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occhio al giallo
Autori Vari
OCCHIO AL GIALLO
Laboratorio di scrittura creativa
classi seconde
anno scolastico 2012-2013
scuola secondaria di I grado
“L. Fibonacci” Pisa
AUTORI
Bonfiglio Beatrice
Buoncristiani Martina
Buttitta Marco
Carriero Luca
Catalano Lucio
Cioni Virginia
Conti Giorgio
Datinguinoo Brenda
Filippi Flavia
Gatto Sofia
Loni Greta
Lonobile Eugenio
Pupeschi Alessio
Insegnante: Paola Vita
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Una delle attività previste nel laboratorio di scrittura creativa era
inventare racconti partendo dalla lettura di INCIPIT di libri famosi di
vario genere:
A. Daudet, “Le strabilianti avventure di Tarantino di Tarascona”
G. Orwell, “1984”
V. Pratolini, “Cronache di poveri amanti”
G. Arpino, “Prima delle bandiere”
E. Vittorini, “Uomini e no”
La scelta ha privilegiato “1984” e “Prima delle bandiere” e ispirati
dall' incipit di questi libri, tutti i ragazzi, per caso, hanno creato testi di
genere poliziesco e giallo, alcuni dei quali con risvolti fantascientifici.
Negli incontri successivi il gruppo ha deciso di cimentarsi ancora con
questo genere letterario e altri racconti si sono ispirati alla copertina di
un libro intitolato “Febbre gialla” scovato nella biblioteca della scuola.
Da qui è nata l'idea di raccogliere gli elaborati in un fascicolo che gli
autori, sentendosi ormai veri scrittori, hanno curato in ogni aspetto come
se fosse un vero libro: la scelta del titolo, la realizzazione della
copertina, la scrittura di una possibile recensione.
Racconti ispirati agli Incipit
Era una fresca limpida giornata d'aprile e gli orologi segnavano l'una. Winston
Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non esporlo al vigore
del vento, scivolò lento fra i battenti di vetro dell'ingresso agli Appartamenti
della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di polvere e sabbia
entrasse con lui. L'ingresso rimandava odore di cavoli bolliti e di vecchi e di
vecchi tappeti sfilacciati...
Giorge Orwell, 1984, Mondadori
Appena entrato vide sua sorella Eleanor Smith che stava seduta
sulla poltrona, paralizzata come al solito. Winson si sentiva in colpa ogni
volta che la guardava. Molto tempo fa c'era stato un incidente,
un'incendio di preciso. Tutt'ora sta cercando il colpevole, ma è come se
fosse scomparso ,come il fumo, introvabile. Winson Smith non era un
uomo com tutti gli altri, era un investigatore. Andò in cucina per prendere
un caffè, in mano aveva una cartellina con tutte le informazioni riguardo il
caso di sua sorella. Dopo aver finito di bere il suo caffè esaminò
attentamente le cartelle, e decise di tornare sulla 'scena del delitto',
ancora intatta dopo tanto tempo perchè nessuno sapeva quello che era
successo. Entrò nella casa. La casa era in condizioni terribile, Winson non
sapeva come potesse trovare il colpevole, ma essendo un investigatore gli
piaceva l'idea di risolvere qualcosa di impossibile ma nello stesso tempo.....
possibile. C'era cenere da tutte le parti. Uscì fuori, si ricordava ancora
l'odore del materiale che avevano usato per dare fuoco alla casa, l'odore
della benzina. Winson aveva un ipotesi, l'uomo potrebbe essere un
benzinaio. Winson aveva notato dei contenitori di benzina, conosceva
benissimo quella marca. Si precipitò subito al negozio dove la vendevano.
Incontro' un suo amico, Jake. Jake e Winson erano vecchi amici, e guarda
caso Jake era l'ex fidanzato della sorella. Winson aveva buoni motivi per
pensare che fosse stato lui. Entrò nel negozio e i due si misero a parlare.
Winson gli fece delle domande riguardo al caso di sua sorella, Jake
impaurito decise di mentire. Winson sapeva che stava mentendo, ma non
aveva prove per incastrarlo, e poi sarebbe stato meschino dato che erano
amici. Era questo che gli impediva di incolparlo, il fatto che fossero amici.
Winson sapeva che era lui, ma non voleva ammetterlo, le prove erano
'schiaccianti', la benzina, il mentire... La sorella Eleanor molto tempo fa
stava con Jake, che poi aveva lasciato perchè non ricambiava più il suo
amore. Jake era così innamorato di Eleanor che non accettò l'idea di non
stare più con lei. Ma a Eleanor non importava più, così Jake decise di
attuare la sua vendetta. Jake era ossessionato da Eleanor, nessuno lo
sapeva ma era proprio così. Decise che se non avresse potuto stare con
lei, nessuno più poteva. Ecco il piano: l'avrebbe condotta in quella casa,
attirandola con una scusa, poi l'avrebbe rinchiusa e avrebbe impiccato
l'incendio. Winson sapeva che c'era sotto qualcosa e senza dire niente
all'amico andò a casa sua. Lì trovò la pianta della casa, una lista di
materiale e il piano scritto su un diario. Tutto era collegato a Jake.
Winson senza dire nulla portò le prove con sè, per incastrare 'l amico.
Jake fu arrestato, e Winson deluso ma felice si sentì di nuovo a posto con
la sua coscienza.
Brenda Datinguinoo
“Novità?” domandò il medico affacciandosi allo sgabuzzino dell’infermiera di
turno. Era un uomo già anziano, con una corta barbetta grigia, gli occhi
baluginanti dietro lenti. L’infermiera sollevò le palpebre scoprendo larghe
pupille chiare e impassibili.“Niente” rispose con voce anonima.
Giovanni Alpino “Prima delle Bandiere”.
Il medico rimase sorpreso, conosceva bene l’infermiera e la voce gli
pareva sconosciuta. Si voltò e, intimorito, tornò alla scrivania dove stava
lavorando; improvvisamente sentì qualcosa che correva, si girò di colpo e
vide l’essere, l’alieno che aveva portato in laboratorio, che, vestito da
infermiera, cercava di uscire dal laboratorio.
Impaurito diede l’allarme e subito le forze armate e l’esercito sbarrarono
le porte e gli elicotteri si posizionarono per proteggere l’edificio. Il
dottore prese la pistola che teneva nascosta nel cassetto e con brevi e
tremolanti passi si fece avanti nel corridoio ... udiva soltanto i rumori dei
macchinari e delle sirene al di fuori dell’edificio ma dell’essere ancora
niente.
Al di fuori si era scatenato il panico: i generali che parlavano alle
televisioni, ... ma anche se il medico aveva dato l’allarme nessuno si
preoccupava di lui. Intanto il medico era corso a vedere l’infermiera e la
trovò morta e ricoperta da una sostanza viscida e violacea. Fece un passo
indietro, si voltò e l’alieno gli stava puntanto le sue mani formate da tre
dita di un colore grigio pallido addosso. L’alieno iniziò a parlare in modo
incomprensibile ma poi, come si fa con la radio per trovare un canale da
sintonizzare, iniziò a parlare una lingua comprensibile.
Costui chiedeva ed implorava di tornare sul suo pianeta; il medico da
quanta paura aveva gli tremavano le mani così tanto che gli cadde la
pistola da cui partì un colpo che colpì l’alieno. Lo traforò ma in meno di un
minuto, gli si rigenerò la pelle grigia e senza pelo, piatta e disse: “Tu sei
mio nemico ... io eliminare te!!!”.
Il medico scappò correndo a più non posso ma il mostro lo inseguiva.
Mentre correva disperatamente pensava al modo per non essere
ucciso....... decise di fermarsi e voltandosi si prese una bella “sputata” di
colore viola che gli cadde sul camice. Il dottore disse con voce seria: “Ti
voglio aiutare a tornare sul tuo pianeta perchè è giusto che tu torni lì” e
l’alieno accettò.
Scapparono da una finestra e si diressero verso la foresta dove
avrebbero escogitato con più calma il modo per far tornare l'alieno a
casa. Ma i militari e dei giornalisti riuscirono a scovarli e li individuarono
con i fari delle jeep e le torce mentre si facevano strada tra gli alberi e i
cespugli.
I due intanto, trovarono riparò nascondendosi dietro un imponente roccia,
e ripresero fiato. L’alieno trovò la soluzione e disse che dovevano cercare
un razzo che avesse come destinazione la Luna e una volta lì avrebbe
preso un’astronave lunare per tornare sul suo pianeta natale.
Uscirono, così, dalla foresta e su una macchina si diressero verso la
postazione di lancio, che si trovava alla periferia della città. Nel
frattempo i soldati li avevano rintracciati e li stavano raggiungendo. In
fretta e furia salirono sul razzo e inserirono il conto alla rovescia. Ce
l'avevano quasi fatta quando i militari iniziarono a sparare contro il razzo
e un colpo stava per colpire il medico che per fortuna venne salvato e
trascinato dentro dall’alieno. Il razzo partì e i due ormai erano diretti
verso ... la Luna, lasciandosi alle spalle la delusione e la sconfitta delle
persone che volevano catturare l’alieno.
Arrivarono finalmente sulla Luna, presero un’ astronave e si diressero
verso il pianeta dell’alieno.
I due diventarono grandi amici.
Nei secoli seguenti, le amicizie tra alieni e umani aumentarono e nacquero
sia sulla Terra che su altri pianeti società multietniche dove tutti vivono
in armonia e serenità, aiutandosi a vicenda.
Luca Carriero
“Novità?” domandò il medico affacciandosi allo sgabuzzino dell’infermiera di
turno. Era un uomo anziano con una corta barbetta grigia, gli occhi baluginanti
dietro le lenti.
L’infermiera sollevò le palpebre scoprendo larghe pupille chiare e impassibili.
Posò il giornale. “Niente” rispose con voce anonima.
Giovanni Arpino, “Prima delle bandiere”
Nel laboratorio scientifico del dottor Stewart, si stava tenendo
sotto supervisione un individuo ancora sconosciuto del quale non si sapeva
né l'origine né l'appartenenza. Un nome ce l'aveva: gli era stato dato
l'appellativo di “MONTRY 3000” dal dottore e dalla sua infermiera.
Il motivo per cui era stato portato lì non era molto preciso.
Tutto era nato da una passeggiata del medico e dell'infermiera, compagna
che da anni si era dimostrata molto affabile, simpatica e sincera.......
motivo, in aggiunta ad altri sia professionali che personali, preso in
considerazione per farne compagna della vita.
Questa passeggiata (a fini personali, intenzionalmente) si svolgeva lungo
le rive del fiume Senna, durante la sera di San Valentino I due si
guardavano fissi negli occhi nei quali leggevano le speranze, le promesse e
i ricordi che avrebbero fatto di loro una coppia perfetta, in attesa
dell'ultimo bacio.
In questo momento così intenso irruppe un rumore inaspettato, qualcosa
che li sorprese. Si avvicinò a loro un' ombra, un'ombra scura, che incuteva
terrore ma anche curiosità nelle menti dei due scienziati.
L'ombra piano piano si rivelò una creatura verdastra, molliccia e
appiccicosa. Tuuti e due si scambiarono uno sguardo d'intesa che parlava
chiaro: erano davanti a qualcosa di mostruoso.
Un alieno.
Presi dallo spavento e dalla curiosità i due non sapevano cosa fare.
Avrebbero voluto acchiapparlo, catturarlo in una rete e portarlo al loro
laboratorio scientifico ed esaminarne l'aspetto e tutto quello di cui era
costituito. Quest'idea era venuta in mente ad entrambi e fecero quello
che avevano pianificato.
Lo catturarono e tornati in laboratorio lo presero con i guanti e
cominciarono ad esaminarlo cellula per cellula.......
Martina Buoncristiani
Era una fresca, limpida, giornata di aprile e gli orologi segnavano l’una.
Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non
esporlo al vigore del vento, scivolò svelto tra i battenti di vetro dell’ingresso agli
Appartamenti della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di
polvere e sabbia entrasse con lui. L’ingresso rimandava odore di cavoli bolliti e
di tappeti sfilacciati.
George Orwell, “1984”
Quell’uomo mi metteva ansia, non potevo certo immaginare perché
tutti i giorni andava in quell’edificio sempre alla stessa ora.
La cosa più strana era che, quando usciva, di solito dopo un paio d’ore, era
sporco di fango o terra. Come ci si può ridurre in quel modo
nell’appartamento di un palazzo?
La mia vicina di casa, la signora Jeanne, mi aveva rivelato che aveva visto
l’ombra di Winston in una finestra e sembrava picchiare qualcuno o
qualcosa.
Siccome Jeanne è una signora onesta e responsabile, avevo deciso di
iniziare ad investigare.
Chiesi in giro se qualcun altro aveva visto qualche cosa come la mia vicina
ed arrivai alla conclusione che esattamente ogni due settimane l’uomo
usciva all’appartamento sporco di fango.
La cosa migliore da fare se si voleva scoprire qualcosa di più era
pedinarlo. Non era stata un’impresa facile, per non destare sospetto
dovevo mantenere una certa distanza, ma alla fine avevo scoperto che il
vero rifugio di quell’uomo non era il suo appartamento ma una piccola
casetta di legno alla periferia della città, in mezzo al nulla.
Dopo essere sceso di macchina, ho cercato di origliare alla porta
appoggiandomici con un orecchio e sono riuscito a percepire solo un lieve
fruscio simile a quello dell’acqua e dopo poco il signor Smith mascherato
con un passamontagna di lana ha caricato sulla sua macchina un secchio
pieno di fango.
Durante il viaggio di ritorno non è successo niente di particolare, ma
appena entrato nel suo appartamento ha rovesciato tutto il contenuto in
una grande vasca dove giaceva un maiale sporco di un liquido vischioso e
rosso scuro.
Un brivido mi ha percorso la schiena.
Ho chiamato immediatamente la polizia e in un batter d’occhio una dozzina
di Alfa Romeo ha circondato la zona. L’ufficiale di polizia, Giovanni
Balducci, con un microfono in mano ha gridato:”Winston! Venga fuori di lì
immediatamente o apriamo il fuoco!”
Nessuna risposta.
“Aprite il fuoco!” ha ordinato Balducci. La casa era coperta dal fumo, e
per terra si sentivano solo i proiettili che rimbalzavano sul terreno.
Dopo poco l’uomo è uscito, ferito, e si è consegnato alla polizia. La sua
pena era stata pesantissima, novantanove anni di carcere.
Winston è morto a centodiciannove anni, un’ora dopo essere uscito di
carcere.
Ma......siete curiosi di sapere cosa aveva commesso il Signor Winston di
così grave?
….....alla prossima puntata.
Eugenio Lonobile
Era una fresca, limpida, giornata di aprile e gli orologi segnavano l’una.
Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non
esporlo al vigore del vento, scivolò svelto tra i battenti di vetro dell’ingresso agli
Appartamenti della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di
polvere e sabbia entrasse con lui. L’ingresso rimandava odore di cavoli bolliti e
di tappeti sfilacciati.
George Orwell, 1984
Entrò nell’appartamento. Lentamente, senza togliere il mento dal
bavero del cappotto.
Portava un paio di occhialoni neri, ed un grande cappello marrone,
abbinato con la sua lunga giacca a bottoni, che gli arrivava fino alle
ginocchia.
Il suo volto era quasi interamente coperto, si riuscivano ad intravedere
solo i corti baffetti neri, che si trovavano appena sotto il suo gran naso, e
qualche ciuffo di capelli neri uscenti dal cappello.
L’abitazione era buia e silenziosa, e composta
da due piccoli
appartamenti, uno al piano terra e l’altro al piano superiore. Gli
Appartamenti della Vittoria erano, in realtà, delle villette signorili in un
parco recintato da un'alta siepe.
Winston salì le scale e si fermò di fronte ad una grossa porta color
nocciola; bussò,ma non rispose nessuno, solo il più totale silenzio si sentiva
intorno a lui in quel momento.
Allora bussò nuovamente, per altre tre o quattro volte, ma non ottenne
risultato, ed iniziò ad insospettirsi.
Prese dalla sua profonda tasca un cellulare nero, piccolo ed iniziò a
formare un numero; dopo poco tempo rispose una voce, che senza neanche
chiedere chi fosse la persona che chiamava rispose :- Ispettore Winston,
come mai chiama a quest’ora, c’è qualche problema?
“Non ancora, ma ti volevo chiedere se abita ancora qualcuno
nell’appartamento N.16 di via Vittoria, perché ci sono dentro ora, sembra
abitato ma c’è.......... troppo silenzio”.
“Si, credo di si, dovrebbe abitarci una vecchietta scorbutica di nome
Gracy, non molto amata dal vicinato per il suo modo di fare arrogante e
solitario; adesso vive da sola, suo marito è morto tredici anni fa e da
allora non si è più vista uscire di casa, è tutto quello che riesco a dirti”.
“Grazie mille , ti chiamo più tardi”…
Nel frattempo erano arrivati altri due agenti in soccorso di Winston.
La casa era molto piccola e buia, avrà avuto su per giù cinque stanze.
Si sentì subito il basso volume di un televisore, che probabilmente era
stato lasciato acceso.
Winston si avvicinò lentamente e vide per terra la signora Gracy, stesa
sul pavimento con una profonda ferita alla nuca; il sangue era già secco,
ed il corpo freddo e bianco, sarà stata lì da più o meno due giorni.
Arrivata l’ambulanza, la polizia, dopo aver fatto accurate ricerche, chiamò
a testimoniare tre persone, che avevano incontrato par ultime la signora
Gracy: il giardiniere, lo spazzino ed un pizzaiolo che le aveva consegnato la
pizza due giorni prima.
Uno di loro era per forza il colpevole.
Il pizzaiolo quel giorno, non era nemmeno entrato dentro casa, aveva solo
lasciato la pizza fuori dalla porta e poi raccolto i soldi dalla fessura in
basso alla porta; quindi aveva un alibi di ferro.
Il giardiniere e lo spazzino invece, avevano confessato di essere entrati in
casa della signora Gracy; lo spazzino era rimasto lì per circa mezz'ora
ore, mentre il giardiniere per solo dieci minuti.
Dopo accurate ricerche e interrogazioni, lo spazzino era riuscito a
provare la sua innocenza, ma nonostante questo, non c’erano prove
sufficienti per dare la colpa di omicidio volontario al giardiniere, fino a
quel momento.
La polizia andò a perquisire casa sua e non ci volle molto per trovare una
pala imbrattata di sangue.
Subito venne messo in carcere, e Winston tornò al dipartimento di polizia
per altri casi da risolvere.
Lucio Catalano
“Novità?” domandò il medico affacciandosi allo sgabuzzino dell’infemiera di
turno. Era un uomo già anziano con una corta barbetta grigia, gli occhi
baluginanti dietro le lenti. L’infermiera sollevò le palpebre scoprendo larghe
pupille chiare e impassibili. Posò il giornale. “Niente” rispose con voce anonima.
Giovanni Arpino, “Prima delle bandiere”
Allora il medico ritornò a lavoro. Quando l’infermiera si accertò che
se ne era andato, si diresse verso la porta su cui era scritto “PRIVATO”,
e ci entro. La stanza era buia, la luce illuminava a stento tutti gli scaffali
in cui erano riposte le scatole di medicine. In fondo alla stanza si vedeva
una porta marrone, scolorita, forse, dall’umidità che c’era.
L’infermiera si appostò davanti alla porta e questa si aprì di scatto
prendendola e portandola con sé. Intanto, il medico era nel suo
laboratorio e stava scrivendo una parcella al paziente che aveva appena
finito di visitare. Dopo di chè, ritornò alla postazione dell’infermiera;
allora chiese al medico, suo collega, che era in corridoio, se l’aveva vista.
“L’ho vista andare verso la porta con scritto “PRIVATO”;andava piuttosto
di fretta e sembrava un po’ preoccupata”. “Grazie”, gli disse e si diresse
anche lui verso quella strana porta. Quando vi entrò cercò di accendere la
luce, ma si accorse che c’erano alcuni vetri per terra; ciò voleva dire che
la lampadina si era rotta. Il medico cercò di vedere se aveva in tasca un
accendino, ma fu distratto e attirato da una luce verde che veniva dal
fondo della stanza, dalla porta che aveva “preso” l’infermiera poco prima.
Si avvicinò con cautela alla porta, stava per aprirla quand’essa si aprì di
scatto e lo risucchiò, portandoselo con sé e lasciando la stanza vuota e
buia, come se non fosse successo niente di strano ……............. alla prossima
puntata!!!!!!
Greta Loni
“Novità?” domandò il medico affacciandosi allo sgabuzzino dell’infermiera di
turno. Era un uomo già anziano, con una corta barbetta grigia, gli occhi
baluginanti dietro le lenti. L’infermiera sollevò le palpebre scoprendo larghe
pupille chiare e impassibili. “Niente” rispose con voce anonima.
Giovanni Alpino “Prima delle Bandiere”
L'uomo che aveva parlato era una persona di una certa età, sulla
sessantina, lo chiamavano professor Gelo; il suo vero nome era
sconosciuto come quello della sua assistente, con quegli occhi color
ghiaccio, sembrava un robot.
L'assistente, appoggiandosi al mobile pieno di farmaci anonimi, rispose con
voce quasi metallica: - No l'esperimento X-36G..... non si è ancora
svegliato!
L'edificio in cui si trovavano, nella periferia di New York, era
apparentemente sporco e decadente, ma all'interno era pulitissimo e
tutto era bianco come il latte, a parte i capelli biondi dell'assistente e il
giaccone di camoscio del professore.
L'esperimento X-36G era in realtà un doberman gigantesco incrociato con
un lupo, con i canini lunghi più di una spanna, con il pelo corto tre pollici.
Avevano trovato questa creatura sul pianeta chiamato Halo, al di fuori del
sistema solare. Avevano raggiunto quel pianeta con la navicella spaziale
progettata dallo stesso professore, la Razzel, la navicella più veloce del
mondo....segreta ovviamente, in grado di viaggiare al 50000 anni luce al
secondo.
In una settimana fecero il viaggio di andata e ritorno scoprendo che il
pianeta era abitato da quelle creature violente e aggressive.
Dopo averne catturato uno e averlo analizzato, scoprirono che era una
risorsa fondamentale per la realizzazione dell'obiettivo di conquista del
mondo del professor Gelo.
Ne catturarono molti altri, li addestrarono e crearono un vero e proprio
esercito di Infernus, come li chiamava lui.
Con il loro aiuto attaccò le principali città del mondo, New York,
Washinton, Sidney.....gli eserciti riuscirono a malapena a fermare la
devastazione che quelle creature provocavano.
Fu necessaria una coalizione di organizzazioni come la Nasa, FBI, CIA per
annientarli e condannare il professor Gelo alla pena di
morte....attaccandolo ad un termosifone mentre con una secchiata d'acqua
mandarono in corto circuito la sua assistente!!!
Giorgio Conti
Era una fresca, limpida, giornata di aprile e gli orologi segnavano l’una.
Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non
esporlo al vigore del vento, scivolò svelto tra i battenti di vetro dell’ingresso agli
Appartamenti della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di
polvere e sabbia entrasse con lui. L’ingresso rimandava odore di cavoli bolliti e
di tappeti sfilacciati.
George Orwell, “1984”
Entrò cauto nel palazzo e, sentendo l’odore di verdure, pensò che
sua moglie fosse in casa.
Si diresse verso la cucina e vide una pentola sul fuoco, solo dopo si rese
conto che sua moglie stranamente non c’era, allora s’insospettì, ma fu
troppo tardi ….......... qualcuno,entrato in casa prima di lui, lo afferrò, gli
legò le mani con una corda che prima teneva un vecchio tappeto e gli
chiuse la bocca con una foglia di cavolo bollito .
Quando la signora Smith tornò in casa notò la porta aperta ed il corpo del
marito senza vita a terra.
La signora, atterrita e disperata, chiamò subito l’ambulanza e la polizia.
L’Ispettore Harry Man, giunto immediatamente sul posto ispezionò il
cadavere e non trovò su di esso alcuna impronta digitale dell’ assassino.
L’unica cosa rinvenuta vicino al corpo era la fotografia di una strada di
campagna e degli aghi di pino.
Nei tre giorni successivi al delitto nella città non accadde nulla di anomalo
e così l’ispettore Harry Man concentrò le sue indagini non su di un serial
killer ma bensì su di un semplice cittadino presumibilmente ricattato dalla
famiglia Winston.
Purtroppo, però, questa tesi sostenuta inizialmente dal poliziotto si rivelò
errata poiché il quarto giorno l’ispettore Harry intervenne sul luogo di un
nuovo omicidio nella strada A4 vicino ad una pineta .
Il cadavere completamente irriconoscibile sembrava fosse stato immerso
in una vasca di acido.
Analizzando il luogo e ricordando le cose rinvenute sul precedente
omicidio – fotografia di una strada campestre ed aghi di pino –, l’ispettore
si rese conto che non rappresentavano altro che indizi spia del luogo dove
sarebbe stato compiuto il secondo omicidio e che, quindi, i due omicidi
erano collegati.
Particolare, questo, raccapricciante in quanto, considerato che vicino al
cadavere rinvenuto nella pineta era stata posta una testa di maiale ed un
cartellino numerato, per l’ispettore Harry quei pochi indizi stavano quasi
certamente a significare che l’omicida aveva già ideato un nuovo omicidio.
A quel punto l’ispettore Harry ed i suoi collaboratori studiarono
attentamente tutti i luoghi possibili che l’assassino avrebbe potuto
scegliere come luogo del prossimo omicidio e così, tra i tanti individuati,
sia in città che nella periferia, si recarono al Mattatoio numero 42,
situato nel Distretto vicino al Monte Ruscehmare.
In brevissimo tempo fu organizzata una squadra investigativa speciale che
si diresse verso il Mattatoio.
Giunta sul posto la squadra, al comando dell’ispettore Harry, abbatté la
porta d’ingresso ed iniziò a perquisire tutti i locali.
Nel corso dell’ispezione l’artificiere Jason Delton si rese conto che sui
muri perimetrali dell’edificio, seppure bene occultati, erano stati applicati
dei congegni esplosivi, ma purtroppo non ebbe il tempo di avvertire
nessuno in quanto un attimo dopo all’interno del Mattatoio vi fu una
fortissima deflagrazione che causò la morte di tutta la squadra speciale
ad esclusione dell’ispettore Harry, che si ritrovò steso a terra, ansimante
e circondato dalle fiamme.
In tutto quel caos, mente il poliziotto cercava in tutti i modo di uscire da
quel luogo, vide avvicinarsi un uomo armato che gli puntò la pistola alla
testa, ma con una mossa fulminea Harry, senza esitare riuscì ad estrarre
la sua arma sparando contro l’attentatore.
Non so che successe poi ma da quel giorno, nella cittadina di Dailon, non vi
furono più omicidi.
Alessio Pupeschi
Era una fresca, limpida, giornata di aprile e gli orologi segnavano l’una.
Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non
esporlo al vigore del vento, scivolò svelto tra i battenti di vetro dell’ingresso agli
Appartamenti della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di
polvere e sabbia entrasse con lui. L’ingresso rimandava odore di cavoli bolliti e
di tappeti sfilacciati.
George Orwell, “1984”
Quando entrò in casa e si tolse il cappotto si scorse un netto taglio
sul mento. Fuori si sentivano sirene della polizia. Era stato trovato un
cadavere nella strada vicina. La scientifica arrivò presto e il medico di
nome Morgan disse: “l’ora del decesso è da stabilire con l’autopsia, la
causa è una coltellata alla gola.”
Winston disse “Mmmmmm … interessante, aspetterò l’autopsia e poi
inizierò le indagini”.
Dopo 2 giorni
Il Dottor Morgan chiamò: “Buon giorno Winston, ho i risultati
dell’autopsia e del sangue trovato sul coltello nel corpo della vittima.
Winston : “Ok arrivo, aspettami, sarò da te tra venti minuti”
Dopo 20 minuti
Winston : “allora, quali sono i risultati”
Dottor Morgan: “ Il defunto si chiamava Ereck Thomas. E’ stato ucciso
per soffocamento e poi gli è stata tagliata la gola. Sul coltello c’è il suo
sangue ed un altro ancora non identificato. Sul coltello ho trovato anche
peli di barba appartenenti ad un’altra persona. Ho scoperto anche che al
nostro arrivo la vittima era deceduta da 5 minuti .”
Nel frattempo
Sirene: “ Memimemimei”
Wiston: “Un altro morto?”
Dottor Morgan: “Si però ho identificato il sangue dell’assassino. Si chiama
Thomas Snaider è un criminale internazionale. Sta per morire di malattia,
abita la numero 24 di Sentrat Street.”
Winston: “Presto chiama la squadra speciale”
Dopo 5 minuti
Wiston: “Presto, presto, tutti dentro. Interessante, l'assassino è anche
uno sacciatore di droga.”
Agente: “qui non c’è nessuno.”
Winston: “ Eccolo sta scappando dal retro, Squadra 5 e 6 alla volante, 3 e
4 all’elicottero, 1 e 2 con me”
Pistole: “ bom bom bom !!”
Winston: “ E’ morto … per fortuna non potrà più parlare.............e
riconoscermi!!!!!!!!!!”
Marco Buttitta
“Novità?” domandò il medico affacciandosi allo sgabuzzino dell’infermiera di
turno. Era un uomo anziano con una corta barbetta grigia, gli occhi baluginanti
dietro le lenti.
L’infermiera sollevò le palpebre scoprendo larghe pupille chiare e impassibili.
Posò il giornale. “Niente” rispose con voce anonima.
Giovanni Arpino, “Prima delle bandiere”
L'infermiera, una bellissima ragazza di 28 anni, si avvicinò al
paziente e vide un uomo steso sul lettino, era ferito alla gamba molto
gravemente. Il medico gli si avvicinò e subito il paziente scosse la testa,
mosse le gambe e si alzò, aveva degli occhi stupendi di un azzurro cielo
che quasi accecava.
Si alzò in piedi e camminava in maniera stranissima, sembrava veramente
uno zombie.
Aspettarono alcuni minuti che il paziente si fosse ripreso e decisero di
lasciarlo andare; ma sembrava un po' strano ai dottori, così decisero di
fargli un prelievo del sangue, inventando come scusa di dover controllare
che non avesse qualche segno di infezione sulla ferita.
Non conoscevano niente du lui, solo in nome scritto sulla maglietta,
grd5r7000.
Quando il paziente se ne fu andato, i medici esaminarono
immediatamente quella provetta e vi trovarono qualcosa di disumano,
batteri mai conosciuti e mai visti fino ad allora!!!
Chiamarono quindi persone specializzate in ''alieniopia'' pensando che si
trattasse di una creatura aliena proveniente da chissà quale pianeta, ma
nemmeno loro sapevano cosa fossero quelle strane cose. Allora cercarono
di trovare dei dati relativi a lui...cliccando il suo nome.
Inizialmente non trovarono nulla ma ad un certo punto,in una pagina di
internet ....trovarono scritto : SOGGETTO PROVENIENTE DA
SATURNO NON IDENTIFICATO!
I medici si spaventarono ma poi decisero di cercare quell'essere
sconosciuto e cercando di counicare a gesti scoprirono che veniva in pace
e voleva conoscere la nostra civiltà!!
Rivolgendosi all'infermiera .... poi fgrd5r7000 le fece capire che le
sarebbe piaciuto molto avere un cuore vero, perchè purtroppo lui non lo
aveva, così sarebbe potuto diventare una persona normale.
Allora tutti i medici discussero su questo fatto e decisero di affrontare
una delicatissima operazione di trapianto di un cuore vero su du un
alieno!!!!
Sofia Gatto
“Novità?” domandò il medico affacciandosi allo sgabuzzino dell’infermiera di
turno. Era un uomo anziano con una corta barbetta grigia, gli occhi baluginanti
dietro le lenti.
L’infermiera sollevò le palpebre scoprendo larghe pupille chiare e impassibili.
Posò il giornale. “Niente” rispose con voce anonima.
Giovanni Arpino, “Prima delle bandiere”
Come al solito il medico tornò a lavorare, con passo lento e incerto.
Ormai sapeva che non c’erano novità per lui; dopotutto lui era vecchio e in
quell’ospedale ci aveva lavorato per quasi cinquanta anni. Intanto in
quell’arco di tempo erano cambiate tante cose, come i nuovi macchinari e
l’uso del computer.
Lui non era abituato alla tecnologia, per questo le operazioni più
importanti erano affidate ai medici più giovani e più preparati.
Infatti, dato che era anziano, lo avevano trasferito al piano terreno dove
tenevano gli archivi, i medicinali, i distributori di snack per il personale
dell’ospedale e gli attrezzi degli inservienti.
Mentre pensava, arrivò il direttore dell’ospedale, il quale entrò nell’ufficio
senza nemmeno bussare. Dopo avere sospirato, disse: “Dottor Spilli, sono
felice di comunicarle che oggi è precisamente il quarantacinquesimo anno
che lavora qui, perciò con mio rammarico la mando in pensione”.
Così dicendo, silenzioso come era entrato, se ne andò.
Il dottor Spilli alla notizia rimase spiazzato e cominciò a preparare i suoi
oggetti. Chissà cosa avrebbe fatto adesso che era stato mandato in
pensione!
Pochi minuti dopo era già pronto e, con un po’ di dispiacere, disse addio
all’ospedale che per tanto tempo era stato la sua casa. Salutò i suoi amici,
nonché suoi compagni di lavoro e si diresse verso casa con la sua auto
d’epoca.
Dopo aver posato la sua roba, uscì e andò al parco. Lui non aveva né moglie
né figli e adesso era solo e in pensione.
Arrivato al parco, si sedette su una panchina e si mise a leggere il libro
che si era portato dietro, ma, dopo poco, gli si avvicinò una ragazzina che
gli si mise accanto e che lo cominciò ad osservare. Il dottore, anche se si
era accorto di lei, continuò a leggere senza degnarla di uno sguardo, ma lei
disse:”Di che cosa parla il libro che stai leggendo?” e lui rispose:”È un
libro giallo” e continuò a leggere. A quel punto la ragazzina ribatté:” Io mi
chiamo Anna e lei?”. Il vecchio signore rispose, chiudendo il libro:” Io mi
chiamo Aldo e non capisco come mai una bella bambina sia qui a parlare
con un vecchietto, anziché stare con i propri genitori o giocare con i suoi
amichetti”.
Anna disse:” Io non ho nessun amico e nessun genitore, sono a parlare con
te perché mi stai simpatico e perché ho un dolore alla pancia e mi pare
che tu sia un medico. È così, vero?”
“Cara Anna, io ero un medico, ma sono andato in pensione; comunque
indicami il punto che ti fa male”.
Anna con la mano indicò a destra della pancia e Aldo disse in tono
preoccupato:”Anna è meglio andare subito all’ospedale, potrebbe essere
l’appendice infiammata che va urgentemente curarla”.
Aldo allora la portò di corsa all’ospedale e chiese ai suoi colleghi di
curarla, ma nessuno dei medici di turno lo volle fare perché Anna non
aveva un’assicurazione e quindi, se le fosse successo qualcosa, la colpa
sarebbe stata di chi l’aveva operata. Il vecchio medico quindi disse:” La
opero io! Domani andrò definitivamente in pensione e fino a quel momento
io sono il dottore Spilli”; così dicendo operò Anna. L’intervento andò a
buon fine, tanto che Aldo “adottò” la bambina, la quale fu molto felice di
avere un “nonno” così premuroso.
Aldo, che all’inizio della mattinata aveva considerato la sua vita ormai
priva di senso, adesso si sentiva contento di essere stato utile ad Anna.
Virginia Cioni
Era una fresca limpida giornata d'aprile e gli orologi segnavano l'una. Winston
Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non esporlo al vigore
del vento, scivolò lento fra i battenti di vetro dell'ingresso agli Appartamenti
della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di polvere e sabbia
entrasse con lui. L'ingresso rimandava odore di cavoli bolliti e di vecchi e di
vecchi tappeti sfilacciati...
Giorge Orwell, “1984”
Lui continuò la sua lenta e leggera camminata senza essere notato da
nessuno.
I suoi stivali sfrigolavano sul pavimento lucido mentre passava nel
corridoio. Finalmente arrivò a una grossa porta di legno. Con mano ferma
la aprì lentamente in modo da non far sentire il solito cigolio.
Intanto tirò fuori dalla tasca larga del grande giubbotto blu un lungo
coltello che pareva essere stato appena affilato. Entrò nella stanza con il
solito passo felpato. Il Signor Melson dormiva profondamente, era
proprio il momento perfetto per colpire.
Winsthon alzò il braccio nell’atto di colpirlo quando il Signor Melson si
svegliò, ma ormai era troppo tardi, il coltello cadde su di lui e il pavimento
venne schizzato da otto gocce di sangue.
Winsthon estrasse con forza il coltello dalla carne e lo pulì perbene, lo
rimise in tasca, si sfilò i guanti e con passo lesto uscì dall’appartamento.
Maria Beatrice Bonfiglio
Racconti ispirati dalla …..........“FEBBRE GIALLA”
“Paura in città”
Quella sera a Miami ci fu il caos più totale. Polizia, ambulanza e vigili
del fuoco erano presenti. Due corpi distesi erano lì, tutti sanguinanti,
morti. Quelli della scientifica prelevarono i corpi per esaminarli. Non
sapevano niente di questi due individui. Dopo aver esaminato i due corpi
erano sicuri che si trattava di "febbre gialla", un virus. Si pensò che
questo virus fosse stato trasmesso attraverso un ago. Sulla scena del
delitto c'era un motorino, di preciso una vespa, e una mitragliatrice.
Non si sapeva di preciso il perché erano lì, forse avevano a che fare con il
delitto.
Solamente gente potente poteva avere trasmesso questo tipo di virus,
forse la Mafia. Cercarono impronte digitali sull'arma e sul veicolo, ma
niente, sembrava che Dio l'avesse portata. I due corpi morti erano
solamente "un'esca" ma il vero obiettivo era distruggere la città.
La scientifica decise di prendere il veicolo e l'arma e esaminarli. Dentro
la vespa trovarono una bomba che azionata, non avrebbe distrutto la
città, ma avrebbe diffuso tutto il virus causando la morte di molte
persone. Nessuno sapeva come "distruggere" quest'arma: se l'avessero
buttata nel mare tutti i pesci sarebbero morti e se si fosse "esportata"
dalla Terra nello spazio, prima o poi la Terra sarebbe stata inondata da
questo virus.
La scientifica per saperne di più chiamò degli esperti. Decisero di
prendere la mitragliatrice e osservarla da vicino, con i raggi-X. Trovarono
al posto delle pallottole una strana polverina. Pensarono subito che fosse
l'antidoto e allora provarono con una cavia, la rinchiusero in una stanza e
decisero di attivare la vespa. In un secondo il virus si espande in tutta la
stanza. Dopo presero questo antidoto e lo testarono sulla cavia. La cavia
subito si sentì bene, nessuno sapeva il perchè l'antidoto era sull'arma.
Brenda Datinuinoo
“Il detective La Vespa”
-Sangue, senza dubbio!- esclamò il detective Guido La Vespa, un
uomo singolare che si spostava da un luogo del delitto all’altro su una
Vespa, mentre il suo lungo giacchetto marrone svolazzava per tutta la
città di Londra.
Gianni Avena morì mentre si stava facendo il bagno e uno strano tizio,
come mostra la telecamera, addormentò l’uomo con del cloroformio e lo
lasciò morire dissanguato, dopo avergli tagliato le vene.
Gli unici indizi furono le impronte delle scarpe, di numero 41 e mezzo, e un
messaggio singolare:
Ancora 5 e mezzo in più,
ogni volta un déjà vu,
ancora 7 lune gialle
e scoprirò dove vivi,
caro Detective...
Due giorni dopo Guido venne contattato da un maggiordomo che tremando
gli comunicò che il suo signore, quella mattina, non si era svegliato ed era
molto freddo, inoltre il suo cuore non batteva.
Quando il signor La Vespa arrivò nella camera da letto, vide che l’uomo
che giaceva nel letto aveva un buco un buco nel collo probabilmente da
puntura.
Sulla moquette c’erano impronte di scarpe di numero 47. Esattamente 5
numeri e mezzo in più del precedente omicidio!
Facendo l’autopsia del padrone di casa i medici scoprirono esattamente
3,5 lune gialle nel primo e nel secondo cadavere. Tutti e due prima di
morire erano stati affetti dalla rara e letale malattia della febbre gialla,
un’infezione a loro probabilmente iniettata che colpisce il fegato e il
cuore fermandoli dopo una lenta agonia.
Guido La Vespa rimase allo stesso tempo scioccato e pensoso. Tre lune e
mezzo...
Cinque e mezzo meno tre e mezzo... due! Due lune equivalgono a due giorni.
Il detective pensò ad un modo per incastrare l’omicida. Secondo i suoi
calcoli fra esattamente due giorni, l’assassino si presenterà a casa sua.
Guido tese una trappola che applicò a tutte le finestre e porte: mise un
cappio che, se entrato, l’uomo sarebbe rimasto intrappolato in aria per i
polsi grazie ad un sistema di contrappesi.
La notte venne movimentata da un urlo, dal quale il detective si destò
bruscamente. Prese una pistola e una torcia e si avventurò al piano
inferiore.
L’uomo era appeso in aria, legato per i polsi. Guido chiamò subito la polizia
che si precipito nel luogo della cattura. L’assassino era John Coltellino,
venne subito arrestato, e, come di consuetudine quando risolveva un caso,
Guido La Vespa finì in prima pagina di tutti i giornali.
Eugenio Lonobile
Racconti ispirati da …..........“FEBBRE GIALLA”
“M. G. C.”
Era una notte tranquilla nel vicolo del quartiere fino a quando si
sentì:“E’ troppo tardi ho aspettato già abbastanza!” e un colpo partì e
passi veloci si udivano nell’aria.
Il giorno seguente il vicolo era già, dal mattino presto, transennato
dalla Polizia. Gli investigatori e il commmisario erano sulla scena del
crimine. La vittima era il proprietario del ristorante cinese in fondo alla
via. Un colpo l’aveva colpito al cuore e gli unici indizi erano una Vespa e una
scritta in una lingua strana e incomprensibile. Il caso era ormai aperto e
la ricerca dell’assasino era alle stelle.
Il commissario Holpes era tornato al commissariato e cercava
insieme alla scientifica di decifrare il messaggio. Dopo ore estenuanti,
dalla ricerca uscirono tre lettere M G C, ma non avevano alcun significato
e l’unica cosa che avevano in comune era il fatto di essere tre consonanti.
La notte stessa un altro omicidio: gli indizi erano gli stessi ... così
notte dopo notte.
L’ottava sera il commissario era rimasto solo al distretto e, con la
luce di una lampadina e una sigaretta in bocca, mise insieme tutti gli indizi.
Aveva in mente molte ipotesi ma le uniche cose certe erano: aveva
chiamato il delitto “Febbre gialla” perchè le vittime erano tutte e sette
proprietari di negozi e ristoranti cinesi e ... quella sera qualcun altro
sarebbe stato ucciso. Andò nella stanza dove si trovavano le Vespa e vide
che erano mezze rotte. Un colpo di genio lo fulminò: la scritta M G C era
la sigla di un’azienda che demoliva motorini e in particolare Vespa. Si
chiamava Motor Group & Company e si trovava nella periferia della città.
Si precipitò in ufficio e chiamò i colleghi ... in fretta e furia si
diressero all’azienda, trovarono il proprietario che cercò di fuggire ma
loro riuscirono a prenderlo. Lo misero in galera scoprendo che ricattava i
proprietari dei negozi della città e se loro non pagavano un tributo li
uccideva e di solito usava la Vespa dell’azienza per presentarsi
all’”appuntamento”, il biglietto serviva ai proprietari per nascondere
l’identità dell’azienda da contattare.
Luca Carriero
“Terrore in via Lucas”
New York. Le strade erano silenziose e deserte, ogni tanto passava
qualche macchina o motorino. Erano le tre di notte e tutti avevano paura
di passare in via Lucas, tranne uno, Jhon Rodwel ispettore di polizia del
New Jersey trasferito a New York per un solo motivo: doveva scoprire
chi era quel famoso assassino che ogni notte, in via Lucas, uccideva
qualcuno e ogni volta prima di sparire lasciava una lettera.
Nell'ultima lettera ha lasciato disegnato un teschio con la scritta “a
breve tornerò per compiere il mio atto finale”.
Solo un pazzo come Rodwel avrebbe accettato, ma il motivo era uno
principalmente: era affetto dalla febbre gialla, una malattia chiamata da
lui in questo modo perchè andava pazzo per il pericolo , la tensione e la
paura.
Così si ritrovava a girare nella strada più pericolosa di New York a bordo
di una buffa Vespa gialla. La sua prima tappa fu il museo di New York dove
si trovava il diamante più grosso del mondo.
Come al solito aveva indovinato al primo tentativo, vide sul tetto un uomo
vestito di nero che stava facendo un buco nel vetro con il laser.
Con calma lo seguì a distanza ed entrò nel museo grazie allo stesso buco
che il killer aveva fatto.....ma quello fu un errore perchè l'assassino aveva
già ucciso un paio di guardie e si stava avviando verso il diamante.
Ma Rodwel corse più velocemente possibile e gli sparò un proiettile per
addormentarlo. Lo catturò e lo portò alla centrale dove fu messo in
prigione.
All'ispettore fu dato subito un altro incarico.....la febbre gialla colpisce
ancora e il motorino non accetta di stare fermo!!
Lucio Catalano
“La donna dai mille volti”
“Sono affamata, sì. E' da troppo tempo che me ne sto qui, fissa a
guardare telegiornali, ascoltare radio e bere caffè. Ma non mi trovano
mai. Ovvio, non mi troveranno mai! Come porsi solo il sospetto? E' da
idioti.....ah, ah lo so sono malata”.
E' affetta da febbre gialla ma non si riesce a trovare “L'antibiotico”!!!!!
scherzano i telegiornali.
“L'antibiotico in realtà non è una medicina ma colui che dovrebbe
scovarmi”. Ma non sanno con chi hanno a che fare. Mi stanno cercando, lo
so ma non sanno dove mi trovo.
Io mi tengo informata, meglio precedere....è sempre meglio precedere,
essere informata, essere prima di......fare un passo avanti, anche
sbagliato, ma ricordarsi di farne due indietro. OH vi ho svelato il mio
trucco!!
Già ma che stupida, voi non sapete chi sono, né dove mi trovo.
Gli antibiotici potrebbero venire, meglio mandare un segnale che la mia
presenza è attiva e incessante. OK moviamoci subito.
Attività del giorno:
ore 11.00: io divento Stefhanie Ellen, studentessa universitaria
ore 11.30: prendo il motorino per raggiungere l'università
ore 12.00: sono in motorino, c'è molto traffico. Individuo tra la gente un
viso familiare, è lei Emma Smith, quella persona che mi ha rewso il liceo un
inferno.......ok eliminiamola!!!!!!!!!!!!
ore 12.03: tiro fuori la pistola, punto verso di lei, pensiero di atroce
vendetta, chiusura terrificante degli occhi. Colpo terribile. Sorriso
soddisfatto. Ritiro la pistola.
Ore 12.04: non mi hanno visto, ok, lacio il motorino, corro scappo veloce,
non mi riconosceranno mai con cappello, occhiali e sciarpa!
Ore 12.15: sono nei bagni pubblici. Mi chiamo Margaret Evans, assistente
bibliotecaria. Esco. La gente non sa chi sono. Sento lo schiamazzare dei
giornalisti dai bar.
Ore 12.16: mi sento bene. Gli antibiotici se ne stanno andando. La mia
malattia resterà, edio, solo io ne faccio tesoro....ok segnale inviato, hanno
capito.
Ore 13.00: sono a casa, giardo i telegiornali ma la gente non sospetta di
me prchè io sono una bibliotecaria.
…...ma certo io sono....Catherine Pattinson, commessa del negozio
accanto... hahahahaha....
Martina Buoncristiani
“1992 – Sicilia”
Il ricordo di una battaglia tra famiglie mafiose ha lasciato nel tempo
un segno indelebile, ma ciò nonostante una piccola scintilla potrebbe
ancora scatenare nuovamente una guerra che nessuno potrebbe più
fermare.
Era estate ed il terrore dominava a Palermo a causa di uno scontro
scoppiato tra le famiglie mafiose dei Torriani e dei Caputo. Questi ultimi
avevano costituito una squadra terroristica composta da sei persone che
viaggiavano su tre scooter di colore giallo, seminando il panico in paese.
Quando effettuavano queste “spedizioni” le stesse, armate di fucili
mitragliatori MP7, indossavano caschi protettivi per non farsi
riconoscere.
Ogni qualvolta transitavano vicino ad esercizi commerciali siti nel
territorio comandato dai Torriani, senza neppure scendere dai mezzi,
incominciavano a sparare all’impazzata uccidendo chiunque si trovasse nel
loro raggio di azione ed appiccavano il fuoco a tutti quei punti vendita
sottoposti al pagamento del “pizzo”, bloccando così il flusso di denaro
verso il famoso “Peppino”, boss mafioso dei Torriani.
A questi episodi criminosi della famiglia Caputo seguivano puntualmente le
reazione degli affiliati alla famiglia Torriani i quali, in territorio
avversario si comportavano allo stesso modo.
Ciò nonostante la famiglia Caputo contava però un numero di affilati
superiore a quella dei Torriani, tanto è che questo fenomeno di rapida
diffusione delle formazioni squadriste, prese il nome di “Febbre Gialla”,
derivante chiaramente dal colore degli scooter.
Questi scontri causarono molte vittime e danni di rilevante valore
economico e così, vista la netta superiorità della famiglia Caputo, i
Torriani decisero di ritirarsi cedendo ai contendenti il suo nuovo
territorio di conquista.
Alessio Pupeschi
“Il virus letale”
Era una bella e calda giornata d’estate e tutti gli abitanti del piccolo
paese vicino al mare, erano andati in spiaggia per abbronzarsi, fare il
bagno con gli amici o semplicemente fare due chiacchiere al bar “Da
Peppino”.
In paese erano rimaste solo tre persone: la signora Maddalena, che ormai
non usciva più di casa a causa della sua vecchiaia, il medico Brighi, che
doveva aspettare che un suo collega gli desse il cambio e Mario, il nuovo
ispettore.
Quando Mario staccò dal lavoro, era ormai sera; mentre stava tornando a
casa, passò da un vicolo e vide una donna a terra con accanto un motorino
con una grossa mitragliatrice dipinta; subito le andò incontro e si
inginocchiò, ma appena vide il viso della ragazza, si alzò immediatamente e
si coprì il volto. La ragazza era punteggiata da pallini gialli, sintomo della
febbre gialla. La febbre gialla era una malattia molto contagiosa e i
sintomi erano appunto febbre alta e pallini gialli sul corpo.
Mario allora, chiamò i suoi colleghi e fece portare via il corpo della
ragazza; tornò in ufficio e si mise a lavorare, ormai era tanto tempo che
non si ripresentava quella malattia e molti pensavano che non esistesse
più; ma invece si sbagliavano, se c’era stata una vittima, voleva dire che
qualcuno doveva aver riportato il virus e ciò significava che tutto il paese
era in pericolo.
Lavorò senza mai smettere per due giorni interi, ma alla fine concluse
che la febbre gialla era ancora presente solo in un’isola nell’Oceano
Pacifico e che qualcuno l’aveva portata, facendo circolare il virus. Intanto
nel paese c’erano stai altri quattro casi e tutti erano finiti tragicamente:
si stava diffondendo una vera e propria epidemia.
L’ispettore aveva interrogato alcune persone che secondo le sue ricerche
potevano essere eventuali portatori della malattia, ma solo uno dei
presenti era sospettato. Era chiamato “Falco”, o almeno così lo
chiamavano gli altri criminali, nessuno sapeva il suo nome, nemmeno la
polizia; Mario aveva trovato delle prove nella sua casa, ovvero un set di
medicinali per i vaccini, siringhe e antibiotici.
Dopo l’arresto di Falco, la febbre gialla sembrava essersi placata, perché
non si erano più presentati morti.
Ma dopo tre settimane ci furono altri casi.
Mario riuscì a risolvere il mistero della febbre gialla, non era stato Falco
a portare il virus, bensì un pappagallo proveniente proprio dall’isola del
Pacifico, che era stato portato in un negozio del paese, dove lavorava la
prima vittima contagiata. Infatti il pappagallo aveva questa malattia e la
donna nel dargli da mangiare gli aveva fatto una carezza, prendendo anche
lei il virus.
Mario rilasciò Falco e per averimpedito la diffusione di una malattia
molto contagiosa, ebbe un medaglia di riconoscimento.
Virginia Cioni
“La vendetta”
Era notte e il signor Wenberg non riusciva a dormire.. così si alzò
dal letto e andò in cucina a bere una tazza di camomilla. Si sedette sulla
sua poltrona a guardare la finestra; notò un motorino azzurro che era lì
dalla scorsa notte. Il signor Wenberg abitava in un condominio al terzo
piano, con sua moglie ed il suo unico figlio. Quella notte la passò pensando
di rubare il motorino.
Il giorno dopo, senza farsi vedere, si alzò per primo e andò a vedere da
vicino il veicolo; non era legato,ma aveva un foglio sul seggiolino con su
scritto:
”NON RUBARE IL MOTORINO O TE NE PENTIRAI”.
Lui era molto superstizioso e quindi lasciò perdere. Ma sua moglie, che
aveva capito tutto guardando dalla finestra, volle regalarglielo colorato
però di giallo,senza farsi scoprire. La signora Wenberg andò a comprare
la vernice gialla per colorarlo, e una rosa bianca da regalargli insieme al
motorino. Quando andò dalla fioraia a comprare la rosa, la proprietaria
del negozio le raccomandò di non mettere la rosa accanto al letto. Ma la
signora Wenberg non ascoltò le parole della commessa. Così tornata a
casa, mise la rosa sul comodino del marito aspettando il giorno dopo. Ma
quando la mattina si svegliò, suo marito era morto…
Così la notte seguente, per vedere se veramente era stata la rosa ad
ucciderlo, la vedova si mise nel letto del marito con un coltello sul petto.
Verso mezzanotte una mano uscì dalla rosa per cercare di ucciderla, ma
lei si difese tagliando la mano che stava uscendo. Il giorno dopo, al
funerale del marito, la fioraia era stata invitata e la signora Wenberg e
suo figlio notarono che non aveva più una mano…
Flavia Filippi
“Occhio al Giallo” è una raccolta di racconti
nati dalla collaborazione di giovani scrittori.
I testi sono stati ideati partendo da incipit
di libri famosi e dalla copertina di un libro
giallo scelto in biblioteca, sui quali i diversi
scrittori hanno costruito nuove storie di
genere poliziesco e giallo.
È veramente divertente e pieno di
emozioni, adatto a un pubblico di lettori
giovani ma anche per adulti che amano i
racconti gialli e fantasiosi.
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