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Utilità e problematiche di preparati galenici ad
Facoltà di Farmacia e Medicina Corso di laurea in Farmacia Insegnamento di Tecnologia, socioeconomia e legislazione farmaceutiche II Tesi sperimentale “Utilità e problematiche di preparati galenici ad uso transdermico nel trattamento delle ferite difficili” Giulia Palombi n° matricola 1227376 Relatore Prof. Giulio Cesare Porretta Correlatore Dott. Pietro Siciliano A/A 2012/2013 INDICE Introduzione p. 1 CAP. 1° - Ferite difficili 1.1 Definizioni p. 6 1.2 Dati statistici-epidemiologici p. 11 1.3 Wound Care p. 19 1.4 Terapia generale e locale p. 22 CAP. 2° - Preparazioni galeniche 2.1 La cute e l’assorbimento transdermico p. 30 2.2 Preparazione gel Diltiazem p. 35 2.2.1 Poloxamer p. 44 2.3 Preparazione crema anestetica Lidocaina p. 48 2.4 Preparazione crema a base di Allantoina p. 54 2.5 Preparazione Wound Cleansing spray p. 58 CAP. 3° - Sperimentazione 3.1 Protocollo p. 67 3.2 Casi clinici CTO p. 76 3.2.1 ulcera diabetica p. 77 3.2.2 ulcera venosa p. 78 3.2.3 ulcera artero-venosa p. 79 3.2.4 ulcera arteriosa diabetica p. 80 3.2.5 ulcera sacrale da pressione p. 81 3.2.6 deiscenza di ferita chirurgica laparotomica mediana p. 82 Conclusioni p. 85 Bibliografia p. 87 Sitografia p. 92 Introduzione Il trattamento delle ferite difficili (ulcere arteriose, venose, da pressione, diabetiche che affliggono sempre più la popolazione senile come anche, ultimamente in aumento, quella giovanile) con l’applicazione di preparazioni galeniche allestite in Farmacia è una nuova forma di diretta collaborazione tra la figura del Farmacista e quella del Medico. Ciò garantisce una più mirata terapia fatta su misura per il singolo paziente nel rispetto delle proprie intolleranze e nell’individuazione dei migliori principi attivi funzionanti e formulazioni specifiche alla ricerca di una pronta e rapida guarigione. La preparazione galenica in generale permette di allestire molecole orfane, di associare più principi attivi in una unica formulazione, di evitare l’uso di eccipienti a cui un paziente risulta essere allergico, di preparare prodotti stabili, di rendere disponibili preparazioni con principi attivi in forme farmaceutiche non disponibili su mercato e di allestire preparazioni con dosaggi personalizzati. Ciò che mi ha spinto alla realizzazione di tale tesi risiede nella mancanza nel ciclo distributivo di farmaci prodotti su scala industriale ad uso transdermico nella cura di ferite difficili e nella scarsa specificità e flessibilità ad eventuali modifiche nei componenti di preparati industriali utili alla cura di tali lesioni. Inoltre non sempre tali prodotti hanno efficacia terapeutica in quanto la produzione industriale non permette una cura ad personam, non permette la presenza di una vasta gamma di formulazioni transdermiche che contengano determinati principi attivi scelti specificamente e la possibilità di variazioni in tali componenti. In questo modo non è quindi possibile effettuare una preparazione rivolta al singolo ma unicamente alla collettività, standardizzandola e generalizzandola. In poche parole non esiste nelle produzioni ad ampia scala il concetto di farmaco in funzione dello stato della malattia, non si prende in considerazione la possibilità di introdurre modifiche nella formulazione di tali preparati e nei loro componenti in base alla singola esigenza terapeutica. Non si valuta nelle industrie l’ opzione di mettere in commercio tale genere di formulazioni farmaceutiche, in questo caso transdermiche, anestetiche locali ad alto dosaggio e spray medicati di pulizia per la validità effimera e la breve scadenza dei componenti in esse contenuti e quindi prevale lo svantaggio 1 economico industriale che così ne deriverebbe sul possibile successo terapeutico del singolo. Infatti un allestimento industriale di farmaci destinati a poche persone risulterebbe svantaggiosa in quanto una produzione per scala ridotta aumenta il prezzo di produzione non risultando più conveniente per il paziente un suo acquisto. L’aspetto economico di profitto sulla produzione farmaceutica da parte delle industrie risulta di più ampio rilievo rispetto alla guarigione e generalmente alla cura in sé per sé. Inoltre un altro importante vantaggio che risiede nell’allestimento di tali preparati galenici in una Farmacia adibita a ciò sta nella possibilità di un immediato rifornimento di questi ultimi sotto richiesta medica da parte del proprio Medico curante che si relaziona al Farmacista per conferma della terapia o per eventuali modifiche e/o aggiunte da applicare al prodotto iniziale in base alla storia patologica del singolo paziente. L’uso di preparati galenici risulta quindi di grande vantaggio per la loro specificità, la loro immediatezza di preparazione e di rifornimento ma anche per i costi di allestimento nettamente inferiori a quelli applicati dalle industre. D’altro canto si tengono in considerazione anche le possibili problematiche inerenti alla produzione di tali preparati e che rendono più difficile la loro reperibilità. I principali punti sono: - l’elevata specializzazione a cui devono far capo le Farmacie per poter garantire l’allestimento di queste forme innovative, - la conoscenza delle metodiche di preparazione di tali preparati (es. la metodica di miscelazione americana “luer to luer” impiegata nella produzione del Diltiazem gel) - la presenza in farmacie di macchinari specializzati idonei (es. turboemulsore, omogeinizzatore ecc.) - l’effimera validità massima di stabilità del prodotto garantita di circa 6 mesi ( anche se è possibile prolungare tale validità effettuando prove tradizionali ed accelerate di stabilità vedendo quanto il nuovo prodotto può durare realmente, evento possibile in caso di consorzi tra più laboratori visti gli elevati costi necessari a tal fine) 2 - solo alcuni farmaci sono candidabili per uso transdermico in base al parametro di coefficiente di partizione veicolo-pelle. - la presenza in queste forme PLO di Lecitina di soya che è la base standard fin’ora impiegata per preparati transdermici risultando uno svantaggio in coloro ad essa allergici ( problema a cui si sta venendo incontro con lo studio di nuove basi transdermiche già pronte all’uso disponibili sul mercato di prodotti galenici: es. Pentravan, ditta americana Fagron). I prodotti già esistenti su mercato per la cura delle ferite difficili non hanno la stessa specificità e sicurezza d’azione dei nostri preparati innovativi in quanto non vi sono composizioni farmaceutiche simili. Per quanto riguarda forme gel a base di Diltiazem in commercio non ne esistono di preparati simili ad uso transdermico ma esclusivamente sottoforma di capsule o compresse che porteranno così ad ottenere azioni sistemiche del principio attivo in esse contenute e non una più mirata azione locale. Discorso simile per quanto concerne la crema a base di lidocaina e prilocaina in forma concentrata della quale troviamo solo preparati a minor concentrazione in cui non si prende in considerazione la possibilità di variare il dosaggio dei due principi attivi. Per quanto riguarda invece le forme spray per la detersione delle lesioni non sono prese in considerazioni formulazioni che contengano tensioattivi idrofili e che quindi eliminino muco e componenti di pus dalla ferita senza incorrere nella possibilità di raschiarla bensì solo prodotti di per sé disinfettanti a base di soluzioni super-ossidate come nel caso del dermacyn o prontosan. Soprattutto questa tipologia di spray non comporta alcun rischio di una possibile aggressività del prodotto in quanto la percentuale di tensioattivo che andrà ad agire sarà tale da non interferire in alcun modo con i processi riparativi della cute ma mantenga solo la sua funzione di detergente, potendo il preparatore galenico intervenire sui dosaggi del suddetto tensioattivo. Infine la preparazione di crema a base di allantoina ha sostituito efficacemente l’utilizzo di garze impregnate antiadesive (alla paraffina, alla Connettivina o alle Fitostimoline) e medicazioni avanzate in grado di assorbire l’essudato in eccesso (schiume di poliuretano, idrofibre, alginati semplici o all’argento) in quanto il vantaggio osservato dall’applicazione di tale preparato risiede proprio nel favorimento di un maggior drenaggio dell’essudato, nell’assorbimento di essudati per la presenza 3 dei PEG, in una maggior detersione del letto dell’ulcera oltre che in un maggior stimolo al processo di granulazione che ha portato ad una riduzione dei tempi di riepitelizzazione. L’allestimento di tali preparati magistrali si attiene alle Norme di Buona Preparazione (NBP) descritte nella Farmacopea Ufficiale secondo il DM 3-12-2008 FU XII ed. e/o alle procedure previste dal DM 18-11-2003. Nella preparazione di tali preparati galenici ci si rifà alla letteratura di queste formulazioni (International Journal of Pharmaceutical Compounding) per la presenza a monte di prove di efficacia ( prova della concentrazione del farmaco nella circolazione, prova della concentrazione del farmaco nell’escrezione tramite feci/urine e prova della risposta clinica del farmaco) che garantiscono una certa sicurezza e validità del prodotto. È obbligatorio applicare le NBP in caso di allestimento di preparati officinali e magistrali sterili e per le preparazioni che devono essere manipolate in apposite e dedicate cappe biologiche di sicurezza, quali preparati tossici, antitumorali, radio farmaci. La farmacia che esegue preparati non sterili in scala ridotta come nel nostro caso può seguire, in alternativa al NBP, le procedure previste dal DM 18-11-03. Il primo capitolo della tesi affronta le definizioni base di ferite difficili effettuando una chiara distinzione tra quelle acute e quelle croniche (con particolare attenzione alla classificazione delle lesioni ulcerative in vascolari, da pressione, diabetiche, neurogene). Introduce una analisi di dati statistici-epidemiologici che riporta, oltre al fenomeno di allungamento della vita, di pari passo l’inevitabile aumento della incidenza sulla popolazione italiana di malattie degenerative croniche, come le vasculopatie arteriose e venose ed il diabete mellito con annesse complicanze ulcerative croniche e gravi turbe del trofismo del piede su base ischemica e/o neuropatica. Si evidenzia quindi una maggiore attenzione riguardo queste problematiche che trova rimedio con la nascita del Wound Care, una filosofia complessa di trattamento delle ferite ed in particolar modo delle ferite difficili cutanee acute e croniche che ha come obiettivo la creazione di una nuova area in cui far confluire prevenzione, trattamento, educazione e ricerca. Si conclude la suddetta parte con la descrizione del protocollo standard che si esegue nel trattamento di tali ferite che si deve articolare in misure terapeutiche di 4 ordine generale e locale dovute al fatto che la maggior parte di queste problematiche siano correlate a patologie più ampie alla base che non riguardino solo un’evidenza locale e quindi si necessita di cure a più ampio spettro. Il secondo capitolo prevede invece la descrizione in primo luogo della cute e dei vari strati che la compongono con le relative caratteristiche, la porzione di corpo sulla quale abbiamo puntato per l’applicazione delle nostre preparazioni galeniche ed insieme ad essa viene analizzata la modalità di assorbimento transcutaneo dei nostri medicamenti. Prende piede poi l’esposizione delle diverse preparazioni sperimentali effettuate per coadiuvare la cura di tali ferite difficili che si articola nell’allestimento di Diltiazem gel in PLO, di una crema a base di Allantoina, di una crema anestetica a base di Lidocaina e di un sapone detergente-tensioattivo Wound cleansing Spray. Infine nel terzo ed ultimo capitolo viene illustrato il protocollo da seguire nella medicazione di tali ferite cutanee definendo delle fasi standard da rispettare scrupolosamente per ottenere una corretta e pronta guarigione. Vengono mostrati a scopo esemplificativo in conclusione sei casi clinici che sono stati sottoposti alla nostra sperimentazione con l’utilizzo dei preparati galenici sopra illustrati che coadiuvano alla medicazione dell’ulcera tendendo conto ciascuno della differente natura della lesione e quindi del differente trattamento applicato ( ulcera diabetica, venosa, artero-venosa, arteriosa diabetica, sacrale da pressione, deiscenza di ferita laparotomica mediana). Si conclude il tutto con l’osservazione dell’ ottima riuscita dei suddetti casi. 5 CAPITOLO 1°- Ferite difficili 1.1 DEFINIZIONI Ferita Si definisce ferita qualunque rottura della continuità della cute che guarisce mediante attivazione del processo cicatriziale mirante alla “restitutio ad integrum” della parte lesa (1). Esistono differenze fondamentali tra lesioni acute che procedono lungo una via di cicatrizzazione normale e quelle che non guariscono (non-healing wounds) e che diventano, quindi, lesioni croniche. Quest’ultime sono la conseguenza di una serie di combinazioni fra fattori “overlapping” che impediscono la guarigione, incluso ischemia locale dei tessuti, trauma ripetitivi da ischemia/riperfusione, presenza di necrosi, compromissione della risposta cellulare locale e sistemica allo stress e contaminazioni critiche da microorganismi (batteri). In particolare, la presenza di batteri (bacterial burden) nelle lesioni contribuisce al mantenimento di uno stato di infiammazione latente che inibisce la normale progressione della cicatrizzazione verso la fase proliferativa (granulazione), impedendo in tal modo la “restitutium ad integrum”. (1) La cicatrizzazione, comunemente descritta come un susseguirsi di 4 fasi: emostasi, infiammazione, proliferazione e maturazione, è in realtà un’interazione complessa – coordinata con precisione – tra cellule infiammatorie di origine ematica, cellule mesenchimali residenti e mediatori cellulari (citochine), che stabiliscono una significante sovrapposizione tra le diverse fasi del processo cicatriziale. Il trattamento adeguato di una lesione deve mirare all’eliminazione degli impedimenti locali che ne ostacolano la guarigione e all’ottimizzazione dell’ambiente tissutale (wound bed management), al fine di ottenere un fisiologico processo di cicatrizzazione. Sono diversi e numerosi i fattori che possono ritardare e/o compromettere il decorso cicatriziale: i fattori sistemici come malattie croniche, insufficienze vascolari, diabete, difetti neurologici, deficienze nutrizionali, età avanzata, e fattori 6 locali come pressione (intesa come compressione duratura e persistente di parti del corpo), infezione e edema che possono ugualmente impedire la cicatrizzazione. La cura delle ferite è un impegno olistico che richiede l’identificazione accurata dei problemi specifici, locali e generali, che interferiscono con la cicatrizzazione di ogni paziente. Si definisce “cronica” una lesione (non-healing wound) che presenta rottura della continuità della pelle da oltre 6 settimane (lesione cronica di lunga durata > 6 settimane) o che presenta ricorrenza frequente. (1, 2). Nella accezione più aggiornata tutte le lesioni che hanno difficoltà a guarire non vengono più definite croniche ma “Non-healing” wounds (3). Nella società odierna queste lesioni rappresentano un problema sanitario di non poco conto. Si stima che, approssimativamente, dall’1% al 2% della popolazione sarà affetta da ulcere alle gambe durante la loro vita e questa cifra probabilmente è destinata a salire con il progressivo invecchiamento della popolazione (4, 5). I costi associati a questo tipo di debilitazione sono impressionanti. Negli USA si calcola che i costi di trattamento raggiungono i 3 miliardi di dollari l’anno e dunque rappresentano una porzione non trascurabile del budget totale per la sanità (6). Le spese globali annue per la cura delle ferite risulta fra 13 e 15 miliardi di dollari (7). Si definiscono FERITE DIFFICILI “Non-healing” wounds tutte quelle ferite acute e croniche che non tendono facilmente a guarire sia spontaneamente, sia con l’aiuto dello specialista vulnologo. Fra le ferite difficili acute annoveriamo quelle legate a TRAUMI di vario tipo e quelle legate a COMPLICANZE CHIRURGICHE (deiscenze di ferite chirurgiche) o ASCESSI o FLEMMONI ( ad esempio nel piede diabetico). LESIONI CUTANEE CRONICHE Venose Vascolari Arteriose Miste Ulcerative Da pressione Diabetiche Neurogene Traumatiche Neoplastiche Post chirurgiche 7 Fra le ferite difficili croniche annoveriamo le ULCERE CUTANEE VENOSE (provocate da una patologia vascolare venosa varicosa e/o post-flebitica – Fig. 1 e 2 -rappresentano oltre il 70% di tutte le ulcere cutanee a genesi vascolare): le ULCERE CUTANEE ARTERIOSE (provocate da una patologia vascolare arteriosa ostruttiva o embolica e quindi a base ischemica): Fig. 1 Fig. 2 le ULCERE CUTANEE MISTE (provocate da una patologia vascolare sia arteriosa che venosa). Ci sono poi le ULCERE CUTANEE VASCULITICHE (legate ad una sofferenza per lo più del microcircolo cronica con periodiche riesacerbazioni acute ed associate a gravi patologie del connettivo tipo la sclerodermia, il lupus erytematosus etc…)); le ULCERE CUTANEE DIABETICHE ( causate da disturbi del microcircolo – MICROANGIOPATIA- e/o nervosi –NEUROPATIA-), Le lesioni diabetiche possono causare danni gravissimi soprattutto alle estremità 8 inferiori ed in particolare a carico dei piedi (PIEDE DIABETICO) con ASCESSI E FLEMMONI DEI TESSUTI MOLLI E DEI TENDINI ed OSTEONECROSI con microfratture ripetute e deformazione del piede (PIEDE DI CHARCOT). (Fig.3) Fig. 3 Il piede destro mostra necrosi del III, IV e V dito dovute ad arteriopatia ostruttiva cronica aterosclerotica (vedi stenosi multiple preocclusive dell’arteria femorale superficiale nell’arteriografia) e a microangio e neuropatia diabetica ( il paziente avendo insensibilità non si è accorto di stare col piede troppo vicino al caminetto con conseguente ustione di IV grado). Il piede sinistro mostra lesione da decubito calcaneare Fra le lesioni cutanee croniche annoveriamo infine le ULCERE CUTANEE DA PRESSIONE (UdP dette anche DA DECUBITO), tipiche di soggetti defedati ed allettati (pazienti molto anziani, affetti da malattie neoplastiche o da patologie croniche che portano alla progressiva impossibilità di alzarsi e muoversi), costretti quindi a decubiti obbligati a letto o all’utlizzazione cronica di sedie a rotelle (pazienti tetra e paraplegici). (13, 14) Nel mondo occidentale le UdP sono il tipo di lesione cronica più comune. Le cifre sulla frequenza delle UdP sono molto variabili, si ritiene, però, che sia intorno al 10% degli pazienti in centri di cure intensive (acute care setting, primary care setting) con variazioni che vanno dallo 0,4% al 38%, tra il 2-29% in “long term care” e tra lo 0-17% in “home care” (8). La 9 vera prevalenza di UdP in centri di cura per malati cronici (secondary care setting) non è nota, ma è molto probabile una cifra intorno al 20% (12). La EPUAP (European Pressure Ulcer Advisory Panel) ha stimato la prevalenza intorno al 18,1% (9) (10). Severens et al. (11) hanno valutato che il costo delle UdP incide sul budget sanitario per l’1%. Il trattamento delle UdP è costoso e questo giustifica gli sforzi per ricercare un uso ottimale di ridotte risorse finanziarie. - Uno studio recente ha dimostrato che il 30% dei pazienti anziani che vengono ricoverati per la frattura dell’anca sviluppano UdP (Ulcere da Pressione) entro brevissimo tempo dal ricovero (15), mentre negli anni 80 era stato calcolato che lo sviluppo di UdP di varia severità in pazienti ortopedici era oltre il 60% (16). Anche secondo Guralnik et al. (17). tra il 57 e il 60% delle ulcere da pressione si sviluppa durante il ricovero ospedaliero. Sforzi sistematici miranti alla educazione del personale sanitario e specifici interventi operati da team interdisciplinari per ridurre l’incidenza delle Ulcere da Pressione hanno dimostrato che questa incidenza può essere ridotta, ma non azzerata, e che questa riduzione è spesso transitoria e instabile nel tempo, spesso anche a dispetto di aggressive misure di prevenzione (18; 19; 20). Questo perché molti dei fattori di rischio agiscono sinergicamente potenziando e amplificando il rischio di sviluppare UdP e perché la presenza di UdP costituisce spesso una sindrome geriatrica legata a condizioni patologiche multifattoriali che contribuiscono ad amplificare la vulnerabilità della cute delle persone anziane (21). La prevalenza di UdP, infatti, aumenta drammaticamente non solo con l’aumentare dell’età, ma anche quando si è in presenza di fattori di maggiore predisposizione come malattie cardiovascolari, metaboliche, disfunzioni neurologiche, lesioni ortopediche, ecc. (22; 23). Si pensa, comunque, che l’incidenza delle ulcere da pressione possa essere un indicatore della qualità del “servizio” sanitario (24; 25; 26) ma questo è valido solo per i pazienti che non presentano fattori di rischio per lo sviluppo di UdP o per quelli in cui questi fattori sono molto bassi (8). Se davvero le ulcere da pressione possono essere completamente evitate è una questione che rimane ancora controversa (8). Di fatto, per molti aspetti, le ulcere da pressione non possono essere completamente evitate e pertanto non sempre la loro incidenza può essere utilizzata come indicatore di qualità delle strutture ospedaliere, anche 10 se deve sempre essere fatto ogni sforzo per ridurne l’incidenza (8). Spesso non resta altro che imparare a gestire al meglio le situazioni non evitabili (malati terminali, pazienti ortopedici, incontinenza urinaria e/o fecale, portatori di dispositivi medici meccanici, malformazioni ossee come cifosi della colonna o scapole alate, ecc.) (8; 26) tenendo conto di tutti gli aspetti legati alle necessità del paziente e della famiglia che se ne prende cura e non concentrandosi solo sulla lesione in se stessa (26). Comunque le buone pratiche sanitarie, delineate nelle linee guida nazionali ed internazionali (International Best Practice: EPUAP 1998, NICE 2005) (27), mirano proprio a ridurre e minimizzare l’incidenza dei fattori di rischio e comprendono: valutazione del rischio, diminuzione degli effetti della (com)pressione meccanica, valutazione dello stato nutrizionale, riduzione del tempo di giacenza a letto o di permanenza in seduta dei pazienti ed interventi per la preservazione della cute (8). Le lesioni, a base ischemica, si producono ovunque ci siano sotto pelle prominenze ossee ( quindi in sede sacrale, ischiatica,calcaneare, sul dorso, sulla nuca, sulle orecchie….) e richiedono accurata cura della pelle delle zone a rischio, frequenti cambi di posizione e ricorso ad ausilii specifici (materassi anti-decubito al fine di evitare una potenziale recidiva). 11 1.2 DATI STATISTICO-EPIDEMIOLOGICI L’aspettativa media di vita della popolazione italiana è aumentata in modo significativo negli ultimi decenni per il miglioramento delle condizioni igienicosanitarie legato al progresso scientifico e tecnologico in campo medico e chirurgico ed al benessere sociale ed oggi si attesta in circa 77 anni per gli uomini e 83 anni per le donne. In un recente studio statistico della UE comparso sulla stampa nazionale è riportato che 7 sulle prime 10 città europee con maggiore percentuale di popolazione over 75 sono italiane (Trieste 13.2%, Bologna 13%, Firenze 12.3%, Genova 11.7%, Ancona 11%, Venezia 10.8% e Cremona 10.3%). Le proiezioni statistiche fanno prevedere che entro 30 anni un quarto della popolazione italiana avrà più di 65 anni e che l’uomo nato nel 2004 potrà vivere mediamente fino a 100 anni.( Tab. I) Tab- I 12 Purtroppo di pari passo con l’allungamento della vita è inevitabile anche l’aumento di malattie degenerative croniche, come le vasculopatie arteriose e venose ed il diabete mellito con annesse complicanze ulcerative croniche e gravi turbe del trofismo del piede su base ischemica e/o neuropatica (piede diabetico). Nella Tab. II si evidenzia bene come vi sia una brusca impennata di tali malattie a partire dai 60 anni ed ancor di più dopo i 75 anni. Tab II 13 La popolazione diabetica in Italia è in forte crescita e , a parte alcune regioni come la Sardegna in cui è endemico il Diabete Giovanile insulino-dipendente, nella maggior parte dei casi abbiamo a che fare con diabete di II tipo non insulinodipendente. Nella Tab. III sono riportati dati statistici, che evidenziano anche l’alta incidenza in questi pazienti di ulcere cutanee e purtroppo di amputazioni conseguenti. Tab. III Viste le proiezioni statistiche di progressivo aumento dell’età media della popolazione, lo scenario futuro che la Sanità Italiana si troverà ad affrontare non è dei più incoraggianti. Si prevede infatti che entro 30 anni il 25% della popolazione avrà più di 65 anni e che nei prossimi 15-20 anni si raddoppierà il numero dei pazienti diabetici. Oggi in Italia le lesioni cutanee croniche rappresentano lo 0,4% dei ricoveri e l’1% delle giornate di degenza. Nel Lazio le stime, su dati Istat 2002, indicavano in 5.086 i ricoveri ed in 65.000 le giornate di degenza per tale patologia. 14 A fronte di una evidenza in letteratura internazionale dell’aumento di prevalenza ed incidenza nella problematica, ancora pochi sono i provvedimenti presi soprattutto nella nostra Nazione. In Europa e negli USA il problema è stato affrontato con maggior determinazione, investimenti ad hoc in termini di presidi, linee guida e formazione del personale. In Italia il problema è, attualmente, difficilmente stimabile. I dati possono essere raccolti solo a livello locale in assenza di un “registro” delle ulcere. In realtà in Italia spendiamo già grosse cifre per questi problemi, forse anche troppo al confronto di altre nazioni in Europa e nel mondo, come evidenzia la Tab. IV Tab IV In Italia spendiamo 4 volte di più di quanto spendono Francia e Germania, due volte di più di quanto spende la Gran Bretagna e praticamente spendiamo quanto gli Stati uniti, ma in modo non organizzato. 15 A differenza ad esempio di altre nazioni europee investiamo troppo sugli ospedali e troppo poco nell’assistenza sul territorio e al domicilio dei pazienti (come evidenziato anche da articoli comparsi nella stampa, come il sottostante pubblicato da Il Messaggero di Roma). In realtà già utilizzando le nuove tecnologie terapeutiche (medicazioni avanzate, VAC Therapy, cellule staminali, Fattori di crescita e Bioingegneria tessutale) potremmo ridurre le giornate di degenza in Ospedale ed ottenere guarigioni più rapide con conseguente riduzione della spesa sanitaria specifica, come evidenziato dal sottostante studio della Onlus Ageing Society. 16 si potrebbe ottenere : 17 Quindi occorrerebbe : 1) Creare reti integrate Ospedale-Territorio 2) Formare ed aggiornare il personale sanitario 3) Istruire badanti, parenti e care-givers 4) Diffondere l’uso di medicazioni avanzate 18 1.3 WOUND CARE La cura delle lesioni cutanee acute e croniche (WOUND CARE è la definizione anglosassone nata nel 1969 ad opera di George D. Winter, membro del dipartimento di ingegneria biomedica del Royal Orthopeadic Hospital a Stanmore, Middlesex) è venuta ad assumere negli ultimi anni dignità di Area di Intervento Specializzato, Multidisciplinare e Multifunzionale, alla quale partecipano diverse figure professionali (medici, farmacisti, infermieri, podologi, fisioterapisti, ecc.) e numerose specialità mediche (traumatologi, specialisti nel trattamento delle ustioni, podiatri, dermatologi, diabetologi, fisiatri, specialisti delle Unità Spinali, chirurghi generali, chirurghi vascolari, chirurghi plastici, nutrizionisti, anestesisti, palliativisti, ricercatori, etc.). La traduzione letterale del termine dalla lingua inglese è: Wound lesione della pelle e Care prendersi cura di qualcosa o qualcuno. In italiano si potrebbe tradurre “assistenza a persone con problemi di lesioni cutanee”. Ciascuno nel suo settore di competenza interviene nella prevenzione e nel trattamento delle lesioni con uno dei seguenti scopi: PREVENZIONE PRIMARIA, SECONDARIA E TERZIARIA PREPARAZIONE DEL LETTO DELLA LESIONE CORREZIONE DEI FATTORI PREDISPONENTI DELL’OSPITE INTERVENTI ATTIVI NELLA FACILITAZIONE DELLA GUARIGIONE Da quanto enunciato risulta evidente il concetto che Il termine WOUND CARE esprime una filosofia complessa di trattamento delle ferite ed in particolar modo delle ferite difficili che non ha niente a che vedere con il semplice concetto di MEDICAZIONE di una volta, rappresentando una vera e propria nuova branca della scienza, che in Italia chiamiamo VULNOLOGIA. L’obiettivo da perseguire dovrebbe consistere nella creazione di un’area dedicata alla WOUND CARE dove far confluire PREVENZIONE, TRATTAMENTO, EDUCAZIONE e RICERCA. Il trattamento dovrebbe essere affidato a centri, gruppi di lavoro e professionalità strategicamente collocate nel territorio, secondo criteri diversificati d’intervento, 19 con aumento della complessità in senso centripeto (Territorio Ospedale), nella logica della cooperazione multidisciplinare e multiprofessionale orientata al paziente, ed in un’ottica di approccio multidimensionale e di implementazione della funzione di esperti di specialità nelle diverse aree di competenza (Gruppi Multidisciplinari di Lavoro). Tutti i livelli dovrebbero attivarsi in senso proattivo relativamente alla prevenzione, anche nei confronti della popolazione generale, con particolare riguardo a quella affetta ed a rischio, e dei caregivers ( parenti, badanti, volontari….., che si occupano a casa educativo/informativa, della sia cura dei rilevando i pazienti), dati sia con epidemiologici ed metodologia orientando conseguentemente le azioni preventive, in sinergia con i diversi attori che ai vari livelli insistono o dovrebbero insistere su attività correlate o simili. Ruolo del Farmacista nel Wound Care: 1) Educatore sanitario; 2) Professionista che elargisce i nuovi servizi della Farmacia; 3) Galenista. 1) Figura del Farmacista come informatore delle caratteristiche di un farmaco, delle sue posologie, delle avvertenze, delle precauzioni e di possibili interferenze con altri medicinali somministrati in concomitanza al paziente che a lui si riferisce per consulenze. 2) Un ruolo riscoperto recentemente è quello del Farmacista (decreto n° 153 del 2009 - nuovo ruolo della farmacia all’interno del SSN) che si occupa di: - assistenza domiciliare integrata mettendo a disposizione operatori sociosanitari, infermieri e fisioterapisti per l’effettuazione a domicilio di specifiche prestazioni professionali richieste dal medico; - servizi di primo livello attraverso la partecipazione alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione e ai gruppi di rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di 20 informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano. - servizi di secondo livello e analisi di prima istanza rivolti ai singoli assistiti, in coerenza con le linee guida ed i percorsi diagnostico – terapeutici previsti per le specifiche patologie, su prescrizione del medico, anche avvalendosi di personale infermieristico, prevedendo l’inserimento delle farmacie tra i punti forniti di defibrillatori automatici. Le farmacie possono effettuare, nell’ambito dei servizi di secondo livello, analisi di prima istanza rientranti nell’autocontrollo, restando in ogni caso esclusa l’attività di prescrizione e diagnosi nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti. - prenotazione visite ed esami specialistici ambulatoriali presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate provvedendo anche al pagamento dei relativi ticket e al ritiro dei referti clinici. 3) Farmacista preparatore galenico che si prodiga nella preparazione in laboratorio di forme farmaceutiche a misura della necessità terapeutica del singolo paziente nel rispetto delle possibili intolleranze ed incompatibilità. 21 1.4 TERAPIA GENERALE E LOCALE Il trattamento delle ferite difficili deve prevedere un preciso protocollo che si deve articolare in misure terapeutiche di ordine generale e locale. E’ evidente che se sussiste una patologia vascolare, se ne deve prevedere un trattamento specifico. Quindi in caso di ulcere dovute a flebopatie, sarà necessario un trattamento chirurgico ( stripping delle safene, eliminazione delle safene con scleromousse, laser o radiofrequenza) e medico (elastocompressione con bende o calze elastiche) . In caso di ulcere dovute ad arteriopatia ostruttiva cronica bisognerà ricorrere alla terapia chirurgica per eliminare l’ischemia e alla terapia medica ( infusione di prostaglandine e di farmaci emoreologici). In caso di lesioni diabetiche sarà necessario stabilizzare il diabete variando dosaggio e tipo di terapia ( farmaci anti-diabetici orali, insulina , pompa d’infusione continua di insulina) 22 In caso di lesioni da pressione si dovranno mettere in atto tutte le misure preventive necessarie ad eliminare la causa delle lesioni stesse e di una loro eventuale recidiva (materasso anti-decubito, frequente variazione della posizione a letto, utilizzo di cuscini particolari sulla sedie a rotelle, cura della pelle con creme grasse ed idratanti). Il trattamento locale deve essere meticoloso ed eseguito ad intervalli di tempo variabili in funzione del tipo e stadio della lesione e del tipo di presidio terapeutico utilizzato. L’obiettivo che si propone è la preparazione del letto della ferita per miglioralo fino ad ottenere la guarigione della stessa (Wound Bed Preparation) Nella strategia per la gestione terapeutica delle ulcere, il concetto di “Wound Bed Preparation” sta guadagnando accettazione generalizzata come modo globale di pensare alla lesione cronica, basandosi non solo sull’aspetto clinico ma anche sulle possibili problematiche patologiche che devono di volta in volta essere affrontate (1). Quest’approccio è nato dalla realizzazione che anche i vantaggi dovuti a mezzi terapeutici avanzati possono non essere efficienti se non si adottano le misure che promuovono il processo endogeno di cicatrizzazione. (28) Il concetto di “TIME” è stato proposto da un Panel Internazionale (29) per comprendere gli aspetti principali della “Wound Bed Preparation”. “TIME” è l’acronimo per i seguenti concetti: T= Tissue management (inadeguate or non viable or deficient tissue within the wound bed) Spray Wound Cleansing. I= Inflammation and Infection control (the presence of infection and/or inflammation) Crema all’allantoina, Spray Wound Cleansing. M= Moisture balance (excessive moisture control) Crema all’allantoina. E= Epidermal (edge) advancement undermined) Diltiazem gel. 23 (non-advancing epidermis or In sostanza l’acronimo indica gli aspetti che devono essere presi in considerazione per trasformare una lesione cronica non cicatrizzante in una in via di guarigione (29). Ogni concetto di “TIME” deve essere specificamente valutato e monitorato per poter poi identificare gli interventi adeguati da adottare per ottenere la guarigione delle lesioni croniche. Oltre a permettere di adottare uno standard ottimale di trattamento, il metodo “TIME” consente anche di offrire al paziente parametri oggettivi di valutazione del decorso delle proprie lesioni (30). Tissue management: esprime il concetto che i tessuti non vitali devono essere al più presto rimossi (debridment o sbrigliamento) per evitare che diventino focolaio per infezioni oltre che essere di impedimento per il corretto svolgimento del processo cicatriziale (8,28). Nelle ulcere il debridmente è assolutamente indispensabile per poter ottenere la guarigione e rientra tra i fattori di “Standard care procedures/regimens” (fino a che non si attua la completa rimozione dei tessuti necrotici -sbrigliamento o debridement-, le medicazioni terapeutiche -ad eccezione di quelle che devono indurre lo sbrigliamento enzimatico- non devono essere applicate e i pazienti affetti da ulcere possono essere inclusi nei trials clinici di ricerca solo dopo il completo sbrigliamento delle lesioni) (3) anche se, sorprendentemente, non esistono studi clinici che dimostrino che il debridment della superficie delle lesioni croniche acceleri effettivamente il processo cicatriziale rispetto a lesioni in cui il debridment non è stato praticato (31). Di fatto però si dà per scontato che il debridement debba essere sempre fatto anche per impedire che il tessuto diventi terreno di coltura per i batteri (29). I metodi di debridment sono vari ma, mentre lo sbrigliamento chirurgico viene riconosciuto il più rapido ed efficace, pur necessitando di elevata esperienza da parte di personale specialistico (chirurgo) (8, 31) e pur essendo sconsigliato in particolari e specifiche situazioni (32), il debridment non-meccanico può esser praticato con diversi prodotti esistenti (8) nessuno dei quali ha però dimostrato proprietà superiori agli altri (8, 31). Spray Wound Cleansing. Inflammation and Infection: Esprime il concetto che lo stato infiammatorio della lesione dovuto a complicazioni infettive (infezione) deve essere tenuto sotto controllo e risolto perché altrimenti il processo di guarigione è completamente compromesso (8) Crema all’allantoina, Spray Wound Cleansing. 24 Moisture balance: esprime il concetto che la superficie della lesione deve essere sempre mantenuta sufficientemente idratata allo scopo di evitare l’eccessivo disseccamento (formazione dell’escara) utilizzando adeguati dressing “moisturising” mentre l’eccessiva perdita di liquidi dalla superficie lesionata deve essere tenuta sotto controllo utilizzando dressing e medicazioni adatti ad assorbirne l’eccesso, causato dalla trasudazione (da stasi) o essudazione (infiammatoria) (8). Il concetto di ambiente adeguatamente umido della superficie delle lesioni ha portato allo sviluppo del concetto di “dressing occlusivo” inteso come capacità della medicazione di impedire la traspirazione dalla superficie della ferita verso l’esterno. Crema all’allantoina. Epidermal (edge) advancement: esprime il concetto che l’avanzamento dei margini per riepitelizzazione della lesione sono la prova clinica del buon andamento del processo cicatriziale e la sua misurazione mediante riduzione dei diametri o dell’area offrono un indice di previsione per il decorso della lesione. Diltiazem gel. Per monitorizzare al meglio l’evoluzione della lesione cutanea si può far ricorso a vari tipi di stadiazione delle stesse. Quello più semplice ed intuitivo, che meglio può indirizzarci verso l’eventuale necessità di modificare le medicazioni è la STADIAZIONE W.C.S. (Wound Care Society) Questa descrive la LESIONE CUTANEA con i colori diversi:: a) NERA (necrotica, secca o umida Fig. 10) 25 b) GIALLA (fibrinosa e a fondo torpido, asciutta, poco o molto essudante, infetta o non infetta Fig.11 c) ROSSA (detersa, ben granuleggiante, in via di guarigione Fig. 12) L’obiettivo per il wound specialist (vulnologo) è quello di portare le lesioni cutanee dallo stadio nero al giallo ed infine al rosso utilizzando medicazioni di vario tipo e modificandone il tipo se si nota dal colore della ferita che le cose non vanno nella direzione giusta. 26 ) AMBIENTE SECCO ASSORBIMENTO ESSUDATO ADESIVE AMBIENTE UMIDO GESTIONE ESSUDATO NON ADESIVE RIMOZIONE DOLOROSA RIMOZIONE ATRAUMATICA IMPERMEABILITA’ A LIQUIDI e BATTERI BARRIERA MECCANICA CAMBI FREQUENTI ALGINATI ALGOSTERIL Sali di calcio e/o ALGISITE sodio dell’acido KALTOSTAT alginico Derivano HYALOGRAN dalle alghe SILVERCEL marine. Emostasi SEASORB Elevata assorbenza CAMBI DOPO PIU’ GIORNI IDROGEL BIOLOGICHE HYALOFILL Sono medicazioni aHYALOGRAN base di CONDRESS ac.jaluronico, collagene , TISSUFLEECE matrici GENTAFLEECE modulanti di PROMOGRAN proteasi e PROMOGRAN sostituti dermici. PRISMA NU-GEL Elevata % NU-GEL H2O placche DUODERM Idratano le COMFEEL lesioni HYPERGEL secche e con NORMLGEL escara. IDROFIBRE AQUACEL Tessuto non tessuto. AQUACELSiAG JALOSKIN Non sono aderenti. Accelerano la trasformano in gel a IDROCOLLOIDI granulazione contatto con essudato DUODERM Miscele di polimeri granulari ricoperti da un film di poliuretano, COMBIDERM impermeabile all’H2O. Aderiscono solo alla cute sana. BIATAIN Assorbono essudato fino a 10 volte il loro peso CUTINOVA NU-DERM 27 ENZIMI PROTEOLI TICI ELASE Utili per HYRUXOL DEBRIDEMENT NON ADERENTI CONNETTIVINA CONNETTIVINA PLUS FITOSTIMOLINE ADAPTIC INADINE JELONET MEPITEL FILMS ASSORBENTI OPSITE ACTISORB Medicazioni BIOCLUSIVE trasparenti EPIVIEW occlusive MEFILM ACTISORB PLUS MELOLIN SCHIUME CUTINOVA Fogli di poliuretano FOAM diversi con matrice a celle . Si TIELLE adattano bene alle sedi TIELLE anatomiche. Non aderiscono PLUS all’ulcera. TIELLE LITE MEPILEX Assorbimento essudato CONTREET Molto importante è poi la cura della cute perilesionale, perché da questa dipenderà la tendenza della lesione a restringersi o allargarsi, quindi a guarire o a peggiorare, Dalla valutazione della cute perilesionale potremo decidere se la medicazione che stiamo usando è quella giusta per mantenere localmente il giusto grado di umidità indispensabile per la rapida guarigione. 28 DESCRIZIONE DELLA CUTE PERILESIONALE a) integra ( il giusto grado di umidità lascia la cute sana e vitale) b) eritematosa (il tessuto perilesionale è francamente coinvolto in una reazione infiammatoria da infezione per cui sarà necessario un esame colturale per praticare una terapia antibiotica mirata) c) edematosa ( vedi sopra) d) macerata ( il grado di umidità locale è eccessivo e la lesione tende ad allargarsi, per cui è necessario ricorrere a medicazioni in grado di modulare meglio l’essudato prodotto). 29 CAPITOLO 2°- Preparazioni galeniche 2.1 La cute e l’assorbimento transdermico Una via di somministrazione dei farmaci di rilevante interesse è attraverso la cute, e la descrizione dei processi di assorbimento in essa coinvolti richiede la conoscenza almeno schematizzata della sua struttura. La cute è il tessuto epiteliale più esteso, più spesso e complesso di tutto il corpo, ed è un organo che adempie a funzioni di termoregolazione e di protezione. La cute, essendo impermeabile, difende l'organismo dagli agenti atmosferici e dai microrganismi diffusi nell'ambiente, permettendo comunque una sana respirazione e traspirazione. E' formata (v. figura a destra), procedendo dall'esterno (dall'alto) verso l'interno, dall'epidermide e dal derma. L'epidermide è la parte più superficiale della cute, formata a sua volta da quattro strati di cellule: strato corneo: è la parte visibile dall'esterno. Le sue cellule, incapaci di riprodursi, sono di fatto involucri contenenti cheratina, una proteina ricca di zolfo che compone anche le unghie, i peli e i capelli. Lo strato corneo, insensibile, costituisce una valida difesa per il nostro corpo che non ha, come quello di quasi tutti gli altri animali, penne, squame o pelliccia per proteggerlo dalle lesioni e dall'evaporazione. Nello strato corneo si concentrano importantissime funzioni di protezione in 30 quanto è impermeabile all'acqua (evita cioè sia la sua penetrazione, sia la sua fuoriuscita eccessive) ed ai gas; ha una certa resistenza ad alcali e acidi, oltre che a sollecitazioni meccaniche, elettriche e così via; infine, respinge in buona parte gli agenti biologici che tentano di aggredire l'organismo. Questo strato si rinnova eliminando le vecchie cellule quando vengono sostituite da quelle nuove, che risalgono dallo strato germinativo (il più profondo). Un percorso che compiono all'incirca in 28 giorni. strato lucido: è visibile solo nelle zone del corpo esposte ad attrito, come le palme delle mani e le piante dei piedi; è il responsabile principale dell'impermeabilità della cute. strato granuloso: costituisce il confine tra le parti cheratinizzate, più superficiali e amorfe, e le cellule vitali delle zone più profonde, come quelle dello strato spinoso, che prende il nome dalla forma delle sue cellule, dotate di protuberanze appuntite che hanno la funzione di collegare tra loro le varie cellule e che conferiscono solidità all'epidermide nel suo insieme. strato basale o germinativo (o di Malpighi): si chiama così perché è in esso che proliferano gli elementi cellulari (cilindrici) che si moltiplicano attivamente, spingendo di continuo verso l'esterno gli strati più vecchi. Qui avvengono i processi più importanti ai fini della cicatrizzazione. Lo strato basale è la sede dei melanociti, le cellule responsabili del colore della pelle e dei nei (o nevi), ma anche dell'abbronzatura che, estetica a parte, serve a proteggere la pelle dalle radiazioni solari. Inferiormente all'epidermide, che si può considerare lo strato difensivo della cute, si trova una membrana chiamata giunzione dermoepidermica; sotto di questa, si ha il derma. Il derma è ricco di vasi sanguigni che servono anche a nutrire lo strato inferiore dell'epidermide, che è priva di vasi propri. Si può osservare che la superficie della pelle è percorsa da solchi sottilissimi che si 31 incrociano delimitando aree romboidali, oppure decorrono paralleli separando sottilissime creste: queste "papille" corrispondono a ondulazioni della superficie di contatto fra derma ed epidermide, ove si raccolgono anse vascolari e terminazioni nervose. Lo strato profondo del derma è ricco di cellule adipose e forma il cosiddetto "pannicolo adiposo" più o meno abbondante a seconda delle zone corporee e degli individui. Epidermide e derma sono infine sedi di particolari formazioni: peli, unghie, ghiandole sudoripare, sebacee e terminazioni tattili. E' sempre nel derma che troviamo le cellule e le sostanze che determinano l'elasticità cutanea: il collagene; le fibre reticolari, responsabili dell'adesione dell'epidermide al derma; le fibre elastiche, formate da elastina. L'assorbimento per via cutanea agisce con un meccanismo lento di accumulo. Contrariamente ad altre strutture del corpo, la pelle è costantemente esposta all'ambiente e le sostanze assorbite dalla pelle entrano direttamente nel circolo sanguigno. Per questo motivo in alcuni casi vengono somministrati medicinali per via transdermica, in modo da evitare interferenze da parte dello stomaco o dell'intestino e nello stesso tempo non provocare eventuali danni alla parete gastrica. La permeazione attraverso i vari strati della pelle, segue tre modalità: a: penetrazione tra le cellule (transcellulare); b: penetrazione attraverso le cellule (intercellulare); c: penetrazione attraverso i follicoli piliferi, le ghiandole sudoripare o sebacee, la via pilosebacea. A livello industriale i farmaci sono disponibili come cerotti (TTS) o gel contenenti principi attivi assorbiti per via transdermica. 32 Terapia transdermica: è la chiave per un diretto assorbimento di un farmaco, assorbimento rappresentato dalla penetrazione del principio attivo attraverso lo strato corneo. Lo strato corneo presenta un contenuto lipidico per lo più concentrato nella fase extracellulare. Ecco che nelle forme farmaceutiche transdermiche è determinante la componente lipidica nella sua formulazione. Lo strato lipidico infatti fa da barriera ed idrata la pelle. Lo strato corneo è un tessuto cheratinizzato e costituisce così una vera e propria barriera per le sostanze esterne. Negli scorsi anni veniva superata questa barriera utilizzando come veicolo il dimetilsolfossido (DMSO) che ha la proprietà di disgregare e modificare la funzione dello strato barriera, alterando così lo strato corneo per denaturazione delle proteine e provocando spesso irritazioni della pelle con rossore. Altri veicoli impiegati per l’attraversamento di tale strato sono l’urea e i tensioattivi; veicoli per creme impiegati sono l’isopropil palmitato, estere isopropilico dell’acido palmitico e i Poloxamer, copolimeri sintetici costituiti da una catena centrale idrofobica di poliossido di propilene e da due catene esterne poliossietileniche idrofile, una doppia caratteristica che permette al veicolo una maggior ripartizione del principio attivo che attraversa meglio la zona intercellulare garantendo una migliore penetrazione del preparato. Un altro parametro importante da considerare per poter definire un buon assorbimento transdermico risiede nella velocità di diffusione del farmaco e tale velocità si basa su: - sito d’azione ( locale); - concentrazione del farmaco; - coefficiente di partizione O/A tra lo strato corneo e quello lipidico ( necessità di avere buone proprietà sia lipofile che idrofile inoltre generalmente il principio attivo presente in tali preparati dovrebbe avere più affinità nei confronti della pelle che verso il veicolo in cui è disperso per aumentare il suo assorbimento); - area in cui è applicato; 33 - PM del farmaco i valori di buona permeabilità si aggirano in un range di peso molecolare compreso tra 100 ed 800 g/mol ma la condizione ideala sarebbe di 400 g/mol. - Idratazione della zona in cui è applicato; - Spessore dello strato (preferibile uno strato sottile). I vantaggi derivanti da una somministrazione trans dermica sono: - Possibilità di fornire farmaci che altrimenti per via gastrointestinale non verrebbero assorbiti per via dei processi di degradazione delle molecole dovuti dall’ambiente e dal pH qui presenti; - Non è invasiva; - Migliore compliance; - Evito l’effetto di primo passaggio metabolizzazione attraverso enzimi epatici; - L’interruzione di tale terapia è rapida. 34 del farmaco e quindi una 2.2 Preparazione Diltiazem 2% in Pluronic Lecithin Organogel Formulazioni: International Journal of Pharmaceutical Compounding Vol. 8 No. 4 July/August 2004 295 Metodo di preparazione: 1. Calcolare la quantità richiesta di ciascun ingrediente per la totale somma da preparare. 2. Pesare o misurare accuratamente ciascun ingrediente. 3. Miscelare il diltiazem con il glicole propilenico per formare una pasta omogenea. 4. Incorporare la lecitina con una soluzione di isopropile palmitato e miscelare bene. 5. Aggiungere una sufficiente quantità di soluzione di Pluronic 20% e miscelare utilizzando un metodo di azione di taglio fino uniforme. 6. Confezionare ed etichettare. Operazioni di preparazione: Si utilizzano due siringhe luer lock entrambe con volume di capacità totale necessario a contenere la miscela finale. In una prima 35 siringa peso la quantità richiesta di lecitina isopropile palmitato (1:1) soluzione che costituisce la fase grassa della miscela, in una seconda siringa invece peso e pongo all’interno il quantitativo necessario di Poloxamer e glicole propilenico (la fase idrofila della miscela) a cui addiziono il quantitativo funzionale di Diltiazem. A questo punto collego le due siringhe con la metodica “luer to luer” e mescolo le sostanze aspirando e premendo contemporaneamente per circa dieci volte i pistoni delle due siringhe aumentando così sempre più il contatto tra le due fasi. Per essere sicuri di aver mescolato bene i componenti ed averli amalgamati totalmente, in particolare di aver lavato bene la zona sita nella parte superiore della siringa quella più ravvicinata al luer, si applica un vuoto invece di spingere il pistone cosicchè la nostra miscela possa incorporare tutte le possibili rimanenze lì presenti. Nella prove fatte per la preparazione del gel è stata abbassata leggermente la percentuale di lecitina isopropile palmitato (1:1) soluzione altrimenti la miscela risultava troppo morbida. Tutte queste operazioni, oltre che poi nella fase di utilizzo stesso del gel da parte del Medico, necessitano l’uso obbligatorio di guanti protettivi al fine di evitare possibili contaminazioni in quanto tale formulazione presenta un assorbimento transcutaneo. Confezionamento: Confezionare in stretti contenitori resistenti, leggeri ( siringhe con tappo luer). 36 Etichettatura: Tenere fuori dalla portata dei bambini. Usare solo come indicato. Uso esterno. Nota: Quando viene consigliata questa preparazione ad un paziente è bene spiegare la sua viscosità temperatura-dipendente. Poiché la preparazione viene applicata sulla pelle e distribuita, questa potrebbe diventare leggermente più viscosa e resistente all’essere spalmata. Stabilità: Un utilizzo per questa preparazione oltre 30 giorni sarebbe appropriato. [33] Data di ultimo utilizzo raccomandata dopo circa due mesi da quella di preparazione. Il gel va protetto dalla luce. In assenza di informazioni sulla stabilità del preparato, la data limite di utilizzazione (scadenza) delle emulsioni e sospensioni liquide è stabilita in 30 giorni per le preparazioni che non contengono alcol o lo contengono in quantità inferiore al 25 %. “Questo limite deve essere ridotto” ( ad esempio nelle soluzioni acquose) “o può essere superato solo sulla base di specifiche conoscenze e accorgimenti connessi con la contaminazione microbica del preparato e con le caratteristiche chimico-fisiche dei suoi componenti” (ad esempio mediante aggiunta di conservanti e/o stabilizzanti). In ogni caso il periodo di validità dei componenti utilizzati non può comunque superare i 6 mesi, sempre in assenza di informazioni sulla stabilità. Le informazioni sulla stabilità possono essere ottenute mediante prove accelerate di stabilità dei principi attivi oppure dedotte da testi scientifici o da analoghe formulazioni autorizzate all’immissione in commercio. Uso: Diltiazem gel è stato usato nel trattamento delle ferite difficili per applicazione perilesionale, sulla porzione di cute integra che circonda la ferita. Controllo di qualità: “Per i preparati magistrali i controlli di qualità sul prodotto finito possono essere limitati a semplici operazioni di verifica; devono essere comunque garantiti anche i limiti di accettabilità di norma entro il 10% ( si intenda ovviamente +/- 10 % n.d.r.) 37 del dichiarato” (da N.B.P. F.U.I. XII, capitolo 8). Per le emulsioni e sospensioni orali i controlli da effettuare sul prodotto finito sono i seguenti: - Verifica della correttezza delle procedure eseguite. - Controllo dell’aspetto e assenza di particelle visibili a occhio nudo ( possibilmente anche delle caratteristiche organolettiche: colore, odore). - Controllo della ridispersibilità delle fasi. - Controllo del confezionamento e in particolare della sua tenuta. - Determinazione del pH, solo se necessario. - Verifica della corretta compilazione dell’etichetta, compresa l’indicazione delle modalità di conservazione e di vendita. Per quanto concerne i preparati officinali eseguiti in scala ridotta, oltre ai controlli e alle verifiche previsti per il magistrale, la farmacopea richiede in linea generale che siano soddisfatti i seguenti saggi: - Saggio per la massa o il volume rilasciabile di preparazioni liquide e semisolide (quantità contenuta per flacone) (F.U.I. XI, pag.304, soppresso in F.U.I. XII) : svuotare il più completamente possibile il contenuto di un contenitore e determinare la massa o il volume del contenuto verificando che quest’ultimo non sia inferiore alla quantità indicata in etichetta. - Determinazione della densità: soltanto se richiesto, effettuata con un densimetro per liquidi più pesanti o più leggeri per dell’acqua. - Determinazione della viscosità: soltanto se richiesta. - Determinazione del pH: necessaria solo laddove l’ emulsionante sia stabile in un ridotto range di pH. Può essere effettuata con una cartina al tornasole o con un piaccametro digitale. - Determinazione della carica batterica. - Saggi accelerati di stabilità. Per prevederne il comportamento nel tempo la dispersione può essere sottoposta a una delle seguenti sollecitazioni fisiche: a) Temperatura elevata: conservazione a 40-50°C per periodi che vanno da una settimana a tre mesi. In questo modo vengono accelerati eventuali fenomeni di creaming e coalescenza. b) Alternanza tra basse e alte temperature: trattamento particolarmente 38 utile a valutare la variazione di granulometria delle polveri disperse nelle sospensioni. c) Centrifugazione: una sollecitazione a 3.750 giri per 5 ore corrisponde all’effetto della forza di gravità di un anno. La valutazione di qualità-controllo può includere peso teorico rispetto al peso reale, peso specifico, colore, consistenza della superficie, pH, apparenza, tatto, proprietà reologiche ed osservazioni fisiche. [34] Discussione: Diltiazem cloridrato è stato usato nel trattamento di fessure anali. [35-38] La sua applicazione su ferite topiche è più recente ed è generalmente applicato alla pelle immediatamente adiacente all’area ferita. - Diltiazem cloridrato è un derivato benzodiazepinico bloccante dei canali del calcio. Si presenta come una polvere cristallina bianca, inodore o come piccoli cristalli. È facilmente solubile in acqua ed è scarsamente solubile in alcol disidratato. Si scioglie con alcune decomposizione a circa 120 ° C. Dall’effetto calcio-bloccante dipende l’inibizione dei processi di accoppiamento eccitazione-contrazione nelle cellule muscolari cardiache e vasali e, di conseguenza, l’effetto vasodilatante a livello delle coronarie e delle arterie sistemiche. La dilatazione delle arterie sistemiche comporta una diminuzione delle resistenze periferiche totali e, quindi, un abbassamento della pressione arteriosa di 5-10 mmHg. [39] Verrà quindi valutata la storia clinica del paziente accuratamente scegliendo il corretto dosaggio e non somministrandolo a pazienti che soffrono già di per sé di ipotensione che si sommerebbe alla posizione ortostatica in cui si andrebbe a trovare durante la medicazione. La somministrazione concomitante di diltiazem e di farmaci che rallentano la conduzione cardiaca o che deprimono il miocardio (es. ß-bloccanti, antiaritmici e digitalici) può determinare un potenziamento di tali effetti e perciò, in linea di massima, è da evitare. [40] I valori di DL50 riscontrati nell’uomo sono 40-50 mg/kg per e.v. - Glicole propilenico: (C3H8O2) si presenta come un liquido chiaro, incolore, viscoso praticamente inodore, di sapore dolce, un po’ simile alla glicerina. 39 Esso ha un peso specifico di 1,038 g / ml ed è miscibile con il 95% di etanolo, glicerina ed acqua. [39] Ha una funzione di plasticità e di “esaltatore di assorbimento” (adsorbition enhancer). Questi ultimi sono agenti in grado di ridurre l’efficienza della barriera dello strato corneo con meccanismi diversi, chimici o fisici. Gli enhancers chimici: a) incrementano la diffusibilità della sostanza all’interno della barriera, b) ne aumentano la solubilità nel veicolo, c) migliorano il coefficiente di partizione. Inoltre, vi sono sistemi capaci di interferire con la biosintesi di alcuni lipidi che alterano la struttura della barriera incrementano la penetrazione. - Lecitina: (lecitina d'uovo, lecitina di soia, lecitina vegetale) è un emulsionante naturale. Da un punto di vista chimico è una miscela di fosfolipidi: essi derivano dalla struttura dei trigliceridi (che compongono tutti i grassi e gli oli che conosciamo), con la differenza che un acido grasso è sostituito da un gruppo fosforico (i fosfolipidi a questo punto prendono il nome di fosfatidi) al quale a sua volta è legata (legame estereo) una molecola più complessa di solito la colina , l’etanolammina, l’inositolo oppure un semplice atomo di idrogeno, molecole che danno così il nome al fosfatide: fosfatidilcolina (PC), fosfatidiletanolammina (PE), fosfatidilinositolo (PI) e infine acido fosfatidico (PA). La lecitina, derivata da fonti vegetali, ha un gusto dolce e varia dal marrone al giallo chiaro, a seconda che sia sbiancata o greggia. La lecitina è praticamente insolubile in acqua, solventi polari e olii freddi vegetali ed animali. Tuttavia, quando è mescolata con acqua essa si idrata per formare emulsioni. La lecitina deve essere conservato in contenitori ben chiusi e al riparo da luce. [40] - Isopropile palmitato: (C19H38O2) è un liquido incolore, mobile con un leggero odore che viene utilizzata come emolliente, veicolo oleoso e solvente; ha buone caratteristiche di propagazione. È solubile in acetone, olio di ricino, olio di cotone, alcool e oli minerali. [41] - Pluronic 20% soluzione: è un poloxamer. I poloxamer appaiono come bianchi, cerosi, granuli a flusso libero o come solidi che sono praticamente inodori e insapori. Poloxamer 407 (Pluronic F-127) è generalmente 40 disponibile in forma di polvere. È facilmente solubile in acqua, alcool e alcool isopropilico. [42] Per 100 mL: - Diltiazem 2 g - Glicole propilenico 5 mL - Lecitina : isopropile palmitato (1:1) soluzione 22 mL - Pluronic 20 % soluzione qs 100 mL La preparazione di questa forma farmaceutica gel è soggetta allo studio della dipendenza viscosità-tempo di applicazione della forza di agitazione per poter passare da una forma liquida ad una gelatinosa e dalla dipendenza viscositàtemperatura (forma solida del gel a temperature corporee, forma fluida se posto in frigorifero e forma solida a temperature sotto gli 0°C per congelamento delle molecole di acqua presenti nel suddetto gel). L’applicazione perilesionale di tale gel prevede generalmente l’utilizzo di una quantità pari a 1 mL per medicazione giornaliera. Ciò implica che l’assorbimento transcutaneo di principio attivo Diltiazem risulta essere di circa 0,02 g, una dose minima ed inferiore rispetto al parametro di DL50 di 40-50 mg/kg somministrati per via endovenosa. Questo dato esclude così l’evenienza del presentarsi di una possibile reazione tossica a carico dell’organismo. Si riporta a seguire delle foto testimonianti un miglioramento della circolazione locale per applicazione del suddetto Diltiazem gel in una paziente che presentava una lesione ferma da circa due mesi senza sintomi di guarigione. Il trattamento con Diltiazem gel ha evidenziato dopo due settimane di continua e ripetuta applicazione sintomi di miglioramento per la crescita di tessuto di granulazione in loco, fattore indice di aumentata perfusione locale. 41 7 Agosto 2013 Ulcera cutanea a fondo torpido sclerotico 4 Settembre 2013 Inizio trattamento con Diltiazem gel 23 Settembre 2013 Miglioramento del fondo dell’ulcera che appare più vascolarizzato La preparazione galenica di Diltiazem gel avviene secondo modello di ricetta ripetibile in quanto la categoria di cui fa parte il suddetto principio attivo è quella degli antiipertensivi che sono presenti in tabella 4 della Farmacopea. Questo tipo di ricetta resta di proprietà del paziente e può essere in genere utilizzata più volte, con le modalità di seguito indicate: - Se il medico non indica la quantità del medicinale prescritto (o indica l’unità), si intende che la spedizione della ricetta medica è reperibile per 10 volte in sei mesi. In alternativa, il medico può modificare il periodo di validità della ricetta ed il numero di volte ( comunque non superiori a dieci) per il quale la spedizione può essere ripetuta. - Se il medico indica un numero di pezzi superiore all’unità, la ricetta medica consente il prelievo del numero di pezzi indicato, in modo simultaneo 42 oppure frazionato a richiesta dell’utente, nel periodo di validità di sei mesi (o come diversamente indicato dal medico). La ricetta scaduta rimane comunque di proprietà del paziente. 43 2.3 Preparazione crema anestetica alla Lidocaina Componenti base della crema anestetica: -Lidocaina base 5% - Prilocaina base 5% - Cremophor 40 3,8% - Carbomer 940 o 980 1% - Trietanolamina q.b. a ph 6 (circa 0,052%). - Acqua depurata stabilizzata con 0,08% di metilparaben e 0,02% di propilparaben qb a 100 Preparazione: Miscelare attentamente Lidocaina e Prilocaina ( nella mescolazione i due composti anestetici formano un eutettico bassofondente di natura liquida) in mortaio al insieme Cremophor: Lasciare la miscela in agitazione con ancoretta magnetica fino a che la soluzione appaia limpida e omogenea. A parte spargere a pioggia il Carbomer in acqua preservata e lasciare che si imbibisca omogeneamente (possono essere necessarie anche 24 ore). A soluzioni limpide unire la miscela dei 2 anestetici e Cremophor alla soluzione acquosa e miscelare attentamente in impastatrice. A questo 44 punto con l'aggiunta della trietanolamina goccia a goccia portare se necessario il ph a 6. Intubare o porre in dispositivo airless. I principi attivi che impieghiamo nella preparazione sono liposolubili (basi) e per discioglierli nel gel di natura idrofila abbiamo usato il Cremophor ( olio di ricino idrogenato etossilato) che consente di solubilizzare le sostanze lipofile in soluzione e gel acquoso. Il Cremophor è un tensioattivo impiegato per emulsionare e solubilizzare acqua e olii. La presenza di tale tensioattivo all’interno di questa formulazione fa assumere al preparato caratteristiche transdermiche. Il Carbomer è una resina polivinilica che ha proprietà di idratarsi e formare micelle in acqua. La gelificazione tra Carbomer ed acqua avviene a pH 5-6, per questo si utilizza la Trietanolamina, ammina terziaria o tri-alcool prodotta dalla reazione dell’ossido di etilene con l’ammoniaca liquida funzionante come equilibratore del pH. Questa preparazione è sostanzialmente una modifica di una specialità medicinale già esistente a concentrazione inferiore dei due anestetici. Con la nostra preparazione abbiamo raddoppiato la concentrazione per avere una migliore analgesia a livello della lesione non potendo applicare la crema all'interno ma solamente in zona perilesionale. Categoria farmacoterapeutica: Anestetici locali amidi in associazione. Meccanismo d’azione lidocaina-prilocaina: Si sceglie di impiegare una miscela di due anestetici con stessa azione terapeutica per creare una sinergia d’azione. Infatti, nonostante la prilocaina abbia una minore liposolubilità rispetto alla lidocaina e quindi si pensi possa avere una azione minore rispetto ad essa questo fattore viene mascherato dal fatto che contemporaneamente la prilocaina sia priva di una azione vasodilatatoria quindi equiparando il tutto la sua funzione risulta essere uguale a quella esercitata dalla lidocaina. Come gli altri anestetici locali la lidocaina previene la generazione e la trasmissione dell’impulso lungo la fibra nervosa e a livello delle terminazioni del nervo, inibendo la depolarizzazione di membrana e lo scambio degli ioni sodio e 45 potassio. L’anestetico blocca la permeabilità della membrana cellulare al sodio e riduce la permeabilità al sodio e al potassio dell’assone a riposo. Il sito d’azione della lidocaina è su un recettore specifico localizzato nel canale del sodio. [52] Stessa azione è quella esercitata dalla prilocaina che come gli altri anestetici locali possiede anche un’azione antiaritmica e una debole azione bloccante neuromuscolare. [53] Indicazioni: Analgesia superficiale della cute in concomitanza di interventi chirurgici superficiali, inserzione di cateteri e.v. Analgesia superficiale della mucosa genitale in concomitanza di interventi chirurgici superficiali o di anestesia per infiltrazione. Controindicazioni: Ipersensibilità agli anestetici locali di tipo amidico o agli altri componenti o altre sostanze strettamente correlate dal punto di vista chimico. Metaemoglobinemia congenita o idiopatica. Dermatite atopica. Controindicato in gravidanza, durante l`allattamento e nei bambini fino a 6 mesi di età. Effetti indesiderati: Le reazioni più comuni sono di carattere locale, quali pallore transitorio, eritema (arrossamento). Solo occasionalmente sono stati segnalati casi di edema e sensazione di bruciore all`inizio dell`applicazione. Alte dosi di prilocaina possono causare un aumento dei livelli di metaemoglobina (e` stato segnalato un caso di metaemoglobinemia in un bambino di tre mesi trattato contemporaneamente con sulfonamidi ed Emla crema). In casi molto rari, l`applicazione locale dei preparati a base di anestetici ha causato reazioni allergiche (nei casi più gravi, shock anafilattico). Tossicità: Per quanto riguarda la Lidocaina nell’uomo concentrazioni plasmatiche superiori a 6 µg/ml sono associate ad effetti tossici e concentrazioni ematiche superiori a 14 µg/ml possono risultare letali. La prilocaina invece ha una dose massima da usare nell’arco di due ore pari a 400 mg quando somministrata da sola, e di 600 mg 46 quando somministrata con un vasocostrittore. Quest’ultima, a parte il rischio di metaemoglobinemia, è ritenuta il meno tossico degli anestetici locali di tipo amidico. I sintomi generalmente si manifestano con dosi di anestetico superiori a 8 mg/kg, anche se soggetti molto giovani possono essere più sensibili. [52-53] Precauzioni: Non deve essere applicata sulle ferite, sulle mucose genitali dei bambini o sulle aree affette da dermatite atopica. Qualora fosse richiesta l`applicazione in prossimità degli occhi, occorre usare particolare cautela per il rischio di irritazioni corneali. Avvertenze: Lidocaina e prilocaina attraversano la barriera placentare e passano al feto;essi vengono escreti nel latte materno. Nelle pazienti che allattano occorre decidere se rinunciare a nutrire al seno il lattante ed iniziare il trattamento o, viceversa, proseguire l`allattamento evitando la somministrazione del medicinale. Il trattamento deve essere evitato nei prematuri e nei bambini fino a 6 mesi di età. Non sono noti effetti sulla capacità di guidare autoveicoli o di azionare macchinari. Interazioni: Può accentuare la formazione di metaemoglobina in pazienti trattati con altri farmaci noti per indurre metaemoglobinemia (sulfonamidi). Nel caso fosse necessaria l`applicazione di grandi quantità, occorre valutare attentamente il rischio di tossicità sistemica aggiuntiva nei pazienti già in trattamento con altri anestetici locali o farmaci a struttura chimica correlata (tocainide). Posologia: Uso esterno. Cute: Applicare sulla cute uno strato spesso e coprire con bendaggio occlusivo (un apposito cerotto e` accluso alle confezioni da 5 g). In generale, si raccomanda una dose di crema pari a 1,5 g ogni 10 cm2. L`applicazione deve essere effettuata 47 da 1 a 3 ore prima dell`intervento sulla cute. La crema va rimossa in concomitanza della procedura operativa, l`effetto anestetico perdura per almeno un`ora. Procedure dermatologiche minori (ad es. venopuntura o chirurgia su aree ristrette): applicare circa 2 g di crema (mezzo tubetto della confezione da 5 g) per almeno 1 ora prima dell`intervento. Procedure dermatologiche su aree estese (ad es. dermoabrasione): 1. Applicare uno strato spesso di crema (1,5- 2 g ogni 10 cm per almeno 2 ore prima dell`intervento. Bambini di età compresa tra 6 e 12 mesi: la dose totale non deve superare i 2 g su un`area totale non superiore a 16 cm); 2. Applicare un`ora prima della procedura dermatologica e coprire con bendaggio occlusivo. Il tempo di applicazione non deve superare le 4 ore. Sovradosaggio: Ad eccezione di un caso di metaemoglobinemia non sono stati segnalati altri casi di tossicità sistemica. Nell`eventualità di intossicazione dopo applicazione di Emla crema, gli effetti sistemici dovrebbero essere analoghi a quelli indotti con altre vie di somministrazione. La tossicità degli anestetici locali si manifesta con sintomi di eccitazione del sistema nervoso e, nei casi più gravi, con depressione del sistema nervoso centrale e cardiovascolare. I sintomi neurologici (convulsioni, depressione del SNC) devono essere trattati mediante assistenza respiratoria e somministrazione di anticonvulsivanti. La metaemoglobinemia può essere trattata con blu di metilene iniettato lentamente per via endovenosa. Dal momento che l`assorbimento attraverso la cute e` lento, il paziente che accusa sintomi di intossicazione deve essere tenuto in osservazione per alcune ore dopo il trattamento d`emergenza. Non sono stati riferiti casi di assunzione di Emla crema per via orale. Generalmente reazioni avverse obiettive compaiono con livelli plasmatici superiori a 6 µg/ml di base libera di lidocaina. Scadenza e norme di conservazione: Conservare a temperatura ambiente. Vedi pag. 37 “Stabilità” preparazione Diltiazem gel. 48 Controllo di qualità: Vedi pag. 38 “Controllo di qualità” preparazione Diltiazem gel. Per la preparazione di lidocaina crema è necessaria una ricetta medica non ripetibile, in quanto la lidocaina è una sostanza considerata “veleno” (molto tossica) secondo una normativa del R. D. 1934 (Tabella 3 dellaF.U.I.). Per questo motivo è fondamentale che il medico in ricetta riporti la dose della lidocaina in “tutte lettere”, ossia scritta per esteso. Qualora le dosi superino quelle indicate in tabella 8 FU, il Farmacista non potrà spedire la ricetta a meno che il medico non abbia indicato per iscritto che la somministrazione è sotto la sua responsabilità, ed a quale uso il prodotto deve servire. Compito del Farmacista è di prendere nota del nome dell’acquirente (deve essere maggiore di 16 anni) e dargli copia della prescrizione qualora lo richieda ( comunque sempre consigliabile). La validità della ricetta è di 30 giorni (poiché non ripetibile). Il Farmacista ne conserva l’originale per 6 mesi, successivamente la distrugge; la conservazione delle ricette SSN avviene presso la USL. La ricetta non ripetibile priva della data, della firme e del nome del paziente o del suo codice fiscale non è valida. 49 2.4 Preparazione di crema a base di Allantoina Preparazione di crema a base di allantoina, un composto chimico in particolare un ureide adoperato in numerose applicazioni in medicina in quanto aiuta nella guarigione di piccole ferite. Medicamento dispensabile esclusivamente con ricetta medica (preparazione che non si può tenere pronta in farmacia). Uso esterno e posologia indicata per applicazioni locali. Adoperato quindi per la cura di piaghe da decubito, ulcere e ritardi da cicatrizzazione. Sappiamo infatti che l’allantoina stimola la formazione tissutale e rende più rapida la cicatrizzazione delle ferite. Nota storica: • Durante la prima guerra mondiale era stato notato che le ferite infestate da larve di un dittero (Lucilla sericata) cicatrizzavano meglio di quelle non infestate; l’effetto venne attribuito all’allantoina prodotta dalle larve del dittero. • Nella medicina popolare era abitudine l’applicazione locale della secrezione di larve di mosca e di vermi (ROBINSON) nella quale, per l’appunto, è presente l’allantoina. Componenti: - Polietilenglicole 400 79,10 g - Polietilenglicole 4000 15,9 g - Allantoina 5 g Operazioni: Preparazione di un barattolo, ossia 100 g di tale crema. Si prende come base la miscela di PEG : Polietilenglicole 400 in g. 79,100 e Polietilenglicole 4000 in g. 15,900 ciascuno di questi moltiplicato per un fattore di 6,5 formula centesimale applicata in vista di una eventuale perdita di residui durante l’esecuzione PEG 400= 514,15 g ; PEG 4000= 103,35 g. Ottengo così un unguento Macrogol, idrofilo caratteristica che lo rende ancor più efficace nell’applicazione su ferite aperte in quanto una sua eventuale rimozione per cambio medicazione risulta più semplice 50 e meno invasiva visto che semplicemente con aggiunta di acqua riesco ad eliminarla (non è necessario raschiarla per pulire minor traumatizzazione del tessuto). Caratteristiche dei PEG: sono poco stabili , non sono untuosi, né hanno proprietà occlusive e sono facilmente lavabili. Assorbono molto bene gli essudati, emulsionandoli. Presentano diverse incompatibilità, tra cui, ad esempio, l’acido salicilico, le tetracicline e il cloramfenicolo. Sono basi idrosolubili, formate da polietilenglicoli (PEG) la cui formula è OH-CH2-(CH2-O-CH2)n, caratterizzati da un numero che indica il loro peso molecolare. I PEG fino a 600 sono liquidi, da 800 a 1500 pastosi, e da 1500 fino a 6000 solidi. I PEG sono solubili in acqua, non sono volatili e sono molto stabili. Le miscele di soli PEG sono molto sensibili alla temperatura. Hanno effetto disinfettante e stimolano la granulazione. La presenza di tale tensioattivo all’interno di questa formulazione fa assumere al preparato caratteristiche transdermiche. Fondo e scaldo i 2 PEG (dei quali uno già in forma liquida) alla temperatura di 45°50° C. Sciolgo così completamente la miscela che rimarrà a scaldare fino a che tutta la soluzione non appaia completamente limpida. Peso nel frattempo una quantità di allantoina pari a 5 g che poi moltiplicherò anch’esso per un fattore di 6,5 fino ad arrivare ad una quantità di 32,5 g. A questo punto l’allantoina micronizzata (ben distribuita: per fare ciò porto dentro opero con un omogeinizzatore, un turboemulsore). La miscela va agitata mentre si raffredda altrimenti si forma un reticolo cristallino ceroso che non è utile al fine di una preparazione sottoforma di crema. Pongo quindi all’interno del becker contenente la mia miscela (sottoforma di soluzione limpida) una bacchetta agitatrice collegata al macchinario che aspira e mescola la miscela. Un’accortezza impiegata al fine di far entrare meno aria possibile all’interno della miscela consiste nel porre la bacchetta agitatrice ai lati del contenitore mentre gira aumentando la velocità ed evitando la formazione di bolle. In caso il contenuto sia molto denso muovo il 51 liquido con l’ausilio di una spatola (questo accade spesso perché mentre il liquido micronizzato scalda in realtà contemporaneamente sta anche raffreddando e perciò diventando solido la temperatura a cui si trova la mia miscela è più alta, circa 60°C, rispetto a quella raggiunta con la mescolazione meccanica per cui pur agitandola non si riesce ad aumentarla ulteriormente). Da ricordare durante queste operazioni che non va mai mosso il contenitore ma il liquido all’interno di esso e che per spegnere il macchinario bisogna diminuire prima i giri e non lasciare girare in aria l’agitatore ma sempre nella soluzione fino a totale spegnimento per evitare danni alla guarnizione del macchinario. Per la pulizia dell’apparecchio devo porre prima lo strumento in un becker previamente riempito di acqua, immergendolo e facendo pulire bene le lame. La soluzione liquida va continuata ad essere girata mentre raffredda poiché potrebbe condensare sulle pareti. Infine verso la crema negli appositi barattoli e peso ciascuno di essi per verificare la giusta dose che è di 100 g ciascuna. Modalità d’applicazione: L’Unguento ai PEG può essere applicato direttamente sull’ulcera e mantenuto in sede con garza oppure spalmato su una garza e quindi applicato sull’ulcera. La garza non va coperta con materiale occlusivo in modo da garantire il passaggio dell’aria. Per mantenere in situ la garza si utilizza un tubulare a rete che non deve essere in forte tensione o cerotti posti ai bordi della garza (medicazione a finestra) da sconsigliare per eventuali irritazioni da cerotto. La frequenza del cambio della medicazione dipende dall’essudazione dell’ulcera. Alla rimozione della medicazione l’ulcera va detersa con fisiologica e a seconda del grado di essudazione, la medicazione viene sostituita una/due volte al giorno. Prima di applicare la nuova medicazione e dopo il lavaggio la piaga va asciugata con garza sterile con leggerissima pressione onde non compromettere la granulazione. 52 I vantaggi osservati nell’utilizzo di questa medicazione confrontati con le tradizionali garze impregnate e con le medicazioni avanzate non aderenti sono stati un maggior drenaggio dell’essudato e una maggior detersione del letto dell’ulcera. Inoltre il debridment si è svolto in tempi ridotti, vi è stato un maggior stimolo al processo di granulazione che ha portato ad una riduzione dei tempi di riepitelizzazione. [54] Scadenza e norme di conservazione: Vedi pag.37 “Stabilità” preparazione Diltiazem gel. Controllo di qualità: Vedi pag 38 “Controllo di qualità” preparazione Diltiazem gel. Preparato prodotto dietro presentazione di ricetta medica ripetibile (valida 6 mesi per un massimo di 10 preparazioni). Il paziente mantiene l’originale mentre il Farmacista ne conserva una copia. 53 2.5 Preparazione di Wound Cleansing Spray Formulazioni 304 International Journal of Pharmaceutical Compunding Vol. 8 No. 4 July/August 2004 Preparazione di Wound cleansing spray, uno spray impiegato per la pulizia delle ferite difficili, ossia ulcere da diabete o piaghe da decubito. La sua particolarità è quella di contenere nella sua formulazione un tensioattivo anionico, il sodio laurilsolfato, che come detergente promuove il distacco e la rimozione del grasso e della sporcizia dalla pelle e vari componenti idrofili che possono facilmente essere dispersi ed allontanati con una soluzione fisiologica a diretto contatto con la ferita senza dover raschiarla o effettuare operazioni invasive per la rimozione di questo sapone spray. La presenza di tale tensioattivo all’interno di questa formulazione fa assumere al preparato caratteristiche transdermiche. Per 100 mL di soluzione la sua composizione costituita dai seguenti componenti è : -Potassio sorbato 0,2 g - Aloe vera gel 10 mL - Glicole propilenico 5 mL - Acqua depurata q.b 100 mL - Sodio lauril solfato 0,05 g. Tale formulazione è stata modificata a seguito del rilevamento di un caso di reazione avversa evidenziato in una paziente con manifestazione di una reazione allergica sulla porzione di cute in cui è stato applicato lo Spray causato dalla intolleranza verso un componente della miscela. Il suddetto componente è risultato essere il Sodio LaurilSolfato in quanto è stata osservata la stessa tipologia di reazione avversa nei casi di allergia crociata in donne sensibilizzate dal continuo uso di detersivi il cui componente principale risulta essere proprio quest’ultimo. Per tale motivo abbiamo apportato modifica e sostituzione del sodio laurilsolfato con il benzalconio cloruro, anch’esso un tensioattivo ma di natura cationica risultate dalla miscela di sali di ammonio quaternari, più esattamente è 54 una miscela di cloruri di alchil-benzil-dimetilammonio, in cui il gruppo alchile varia dall'ottile (C8H17-) all'ottadecile (C18H37-). Il benzalconio cloruro in soluzioni diluite non è irritante o sensibilizzante ed è ben tollerato per applicazione sulla cute e sulle mucose. Occasionalmente può dare luogo a reazioni di ipersensibilità con irritazione cutanea dopo contatto prolungato. La dose letale di benzalconio cloruro è di 1-3 g. A temperatura ambiente è un solido giallo chiaro deliquescente (fonde a bassa temperatura), molto solubile in acqua, in acetone e in etanolo, dall'odore aromatico intenso. Trova impiego principalmente come battericida e spermicida in numerosi preparati destinati all'uso quotidiano: disinfettanti, colliri, collutori, creme spermicide. La composizione risultante dello Spray risulta quindi essere così: Per 100 mL - Potassio sorbato 0,2 g - Aloe vera gel 10 mL - Glicole Propilenico 5 mL - Acqua depurata q.b a 100 mL - Benzalconio cloruro 0,04 g. Metodo di preparazione: Calcolo la quantità totale di ciascun ingrediente per il totale richiesto da preparare. Peso accuratamente ciascun componente. In un becker dalla capacità di 100 ml dissolvo il sodio lauril solfato o benzalconio cloruro in acqua depurata. Aggiungo il glicole propilenico alla soluzione seguito dall’ aloe vera gel e mescolo bene. Addiziono un quantitativo sufficiente di acqua depurata necessario per portare a volume e agito la soluzione per 55 ottenere una buona miscelazione. Travaso la soluzione schiumeggiante così ottenuta nell’apposita bottiglietta da 100 ml, spray container. Fase di etichettatura finale in cui annoto: nome e sede della farmacia, nome e cognome del medico prescrivente e dell’assistito, la data di preparazione e quella di scadenza ( non oltre i sei mesi: seppur soluzione acquosa ha periodo di scadenza più lungo per via della presenza di conservante ed antimicotico quale il potassio sorbato), i componenti e i quantitativi (vedi sopra), la posologia ( applicazione diretta sulla ferita per medicazione), prezzo esercitato (TOT 6,03 €), avvertenze (uso esterno, utilizzare solo come indicato), precauzioni (agitare prima dell’uso, tenere fuori dalla portata dei bambini, lontano da fonti di calore, non disperdere il contenitore dopo l’uso). 56 Controllo di qualità: “Per i preparati magistrali i controlli di qualità sul prodotto finito possono essere limitati a semplici operazioni di verifica; devono essere comunque garantiti anche i limiti di accettabilità di norma entro il 10% ( si intenda ovviamente +/10 % n.d.r.) del dichiarato” (da N.B.P. F.U.I. XII, capitolo 8). Per le preparazioni liquide i controlli da effettuare sul prodotto finito sono i seguenti: - Verifica della correttezza delle procedure eseguite. - Controllo dell’aspetto e assenza di particelle visibili a occhio nudo ( possibilmente anche delle caratteristiche organolettiche: colore, odore). - Controllo del confezionamento e in particolare della sua tenuta. - Verifica della corretta compilazione dell’etichetta, compresa l’indicazione delle modalità di conservazione e di vendita. Per quanto concerne i preparati officinali eseguiti in scala ridotta, oltre ai controlli e alle verifiche previsti per il magistrale, la farmacopea richiede in linea generale che siano soddisfatti i seguenti saggi: - Saggio per la massa o il volume rilasciabile di preparazioni liquide e semisolide (quantità contenuta per flacone) (F.U.I. XI, pag.304, soppresso in F.U.I. XII) : svuotare il più completamente possibile il contenuto di un contenitore e determinare la massa o il volume del contenuto verificando che quest’ultimo non sia inferiore alla quantità indicata in etichetta. 57 - Determinazione della densità: soltanto se richiesto, effettuata con un densimetro per liquidi più pesanti o più leggeri per dell’acqua. - Determinazione del pH: necessaria solo laddove siano presenti farmaci solubili o stabili in un ridotto range di pH. Può essere effettuata con una cartina al tornasole o con un piaccametro digitale. - Determinazione della carica batterica. Quindi la valutazione della qualità-controllo può includere studi su peso / volume, pH, osservazione fisica e stabilità fisica. [55] Lo studio del pH di tale formulazione è stato effettuato grazie all’utilizzo di uno strumento particolare quale il pH-metro già precedentemente calibrato, calibrazione condotta con due o tre soluzioni tampone standard, e pronto all’utilizzo. Questo apparecchio si compone di una sonda (un elettrodo a vetro) collegata ad un dispositivo elettronico che raccoglie il segnale della sonda, calcola il valore di pH corrispondente e lo rappresenta su display. La sonda per pH costituita dall’elettrodo a vetro misura la differenza di potenziale elettrico su due lati di una sottile membrana di vetro posta all'estremità dell'elettrodo, tale differenza di potenziale è legata alla differenza tra le concentrazioni degli ioni idrogeno all'interno e all'esterno della membrana. Un'unità di pH generalmente produce una differenza di potenziale di circa 0,059 V. Il circuito del misuratore 58 elettronico fondamentalmente è un voltmetro che mostra i risultati in scala di unità di pH anziché in volt. Il pH del Wound Cleansing Spray con benzalconio cloruro, misurato ad una temperatura di 25°C, è risultato essere pari a 5,70. Lo stesso valore è stato osservato nella misurazione del pH nella soluzione spray con il tensioattivo sodio laurilsolfato alle stesse condizioni di temperatura (25°C). Discussione: Un certo numero di spray detergenti sono disponibili in commercio. Questa formulazione corrente può essere usata da sola o come veicolo per l'incorporazione di agenti aggiuntivi, se necessario. -Sodio Lauril Solfato: (C12H25NaO4S, SLS) è una miscela di alchil solfati di sodio composti principalmente da sodio lauril solfato. E 'ampiamente utilizzato come un tensioattivo anionico, detergente, emulsionante, penetrante la pelle, lubrificante di capsule e compresse ed umettante. Si presenta sottoforma di cristalli di colore bianco o giallo, di fiocchi o di polvere, caratteristiche che le conferiscono una sensazione di morbidezza all’applicazione. È un sapone con sapore amaro e un leggero odore di sostanze grasse. È facilmente solubile in acqua, dando una soluzione opalescente, ed è praticamente insolubile in cloroformio ed etere. [56] La DL50 è di 250 mg/kg e 210 mg/kg rispettivamente nel topo e nel ratto per via intraperitoneale, di 120 mg/kg nel topo e nel ratto per via endovenosa, di 1290 mg/kg nel ratto per via orale. Nell’uomo la dose letale per via orale è probabilmente compresa tra 0,5 e 5 g/kg. [57] -Aloe vera gel: è una preparazione mucillaginosa derivato dalle foglie di aloe vera (A. barbadensis) delle piante. Viene usato nei cosmetici e articoli da bagno per il suo effetto idratante ed antiinfiammatorio e nel trattamento di alcune malattie della pelle, in particolare acne, ustioni, ferite e altri. [58] - Glicole propilenico: (C3H8O2) si presenta come un chiaro, incolore, viscoso, liquido praticamente inodore, di sapore dolce, un po 'simile alla glicerina. Esso ha un peso specifico di 1.038 g / mL ed è miscibile con il 95% di etanolo, glicerina e acqua. Non è miscibile con oli fissi o olio minerale leggero. Esso, tuttavia, dissolve alcuni oli essenziali. [59] 59 -Potassio sorbato: (C6H7KO2) è il sale di potassio dell'acido sorbico. A temperatura ambiente si presenta come un solido bianco inodore. È un composto irritante. È solubile in acqua. È utilizzato nell'industria alimentare come conservante (antimicotico e disinfettante) in tutte o quasi le preparazioni alimentari a base di frutta e derivati; è inoltre utilizzato per conservare formaggi e impedire l'insorgere di muffe. Il sorbato di potassio è un conservante alimentare fortemente antifungino, che può essere efficacemente utilizzato per combattere la candida con dosaggi (atossici), va bene anche il bicarbonato di sodio, ma il sorbato è più forte e immediato nel contrastare la candida, (nelle candidosi genitali è quello che dà sollievo quasi immediatamente dai pruriti e bruciori, proprio per la sua spiccata azione antifungina). La sua azione di antibatterico conservante è aumentata con l’aumento della temperatura,con l’aumento della sua concentrazione e quando è in combinazione con altri antimicrobici in quanto si manifesta un effetto sinergico. Ha inoltre un’ ottima azione di inibizione batterica nei confronti di microrganismi, protagonisti delle diverse infezioni che colpiscono lesioni cutanee cronicizzandole, quali lo Pseudomonas Aeruginosa, Staphylococcus Aureus ed Escherichia Coli. La massima azione inibente batterica del potassio sorbato si verifica a pH mediamente acidi andando a decrescere con l’aumentare di quest’ultimo, apparendo così schematizzata la MIC (Minimum Inibitory Concentrations): Tab. pag. 609 Handbook of Pharmaceutical excipients. 60 La concentrazione minima di potassio sorbato necessaria ad inibire la crescita batterica sarà minore a pH sui 5.5 mentre andrà ad aumentare a valori più alti di pH e quindi la sua azione antibatterica sarà preponderante in soluzioni a pH medio-acido come avviene nel nostro caso ( pH dello Spray= 5,70). La LD50 dei componenti di tale sapone spray è irrilevante in quanto queste sostanze una volta applicate a livello cutaneo della ferita da detergere ed aver adempiuto alla funzione di pulizia verranno eliminate per applicazione di fisiologica con la quale verranno allontanate non venendo così assorbite dall’organismo. In ogni caso è stato verificata sperimentalmente la dose del prodotto erogata per la detersione delle ferite che, in funzione alla grandezza della lesione, è risultata essere la seguente: - Minimo di 2 spruzzi per piccole lesioni , contenuto di soluzione impiegato : Spray con sodio laurilsolfato: 0,236 mL Spray con benzalconio cloruro: 0,24 mL - Massimo di 10 spruzzi per lesioni maggiori, contenuto di soluzione impiegato: Spray con sodio laurilsolfato: 1,218 mL Spray con benzalconio cloruro: 1,18 mL. La concentrazione del tensioattivo anionico sodio laurilsolfato per una singola applicazione va da un range minimo di 0,000118 g per due spruzzi ad un massimo di 0,000609 g per dieci spruzzi. Mentre quella del tensioattivo cationico benzalconio cloruro va da un range minimo di 0,000096 g per due spruzzi ad un massimo di 0,000472 g per dieci spruzzi. Appare evidente quindi che tali concentrazioni dei suddetti componenti sono irrisorie e, seppur non vengano assorbite perché eliminate ed allontanate da soluzione fisiologica, risultano per nulla tossiche per il nostro organismo qualora andasse incontro a loro assorbimento. Data limite per l’utilizzazione: Le N.B.P. F.U.I XII ,al paragrafo 10, affermano che, in assenza di informazioni sulla stabilità del preparato, la data limite di utilizzazione (scadenza) delle 61 formulazioni liquide è stabilita in 30 giorni per le preparazioni che non contengono alcol o lo contengono in quantità inferiore al 25 %. “Questo limite deve essere ridotto” ( ad esempio nelle soluzioni acquose) “o può essere superato solo sulla base di specifiche conoscenze e accorgimenti connessi con la contaminazione microbica del preparato e con le caratteristiche chimicofisiche dei suoi componenti” (ad esempio mediante aggiunta di conservanti e/o stabilizzanti). In ogni caso il periodo di validità dei componenti utilizzati non può comunque superare i 6 mesi, sempre in assenza di informazioni sulla stabilità. Le informazioni sulla stabilità possono essere ottenute mediante prove accelerate di stabilità dei principi attivi oppure dedotte da testi scientifici o da analoghe formulazioni autorizzate all’immissione in commercio. Preparato galenico dispensato sotto ricetta ripetibile con validità di dieci volte nell’arco di sei mesi. Il paziente conserva l’originale ripresentabile fino a limite consentito mentre il Farmacista la copia. La presenza di tensioattivi all’interno della fa assumere caratteristiche transdermiche del preparato. 62 63 Il TRATTAMENTO LOCALE DELLA LESIONE CUTANEA deve seguire un PROTOCOLLO molto preciso, che prevede le seguenti tappe: 1) Rimozione e VALUTAZIONE DELLA MEDICAZIONE PRECEDENTE (odore, colore, quantità e tipologia dell’essudato) DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA di tutto. 2) Se indicato dalla valutazione del punto precedente, TAMPONE e semina su terreno di coltura per ricerca batteri patogeni infettanti con ANTIBIOGRAMMA per individuare una terapia antibiotica mirata TAMPONE ULCERA ANTIBIOTICOTERAPIA MIRATA •ESAME COLTURALE •ANTIBIOGRAMMA OGNI 7 gg Contaminazione : Presenza di batteri senza moltiplicazione Colonizzazione: Presenza di batteri in fase replicativa, ma senza reazione dell’ospite Colonizzazione critica: Presenza di batteri in fase replicativa con host reaction limitata alla lesione Infezione : Presenza di batteri in moltiplicazione con reazione dell’ospite estesa ai tessuti perilesionali La terapia antibiotica va limitata ai casi di infezione locale e/o sistemica, 67 I GERMI SONO > 100.000/g. di tessuto INVADONO I TESSUTI ED INDUCONO UNA RISPOSTA INFIAMMATORIA Mentre è inutile nei casi di contaminazione (i germi passano nell’ulcera dai tessuti perilesionali o possono esservi impiantati involontariamente con le mani dallo stesso paziente), può servire nei casi di colonizzazione ( i germi si cominciano a riprodurre sempre di più nell’ulcera) In caso di infezione, oltre alla terapia antibiotica sistemica, si procede all’applicazione di garze ad impacco sulla ferita per 5-10 minuti con soluzioni antisettiche (PRONTOSAN, DERMACYN PER WOUND CARE) o con acido acetico o bicarbonato di sodio (utili in caso di secrezioni corpuscolate verdastre , che fanno pensare alla presenza di piocianeo-Pseudomonas aeruginosa). Raramente si usano antibiotici localmente ed in questi casi solo se presenti ed efficaci nell’antibiogramma. 3) Lavaggio della ferita e della cute perilesionale con prodotti efficaci nel rimuovere tessuti devitalizzati, secrezioni in eccesso e biofilm batterici (WOUND SPRAY CLEASING) Noi per lo più abbiamo usato la soluzione tensioattiva a base di laurilsolfato di sodio ed aloe e solo nei casi di allergia crociata in donne sensibilizzate dal continuo uso di detersivi la soluzione tensioattiva a base di cloruro ed aloe.(Fig-13) 68 benzalconio Fig- 13 4) ABBONDANTE LAVAGGIO con SOLUZIONE FISIOLOGICA/RINGER LATTATO si irriga la ferita con soluzione fisiologica o ringer lattato per rimuovere detriti di materiale necrotico-corpuscolato o residui di soluzioni disinfettanti o saponose. 5) NELLE LESIONI DOLOROSE utilizzazione di CREME ANESTETICHE A BASE DI LIDOCAINA da applicare sull’ulcera ed in sede perilesionale almeno 20-30 minuti prima della medicazione per ottenere un’anestesia di superficie sufficiente al trattamento locale di debridement. e clearing. Fig. 14 69 Fig. 14 Anestesia locale di superficie (trans dermica) 6) DEBRIDEMENT MECCANICO O FARMACOLOGICO (enzimatico o con idrogel) Fig. 15 e 16 Viene attuato con medicazioni in grado di rimuovere il biofilm batterico ed asportare progressivamente piccole aree di necrosi, con cucchiaio tagliente di Volkmann, con bisturi ad ultrasuoni e idrobisturi per rimuovere tessuti non vitali o fibrina in eccesso) Al termine del debridement si esegue una nuova irrigazione della ferita con soluzione fisiologica o ringer lattato. 70 Anestesia locale Necrosi calcaneare dopo 7 giorni di trattamento con IDROGEL Fig. 15 Fig.16 DEBRIDEMENT AUTOLITICO FARMACOLOGICO CON IDROGEL DEBRIDEMENT CON CUCCIAIO DI VOLKMANN O CON BISTURI A GETTO D’ACQUA (VERSAJET) 7) PROTEZIONE DELLA CUTE PERILESIONALE per evitare che vada incontro a macerazione (ambiente eccessivamente umido) o al contrario a disidrosi con desquamazione (ambiente troppo asciutto) 8) utilizzazione di FARMACI IN FORMULAZIONE GEL AD USO TRANSDERMICO ( es. DILTIAZEM GEL) per migliorare il microcircolo della cute perlesionale nelle ulcere ischemiche per patologie ostruttive arteriose croniche. Fig.17 71 Fig,17 Applicazione di diltiazem gel perilesionale in ulcera mista artero-venosa (foto in alto a destra) e in ulcera arteriosa foto (in basso a sinistra) -.Dopo alcuni giorni si nota miglioramento (foto in basso a destra) 9) applicazione di MEDICAZIONI TECNOLOGICAMENTE AVANZATE scelte di volta in volta in base allo stadio in cui si trova la ferita (STADIAZIONE W.C.S.) Nella nostra esperienza abbiamo usato un po’ tutte le medicazioni avanzate, la V.A.C. THERAPY (Fig.18), e GEL PIASTRINCO AUTOLOGO o OMOLOGO con compatibilita’ di gruppo sanguigno.(Fig. 19) MEDICAZIONE A PRESSIONE NEGATIVA (V.A.C.) 10) in aspirazione continua o intermittente, applicata su una SPUGNA DI Fig. 18 V.A.C. POLIURETANO isolata con un film, che, aspirando le secrezioni in eccesso THERAPY riduce l’edema,ed evita macerazioni della cute perilesionale e migliora la circolazione locale, favorendo la formazione di tessuto di granulazione 72 Fig. 19 GEL PIASTRINICO AUTOLOGO Isolato dal sangue dello stesso paziente(AUTOLOGO) o da quello di un paziente compatibile per gruppo sanguigno (OMOLOGO) viene applicato sulla lesione dove libera fattori di crescita tissutale contenuti nelle piastrine. Da settembre 2012 utilizziamo una nuova medicazione made in Italy : ONE Il medicamento nasce dalla ricerca Italiana in ENEA da parte di una veterinaria italiana Fiorella Carnevali e di un biologo olandese S. Andrew van der Esche e dopo aver ottenuto la registrazione ministeriale col nome di MIX 557 é stato testato con successo anche sull’uomo in varie esperienze, tra cui anche quella dell’esercito italiano ad Haiti dopo il grave terremoto del 2010. Innovazione per il trattamento delle lesioni esterne Fiorella Carnevali Medico Veterinario Ricercatrice ENEA Storia della Ricerca in ENEA, Risultati Sperimentali e Casistica S. Andrew van der Esch Clinica Biologo Ricercatore ENEA MIX 557 ENEA Centro Ricerche Casaccia ROMA 73 Composizione naturale con proprietà Cicatrizzanti,Biocida e Repellenti Il medicamento ottenuto è basato sulla combinazione di estratti oleosi da due piante Neem (Azadirachta indica (A. Juss) Iperico o erba di San Giovanni (Hypericum perforatum (L) e ONE viene denominata come medicazione ALL IN ONE, in quanto a differenza delle altre medicazioni puo’ essere usata in tutti gli stadi della lesione, in quanto associa un’azione antimicrobica importante ad un’azione di forte stimolo rigenerativo.sui tessuti Innovazione terapeutica: MIX 557 Brevetto ENEA Neem (Azadirachta indica (A. Juss) Composizione naturale con proprietà Iperico o erba di San Giovanni Cicatrizzante,Biocida (antimicrobica) e (Hypericum perforatum (L) Repellente (ditteri miasigeni e larve) CAMBIO DI PARADIGMA NEL TRATTAMENTO DELLE LESIONI ESTERNE USO DEGLI ACIDI GRASSI (Free Fatty acids) COME VEICOLO DELLE SOSTANZE ATTIVE E ESSE STESSE MOLECOLE ATTIVE (Attività antimicrobica) Prodotto dalla casa farmaceutica svizzera PHYTOCEUTICALS dall’estate 2013 e’ entrato in commercio anche in Italia. 74 Innovazione per il trattamento delle lesioni esterne 10) applicazione di Crema all’allantoina per stimolare i processi riparativi e riepitelizzanti e in parte di MEDICAZIONI SECONDARIE antiadesive (garze grasse alla paraffina, alla Connettivina o alle Fitostimoline) o in grado di assorbire l’essudato in eccesso (schiume di poliuretano, idrofibre, alginati semplici o all’argento). 75 3.2. ESPERIENZA PRESSO AMBULATORIO DI VULNOLOGIA OSPEDALE C.T.O. A. ALESINI A.S.L. RM C (Responsabjle Dott. Maurizio Palombi) Da Dicembre 2012 a Luglio 2013 sono stati trattati 15 nuovi pazienti affetti da “ferite difficili”. 11 pazienti erano di sesso maschile e 4 di sesso femminile. L’età era compresa fra i 27 ed i 92 anni (età mediana 58 anni) Le cause delle ferite difficili erano in tutti i casi patologie croniche: ulcere cutanee venose (2), ulcere cutanee miste arteriose e venose (2), ulcere diabetiche microangiopatiche e neuropatiche (3), lesioni cutanee da pressione (3), deiscenza di ferite chirurgiche (4) e ustione di secondo grado (1), In tutti i casi è stato rigorosamente seguito il protocollo precedentemente indicato. Si riportano di seguito 6 casi clinici a scopo esemplificativo. CASI CLINICI 3.2.1 CASO 1 : M.M- uomo di anni 50 affetto da Diabete Mellito N.I.D. scompensato. Giunge in Ambulatorio di Wound Care per un flemmone plantare del piede con grave infezione e sintomatologia dolorosa. Viene pertanto eseguito in data 9 giugno 2013 un intervento chirurgico di messa a piatto del flemmone con evacuazione di circa 150 cc di materiale sierocorpuscolato commisto a coaguli, seguito da abbondante lavaggio con betadyne, acqua ossigenata e soluzione fisiologica. Si prescrive una terapia antibiotica mirata sul tampone ed esame colturale eseguito in sala operatoria. Per 20 giorni circa si utilizza la VAC therapy ( medicazione a pressione negativa continua) con cambio della medicazione ogni 3 giorni per drenare ulteriormente materiale corpuscolato e cercare di ridurre la cavità residua sfruttando l’azione aspirante della pressione negativa. Poi, al termine dei 20 giorni quando la lesione si è molto superficializzata, si è passati all’utilizzo di ONE PRIMARY WOUND DRESSING ( medicazione con brevetto italiano E.N.E.A. a base di olio di Neem e olio di iperico) e garza paraffinata per una volta al giorno tutti i giorni. Il trattamento con quest'ultimo è iniziato il 3 luglio 2013 (fig. 20) e si è ottenuta completa guarigione il 17 luglio 2013 (fig. 21).Il paziente é stato inviato a visita 76 podologica per confezionamento di un’ortesi plantare per correggere l’appoggio e a visita diabetologica per stabilizzare con opportuna dieta e terapia il diabete. Fig. 20 Dopo 20 giorni di VAC Therapy inizia medicazioni giornaliere con ONE fig. 21 Guarigione completa dopo 14 giorni di medicazioni giornaliere con ONE 77 3.2.2 CASO 2: H.R.R, uomo di 53 anni affetto da varici postlebitiche da 25 anni con ulcera venosa cronica attiva da 4 mesi con storia di frequenti recidive. Giunto in Ambulatorio di Wound Care il 30 gennaio 2013 viene trattato chirurgicamente con intervento di crossectomia safeno femorale e scleromousse della vena grande safena. Debridement chirurgico dell’ulcera e medicazioni giornaliere con ONE garza alla paraffina e bendaggio elastocompressivo. Guarigione dell’ulcera dopo 24 giorni di trattamento con medicazioni giornaliere con ONE e calza elastica multistrato (Fig.22. 23 e 24) Fig. 22 Ulcera venosa cronica post-flebitica (30 gennaio 2013) Fig.23 Debridement dell’ulcera medicazione e bendaggio elastocompressivo 78 Fig. 24 Guarigione dopo 24 giorni di trattamento . 3.2.3. CASO 3 : C.C.donna di 88 anni affetta da ulcere miste croniche arterovenosa di gamba bilaterali, insorte da 4 anni ed in trattamento con medicazioni avanzate da 3 anni .. Il 30 gennaio 2013 giunge presso l’Ambulatorio di Wound Care (Fig.25) e viene sottoposta a medicazioni sec. protocollo con ONE (applicato anche a domicilio ogni giorno) che porta a miglioramento le ulcere di gamba destra e a guarigione quelle della gamba sinistra in 6 mesi (Fig.26). Fig. 25 ulcera mista artero-venosa di gamba sinistra. Inizio trattamento con ONE (30 gennaio 2013) 79 Fig. 26 Guarigione dopo 6 mesi di trattamento 3.2.4 CASO 4 : F.L.donna di 92 anni affetta da ulcera arteriosa diabetica perimalleolare esterna sinistra da 4 anni. Giunge in Ambulatorio di Wound Care il 23 gennaio 2013 ( Fig.27) ed inizia il trattamento secondo protocollo che porta alla guarigione (Fig.28) dell’ulcera in 4 mesi (20 maggio 2013) Fig. 27 Ulcera arteriosa diabetica perimalleolare sinistra. Inizio trattamento con ONE nell’ulcera e DILTIAZEM perilesionale il 23 gennaio 2013. 80 Fig. 28 Guarigione dopo 4 mesi (20 maggio 2013) 3.2.5. CASO 5 : Z.A- uomo di 31 anni, affetto da paraplegia per frattura mielica lombare. Inizia il trattamento di Wound Care l’11 marzo 2013 ( Fig.29) per un’ulcera da pressione sacrale con applicazioni locali giornaliere a base di ALLANTOINA unguento e ONE. In 4 mesi la lesione è guarita (Fig.30) Fig.29 Ulcera da pressione sacrale in paraplegico. 81 Inizio trattamento : 11 marzo 2013 Fig. 30 Guarigione ulcera in 4 mesi 3.2.6. CASO 6 : V.A. uomo di 82 anni, giunto a trattamento presso Ambulatorio di Wound Care per deiscenza di ferita chirurgica laparotomica mediana (Fig.31) dopo intervento per occlusione intestinale il 25 febbraio 2013. Guarigione dopo poco più di 2 mesi di trattamento,il 6 maggio 2013.( Fig. 32, 33) 82 Fig.31 Deiscenza di ferita chirurgica dopo laparotomia mediana per Occlusione intestinale. Inizio trattamento il 25 febbraio 2013 Fig.32 Per 7 giorni si medica il paziente con ONE e VAC Therapy. Successivamente solo con ONE. 83 Fig. 33 Guarigione dopo circa 2 mesi di trattamento ( 6 maggio 2013) In tutti i casi riportati e anche negli altri abbiamo utilizzato con successo il protocollo di trattamento locale esposto in precedenza. 84 Conculsioni L’utilità di queste preparazioni risiede nella possibilità di avere un rapporto diretto tra medico e farmacista e quindi di poter creare soluzioni farmaceutiche ad personam in base alle differenti problematiche che colpiscono i singoli soggetti. Ciò non avviene normalmente con le industrie in quanto esse sono adibite a produzioni in larga scala di prodotti farmaceutici e non sono indirizzati nella cura di una singola persona bensì mirano alla collettività. In questo modo non sono possibili eventuali variazioni nella composizione di suddetti preparati data la loro impronta produttiva standardizzata. La preparazione galenica eseguita in Farmacia appare così molto più mirata al singolo caso clinico e fornisce una possibilità di molte più variazioni e modifiche nella composizione del prodotto andando in questo modo a garantire una più accurata risposta farmaceutica ed a rispettare le intolleranze verso uno o più componenti del paziente. Si punta sulla cura del singolo soggetto agendo qualitativamente e non più quantitativamente. Il riscontro positivo dei casi clinici esposti conferma la buona azione di tali preparati transdermici i quali, chi con un’azione chi con un’altra, hanno coadiuvato alla guarigione. Questi dati sperimentali danno forza quindi al lato positivo della ricerca e quindi alla utilità dei nostri preparati contro quelle che possono essere invece le problematiche legate al loro allestimento o effimera validità. Nonostante la specializzazione che le Farmacie dovrebbero avere per allestire tali prodotti sia per la presenza di macchinari adeguati sia per la necessaria conoscenza di particolari nozioni e metodiche e nonostante la validità di utilizzo dei suddetti preparati non sia elevata in quanto non risulta così semplice effettuare un test accelerato che notifichi realmente la loro durata per i costi necessari a tal scopo, l’utilità di preparati galenici ad uso transdermico così altamente indirizzati alla cura del singolo caso promettono migliori possibilità di riuscita e guarigione. La possibilità di studiare il singolo nello specifico permette di andare a produrre senza dubbio preparati migliori per le esigenze del caso ed evitare l’insorgenza di effetti collaterali che possono manifestarsi per la non conoscenza della storia clinica del paziente. La cura risulta così essere scelta a misura della persona. 85 86 1. 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