoriali stampati.
L’utilizzatore doveva egli stesso provvedere a ritagliare le parti dello strumento dai fogli di cartone forniti
da Schöner (le «volvelle»). Dopo di che l’utilizzatore eseguiva il montaggio dei pezzi ottenendo le misure
di longitudine, secondo le indicazioni accluse. Nei suoi equatoriali Schöner mostra di seguire certi dettami
provenienti da Campano, ma si distaccò nettamente da lui per notevoli innovazioni. Per esempio, Schöner
introdusse la possibilità di rendere mobile l’apogeo mentre Campano lo aveva lasciato fisso. Risolse brillantemente anche il problema della misura rispetto al punto equante e rispetto al punto rappresentativo della Terra. Alcuni anni dopo la morte di Schöner suo figlio Andreas raccolse le opere matematiche e astronomiche del padre in un grosso volume dal titolo Opera mathematica nel quale si aveva, inoltre, una edizione revisionata dell’Equatorium astronomicun. Nel restaurare un volume appartenuto a suo tempo a Johann
Schöner, si scoprirono nella legatura del libro, svariate strisce di pergamena stampata, che si rivelarono fusi del globo da lui costruito nel 1515. Quel globo non è firmato né datato ma è senza dubbio quello al quale Schöner fa riferimento nel suo testo esplicativo Luculentissima del 1515. La particolarità più interessante del globo, che ha causato gran dibattito, è l’indubbia presenza di uno stretto tra la punta dell’America latina e la costa di un continente australe chiamato Basiliae Regio. Non è stato accertato su una spedizione
possa aver preceduto quella di Magellano, ma la questione è stata affrontata da diversi studiosi.
(10) Si scoprirà in seguito che Magellano aveva torto e che il 134° meridiano passa ad est delle Isole delle
Spezie, ma nel 1514 non era stato ancora provato.
(11) Juan Dìaz de Solis nacque a Lebrija (Portogallo) nel 1470. Inizialmente viaggiò al servizio del Portogallo su navi che esploravano il litorale africano. Giunse in India con navi portoghesi, ma era insoddisfatto
del salario e si sentiva pronto per imprese più importanti. Presto si mise al servizio di navi pirata francesi
con l’idea di arricchirsi facilmente. Quando la nave pirata francese dove lui navigava prese e saccheggiò
una nave portoghese lui fu riconosciuto e condannato a morte in contumacia dal governo portoghese. Decise così di passare al servizio della Corona di Spagna. Forse fu lui il comandante della spedizione del 1497,
voluta dal Re Ferdinando II d’Aragona, per esplorare le coste della terraferma americana, al quale partecipò
Amerigo Vespucci e Juan de la Casa.
Nel 1507 il Re Ferdinando II d’Aragona indì una riunione con i più grandi navigatori del tempo: vi erano
Amerigo Vespucci, che fu poi nominato Piloto Mayor de Castilla, il famoso cartografo Juan de la Casa, Vicente Yáñez Pinzón e Juan Dìaz de Solìs. Si decise di programmare altre spedizioni.
Alla prima spedizione parteciparono Vicente Yáñez Pinzón e Juan Dìaz de Solìs appunto, e lo scopo del
viaggio era di esplorare le coste del centro America per cercare un passaggio per le Isole delle Spezie, ovvero l’Asia.
Al ritorno da questo viaggio ci fu una disputa tra Juan Dìaz de Solìs e Vicente Yáñez Pinzón e de Solìs fu
incarcerato. Rimase in carcere per poco tempo e quando uscì, riuscì a entrare in simpatia al Re Ferdinando
Rivista Marittima-Aprile 2010
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La scoperta dello Stretto di Magellano
II d’Aragona. Alla morte di Amerigo Vespucci, nel 1512 Juan Dìaz de Solìs fu nominato Piloto Mayor de
Castilla e si trovò così a essere il più importante navigatore dell’epoca.
(12) Il «Mare di Acqua dolce».
(13) Il navigatore portoghese fu sempre osteggiato durate la spedizione, principalmente per le sue origini
portoghesi, fatto inconcepibile per gli aristocratici spagnoli che parteciparono alla spedizione.
(14)Anche Pigafetta divenne una celebrità; poco dopo la partenza dalla Spagna, infatti, andò in Portogallo
per essere ricevuto dal re Giovanni III, che richiese la sua presenza per ascoltare dalla sua voce il racconto
di quanto aveva visto; fu poi invitato alla corte di Francia sempre per raccontare la sua storia e nel dicembre 1523 ricevette lo stesso invito da parte del papa che lo volle a Roma. Garbato, affascinante, arguto, Don
Antonio incantava quegli illustri principi e per un po’ fu l’uomo più celebre d’Europa; per fortuna donò una
copia manoscritta del proprio diario a tutti i sovrani da cui fu invitato, cosicché ce ne rimangono parecchi
esemplari. Alla fine si stancò di tanta notorietà e nell’ottobre 1524 chiese di essere ammesso in un ordine
monastico, i Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme e anche il Gran Maestro dell’Ordine insistette per avere una copia del suo diario del viaggio. Prese quindi i voti e nel 1530 si recò nell’isola di
Malta, che Carlo V aveva assegnato all’Ordine e a Malta morì nel 1536 mentre difendeva valorosamente
l’isola da un attacco turco. Quello stesso anno venne finalmente pubblicato il suo diario che non ha mai
smesso di interessare i lettori.
(15) Pedro Sarmiento de Gamboa è stato uno dei grandi navigatori del XVI secolo e le sue vicende gli permisero di mettere in evidenza delle doti non comuni di perizia marinaresca e di forza morale. Tuttavia la
maggiore impresa legata al suo nome, il tentativo, da parte della Spagna, di colonizzare e fortificare lo Stretto di Magellano, per impedire il ripetersi di incursioni piratesche come quella di Francis Drake, è passato
alla storia come uno dei più clamorosi fallimenti. La sfortuna sembra essersi particolarmente accanita contro la pur indomita volontà di questo insigne uomo di mare, distruggendo i suoi progetti che pure egli aveva preparato con cura e senso dell’organizzazione. È probabile che, se anche le due città da lui fondate nello Stretto — quella del Nome di Gesù e quella del Re Filippo — non fossero state cancellate dal freddo e
dalla fame, la loro funzione strategica sarebbe stata comunque vanificata dalla scoperta da parte di Schouten e Le Maire, compiuta nel 1616, della rotta del Capo Horn, che permise ancora una volta ai nemici della Spagna — gli Olandesi, questa volta; e tanti altri dopo di loro — di violare il passaggio dall’Atlantico al
Pacifico, penetrando nelle immensità del «lago spagnolo» e minacciando i traffici iberici e le indifese città
della costa occidentale del Nuovo Mondo. Tuttavia la storia non si può fare con i se, e il tragico destino delle due città magellaniche fondate da Sarmiento è rimasto come un tetro avvertimento che i disegni umani
nulla possono contro la forza del destino, quando non sono accompagnati dal sorriso benevolo dell’incostante Dea bendata.
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