Un cuore grato - Suore di Carità dell`Immacolata Concezione d`Ivrea
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Un cuore grato - Suore di Carità dell`Immacolata Concezione d`Ivrea
Un cuore grato Sommario Editoriale 3 Parola della Madre 6 Dio, le religioni e la violenza SCIC MENSILE A CURA DELLE SUORE DI CARITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE D’IVREA Direttrice responsabile Adriana Rossi Redazione e amministrazione: Via di Valcannuta, 200 00166 Roma Tel. 06/66179711 E-mail: [email protected] Autorizzazione tribunale di Roma n. 13654 -21/12/1970 Approvazione ecclesiastica del Vicariato di Roma Stampa: Valsele Tipografica srl Materdomini (AV) Tel. 082758100 E-mail [email protected] Caro lettore nell’adempimento di quanto prescritto dal Dlgs 196/03 per la tutela dei dati personali, comunichiamo che le sue generalità sono inserite nell’archivio della redazione SCIC dove vengono conservati e gestiti per l’invio postale, secondo le modalità stabilite dalla normativa vigente in materia. Lei potrà richiedere, in qualsiasi momento, modifiche, aggiornamenti o la cancellazione qualora non desiderasse ricevere più la nostra rivista, scrivendo a: Redazione - SCIC Via di Valcannuta, 200 00166 ROMA 2 Un cuore grato Madre Palma Porro Magistero 11 Approfondimento 14 Povertà ed ecclesiologia di comunione Luigi Russo L'annuncio franco Sabatino Majorano Contributi Scrivo a voi... (21.11.2014) e tutto diventa appello alla conversione 17 Attualità 21 Una casa con la porta sempre aperta Suor G. R. Grazia ricevuta 23 Diario 27 Maria Elena Russo AA. VV. Consorelle e parenti defunti 31 La Redazione si riserva di adattare gli articoli ricevuti alle necessità grafiche SCIC DIO, N le religioni e la violenza N on è vero che la causa dei conflitti del mondo sia ascrivibile a una sorta di “gara religiosa” tra le varie fedi, perché Dio nulla a che fare con la sete di conquista e con il proselitismo e anzi è ontologicamente opposto alla violenza, che invece scaturisce dal demonio. Lo ha detto papa Francesco nel suo discorso al Corpo Diplomatico il 12 gennaio 2015 a poche ore di distanza dal violento attacco della Jihad alla Francia, e allo scatenamento di altre violenze aberranti in Africa e Medio Oriente. Secondo il papa «c’è un indole del rifiuto» dietro tutto questo, che induce a non guardare al prossimo come ad un fratello da accogliere; si tratta «di una mentalità che genera quella cultura dello scarto che non risparmia niente e nessuno finendo per produrre violenza e morte». Gli altri «non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti (…) e l’essere umano da libero diventa schiavo, ora delle mode, ora del potere, ora del denaro, talvolta perfino di forme fuorviate di religione. Sono i pericoli che ho inteso richiamare nel Messaggio per la recente Giornata Mondiale della Pace, dedicato al problema delle molteplici schiavitù moderne. Esse nascono da un cuore corrotto, incapace di vedere e operare il bene, di perseguire la pace». Il papa parla addirittura di «una vera e propria guerra mondiale combattuta a pezzi», seppure con forme e intensità diverse, che tocca varie zone del pianeta, ma sempre con tratti “terroristici” e vigliacchi: in Francia come negli USA, in Ucraina, Cecenia, Palestina, Medio ed Estremo Oriente, Africa (Nigeria, Corno D’Africa). Secondo il Pontefice il cosiddetto “fondamentalismo religioso”, trattato spesso con superficialità e banalizzazione dalla stampa e dai media, è un processo culturale che nulla ha a che fare con la fede, perché prima ancora di provocare lo “scarto” degli esseri umani perpetrando orrendi massacri, come fecero il “nazismo” e lo “stalinismo”, in realtà ha già perpetrato “un effettivo rifiuto di Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideolo- Editoriale 3 SCIC 4 gico”. Per questo “giustifica” tutto il male possibile e consegna il potere del male nella mani di chi detiene la forza della armi, che lo esercita con brutalità di ogni genere: decapitazione ad uso dei media; sparatorie per mano anche di bambini che vengono perfino costretti a fare il kamikaze; violenza efferata nei confronti pure di piccoli e indifesi; sequestri di persone, sovente di giovani ragazze rapite per essere fatte oggetto di mercimonio. Secondo il papa vi sono poi forme più sottili e subdole di rifiuto, che egualmente alimentano tale cultura. «Penso anzitutto al modo con cui vengono spesso trattati i malati, isolati ed emarginati come i lebbrosi di cui parla il Vangelo. Tra i lebbrosi del nostro tempo vi sono le vittime di questa nuova e tremenda epidemia di Ebola, che, specialmente in Liberia, Sierra Leone e Guinea, ha già falcidiato oltre seimila vite. E accanto alle vite scartate a causa delle guerre o delle malattie, vi sono quelle di numerosi profughi e rifugiati che fuggono spesso da situazioni di conflitto». E poi ci sono tanti altri “esiliati nascosti” che vivono all’interno delle nostre case e delle nostre famiglie: gli anziani, i diversamente abili. «La famiglia stessa è poi non di rado fatta oggetto di scarto, a causa di una sempre più diffusa cultura individualista ed egoista che rescinde i legami e tende a favorire il drammatico fenomeno della denatalità, nonché di legislazioni che privilegiano diverse forme di convivenza piuttosto che sostenere adeguatamente la famiglia per il bene di tutta la società». Tra le cause di tali fenomeni vi è una globalizzazione uniformante che scarta le culture stesse, recidendo così i fattori propri dell’identità di ciascun popolo che costituiscono l’imprescindibile eredità alla base di un sano sviluppo sociale. In un mondo uniformato e privo d’identità è facile cogliere il dramma e lo scoraggiamento di molte persone, che hanno letteralmente perso il senso del vivere. Tale dramma è aggravato dalla perdurante crisi economica, che genera sfiducia e favorisce la conflittualità sociale. Ma c’è speranza? O il mondo è destinato inevitabilmente alla distruzione? Il papa a conclusione del suo discorso al Corpo Diplomatico dice di sì, e fa riferimento alla necessità di un impegno impellente di tutti sul tema della pace. «Il 6 agosto 1945, l’umanità assisteva ad una delle più tremende catastrofi della propria storia. Per la prima volta, in un modo nuovo e senza precedenti, il mondo sperimentava fino a che punto poteva giungere il potere distruttivo dell’uomo. Dalle ceneri di quell’immane tragedia che è stata la seconda guerra mondiale è sorta tra le Nazioni una volontà nuova di dialogo e di incontro che ha dato vita all’Organizzazione delle Nazioni Unite, di cui quest’anno celebreremo il 70° anniversario. Nella visita compiuta al Palazzo di Vetro cinquant’anni fa, il mio SCIC Beato Predecessore, Papa Paolo VI, ricordava che “il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità” (Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite, New York, 4 ottobre 1965)». DIOS, LAS RELIGIONES Y LA VIOLENCIA F rente a las reiteradas situaciones de violencia y de muerte que se repiten con frecuencia inimaginable, llevadas a cabo por grupos que dicen pertenecer a la fe islámica, el Papa en su encuentro con el Cuerpo Diplomático a inicios del mes de enero intervino para afirmar el valor de la paz, y para pedir a todos, en particular a los líderes de las religiones monoteístas, pero también a los de otra fe, que condenen la violencia, que no tiene y no puede tener ninguna justificación. El Papa posteriormente definió también qué modelo cultural está detrás de esta violencia: la “cultura del descarte”, la “cultura que rechaza al otro”. “La extensión del terrorismo de matriz fundamentalista en Siria y en Irak”, para Francisco, “es consecuencia de la cultura del descarte aplicada a Dios”. Es “una cultura que rechaza al otro, destruye los ligámenes más íntimos y verdaderos, terminando por deshacer y disgregar a toda la sociedad y por generar violencia y muerte”. Y haciendo propias las palabras de Pablo VI a la ONU en 1965, también el Papa Francisco ha gritado su “¡No más guerra!”. MUNGU, DINI NA VURUGU K utokana na kuendelea kuwepo kwa matukio ya mara kwa mara ya vurugu na mauaji ya watu wasiokuwa na hatia yanayofanywa na waamini wa dini ya Kiislam wenye msimamo mkali wa kiimani, Baba Mtakatifu Francisko alipokutuna na Wanadiplomasia, mwanzoni mwa mwezi Januari mjini Vatican, alikazia tunu ya amani na kuwataka watu wote na kwa namna ya pekee viongozi wa kidini kukemea na kulaani vurugu za kidini ambazo kamwe haziwezi kuhalalishwa. Baba Mtakatifu analazimika kusema kwamba, hata mtindo wa utamaduni mamboleo unaunga mkono vurugu hizi: “utamaduni usiojali wala kuguswa na mahangaiko ya watu” Utamaduni unaobeza wengine”. “Kuenea kwa vitendo vya kigaidi vinavyofumbatwa na misimamo mikali ya kiimani huko Syria na Iraq” kadiri ya Baba Mtakatifu Francisko “ni matokeo ya utamaduni usiojali mahangaiko ya watu unaotumiwa kwa ajili ya Mungu”. Ni “utamaduni unaombeza mtu mwingine na kuvunja mahusiano ya ndani na yaliyo ya kweli, hatimaye yake ni kufumua na kusambaratisha jamii nzima na hivyo kupandikiza vurugu na mauaji”. Baba Mtakatifu Francisko akinukuu maneno ya Papa Paulo VI kwenye Umoja wa Mataifa kunako mwaka 1965 amepaza tena sauti kwa ukali na kusema, “hakuna haja ya vita tena!”. 5 SCIC Un cuore grato Parola della Madre V V oi non avete solo una grande storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire1. Il primo obiettivo dell’Anno della Vita Consacrata è guardare al passato con gratitudine2. Una delle prime cose che una mamma insegna al suo bambino che inizia a parlare, a chiedere, a prendere in mano ogni cosa che gli si offre, è la parola GRAZIE. I nostri nonni dicevano che il grazie attira grazie.. E’ nel DNA dello spirito umano essere grati e Gesù stesso, dopo aver guarito 10 lebbrosi, chiede all’unico che è ritornato a ringraziare lodando Dio: - …non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?3 Il grazie nobilita, costringe ad alzare lo sguardo verso l’altro, rende capaci di riconoscere il bene ricevuto, ma soprattutto di riconoscere chi ha fatto il bene, ma fa bene anche a chi lo riceve, perché dà gioia all’anima e fa abbassare lo sguardo in umiltà, perché il dono è vero solo se ha il timbro della gratuità totale. La Bibbia è piena di lodi e ringraziamenti rivolti a Dio in mille forme, soprattutto attraverso la preghiera. Questo fiume di riconoscenza, che si apre con la gioia di Adamo, che gode per la presenza di Eva, dono di Dio, arriva fino a noi e terminerà nel grazie eterno della Parusia quando tutto sarà un rendimento di grazie senza fine. Ma, noi navighiamo veramente in questo fiume di riconoscenza? Ci verrebbe da dire scontatamente di sì, perché ogni giorno partecipiamo al rendimento di grazie per eccellenza che è Vita Consecrata n 110 Papa Francesco, Lettera apostolica a tutti i consacrati, 21 11.2014 3 Lc 17,17-18 1 2 6 Madre Palma Porro SCIC l’Eucarestia, ma poi, lungo il giorno talvolta ci ritroviamo pesanti, affaticati, avviliti, scoraggiati, anzi, ci sembra che nulla cambi … Come conciliare Eucarestia e questi sentimenti? Dopo un’Eucarestia, vissuta con consapevolezza interiore, il cuore dovrebbe essere colmo di Dio, la giornata riempirsi di mille espressioni di riconoscenza, dovremmo cogliere la presenza vivente di Cristo nelle persone che incontriamo. Il Grazie a Dio dovrebbe illuminare il volto, le parole, i gesti, i passi, perché in ogni occasione Dio ci dona molto più di quanto umanamente vediamo, tocchiamo e sperimentiamo. Maria, la giovane Vergine di Nazareth, ci insegna ad avere un cuore grato, a cantare il magnificat della propria vicenda umana, tessuta da Dio con tanta passione proprio per ognuno di noi. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, santo è il suo nome4. Maria canta la sua storia, la storia del suo popolo, dalle promesse antiche fino ad oggi. Come aveva promesso ai nostri Padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre5. Di generazione in generazione la sua misericordia…6 le sue parole non dicono solo un sentimento, ma la realtà dell’incarnazione del Verbo che ha trovato silenziosamente compimento in lei umile ancella del Signore. C’è in Maria una memoria grata per tutta la storia della salvezza. Lei ha accolto Gesù nell’oggi della sua esistenza e l’ha portata all’umanità per un futuro ricco di speranza. Lei è Maestra del grazie quotidiano vero, appassionato, che riconosce la positività del passato, svela il presente e proietta verso un futuro di salvezza e redenzione.. Il Papa ci invita, nell’anno dedicato alla Vita Consacrata, ad avere uno sguardo simile al suo. Questo tempo di grazia sembra particolarmente segnato da guerre, morti e violenze, il mondo è come stravolto, sconvolto, dimentico dei valori umani più elementari, preoccupato più dell’effimero che dell’essenziale, più degli affari che del cuore dell’uomo e della sua dignità. Ognuno di noi, con scelte personali e comunitarie, convinte e concrete, deve essere una rocca, una piccola o grande luce che con sapienza aiuta a cogliere il bene che è nelle nostre radici, deve essere lievito e sale per questo presente travagliato in cui la coerenza evangelica è essenziale e in cui i valori della giustizia, del rispetto, della lealtà, della bellezza e della bontà devono rifiorire con forza, infine deve essere sentinella dell’aurora che sembra tardare, ma è già riflessa negli occhi grandi di chi sa scrutare i segni del futuro Lc 1,49 Lc 1,55 6 Lc 1,50 4 5 7 SCIC e ha un cuore ricco di speranza: l’amore ha sempre vinto e sarà l’ultima parola su questo nostro mondo ancora intriso di sangue innocente. UN CORAZÓN AGRADECIDO E l primer objetivo del año de la Vida Consagrada es mirar al pasado con gratitud7. Nuestros nonos decían que el “gracias” atrae gracias. Está en el ADN del espíritu humano ser agradecidos y Jesús mismo, después de haber curado a 10 leprosos, le pregunta al único que volvió para agradecer alabando a Dios… ¿no fueron diez los que fueron purificados? ¿Los otros nueve dónde están? ¿No hay ningún otro que volvió atrás para dar gloria a Dios fuera de este extranjero?8 La Biblia está llena de alabanzas y agradecimientos dirigidos a Dios de mil maneras, sobre todo a través de la oración. Este río de acción de gracias llega hasta nosotros y terminará en el gracias eterno de la Parusía cuando todo será una acción de gracias sin fin. Pero nosotras, ¿navegamos verdaderamente en este río de agradecimiento? Espontáneamente nos sentimos impulsadas a decir que sí ya que cada día participamos de la acción de gracias por excelencia que es la Eucaristía, pero a lo largo de la jornada muchas veces nos sentimos cansadas, desalentadas, agobiadas, abatidas,… y nos parece que nada puede cambiar… ¿Cómo conciliar la Eucaristía con estos sentimientos? Después de una Eucaristía, vivida con plena conciencia, el corazón tendría que estar colmado de Dios, la jornada tendría que llenarse de miles de expresiones de agradecimiento, tendríamos que acoger la presencia viviente de Cristo en las personas que encontremos. El “Gracias” a Dios tendría que iluminarnos el rostro, las palabras, los gestos, los pasos, porque en cada ocasión Dios nos regala mucho más de lo que humanamente vemos, tocamos y experimentamos. María, la joven Virgen de Nazareth, nos enseña a tener un corazón agradecido, a cantar el magnificat: “Grandes cosas ha hecho en mi el Omnipotente, santo es su nombre”9. Sus palabras no sólo dicen la obra cumplida por Dios en su historia y en la de su pueblo, sino la realidad de la encarnación del Verbo que ha silenciosamente hallado cumplimiento en ella, humilde sierva del Señor. María acogió a Jesús, y lo donó a la humanidad para un futuro lleno de esperanza. Ella es la maestra del gracias cotidiano y verdadero, apasionado, que reconoce la positividad del pasado, desvela el presente y proyecta hacia un futuro de salvación y de redención. El Papa nos invita, en el año dedicado a la Vida Consagrada, a tener la mirada de María. Este tiempo de gracia parece particularmente signado por guerras, muertes y violencias. El mundo está convulsionado, ha olvidado los valores humanos más elementales, está preocupado más por lo efímero que por lo esencial, más por los negocios que por el corazón del hombre y su dignidad. Cada uno de nosotros, con elecciones personales y comunitarias, convencidas y concretas, debe ser una roca, una pequeña o gran luz que con sabiduría, ayuda a acoger el bien que en nuestras raíces, debe ser levadura y sal para este presente 8 7 Papa Francisco, Carta apostólica a todos los consagrados, 21 11.2014 8 Lc 17,17-18 9 Lc 1,49 SCIC trabajoso en el cual la coherencia evangélica es esencial y en el cual los valores de la justicia, del respeto, de la lealtad, de la belleza y de la bondad deben florecer con fuerza, en fin debe ser centinela de la aurora que parece tardar, pero que ya se refleja en los ojos grandes de quien sabe escrutar los signos del futuro y tiene un corazón lleno de esperanza: el amor siempre ha vencido y será la última palabra sobre este mundo nuestro tan manchado de sangre inocente. MOYO WA SHUKRANI L engo kuu la Maadhimisho ya Mwaka wa Watawa Duniani ni kuangalia historia iliyopita kwa moyo wa shukrani! (Rej. Barua ya Papa Francisko kwa Watawa, 2014). Wahenga wanasema kushukuru ni kuomba tena. Ni sehemu ya vinasaba na moyo wa binadamu kushukuru na Yesu mwenyewe, baada ya kuwa amewaponya wakoma 10, akamuuliza yule mtu mmoja aliyerudi kumshukuru na kumtukuza Mungu ... Hawakutakaswa wote kumi? Je, hawakuonekana waliorudi kumpa Mungu utukufu il mgeni huyu? (Rej. Lk. 17:17-18). Maandiko Matakatifu yanasheheni sifa na shukrani zinazotolewa kwa Mwenyezi Mungu katika mifumo mbali mbali, lakini zaidi kwa njia ya sala. Bahari hii ya utambuzi wa moyo wa shukrani imetufikia hata sisi pia na itapata hitimisho lake katika neema ya utimilifu wa nyakati, pale ambapo yote yatakuwa ni kwa ajili ya kumshukuru Mungu pasi na mwisho. Je, sisi kweli tunaogelea katika wimbi hili la shukrani? Tungepaswa kujibu kwa uhakika kwamba, ndiyo, kwa sababu kila siku tnashiriki tukio la shukrani ambalo kimsingi ni adhimisho la Fumbo la Ekaristi Takatifu, lakini baadaye, kadiri muda unavyozidi kuyoyoma, wakati mwingine tunajikuta kwamba, tumeelemewa, tumechoshwa, tumedhohofika na kukatishwa tamaa, kiasi hata cha kushindwa kuona mabadiliko… Je, tunaweza kuweka uwiano kiasi gani kati ya Fumbo la Ekaristi Takatifu na maonjo haya ya kibinadamu? Baada ya Fumbo la Ekaristi ambalo limeadhimishwa kwa moyo wa ibada na undani wa mtu, moyo ungepaswa kusheheni shukrani kwa Mungu, siku ambayo imejazwa na matukio mbali mbali ya kushukuru, tunapaswa kupokea uwepo hai wa Kristo kati ya watu tunaokutana nao. Shukrani kwa Mwenyezi Mungu inapaswa kuangaza sura, maneno na matendo ili kwamba, kila fursa tunayopewa na Mwenyezi Mungu, iwe ni kwa kiasi kikubwa zaidi cha kuweza kumwangalia, kumgusa na kushiriki uwepo wake katika hisia za kibinadamu. Bikira Maria, msichana wa Nazareti anatufundisha kuwa na moyo wa shukrani, ili kuimba utenzi wa maginificat “kwa kuwa Mwenye nguvu amenitendea makuu, na jina lake ni takatifu.( Lk. 1:49), maneno yake hazungumzii matendo makuu ya Mungu katika historia ya maisha yake binafsi na ya watu wake; lakini huu ni ukweli kuhusu Fumbo 9 SCIC la Umwilisho wa Neno wa Mungu ambaye amefanyika katika hali ya kimya kikuu ndani mwake, mtumishi mnyenyekevu wa Bwana. Bikira Maria alimpokea Yesu na kuwakirimia wanadamu historia yake kwa kesho yenye utajiri wa matumaini makubwa. Bikira Maria ni mwalimu wa moyo wa shukrani za kweli za kila siku, zinazojengeka katika hisia kwa kutambua na kuthamini yaliyopita, anafunua yale ya sasa na kuangalia kwa matumaini kuhusu wokovu na ukombozi. Baba Mtakatifu anatualika katika Maadhimisho ya Mwaka wa Watawa, kumwangalia Bikira Maria. Kipindi hiki cha neema kinaonekana kana kwamba, kimesheheni na matukio ya vita, mauaji na machafuko; dunia inaonekana kuwa kama ni uwanja wa fujo; umesahau tunu msingi za kiutu na hivyo kujikuta inahangaikia zaidi mambo ya mpito badala ya kujikita katika mambo msingi; masuala ya kiuchumi kuliko yale yanayomgusa mwanadamu na utu wake. Kila mmoja wetu kadiri ya chaguzi binafsi na za kijumuiya; kwa kuamini na katika uhalisia wake, lazima kila mtu awe ni mwamba, mwanga mkubwa au mdogo ambao, kwa njia ya hekima unasaidia kupokea mema ambayo yanajikita katika mizizi yetu; anapaswa kuwa ni chachu na chumvi kwa mwelekeo wa sasa ambao ushuhuda wa Kiinjili ni muhimu sana na ambamo tunu msingi za haki, heshima, ukweli, uzuri na wema hazina budu kuchanua kwa nguvu, mwishoni hauna budi kuwa ni mwanga angavu wa jua linaloonekana kuzama kwa kuchelewa; lakini unaonekana kwenye macho makubwa ya watu wenye uwezo wa kusoma alama za nyakati pamoja na kuwa na moyo wenye utajiri mwingi wa matumaini: upendo daima umeshinda na utakuwa ni neno la mwisho duniani, ambako damu ya watu wasiokuwa na hatia inaendelea kumwagika. Il Grazie a Dio dovrebbe illuminare il volto, le parole, i gesti, i passi, perché in ogni occasione Dio ci dona molto più di quanto umanamente vediamo, tocchiamo e sperimentiamo. 10 C SCIC Povertà ed Ecclesiologia di Comunione C C Luigi Russo he la Chiesa debba essere povera, come ci ricorda ripetutamente papa Francesco, non è una scelta ideologica o di convenienza rispetto alla pastorale, ma fondativa. Perché è proprio il riferimento al vangelo che glielo impone. Ad averlo capito tra i primi, immediatamente durante e dopo il Concilio, e poi ad attuarlo concretamente nel suo ministero episcopale fu il vescovo Tonino Bello, oggi Servo di Dio. Il cuore spirituale del modello ecclesiologico di don Tonino è trinitario ed eucaristico, e bene si esprime in quella immagine della “convivialità delle differenze” che è nome della pace, e dovrebbe essere anche “nome di Chiesa”. Un modello che si esprime nel “fare e farsi chiesa”, attraverso la Parola, annunciata, celebrata, testimoniata. Secondo don Tonino è la Parola del Vangelo, la Parola del Regno di Dio, che fa nascere la “Chiesa per il regno, totalmente relativa al regno e al mondo”. Quella di Tonino Bello, dice la teologa Serena Noceti, «è una Chiesa che parte dalla comunicazione, intesa come valore, come strumento di crescita. Una comunicazione multidirezionale, non più da chi sa a chi non sa, dal vescovo al prete, al laico, ma da uno all’altro, da ognuno a tutti. È comunicazione capace di ridare a ognuno la dignità della parola, come espressione di quella dignità di cui ciascuno è segnato e come parola necessaria per comprendere il Vangelo e il mondo, la profezia e la poesia, la forza delle immagini, delle metafore, ma anche il racconto del bisogno, l’intuizione di ciascuno, l’ascolto continuo di tutti e la parola di parrhesia». Una comunicazione fatta di parole pronunciate, di ascolto attento. Una comunicazione fatta di segni forti, profetici. Profetici pure nell’essere comunità ecclesiale, nei rapporti di potere all’interno della chiesa. Tutto questo può accedere con il recupero del sacerdozio comune “regale”, come sacerdozio dei fatti, della vita, dell’esistenza quotidiana, prima di ogni sacerdozio dei riti e delle liturgie, che svuota di significato qualsiasi contrapposizione Magistero 11 SCIC 12 religiosa tra sacro e profano. Così egli diceva: “La cosa più importante non è introdurre il grembiule nell’armadio dei paramenti sacri, ma comprendere che stola e grembiule sono quasi il diritto e il rovescio di un unico simbolo sacerdotale, sono come l’altezza e la larghezza di un unico piano di servizio”. Insomma, quella del vescovo Tonino Bello è una Chiesa di persone concrete, plurale, “fatta” di molti volti riconoscibili, di nomi, di grandi e piccole storie di ciascuno e dei gruppi sociali e umani a cui ognuno appartiene: è il volto di una Chiesa comunità, una forma di aggregazione in cui le relazioni umane sono reali, primarie, in cui si dà riconoscimento a ciascuno, possibilità di partecipazione autentica; un soggetto collettivo che si può riconoscere sul piano del segno significativo di comunione e sul piano dell’azione profetica: è una Chiesa-popolo, non Chiesa d’èlite, non di perfetti, non comunità-setta di rifugiati impauriti dal mondo, ma popolo che cammina nella storia, immagine della tenda che ritorna. Infine, il modello di “Chiesa povera”. «Penso – dice la teologa Noceti - che sia il punto-forza, il punto chiave del suo modello, quello che fa la differenza rispetto a una pur ribadita “opzione per i poveri” della Chiesa italiana. Non è una comunione qualsiasi quella ecclesiale, è comunione di un popolo, il popolo di Dio che sceglie un modo particolare di essere nella storia: sta dalla parte dei poveri, in loro ascolto: “Si tratta di scegliere la strada battuta dagli ultimi come il luogo da dove parte la liberazione operata dal Signore”. La Chiesa si fa povera, proprio come Gesù: “Cristo da ricco si fece povero: così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria sulla terra, ma per diffondere, anche con il suo esempio, umiltà e abnegazione” (LG 8)… Questi gesti evangelici creano interruzione, generano dislocazione, interrompono le abitudini consolidate del religioso e ci portano nei terreni inesplorati della vita e del mondo». Questa è la grande forza della chiesa comunione e della chiesa povera: rendere capace la comunità dei credenti a costruire speranza e a costruire una umanità nuova, a immagine della Trinità. SCIC POBREZA Y ECLESIOLOGIA DE COMUNIÓN E l corazón espiritual del modelo eclesiológico de don Tonino Bello es trinitario y eucarístico, y se expresa en esa imagen de la “convivencia de las diferencias” que es el nombre de la paz, y también tendría que ser el “nombre de la Iglesia”. Es una Iglesia que parte de la comunicación, entendida como valor, como instrumento de crecimiento. Una comunicación multidireccional, no ya de quien sabe a quien no sabe, del obispo al sacerdote, al laico, sino de uno al otro, de cada uno a todos. Es la comunicación capaz de volver a dar a cada uno la dignidad de la palabra, como expresión de esa dignidad por la cual cada uno está signado y como palabra necesaria para comprender el Evangelio y el mundo, la profecía y la poesía, la fuerza de las imágenes, de las metáforas, pero también del relato de la necesidad, de la intuición de cada uno, de la escucha continua de todos y la palabra de parrhesia. La pobreza no es ostentación sino la expresión de autenticidad evangélica: la pequeñez, el servicio, son gestos que crean interrupción, que generan dislocación, interrumpen los hábitos consolidados y nos llevan a los terrenos inexplorados de la vida y del mundo, para llevar al Dios Amor. UFUKARA NA UELEWA WA UMOJA K iini cha moyo wa mafundisho ya Kanisa ya Don Tonino ni Fumbo la Utatu Mtakatifu na Ekaristi, mambo yanayojieleza vyema katika taswira “mwingiliano wa tofauti” ambao kimsingi ni jina la amani ambalo pia linapaswa kuwa ni “jina la Kanisa”. Ni Kanisa linaloanza kwa mawasiliano, yakieleweka kama tunu msingi na kama nyenzo katika mchakato wa ukuaji. Ni mawasiliano yenye njia nyingi, sio tena kwa mtu anayefahamu au yule asiyefahamu kitu; kwa Askofu au Padre, kwa Mlei, bali kutoka kwa mwingine na kwa kila mmoja wetu. Ni mawasiliano yanayolenga kumpatia tena kila mmoja utu wa neno, ili kuweza kuifahamu Injili na dunia; Unabii na shairi; nguvu ya vielelezo, mafumbo, lakini pamoja na simulizi lenye hitaji, mawazo ya kila mmoja, usikilizaji endelevu wa wote pamoja na uhuru wa kujieleza unaojikita katika ukweli na mafao ya wengi hata kama unauma. 13 SCIC L’ANNUNCIO FRANCO P. S. Majorano C.SS.R. Approfondimento 14 P P reoccupazione costante di Papa Francesco, fin dall’inizio del suo ministero di successore di Pietro, è portare tutta la chiesa in «una nuova tappa evangelizzatrice», caratterizzata dalla «gioia del Vangelo» che «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» e da lui «sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento» (Evangelii gaudium, n. 1). Il Sinodo straordinario dello scorso ottobre si è mosso in questa prospettiva, evidenziando l’urgenza di annunziare con franchezza la gioia e la bellezza del vangelo della famiglia in risposta fiduciosa alle sfide poste dal profondo e rapido cambiamento in atto nel nostro mondo: «nonostante i tanti segnali di crisi dell’istituto familiare – si legge nel documento finale – il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la Chiesa, esperta in umanità e fedele alla sua missione, ad annunciare senza sosta e con convinzione profonda il “Vangelo della famiglia” che le è stato affidato». Considerandola come prima e fondamentale scuola di umanità, la chiesa ritiene di dover dare alla famiglia «un’importanza del tutto particolare e nel momento in cui tutti i credenti sono invitati a uscire da se stessi è necessario che la famiglia si riscopra come soggetto imprescindibile per l’evangelizzazione» (Relatio, n. 2). L’evangelizzazione è missione di tutto il popolo di Dio. Ogni battezzato deve sentirsene responsabile: ciascuno secondo i propri doni e competenze, riconoscendo e arricchendosi con quelli degli altri. A più riprese nel Sinodo è stato richiamato il compito particolare che spetta alle famiglie quando si tratta di comunicare, con la testimonianza e la parola, il vangelo della famiglia: «senza la testimonianza gioiosa dei coniugi e delle famiglie, chiese domestiche, l’annunzio, anche se corretto, rischia di essere incompreso o di affogare nel mare di parole che caratterizza la nostra società». Per questo «le famiglie cattoliche in forza della grazia del sacramento nuziale sono chiamate ad essere esse stesse soggetti attivi della pastorale familiare» (Relatio, n. 30). SCIC Occorre un maggiore impegno di tutta la comunità cristiana per promuovere questa missionarietà delle famiglie, affrontando con fiducia le immancabili difficoltà. Il Sinodo ha sottolineato «la necessità di un radicale rinnovamento della prassi pastorale alla luce del Vangelo della famiglia, superando le ottiche individualistiche che ancora la caratterizzano». È un rinnovamento che riguarda tutti gli operatori pastorali e va attuato «mediante un maggiore coinvolgimento delle stesse famiglie» (Relatio, n. 37). Si tratta di una prospettiva che dovrebbe guidare anche le scelte e lo stile apostolico delle comunità religiose, che a volte risentono ancora di una visione che considerava le famiglie prevalentemente come “oggetto” della pastorale. L’annunzio del Vangelo della famiglia ci chiede di evidenziare tutti i suoi contenuti. Sappiamo bene che la nostra cultura fa fatica a comprenderne alcuni e a volte li rifiuta e li respinge. Si pensi all’indissolubilità e alla fedeltà nell’amore reciproco, alla missione procreativa ed educativa, alla impossibilità di chiamare famiglia le convivenze affettive tra persone dello stesso sesso, al rispetto della dignità umana del generare… Tutto questo va annunziato con franchezza e gioia, anche quando si rischia di venire accusati di non essere al passo con i tempi. La parola del Cristo al riguardo è netta: quando si è fedeli alla verità, non possiamo aspettarci di essere applauditi (cf Mt 5,11-12; Lc 6,22-23.26). In ogni caso però l’evangelizzazione, anche quando si fa denunzia, dovrà far sperimentare «il primato della grazia e quindi le possibilità che lo Spirito dona nel sacramento» (Relatio, n. 34). L’annuncio e la testimonianza vanno sempre attuati con atteg- 15 SCIC giamento di sincero rispetto e ascolto degli altri pronti a collaborare con tutti coloro che si impegnano per il bene della famiglia. Il Sinodo ricorda che se da una parte vanno denunziati con franchezza «i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici, come l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza», dall’altra «va sviluppato un dialogo e una cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si impegnano, come cristiani, in ambito culturale e socio-politico» (Relatio, n. 38). EL ANUNCIO FRANCO E l anuncio del Evangelio de la familia debe hacer experimentar la alegría que «llena el corazón y la vida entera de los que se encuentran con Jesús». Tiene que hacerse con la conciencia de la importancia de la familia, primera y fundamental escuela de humanidad y acogiendo «el deseo de familia» que «está vivo, especialmente entre los jóvenes», no obstante «tantas señales de crisis de la institución familiar». Sujeto privilegiado de este anuncio son las mismas familias cristianas, sobre todo con su testimonio alegre. Toda la pastoral debe renovarse en esta perspectiva. Se hace necesario anunciar y testimoniar todas las dimensiones del Evangelio de la familia, proponiendo con franqueza también esas que hoy a nuestra sociedad le cuesta aceptar. Sin embargo esto siempre debe realizarse en el respeto y en el diálogo, dispuestos a colaborar con todos los que se empeñan por el bien de la familia. KUTANGAZA UKWELI U 16 tangazaji wa Injili ya Familia lazima uwasaidie watu kuonja furaha “inayoijaza mioyo na maisha ya wale wote wanaokutana na Yesu”. Lazima utekelezwe kwa kutambua umuhimu wa familia, msingi wa shule ya ubinadamu na kuipokea “hamu ya familia” “inayobaki hai, hususan miongoni mwa vijana”, licha “ya viashiria vya mtikisiko wa taasisi ya familia”. Wahusika wakuu wanaopaswa kupewa kipaumbele cha kwanza ni familia za Kikristo zenyewe, hususan kwa njia ya ushuhuda wao wa furaha. Mikakati ya shughuli za kichungaji inapaswa kupyaishwa mintarafu mwelekeo huu. Kuna haja ya kutangaza na kushuhudia tunu msingi za Injili ya Familia, kuwahamasisha watu kwa katika ukweli hata kati ya wale ambao katika jamii yetu inawawia vigumu kuweza kupokea. Jambo hili litekelezwe kwa kuheshiamiana na katika majadiliano, tayari kuweza kushirikiana na wadau mbali mbali wanaojibidisha kutafuta mafao ya familia. SCIC Scrivo a voi… (21.11.2014) e tutto diventa appello alla conversione” C Suor G. R. Rossi C on queste parole Papa Francesco inizia la sua Lettera a consacrate/i, per l’anno della vita consacrata. Nel 2014, dopo aver invitato i religiosi a “svegliare il mondo”(cf numero precedente di SCIC), ci apre ad alcuni “obiettivi”. Contributi 1. Guardare il passato con gratitudine è il primo obiettivo, ma non è nuovo per lo stile del papa, che spesso invita al grazie al Signore, ed a migliorarci, cioè a diventare liberi nel seguire il Cristo, guarendo dalle “malattie spirituali” (cf Discorso alla curia per il Natale 2014), nella luce di VC (n.110): Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Riflettiamo: - quante volte, a partire dal Concilio, come comunità abbiamo ringraziato il Signore per la nostra “ricca storia carismatica”, che si è lasciata interpellare dai “segni dei tempi”, per “rispondere con creatività alle necessità della Chiesa”?, il seme è diventato “albero espandendo i suoi rami”? - l’evento di grazia della beatificazione di madre Antonia è stato ridotto solo ad un glorioso fatto celebrativo? - facciamo lo stesso errore dei fondamentalisti religiosi, che trattano le persone come cose, e di fatto sottomettono Dio creandosi la maschera? 2. Vivere il presente con passione è il secondo obiettivo: siamo invitate a guardare Madre Antonia spinta da Gesù che “vedeva le folle come pecore sbandate senza pastore”, con quella “fantasia della carità” che apre a nuove strade; ci interroghiamo sulla fedeltà alla missione che lo Spirito ha ispirato alla fondatrice e che ora dobbiamo testimoniare?, siamo “esperti di comunione”, in una “società dello scontro”? Riflettiamo: - impariamo da Madre Antonia ad amare? se per lei non significava avere un’emozione, ma inventare nuovi modi di amare, con “creatività”, la imitiamo? 17 SCIC - - accogliamo l’atteggiamento del buon samaritano, che con amore fa diventare il ferito un uomo? come comunità siamo “un agglomerato di interessi personali”1 nell’ evangelizzare? a quale collaborazione siamo giunti con laiche e laici verniani? quando? “I carismi sono doni dello Spirito, “per rinnovare ed edificare la Chiesa. Non sono un patrimonio chiuso, consegnato ad un gruppo perché lo custodisca… Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armoniosamente nella vita del Popolo santo di Dio, per il bene di tutti” (EG 130). - - - - 3. Abbracciare il futuro con speranza è il terzo obiettivo dell’anno. Papa Francesco vi insiste, perché è “frutto della fede nel Signore della storia”; l’importante è non cedere “alla tentazione dei numeri e dell’efficienza”, tra tante difficoltà. “Mi rivolgo soprattutto a voi giovani.” Sono essi i protagonisti nel dialogo, all’interno dell’istituto e fra istituti. Riflettiamo: siamo pronte ogni giorno a rinnovare la nostra fiducia nel Signore, cui “nulla è impossibile” (Lc 1,37), quando la malattia, l’età e la chiusura delle opere ci sfibrano? siamo aperte e costruttive nel dialogo con le vocazioni giovani? La fraterna comunione tra “lo slancio e la freschezza dell’entusiasmo da un lato e l’esperienza ricca di sapienza” dall’altro lato? cerchiamo con chiarezza l’obiettivo della fraternità verniana che si lascia sfidare “massime coi poveri”, di fronte a tante povertà attuali…? le missionarie laiche ed i laici verniani trovano nelle nostre comunità la risposta ad una vita spirituale approfondita e più apostolica? con quali forme? Su SCIC continueremo ad approfondire la Lettera del Papa, con le “attese” che lui da tempo sta indicando. Anticipiamone una: “MAI UN RELIGIOSO DEVE RINUNCIARE ALLA PROFEZIA”. 18 1 Cf J.M.Bergoglio,Educazione, Corriere della sera, pp. 30-4. SCIC FAMIGLIA, CHIESA DOMESTICA (visione di un laico del terzo millennio) (III parte) Mario V. Trombetta I l quinto punto affronta, in termini più concreti, “come” si possa essere o diventare effettivamente, in famiglia, Chiesa domestica. (Continuiamo il precedente elenco di punti di riflessione) 1. La custodia dell’ordine e dell’armonia “Come in Chiesa si mettono i fiori perché Gesù è presente nell’Eucaristia, nella casa, Chiesa domestica, si dovrebbero mettere i fiori per la presenza del Risorto e per i membri della famiglia. “(Mons Bonetti, della Parrocchia di Bovolone, in una delle sue Catechesi per gli sposi)…. 2. La relazione educativa Essa è fondamentale. E’ facile generare un figlio ma accompagnarlo ad essere persona è una fatica continua e richiede il tempo, il contatto fisico, la tenerezza. Don Bosco soleva dire “educare è un fatto del cuore”… 3. La mensa: momento importante e unificante nella vita di famiglia. La vita frenetica porta spesso a scegliere delle scorciatoie: molte giovani coppie si appoggiano volentieri alla casa dei rispettivi genitori. Risolvono certamente un problema di gestione, ma a quale prezzo? … nel rito del “sedersi a tavola”, ed a quella della propria casa, è insito non solo l’aspetto nutritivo bensì primariamente quello di uno speciale momento di comunione familiare… 4. La vacanza in famiglia e con famiglie E’ necessario trovare degli spazi per stare insieme come famiglia e tra famiglie, come momento unico per recuperare energie fisiche, mentali e spirituali, e per riscoprire la bellezza della vicinanza e del dialogo con chi si ama... 5. La preghiera personale e comunitaria Abbiamo bisogno di segni e richiami cristiani in una famiglia che tale si professa. L’importanza della preghiera è fondamentale 19 SCIC nella vita del credente. Sarebbe bello, suggerisce Don D’Annunzio, se in ogni casa vi fosse “addirittura” un “angolo della preghiera”, ossia un luogo dove raccogliersi, dove vi siano un Vangelo, una corona del Rosario, un’ immagine sacra… 20 6. La famiglia deve essere una casa aperta: testimonianza e missione. La famiglia è dunque “il luogo privilegiato e irrinunciabile dell’educazione alla fede”. E’ lì che si scopre e si accoglie la vita come vocazione all’amore. Amore “per l’altro” che si deve manifestare sia all’interno della famiglia che all’esterno. Ma questo è il passaggio che ci porta ad affrontare il sesto punto di questa trattazione: la “Missionarietà” della famiglia Cristiana. Se è vero che la Chiesa è per sua natura missionaria, e necessariamente è posta all’interno del piano d’amore di Dio, se è vero che la famiglia Cristiana è parte integrante della Chiesa, come ampiamente dimostrato da tutto ciò che precede, anche la famiglia è chiamata a tale compito, “nelle forme e nei modi che le sono propri”. La “Familiaris Consortio” riconosce “la sfida futura dell’evangelizzazione proprio nella famiglia” (n. 52), attrice e protagonista, giacché l’azione missionaria non può che esprimersi là dove le persone vivono, lavorano ed intessono le proprie relazioni principali. La Chiesa domestica quindi ha come primo compito quello di rendere testimonianza alla grandezza e verità dell’amore di Dio. L’ “Humanae vitae” ha invece richiamato le esigenze di questo amore: umanità, totalità, fedeltà e fecondità. Da qui, la Chiesa domestica è chiamata a partecipare alla costruzione di una società migliore, attraverso esperienze di volontariato, sussidiarietà e solidarietà, con l’attenzione alle persone, alle situazioni di fragilità ed alle condizioni del pianeta, per una civiltà basata sull’amore. Per concludere, questo affascinante aspetto di missionarietà si afferma egregiamente nella “Centesimus Annus” (n. 39) che “è nella famiglia, che l’uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verità ed al bene, apprende che cosa vuol dire amare ed essere amati e, quindi, cosa vuol dire in concreto essere una persona». È nella famiglia, quindi, che si impara a mettere al centro la persona, attraverso un’opera educativa che aiuta ciascuno dei suoi componenti a vincere il più grande nemico delle relazioni di comunione: l’egoismo, l’autonomia individualista, l’indifferenza verso gli altri. La famiglia deve essere aiutata a diventare scuola di comunione. " SCIC UNA CASA CON LA PORTA SEMPRE APERTA L’Osservatore Romano,19 0tt0bre 2014, p. 7 dal Messaggio dei padri sinodali alle famiglie cristiane e a quelle di tutto il mondo "E “E cco sto alla porta e busso…”(Ap 3,20) Come usava fare durante i suoi percorsi lungo le strade della Terra Santa, entrando nelle case dei villaggi, Gesù continua a passare anche oggi per le vie delle nostre città. Nelle vostre case si sperimentano luci ed ombre, sfide esaltanti, ma talora anche prove drammatiche. L’oscurità si fa ancora più fitta fino a diventare tenebra, quando si insinua nel cuore stesso della famiglia il male e il peccato. C’è innanzitutto la grande sfida della fedeltà dell’amore coniugale. Indebolimento della fede e dei valori, individualismo, impoverimento delle relazioni, stress di frenesia che ignora la riflessione segnano anche la vita familiare. Anche la sfida della stessa esistenza. Pensiamo alla sofferenza che può apparire in un figlio diversamente abile, in una malattia grave, nel degrado neurologico della vecchiaia, nella morte di una persona cara. E’ ammirevole la fedeltà generosa di molte famiglie che vivono queste prove con coraggio, fede e amore, considerandole non come qualcosa che viene strappato o inflitto, ma come qualcosa che è a loro donato e che esse donano, vedendo Cristo sofferente in quelle carni malate. Pensiamo alle difficoltà economiche causate da sistemi perversi, dal ‘feticismo del denaro e della dittatura di un’economia senza volto e senza scopo veramente umano’(EG 55) … Pensiamo, pure, alla folla della famiglie povere, a quelle che s’aggrappano a una barca per raggiungere una meta di sopravvivenza, alle famiglie profughe che senza speranza migrano nei deserti, a quelle perseguitate semplicemente per la loro fede e per i loro valori spirituali e umani … Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta nell’accoglienza, senza escludere nessuno. … L’amore dell’uomo e della donna ci insegna che ognuno dei due ha bisogno dell’altro per essere se stesso, pur rimanendo diverso dall’altro nella sua identità, che si apre e si rivela nel dono vicendevole. Sr. G.R. Attualità 21 SCIC Grazia ricevuta I l giorno 27 agosto 2011 a Formigine (MO), Elia Parenti, di undici anni appena compiuti, gioca nel giardino pubblico che si trova davanti alla sua casa insieme ad altri bimbi. I bimbi sono vivaci, si rincorrono, giocano alla lotta, .....insomma, per farla breve, all’improvviso Elia viene colpito da un ramo di castagno (se non ho capito male) scagliato con molta forza da un ragazzo di venti anni che, chissà come, si trova a fare parte del gruppo dei più piccoli. Elia porta gli occhiali ed il ramo colpisce ed infrange una lente i cui frammenti schizzano nell’occhio del bambino e lo feriscono; Cristina, infatti vede che il bambino perde sostanza dall’occhio. Immediata la corsa all’ospedale. I medici rappresentano una situazione tragica non lasciando alcuna speranza di guarigione. Probabilmente sarà necessario un trapianto di cornea, un intervento sulla cataratta; si teme un distacco della retina. Elia viene ricoverato perché deve stare in osservazione e seguire la terapia antibiotica per evitare infezioni. La mattina dopo il cristallino era trasparente e i medici constatano che la retina è intatta e non c’è necessità di trapianto. Temono, comunque, che il bambino non potrà più vedere come prima. Elia, resta ricoverato per una settimana, sempre sotto terapia. Al momento della dimissione i medici danno atto che la situazione si è evoluta in maniera insperata, benché non si sbilancino verso una conclamata guarigione, essendo necessario attendere l’esito degli ulteriori controlli. Proprio oggi, 23 settembre, Elia è stato nuovamente sottoposto a visita. Cristina mi ha scritto dicendo che è andato tutto bene !!! Tra quindici giorni ulteriore controllo. Io vedrò Elia domenica prossima. Cristina, la sua mamma e mia carissima amica, è convinta che si tratti di un miracolo e lo penso anche io (che, del resto, sono un miracolo vivente) . Quando Cristina mi telefonò, la mattina del 28 agosto era veramente disperata, mi chiese di pregare. Io subito telefonai a mia zia suora perché lei e le sue consorelle raccomandassero questo ragazzino all’intercessione della loro Fondatrice Madre Antonia Maria Verna. Le preghiere sono state esaudite ed ora dobbiamo ringraziare per il bene che è stato fatto. Pistoia, 23 settembre 2011 Maria Elena Russo 22 SCIC FIER (Albania) Giornata memorabile È una giornata storica, indimenticabile oggi 08 novembre 2014 per la nostra Chiesa di Fier, per noi Suore di Carità dell’Imm. Concez. (d’Ivrea) che siamo presenti sul territorio dal 1992 e impegnate nella promozione umana e nell’ evangelizzazione, non solo a Fier, ma anche per i villaggi di Levan, Complesso, Jarù, Sthylas. Tra questi villaggi Jarù è stato il primo ad essere scelto per la costruzione di una piccola Chiesa dopo la caduta del comunismo, come segno di appartenenza fattiva e che da diversi anni è stata desiderata proprio dai cattolici del luogo, provenienti la maggior parte dall’Albania del nord. Oggi ognuno di loro può dire, frequentando la Chiesa, “è la mia chiesa, ne faccio parte e ho finalmente la possibilità di sostare, di pregare il Signore che sempre mi ama e mi aspetta. Nel periodo della dittatura era stata negata la libertà di culto e ogni tipo di espressione religiosa, non è stato dato spazio al pensiero, al desiderio di accogliere i fratelli e parlare di Dio creatore e datore di ogni bene. Nel 1992, dopo la caduta del regime, ogni domenica la liturgia Eucaristica è stata celebrata in un grande bunker non potendo avere altri spazi, né possibilità economiche per costruire un luogo sacro. La partecipazione assidua alla S. Messa domenicale a mano a mano è cresciuta, ma col passare degli anni il bunker ricordava ai fedeli il periodo sofferto durante la dittatura. Il buon Dio però ha i suoi piani e si serve degli uomini per compiere le sue meraviglie. Nel 2008 i padri Francescani conventuali hanno preso possesso della parrocchia di Fier e dei vari villaggi. Il contatto assiduo con i fedeli ha evidenziato una Chiesa viva, ma mancava un luogo sacro per lodare il Signore, ritrovarsi e sentirsi fratelli. La notizia dell’inizio dei lavori di costruzione è stata comunicata alla nostra comunità e ai fedeli cattolici affezionati del posto il 12 maggio del 2013 quando è stata messa la prima pietra dai sacerdoti e missionari alla presenza del Vescovo Hil Kabashi. Noi Suore comunitariamente fino al termine della costruzione della Chiesa abbiamo sostenuto i padri con la preghiera e con la vicinanza, incoraggiandoli, perché l’opera iniziata potesse giungere a termine secondo i piani di Dio. I lavori della Chiesa sono stati eseguiti a ritmo serrato fino al giorno della consacrazione. La Chiesa ora è un vero gioiello ed è stata dedicata a Santa Maria degli Angeli. La celebrazione, durante la quale è stata consacrata la Chiesa e l’altare, è stata presieduta da Sua Eccellenza il Vescovo Hil Kabashi amministratore apostolico dell’Albania del sud. Hanno concelebrato molti missionari. L’ordine dei frati francescani conventuali è stato rappresentato dal ministro generale Fra Marco Tasca e da vari Diario Suor Paola danza e ringrazia il Signore insieme al popolo di Dio albanese. 23 SCIC confratelli provenienti da diverse nazioni, da laici, e amici benefattori. Al termine della S. Messa, dopo varie espressioni di auguri, è stata organizzata una grande festa. Gli abitanti del villaggio hanno rallegrato i presenti con una bella rappresentazione dei loro balli tipici, eseguiti con i costumi tradizionali. Un omaggio particolare, con il nostro ricordo al Signore e la nostra vicinanza, va ai nostri Padri francescani conventuali Padre Jaroslav Ciar e Padre Ireneusz Mikos che accompagnano la vita giornaliera dei nostri fedeli sia nella parrocchia, sia nei villaggi dove noi siamo inserite per la pastorale sacramentale e liturgica. Li raccomandiamo a Dio, alla Madonna degli Angeli, a San Francesco, alla Beata madre Antonia Verna. Li ringraziamo per la disponibilità al bene, all’accoglienza e auguriamo loro serenità e santità. Preghiamo perché la missione che svolgiamo in questa terra albanese porti copiosi frutti e sia benedetta sempre da Dio. Suor Paola N. Isola E partirono senza indugio N 24 oi giovani dell’oratorio “ Beata Antonia Maria Verna” insieme ai giovani della parrocchia delle Castella, abbiamo vissuto una giornata di ritiro bella ed entusiasmante grazie al nostro Don Carlo e alle nostre suore Suor Honorina e Suor Rosaria che ci hanno guidati in questa giornata. La figura biblica che ci ha accompagnato è stata quella dei discepoli di Emmaus. Due giovani come noi che presi dalle delusioni della vita cercavano di scappare dalla realtà e dalla sofferenza perché Gesù era morto e non era con loro. In realtà i discepoli sono nella sofferenza perché non sono riusciti a guardare oltre la morte cioè alla risurrezione. Quante volte anche noi ci lasciamo prendere dallo scoraggiamento di fronte a tante difficoltà, ma ecco che a un certo punto della nostra vita scopriamo che il Signore si fa compagno di cammino, non ci lascia soli ma ci lascia liberi di camminare o non camminare con Lui. Ci ha aiutato nella riflessione anche un canto di Eros Ramazzotti che si intitola “Il cammino”. Ognuno di noi ha la sua strada da fare, prendi un respiro ma poi tu non smettere di camminare. La giornata è terminata con la celebrazione della Santa Messa presieduta dal nostro carissimo Don Luca Greco. Come segno del nostro camminare con Cristo ci è stato donato un sandalo. Tutti noi giovani siamo tornati a casa con la gioia nel cuore per aver scoperto che Gesù cammina affianco a noi in ogni situazione della vita e che non ci lascia mai soli. Mi piace terminare l’articolo con un’altra frase del canto: Ma se il cuore ha un’ala spezzata, devi solo curarla perché non e ancora la fermata altri viaggi aspettano te… Pietra Rosa Mastriani SCIC Cursi Incontro giovani: “Io ci sto!” I l giorno 11 dicembre alle ore 18.30 presso la scuola dell’infanzia “Sacro Cuore di Gesù” si è tenuto l’incontro con le nostre suore suor Simona, suor Tommasina e suor Lina, continuando insieme il progetto di formazione “costruiamo insieme il futuro”. L’incontro è durato all’ incirca 2 ore. Insieme a suor Simona abbiamo fatto un gioco in cui ognuno doveva dire il proprio nome e firmarlo con le parole “IO CI STO!”, perché ognuno di noi è “presente e attivo" della propria vita e delle proprie emozioni. Abbiamo assistito alla visione di un video “lentamente muore” ispirato alla poesia di M. Meideiros, in cui il tema principale è la monotonia, l’abitudine a fare le stesse cose che portano alla morte interiore dello spirito in quanto non siamo noi a scegliere, ma la routine. Il canto di Giorgia “C’è da fare” rimanda alla dimensione interiore da scoprire dentro di noi, perché siamo noi gli artefici delle nostre scelte. La scena del video che mi ha colpito di più è stata quella della persona che indossava una maschera bianca, perché la maschera viene usata inconsciamente da ognuno di noi nella vita di tutti i giorni, per nascondere quelle imperfezioni che agli altri potrebbero sembrare strane e incongruenti. Un altro momento creativo è stato scrivere su una maglietta bianca un pensiero relativo all’incontro. Il mio è stato: “un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo” detto da Malala la 17enne pakistana che si è battuta per i diritti dell’istruzione delle bambine pakistane, perché ognuno nel proprio piccolo può cambiare il mondo affidandosi al Signore Dio nostro. Tutti possediamo dei talenti e dobbiamo coltivarli affinché si moltiplichino come viene evidenziato nella parabola letta dal Vangelo di Matteo (Mt 25,14-30): il Signore aveva dato a tre persone dei talenti da coltivare e moltiplicare. I primi due sono riusciti, il terzo no, perché aveva paura di non farcela. Il Signore premia i primi due, il terzo lo caccia perché non è degno dei suoi talenti. Non bisogna avere paura di non farcela, perché tutti abbiamo delle potenzialità e con la volontà e l’aiuto del Signore si possono raggiungere grandi risultati. Questo incontro è stato bello e positivo, il prossimo sarà il 5 marzo 2015. Spero che arrivi presto. Erika Tremolizzo Alcuni flash tra i partecipanti Grazie alle suore per quest’incontro che ho trovato vivace, mai noioso e fortemente comunicativo, anche grazie all’ausilio di supporti come video e musica che hanno sicuramente dato una marcia in più nel trasmettere il messaggio che l’incontro 25 SCIC voleva dare. La canzone di Giorgia “C’è da fare” insieme al video “Lentamente muore” aiutano a riflettere sulla necessità di darsi da fare, prendere l’iniziativa, non lasciarsi sopraffare dall’abitudine, sia nella praticità della vita di ogni giorno che nella specificità delle scelte di vita personale. Nell’attesa del prossimo incontro, ringraziamo il Signore per le meraviglie che compie attraverso chi si rende disponibile a diventare strumento nelle Sue mani. Paola Rollo L’incontro è stato molto importante per me. Mi sono davvero divertita e abbiamo avuto modo di riflettere su come cambiare il nostro futuro! È stata una serata magnifica! La cosa che mi ha colpito di più è stata quella di interagire con altre persone con degli obiettivi magnifici! Grazie di tutto per l’invito e spero di essere presente al prossimo incontro! Anna Maria De Luca La serata trascorsa insieme è stata indimenticabile. Il suo respiro vitale è come l’ossigeno che vivifica i nostri polmoni: messaggi di pace, messaggi d’amore donati da nostro Signore. Il più bel dono che Lui ci ha dato è stata la libertà di scegliere e noi abbiamo deciso di stare insieme con diversi pensieri e idee, che si son legati nelle loro differenze. Leonardo Donno Cursi 50 anni con Gesù e tanto entusiasmo! D 26 omenica 23 novembre 2014 la parrocchia di San Nicola Vescovo di Cursi ha festeggiato gli anniversari di consacrazione delle suore sr. Lina e sr. Carmela. Per ringraziare le due religiose del servizio che hanno svolto in 50 anni di vita nella Congregazione delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea, Don Luigi Gualtieri ha celebrato, nella Chiesa Madre, la Santa Messa. Le Suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea sono dedite all’educazione umana e cristiana dei bambini, degli adolescenti e dei giovani nella scuola, nelle opere sociali e nella vita parrocchiale. Le parole che Don Gigi ha riservato loro durante l’omelia sono ampiamente condivise da tutti; ha sottolineato che questi anniversari sono un dono e una grazia per la nostra comunità parrocchiale, per la famiglia religiosa delle Suore d’Ivrea, per la Chiesa tutta e per ciascun volto di bambino, giovane, anziano e povero incontrato sulla strada nella vita di ogni giorno. Oggi nel mondo c'è un gran bisogno di ingegneri, avvocati, tecnici ma soprattutto di sacerdoti e religiose che stiano accanto alle persone nelle turbolenze dell’esistenza. Quando il Signore chiama bisogna rispondere come hanno fatto suor Lina e Suor Carmela… L’augurio alle nostre sorelle, fatto da tutti noi attraverso Don Gigi, è che il loro cammino possa essere illuminato e illuminante, che siano capaci di ricevere la luce di Dio per poi trasmetterla al mondo ogni momento della loro vita con entusiasmo e SCIC Suor Carmela (a destra) e Suor Lina dietro al carrello, Suor Tommasina batte le mani insieme ai convenuti. dono illimitato di sé come ha fatto, a suo tempo, la fondatrice del loro ordine la Beata Antonia Maria Verna. I festeggiamenti hanno visto una grande partecipazione da parte di tutti… C’erano proprio tutti… anche il Sindaco e i membri dell’Amministrazione Comunale che tanto si prodigano ad ogni richiesta che arriva dalle suore… La nostra Cursi da sempre è grata per la presenza discreta con la quale le suore operano ai vari livelli e nelle varie realtà sociali e la Scuola dell’Infanzia è colonna portante nell’educazione dei suoi piccoli figli. Alla fine della Celebrazione Liturgica Suor Lina, anche da parte anche di Suor Carmela che ascoltava commossa, ha ringraziato tutti con la semplicità che le è naturale, poche parole dette con il cuore e il sorriso sempre sulle labbra. Un fragoroso applauso e la benedizione finale hanno chiuso la celebrazione e subito dopo, ci siamo spostati tutti a “casa nostra” per un piccolo buffet presso i locali della Scuola dell’Infanzia “Sacro Cuore di Gesù”, gestita dalle suore, offerto dalla stessa comunità durante il quale non è mancata l’allegria di stare insieme e la gioia di condividere, sì, perché la casa delle suore è aperta veramente a tutti e tutti si sentono veramente a casa! Veruska B. Maruccia Laica Verniana Nella sua casa… S e la Superiora Provinciale, suor Ines Polacchini, desiderava meravigliare le suore convocate per il Consiglio Provinciale straordinario, è riuscita perfettamente, comunicando il luogo in cui detto Consiglio si sarebbe svolto: non più Andrate, meta abituale, scontata, ma Rivarolo, nella Casa di Madre Antonia. 27 SCIC Quanti dubbi, quante perplessità, quanti: mah…! Poi, quando ci siamo ritrovate in quella cappellina, dove la presenza di Lei è viva e palpitante, tutti i dubbi si sono dileguati, tutte le paure si sono dissolte e i cuori si sono riempiti di gioiosa certezza: tutto il lavoro si sarebbe svolto nel migliore dei modi. Ogni sosta è stata per noi una ricchezza, un’emozione! Salire nei piani superiori usando la famosa “scala di Madre Antonia” dai gradini consumati per l’uso e ricalcare le Sue orme in ogni angolo della casa; partecipare alla Santa Messa celebrata nella chiesa parrocchiale di San Giacomo dove la piccolissima Antonia fu battezzata e dove per la prima volta offrì, pubblicamente, la sua vita a Dio con la Professione Religiosa; sostare nella parrocchia di San Michele dove le Sue spoglie mortali furono deposte e riposarono per molti anni, e dove ancora ci sembrava di udire l’eco della voce del giovane don Francesco Vallosio che pennellava la vita della nostra Madre; e che dire delle soste silenziose ed oranti, in comune o in privato, in quella Cappellina dove eternamente Madre Antonia e la Sua Madonnina dalla mano d’oro, si guardano, occhi negli occhi, e si raccontano le vicende, i pericoli, le sconfitte, le vittorie delle figlie ancora in cammino sulle strade del mondo, impegnate a testimoniare con gioia l’amore misericordioso del Padre. Non ci poteva proprio capitare qualcosa di meglio! Ci siamo lasciate guidare dalla nostra Beata Madre Antonia; abbiamo affidato a Lei il nostro lavoro per il bene delle Sue-nostre comunità; ci siamo impegnate in un clima di serena fraternità. Ci siamo sentite delle privilegiate e siamo corse ai ripari: abbiamo portato ai piedi dell’urna dove riposano i gloriosi resti della Madre, tutte le Sue figlie; a Lei abbiamo affidato ogni singola sorella della Congregazione, sicure che il Suo spirito e la Sua santità investirà ciascuna di esse. Con questa gioia nel cuore, terminati i lavori, riprendiamo “coraggiose le fatiche del nostro ministero di carità” (Vallosio 13). Suor Vita Raimonda Leone 28 SCIC I doni di Natale O gni anno il Bimbo Divino scende sulla terra accompagnato da una schiera di angeli che recano i doni da distribuire agli uomini. E alle suore? Oh, sì! Anche per loro gli angeli ogni anno portano in dono uno o due incontri di formazione, capaci di dare vigore al corpo e allo spirito. Ascoltate! Nella Provincia Antonia Maria Verna le suore aspettano con ansia il 27 dicembre, ma quel giorno le attende una meravigliosa sorpresa: anche la città di Milano s’imbianca: la neve, soffice e silenziosa, ricopre i tetti e orna gli alberi. Nel pomeriggio, comunque, si parte e, dopo un viaggio, a dir poco, avventuroso, si arriva ad Andrate. Qui il dono si mostra in tutto il suo fulgore: la maestosità e la bellezza delle montagne innevate; la gioia dell’incontro con le sorelle; le nenie, le melodie, i canti natalizi che ci conducono, con la mente e col cuore, alla grotta di Betlemme; la presenza materna e premurosa della nostra Superiora Provinciale suor Ines Polacchini; la serena accoglienza delle sorelle della Comunità, solerti ed attente affinché nulla manchi al confortevole soggiorno delle consorelle… Oh, quante attenzioni potremmo enumerare! Ma sono tutte piccole o grandi cose che il tempo, forse, cancellerà dalla memoria per lasciar spazio al godimento spirituale che le meditazioni di P. Luca Fallica, benedettino e priore del Monastero di Dumenza, ci hanno donato. Le sue non erano parole, egli ci ha comunicato la vita, la bellezza della nostra consacrazione religiosa, la necessità di nulla anteporre all’amore per Dio, l’urgenza di essere segno profetico in una spiritualità di comunione, che aiuti i fratelli a vivere la radicalità evangelica della conversione, la gioia di offrire la propria vita e di amare anche quando è difficile amare, la capacità di accogliere tutti per donare e condividere, guardando al passato con gratitudine, vivendo il presente con passione, aprendosi al futuro con speranza. Giorni intensi, giorni ricchi di pace e di gioia, coronati da momenti di serena ricreazione che hanno consolidato la comunione fra noi. Il nostro grazie a Dio e alle persone di cui Dio si è servito per raggiungere il cuore di ciascuna religiosa presente. Un grazie sentito a don Fabrizio Gobbi che, incurante del freddo e dell’oscurità, ci ha permesso di gustare ogni giorno la bellezza della celebrazione eucaristica. È stato davvero un dono speciale, che ha reso bellissimo il nostro Natale. Suor Vita Leone Natale 2015 - Benvenuto Gesù Q uest’anno qui, nella nostra bellissima Scuola dell’Infanzia, abbiamo festeggiato insieme, per la 62° volta, il memoriale della nascita di Gesù a modo nostro…sempre con la particolarità e il profondo senso religioso che ci contraddistingue. Siamo partiti per tempo assegnando, con sempre tanta attenzione alle abilità, alle caratteri- 29 SCIC 30 stiche e all’indole di ciascun bambino, i ruoli della drammatizzazione dal titolo: “Benvenuto Gesù!”. Suor Lina e Suor Tommasina si sono poi prodigate ad insegnare le varie parti ai bimbi appena arrivavano a scuola e gli insegnanti hanno preparato i canti e i balletti. Una drammatizzazione in cui si è data voce anche agli animali presenti quella notte di circa 2000 anni fa a Betlemme. Secondo una leggenda, infatti, la notte di Natale fu concesso, agli animali presenti nel luogo della nascita, di parlare… un evento così importante doveva essere per forza acclamato e celebrato da tutti i viventi. Fu così che per primo esclamò il Gallo “Chicchirichì, chicchirichì!” e sembrava volesse dire “È nato qui, è nato qui!”, poi la pecorella “Beeeh, beeeh, Betlemme, Betlemme!” e l’asinello “Iho, iho,…io ci vo…io ci vo!”. I nostri bambini dell’ultimo anno, perfettamente a loro agio e frizzanti come sempre quando possono stare al centro della scena, hanno recitato in modo impeccabile, mentre i bimbi di quattro anni hanno fatto la parte dei galletti e delle galline del pollaio di Maria, ballando con agilità e grazia. Dolcissimi i tre anni vestiti da angioletti che hanno accompagnato Gesù e hanno danzato per lui sulle note di “Tu scendi dalle stelle”… Alla fine il canto e la poesia, sia in italiano che in lingua inglese, hanno lasciato il posto all’arrivo festoso di un amico particolare: Babbo Natale ha portato a tutti i bimbi presenti sulla scena, il panettoncino tradizionalmente offerto dal Comune e dei doni “richiesti” dai genitori di ogni bimbo. Festa grande tra tutti i piccoli che guardavano sorpresi e indagatori l’omone alto, con la barba bianca e lunga e la faccia nascosta dagli occhiali e dai capelli che dava loro questo sacchettino pieno di sorprese. Intanto, nell’atrio della scuola, i membri della Famiglia Verniana locale, vendevano i dolci e le delizie preparate per l’occasione da mani volenterose per realizzare questo piccolo mercatino dal titolo “Un dolce Natale” che, già da alcuni anni, viene preparato in occasione di questo evento e, il cui ricavato, viene devoluto in beneficenza ogni anno ad enti o associazioni diverse. Anche questa iniziativa è stata, come sempre, accolta con entusiasmo da tutti i presenti che, prima di lasciarci, si sono complimentati dicendo che ogni anno che passa diventa sempre più un evento da vivere non solo nell’ambito della nostra scuola, ma a livello pubblico, coinvolgendo il paese. Noi siamo contente così, ci piace pensare che accogliere Gesù, così come lo facciamo noi, sia un modo per sentirci più vicini a Lui che viene a salvarci e a rinnovare quella gioia che solo il suo annuncio e la sua presenza reale qui fra noi può dare….. È proprio il caso di dire: “Benvenuto Gesù!” L’insegnante V. B. M. SCIC A. Pizzuto - Paolo VI "un fenomeno di piccolezza", ed. Cantagalli a cura di sgr L’autore, che ha conosciuto e amato Paolo VI, fin dal titolo ne coglie una dimensione caratteristica: la sua profonda umiltà, e la esprime con le stesse parole del pontefice, dette nel 1973. Dando inizio all’anno santo, Paolo VI volle essere anche confidenziale:”Non posso tacere che io sono mandato. Non parlo di me, non vi annuncio un qualche mio ritrovato di pensiero, di studio o una formula mutuata da qualche sapiente. Io vi annuncio la parola di Cristo, io sono mandato da lui, io il successore di San Pietro. Accoglietemi…”. Il Pizzuto intreccia molti elementi, perché emergano chiaramente le varie scelte pastorali, in fedeltà sia alla nuova visione conciliare di Chiesa sia allo specifico servizio che lo vede “pellegrino” nelle parrocchie romane, in Italia e nel mondo. Forse, a distanza di decenni, ci sfuggono tante novità che allora ci stupivano e che poi sono divenute normali, a cominciare da quel bacio alla terra, con cui entrò a prendere possesso della diocesi Ambrosiana, nel 1955. San Giovanni Paolo II avrebbe dichiarato di aver accolto con emozione quel gesto, rimanendogli fedele. Teresa d’Avila e Caterina da Siena, vengono proclamate dottori della Chiesa: ecco un altro segno dell’apertura di Paolo VI, che non esitò ad aumentare in tal modo il numero dei trenta Dottori, un riconoscimento ecclesiale, fino ad allora solo maschile. Molti capitoli del testo, corredati da foto significative, ci coinvolgono ridestando lo stupore di allora, anche per la precisione dei particolari. “Primati di Paolo VI” è uno di questi, dall’istituzione del I°gennaio ’68, giornata mondiale della pace a quella per le vocazioni; dalla celebrazione del Natale in luoghi di sofferenza al ripristino della Via Crucis al Colosseo… Un cenno, pur fugace, merita Il funerale. Il pontefice, che ha aperto la strada del dialogo, preoccupandosi di annunciare la parola del Cristo, senza riguardo a se stesso, stupisce per la sua “sobria eleganza”, avendo raccomandato la massima semplicità, anche per il suo funerale. Davanti all’altare della Confessione, su un modesto letto funebre viene posto il corpo; vicino, il cero pasquale che testimonia il Risorto. La Bibbia posta sul feretro sarà scompigliata dal vento. Per la prima volta, mentre il feretro si allontana, la folla esplode in un lungo applauso. “CRISTO È LA NOSTRA PACE” (Ef. 2,14) Il Signore ha richiamato alla Patria celeste le nostre care consorelle Suor Pia Letizia MABRITO nata Vidracco (T0) il 05.11.1925, deceduta ad Ivrea, “Centro Preghiera”, il 10.01.2015, dopo 71 anni di vita religiosa. Suor Raffaella Gemma IACCARINO nata a Sorrento (NA) il 19.06.1933, deceduta a Napoli “Villa San Giuseppe” il 13.01.2015, dopo 55 anni di vita religiosa. Suor Rosaria Crocifissa FIORENTINO nata a Castrignano dei Greci (LE)il 01.02.1922, deceduta a Collepasso “Oasi A. M. Verna” il 21.01.2015, dopo 67 anni di vita religiosa. Consorelle e parenti defunti Suor Assunta Giovanna SCOTTO DI GREGORIO nata a Procida (NA) il 27.06.1945, deceduta a Napoli “Villa San Giuseppe”, il 25. 01. 2015, dopo 48 anni di vita religiosa. Sono tornati alla casa del Padre La sorella Stella di suor Lidia G. Clerico Carmela di Suor Andreina Lamacchia Rosina di Suor Alessandra e di Suor Clementina Boffa Vincenza di Suor Ruggerina Lamacchia 31 SCIC Coordinatore Luigi Russo Redazione Bratti Anna Federico Suor Teresa C. Hanan Ablahad Iedà Suor Nicoletta Leone Suor Vita R. Lionetti Suor Raffaella Manni Suor Luigia Pollice Marzia Ratti Suor Dina Russo Suor Anna Eletta Trombetta Mario V. Veneri Suor Assunta Zaupa Suor Nadia Corrispondenti dall’estero Albania: Rotunno Suor Grazia “La casa è il vostro corpo più grande. Eppure…la vostra casa non sarà un’ancora ma un albero di nave. Donerete ben poco se donerete i vostri beni. E’ quando fate dono di voi stessi che donate veramente …vi è chi dona senza pena e non cerca gioia né merito. E’ come il mirto, laggiù nella valle, che sparge nell’aria il suo profumo. Dio parla attraverso le mani di costui e, dietro ai suoi occhi, Egli sorride alla terra. E se volete conoscere Dio, non siate per questo solutori di enigmi. Guardatevi intorno, piuttosto, e lo vedrete giocare con i vostri bambini. Lo vedrete sorridere nei fiori… e agitare le foglie degli alberi. E guardate nello spazio”. K. Gibran “il Profeta” Argentina: Bock Suor Adriana Libano: Sleiman Suor Hoda Ecuador: Tosi Suor Elena Tanzania - Kenya: Mori Suor Maria Turchia: Bernardi Suor Susanna Mensile - anno XLV - N. 2 - Febbraio 2015 ATTENZIONE - in caso di mancato recapito della rivista restituire al mittente che si impegna a pagare il diritto di restituzione presso l'Ufficio di 83040 Materdomini AV