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Pietro Nicolosi, il giornalista scrittore
38 RICORDI Pietro Nicolosi, il giornalista scrittore A luglio la stampa catanese ha perduto un altro dei protagonisti della “vecchia guardia” n nuovo lutto del giornalismo c a tanese che da poco ha perduto altre due “colonne” della Cronaca de “La Sicilia”, Turi Nicolosi e Vittorio Consoli, entrambi Capocronisti del quotidiano locale. Ora è toccato a Pietro, fratello di Turi Nic e suo compagno inseparabile. Pietro Nicolosi aveva 77 anni, ma non li dimostrava, era stato sempre di aspetto giovanile. Era un giornalista che ricercava i dettagli delle notizie e non si fermava alla superficie, e come scrittore aveva un notevole talento, aveva pubblicato per la Provincia regionale di Catania il libro “Eroi di Sicilia”, e poi un altro sugli Ebrei di Sicilia e “I baroni di Taormina”, in cui rifaceva la storia della nascita turistica taorminese dovuta ai primi baroni tedeschi che l’avevano pubblicizzata nel mondo attraverso quadri e fotografie. Forse lui era più scrittore che giornalista, perchè ogni informazione che ne stuzzicava l’interesse la metteva da canto per poterla eventualmente utilizzare per un libro. Pietro era un eclettico, ma soprattutto era un esperto dell’Etna. Ad ogni eruzione si metteva in contatto con le guide di Nicolosi, soprattutto con Orazio Nicoloso, e raccoglieva le informazioni sulla colata. Quando l’eruzione diventava “seria”, allora si muniva di scarponi e andava sulla montagna di fuoco. Era uno dei fondatori de “La Sicilia”, venuto al giornale al seguito del fratello Turi, entrambi figli del giornalista–scrittore Vitomar. Praticamente lavoravano gomito a gomito. Turi U Nic aveva il privilegio di una stanza tutta per sè, colma di libri, ma nella parete sud della stanza c’era un “buco” quadrato, incorniciato di legno, attraverso cui passava i suoi scritti al fratello Pietro, il cui tavolo era addossato a quella parete. Anche Pietro scriveva a mano, su fogli larghi. E ogni parola era calibrata, ogni concetto “pesato”. Era un uomo buono, sempre disponibile verso i colleghi, con la battuta pronta. Faceva parte dei “ragazzi” del giornale e per oltre trent’anni era stato sempre al suo posto seguendo i ritmi della lavorazione della testata che quando esce dalle bocche della rotativa sembra sempre un miracolo. Pietro era andato in pensione tredici anni addietro assieme al fratello Turi. Al giornale c’era stata la rivoluzione tecnologica, erano entrati i computer, la Redazione era stata divisa in Dipartimenti, era cambiato tutto. E Pietro ci aveva detto arrivederci, quel piccolo mondo antico che lui amava con la lavorazione “a caldo”, con le colonne dei caratteri in piombo che venivano sistemate nelle pagine di acciaio, era scomparso. E se n’era andato via anche lui. Con reciproco rimpianto. Ton y Zermo