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Jean-Pierre Jeunet: un regista contemporaneo

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Jean-Pierre Jeunet: un regista contemporaneo
Università degli Studi di Trieste
Facoltà di Scienze della Formazione
Corso di laurea in Tecnica pubblicitaria
Tesi di laurea in “Cinema, fotografia e televisione”
“Jean-Pierre Jeunet: un regista
contemporaneo”
Laureanda
Marta Ponta
Relatore
prof. Enzo Kermol
Anno accademico 2006-2007
1
Indice
Introduzione
pag. 6
Capitolo primo
La vita di Jean-Pierre Jeunet
pag. 10
Capitolo secondo
La filmografia
pag. 17
Capitolo terzo
Analisi dei film in cui è regista
3.1: Le bunker de la derniére Rafale
3.2: Pas de repos pour Billy Brakko
3.3: Foutaises
3.4: Delicatessen
3.5: La cité des enfants perdus
3.6: Alien – Resurrection
3.7: Le fabuleux destin d’Amélie Poulain
3.8: Un long dimanche de fiançailles
pag. 22
pag. 22
pag. 23
pag. 24
pag. 25
pag. 31
pag. 37
pag. 42
pag. 48
Capitolo quarto
Analisi dei trailer dei lungometraggi
4.1: Analisi del trailer del film Delicatessen
4.2: Analisi del trailer del film La citè des
enfants perdus
4.3: Analisi del trailer del film Alien – Resurrection
4.4: Analisi del trailer del film Le fabuleux destin
d’Amélie Poulain
4.5: Analisi del trailer del film Un long dimanche de
fiançailles
pag. 55
pag. 57
pag. 58
pag.59
pag. 60
pag. 61
Capitolo quinto
Intervista a Jean Pierre Jeunet
pag. 62
Capitolo sesto
Conclusioni
pag. 74
Bibliografia
pag. 81
Webgrafia
pag. 85
2
Introduzione
La mia analisi si organizza attorno al lavoro dell‟eccentrico regista
francese Jean-Pierre Jeunet.
Il mio lavoro si snoda attraverso sei capitoli nei quali, partendo dalla
biografia e dalla filmografia e passando attraverso l‟analisi dei suoi film, dei
suoi trailer e delle sue interviste, giungo a delineare il suo profilo in ambito
lavorativo.
Jeunet partendo dalla regia delle forme filmiche corte arriva ai
lungometraggi, due dei quali realizzati in coppia con il suo fidato amico e
collaboratore Marc Caro.
Jeunet nasce come regista di spot pubblicitari e video clip, mentre il
suo socio è un ex fumettista.
Quando l‟abilità registica del primo e la fantasia e il gusto
dell‟ambientazione dell‟altro si fondono felicemente i risultati sono buoni,
ma è difficile stabilire cosa nei film appartenga al bagaglio formativo di uno
o dell‟altro.
Jeunet, dopo due lungometraggi di successo, abbandona il tandem e si
lancia in una carriera solitaria: dopo la parentesi americana, ritorna in patria
e confeziona una pellicola che ottiene uno strepitoso successo di pubblico e
lo consacra, oltre che a livello francese, anche a livello europeo.
Si delinea così il suo personalissimo stile, che si intravede anche nei
personaggi successivi.
Finalmente gli occhi del regista francese si abituano alla luce del
giorno e si scontrano con la realtà: le storie raccontate stringono legami con
aspetti del mondo reale, la vita di tutti i giorni, e con aspetti del mondo
fantastico.
In questa parabola artistica Jeunet dà libero sfogo a tutta la sua
fantasia e sviluppa personalmente la sua poetica: le vicende e i personaggi
3
sono caratterizzati dall‟aspetto anormale, particolare e grottesco, ma
mantengono contatti con il mondo reale.
Gli occhi del regista sono la sua telecamera, che catturano ed
elaborano ogni aspetto della vita per trasmetterlo allo spettatore sotto forma
di film: è riuscito a creare un suo stile personale che si riconosce in tutti gli
aspetti delle storie che mette in scena.
Nell‟immaginario cinematografico di Jeunet si delinea il suo
personalissimo stile, fatto di contaminazioni: è proprio per questo che lo si
può definire un regista contemporaneo, si lascia influenzare da ogni aspetto
della pubblicità, del fumetto e del video clip, e li fonde insieme in prodotti
unici, sotto ogni punto di vista.
4
La vita mi ruggisce
5
Capitolo primo
La vita di Jean-Pierre Jeunet
Jean-Pierre Jeunet nasce a Roanne nella Loira, il 3 settembre 1953.
La sua passione per il cinema inizia presto: a 9 anni dirige set
cinematografici, crea costumi e con l‟ausilio dei flash dirige i suoi pupazzi.
A 17 anni lavora presso le poste francesi: con lo stipendio acquista la
sua prima cinepresa 8mm. Grazie a questa inizia la sua sperimentazione
cinematografica con le prime riprese dello spazio che lo circonda.
Frequenta gli “Cinémation Studios” dove impara le tecniche
d‟animazione e contemporaneamente inizia a creare i suoi primi
cortometraggi.
All‟ “Annecy‟s Animation Festival” conosce Marc Caro: è l‟inizio di
una fortunata e produttiva collaborazione.
Entrambi coltivano svariati interessi nel campo delle arti visive:
Jeunet è un pubblicitario, mentre Caro è un fumettista. La loro amicizia, nel
tempo, si trasforma in una collaborazione artistica che li vede impegnati, nel
corso degli anni ‟80, nell‟esplorazione e nella sperimentazione dell‟universo
cinematografico.
La loro capacità nel campo delle arti visive, e la loro predisposizione
nel raccontare storie, li prepara per una futura carriera nel mondo del
cinema.
Dopo alcune pubblicazioni monografiche, il passo successivo è quello
dei due cortometraggi acclamati positivamente dalla critica: “L‟évasion”
(1978) e “Le Manège” (1979),
vincitore del premio César per miglior
cortometraggio.
Nel 1981 dirigono il loro primo cortometraggio con attori: “Le bunker
de la dernière Rafale”, il prodotto è un mix di espressionismo e di cultura
punk anni ‟80.
6
La lavorazione li impegna per oltre un anno e mezzo per la creazione
dei costumi e il reperimento delle armi.
L‟inizio degli anni ‟80 vede il duo impegnato in diversi ambiti, mentre
Marc Caro collabora con alcuni show televisivi e film musicali, Jean-Pierre
Jeunet si dedica alla regia dei suoi primi video musicali e commerciali.
Nel 1984 Jeunet dirige il suo quarto cortometraggio, nato dal soggetto
di un fumetto di Caro: “Pas de Repos pour Billy Brakko” che si aggiudica il
premio César come miglior cortometraggio.
In “Foutaises” del 1989, quinto ed ultimo cortometraggio, Jeunet
dirige per la prima volta l‟attore francese Dominique Pinon (che sarà
presente in tutti i successivi lungometraggi), ed introduce alcuni particolari
che verranno poi ripresi e riutilizzati in seguito: l‟uso del popolare e
spensierato concetto del “mi piace, non mi piace” (utilizzato dieci anni dopo
ne “Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain”), la città di Parigi, l‟infanzia
nostalgica ed infine il suo personale tributo a Marcel Carné1 e Jacques
Prévert2.
“Delicatessen” datato 1991, è la prima pellicola lunga, firmata dal duo
Caro – Jeunet; una commedia curiosa e originale, con più di una scena
decisamente divertente, che si aggiudica quattro premi César.
L‟ultimo e migliore dei film diretti dalla coppia Jeunet – Caro, anche
sceneggiatori con Giles Adrien, “La cité des enfants perdus”, è ancor più
bizzarro del precedente: si tratta di una favola gotica ricca di rimandi
letterari e pittorici, imperniata sui tipici temi della letteratura per l‟infanzia.
Il film, allucinante e raffinato, presentato come opera d‟apertura a
Cannes nel 1995, ma giunto in Italia solo nella stagione „98-„99, non ha
ottenuto il successo che meritava, infatti è uscito nelle sale cinematografiche
solo per un brevissimo periodo di tempo.
1
2
Regista e sceneggiatore francese
Poeta e sceneggiatore francese
7
Questo permette comunque al regista francese di imporsi sulla scena
internazionale, tanto da essere chiamato ad Hollywood per la realizzazione
del quarto episodio della saga di “Alien”, dal titolo: “Alien – Resurrection”
(1997).
Nettamente superiore agli episodi precedenti non sfigura vicino a
quelli di Scott3 e Cameron4; a differenza del più metafisico terzo capitolo
prevale la concretezza del tema della maternità, sviluppato e approfondito
dalla sceneggiatura di Joss Whedon, basata sui personaggi di Dan O‟Bannon
e Ronald Shusett.
Ritornato in patria nel 2001 si dedica a “Le fabuleux destin d‟Amélie
Poulain”, fresca e colorata fiaba di una ragazza che si assume il compito di
rendere felice chi la circonda, raccontata con una leggerezza e una grazia
contagiose.
Il film ha ottenuto un largo consenso di critica e pubblico (quattro
premi César, cinque nomination all‟Oscar e trentacinque milioni di biglietti
venduti), ma non è piaciuto ai selezionatori di Cannes che gli rifiutano il
passaggio nella prestigiosa vetrina francese.
Passano alcuni anni prima che Jeunet ritorni dietro la macchina da
presa, egli stesso infatti dichiara che “dopo Amélie non saprei proprio cosa
raccontare più per 25 anni: in quel film ho messo tutto me stesso”5.
Nel 2004 adatta con Guillame Laurant il romanzo di Sebastien
Japrisot6 del 1991, e ne ricava il film, per la produzione franco – americana,
“Un long dimanche de fiançailles”, dove torna a dirigere la Tautou di
“Amélie”, questa volta nei panni di una giovane orfana zoppa in cerca del
fidanzato disperso in guerra.
3
Ridley Scott regista del primo episodio dal titolo “Alien”
James Cameron regista del film “Aliens – Scontro finale”
5
Intervista tratta dal sito www.reflections.it del 2003
6
Scrittore francese autore del libro “Un long dimanche de fiançailles”
4
8
Il risultato è una fiaba macchinosa sulla forza dell‟amore tra gli orrori
della guerra, in cui la protagonista non si rassegna all‟idea che il suo
compagno possa essere morto.
Nel 2007 il regista francese rifiuta la proposta di realizzazione del
quarto episodio della saga del maghetto, “Harry Potter e l‟ordine della
fenice”; mentre è prevista per il 2009 l‟uscita del suo prossimo film dal
titolo “Vita di Pi” tratto dal libro omonimo di Yann Martel7. La
sceneggiatura è stata scritta con Giullame Laurant 8 e racconta la storia di un
ragazzino indiano che, a bordo di un cargo che trasporta gli animali dello
zoo del padre, intraprende un viaggio verso il Canada. L‟imbarcazione
affonda, Pi riesce a salvarsi ma è costretto a dividere una scialuppa con una
iena, una zebra ferita e una tigre affamata.
I frutti del lavoro del regista francese presentano dei tratti distintivi:
l‟attore francese Dominique Pinon recita in tutti i suoi film, a partire dal
cortometraggio “Foutaises”.
Egli preferisce scritturare attori con inusuali espressioni facciali, della
Tautou lo stesso Jeunet dice: “Audrey sembra un piccolo elfo con gli occhi
grandi, sembra un daino. Per me lei è l‟attrice perfetta, è in grado di
interpretare qualsiasi genere, dalla commedia al film drammatico e questo è
molto raro tra gli attori francesi perché la maggior parte è in grado di
interpretare solo ruoli realistici” 9.
La maggior parte dei suoi protagonisti sono orfani, o hanno perso
almeno un genitore; e in ogni film c‟è almeno una sequenza nella nebbia.
Nelle storie che mette in scena c‟è sempre lo sfondo di una vicenda
romantica tra due personaggi, “le scene romantiche sono sempre complicate
perché è importante avere una buona idea” sostiene Jeunet; in
“Delicatessen” Louison e Julie si sono scambiati un bacio sott‟acqua, Miette
7
Scrittore canadese, la sua opere più conosciuta è “Vita di Pi” che gli è valso il prestigioso
Booker Prize per la narrativa nel 2002
8
Sceneggiatore de “Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain”
9
Tratto da un‟intervista dal sito internet www.reflections.it del 2003
9
e One ne “La cité des enfants perdus” si coccolano sotto le coperte fatte da
sacchi di iuta, in “Alien – Resurrection” il bacio avviene attraverso un vetro
tra lo scienziato e la creatura aliena; Nino e Amélie si baciano nel corridoio,
mentre Mathilde e Manech vivono il loro momento d‟intimità riproducendo
fedelmente l‟idea di Jacques Prévert in “Parigi di notte”10; “quando non so
come realizzare una scena romantica penso come la farebbe Prévert? E lì mi
viene l‟ispirazione”11.
La sue caratteristiche tecniche riguardano l‟utilizzo di un ampio
angolo di ripresa e l‟utilizzo della telecamera issata sulla gru, ovvero su un
lungo braccio meccanico, che permette continui movimenti di campo
determinati proprio dal fatto che la gru, issata in posizione elevata, ha la
possibilità di muoversi in qualsiasi direzione; il regista preferisce filmare le
sequenze in maniera incredibile, utilizzando spesso l‟elicottero per catturare
una visione d‟insieme, per riprendere la grandezza e l‟immensità del
paesaggio.
Jeunet adora quando “la telecamera è sempre in movimento, questo
l‟ho imparato dai film di Sergio Leone 12 e Bernardo Bertolucci13, quando la
telecamera non si ferma mai, mi piace anche quando i personaggi partono da
lontano e arrivano molto vicini alla telecamera che è ferma, fino a realizzare
un close –up14”15.
Il regista lavora moltissimo con i primi piani, per catturare tutte le
espressioni facciali che trasmettono da subito il reale carattere del
personaggio, quindi deve prestare attenzione affinché i visi non vengano
deformati, in un intervista dichiara che “studio nel minimo dettaglio la
posizione ideale di ogni inquadratura in relazione al volto di ciascuna
10
Opera di Jacques Prévert.
Tratto da un‟intervista – commento del film “Une long dimanche de fiançailles”,
contenuti speciali del dvd .
12
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano.
13
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano.
14
Primo piano: stringe l‟inquadratura su una persona o su un oggetto in particolare.
15
Intervista ricavata dai contenuti speciali del dvd “Un long dimanche de fiançailles”.
11
10
attrice. Per esempio quelli di Winona Rider o di Audrey Tautou sono dei
visi che vengono meglio messi in risalto se inquadrati con una leggera
inclinazione dall‟alto.
Comunque Audrey è così bella che, anche se
inquadrata molto da vicino non patisce l‟immagine finale, mentre ad
esempio nel caso di Sigourney Weaver abbiamo dovuto usare qualche
accorgimento in più, come usare una luce circolare attorno all‟obiettivo” 16.
Le sue pellicole si caratterizzano per le lunghe riprese fluide, con la
telecamera che non si ferma mai e si sposta per mantenere una figura in
movimento all‟interno della scena, le lenti a grandangolo che offrono una
maggiore profondità di campo e permettono ad uno spazio maggiore di
entrare all‟interno della cornice, ed i movimenti rapidi che determinano
ritmi e prospettive sceniche differenti. Tutto questo per creare delle
sequenze che contribuiscono a formare il ritmo della scena.
Il suo segno stilistico si caratterizza per l‟impiego di un‟ampia gamma
di colori, contaminazione proveniente direttamente dall‟ambito pubblicitario
e fumettistico, per consegnare allo spettatore l‟ambientazione desiderata,
spesso fantastica.
Alla domanda “quali sono i suoi registi di culto?” Jean-Pierre
risponde: “a 17 anni, quando ho visto “C‟era una volta il West 17” di Sergio
Leone, ho avuto una vera e propria illuminazione. Ho capito in quel
momento che il cinema poteva essere qualcosa di ludico, non solo per lo
spettatore ma anche per i realizzatori. Credo però che nel proprio lavoro sia
fondamentale una propria e personalissima spontaneità, senza influenze di
sorta. Però se vuole sapere qual è il mio regista preferito glielo dico:
Federico Fellini.” 18
Nelle sue pellicole infatti è possibile seguire un percorso che conduce
ad una sorta di “cinema nel cinema”, i riferimenti agli artisti della sua patria
16
Intervista tratta dal sito internet www.reflections.it del 2003.
Quarto film western realizzato da Sergio Leone.
18
Estratto da un‟intervista sul sito www.reflections.it del 2003.
17
11
e non, a cominciare dai registi, sono numerosi: François Truffaut 19, Jacques
Tati20, Sergio Leone21, Stanely Kubrick22, Steven Spielberg 23, David Lynch
e Tim Burton24, Malle25, Federico Fellini26, Tod Browning27, Terry
Gilliam28, Vittorio De Sica29, il tutto influenzato dalla magica scrittura di
Jacques Prévert.
Jean-Pierre Jeunet
19
Amélie al cinema guarda “Jules et Jim” film di Truffaut.
Il postino Jean Paul Rouve de “Un long dimanche de fiançailles” richiama Jacques Tati
nel film “Jour de Fête”.
21
La musica e l‟atmosfera della trincea de “Un long dimanche de finçailles” sono un
omaggio, rispettivamente a “Per un pugno di dollari” e “Il bello, il brutto, il cattivo”.
22
Omaggio al film “Orizzonti di gloria” ne “Un long dimanche de fiançailles”.
23
Ispirazione tecnica per le scene di reale combattimento al film “Save private Ryan” di
Steven Spielberg, che Jeunet giudica come miglior film sulla guerra che sia mai stato fatto.
24
Ispirazione alla loro dimensione onirica e ai loro effetti speciali.
25
“Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain” rimanda all‟opera “Zazie dans le metro” di
Prévert.
26
Ispirazione alla sua dimensione circense.
27
Ispirazione a “Freaks” per i personaggi dei suoi film “Delicatessen” e “La cité des
enfants perdus”.
28
Per le atmosfere di “Delicatessen” liberamente ispirate a quelle del film “Brazil”.
29
Riferimento al film “Ladri di biciclette” quando Nino, nel film “Le fabuleux destin
d‟Amélie Poulain”, incontra il gruppo di preti fuori dalla stazione.
20
12
Capitolo secondo
Filmografia
Nei lunghi anni di carriera, il regista francese ha creato svariate
pellicole, cominciando con i cortometraggi, in totale cinque, alcuni anche in
coppia con fumettista Caro, e cinque lungometraggi, due dei quali realizzati
con l‟ausilio del suo fidato collaboratore.
“Il tipo di animazione e di ripresa che ho utilizzato per i miei film
brevi è la stessa che ho utilizzato nei lungometraggi, non ho cambiato il mio
modo di fare cinema, faccio sempre le stesse cose.”30
Cortometraggi
Un cortometraggio è un film la cui durata, normalmente, non supera i
trenta minuti. I corti – come vengono chiamati in gergo- derivano il loro
nome dalla lunghezza della pellicola, a sua volta definita nel linguaggio
cinematografico “metraggio” (che nei normali film solitamente ammonta a
svariate migliaia di metri in relazione al tipo di pellicola ed alla durata del
film stesso).
Le opere filmiche corte (da 15‟‟ a 30‟) mostrano, in modo più
evidente dei lungometraggi, i propri dispositivi (narrativi o discorsivi), la
loro struttura drammatica e ritmica, la forma-senso che produce il loro
impatto, e ciò senza dubbio perché la percezione di questi elementi non ha il
tempo di essere diluita nei meandri di una storia, o distratta
dall‟identificazione ai personaggi o da emozioni che, se “prendono”, lo
fanno in modo rapido, acuto, come se “precipitassero”.
30
Estratto da un‟intervista ne i contenuti speciali del dvd “Un long dimanche de fiançailles”
13
La forma globale del film corto si offre alla percezione e, di
conseguenza, a un‟analisi più immediata e facile. Molti cortometraggi infatti
sono costruiti a partire da “forme semplici” o da configurazioni retoriche
chiaramente individuabili.
“L‟évasion” (Francia 1978, bianco e nero, 7‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro
“Le manège” (Francia 1980, bianco e nero, 5‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro
Vincitore nel 1981 del premio César per miglior cortometraggio
“Le bunker de la dernière Rafale”
(Francia 1981, bianco e nero, 26‟) Regia: Jean-Pierre Jeunet, Marc
Caro
“Pas de repos pour Billy Brakko”
(Francia 1984, bianco e nero, 5‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro
Vincitore nel 1985 del premio César per miglior cortometraggio
“Foutaises” (Francia 1989, bianco e nero, 8‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro
Vincitore nel 1991 del premio César per miglior cortometraggio
14
Lungometraggi
“Delicatessen” (commedia, Francia 1990, colore, 102‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro
Con: Dominique Pinon, Marie Louise Dougnac, Jean-Claude Dreyfus,
Karin Viard, Rufus [Jacques Narcy], Ticky Holgado, Annemarie
Pisani
Musica: Carlos D‟Alessio
Premi vinti: nel 1991 al “Tokyo International Film Festival” il premio
per miglior film straniero; nel 1991 al “Sitges-Catalonian International
Film Festival” premio della critica e per la miglior regia; nel 1992 al
“Fantasporto” premio della giuria; nel 1992 premio César per la
miglior opera prima e per la miglior sceneggiatura; nel 1993 al “Guild
of German Art House Cinemas” premio per miglior film straniero.
“La cité des enfants perdus”, titolo italiano “La città perduta”
(fantastico, Francia 1995, colore, 112‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro
Con: Ron Perlman, Daniel Emilfork, Judith Vittet, Dominique Pinon,
Jean-Claude Dreyfus, Geneviève Brunet, Odile Mallet, Serge Merlin
“Alien Resurrection”, titolo italiano “Alien – La clonazione”
(fantascienza, USA 1997, colore, 109‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet
Con: Sigourney Weaver, Winona Rider, Dominique Pinon, Ron
Perlman, Gary Dourdan, Michael Wincott, Raymond Cruz, Dan
Hedaya, Brad Dourie
15
“Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain”, titolo italiano “Il favoloso
mondo di Amélie” (commedia, Francia – Germania 2001, colore,
122‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet
Con: Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz, Rufus [Jacques Narcy],
Isabelle Nanty, Dominique Pinon, Yolande Moreau, Serge Merlin,
Jamel Debboule, Urbani Cancelier, Hartus De Penguern, Maurice
Benichou.
Sceneggiatura: Jean-Pierre Jeunet, Guillame Laurant
Premi vinti: nel 2002 quattro César per miglior regia, miglior film,
miglior musica scritta per un film, miglior scenografia; nel 2002 al
“Toronto International Film Festival” premio del pubblico; nel 2002 al
“Sudbury Cinéfest” per miglior film in gara; al “Lumiere Awards
France” per miglior scenografia; al “Norvegian International Film
Festival” per miglior film straniero dell‟anno; al “French Syndicate of
Cinema Critics” miglior premio della critica; al “Goya Awarsd” per
miglior pellicola europea; al “Indipendent Spirit Awards” per miglior
film straniero; al “Edinburgh International Film Festival” per miglior
film in gara; al “European Film Awards” per la miglior regia.
“Une longue dimanche de fiançailles”, titolo italiano “Una lunga
domenica di passioni” (drammatico, Francia – USA 2004, colore,
133‟)
Regia: Jean-Pierre Jeunet
Con: Audrey Tautou, Gaspard Ulliel, Dominique Pinon, Chantal
Neuwirth, Jean-Pierre Daroussin, Jodie Foster, Ticky Holgado,
Marion Lottilard, André Dussolier, Tchéky Karyo, Jérome Kircher,
Denis Lavant, Julie Depardieu, Elina Löwesohn, Urbani Cancelier,
Rufus [Jacques Narcy]
Musica di Angelo Badalamenti
16
Premi vinti: nel 2005 al “Edgar Allan Poe Festival” per la miglior
sceneggiatura; al “Lumiere Awards France” per la miglior regia.
Locandina del film
La cité des enfants perdus
17
Capitolo terzo
Analisi dei film in cui è regista
3.1: “Le bunker de la dernière Rafale”
Per il loro primo cortometraggio con attori, i due registi francesi, si
affidano al tema militare, che li ha sempre affascinati: i protagonisti sono
dei soldati confinati in un bunker.
Jeunet e Caro per ottenere una fedele ricostruzione dei costumi, delle
armi e degli ambienti, si sono affidati allo storico Jean-Pierre Vernet, che li
ha aiutati anche per la realizzazione de “Un long dimanche de fiançailles”,
che gli ha raccontato aneddoti sulla guerra.
I militari, dall‟aria disordinata, trascorrono le loro giornate segregati
sottoterra, fino al giorno in cui uno di loro scopre un computer, che diventa
il loro mezzo di comunicazione con l‟esterno.
Lungo tutti i 26 minuti di pellicola non ci sono dialoghi: è la pazzia la
protagonista di questa vicenda, che vuole essere una metafora delle paure
umane nei riguardi di tutto ciò che non conosciamo.
18
3.2 “Pas de repos pour Billy Brakko”
Il quarto lavoro della coppia viene realizzato a partire dal desiderio di
unire tutte le disavventure del protagonista Billy Brakko, cominciando
proprio dal giorno in cui leggendo il giornale apprende la notizia della sua
morte.
È struttura in modo da risultare surreale e misterioso, in cui si
scoprono le possibilità che riserva la vita a cominciare proprio dalla morte.
Il regista lascia allo spettatore la possibilità di scegliere quale sarà il
destino del protagonista.
Jeunet abbozza l‟idea che verrà poi ripresa nel suo film più famoso,
nella scena in cui Amélie non vedendo arrivare il suo amato al bar
immagina tutte le cose che possono essergli successe.
Molti aspetti del metodo e dello stile dell‟autore sono già evidenti:
queste permettono di confezionare una pellicola in bianco e nero,
influenzata dallo stile noir, con particolari che sono risultati delle tecniche
d‟animazione.
19
3.3 Foutaises
L‟ultimo corto di Jean-Pierre Jeunet si struttura sull‟enumerazione
sistematica del “mi piace… non mi piace…” pronunciati dall‟attore francese
Dominique Pinon. Egli è ripreso per la maggior parte frontalmente, con
illustrazioni visive insolite e divertenti.
La sua voce che ci accompagna per oltre otto minuti scandisce il ritmo
delle oscillazioni di “amo… non amo…”, e dall‟inseguirsi, dagli incontri e
scontri tra le parole dell‟attore, ora in ora off, e le illustrazioni –
associazioni.
Ma la semplicità della struttura “verbale” del film è contraddetta dalla
raffinatezza del suo montaggio e del suo missaggio: accelerazione estreme
in certi momenti, passaggi al rallentatore, immagini d‟archivio e immagini
riprese in studio o in esterni, scenette dialogate o mute, brusche variazioni
della scala dei piani, dei rumori e delle musiche.
“Foutaises” gioca sulla concentrazione dell‟informazione audiovisiva,
sullo scorrimento rapido di gag verbali – visive, come la sequenza
dell‟incontro – scontro tra le due persone non vedenti.
Le inquadrature sono differenti, a seconda delle scene: Dominique
Pinon viene sempre inquadrato con un primo piano, tecnica ideale per
catturare tutte le sue espressioni facciali; le altre inquadrature variano a
seconda dei soggetti ripresi, ma per lo più si tratta di campi lunghi.
L‟introduzione tra due campi di un primo piano dell‟attore Pinon
produce l‟effetto di una totale scorrevolezza, e quindi produce nel pubblico,
una migliore sensazione di continuità.
20
3.4 “Delicatessen”
I due autori, eccessivi e grotteschi, confezionano un‟opera prima che
vuole essere una sorta di girone infernale in veste comica. Il risultato è il
film “Delicatessen”, curioso e raffinato, realizzato con grandissima cura del
dettaglio dai due registi che pescano a piene mani nella tradizione del
fumetto, ma anche in quella della pubblicità e del video musicale.
In uno scenario apocalittico di una Parigi del ventunesimo secolo,
dominata dall‟assenza di legge, dalla fame, dal sospetto e dal cannibalismo,
in mezzo al niente, avvolto dalla nebbia, si staglia un condominio umido e
fatiscente, che sarà l‟ambientazione delle vicende dei protagonisti.
Ai piedi del condominio c‟è la macelleria “Delicatessen” che vende
carne umana e come pagamento accetta grano, mais e lenticchie.
I registi ci presentano da subito la schiera di personaggi che popola il
mondo terreno: ci sono i fratelli Robert, (che ama Aurore), e Roger Kube
che confezionano bizzarri souvenir, l‟isterica Aurore che sente le voci nella
sua testa e tenta il suicidio organizzando complessi sistemi che
puntualmente falliscono, la vogliosa Plusse amante del macellaio, la
famiglia Tapioca i cui componenti, (padre, madre, figli e nonna), sono
sempre affamati, lo stralunato Potin dedito all‟allevamento di lumache e
rane, il macellaio Clapet, folle individuo intento ad accumulare mais e
lenticchie avuti dai suoi clienti come baratto per della carne umana, ed
infine Julie, sua figlia, con la passione per il violoncello, forse la persona
più normale. A questi si aggiunge Louison, ex clown del circo, che risponde
all‟annuncio del macellaio sempre alla ricerca di personale, e ottiene vitto e
alloggio in cambio di alcuni lavori di manutenzione.
A popolare il sottosuolo metropolitano ci sono i guerriglieri Troglos:
misteriosi trogloditi teppisti, vegetariani, che vestono con tute da speleologo
e sperano di impossessarsi dei legumi del macellaio.
Mentre il giovane dipinge il soffitto, gli altri inquilini si muovo al
ritmo del macellaio che fa l'amore con la sua giovane amante su un letto che
21
cigola: due bambini che fumano sulle scale, una giovane violoncellista che
si esercita (e` Julie, la figlia del macellaio), una massaia che spolvera, suo
marito che pompa le gomme della bicicletta... tutti procedono al ritmo
meccanico del sesso.
Il nuovo arrivato è il bersaglio dei condomini affamati che sperano di
poter mangiare la sua carne.
Il postino, innamorato della figlia del macellaio, porta un pacco per
Julie, che la famiglia Tapioca cerca di rubare, Louison lo mette in salvo e
riceve un invito per bere un tè nell‟appartamento della ragazza.
Quest‟ultima gli offre una potente tisana dall‟effetto soporifero e i due
suonano insieme, lei il violoncello e lui la sega.
Julie, a cui piace Louison, prega il padre di non ucciderlo, ma il
macellaio non l‟ascolta. Una notte, mentre Julie scende nelle fogne alla
ricerca dei guerrieri Troglos, il macellaio, con la complicità del padre
Tapioca, tende una trappola alla nonna con la speranza di far scendere l‟ex
artista del circo, che però sta dormendo profondamente, (grazie al tè di
Julie) e non sente nulla, l‟unico ad accorrere è Robert, pensando che le grida
siano di Aurore, che si ritorva con una gamba tagliata. La nonna viene
comunque uccisa, e Julie confessa ai guerrieri dove suo papà tiene il mais, e
si accorda con loro per far rapire Louison, con l‟intento di sottrarlo alle
grinfie del macellaio.
In una notte di tempesta, mentre tutti i condomini stanno guardando
alla tv lo spettacolo di Louison e di Livingstone (una scimmia sua ex
collaboratrice che è stata catturata dai trogloditi), il temporale muove
l‟antenna e disturba il segnale, Louison decide di salire sul tetto per
sistemarla, e trova anche Clapet che ha avuto la stessa idea, inizia quindi
uno scontro tra i due che Julie, raggiunto anche lei il tetto, cerca di fermare.
Intanto i guerriglieri salgono in superficie ed irrompono nel palazzo, dopo
l‟ennesimo tentativo fallito di suicidio di Aurore che il marito considera una
routine, Louison ha la meglio sul tetto e Clapet è appeso a un filo. I Troglos,
22
dopo aver trovato il mais, erroneamente rapiscono Plusse che stava
guardando la televisione nell‟appartamento di Louison; nel frattempo è
arrivato anche il postino con l‟intenzione di chiedere la mano a Julie, lui la
trattiene con la forza e solo Louison riesce a liberarla, mentre un gruppo di
condomini capitanati da Clapet insegue l‟ex clown con l‟intenzione di
ucciderlo, lui si rifugia insieme alla figlia del macellaio nel bagno del suo
appartamento che intenzionalmente riempie d‟acqua. Proprio quando la
scena si fa quasi drammatica, l‟acqua ha riempito quasi tutta la stanza e
sembra che per i due innamorati non ci sia via di scampo, Jeunet smorza il
tono con un appassionato bacio subacqueo tra i due. E quando sembra che
l‟acqua abbia completamente invaso il bagno, Clapet sfonda la porta e il
liquido inonda dapprima la stanza e poi l‟intero condominio, trascinando via
Clapet e gli altri.
Il pavimento spinto dalla forza dell‟acqua crolla letteralmente sotto i
piedi di Louison, mentre i Troglos portano in salvo Julie, Clapet con
l‟intento di eliminare l‟ultimo arrivato gli lancia il boomerang che però non
lo colpisce e finisce per uccidere lo stesso macellaio.
Ora che Louison è salvo, sale sul tetto con Julie per suonare, lui la
sega lei il violoncello, alle loro spalle ci sono i due bambini Tapioca che
imitano i loro gesti.
Per la prima volta lo scenario è cambiato: si vede un cielo azzurro
cosparso di nuvole, in armonia con lo stato d‟animo dei due personaggi, che
finalmente hanno superato tutti gli ostacoli e possono vivere tranquillamente
la loro storia d‟amore.
Il vasto assortimento di personaggi che popola il mondo di
“Delicatessen” costituisce l‟anima del film. E non solo gli attori principali,
ogni singolo personaggio, indipendentemente dalla lunghezza del ruolo, è
altamente dettagliato e assolve una specifica funzione all‟interno della
macchina “Delicatessen” che è forse l‟unica cosa che funziona in questo
ritratto francese apocalittico.
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Dominique Pinon, nelle vesti dell‟ex clown Louison consegna una
prestigiosa e carismatica interpretazione. E‟ veramente credibile nel ruolo e
riesce a dare un tocco veramente umano, essenziale per il tipo di
personaggio che sta interpretando. Lo stesso vale per Marie-Laure Dougnac,
che interpreta un personaggio tra i più “normali” Julie; Jean-Claude
Dreyfus, nel ruolo del macellaio Clapet è semplicemente delizioso, e in
generale ogni membro del cast regala un‟indimenticabile performance,
indipendentemente dalla quantità di tempo in cui compare nel film.
La gustosa e brillante scena in cui il macellaio si riposa svolge un
ruolo molto importante nel film: è la prima in cui gli abitanti del
condominio-microcosmo immaginato da Jeunet e Caro partecipano a quella
che si potrebbe definire un‟azione corale, la realizzazione della colonna
sonora della scena stessa.
L‟abitazione si trasforma per due minuti e mezzo in uno straordinario
laboratorio musicale, dove suoni e rumori prodotti dalle diverse attività dei
singoli abitanti si armonizzano in una complessa partitura, asservita al ritmo
scandito dal cigolio del letto del macellaio. A prima vista sembra trattarsi di
una successione apparentemente caotica: sta proprio qui la forza e
l‟intelligenza di questo montaggio, che è capace di portare ad un risultato di
grande efficienza senza svelare il proprio meccanismo. Nella sequenza in
cui il movimento delle molle del letto si accelera repentinamente i registi
operano la scelta geniale di lasciare fuori campo l‟origine del rumore
durante tutta l‟azione (l‟accoppiamento dei due amanti), per sostituirla con il
primo effetto del loro pesante abbraccio, la successiva pressione sulle molle
del letto, che vengono quindi promosse al ruolo di protagonista principale; a
loro vengono dedicate un numero maggiore di inquadrature rispetto al
macellaio che compare solo all‟inizio e alla fine della scena. È questa scelta
che contribuisce in maniera determinante ad indirizzare l‟intera sequenza
verso un registro grottesco.
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Nella prima parte, della sequenza delle molle, assistiamo ad una
classica presentazione dei personaggi e delle rispettive azioni: la scelta
ricade su dei piani di ripresa abbastanza convenzionali, figure intere, piani
americani e mezze figure. I dettagli sono introdotti quando il soggetto
inquadrato è stato presentato in un precedente piano. Dopo la successione di
tre particolari (battipanni, metronomo, mani e pompa) che cominciano a
“stringere” il montaggio, si torna improvvisamente a una figura intera: è una
scelta molto importante che ci mostra chiaramente come il montaggio voglia
giocare con lo spettatore spingendo apparentemente con l‟acceleratore verso
una rapida conclusione per poi frenare immediatamente, rimandando
successivamente il raggiungimento dell‟apice della sequenza.
Con l‟improvvisa accelerazione del ritmo, sempre guidata dal
movimento delle molle del letto, il classico meccanismo del montaggio
alternato prende il sopravvento e le inquadrature corrono verso il
prevedibile esito della scena, come fossero precipitate all‟interno di un
imbuto. Così la convenzionale accelerazione dei tempi di montaggio è solo
uno degli aspetti delle scelte stilistiche che caratterizzano l‟evoluzione della
scena: i campi più ampi si fanno anche più espressivi, tagliando i personaggi
con inquadrature angolate, addirittura eccentriche (la scena della donna col
battipanni che sembra voler toglierle la testa), alternandosi a dettagli sempre
più stretti, mentre movimenti di macchina accentuano le azioni sempre più
frenetiche di personaggi e cose. Anche qui, come in precedenza, l‟astuzia
consiste nel non costruire un percorso omogeneo, ma di alternare
accelerazioni a improvvisi rallentamenti: come il piano americano e la
figura intera rispettivamente nelle inquadrature della donna col battipanni e
l‟uomo che pompa, che interrompono la concentratissima successione (che
inizia con l‟artigiano e si conclude con il metronomo), per lasciare un
respiro e preparare l‟ultima corsa verso il finale.
Da questo complesso gioco combinatorio, ricco di invenzioni e mai
ripetitivo, nasce una sorta di meccanismo contrappuntistico, che produce
25
nello spettatore una fortissima sensazione di continuità del tempo e di
contiguità dello spazio. Montaggio alternato e continuità della colonna
sonora sono i principali strumenti utilizzati per costruire questa sensazione:
grazie ad essi, la casa diventa –da quell‟insieme caotico di luoghi diversi
che appariva all‟inizio- un unico ambiente articolato, pronta a trasformarsi
in un insieme quasi organico, unito da cablaggi e tubazioni interne, percorso
da rumori, odori e (alla fine del film) anche da flussi.
Gli spazi, che sono coinvolti nell‟alternanza, entrano a far parte (a
prescindere dalla loro distanza fisica o presunta), della medesima unità,
l‟unità narrativa.
Sono proprio questi gli elementi che contribuiscono a rendere
“Delicatessen” un‟opera prima assolutamente folle, stralunata, spontanea,
sincera, divertente e allo stesso tempo poetica.
Locandina del film
Delicatessen
26
3.5 “La cité des enfants perdus”
L‟ultimo e migliore dei film diretti dalla coppia Jeunet – Caro, anche
sceneggiatori con Giles Adrien, è strutturato come una gigantesca fiera, fatta
di tanti baracconi in cui i personaggi più improbabili compiono le peripezie
più improbabili.
Il secondo lavoro firmato dalla coppia francese si apre con un
bambino che sogna tanti Babbi Natale che invadono la sua camera tutti con
lo stesso giocattolo; il bambino è chiuso in un sarcofago sospeso in aria ed è
collegato tramite elettrodi ad un uomo che sta facendo lo stesso sogno.
Nella stessa stanza sono presenti una nana, dei gemelli ed un cervello
con il mal di testa conservato in un acquario. Siamo in una piattaforma in
mezzo al mare, e le persone che la popolano sono tutti frutto
dell‟esperimento di uno scienziato, che non avendo né moglie né figli ha
deciso di crearseli con i suoi alambicchi: come sposa ha concepito la più
bella principessa del mondo, ma una malvagia fata genetica ha lanciato un
incantesimo e la principessa è nata bassa, poi ha clonato a sua immagine e
somiglianza sei bei ragazzi fedeli e laboriosi, così somiglianti fra loro che li
si può confondere, ma la fata ha colpito di nuovo e li ha condannati ad
essere paurosi, premurosi, con una spiccata propensione per il sonno e
l‟attitudine al litigio per stabilire chi di loro sia l‟originale, ed infine ha
creato Ckrank, l‟uomo più intelligente del mondo, quello che avrebbe
dovuto essere il suo capolavoro, ma la malvagia fata genetica non ha
rinunciato a completare il maleficio e lo ha condannato a non sognare mai;
l‟infelicità del piccolo Ckrank l‟ha costretto ad invecchiare giorno dopo
giorno e impazzire giorno dopo giorno. Per rimediare a questa disgrazia,
egli rapisce bambini per rubare i loro sogni, ma questi fanno solo incubi
perché è proprio lui che li spaventa.
Intanto, nella città portuale buia e desolata, il gigante One si sta
esibendo nel suo consueto numero di strappare, con la sola forza delle
braccia, le catene che lo stringono, mentre dei bambini rubano alla folla che
27
assiste allo spettacolo; il presentatore se ne accorge ma viene prontamente
accoltellato da un complice dei ladruncoli, e si accascia fra le braccia del
forzuto.
Più tardi, mentre il gigante sta assistendo il presentatore nella sua
baracca, irrompono i Ciclopi, una banda di criminali ciechi che vede
solamente attraverso un occhio meccanico simile ad una telecamera, e
rapiscono Denrée, il giovane fratellino di One.
Quest‟ultimo è intenzionato a riprenderselo ed insegue la banda, che a
sua volta è sulle sue tracce perché vuole ucciderlo; One trova rifugio in un
casolare sull‟acqua dove i piccoli ladruncoli capitanati da Miette stanno
rapinando una cassaforte. Arriva la banda dei Ciclopi, che vuole rubare la
refurtiva, ma i bambini hanno già nascosto tutto.
Più tardi nei bassifondi della città, i bambini, che sono tutti orfani,
consegnano il bottino a due gemelle siamesi unite dal bacino, Brunet e
Mallet, a capo dell‟organizzazione. Nel loro quartier generale espongono il
piano per il prossimo piano da eseguire: svaligiare una pesante cassaforte;
One che li ha seguiti senza farsi notare irrompe nella stanza e viene
assoldato per aiutare i bambini nell‟impresa.
Intanto, nella piattaforma, il cervello convince uno dei cloni di essere
l‟originale e si fa aiutare nel suo originale piano: gettare in mare un fusibile
contenente una sostanza verde (l‟essenza dei sogni che racchiude anche un
messaggio segreto).
Una volta compiuto il furto i bambini lasciano affondare in mare la
cassaforte e il gigante tonto, che parla stentamente e con difficoltà, stringe
amicizia con Miette, una bambina di soli nove anni ma decisamente saggia,
cinica e pratica: ottiene così il suo aiuto per liberare il piccolo Denrée. I due
giungono sulla piattaforma e assistono ad un rituale in cui i Ciclopi
consegnano i bambini rapiti, tra i quali anche il fratellino di One, in cambio
di occhi meccanici distribuiti da Ckrank.
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One alla vista del bambino si precipita con Miette nella stanza per
liberarlo, ma
non riescono nell‟impresa e vengono catturati, legati e
destinati a morire in mare.
Un Ciclope riporta la notizia alla Piovra (soprannome delle due
gemelle siamesi), che sospetta che i due siano scappati con il bottino;
assoldano Marcello, un uomo ormai inebetito dalle droghe che un tempo
lavorava con loro al circo, per rapire i due fuggitivi.
Marcello, con l‟aiuto delle sue pulci assassine (pulci ammaestrate che
nel pungiglione contengono un liquido che al suono dell‟organetto entra in
azione), riesce a liberare One, mentre Miette cade in mare. Viene salvata da
un palombaro che vive in fondo all‟oceano, controlla ciò che avviene in
superficie attraverso un periscopio e raccatta qualsiasi cosa sia caduta,
infatti possiede anche la cassaforte e il fusibile con la sostanza verde.
Il palombaro, che ha perso il filo della memoria, vive sott‟acqua e non
vuole tornare in superficie perché si ricorda che qualcuno lo odia e lo vuole
uccidere. Mentre Miette continua a rubare i gioielli rimasti in cassaforte
l‟uomo farfuglia qualcosa a riguardo di un uomo con un tatuaggio in testa
che riporta la mappa per arrivare al luogo dove vengono portati i bambini
rapiti. La bambina ritorna in superficie e dopo aver rincontrato la sua
compagnia di bambini, recupera One che nel frattempo si è ubriacato
convinto che anche la sua sorellina sia morta. Quella stessa notte, attraverso
un effetto domino, il fusibile cade e sprigiona il contenuto verde che
permette al palombaro di recuperare la memoria, che ora ricorda tutto: sono
stati la nana e Ckrank a gettarlo in mare dopo che lui aveva scoperto il modo
per costruire dei cloni di sé stesso, quindi è proprio lui l‟originale.
Lo stesso fumo verde raggiunge anche Miette, che si ricorda
dall‟uomo tatuato e del modo in cui raggiungerlo, così può continuare ad
aiutare One nella ricerca.
Le due gemelle siamesi intanto ordinano al guardiano di uccidere
Marcello, perché sospettano sia in combutta con il gigante, ma il guardiano
29
che le odia lo lascia vivere. Intanto nella piattaforma, il piccolo Denrée è
ancora vivo ed è affamato come sempre: addenta tutto ciò che trova e
Ckrank lo prende in simpatia perché il bambino non ha paura di lui e come
lui è privo di sentimenti.
Nel frattempo, in città Miette e One trovano l‟uomo tatuato e mentre
si stanno dirigendo verso la piattaforma vengono catturati dalle due gemelle,
che utilizzano le pulci di Marcello per fare in modo che One uccida Miette;
la bambina picchiata non capisce e una sua lacrima colpisce una ragnatela
che scatena una serie di eventi fanno mancare l‟elettricità in città. Il faro si
spegne e un grosso traghetto colpisce il molo: One cade in acqua, si riprende
e salva Miette, le due sorelle intanto stanno gettando benzina in acqua con
l‟intenzione di dargli fuoco, ma Marcello, arrivato sul posto, lancia una
pulce sulle gemelle, che cadono in acqua e bruciano dopo che Marcello ha
gettato la sua sigaretta.
One e Miette riprendono il loro viaggio e raggiungono la piattaforma,
qui però i due si perdono: il gigante viene aggredito dai cloni, e si ritrova in
una stanza con la nana e proprio quando lei sta per ucciderlo viene trafitta
da un dardo lanciato dal palombaro, che si scopre essere l‟ “originale” di
tutti i cloni.
Nel frattempo Miette ha trovato Denrèe: è nel sarcofago collegato con
degli elettrodi a Ckrank, cerca di liberarlo ma il cervello Irvin le dice che
per salvare il bambino deve prestarsi ad un ultimo esperimento. Entra anche
lei nel sarcofago e nel sogno diventa vecchia, mentre Ckrank ringiovanisce
sino a morire.
Finalmente Miette, One e Denrée si ritrovano e scappano
immediatamente perché nel frattempo il palombaro ha disseminato
esplosivo con l‟intenzione di far saltare in aria la piattaforma, e poco prima
dell‟esplosione scopre di essere lui l‟inventore dei cloni, ma ormai è troppo
tardi.
30
Il film si conclude con un primo piano del piccolo Denrée, che
finalmente sazio si concede un rutto.
“La cité des enfants perdus” è una fiaba moderna, macabra, ironica
con un retrogusto che oscilla tra le visioni oniriche e l‟atmosfera da fumetto.
Un immenso circo comico e grottesco dove si muove con grande
maestria un ottimo cast: Ron Perlman interpreta il gigantesco One, Judith
Vittet interpreta la dura e allo stesso tempo fragile Miette e Daniel Emilfork
veste i panni del crudele Ckrank. Immancabili gli attori “feticcio” di JeanPierre Jeunet: Dominique Pinon eclettico ed esilarante nel suo ruolo
“multiplo” e Jean Claude Dreyfus è lo stravagante e bizzarro Marcello.
Le scenografie ci presentano un paese dei balocchi alla rovescia,
inquietante, putrido e realistico, ideale continuazione della civiltà carnivora
presentata in “Delicatessen”. Lo spazio scenico, grazie alla volontà dei
registi, assume un “ruolo”, non è un semplice contenitore dell‟azione: così si
giustifica l‟utilizzo dei campi lunghi e d‟insieme, lo spazio di volta in volta
esibito o nascosto ha la funzione fondamentale nella definizione della
tensione o della distensione della scena.
La città in cui bambini vengono rapiti è un luogo ostile e da evitare, è
un porto avvolto dalla nebbia e dalle acque verdastre e inquinate, in cui i
vicoli sono bui e pericolosi, popolato da brutti ceffi, fenomeni da circo e
prostitute.
La storia è ambientata in un‟immensa struttura ferrea, rugginosa e
sporca, a metà tra una fabbrica metallurgica e una nave.
Ne “La cité des enfants perdus” Jeunet e Caro si immaginano uno
scienziato pazzo e dittatore assoluto, che vive su una piattaforma in mezzo
al mare oscuro, che per la sua malvagità vive senz‟anima, senza sentimenti e
senza emozioni: da qui la “necessità” di rapire i bambini per impadronirsi
dei loro sogni attraverso una complessa apparecchiatura e riuscire così a
commuoversi o a rallegrarsi, ma lo scienziato pazzo, variante dell‟orco
fiabesco, sbaglia spesso e con lui i sogni si trasformano in incubi.
31
Una strana coppia composta da One, un gigante buono, tonto e dallo
sguardo scimmiesco, e Miette, bambina di nove anni molto intelligente,
cinica e pratica -che richiama la coppia di “Leon”31- si mette sulle tracce
della banda dei Ciclopi al servizio di Ckrank, criminali ciechi dotati di vista
elettronica grazie al loro occhio simile ad una telecamera, che gli hanno
rapito il fratellino.
Nel mezzo si intromette tutta serie di personaggi, liberamente ispirati
ai “Freaks”32 di Tod Browning: due anziane streghe gemelle siamesi che
spadroneggiano sugli orfanelli costringendoli a rubare e mendicare per loro,
una serie di cloni, un ex-collaboratore del circo con le sue pulci ammaestrate
che possono diventare assassine, una nana, un cinese calvo con una mappa
risolutiva tatuata sul cranio e nascosta dalla parrucca, ed infine un cervello
umano, conservato in un acquario, che si presenta come il personaggio più
saggio ed equilibrato.
Immersa in un‟atmosfera irreale, soprattutto grazie alla gamma
cromatica dai toni scuri e tendenti al verde che domina per tutto il film, la
storia è un susseguirsi di giochi ed invenzioni, sia visive che narrative; un
immenso circo dove i dominano i sentimenti gretti e deviati che trasformano
i sogni degli innocenti in incubi.
La favola di un ladro di bambini e di sogni, ricchissima e
particolareggiata di dettagli ed effetti speciali, non è poi così improbabile:
nella realtà attuale di certo non mancano i bambini sfruttati dagli adulti
come accattoni, ladri o criminali, né mancano gli adulti che desiderano i
bambini con la speranza di “nutrirsi” della loro vitalità.
Senza troppe allusioni il paesaggio della favola è un mondo di derelitti
umani e materiali, nel quale soltanto i piccoli e il forzuto riescono a risultare
innocenti.
31
Film di Luc Besson che vede protagonisti la giovane ragazzina Matilda, e il sicario
Leon,. I ruoli si invertono perché la ragazzina sembra molto più saggia dell‟adulto.
32
“Freaks” film di Tod Browning che scrittura veri e propri mostri da circo: gemelle
siamesi, personaggi senza braccia e senza gambe, nani e donne barbute.
32
3.6 “Alien - Resurrection”
Il terzo episodio diretto da David Fincher 33 si conclude con l‟azione
suicida del tenente Ellen Ripely che, piuttosto che partorire la strana
creatura che porta in grembo, decide di lanciarsi nel piombo fuso. A sei anni
di distanza, la Twenty Century Fox34 affida la regia del quarto capitolo della
saga di “Alien” a Jean-Pierre Jeunet.
Duecento anni dopo la sua morte, a bordo dell‟astronave – laboratorio
Auriga in viaggio verso la Terra, un‟equipe di scienziati senza scrupoli,
attraverso una combinazione diabolica di genetica umana, riproduce un
essere alieno. Dopo sette tentativi falliti riescono a creare un clone di Ellen
Ripley.
Ma la donna che resuscita duecento anni dopo la sua morte ha poco a
che vedere con il tenente degli episodi precedenti: adesso è solo un numero,
l‟otto, che porta tatuato sull‟avambraccio; il suo sguardo è disincantato, la
sua lingua tagliente, il suo sangue è corrosivo più dell‟acido, possiede una
forza sovrumana e un istinto animalesco che le permette di “sentire” gli
alieni fecondati in laboratorio.
In un primo tempo sembra che non sia sopravvissuto niente della
vecchia Ripley, anche i ricordi sono stati cancellati, ma poi la sua anima
generosa riemerge.
Il tenente Ellen è in cinta e la sua creatura è destinata a moltiplicarsi:
per combattere e sconfiggere questo terribile destino biologico, che impone
l‟esistenza degli alieni e che solo lei può comprendere ad un livello
profondo, il clone 8 è costretta ad allearsi con un gruppo di meccanici
contrabbandieri.. Fra questi vi è anche una misteriosa ragazza Call, che poi
si rivela essere un androide.
La creature aliene riescono a liberarsi dallo stato di prigionia in cui
erano tenute dagli scienziati e invadono la navicella usata come laboratorio.
33
34
Regista statunitense.
Casa di produzione cinematografica e televisiva.
33
Ripley e la ciurma dei contrabbandieri, ormai alleati, devono farsi
largo tra le insidie del laboratorio per raggiungere la navicella “The Betty”
(mezzo con cui sono arrivati i meccanici) ed abbandonare il veicolo spaziale
che si sta dirigendo verso la Terra, trasportato dal pilota automatico entrato
in funzione a causa dell‟emergenza.
Nel corso della fuga, il tenente scopre la stanza “I – 7”, contenente
tutti i precedenti esperimenti di clonazione e il capitano della Nostromo,
trasformato in una creatura agonizzante che chiede di essere ucciso, Ripley
esegue l‟ordine e poi distrugge l‟intera stanza.
Successivamente il gruppo, sempre più decimato, si ritrova ad
affrontare gli alieni in un contrasto sott‟acqua, la cui superficie è cosparsa di
sostanza uterina di Alien, perché adesso la Regina è perfetta: dispone di un
utero per riprodursi.
Ripley si trova ad affrontare per la seconda volta la Regina,
proveniente dall‟embrione che lei stessa portava in corpo, ma anche lei ha
subito delle mutazioni in fase di clonazione e ora, anziché generare delle
spore, partorisce un ibrido dalle sembianze umane. Questo però identifica
nel tenente la sua vera madre.
Quando il gruppo è finalmente salvo perché ha raggiunto la navicella
“The Betty” si scopre che l‟alieno è nascosto in una stiva, e mentre sta
cercando di uccidere l‟androide Call, Ripley entra in azione, abbraccia la
sua creatura e getta del liquido corrosivo su un vetro, che si rompe e
risucchia l‟alieno.
La navicella Auriga esplode, la navicella dei contrabbandieri è salva e
osserva la Terra.
La scena dei titoli di testa (il volto di Ripley deformato e fuso con il
corpo dell‟alieno) e la sequenza con i cloni mal riusciti sono i momenti
migliori del film. La stanza “L-7” è sicuramente il momento più terrificante
(insieme all‟urlo dell‟alieno), di tutto il film, non solo visivamente, ma
anche come idea vera e propria. E poi c‟è la ripresa della famosa scena che
34
non fa parte del primo Alien perché censurata dalla Fox perché troppo dura:
quella in cui Ripley ritrova il comandante della Nostromo trasformato in un
bozzolo agonizzante, e lui (Tom Skerrit) la prega di ucciderlo; e lei lo fa con
il lanciafiamme, come con uno dei suoi cloni.
Merito di Jeunet, e merito di Jeunet anche per la presenza di Darius
Khondji, probabilmente il miglior direttore della fotografia al mondo, che
per creare atmosfere sufficientemente dark ha inventato un procedimento
fotografico chiamato “ENR”, in grado di mescolare immagini in bianco e
nero con quelle a colori.
Per il quarto capitolo della saga fantascientifica ideata da Dan
O‟Bannon35, ancora una volta la 20 Century Fox ha deciso di affidare
“Alien” ad un regista semi-sconosciuto: Ridley Scott36 era al suo secondo
film, James Cameron37 al terzo e David Fincher38 addirittura all‟esordio;
Jeunet aveva diretto due film virtualmente sconosciuti in America. Gli viene
affidato l‟incarico dopo il rifiuto di Danny Boyle 39.
“Ho voluto girare un film lontano da ogni tentativo di serialità con il
passato, e per fare questo ho dovuto togliermi dalla mente i film precedenti,
anche se alla fine qualcosa di essi è comunque rimasta. La mia Ripley ora è
un clone che ha dentro di sé la disperazione di non essere più umana in un
mondo di umani, e questo la rende ai miei occhi un‟eroina ancora più
tragica e affascinante di quanto non lo sia stata in passato”40.
Il regista francese mette in scena la sceneggiatura di Joss Whedon 41,
che ha dovuto riscriverlo tre volte prima di rendere accettabile il punto
focale, ovvero il ritorno in scena del tenente Ripley che nel precedente
35
Regista e sceneggiatore americano
Regista di Alien.
37
Regista di Aliens – scontro finale.
38
Regista statunitense.
39
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico inglese.
40
Estratto dall‟intervista sul sito www.reflections.it del 2003.
41
Sceneggiatore americano.
36
35
episodio si era tolta la vita pur di non mettere al mondo la creatura che stava
crescendo dentro di lei.
Il film, da un lato, riprende molti elementi dai capitoli precedenti e
dall‟altro si pone in netta contrapposizione con l‟impronta data da Scott e
Cameron ai loro capolavori fantascientifici.
Innanzitutto torna l‟equipaggio di una nave da trasporto, (proprio
come la Nostromo in Alien), a dare quella coralità e quella completezza di
volti che erano mancati, ma soprattutto si riaffacciano trovate sceniche e
narrative di grande effetto come la figura dell‟androide, il ritorno alla
centralità femminile, dopo il mascolinismo esasperato di “Alien 3”, il ciclo
della “sessualità” dell‟alieno, che diventa ora un essere asessuale e per
questo ancora più inquietante ed originale.
Nella sua sceneggiatura Joss Whedon (sulla falsariga strutturale delle
precedenti: pericolo – caccia – fuga), imbastisce un ottima sceneggiatura,
assemblata con grande senso del ritmo e un ottimo affiatamento degli attori.
La sequenza più dura e toccante resta quella della scoperta degli
orrendi cloni nella stanza “I-7”, che suggerisce una profondità tematica:
l‟eticità della clonazione, la doppia natura di uomo e mostro, l‟orrore di una
scienza senza più controllo.
Jeunet non ha voluto cadere nella trappola della serializzazione a tutti
i costi e ha confezionato un film che usa la fantascienza e l‟horror come
specchio di una società contraddittoria e crudele, ma che per questo non
rinuncia allo spettacolo e all‟intrattenimento di puro stampo hollywoodiano,
e che rimane per molti punti di vista superiore al lugubre e catastrofico al
precedente di Fincher.
Con il quarto episodio siamo di fronte a un film pienamente riuscito
(nonostante le critiche), e decisamente originale, per la simultanea presenza
di legami con il passato e di nuove tematiche molto più adulte di quello che
il pubblico si aspettava. La vera novità della pellicola è l‟affascinante
visualizzazione dell‟incubo , ispirata all‟universo femminile. Non solo
36
Ripley, ormai mamma di alien, trova un‟alleata –quasi innamoratadell‟androide Rider che dovrebbe essere la sua rivale; ma anche nelle
immagini prevale la concretezza della materia primordiale uterina (liquidi,
tessuti, sangue, melme placentali da attraversare), come se il film fosse una
“mostruosa” fantasia prenatale che fa i conti sia con l‟inconscio sia con la
biogenetica.
La formula di Jeunet è quella di una fantascienza nobile, ma non per
questo meno spettacolare e popolare dei suoi predecessori, e anche se qua e
là il gusto per il grottesco e per la deformazione appaiono fin troppo
esagerati, il risultato è un film costruito perfettamente, con un canovaccio si
classico ma non per questo risaputo (i colpi di scena non sono pochi), e con
un grande gusto per la visionarietà eclettica, tratto distintivo del regista
francese.
Locandina del film
Alien – Resurrection
37
3.7 “Le fabuleux destin d’Amélie Poulain”
Per la sua quarta pellicola Jeunet si inventa una storia banalmente
semplice, partendo da un‟idea: c‟è una ragazza, da sempre troppo sola, che
trova la sua inaspettabile vocazione nel distribuire felicità agli altri. Solo in
questo modo la sua figura acquista colore fino a diventare un devastante
arcobaleno; nel suo percorso formativo Amélie trova anche il modo per
aiutare sé stessa, con l‟amore ovviamente. Per lei la sua missione di fare del
bene, non altruismo, non voglia di essere amata (fugge sempre per evitare la
prospettiva della gratitudine altrui), ma bisogno di dare un senso e un
obiettivo alle sue giornate.
“Il 3 settembre 1973 alle ore 18 e 28 minuti una mosca plana su
Montmartre, nello stesso momento in un ristorante all‟aperto il vento si
insinua magicamente sotto una tovaglia. In quell‟istante un uomo cancella
dalla sua rubrica l‟indirizzo del suo amico ormai morto, sempre nello stesso
momento viene concepita Amélie Poulain” 42.
Seguendo il tono affettato di una voce fuori campo, una mosca in volo
finisce brutalmente sotto la ruota di una macchina, inghiottita nell‟asfalto di
Montmartre; contemporaneamente viene concepita Amélie Poulain. La
protagonista di questa avventura è proprio lei, una ragazza semplice che un
giorno decide di aiutare la vita degli altri.
L‟infanzia, trascorsa in periferia, ci viene presentata sotto forma di
documentario dalla voce narrante che ci accompagna lungo tutto il film,
senza mai svelarsi.
Amélie è figlia unica e vive con i genitori: il papà Raphaele Poulain è
un medico un po‟ bizzarro che la visita una volta al mese; questo costituisce
l‟unico contatto fisico tra i due, e la bambina è così emozionata che
regolarmente si agita e il cuore le batte così forte da far credere al genitore
che abbia una malattia.
42
Citazione dell‟inizio del film “Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain”
38
Per questo motivo non frequenta la scuola e sua madre, insegnante di
professione, le impartisce lezioni a casa. Amélie si ritrova presto orfana
perché la mamma muore schiacciata da una suicida che si era buttata dalla
chiesa di Notre Dame. La bambina trascorre l‟infanzia sola con il padre, che
dopo la morte della moglie si dedica alla costruzione di un mausoleo in sua
memoria, e senza nessun altro contatto. Maggiorenne si trasferisce a Parigi
dove fa la cameriera al “bar des deux Moulins” 43. La sua vita scorre
tranquilla, fino alla notte del 31 agosto del 1997: in seguito al ritrovamento
di una vecchia scatola di cianfrusaglie decide di rintracciarne il proprietario,
se lui sarà felice lei inizierà ad “occuparsi delle vite degli altri, altrimenti
tanto peggio per loro”44.
Inizia così la ricerca del proprietario, che a questo punto avrà circa
una cinquantina d‟anni, dopo una prima infruttuosa ricerca, dovuta al
cognome sbagliato, Amélie è pronta ad arrendersi ma al ritorno l‟uomo di
vetro (così soprannominato a causa della sua delicata struttura ossea che
potrebbe rompersi ad ogni contatto), dal pianerottolo le suggerisce il
cognome corretto e la invita ad entrare in casa. Scopre così la sua passione:
dipingere ogni anno lo stesso quadro di Renoir 45, la difficoltà sta proprio nel
ritrarre la ragazza con il bicchiere, perché “è al centro eppure ne è fuori,
forse è solo diversa dagli altri, ma in cosa?” 46.
Amélie si appresta a ricreare la situazione per il ritrovamento della
scatoletta: il proprietario è convinto di compiere il suo consueto giro di
acquisti quando la ragazza fa suonare il telefono della cabina al suo fianco,
lui risponde, la linea cade e lui scopre la scatola, la apre e improvvisamente
parte un flashback in bianco e nero che ripercorre le vicende legate ad ogni
singolo oggetto della sua infanzia.
43
Bar realmente esistente nel quartiere parigino di Montmartre, proprio di fronte alla casa
del regista.
44
Citazione dal film “Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain”
45
Pierre-Auguste Renoir pittore francese tra i massimi esponenti dell‟Impressionismo.
46
Citazione dal film “Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain”
39
L‟uomo è piacevolmente scosso, piange dalla felicità, Amélie lo
osserva prima da lontano e poi da vicino, quando sono al bancone dello
stesso bar.
Ora deve mantenere la sua promessa, la prossima persona da aiutare è
il signore cieco incontrato precedentemente nella stazione della metro
Abbesses; stesso luogo del primo incontro con il ragazzo che le piace, Nino.
Lei lo aiuta ad attraversare la strada e gli descrive tutto ciò che vede sino
alla fermata della metro.
La terza buona azione coinvolge suo papà: Amélie lo esorta a
viaggiare, ma lui dopo la morte della moglie non vuole muoversi; decide
dunque di rubargli il nano da giardino che ha installato sopra il suo
mausoleo e, con la complicità della sua amica hostess, gli farà credere che
sia costantemente in viaggio inviandogli fotografie da posti lontani. Anche
questa buona azione porta i suoi frutti infatti alla fine del film il padre parte
per un viaggio.
Decide di aiutare anche la portinaia del suo palazzo, che da oltre
vent‟anni attende una missiva di suo marito che nel frattempo è fuggito con
la sua amante; Amélie, complice una notizia apparsa sul giornale di lettere
smarrite e mai consegnate, scrive una finta lettere firmando col nome del
marito.
La prossima persona a cui si dedica la protagonista è Gina la tabaccaia
che lavora nel suo stesso bar: la fa incontrare ed innamorare di Joseph, il
cliente abituale che è solito registrare le risate dell‟altra cameriera.
L‟ultima persona che aiuta è l‟aiutante del fruttivendolo, che viene
costantemente preso di mira e messo in ridicolo davanti alla clientela, da
parte del titolare Lucienne.
Ben presto si accorge che tra la gente da aiutare c‟è anche sé stessa.
Un giorno nella Gare du Nord vede un giovane che raccoglie da sotto una
cabina delle foto. Lui fugge via inseguendo un uomo e nella corsa lascia
40
cadere involontariamente il suo diario-album fotografico fatto di fototessere
che scartate e strappate dalle altre persone.
Amélie lo raccoglie e ne è immediatamente catturata: scopre il suo
nome e il suo indirizzo e inizia le ricerche. Più scopre cose su di lui più è
sicura che Nino sia l‟uomo che fa per lei.
La timidezza della protagonista la conduce ad una campagna
clandestina, fatta di visite in incognito sul posto di lavoro di lui, da indizi da
decifrare, da misteriose cacce al tesoro intorno al parco del Sacre Cœur.
A tutto ciò il ragazzo risponde con altrettante trovate. Infine una pista
di bigliettini conducono i due ad incontrarsi e fare l‟amore.
Improvvisamente il mondo attorno a loro si sistema come d‟incanto.
“E‟ il 28 settembre 1997 e sono le undici in punto, alla giostra del
trono vicino il trenino dei Carpazi la macchina per impastare i dolci impasta
i dolci, nello stesso momento su una panchina di Place Villette un uomo
scopre che ci sono più connessioni possibili nel cervello umano che atomi
nell‟universo, nel frattempo ai piedi del Sacre Cœur delle benedettine
migliorano il rovescio, la temperatura è di ventiquattro gradi Celsius e il
tasso di umidità è del settantasette per cento e la pressione atmosferica è di
990 ectopascal”47.
Termina così “Le fabuleux déstin d‟Amélie Poulain”, una favola che
affascina e cattura l‟attenzione da subito: coinvolge con il divertente gioco
del “piace… non piace”, lo spettatore partecipa sapendo che le cose più
insignificanti di una persona sono quelli che possono dirci di più. I
protagonisti vivono delle mille invenzioni e di quella ricercata bizzarria che
lascia un segno nella memoria dell‟ascoltatore; ognuno con la sua mania,
che rende più sopportabile la vita, ma che celebra anche l‟importanza dei
piccoli piaceri quotidiani.
47
Citazione dal film “Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain”.
41
Il regista e il co-sceneggiatore possiedono uno sguardo chiaramente
ironico e impertinente: tutti i personaggi, umani e non, che percorrono il
film hanno la vivacità e lo spessore di un cartone animato.
Il buonismo è solo di facciata e serve a rendere più sfavillante
l‟assunto di fondo: la vita è una mescolanza di potenzialità che quasi mai
riusciamo a cogliere fino in fondo, governati come siamo da un destino
bizzarro, che non ci dà spiegazioni e spesso nemmeno ricompense.
Jeunet propone un film colorato e frenetico, dove ci presenta un
mondo a parte, una Parigi da favola, che però ha qualche punto in contatto
con il nostro, nel senso che si svolge in un luogo dotato di una precisa
collocazione geografica e fa riferimento a fatti realmente accaduti (la morte
di Lady D e di Madre Teresa di Calcutta).
Il film è caratterizzato da una presenza forte dell‟autore, dei suoi segni
stilistici, del suo sguardo sui personaggi e sulla storia che racconta; non
mancano anche le citazioni ai grandi cineasti del passato.
La mosca di “Jules et Jim” 48 evidenziata con un vero e proprio
smascheramento del segno, è il palese invito di Jeunet, attraverso il suo alter
ego Amélie, a fare attenzione al particolare. In quella stessa sequenza la
protagonista racconta agli spettatori la sua passione per il cinema: invece di
guardare uno schermo ci ritroviamo a specchiarci. Il regista gioca con lo
sguardo e la confessione in macchina, con commenti che dipingono la realtà
emotiva e psicologica della protagonista.
Pur giocando ripetutamente con accelerazioni, con animazioni, con
colori saturi e zuccherosi Jeunet ci racconta con tono fumettistico una
semplice storia d‟amore tra due ragazzi particolari, in una Parigi da favola.
Sopra il letto di Amélie un‟oca si rivolge ad un cane da un dipinto
all‟altro ottenendo la risposta di un maialino di ceramica posto sopra il
comodino, subito dopo il suino allunga la zampa e spegne la luce.
48
Film di François Truffaut
42
Nel cuore della notte quattro fototessere, assolutamente identiche fra
loro, svegliano il tenero Nino per confidargli le loro opinioni sul gioco dei
sentimenti. La protagonista, mentre l‟oggetto del suo desiderio si allontana,
si scioglie istantaneamente in una pozza d‟acqua cristallina.
Il film è caratterizzato da un uso continuo ed insolito degli effetti
speciali digitali, il regista usa queste tecniche per far prendere vita agli
oggetti più impensabili nelle abitazioni dei protagonisti, o per riprendere la
visione soggettiva della protagonista.
Oltre all‟intensa interpretazione di tutti gli attori, il film possiede una
fotografia ottima e vivace costituita da colori giovanili ed intensi; ed un
montaggio originale perfettamente integrato con le ambientazioni del film.
Gli attori interpretano i personaggi in maniera eccezionale: Audrey
Tautou è emozionante e camaleontica nei suoi cambiamenti d‟umore,
comunica emozioni con ogni smorfia del suo viso. Carisma ed umanità si
fondono nella recitazione di Mathieu Kassovitz, che si cala grandiosamente
nel suo ruolo così solare. Joseph, il cliente abituale del bar che registra le
risate della sua ex fidanzata è interpretato da Dominique Pinon, mentre
Rufus in questo film è il papà di Amélie, Rapahel Poulain.
Locandina del film
Le fabuleux destin d'Amélie Poulain
43
3.8 “Un long dimanche de fiançailles”
Il tema della guerra è un tema che ha sempre affascinato Jeunet sin
dall‟adolescenza, da quando, attratto dalle storie raccontate da un suo
prozio, ha deciso di andare a visitare l‟ossario di Douaumont 49: ad attirarlo
erano proprio le vicende dei soldati francesi giustiziati per autolesionismo.
Da quando, nel 1994 ha letto il romanzo omonimo di Sèbastien Japrisot, ha
iniziato a coltivare il sogno di trarne un film: il risultato è la sua quinta
pellicola, prodotta dalla Warner France.
Prima Guerra Mondiale, Somme: cinque uomini francesi del
battaglione “Bingo Crepuscule” stanno per essere giustiziati dalle loro stesse
truppe; ognuno ha un motivo diverso per essersi auto-mutilato, nella
speranza di scampare al fronte. I soldati vengono presentati attraverso le
loro storie, si scopre così chi erano prima della guerra, che cosa facevano.
Ciascuno di loro ha un motivo per voler andare via, ognuno è crollato per un
motivo, ognuno ha qualcuno che lo aspetta a casa; ma non vengono creduti
e vengono abbandonati nella terra di mezzo tra le due trincee.
Tra questi c‟è anche Manech, un giovane ragazzo timido, ingenuo e
sognatore. Quando viene chiamato alle armi non ha neanche vent‟anni.
Egli detesta gli orrori della guerra, soprattutto dopo che il corpo di un
suo collega militare gli è letteralmente esploso addosso, e come gli atri suoi
compagni decide di automutilarsi: una notte espone oltre il livello della
trincea la sua mano che tiene una sigaretta accesa, i soldati tedeschi sparano
e lui perde due dita. Questo reato prevede la pena di morte e così i cinque
soldati vengono allontanati oltre la loro trincea, nella terra di nessuno.
La sua fidanzata Mathilde, che vive in Bretagna con gli zii, non riceve
più sue notizie da due anni, quando viene a sapere da un generale che il
soldato Manech è morto. Lei è una giovane ragazza nata il 1 gennaio 1900,
49
Fort de Douaumont è un‟imponente fortificazione che ebbe un ruolo centrale nel corso
della lunghissima battaglia di Verdun durante la Prima Guerra Mondiale. Data l‟importanza
storica del forte è possibile, ancora oggi vederne i ruderi, e visitare il prospiciente
cimitero/ossario inaugurato nel 1932.
44
orfana e zoppa a causa di una poliomielite di cui a sofferto da bambina, che
non si rassegna a credere all‟idea che il suo fidanzato sia morto in guerra.
Suona la tuba come valvola di sfogo alla sua tristezza.
Parte da questo concetto la sua ricerca, disperata e intricatissima, di
prove, oggetti e soldati sopravvissuti: da subito si affida ad un avvocato, che
è particolarmente scettico, e un investigatore privato, che si muove “come
una faina”50.
Mathilde indaga, raccoglie indizi, si sposta continuamente tra la
Bretagna Parigi, dove interroga preti, prostitute, militari e politici: ogni
persona “intervistata” rivela tutto quello che sa, fornisce una testimonianza
che conduce sempre ed inequivocabilmente nella stessa direzione: il soldato
è morto.
La protagonista non vuole arrendersi all‟evidenza dei fatti, e si affida
alle sue superstizioni, alle sue convinzioni; non tollera che si uccida la
speranza.
Alcuni sostengono di averlo visto morto nella terra di mezzo, altri
dicono di averlo visto ancora vivo, ma gravemente ferito tra le due trincee,
ma tutti lo ricordano per il particolarissimo guanto rosso che portava sulla
mano ferita per non far vedere la due dita amputate.
Mathilde, anche davanti all‟evidenza della croce bianca che porta il
nome del soldato caduto in guerra, non si arrende, è determinata: continua il
suo percorso contro ogni probabilità, contro ogni logica, contro ogni sfida
alla sorte.
Un tassello interessante a questo puzzle di dichiarazioni lo aggiunge il
militare che giunge nel cuore della notte a casa sua, in seguito al suo
annuncio sul giornale: l‟ultima volta che lui ha visto Manech si trovava
nella terra di mezzo, stava incidendo tre M sull‟albero, e subito dopo è stato
colpito, ma non ucciso, dall‟aereo “albatros” tedesco. L‟ex militare si
50
Citazione dal film “Un long dimanche de fiançailles”, è il cognome e slogan
dell‟avvocato.
45
affianca alla ragazza e agli zii nella ricerca. A Parigi, altri incontri con
svariati personaggi, la conducono verso una nuova “pista” che non era
ancora stata affrontata.
Mathilde si fa accompagnare dallo zio alla fattoria alla fine del
mondo: è questo il nascondiglio segreto dell‟ex soldato Notre Dame, uno
dei cinque destinati alla morte per automutilazione.
Egli è riuscito a sopravvivere tra le due trincee, prima riparandosi
dietro un muretto, che non era ancora stato abbattuto, e poi all‟interno di una
botola scoperta nel terreno. È qui che trova il corpo di un soldato francese e
scambia le piastrine identificative: ora può muoversi liberamente senza
correre il rischio di venire ucciso. Mentre cerca di raggiungere un posto
sicuro si imbatte in Manech che chiede aiuto accasciato ai piedi di un
albero; gli cambia la piastrina e lo trasporta fino ad un ospedale di campo.
Da qui le loro strade si dividono, l‟ex soldato Notre Dame, sopravissuto
anche all‟esplosione dell‟ospedale – hangar, ritorna a casa dalla moglie e dai
figli. Si è ritirato a vivere “alla fine del mondo” proprio perché ormai la sua
vera identità è andata distrutta tra tutti i caduti in guerra.
Nel suo racconto, l‟ex soldato confessa a Mathilde che una notte, dopo
essersi introdotto in casa sua, ha cercato di ucciderla, subito dopo che lei
aveva fatto uscire sul giornale l‟annuncio di ricerca di Manech; egli fornisce
la notizia che la ragazza attendeva da tempo: il suo fidanzato è ancora vivo.
La ragazza, accompagnata dagli zii, dall‟avvocato e dall‟investigatore,
lo raggiunge immediatamente: lui ha perso la memoria e vive in una clinica
con altri superstiti.
Mathilde parte da quello che sembrava un puzzle composto da pochi
pezzi e termina collocando l‟ultima tessera di un grande mosaico.
46
La quinta pellicola del regista francese è anzitutto un film sulla guerra,
con il suo realismo e la crudezza delle scene che dal fango e dalla pioggia
delle trincee giungono alla solennità dei cimiteri.
Dettagliato e minuzioso, il film ci regala momenti che restano
impressi: i cinque soldati condannati per auto-mutilazione, Manech cosparso
dai pezzi del corpo di un compagno, il bombardamento dell‟ospedale –
hangar sede di un dirigibile pieno di idrogeno.
La guerra è allo stesso tempo causa ed effetto della vicenda, è una
presenza costante anche quando è solo il contorno alla vicenda romantica e
al percorso da detective che intraprende Mathilde.
Un‟accuratissima ricerca storica ha preceduto la lavorazione del film,
aiutata dalla precisione già presente nel romanzo omonimo.
La scelta di ambientare la vicenda proprio nel 1917 (anno della
Rivoluzione Russa), è particolarmente significativa perché in “quell‟anno è
iniziato a serpeggiare, negli animi dei soldati al fronte, uno smarrimento di
massa e l‟idea che i soldati fossero stati mandati a combattere una guerra
impossibile”51.
Da qui nasce il desiderio anarchico, richiamato anche dal soldato che
aiuta Mathilde nell‟ultima parte della sua ricerca, e che lei zittisce con uno
schiaffo.
La “Bingo Crepuscule” ricreata da Jeunet è un universo di umani e
disumani, di persone chiamate a combattere, ad assistere agli orrori della
guerra, ad immolarsi per la loro patria, contro la loro volontà.
La realistiche scene di guerra, viste e vissute dall‟inferno delle trincee,
che non risparmiano particolari, sempre ambientate nel fango e nella
pioggia, sono sempre riprodotte sui toni del grigio.
Completamente opposto è l‟universo in cui si muove Mathilde: tra una
Bretagna dai colori pastello, con tramonti da sogno e stupende scogliere, e
51
Tratto dai contenuti speciali del dvd “Un long dimanche de fiançailles”
47
una Parigi da cartolina, sempre soleggiata e perfettamente ricostruita con i
dettagli dell‟epoca.
Jeunet frammenta il racconto in micro-racconti che si collegano a
personaggi secondari, Mathilde la ricostruisce pezzo dopo pezzo, arrivando
sempre più in profondità, intervistando testimoni diretti, sino a giungere alla
tanto agognata verità. Ne scaturisce un intricato labirinto di oggetti e
testimonianze, identificati in diversi livelli: di tempo (passato e presente
richiamati con il flash-back) e di narrazione (la realtà di Mathilde e
Manech).
È affascinante come il regista crea un meccanismo intrigante, che
prende il posto del più lineare sviluppo narrativo, che transita continuamente
tra i vari livelli della narrazione, in grado di suscitare emozioni e
coinvolgimento.
Come il flash-back, inserito a metà film appena si apprende della
morte di Manech, “ha un impatto completamente differente e suscita una
maggior tristezza perché si capisce che questa storia d‟amore non andrà mai
buon fine; acquista un valore differente rispetto all‟inizio del film” 52.
Le inquadrature sono legate da un flusso di movimento in sincronismo
con una particolare modulazione musicale.
Anche in questo film non mancano gli effetti speciali, che si
presentano nel montaggio di immagini di diversa provenienza (fotografie,
giocattoli animati, lettere), in sovrimpressione l‟una con le altre, che fanno
irrompere nella narrazione una serie di informazioni molto sintetiche, ma
destinate a dare un nuovo impulso al racconto.
Il regista sfrutta abilmente le possibilità emozionali offerte dalla
colonna sonora: il ritmo del montaggio delle immagini è il ritmo musicale
che accompagna l‟intero film.
52
Tratto dai contenuti speciali del dvd “Un long dimanche de fiançailles”
48
L‟ultimo lavoro del regista è uno dei film francesi più costosi che sia
mai stato prodotto: oltre 45 milioni di euro, completamente finanziato dalla
casa americana Warner, proprio per questo è stato giudicato come film
straniero al Festival di Cannes, nonostante sia stato girato per la maggior
parte in Francia.
La pellicola si ispira al romanzo omonimo dello scrittore Japrisot:
alcuni aspetti sono identici, il flash back al centro della narrazione, la voce
esterna che ci presenta i fatti e introduce alcuni frammenti della storia,
mentre altri sono stati cambiati dal regista.
“L‟inizio nel libro era nella neve, ho deciso di cambiarla con il fango e
con la pioggia perché è un ambiente più realistico per le trincee. La neve
avrebbe dato un tocco natalizio, di candore; la pioggia ci trasmette
un‟immagine più da vita di tutti i giorni. Ho cambiato così il pupazzo di
neve che Manech fa nel libro con l‟incisione sul tronco delle tre M”53.
Il soldato Dominique Martinel, mentre nel libro provenie da
Marsiglia, Jeunet per il suo film ha deciso di farlo diventare còrso: questo ha
suscitato infinite polemiche nell‟isola perché il popolo non si riconosceva
nella figura di quel militare codardi. Il regista ha modificato la nazionalità
per avere l‟opportunità di girare delle scene in Corsica, isola che lui adora,
ma “ho combinato un pasticcio: il popolo còrso era ferito perché non sono
vigliacchi e senza carattere come lo è il militare Bassignano”54, che prima di
farsi uccidere dai tedeschi urla “non sono francese, sono còrso!” 55.
Mathilde nel libro non è orfana e dipinge, nella pellicola invece vive
con gli zii perché i genitori sono morti e suona la tuba, come sfogo alla sua
tristezza.
Lo sceneggiatore Guillame Laurant ha inserito anche le superstizioni
della ragazza, un aspetto che richiama alla mente Amélie Poulain.
53
Tratto dai contenuti speciali del dvd “Un long dimanche de fiançailles”.
Tratto dai contenuti speciali del dvd “Un long dimanche de fiançailles”.
55
Citazione dal film “Un long dimanche de fiançailles”.
54
49
Capitolo quarto
Analisi trailer dei lungometraggi
Il trailer è un breve filmato pubblicitario di un film di prossima uscita,
ed è solitamente proiettato al cinema prima dell'inizio dello spettacolo in
programmazione. Il termine trailer deriva dalla lingua inglese ed è utilizzato
quasi in tutto il mondo, ad eccezione della Francia dove si preferisce
l‟espressione bande annonce.
Tradotto letteralmente significa “rimorchio”, poiché in origine era
proiettato alla fine del film. Col tempo i trailer si sono diffusi anche in
televisione ed in internet, e sono considerati uno dei principali strumenti
pubblicitari dell‟industria cinematografica. Il loro scopo, infatti, è quello di
suscitare interesse verso il nuovo film in uscita, mostrando alcune sequenze
selezionate, spesso le più eccitanti, intriganti o divertenti.
In alcuni casi i trailer mostrano scene che non sono presenti nel film,
poiché tagliate in fase di montaggio, o perché sono state girate
appositamente per essere incluse nel trailer; quest‟ultime vengono chiamate
special shoot.
Bisogna inoltre ricordare che il montatore del trailer inizia il suo
lavoro quando il film è ancora in fase di lavorazione, utilizzando tutto il
materiale girato, i cosiddetti giornalieri. Ecco quindi che il montatore del
trailer potrebbe scegliere una delle tante riprese della stessa scena, ossia uno
dei ciak, mentre la scelta del montatore del film potrebbe ricadere, in
seguito, su una ripresa differente.
In pochi minuti, spesso meno di due, il montatore cerca di presentare
la storia del film nella maniera più attraente possibile (senza ovviamente
svelare il finale). Alcuni trailer sono così ben costruiti che riescono ad
ingannare lo spettatore facendogli credere che il film reclamizzato sia
migliore di quello che effettivamente è.
50
Alcuni degli elementi comuni sono: il logo della casa di produzione
e/o distributore del film, una voce narrante che introduce le immagini
fornendo
eventuali
premesse
o
dando
informazioni
sulla
storia
(indispensabili se il montaggio è assai frenetico), alcune delle musiche
incluse nella colonna sonora del film (anche se spesso si usano brani
popolari facilmente riconoscibili), i nomi degli attori principali, presentati
tramite delle scritte in sovrimpressione, se il regista è ben conosciuto il suo
nome potrebbe essere messo in evidenza al pari di quello degli attori, ed
infine la data, o perlomeno la stagione, di uscita del film nelle sale.
Esistono ovviamente numerose eccezioni alla regola: alcuni trailer, ad
esempio, non mostrano una serie di brevi sequenze, ma solo una sequenza
di grande effetto. Questi tipi di trailer sono chiamati teaser, e sono in genere
di brevissima durata, dai trenta secondi al minuto. L‟uscita dei grandi film è
solitamente preceduta da tutta una serie di vari trailer, teaser, spot televisivi
e brevi filmati “dietro le quinte”, fino addirittura a dei veri e proprio
“speciali” televisivi con interviste al cast e al regista.
Tutti i trailer ideati e creati per i film di Jeunet sono stati costruiti
cercando di non svelare troppe informazioni circa la trama e lo svolgimento
del film: qui ad essere unite sono singole inquadrature prelevate da contesti
differenti che possiedono già un proprio contenuto, ma che in questa
combinazione diventano capaci di generare un differente e più ampio
significato.
Il trailer sono montati in maniera efficace perché non svelano quelle
che saranno la trama, le dinamiche e lo svolgimento del film; il montatore e
il regista costruisce un invito indirizzato allo spettatore per andare a vedere
il film, perché con il susseguirsi delle scene crea dapprima suspense, poi con
il procedere incalzante e frenetico suscita una certa curiosità.
Le inquadrature vengono “cucite” insieme trasformando un minuto e
mezzo di immagini non un semplice scambio di informazioni, ma un
51
messaggio capace di suscitare nel pubblico un coinvolgimento emotivo,
oltre che curiosità.
Jean-Pierre Jeunet sul set
del film Un long dimanche de fiançailles
52
4.1 Analisi del trailer del film “Delicatessen”
Lo spazio totale si compone “virtualmente” nella mente dello
spettatore affidandosi alla sua capacità di ricostruire un ambiente che viene
presentato solo per frammenti: uno spazio che viene fatto intuire più che
fatto vedere.
In questo caso il montaggio delle scene dà vita ad uno spazio
soprattutto a partire dai dettagli (l‟insegna della macelleria, le lumache del
signor Potin, Clapet che affila il coltello) sostenuti dai comportamenti degli
attori, degli atteggiamenti, dalle azioni (Louison con Plusse sul letto
cigolante, la signora col battipanni, di nuovo Louison con Julie mentre
suonano), degli sguardi, che riescono a comunicare allo spettatore la
presenza dentro l‟ambiente.
La sequenza, della durata di un minuto e mezzo, si alterna tra
inquadrature che vanno dal ripresa del dettaglio al piano americano,
allargando la visuale sull‟ambiente circostante, tra cui si inseriscono anche
immagini in bianco e in nero.
La scelta di escludere il campo totale porta ad una soluzione elegante
e formale, affidando al montaggio il compito di unire le diverse
inquadrature non solo con un filo logico ma anche dando alla sequenza un
ritmo riconoscibile, lavorando su quel raccordo tra le inquadrature
indispensabile per esaltare la dinamicità della sequenza.
Il tutto accompagnato dall‟elemento sonoro, che riempie e completa
l‟elemento visivo. Alla muscia in sottofondo si sovrappongono il ritmo
riconoscibile delle molle cigolanti del letto e il rumore del coltello affilato.
53
4.2 Analisi del trailer del film “La cité des enfants perdus”
Questo trailer viene introdotto dalla scritta “Delicatessen” e da una
voce che annuncia il secondo lavoro della coppia di registi: questo si
propone come un sipario che si apre sulla presentazione del nuovo film.
Il flusso verde, l‟essenza dei sogni, che si insinua nei meandri della
città introduce le prime sequenze del trailer: il prodotto degli effetti digitali
viene inserito in uno spazio che è al confine tra il realistico e il simbolico,
tra opera naturale e creazione grafica, in quello che sarà l‟ambiente scenico
di tutte le vicende.
Si procede poi con altre inquadrature che riprendono il porto e la
piattaforma in mezzo al mare, sino a giungere ad una rapida carrellata di
primi piani dei protagonisti.
Il montaggio svolge il compito di creare un‟articolazione tra
inquadrature che presentano l‟intero spazio dell‟azione (Miette e One in
barca che navigano nel mare cosparso di mine) e altre che lo frazionano in
modo più accentuato, seguendo le necessità narrative.
Il regista utilizza questa alternanza per creare il ritmo specifico della
sequenza: i campi d‟insieme, con il loro contenuto più complesso e con il
tempo più ampio di lettura, costituiscono il filo logico da seguire anche in
relazione alle altre inquadrature che catturano i personaggi e le loro azioni.
Lo presentazione dello spazio scenico, che si snoda lungo tutto il
minuto e mezzo, emerge al pari di tutti gli altri protagonisti: si tratta infatti
di un ambiente destinato a contenere, ospitare e generare il senso per l‟intero
film.
54
4.3 Analisi del trailer del film “Alien – Resurrection”
Il trailer per la presentazione del terzo lavoro è stato costruito sul filo
della suspense e sulla regolarità crescente della tensione, resi ancor più
marcati dalla musica che accentua il ritmo sulla base delle immagini.
Le scene che rappresentano lo spazio, per la maggior parte totale, si
avvicendano alle soggettive, dove il volto e le espressioni facciali sono
l‟elemento da focalizzare. Quest‟ultime sono realizzate con l‟intenzione di
far sentire tutta l‟ampiezza e l‟immensità dello spazio che di volta in volta
viene escluso. A queste si alternano le riprese dedicate ai protagonisti, primi
e primissimi piani.
L‟insieme è costruito per far avvertire nello spettatore la limitatezza
dello sguardo di Ellen Ripley, indifesa in un ambiente avverso.
Il montaggio “somma” le inquadrature con il risultato di un‟unità dal
forte impatto: tutte conducono verso un punto d‟incontro atteso dallo
spettatore; è questa formula che crea la suspense e la sorpresa.
55
4.4 Analisi del trailer del film “Le fabuleux destin d’Amélie Poulain”
Il trailer, della durata di un minuto e trentaquattro secondi, è costruito
seguendo un ritmo crescente, incalzante e frenetico,
che accelera pian
piano, sino a riprendere un ritmo normale dopo la presentazione, visiva e
sonora, di Amélie. La visione della protagonista serve ad imporre al filmato
un cambiamento del ritmo.
Su un sottofondo musicale (la stessa musica del film), ci vengono
presentati i personaggi che ruoteranno attorno all‟universo della
protagonista, tutti inquadrati mentre rivolgono il loro sguardo verso
qualcosa che lo spettatore non vede. Il carattere ripetitivo della sequenza,
per contenuto (presenza dello sguardo), e per stile dell‟inquadratura (tutti
primi piani), si presenta non come una semplice ripetizione, ma come un
“accumulo” di curiosità che si esaurisce solo quando ci viene presentata lei,
Amélie, introdotta dalla voce di commento al trailer.
Quest‟inquadratura serve ad imporre al filmato un cambiamento del
ritmo, che ora si fa più incalzante e frenetico, in vista di una prossima
informazione da dare allo spettatore: l‟inquadratura con il ritrovamento della
scatoletta, che collega tutte le inquadrature seguenti.
L‟inizio della sequenza successiva crea una nuova curiosità verso
qualcosa che si propone come fine, soluzione e completamento del senso: la
progressione delle immagini è capace di suscitare l‟interesse dello spettatore
attraverso il suo maggiore coinvolgimento emotivo.
56
4.5 Analisi del trailer del film “Un long dimanche de fiançailles”
Il trailer, creato per il quinto film, organizza la propria struttura su una
scena chiave, che si ripete due volte come leit motiv: Mathilde al cimitero
seduta di fronte alla tomba del soldato Manech, caduto durante la Grande
Guerra.
Quest‟azione si pone come momento di distensione tra due ripetizioni
di sequenze scenograficamente opposte: alle ambientazioni scure, nei toni
del grigio della trincea, si contrappongono al mondo colorato nel quale si
muove Mathilde alla disperata ricerca del suo fidanzato.
In questo caso Jeunet preferisce inserire inquadrature di spazi ampi e
totali, per comunicare costantemente gli ambienti in cui si muovono i
personaggi, lo spazio fa da cornice alle vicende umane, non è uno spazio
neutro, è un luogo in cui si genera l‟azione.
Il modo in cui viene montata la sequenza, prevede poi di spostare
l‟attenzione sui personaggi (Tina Lombardi, il prete, il postino, l‟avvocato,
l‟investigatore segreto), la cui presenza viene introdotta attraverso dei primi
piani, andando così a delineare, attraverso la gerarchia in cui vengono
presentati, la loro importanza all‟interno dello sviluppo narrativo.
Jeunet anticipa l‟introduzione di una serie di livelli nei quali collocare
tutti gli elementi che vanno a costituire l‟informazione chiave di questo
filmato.
57
Capitolo quinto
Intervista a Jean-Pierre Jeunet
Intervista al regista della favola che ha incantato mezzo mondo e ha
consacrato il successo di Jean-Pierre Jeunet a livello planetario.
Come le è nata l'idea di Amélie ?
Per quanto riguarda la scelta, il film è esattamente il contrario di
quello che ho imparato a scuola. Mi trovavo una lista di tre, quattrocento
idee, collezionate fin dal mio arrivo a Parigi, e l'unica esigenza che mi
ripromettevo era quella di fare un film positivo e magico.
Ho passato molti mesi a valutare le diverse idee e alla fine quella
giusta si è presentata da sola, caduta come un frutto maturo sulla tavola. Era
l'idea giusta per il mio film e da quel momento tutto è stato facile: le tournée
per le riprese, il montaggio, l'edizione, tutto senza problemi.
È come se lei si fosse completamente svuotato, perché ogni
inquadratura poteva essere un cortometraggio, come se lei avesse messo
in questo film tutto sé stesso…
Appena uscito in Francia qualcuno ha detto che Le fabuleux destin
d’Amélie Poulain era un po' come quella che in Francia chiamano 'ramazza
metalli' . Devo dire che a me, in certo qual modo, piacciono i 'mostri', e
anche in Amélie c'è qualcosa di mostruoso, nel senso di anormale. Lei cerca
di raggiungere la normalità attraverso l'amore.
Questo è un film che potremmo definire pittorico, quasi un film
dipinto… L'idea del miracolo accompagna quasi tutto il film ma, dietro
l'allegria e la bontà di Amélie si nasconde sempre una lacrima.
58
Il compito dell'artista è di avere una particolare visione delle cose.
Io provengo dal cinema d'animazione e il film ne risente; ho cercato di
ricreare la magia del tratto e dei colori, proprio come in un film di
animazione.
Io mi domando come mai questo 'miracolo' abbia finito per funzionare…
La cosa che ancora oggi mi viene in mente, così come nelle prime interviste
di Parigi, è che questo successo mi sembra un sogno. Finora i miei film non
avevano avuto un grande successo, in quanto ritenuti appunto: 'petit,
graphique e particulaire'56.
Come ha lavorato nella costruzione dell’intreccio narrativo che è
piuttosto articolato e che coinvolge, oltre ad Amélie, numerosi
personaggi secondari?
Sono inizialmente partito dall‟idea di fondo di una ragazza che aiuta
gli altri e sulla base di questa idea ho stilato una lista delle varie azioni che
Amélie mette in atto, nel raggiungimento della sua "missione". Nelle
costruzione generale c‟è stata dunque l‟idea di partenza della ragazza che
aiuta gli altri e solo in seguito ho costruito le storie dei personaggi secondari
con cui Amélie interagisce.
Nel suo cinema, vedi Delicatessen ma soprattutto Alien 4, è sempre
presente una dimensione fantastica, anche se Le fabuleux destin
d’Amélie Poulain è forse il suo film più realista, nell’accezione non
letterale di questo termine. Nei suoi film lo spunto di partenza è il
fantastico che poi avvicina al reale oppure è la realtà lo spunto da cui
crea i mondi fantastici?
La storia di Amélie non è una storia fantastica. Tutto quello che
accade nel film può essere reale. Di più rispetto alla realtà ci può essere una
56
Piccolo, grafico e particolare
59
sfasatura poetica. Non mi piace affrontare il cinema in modo completamente
realistico. Mi piace giocare con il cinema, intervenendo a tutti i livelli del
film, dai costumi alla fotografia. In questo si inserisce questa sfasatura
rispetto alla realtà ma che non sconfina, nel caso di Amélie, nel fantastico.
Le fabuleux destin d’Amélie Poulain fa scattare nello spettatore il
meccanismo dell’identificazione, a partire dalla caratterizzazione dei
personaggi che vengono descritti attraverso quello che gli piace fare e
quello non gli piace. Come ha giocato su questo meccanismo?
Conosco bene l‟identificazione perché 10 anni fa ho girato un
cortometraggio che si intitolava Foutaises dove ricorrevo a questo
meccanismo. Anche nel cortometraggio i personaggi venivano descritti
attraverso quello che gli piace e quello che non gli piace. Il cortometraggio
ha avuto molto successo e così ho ripreso questa idea per i personaggi del
mio ultimo film. L‟identificazione con i personaggi credo che scatti solo se
la si sa usare, dipende da quello che si fa dire ai personaggi. Per esempio se
un personaggio dice semplicemente mi piacciono le noccioline americane il
meccanismo non scatta ma se, come succede nel film, gli si fa dire più
compiutamente che gli piace infilare la mano in un sacco di grano,
richiamando una sensazione tattile condivisa, l‟identificazione scatta più
facilmente.
Crede che il cinema possa cambiare la vita delle persone come fa
la sua Amélie?
Ho ricevuto tante lettere ed e-mail di spettatori da tutto il mondo la cui
visione del film ha cambiato la loro vita: chi ha tentato di suicidarsi e dopo
aver visto Amélie ci ha rinunciato, chi ha incontrato un cieco sull‟autobus e
gli ha raccontato cosa scorreva davanti al finestrino, chi ha tagliato l‟erba
del vicino mentre questi era via e tante altre di queste storie. I film si fanno
per un puro fatto egoistico, ma quando ti sfuggono di mano e coinvolgono
60
così tanto
il pubblico
sono
io
il primo
a rimanerne
stupito.
Ha mai incontrato la sua “Amélie” nella vita di tutti i giorni?
Credo proprio di averla incontrata in questi giorni, perché quello che
sta accadendo intorno al mio film in tutto il mondo è così straordinario che
mi sembra di stare in Paradiso …o meglio, per rimanere in ambito
cinematografico, mi sembra di vivere dentro il “The Truman Show” 57.
Come ambientazione del film ha scelto Parigi e in particolare
l’affascinante quartiere di Montmartre, dove vive Amélie. Che
immagine ha voluto dare della capitale francese?
Ho voluto rappresentare la Parigi che ho conosciuto nel 1974, quando
mi sono trasferito per la prima volta in città. A quell‟epoca ho percepito una
Parigi idilliaca, legata alle prime impressioni che poi con il tempo,
vivendoci, si tendono a dimenticare, soprafatti dalla sensazione di caos.
Sono riuscito ad apprezzare di nuovo la magia di Parigi dopo aver vissuto
per due anni a Los Angeles. Ritornando a casa ho come avuto la sensazione
di riscoprire Parigi che è bellissima se la si mostra con amore.
Il destino di “Amélie” è davvero strano. Rifiutato a Cannes58, il
film è uscito a mani vuote anche dai Golden Globe Awards 59. Qual è
stata la sua reazione dopo il premio a “No man’s land60”?
I Golden Globes? Che dire, aspetto il prossimo….Un giorno si vince e
un altro si perde ma non è un problema. Non è per questo che faccio i film,
57
Film drammatico del 1998 diretto da Peter Weir e interpretato da Jim Carrey che narra
una storia in cui il concetto di reality show è portato agli stremi.
58
Festival internazionale del film di Cannes, festival cinematografico di grande prestigio.
Jeunet ha presentato il film a Jill Jacobe, presidente della giuria, che ha dichiarato: “non è
un film interessante, è un soggetto che ha un certo valore ma non è presentabile”.
59
Premio Golden Globe riconoscimento assegnato annualmente durante un pranzo di gala
ai migliori film e programmi televisivi della stagione.
60
Film di guerra ambientato nel 1993 durante la guerra serbo-bosniaca. Ha vinto il premio
Golden Globe come miglior film straniero del 2002.
61
ma per il piacere di farlo e se poi hanno successo come “Amélie”, tanto
meglio.
Al di là del caso di “Liberation61” (il giornale francese che ha
definito il film “un manifesto di Le Pen 62”, è soddisfatto dalle critiche
ricevute dal film?
Guardi, metterei la firma per ripetere queste critiche 63: 450 positive e
6 negative, tra cui quella che ha citato. Il problema, però, non è mio semmai
di chi ha scritto male. Quanto al critico che mi ha dato del fascista, se mi
trovassi oggi un un campo di concentramento preferirei essere interrogato
da Amélie che da uno come lui.
Come è nato il look di Audrey Taotou?
Per “Amélie” abbiamo fatto comunque molti provini, Audrey ha
provato diversi look. In America, molte ragazze chiedono una pettinatura
come la sua e su “Elle64” è stato pubblicato un servizio intitolato “Vestitevi
come lei”, inoltre anche la stilista di Jean Paul Gaultier mi ha confessato di
essersi ispirata a lei per la sua ultima collezione. Tutto questo mi ha fatto un
enorme piacere, in fondo c‟è molto di Amélie in me. Sì, potrei dire che
Amélie sono io.
61
Quotidiano francese.
“Le fabuleux destin d‟Amélie Poulain” viene accusato di essere fascista e un “manifesto
di Le Pen” perché nel film non compaiono personaggi stranieri o di colore.
63
Sono stati effetuati dei “task screening”: proiezioni che si fanno abitualmente in America,
alle quali vengono invitate quattrocento persone, che dopo aver visto il film vengono
intervistate sulle loro impressioni e compilano dei questionari. Poi sono stati organizzati dei
“focus group”: sono stati convocate una ventina di persone scelte a caso e sono state
interrogate cercando di capire se ci sono dei problemi nel film.
64
Rivista mensile di moda.
62
62
“Amélie” era stato scritto per Emily Watson65: dopo il successo
del film vi siete visti o sentiti?
Ho incontrato Emily a Los Angeles in occasione di un premio e devo
dire che ero un po‟ imbarazzato perché era risaputo che sarebbe dovuta
essere lei la protagonista del film, mentre poi è andata in maniera diversa.
Invece lei è stata molto carina con me e si è congratulata del nostro
successo. In ogni caso credo che il film avrebbe funzionato anche con Emily
Watson.
Perché ha scelto Mathieu Kassovitz66 per il ruolo di Nino?
Lo avevo incontrato durante un festival di cortometraggi ed ho sempre
avuto grande stima di lui, sia come attore che come regista, inoltre in
Francia non abbiamo attori come Brad Pitt o Leonardo Di Caprio. Kassovitz
è un attore un po‟ pigro, non prepara a lungo la parte, ma quando è davanti
la macchina da presa è straordinario. 67
65
Attrice britannica di cinema e teatro; Jeunet mentre scriveva la sceneggiatura pensava
proprio a lei, che inizialmente aveva accettato la parte che poi è stata costretta a rifiutare per
motivi personali.
66
Regista e attore francese.
67
Intervista tratta da www.cinelink.it
63
Jeunet va in guerra, e così la dolce Amélie.
L'accoppiata vincente regista - attrice torna sugli schermi nel film Un
long dimanche de fiançaillescon l‟obiettivo di rispolverare la memoria
storica della Grande guerra, quella che si faceva dietro le trincee, in mezzo
al fango e a portata di tiro di cannoni e mitragliatori.
Quali sono state le difficoltà nel realizzare questo film? La sua
struttura ricorda una serie di cartoline dell'epoca, quanto è fedele al
romanzo?
Non ho avuto nessuna difficoltà e nessun problema, ho avuto totale
libertà nella realizzazione del film. Ho avuto la possibilità di lavorare con un
budget americano, ma con totale libertà nella stesura della sceneggiatura,
nel casting, nel montaggio.
Per quanto riguarda la similitudine con le cartoline, è stata una scelta
deliberata da parte mia, addirittura c'è un'inquadratura della Torre Eiffel che
è tratta proprio da una cartolina dell'epoca. Ho scelto questa strada perché
volevo che le persone avessero l'impressione di conoscere in qualche modo
questo periodo e quindi le immagini che sono state trasmesse attraverso le
cartoline dell'epoca possono risvegliare qualcosa di familiare nelle persone.
Si tratta di un film sulla Prima Guerra Mondiale, quanto ha
influito per la parte dedicata alla guerra un film come “Orizzonti di
gloria”68?
Ci sono stati pochissimi film sulla prima guerra mondiale, ed è strano.
Ce ne sono molti di più sulla seconda Guerra Mondiale, ce n'è anche
italiano, però, “Uomini contro”69 di Francesco Rosi70. Per quanto riguarda il
68
Quarto lungometraggio di Stanley Kubrick che prende ispirazione da un fatto realmente
accaduto durante la Prima Guerra Mondiale: la fucilazione di cinque soldati francesi
accusati di ammutinamento.
69
Di chiara impronta pacifista e antiautoritaria l‟opera mette in luce la follia della guerra:
tratta la storia di un giovane tenente interventista convinto, che a poco a poco, assistendo
64
film di Kubrick, io sono un fan di Kubrick però per questo film mi sembra
troppo strano che siano attori americani ad impersonare personaggi francesi.
Non mi sono ispirato tanto ad altri film quanto ad archivi dell'epoca, a
materiale
scritto,
a
racconti,
a
filmati
e
materiale
fotografico.
Che valore dà a una raffigurazione cruda della guerra, in
contrapposizione a un'immagine proposta dai media di una guerra
diversa, più fredda e tecnologica, fatta di bombe intelligenti?
Naturalmente tutte le guerre sono orribili e in questo si somigliano. La
particolarità di questa guerra è di aver ucciso soprattutto dei soldati e non ha
colpito molto i civili, anche se possiamo dire che molti civili erano i ragazzi
strappati alla loro vita e gettati nelle trincee per combattere. Per di più non
era una guerra contro un'ideologia, una guerra basata su niente,
semplicemente una guerra di soldi, nata per gli interessi dei mercanti d'armi.
Volevo far vedere non soltanto la violenza della guerra vera e propria, ma
anche l'aspetto disumano delle condizioni di vita nelle trincee.
Un altro tema importante trattato dal film è quello della condanna
a morte dei militari per automutilazione. Questo tema ha fatto nascere
polemiche in Francia? Perché ha deciso di trattarlo?
Ci sono state molte polemiche in Francia per questo argomento.
Occorre dire che qualche anno fa l'allora premier Jospin 71 organizzò una
cerimonia ufficiale per scusarsi nei riguardi dei nostri militari condannati a
morte durante la Prima guerra mondiale. C'è una grande volontà di
riscoprire questi drammi, c'è una grande apertura anche da parte dell'esercito
e infatti per girare il film ho avuto grande collaborazione da parte delle forze
alle follie di un generale e agli inutili macelli, comprende l‟assurdità della guerra. Il
protagonista muore fucilato per aver coperto i suoi uomini responsabili di ammutinamento.
70
Regista e sceneggiatore italiano.
71
Lionel Jospin, politico francese, il suo governo è stato in carica dal 4 giugno 1997 al 7
maggio 2002.
65
armate, mi hanno portato a visitare i posti, e aiutato a ricostruire gli
ambienti.
A proposito dell'ambientazione, lei ha fatto un lavoro immenso, ci
può dire qualcosa su come avete ricostruito questa terra di nessuno tra
la trincea francese e quella tedesca?
Abbiamo utilizzato dei riferimenti storici per ricostruire le trincee,
principalmente documentazioni scritte e immagini. Ma soprattutto abbiamo
costruito un enorme plastico, grande sei metri, e abbiamo fatto moltissime
riunioni prima di cominciare le riprese, per cercare di capire come sistemare
le macchine da presa. Questo ci ha permesso di risolvere in anticipo molti
problemi. Abbiamo usato una piccola camera e abbiamo girato dentro
questo plastico. Ci siamo accorti, per esempio, che avremmo dovuto
rinforzare bene intorno la trincea per evitare crolli durante le riprese. Tutto
questo lavoro preliminare ci ha permesso di rispettare i tempi previsti nella
fase successiva.
Può ricostruirci la polemica sulla nazionalità del film?
Ci sono ancora polemiche in corso in Francia, ma questo è un film
francese, non potrebbe essere più francese di così. Purtroppo le grandi case
produttrici si sono sentite un po' attaccate sul loro terreno da un nuovo
concorrente, come la Warner. Per questo si sono servite di piccole
scappatoie legali e hanno chiesto di non riconoscere la nazionalità francese a
questo film. Secondo me questa polemica è assolutamente stupida, perché in
fondo questo film ha fatto lavorare seicento tecnici francesi e un enorme
troupe; è tutto francese, non lo abbiamo girato altrove. Questo avviene
perché queste persone non hanno a cuore gli interessi del cinema francese,
ma solo i loro interessi commerciali. Siamo in un mondo altamente
capitalista in cui ognuno fa soltanto il proprio interesse commerciale. Spero
66
che la questione si risolva, anche perché tutta l'opinione pubblica è
d'accordo nel riconoscere il film come francese.
Lei ha detto di essersi preso una grossa libertà rispetto al testo, in
che modo?
Il film secondo me è molto fedele al romanzo, per esempio tutto
quello che è racconto fuori campo ne è il testo praticamente esatto, un po'
come capitava nel film Jules et Jim72. Infatti poco tempo fa la vedova dello
scrittore ha detto che il marito sarebbe stato molto fiero del film. Per un
altro verso, il romanzo ha una struttura epistolare, quindi ho dovuto
effettuare un adattamento che mi ha consentito di dare il mio contributo, che
è quello che mi interessava fare, non un adattamento letterale del testo.
Potevo dare il mio tocco personale adattando quella parte.
Il film è pieno di idee inserite da lei, la parte immaginativa è
importantissima
Sì, ho aggiunto molte cose, per esempio tutti gli omicidi di Tina
Lombardi non c'erano nella storia, le piccole superstizioni di Mathilde,
oppure la scena in cui corre per cercare di arrivare alla fine della strada
prima dell'auto. Tutte queste cose sono il mio contributo, lo devo fare
altrimenti mi annoierei a fare un adattamento. L'ho sempre fatto, è il mio
modo di lavorare.
Lei è uno dei registi europei che mantiene un tocco molto
personale e francese. Che rapporto ha con la realtà e la fantasia? Lei
prende dall'una e dall'altra, sembra ci sia un equilibrio molto
particolare.
72
Terzo lungometraggio di François Truffaut, tratto dal romanzo di Henri-Pierre Roché.
67
Il realismo mi annoia, non mi interessa. Se per fare un film devo far
vedere quello che succede fuori dalla finestra, tanto vale farne un
documentario. Anche il mondo totalmente immaginario non mi esalta. Per
quanto riguarda questo film, l'aspetto della guerra era talmente forte che non
c'era niente da aggiungere, quindi è un po' l'eccezione nel mio lavoro.
Mi piace molto usare l'immaginazione e la fantasia perché secondo me
un artista deve prima di tutto dare una sua particolare e personale visione del
mondo.
Perché ha deciso di inserire questo aspetto delle superstizioni di
Mathilde nel film?
Con Amèlie avevamo un po' giocato con i proverbi e qui ho deciso di
farlo con le superstizioni. Sono particolari che arricchiscono la storia e mi
piacciono molto, ho un libricino pieno di appunti di questo tipo.
Lei non è un regista particolarmente francese, né americano. Lei
ha una fantasia che potremmo definire mediterranea. Qual è il suo
regista italiano preferito?
Quando ero alla premiazione dei Golden Globes sedevo a tavola con
altri registi di altri paesi, tra cui Walter Salles73, Alejandro Amenabar 74, e
tutti eravamo d'accordo sulla necessità di mantenere la propria identità
culturale, senza cercare di copiare il cinema americano.
Il mio regista italiano preferito è ovviamente Fellini.
73
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico brasiliano.
Regista spagnolo e autore poliedrico in quanto oltre a dirigere i suoi film ne scrive la
sceneggiatura e la musica.
74
68
Non ha mai pensato di girare un film in Italia?
La grande sfida è di trovare una buona storia. Io su ogni film lavoro
per tre anni, se c'è una buona storia ambientata in Italia, perché no. 75
Locandina del film
Un long dimanche de fiançailles
75
Intervista tratta da www.castlerock.it.
69
Capitolo sesto
Conclusioni
Visionario, allucinato, stupefatto, buio e abbagliante. Il cinema di
Jeunet non pone limiti a quell‟immaginario che costituisce lo specifico
cinematografico di una certa produzione contemporanea, contaminata dal
gusto per la sorpresa scenografica, per lo snodo veloce dell‟intreccio
narrativo, per gli specchi deformanti e i colori accesi che rimandano in
maniera immediata al fumetto, alla pubblicità al videoclip.
Già in “Delicatessen”, dove si racconta la lotta per la sopravvivenza di
un‟umanità immersa in un Medioevo prossimo futuro, si ritrovano
perfettamente organizzate quelle influenze fumettistiche e cinematografiche
che caratterizzano tutto il suo cinema. I protagonisti, le cui sembianze sono
strambamente sagomate, caricaturali, eccessive, sembrano vivere in un
iperrealismo grafico su cui fa leva tutta la vicenda del film che vuole portare
in scena lo sviluppo di una civiltà inevitabilmente all‟epilogo.
La totale desolazione umana si incontra anche nel successivo “Là cite
de enfants perdus”, in cui un vecchio scienziato malvagio che non sa più
sognare fa rapire da punk-ciclopi (con un solo occhio artificiale simile a una
videocamera) tutti i bambini del villaggio per carpire i loro sogni e
riacquistare così l‟originaria purezza smarrita. Anche in questo film i
personaggi, che devono molto ai “Freaks” di Tod Browning, sembrano
immersi in un epoca a metà tra un passato remoto e un futuro imminente,
luogo del tempo (mutuate direttamente da “Brazil” di Terry Gilliam) abitato
da uomini deformi, mostri e cloni.
Quelli stessi che la Ripley di “Alien Resurrection” (anche lei prodotto
d‟un frammento del suo DNA), scova in una cella dell‟astronave e distrugge
con un lancia fiamme.
70
Quelli stessi che Amélie Poulain scopre sottoforma di frammenti di
fototessera (frammenti di identità) nell‟album raccoglitore del suo strano,
poco normale, uomo da amare.
Quelli stessi (resi tali dalla follia bellica) che coprono il mare di
lettere, prove, ricordi veritieri e menzogneri (tessere, frammenti anche
questi), attraversato dalla Mathilde di “Un long dimanche de fiançailles”, lei
stessa deforme ma disposta a tutto pur di conoscere la verità dei fatti.
Tutta l‟opera di Jean-Pierre Jeunet stringe legami empatici con un
cinema che fa della propria percezione esasperata del reale la propria ragion
d‟essere. I suoi film sanno immergersi con naturalezza nell‟atmosfera
terrorifica del teatro Grand Guignol76, attraversare la dimensione circense di
Fellini e l‟onirismo trasfigurante di David Lynch e Tim Burton, con cui
condivide la capacità visionaria di dar vita a una sorta di regno degli animali
antropomorfi abitato da personaggi grotteschi, malati nella personalità, che
Jeunet –moderno Méliès- manovra al solo scopo di creare una nuova e
sempre più stupefacente meraviglia illusionistica. Come solo un giocattolo
sa fare.
La formazione di Jeunet, pubblicitario, contaminata dalla conoscenza
con Marc Caro, fumettista, si nota in tutte le sue pellicole: il segno stilistico
è l‟utilizzo di un‟ampia gamma di colori, per rendere allo spettatore una
perfetta ambientazione, spesso surreale.
Il percorso del cinema di Jeunet dimostra come le esperienze passate
non vengano mai scartate o rifiutate, e come elementi contenuti in opere
precedenti possano ripresentarsi in lavori successivi, seppur rielaborati in
nuovi contesti, oppure sotto prospettive mutate e maggiormente ironiche.
Egli non abbandona mai il suo bagaglio esperienziale, intellettuale ed
emotivo, anzi lo trasmette alle sue pellicole, cariche di invenzioni sempre
nuove ed inaspettate.
76
Teatro parigino che si specializzò in spettacoli decisamente macabri e violenti.
71
La forza dell‟immagine dei suoi film, che comunica fantasia artistica
ed espressività personale, è difficile da definire perché non si inquadra nei
codici di nessuna cultura figurativa; questo è dovuto al fatto che affonda le
proprie radici nei tre ambiti della pubblicità, del video clip musicale e nel
fumetto.
Da qui nascono le particolarità che caratterizzano i personaggi, capaci
di imporsi in tutto il mondo, e quanto più appaiono marcati da stilizzazione
personale tanto più risultano comunicativi a livello di massa, passando
attraverso la direzione che dal caricaturale porta al visionario.
Il tipo particolare di luce, i colori estremamente vivaci o estremamente
bui, posti in netto contrasto tra loro rappresentano le tecniche molto vicine
all‟ambito pubblicitario e a quello del fumetto.
Nelle pellicole del regista francese è infatti possibile stabilire un
parallelismo analogo tra la divisione della storia a fumetti in puntate e la
suddivisione, nel tempo della narrazione cinematografica in sequenze.
Lo stile del regista si caratterizza per una particolarissima fusione tra
la grafica dei cartoon e dei fumetti con quella cinematografica: il risultato
sono dei personaggi la cui umanità è ricca, buffa, imprevedibile e a tratti
anche commovente.
Le ambientazioni sono l‟espressione del proprio personalissimo
mondo della fantasia; spesso il regista decide di collocare dei percorsi,
all‟interno di una cornice cinematografica, che sembrano provenire dal
mondo onirico.
Egli comunica con il pubblico attraverso i suoi film: questi esprimono
sempre un mondo simbolico, piuttosto
che la diretta e fedele
rappresentazione della realtà che ci circonda; il colore diventa un ottimo
ausilio tecnico per rendere atmosfere da sogno, da favola ma anche da
incubo, tutte caratterizzate da un enorme potere suggestivo.
72
La realtà viene reinterpretata dall‟autore: ne deriva che la realtà delle
cose non coincide per forza con la loro apparenza, anzi spesso può emergere
solo se i contorni esterni vengono fatti lievitare e magari esplodere.
Jeunet difende un‟ “immagine personale” della realtà; se è vero che il
cinema deve rispettare la verità intrinseca delle cose è anche vero che ogni
regista ha il dovere di ricercare questa verità attraverso una strada propria.
Egli esprime sé stesso attraverso le sue pellicole, e per fare questo usa
la realtà riscrivendo in modo personale il materiale di cui dispone e da cui
non può prescindere. Egli parte da una realtà già data e la ricompone
secondo la propria personalissima visione, armonizzando i “fatti concreti” in
un universo personale e fittizio; unisce l‟aspetto realistico con quello
artistico.
La linguisticità del cinema si collega alla sua capacità di esprimere un
mondo personale e di dar corpo a dei pensieri. Il linguaggio cinematografico
è il suo esercizio continuo di libertà creativa, la sua forma comunicativa per
dar corpo e forma all‟espressione e al pensiero, che spesso si infrange
nell‟onirismo.
Jeunet ha una piena consapevolezza del mezzo di comunicazione
“cinema” (recitazione, movimento scenico, illusionismo, effetti speciali,
gusto del melodramma), questo si compenetra in ogni inquadratura dei suoi
film, con una straordinaria determinazione a sperimentare tutte le possibilità
dello strumento cinematografico. E ovunque, nelle sue pellicole, si avverte
la sua presenza, il suo particolarissimo segno stilistico.
La capacità del regista francese sta proprio nell‟intuire il punto in cui
la
“performance”
teatrale
dell‟attore
e
la
sua
interpretazione
“cinematografica” si possono congiungere per moltiplicare la forza
emozionale della scena.
La tecnica del montaggio è magistralmente adoperata: scena dopo
scena, aggiunta dopo aggiunta, si procede con la narrazione, fornendola di
nuove informazioni, nuovi oggetti, nuovi spazi, nuovi personaggi. Non solo,
73
ogni inquadratura si lega con le precedenti, non si limita a seguirle: le
arricchisce di nuovi significati.
Il regista, aiutato dal montatore, unisce e allaccia tutte le inquadrature
per creare un flusso significativo coerente e coeso; fanno vivere la relazione
tra due inquadrature in modo biunivoco, stimolando l‟intuizione e la
capacità dello spettatore di creare connessioni. In questo modo il montaggio
apre continuamente nuove porte, che non solo ci fanno entrare in una nuova
stanza, ma illuminano con una luce nuova quella da cui siamo appena usciti.
Il montaggio che Jeunet applica alle sue pellicole è perfettamente in
grado di produrre senso: senso inteso come direzione, percorso, sviluppo e
quindi racconto, descrizione di un‟azione e del suo progredire.
Nel momento in cui il montaggio crea un senso lo fa proprio in quanto
è capace di dare forma
–forma cinematografica ed audiovisiva- agli
elementi costitutivi della comunicazione stessa: immagini, suoni, gesti,
parole, durate, movimenti, effetti, composizione delle inquadrature, luci e
ombre.
Sin dalle prime inquadrature Jeunet introduce perfettamente lo
spettatore nel “clima” che avrà l‟intero filmato; egli dispone della capacità
di lavorare liberamente sulle tecniche cinematografiche e riproporle in
chiave contemporanea.
In tutti i suoi ambienti ricostruiti lo spazio scenico si presenta al tempo
stesso essenziale e particolareggiato, reale e surreale, da favola come da
paura, nei suoi mondi fittizi che presentano anche aspetti reali; e tutti gli
elementi sono funzionali alla creazione della contiguità spaziale e
temporale.
Ogni volta l‟ambiente è il luogo dove Jeunet mette in scena un
“grande gioco”: il gioco dei sogni, dei segni e della memoria.
Il
montaggio
lavora
per
esaltare
il
carattere
totale
della
rappresentazione di questo spazio, costruendo nello stesso tempo svariati
74
percorsi che trascinano l‟andamento grottesco verso una conclusione
positiva.
Il flusso di movimento che percorre i suoi film ci dà la sensazione di
velocità, di direzione, di percorso e di dinamica.
La contiguità “fotografica” collabora all‟uniformità dello stile della
scena, e il regista la ottiene rendendo omogenee le tonalità d‟illuminazione,
le dominanti cromatiche e la profondità di campo delle singole inquadrature.
Jeunet, come un moderno Méliès, trasforma le storie in qualcosa che
si avvicina alla favola trasposta sulla pellicola; egli crea un ritmo, forma una
tensione e guida, per un tempo determinato e non, l‟emozione dello
spettatore.
75
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www.sbn.it
www.cinelink.it
www.ciak.it
www.duellanti.it
80
Ringraziamenti
Un grazie, perdutamente grazie, semplicemente grazie:
alla mamma e al papà per la stima e la fiducia, per avermi sempre
assecondato, mai giudicato e accompagnato nel mio percorso formativo e
per ogni giorno che mi regalate insieme!a Chiara perché non solo mi
sopporta ma trova anche la forza per farmi ridere, alla nonna per tutto il suo
affetto, per il pizzico d‟amore che mette in ogni cosa che fa e per aver fatto
credere in giro che 22 sia un buon voto! alla Sofia per tutti i momenti
indimenticabili trascorsi insieme, per tutto l‟affetto con cui mi circonda e
per avermi lanciato la scommessa di laurearmi in tempo! al prof Kermol, a
Bruny e Julianne per la loro costante presenza ed infinita ospitalità, a Giulia
e Terry per il loro affetto, all‟Alberto perché comunque vada abbiamo un
futuro insieme nel mondo del cabaret, alla Patrizia perché mi fa sempre
sorridere, a Medy, la mia mamma spirituale, infinito pozzo di saggezza e di
realismo! a Gabri, per l‟amicizia e la disponibilità, a Lisa per l‟amicizia
storica che ci lega, a Marzia per la sua pazienza, a Eleonora per tutte quelle
che abbiamo combinato assieme, alle ragazze dell‟appartamento triestino:
sotto un cielo plumbeo e con le finestre in sfesa Trieste e casa Skosples
senza di voi non hanno più senso! alla Michela, per tutti i momenti
indimenticabili che mi hai regalato (e se mi metto a pensare mi viene da
piangere!), alla bella Isa, per aver condiviso tre anni della nostra vita e tutte
le gioie, ma soprattutto le sfighe, della nostra carriera universitaria! alla
Marta Marca per i suoi consigli da guru e i pomeriggi passati a studiare con
lei, a Nancy, scusate ma chi è Nancy?a Cristina De Lazzari, alla Romana
ignaro soggetto/oggetto delle nostre risate!a Gaia per tutti i vasetti svuotati
(oltre a quelli della Nutella!) e le quadrature dei cerchi, a Maila e Fabio,
Matteo e Jessica, Cristian e Sara, Marchetto e Sonia, Roberto, Michele e
Cinzia per la loro amicizia e per tutti i bellissimi momenti goliardici che
abbiamo trascorso insieme, a Nicola e Monica, Michele il misericordioso
alias dj manetta e Alberto per avermi fatto credere che il floppy disk è più
sicuro delle chiavetta usb e per avermi messo in guarda dal wireless che ci
ucciderà tutti! a Natascha per avermi fatto divertire durante il mio pessimo
stage, alla fabbrica del sorriso, a tutte le catene di montaggio che si sono
prodigate, agli spritz aperol, al calcio balilla, alle partite a los cuarenta, agli
elfi, alle fragole della caipi…
grazie per la serenità che mi regalate ogni giorno! Thank you massive!
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