...

Utilità e problematiche di preparati galenici ad

by user

on
Category: Documents
207

views

Report

Comments

Transcript

Utilità e problematiche di preparati galenici ad
Facoltà di Farmacia e Medicina
Corso di laurea in Farmacia
Insegnamento di Tecnologia, socioeconomia e legislazione
farmaceutiche II
Tesi sperimentale
“Utilità e problematiche di
preparati galenici ad uso
transdermico nel trattamento
delle ferite difficili”
Giulia Palombi
n° matricola 1227376
Relatore
Prof. Giulio Cesare Porretta
Correlatore
Dott. Pietro Siciliano
A/A 2012/2013
INDICE
Introduzione
p. 1
CAP. 1° - Ferite difficili
1.1 Definizioni
p. 6
1.2 Dati statistici-epidemiologici
p. 11
1.3 Wound Care
p. 19
1.4 Terapia generale e locale
p. 22
CAP. 2° - Preparazioni galeniche
2.1 La cute e l’assorbimento transdermico
p. 30
2.2 Preparazione gel Diltiazem
p. 35
2.2.1 Poloxamer
p. 44
2.3 Preparazione crema anestetica Lidocaina
p. 48
2.4 Preparazione crema a base di Allantoina
p. 54
2.5 Preparazione Wound Cleansing spray
p. 58
CAP. 3° - Sperimentazione
3.1 Protocollo
p. 67
3.2 Casi clinici CTO
p. 76
3.2.1 ulcera diabetica
p. 77
3.2.2 ulcera venosa
p. 78
3.2.3 ulcera artero-venosa
p. 79
3.2.4 ulcera arteriosa diabetica
p. 80
3.2.5 ulcera sacrale da pressione
p. 81
3.2.6 deiscenza di ferita chirurgica
laparotomica mediana
p. 82
Conclusioni
p. 85
Bibliografia
p. 87
Sitografia
p. 92
Introduzione
Il trattamento delle ferite difficili (ulcere arteriose, venose, da pressione, diabetiche
che affliggono sempre più la popolazione senile come anche, ultimamente in
aumento, quella giovanile) con l’applicazione di preparazioni galeniche allestite in
Farmacia è una nuova forma di diretta collaborazione tra la figura del Farmacista e
quella del Medico. Ciò garantisce una più mirata terapia fatta su misura per il
singolo paziente nel rispetto delle proprie intolleranze e nell’individuazione dei
migliori principi attivi funzionanti e formulazioni specifiche alla ricerca di una pronta
e rapida guarigione.
La preparazione galenica in generale permette di allestire molecole orfane, di
associare più principi attivi in una unica formulazione, di evitare l’uso di eccipienti
a cui un paziente risulta essere allergico, di preparare prodotti stabili, di rendere
disponibili preparazioni con principi attivi in forme farmaceutiche non disponibili su
mercato e di allestire preparazioni con dosaggi personalizzati.
Ciò che mi ha spinto alla realizzazione di tale tesi risiede nella mancanza nel ciclo
distributivo di farmaci prodotti su scala industriale ad uso transdermico nella cura
di ferite difficili e nella scarsa specificità e flessibilità ad eventuali modifiche nei
componenti di preparati industriali utili alla cura di tali lesioni. Inoltre non sempre
tali prodotti hanno efficacia terapeutica in quanto la produzione industriale non
permette una cura ad personam, non permette la presenza di una vasta gamma di
formulazioni transdermiche che contengano determinati principi attivi scelti
specificamente e la possibilità di variazioni in tali componenti. In questo modo non
è quindi possibile effettuare una preparazione rivolta al singolo ma unicamente
alla collettività, standardizzandola e generalizzandola. In poche parole non esiste
nelle produzioni ad ampia scala il concetto di farmaco in funzione dello stato della
malattia, non si prende in considerazione la possibilità di introdurre modifiche nella
formulazione di tali preparati e nei loro componenti in base alla singola esigenza
terapeutica.
Non si valuta nelle industrie l’ opzione di mettere in commercio tale genere di
formulazioni farmaceutiche, in questo caso transdermiche, anestetiche locali ad
alto dosaggio e spray medicati di pulizia per la validità effimera e la breve
scadenza dei componenti in esse contenuti e quindi prevale lo svantaggio
1
economico industriale che così ne deriverebbe sul possibile successo terapeutico
del singolo. Infatti un allestimento industriale di farmaci destinati a poche persone
risulterebbe svantaggiosa in quanto una produzione per scala ridotta aumenta il
prezzo di produzione non risultando più conveniente per il paziente un suo
acquisto. L’aspetto economico di profitto sulla produzione farmaceutica da parte
delle industrie risulta di più ampio rilievo rispetto alla guarigione e generalmente
alla cura in sé per sé.
Inoltre un altro importante vantaggio che risiede nell’allestimento di tali preparati
galenici in una Farmacia adibita a ciò sta nella possibilità di un immediato
rifornimento di questi ultimi sotto richiesta medica da parte del proprio Medico
curante che si relaziona al Farmacista per conferma della terapia o per eventuali
modifiche e/o aggiunte da applicare al prodotto iniziale in base alla storia
patologica del singolo paziente.
L’uso di preparati galenici risulta quindi di grande vantaggio per la loro specificità,
la loro immediatezza di preparazione e di rifornimento ma anche per i costi di
allestimento nettamente inferiori a quelli applicati dalle industre.
D’altro canto si tengono in considerazione anche le possibili problematiche inerenti
alla produzione di tali preparati e che rendono più difficile la loro reperibilità. I
principali punti sono:
-
l’elevata specializzazione a cui devono far capo le Farmacie per poter
garantire l’allestimento di queste forme innovative,
-
la conoscenza delle metodiche di preparazione di tali preparati (es. la
metodica di miscelazione americana “luer to luer” impiegata nella
produzione del Diltiazem gel)
-
la presenza in farmacie di macchinari specializzati idonei (es. turboemulsore, omogeinizzatore ecc.)
-
l’effimera validità massima di stabilità del prodotto garantita di circa 6 mesi
( anche se è possibile prolungare tale validità effettuando prove tradizionali
ed accelerate di stabilità vedendo quanto il nuovo prodotto può durare
realmente, evento possibile in caso di consorzi tra più laboratori visti gli
elevati costi necessari a tal fine)
2
-
solo alcuni farmaci sono candidabili per uso transdermico in base al
parametro di coefficiente di partizione veicolo-pelle.
-
la presenza in queste forme PLO di Lecitina di soya che è la base standard
fin’ora impiegata per preparati transdermici risultando uno svantaggio in
coloro ad essa allergici ( problema a cui si sta venendo incontro con lo
studio di nuove basi transdermiche già pronte all’uso disponibili sul mercato
di prodotti galenici: es. Pentravan, ditta americana Fagron).
I prodotti già esistenti su mercato per la cura delle ferite difficili non hanno la
stessa specificità e sicurezza d’azione dei nostri preparati innovativi in quanto non
vi sono composizioni farmaceutiche simili. Per quanto riguarda forme gel a base
di Diltiazem in commercio non ne esistono di preparati simili ad uso transdermico
ma esclusivamente sottoforma di capsule o compresse che porteranno così ad
ottenere azioni sistemiche del principio attivo in esse contenute e non una più
mirata azione locale. Discorso simile per quanto concerne la crema a base di
lidocaina e prilocaina in forma concentrata della quale troviamo solo preparati a
minor concentrazione in cui non si prende in considerazione la possibilità di
variare il dosaggio dei due principi attivi. Per quanto riguarda invece le forme
spray per la detersione delle lesioni non sono prese in considerazioni formulazioni
che contengano tensioattivi idrofili e che quindi eliminino muco e componenti di
pus dalla ferita senza incorrere nella possibilità di raschiarla bensì solo prodotti di
per sé disinfettanti a base di soluzioni super-ossidate come nel caso del dermacyn
o prontosan. Soprattutto questa tipologia di spray non comporta alcun rischio di
una possibile aggressività del prodotto in quanto la percentuale di tensioattivo che
andrà ad agire sarà tale da non interferire in alcun modo con i processi riparativi
della cute ma mantenga solo la sua funzione di detergente, potendo il preparatore
galenico intervenire sui dosaggi del suddetto tensioattivo. Infine la preparazione di
crema a base di allantoina ha sostituito efficacemente l’utilizzo di garze
impregnate antiadesive (alla paraffina, alla Connettivina o alle Fitostimoline) e
medicazioni avanzate in grado di assorbire l’essudato in eccesso (schiume di
poliuretano, idrofibre, alginati semplici o all’argento) in quanto il vantaggio
osservato dall’applicazione di tale preparato risiede proprio nel favorimento di un
maggior drenaggio dell’essudato, nell’assorbimento di essudati per la presenza
3
dei PEG, in una maggior detersione del letto dell’ulcera oltre che in un maggior
stimolo al processo di granulazione che ha portato ad una riduzione dei tempi di
riepitelizzazione.
L’allestimento di tali preparati magistrali si attiene alle Norme di Buona
Preparazione (NBP) descritte nella Farmacopea Ufficiale secondo il DM 3-12-2008
FU XII ed. e/o alle procedure previste dal DM 18-11-2003. Nella preparazione di
tali preparati galenici ci si rifà alla letteratura di queste formulazioni (International
Journal of Pharmaceutical Compounding) per la presenza a monte di prove di
efficacia ( prova della concentrazione del farmaco nella circolazione, prova della
concentrazione del farmaco nell’escrezione tramite feci/urine e prova della
risposta clinica del farmaco) che garantiscono una certa sicurezza e validità del
prodotto. È obbligatorio applicare le NBP in caso di allestimento di preparati
officinali e magistrali sterili e per le preparazioni che devono essere manipolate in
apposite e dedicate cappe biologiche di sicurezza, quali preparati tossici,
antitumorali, radio farmaci. La farmacia che esegue preparati non sterili in scala
ridotta come nel nostro caso può seguire, in alternativa al NBP, le procedure
previste dal DM 18-11-03.
Il primo capitolo della tesi affronta le definizioni base di ferite difficili effettuando
una chiara distinzione tra quelle acute e quelle croniche (con particolare
attenzione alla classificazione delle lesioni ulcerative in vascolari, da pressione,
diabetiche, neurogene). Introduce una analisi di dati statistici-epidemiologici che
riporta, oltre al fenomeno di allungamento della vita, di pari passo l’inevitabile
aumento della incidenza sulla popolazione italiana di malattie degenerative
croniche, come le vasculopatie arteriose e venose ed il diabete mellito con
annesse complicanze ulcerative croniche e gravi turbe del trofismo del piede su
base ischemica e/o neuropatica. Si evidenzia quindi una maggiore attenzione
riguardo queste problematiche che trova rimedio con la nascita del Wound Care,
una filosofia complessa di trattamento delle ferite ed in particolar modo delle ferite
difficili cutanee acute e croniche che ha come obiettivo la creazione di una nuova
area in cui far confluire prevenzione, trattamento, educazione e ricerca. Si
conclude la suddetta parte con la descrizione del protocollo standard che si
esegue nel trattamento di tali ferite che si deve articolare in misure terapeutiche di
4
ordine generale e locale dovute al fatto che la maggior parte di queste
problematiche siano correlate a patologie più ampie alla base che non riguardino
solo un’evidenza locale e quindi si necessita di cure a più ampio spettro.
Il secondo capitolo prevede invece la descrizione in primo luogo della cute e dei
vari strati che la compongono con le relative caratteristiche, la porzione di corpo
sulla quale abbiamo puntato per l’applicazione delle nostre preparazioni galeniche
ed insieme ad essa viene analizzata la modalità di assorbimento transcutaneo dei
nostri medicamenti. Prende piede poi l’esposizione delle diverse preparazioni
sperimentali effettuate per coadiuvare la cura di tali ferite difficili che si articola
nell’allestimento di Diltiazem gel in PLO, di una crema a base di Allantoina, di una
crema anestetica a base di Lidocaina e di un sapone detergente-tensioattivo
Wound cleansing Spray.
Infine nel terzo ed ultimo capitolo viene illustrato il protocollo da seguire nella
medicazione di tali ferite cutanee definendo delle fasi standard da rispettare
scrupolosamente per ottenere una corretta e pronta guarigione.
Vengono mostrati a scopo esemplificativo in conclusione sei casi clinici che sono
stati sottoposti alla nostra sperimentazione con l’utilizzo dei preparati galenici
sopra illustrati che coadiuvano alla medicazione dell’ulcera tendendo conto
ciascuno della differente natura della lesione e quindi del differente trattamento
applicato ( ulcera diabetica, venosa, artero-venosa, arteriosa diabetica, sacrale da
pressione, deiscenza di ferita laparotomica mediana).
Si conclude il tutto con l’osservazione dell’ ottima riuscita dei suddetti casi.
5
CAPITOLO 1°- Ferite difficili
1.1 DEFINIZIONI
Ferita
Si definisce ferita qualunque rottura della continuità della cute che guarisce
mediante attivazione del processo cicatriziale mirante alla “restitutio ad integrum”
della parte lesa (1). Esistono differenze fondamentali tra lesioni acute che
procedono lungo una via di cicatrizzazione normale e quelle che non guariscono
(non-healing wounds) e che diventano, quindi, lesioni croniche. Quest’ultime sono
la conseguenza di una serie di combinazioni fra fattori “overlapping” che
impediscono la guarigione, incluso ischemia locale dei tessuti, trauma ripetitivi da
ischemia/riperfusione, presenza di necrosi, compromissione della risposta
cellulare locale e sistemica allo stress e contaminazioni critiche da microorganismi
(batteri). In particolare, la presenza di batteri (bacterial burden) nelle lesioni
contribuisce al mantenimento di uno stato di infiammazione latente che inibisce la
normale
progressione
della
cicatrizzazione
verso
la
fase
proliferativa
(granulazione), impedendo in tal modo la “restitutium ad integrum”. (1) La
cicatrizzazione, comunemente descritta come un susseguirsi di 4 fasi: emostasi,
infiammazione, proliferazione e maturazione, è in realtà
un’interazione
complessa – coordinata con precisione – tra cellule infiammatorie di origine
ematica, cellule mesenchimali residenti e mediatori cellulari (citochine), che
stabiliscono una significante sovrapposizione tra le diverse fasi del processo
cicatriziale. Il trattamento adeguato di una lesione deve mirare all’eliminazione
degli impedimenti locali che ne ostacolano la guarigione e all’ottimizzazione
dell’ambiente tissutale (wound bed management), al fine di ottenere un
fisiologico processo di cicatrizzazione.
Sono diversi e numerosi i fattori che possono ritardare e/o compromettere il
decorso cicatriziale: i fattori sistemici come malattie croniche, insufficienze
vascolari, diabete, difetti neurologici, deficienze nutrizionali, età avanzata, e fattori
6
locali come pressione (intesa come compressione duratura e persistente di parti
del
corpo),
infezione
e
edema
che
possono
ugualmente
impedire
la
cicatrizzazione. La cura delle ferite è un impegno olistico che richiede
l’identificazione accurata dei problemi specifici, locali e generali, che interferiscono
con la cicatrizzazione di ogni paziente.
Si definisce “cronica” una lesione (non-healing wound) che presenta rottura della
continuità della pelle da oltre 6 settimane (lesione cronica di lunga durata > 6
settimane) o che presenta ricorrenza frequente. (1, 2). Nella accezione più
aggiornata tutte le lesioni che hanno difficoltà a guarire non vengono più
definite croniche ma “Non-healing” wounds (3). Nella società odierna queste
lesioni rappresentano un problema sanitario di non poco conto. Si stima che,
approssimativamente, dall’1% al 2% della popolazione sarà affetta da ulcere alle
gambe durante la loro vita e questa cifra probabilmente è destinata a salire con il
progressivo invecchiamento della popolazione (4, 5). I costi associati a questo tipo
di debilitazione sono impressionanti. Negli USA si calcola che i costi di trattamento
raggiungono i 3 miliardi di dollari l’anno e dunque rappresentano una porzione
non trascurabile del budget totale per la sanità (6). Le spese globali annue per la
cura delle ferite risulta fra 13 e 15 miliardi di dollari (7).
Si definiscono FERITE DIFFICILI “Non-healing” wounds tutte quelle ferite acute
e croniche che non tendono facilmente a guarire sia spontaneamente, sia con
l’aiuto dello specialista vulnologo.
Fra le ferite difficili acute annoveriamo quelle legate a TRAUMI di vario tipo e
quelle legate a COMPLICANZE CHIRURGICHE (deiscenze di ferite chirurgiche) o
ASCESSI o FLEMMONI ( ad esempio nel piede diabetico).
LESIONI CUTANEE
CRONICHE
Venose
Vascolari
Arteriose
Miste
Ulcerative
Da pressione
Diabetiche
Neurogene
Traumatiche
Neoplastiche
Post chirurgiche
7
Fra le ferite difficili croniche annoveriamo le ULCERE CUTANEE VENOSE
(provocate da una patologia vascolare venosa varicosa e/o post-flebitica –
Fig. 1 e 2 -rappresentano oltre il 70% di tutte le ulcere cutanee a genesi
vascolare): le ULCERE CUTANEE ARTERIOSE (provocate da una patologia
vascolare arteriosa ostruttiva o embolica e quindi a base ischemica):
Fig. 1
Fig. 2
le ULCERE CUTANEE MISTE (provocate da una patologia vascolare sia
arteriosa che venosa).
Ci sono poi le ULCERE CUTANEE VASCULITICHE (legate ad una sofferenza
per lo più del microcircolo cronica con periodiche riesacerbazioni acute
ed
associate a gravi patologie del connettivo tipo la sclerodermia, il lupus
erytematosus etc…)); le ULCERE CUTANEE DIABETICHE ( causate da
disturbi del microcircolo – MICROANGIOPATIA- e/o nervosi –NEUROPATIA-),
Le lesioni diabetiche possono causare danni gravissimi soprattutto alle estremità
8
inferiori ed in particolare a carico dei piedi (PIEDE DIABETICO) con ASCESSI E
FLEMMONI DEI TESSUTI MOLLI E DEI TENDINI ed OSTEONECROSI con
microfratture ripetute e deformazione del piede (PIEDE DI CHARCOT). (Fig.3)
Fig. 3
Il piede destro mostra necrosi del III, IV e V dito dovute ad arteriopatia ostruttiva
cronica aterosclerotica (vedi stenosi multiple preocclusive dell’arteria femorale superficiale
nell’arteriografia) e a microangio e neuropatia diabetica ( il paziente avendo insensibilità
non si è accorto di stare col piede troppo vicino al caminetto con conseguente ustione di IV
grado). Il piede sinistro mostra lesione da decubito calcaneare
Fra le lesioni cutanee croniche annoveriamo infine le ULCERE CUTANEE DA
PRESSIONE (UdP dette anche DA DECUBITO), tipiche di soggetti defedati ed
allettati (pazienti molto anziani, affetti da malattie neoplastiche o da patologie
croniche che portano alla progressiva impossibilità di alzarsi e muoversi), costretti
quindi a decubiti obbligati a letto o all’utlizzazione cronica di sedie a rotelle
(pazienti tetra e paraplegici). (13, 14) Nel mondo occidentale le UdP sono il tipo di
lesione cronica più comune. Le cifre sulla frequenza delle UdP sono molto
variabili, si ritiene, però, che sia intorno al 10% degli pazienti in centri di cure
intensive (acute care setting, primary care setting) con variazioni che vanno dallo
0,4% al 38%, tra il 2-29% in “long term care” e tra lo 0-17% in “home care” (8). La
9
vera prevalenza di UdP in centri di cura per malati cronici (secondary care
setting) non è nota, ma è molto probabile una cifra intorno al 20% (12). La
EPUAP (European Pressure Ulcer Advisory Panel) ha stimato la prevalenza
intorno al 18,1% (9) (10). Severens et al. (11) hanno valutato che il costo delle
UdP incide sul budget sanitario per l’1%. Il trattamento delle UdP è costoso e
questo giustifica gli sforzi per ricercare un uso ottimale di ridotte risorse finanziarie.
- Uno studio recente ha dimostrato che il 30% dei pazienti anziani che vengono
ricoverati per la frattura dell’anca sviluppano UdP (Ulcere da Pressione) entro
brevissimo tempo dal ricovero (15), mentre negli anni 80 era stato calcolato che lo
sviluppo di UdP di varia severità in pazienti ortopedici era oltre il 60% (16). Anche
secondo Guralnik et al. (17). tra il 57 e il 60% delle ulcere da pressione si sviluppa
durante il ricovero ospedaliero. Sforzi sistematici miranti alla educazione del
personale sanitario e specifici interventi operati da team interdisciplinari per ridurre
l’incidenza delle Ulcere da Pressione hanno dimostrato che questa incidenza
può essere ridotta, ma non azzerata, e che questa riduzione è spesso transitoria
e instabile nel tempo, spesso anche a dispetto di aggressive misure di
prevenzione (18; 19; 20). Questo perché molti dei fattori di rischio agiscono
sinergicamente potenziando e amplificando il rischio di sviluppare UdP e perché la
presenza di UdP costituisce spesso una sindrome geriatrica legata a condizioni
patologiche multifattoriali che contribuiscono ad amplificare la vulnerabilità della
cute delle persone anziane (21). La prevalenza di UdP, infatti, aumenta
drammaticamente non solo con l’aumentare dell’età, ma anche quando si è in
presenza di fattori di maggiore predisposizione come malattie cardiovascolari,
metaboliche, disfunzioni neurologiche, lesioni ortopediche, ecc. (22; 23). Si
pensa, comunque, che l’incidenza delle ulcere da pressione possa essere un
indicatore della qualità del “servizio” sanitario (24; 25; 26) ma questo è valido
solo per i pazienti che non presentano fattori di rischio per lo sviluppo di UdP o
per quelli in cui questi fattori sono molto bassi (8). Se davvero le ulcere da
pressione possono essere completamente evitate è una questione che rimane
ancora controversa (8). Di fatto, per molti aspetti, le ulcere da pressione non
possono essere completamente evitate e pertanto non sempre la loro incidenza
può essere utilizzata come indicatore di qualità delle strutture ospedaliere, anche
10
se deve sempre essere fatto ogni sforzo per ridurne l’incidenza (8). Spesso non
resta altro che imparare a gestire al meglio le situazioni non evitabili (malati
terminali, pazienti ortopedici, incontinenza urinaria e/o fecale, portatori di
dispositivi medici meccanici, malformazioni ossee come cifosi della colonna o
scapole alate, ecc.) (8; 26) tenendo conto di tutti gli aspetti legati alle necessità del
paziente e della famiglia che se ne prende cura e non concentrandosi solo sulla
lesione in se stessa (26). Comunque le buone pratiche sanitarie, delineate nelle
linee guida nazionali ed internazionali (International Best Practice: EPUAP 1998,
NICE 2005) (27), mirano proprio a ridurre e minimizzare l’incidenza dei fattori di
rischio e comprendono: valutazione del rischio, diminuzione degli effetti della
(com)pressione meccanica, valutazione dello stato nutrizionale, riduzione del
tempo di giacenza a letto o di permanenza in seduta dei pazienti ed interventi per
la preservazione della cute (8).
Le lesioni, a base ischemica, si producono ovunque ci siano sotto pelle
prominenze ossee ( quindi in sede sacrale, ischiatica,calcaneare, sul dorso, sulla
nuca, sulle orecchie….) e richiedono accurata cura della pelle delle zone a rischio,
frequenti cambi di posizione e ricorso ad ausilii specifici (materassi anti-decubito al
fine di evitare una potenziale recidiva).
11
1.2 DATI STATISTICO-EPIDEMIOLOGICI
L’aspettativa media di vita della popolazione italiana è aumentata in modo
significativo negli ultimi decenni per il miglioramento delle condizioni igienicosanitarie legato al progresso scientifico e tecnologico in campo medico e
chirurgico ed al benessere sociale ed oggi si attesta in circa 77 anni per gli uomini
e 83 anni per le donne. In un recente studio statistico della UE comparso sulla
stampa nazionale è riportato che 7 sulle prime 10 città europee con maggiore
percentuale di popolazione over 75 sono italiane (Trieste 13.2%, Bologna 13%,
Firenze 12.3%, Genova 11.7%, Ancona 11%, Venezia 10.8% e Cremona 10.3%).
Le proiezioni statistiche fanno prevedere che entro 30 anni un quarto della
popolazione italiana avrà più di 65 anni e che l’uomo nato nel 2004 potrà vivere
mediamente fino a 100 anni.( Tab. I)
Tab- I
12
Purtroppo di pari passo con l’allungamento della vita è inevitabile anche l’aumento
di malattie degenerative croniche, come le vasculopatie arteriose e venose ed il
diabete mellito con annesse complicanze ulcerative croniche e gravi turbe del
trofismo del piede su base ischemica e/o neuropatica (piede diabetico). Nella Tab.
II si evidenzia bene come vi sia una brusca impennata di tali malattie a partire dai
60 anni ed ancor di più dopo i 75 anni.
Tab II
13
La popolazione diabetica in Italia è in forte crescita e , a parte alcune regioni come
la Sardegna in cui è endemico il Diabete Giovanile insulino-dipendente, nella
maggior parte dei casi abbiamo a che fare con diabete di II tipo non insulinodipendente.
Nella Tab. III sono riportati dati statistici, che evidenziano anche l’alta incidenza in
questi pazienti di ulcere cutanee e purtroppo di amputazioni conseguenti.
Tab. III
Viste le proiezioni statistiche di progressivo aumento dell’età media della
popolazione, lo scenario futuro che la Sanità Italiana si troverà ad affrontare non è
dei più incoraggianti. Si prevede infatti che entro 30 anni il 25% della popolazione
avrà più di 65 anni e che nei prossimi 15-20 anni si raddoppierà il numero dei
pazienti diabetici.
Oggi in Italia le lesioni cutanee croniche rappresentano lo 0,4% dei ricoveri e l’1%
delle giornate di degenza.
Nel Lazio le stime, su dati Istat 2002, indicavano in 5.086 i ricoveri ed in 65.000
le giornate di degenza per tale patologia.
14
A fronte di una evidenza in letteratura internazionale dell’aumento di prevalenza
ed incidenza nella problematica, ancora pochi sono i provvedimenti presi
soprattutto nella nostra Nazione.
In Europa e negli USA il problema è stato affrontato con maggior determinazione,
investimenti ad hoc in termini di presidi, linee guida e formazione del personale.
In Italia il problema è, attualmente, difficilmente stimabile.
I dati possono essere raccolti solo a livello locale in assenza di un “registro” delle
ulcere.
In realtà in Italia spendiamo già grosse cifre per questi problemi, forse anche
troppo al confronto di altre nazioni in Europa e nel mondo, come evidenzia la Tab.
IV
Tab IV
In Italia spendiamo 4 volte di più di quanto spendono Francia e Germania, due
volte di più di quanto spende la Gran Bretagna e praticamente spendiamo quanto
gli Stati uniti, ma in modo non organizzato.
15
A differenza ad esempio di altre nazioni europee investiamo troppo sugli ospedali
e troppo poco nell’assistenza sul territorio e al domicilio dei pazienti (come
evidenziato anche da articoli comparsi nella stampa, come il sottostante
pubblicato da Il Messaggero di Roma).
In realtà già utilizzando le nuove tecnologie terapeutiche (medicazioni avanzate,
VAC Therapy, cellule staminali, Fattori di crescita e Bioingegneria tessutale)
potremmo ridurre le giornate di degenza in Ospedale ed ottenere guarigioni più
rapide con conseguente riduzione della spesa sanitaria specifica, come
evidenziato dal sottostante studio della Onlus Ageing Society.
16
si potrebbe ottenere :
17
Quindi occorrerebbe :
1) Creare reti integrate Ospedale-Territorio
2) Formare ed aggiornare il personale sanitario
3) Istruire badanti, parenti e care-givers
4) Diffondere l’uso di medicazioni avanzate
18
1.3 WOUND CARE
La cura delle lesioni cutanee acute e croniche (WOUND CARE è la definizione
anglosassone nata nel 1969 ad opera di George D. Winter, membro del
dipartimento di ingegneria biomedica del Royal Orthopeadic Hospital a Stanmore,
Middlesex) è venuta ad assumere negli ultimi anni dignità di Area di Intervento
Specializzato, Multidisciplinare e Multifunzionale, alla quale partecipano diverse
figure professionali (medici, farmacisti, infermieri, podologi, fisioterapisti, ecc.) e
numerose specialità mediche (traumatologi, specialisti nel trattamento delle
ustioni, podiatri, dermatologi, diabetologi, fisiatri, specialisti delle Unità Spinali,
chirurghi generali, chirurghi vascolari, chirurghi plastici, nutrizionisti, anestesisti,
palliativisti, ricercatori, etc.). La traduzione letterale del termine dalla lingua inglese
è: Wound  lesione della pelle e Care  prendersi cura di qualcosa o qualcuno.
In italiano si potrebbe tradurre “assistenza a persone con problemi di lesioni
cutanee”.
Ciascuno nel suo settore di competenza interviene nella prevenzione e nel
trattamento delle lesioni con uno dei seguenti scopi:
PREVENZIONE PRIMARIA, SECONDARIA E TERZIARIA
PREPARAZIONE DEL LETTO DELLA LESIONE
CORREZIONE DEI FATTORI PREDISPONENTI DELL’OSPITE
INTERVENTI ATTIVI NELLA FACILITAZIONE DELLA GUARIGIONE
Da quanto enunciato risulta evidente il concetto che Il termine WOUND CARE
esprime una filosofia complessa di trattamento delle ferite ed in particolar modo
delle ferite difficili che non ha niente a che vedere con il semplice concetto di
MEDICAZIONE di una volta, rappresentando una vera e propria nuova branca
della scienza, che in Italia chiamiamo VULNOLOGIA.
L’obiettivo da perseguire dovrebbe consistere nella creazione di un’area
dedicata
alla
WOUND
CARE
dove
far
confluire
PREVENZIONE,
TRATTAMENTO, EDUCAZIONE e RICERCA.
Il trattamento dovrebbe essere affidato a centri, gruppi di lavoro e professionalità
strategicamente collocate nel territorio, secondo criteri diversificati d’intervento,
19
con aumento della complessità in senso centripeto (Territorio
Ospedale),
nella logica della cooperazione multidisciplinare e multiprofessionale orientata al
paziente, ed in un’ottica di approccio multidimensionale e di implementazione della
funzione di esperti di specialità nelle diverse aree di competenza (Gruppi
Multidisciplinari di Lavoro).
Tutti i livelli dovrebbero attivarsi in senso proattivo relativamente alla prevenzione,
anche nei confronti della popolazione generale, con particolare riguardo a quella
affetta ed a rischio, e dei caregivers ( parenti, badanti, volontari….., che si
occupano
a
casa
educativo/informativa,
della
sia
cura
dei
rilevando
i
pazienti),
dati
sia
con
epidemiologici
ed
metodologia
orientando
conseguentemente le azioni preventive, in sinergia con i diversi attori che ai vari
livelli insistono o dovrebbero insistere su attività correlate o simili.
Ruolo del Farmacista nel Wound Care:
1) Educatore sanitario;
2) Professionista che elargisce i nuovi servizi della Farmacia;
3) Galenista.
1) Figura del Farmacista come informatore delle caratteristiche di un farmaco,
delle sue posologie, delle avvertenze, delle precauzioni e di possibili interferenze
con altri medicinali somministrati in concomitanza al paziente che a lui si riferisce
per consulenze.
2) Un ruolo riscoperto recentemente è quello del Farmacista (decreto n° 153 del
2009 - nuovo ruolo della farmacia all’interno del SSN) che si occupa di:
- assistenza domiciliare integrata mettendo a disposizione operatori sociosanitari, infermieri e fisioterapisti per l’effettuazione a domicilio di specifiche
prestazioni professionali richieste dal medico;
- servizi di primo livello attraverso la partecipazione alla realizzazione dei
programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle
principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione e ai gruppi di
rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di
20
informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei
farmacisti che vi operano.
- servizi di secondo livello e analisi di prima istanza rivolti ai singoli assistiti, in
coerenza con le linee guida ed i percorsi diagnostico – terapeutici previsti per le
specifiche patologie, su prescrizione del medico, anche avvalendosi di personale
infermieristico, prevedendo l’inserimento delle farmacie tra i punti forniti di
defibrillatori automatici. Le farmacie possono effettuare, nell’ambito dei servizi di
secondo
livello,
analisi
di
prima
istanza rientranti nell’autocontrollo, restando in ogni caso esclusa l’attività di
prescrizione e diagnosi nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante
siringhe o dispositivi equivalenti.
- prenotazione visite ed esami specialistici ambulatoriali presso le strutture
sanitarie pubbliche e private accreditate provvedendo anche al pagamento
dei relativi ticket e al ritiro dei referti clinici.
3) Farmacista preparatore galenico che si prodiga nella preparazione in
laboratorio di forme farmaceutiche a misura della necessità terapeutica del singolo
paziente nel rispetto delle possibili intolleranze ed incompatibilità.
21
1.4 TERAPIA GENERALE E LOCALE
Il trattamento delle ferite difficili deve prevedere un preciso protocollo che si
deve articolare in misure terapeutiche di ordine generale e locale.
E’ evidente che se sussiste una patologia vascolare, se ne deve prevedere un
trattamento specifico. Quindi in caso di ulcere dovute a flebopatie, sarà
necessario un trattamento chirurgico ( stripping delle safene, eliminazione
delle safene con scleromousse, laser o
radiofrequenza) e medico
(elastocompressione con bende o calze elastiche) .
In caso di ulcere dovute ad arteriopatia ostruttiva cronica bisognerà
ricorrere alla terapia chirurgica per eliminare l’ischemia e alla terapia
medica ( infusione di prostaglandine e di farmaci emoreologici).
In caso di lesioni diabetiche sarà necessario stabilizzare il diabete variando
dosaggio e tipo di terapia ( farmaci anti-diabetici orali, insulina , pompa
d’infusione continua di insulina)
22
In caso di lesioni da pressione si dovranno mettere in atto tutte le misure
preventive necessarie ad eliminare la causa delle lesioni stesse e di una loro
eventuale recidiva (materasso anti-decubito, frequente variazione della
posizione a letto, utilizzo di cuscini particolari sulla sedie a rotelle, cura della
pelle con creme grasse ed idratanti).
Il trattamento locale deve essere meticoloso ed eseguito ad intervalli di
tempo variabili in funzione del tipo e stadio della lesione e del tipo di presidio
terapeutico utilizzato. L’obiettivo che si propone è la preparazione del letto
della ferita per miglioralo fino ad ottenere la guarigione della stessa (Wound
Bed Preparation)
Nella strategia per la gestione terapeutica delle ulcere, il concetto di “Wound
Bed Preparation” sta guadagnando accettazione generalizzata come modo
globale di pensare alla lesione cronica, basandosi non solo sull’aspetto clinico
ma anche sulle possibili problematiche patologiche che devono di volta in volta
essere affrontate (1). Quest’approccio è nato dalla realizzazione che anche i
vantaggi dovuti a mezzi terapeutici avanzati possono non essere efficienti se
non si adottano le misure che promuovono il processo endogeno di
cicatrizzazione. (28)
Il concetto di “TIME” è stato proposto da un Panel Internazionale (29) per
comprendere gli aspetti principali della “Wound Bed Preparation”. “TIME” è
l’acronimo per i seguenti concetti:
T= Tissue management (inadeguate or non viable or deficient tissue within
the wound bed)  Spray Wound Cleansing.
I= Inflammation and Infection control (the presence of infection and/or
inflammation)  Crema all’allantoina, Spray Wound Cleansing.
M= Moisture balance (excessive moisture control)  Crema all’allantoina.
E=
Epidermal
(edge)
advancement
undermined)  Diltiazem gel.
23
(non-advancing
epidermis
or
In sostanza l’acronimo indica gli aspetti che devono essere presi in considerazione
per trasformare una lesione cronica non cicatrizzante in una in via di guarigione
(29). Ogni concetto di “TIME” deve essere specificamente valutato e monitorato
per poter poi identificare gli interventi adeguati da adottare per ottenere la
guarigione delle lesioni croniche. Oltre a permettere di adottare uno standard
ottimale di trattamento, il metodo “TIME” consente anche di offrire al paziente
parametri oggettivi di valutazione del decorso delle proprie lesioni (30).
Tissue management: esprime il concetto che i tessuti non vitali devono essere al
più presto rimossi (debridment o sbrigliamento) per evitare che diventino
focolaio per infezioni oltre che essere di impedimento per il corretto svolgimento
del processo cicatriziale (8,28). Nelle ulcere il debridmente è assolutamente
indispensabile per poter ottenere la guarigione e rientra tra i fattori di “Standard
care procedures/regimens” (fino a che non si attua la completa rimozione dei
tessuti necrotici -sbrigliamento o debridement-, le medicazioni terapeutiche -ad
eccezione di quelle che devono indurre lo sbrigliamento enzimatico- non devono
essere applicate e i pazienti affetti da ulcere possono essere inclusi nei trials clinici
di ricerca solo dopo il completo sbrigliamento delle lesioni) (3) anche se,
sorprendentemente, non esistono studi clinici che dimostrino che il debridment
della superficie delle lesioni croniche acceleri effettivamente il processo cicatriziale
rispetto a lesioni in cui il debridment non è stato praticato (31). Di fatto però si dà
per scontato che il debridement debba essere sempre fatto anche per impedire
che il tessuto diventi terreno di coltura per i batteri (29). I metodi di debridment
sono vari ma, mentre lo sbrigliamento chirurgico viene riconosciuto il più rapido ed
efficace, pur necessitando di elevata esperienza da parte di personale
specialistico (chirurgo) (8, 31) e pur essendo sconsigliato in particolari e specifiche
situazioni (32), il debridment non-meccanico può esser praticato con diversi
prodotti esistenti (8) nessuno dei quali ha però dimostrato proprietà superiori agli
altri (8, 31).  Spray Wound Cleansing.
Inflammation and Infection: Esprime il concetto che lo stato infiammatorio
della lesione dovuto a complicazioni infettive (infezione) deve essere tenuto sotto
controllo e risolto perché altrimenti il processo di guarigione è completamente
compromesso (8)  Crema all’allantoina, Spray Wound Cleansing.
24
Moisture balance: esprime il concetto che la superficie della lesione deve
essere sempre mantenuta
sufficientemente idratata allo scopo di evitare
l’eccessivo disseccamento (formazione dell’escara) utilizzando adeguati dressing
“moisturising” mentre l’eccessiva perdita di liquidi dalla superficie lesionata deve
essere tenuta sotto controllo utilizzando dressing e medicazioni adatti ad
assorbirne l’eccesso, causato dalla trasudazione (da stasi) o essudazione
(infiammatoria) (8). Il concetto di ambiente adeguatamente umido della superficie
delle lesioni ha portato allo sviluppo del concetto di “dressing occlusivo” inteso
come capacità della medicazione di impedire la traspirazione dalla superficie della
ferita verso l’esterno.  Crema all’allantoina.
Epidermal (edge) advancement: esprime il concetto che l’avanzamento
dei margini per riepitelizzazione della lesione sono la prova clinica del buon
andamento del processo cicatriziale e la sua misurazione mediante riduzione dei
diametri o dell’area offrono un indice di previsione per il decorso della lesione. 
Diltiazem gel.
Per monitorizzare al meglio l’evoluzione della lesione cutanea si può far ricorso a
vari tipi di stadiazione delle stesse. Quello più semplice ed intuitivo, che meglio
può indirizzarci verso l’eventuale necessità di modificare le medicazioni è la
STADIAZIONE W.C.S. (Wound Care Society)
Questa descrive la LESIONE CUTANEA con i colori diversi::
a)
NERA
(necrotica, secca o umida Fig. 10)
25
b) GIALLA
(fibrinosa e a fondo torpido, asciutta, poco o
molto essudante, infetta o non
infetta
Fig.11
c) ROSSA (detersa, ben granuleggiante, in via di
guarigione Fig. 12)
L’obiettivo per il wound specialist (vulnologo) è quello di portare le lesioni cutanee
dallo stadio nero al giallo ed infine al rosso utilizzando medicazioni di vario tipo e
modificandone il tipo se si nota dal colore della ferita che le cose non vanno nella
direzione giusta.
26
)
AMBIENTE SECCO
ASSORBIMENTO
ESSUDATO
ADESIVE
AMBIENTE UMIDO
GESTIONE
ESSUDATO
NON ADESIVE
RIMOZIONE DOLOROSA
RIMOZIONE
ATRAUMATICA
IMPERMEABILITA’ A
LIQUIDI e BATTERI
BARRIERA MECCANICA
CAMBI FREQUENTI
ALGINATI
ALGOSTERIL
Sali
di calcio e/o
ALGISITE
sodio
dell’acido
KALTOSTAT
alginico
Derivano
HYALOGRAN
dalle
alghe
SILVERCEL
marine.
Emostasi
SEASORB
Elevata
assorbenza
CAMBI DOPO PIU’
GIORNI
IDROGEL
BIOLOGICHE
HYALOFILL
Sono
medicazioni
aHYALOGRAN
base di
CONDRESS
ac.jaluronico,
collagene
,
TISSUFLEECE
matrici
GENTAFLEECE
modulanti
di
PROMOGRAN
proteasi
e
PROMOGRAN
sostituti
dermici.
PRISMA
NU-GEL
Elevata
%
NU-GEL
H2O
placche
DUODERM
Idratano
le
COMFEEL
lesioni
HYPERGEL
secche
e con
NORMLGEL
escara.
IDROFIBRE
AQUACEL
Tessuto non tessuto.
AQUACELSiAG
JALOSKIN
Non sono aderenti.
Accelerano la
trasformano in gel a
IDROCOLLOIDI
granulazione
contatto con essudato
DUODERM
Miscele di polimeri granulari ricoperti da un film di poliuretano,
COMBIDERM
impermeabile all’H2O. Aderiscono solo alla cute sana.
BIATAIN
Assorbono
essudato fino a 10 volte il loro peso
CUTINOVA
NU-DERM
27
ENZIMI
PROTEOLI
TICI
ELASE
Utili
per
HYRUXOL
DEBRIDEMENT
NON
ADERENTI
CONNETTIVINA
CONNETTIVINA
PLUS
FITOSTIMOLINE
ADAPTIC
INADINE
JELONET
MEPITEL
FILMS
ASSORBENTI
OPSITE
ACTISORB
Medicazioni
BIOCLUSIVE
trasparenti
EPIVIEW
occlusive
MEFILM
ACTISORB
PLUS
MELOLIN
SCHIUME
CUTINOVA
Fogli
di poliuretano
FOAM
diversi
con matrice a celle . Si
TIELLE
adattano bene alle sedi
TIELLE
anatomiche.
Non aderiscono
PLUS
all’ulcera.
TIELLE LITE
MEPILEX
Assorbimento essudato
CONTREET
Molto importante è poi la cura della cute perilesionale, perché da questa
dipenderà la tendenza della lesione a restringersi o allargarsi, quindi a guarire o a
peggiorare, Dalla valutazione della cute perilesionale potremo decidere se la
medicazione che stiamo usando è quella giusta per mantenere localmente il giusto
grado di umidità indispensabile per la rapida guarigione.
28
DESCRIZIONE DELLA CUTE PERILESIONALE
a) integra
( il giusto grado di umidità lascia la cute sana e vitale)
b) eritematosa
(il tessuto perilesionale è francamente coinvolto in una
reazione infiammatoria da infezione per cui sarà necessario un esame colturale
per praticare una terapia antibiotica mirata)
c) edematosa ( vedi sopra)
d) macerata
( il grado di umidità locale è eccessivo e la lesione tende ad
allargarsi, per cui è necessario ricorrere a medicazioni in grado di modulare meglio
l’essudato prodotto).
29
CAPITOLO 2°- Preparazioni galeniche
2.1 La cute e l’assorbimento transdermico
Una via di somministrazione dei farmaci di rilevante interesse è attraverso la cute,
e la descrizione dei processi di assorbimento in essa coinvolti richiede la
conoscenza almeno schematizzata della sua struttura.
La cute è il tessuto epiteliale più
esteso, più spesso e complesso di
tutto il corpo, ed è un organo che
adempie
a
funzioni
di
termoregolazione e di protezione. La
cute, essendo impermeabile, difende
l'organismo dagli agenti atmosferici e
dai
microrganismi
diffusi
nell'ambiente, permettendo comunque
una sana respirazione e traspirazione.
E' formata (v. figura a destra), procedendo dall'esterno (dall'alto) verso l'interno,
dall'epidermide e dal derma.
L'epidermide è la parte più superficiale della cute, formata a sua volta da quattro
strati di cellule:
strato corneo: è la parte visibile dall'esterno. Le sue cellule, incapaci di
riprodursi, sono di fatto involucri contenenti cheratina, una proteina ricca di
zolfo che compone anche le unghie, i peli e i capelli. Lo strato corneo,
insensibile, costituisce una valida difesa per il nostro corpo che non ha,
come quello di quasi tutti gli altri animali, penne, squame o pelliccia per
proteggerlo
dalle
lesioni
e
dall'evaporazione.
Nello strato corneo si concentrano importantissime funzioni di protezione in
30
quanto è impermeabile all'acqua (evita cioè sia la sua penetrazione, sia la
sua fuoriuscita eccessive) ed ai gas; ha una certa resistenza ad alcali e
acidi, oltre che a sollecitazioni meccaniche, elettriche e così via; infine,
respinge in buona parte gli agenti biologici che tentano di aggredire
l'organismo. Questo strato si rinnova eliminando le vecchie cellule quando
vengono sostituite da quelle nuove, che risalgono dallo strato germinativo (il
più profondo). Un percorso che compiono all'incirca in 28 giorni.
strato lucido: è visibile solo nelle zone del corpo esposte ad attrito, come
le palme delle mani e le piante dei piedi; è il responsabile principale
dell'impermeabilità della cute.
strato granuloso: costituisce il confine tra le parti cheratinizzate, più
superficiali e amorfe, e le cellule vitali delle zone più profonde, come quelle
dello strato spinoso, che prende il nome dalla forma delle sue cellule,
dotate di protuberanze appuntite che hanno la funzione di collegare tra loro
le varie cellule e che conferiscono solidità all'epidermide nel suo insieme.
strato basale o germinativo (o di Malpighi): si chiama così perché è in
esso che proliferano gli elementi cellulari (cilindrici) che si moltiplicano
attivamente, spingendo di continuo verso l'esterno gli strati più vecchi. Qui
avvengono i processi più importanti ai fini della cicatrizzazione. Lo strato
basale è la sede dei melanociti, le cellule responsabili del colore della pelle
e dei nei (o nevi), ma anche dell'abbronzatura che, estetica a parte, serve a
proteggere la pelle dalle radiazioni solari.
Inferiormente all'epidermide, che si può considerare lo strato difensivo della cute,
si trova una membrana chiamata giunzione dermoepidermica; sotto di questa, si
ha
il
derma.
Il derma è ricco di vasi sanguigni che
servono anche a nutrire lo strato
inferiore dell'epidermide, che è priva
di vasi propri. Si può osservare che
la superficie della pelle è percorsa
da
solchi
sottilissimi
che
si
31
incrociano delimitando aree romboidali, oppure decorrono paralleli separando
sottilissime creste: queste "papille" corrispondono a ondulazioni della superficie di
contatto fra derma ed epidermide, ove si raccolgono anse vascolari e terminazioni
nervose.
Lo strato profondo del derma è ricco di cellule adipose e forma il cosiddetto
"pannicolo adiposo" più o meno abbondante a seconda delle zone corporee e
degli individui. Epidermide e derma sono infine sedi di particolari formazioni: peli,
unghie,
ghiandole
sudoripare,
sebacee
e
terminazioni
tattili.
E' sempre nel derma che troviamo le cellule e le sostanze che determinano
l'elasticità cutanea: il collagene; le fibre reticolari, responsabili dell'adesione
dell'epidermide al derma; le fibre elastiche, formate da elastina.
L'assorbimento per via cutanea agisce con un meccanismo lento di accumulo.
Contrariamente ad altre strutture del corpo, la pelle è costantemente esposta
all'ambiente e le sostanze assorbite dalla pelle entrano direttamente nel circolo
sanguigno. Per questo motivo in alcuni casi vengono somministrati medicinali per
via transdermica, in modo da evitare interferenze da parte dello stomaco o
dell'intestino e nello stesso tempo non provocare eventuali danni alla parete
gastrica.
La permeazione attraverso i vari
strati
della
pelle,
segue
tre
modalità:
a:
penetrazione
tra
le
cellule (transcellulare);
b: penetrazione attraverso le cellule (intercellulare);
c: penetrazione attraverso i follicoli piliferi, le ghiandole sudoripare o
sebacee, la via pilosebacea.
A livello industriale i farmaci sono disponibili come cerotti (TTS) o gel contenenti
principi attivi assorbiti per via transdermica.
32
Terapia transdermica: è la chiave per un diretto assorbimento di un farmaco,
assorbimento rappresentato dalla penetrazione del principio attivo attraverso lo
strato corneo.
Lo strato corneo presenta un contenuto lipidico per lo più concentrato nella fase
extracellulare. Ecco che nelle forme farmaceutiche transdermiche è determinante
la componente lipidica nella sua formulazione. Lo strato lipidico infatti fa da
barriera ed idrata la pelle.
Lo strato corneo è un tessuto cheratinizzato e costituisce così una vera e propria
barriera per le sostanze esterne. Negli scorsi anni veniva superata questa barriera
utilizzando come veicolo il dimetilsolfossido (DMSO) che ha la proprietà di
disgregare e modificare la funzione dello strato barriera, alterando così lo strato
corneo per denaturazione delle proteine e provocando spesso irritazioni della pelle
con rossore. Altri veicoli impiegati per l’attraversamento di tale strato sono l’urea e
i tensioattivi; veicoli per creme impiegati sono l’isopropil palmitato, estere
isopropilico dell’acido palmitico e i Poloxamer, copolimeri sintetici costituiti da una
catena centrale idrofobica di poliossido di propilene e da due catene esterne
poliossietileniche idrofile, una doppia caratteristica che permette al veicolo una
maggior ripartizione del principio attivo che attraversa meglio la zona intercellulare
garantendo una migliore penetrazione del preparato.
Un altro parametro importante da considerare per poter definire un buon
assorbimento transdermico risiede nella velocità di diffusione del farmaco e tale
velocità si basa su:
-
sito d’azione ( locale);
-
concentrazione del farmaco;
-
coefficiente di partizione O/A tra lo strato corneo e quello lipidico ( necessità
di avere buone proprietà sia lipofile che idrofile  inoltre generalmente il
principio attivo presente in tali preparati dovrebbe avere più affinità nei
confronti della pelle che verso il veicolo in cui è disperso per aumentare il
suo assorbimento);
-
area in cui è applicato;
33
-
PM del farmaco  i valori di buona permeabilità si aggirano in un range di
peso molecolare compreso tra 100 ed 800 g/mol ma la condizione ideala
sarebbe di 400 g/mol.
-
Idratazione della zona in cui è applicato;
-
Spessore dello strato (preferibile uno strato sottile).
I vantaggi derivanti da una somministrazione trans dermica sono:
-
Possibilità di fornire farmaci che altrimenti per via gastrointestinale non
verrebbero assorbiti per via dei processi di degradazione delle molecole
dovuti dall’ambiente e dal pH qui presenti;
-
Non è invasiva;
-
Migliore compliance;
-
Evito
l’effetto
di
primo
passaggio
metabolizzazione attraverso enzimi epatici;
-
L’interruzione di tale terapia è rapida.
34
del
farmaco
e
quindi
una
2.2 Preparazione Diltiazem 2% in Pluronic Lecithin Organogel
Formulazioni:
International Journal of Pharmaceutical Compounding
Vol. 8 No. 4 July/August 2004
295
Metodo di preparazione:
1. Calcolare la quantità richiesta di ciascun ingrediente per la totale somma da
preparare.
2. Pesare o misurare accuratamente ciascun ingrediente.
3. Miscelare il diltiazem con il glicole propilenico per formare una pasta
omogenea.
4. Incorporare la lecitina con una soluzione di isopropile palmitato e miscelare
bene.
5. Aggiungere una sufficiente quantità di soluzione di Pluronic 20% e
miscelare utilizzando un metodo di azione di taglio fino uniforme.
6. Confezionare ed etichettare.
Operazioni di preparazione: Si utilizzano due siringhe luer lock entrambe con
volume di capacità totale necessario a contenere la miscela finale. In una prima
35
siringa peso la quantità richiesta di lecitina isopropile palmitato (1:1) soluzione che
costituisce la fase grassa della miscela, in una seconda siringa invece peso e
pongo all’interno il quantitativo necessario di Poloxamer e glicole propilenico (la
fase idrofila della miscela) a cui addiziono il quantitativo funzionale di Diltiazem. A
questo punto collego le due siringhe con la metodica “luer to luer” e mescolo le
sostanze aspirando e premendo contemporaneamente per circa dieci volte i
pistoni delle due siringhe aumentando così sempre più il contatto tra le due fasi.
Per essere sicuri di aver mescolato bene i componenti ed averli amalgamati
totalmente, in particolare di aver lavato bene la zona sita nella parte superiore
della siringa quella più ravvicinata al luer, si applica un vuoto invece di spingere il
pistone cosicchè la nostra miscela possa incorporare tutte le possibili rimanenze lì
presenti.
Nella prove fatte per la preparazione del gel è stata abbassata leggermente la
percentuale di lecitina isopropile palmitato (1:1) soluzione altrimenti la miscela
risultava troppo morbida.
Tutte queste operazioni, oltre che poi nella fase di utilizzo stesso del gel da parte
del Medico, necessitano l’uso obbligatorio di guanti protettivi al fine di evitare
possibili contaminazioni in quanto tale formulazione presenta un assorbimento
transcutaneo.
Confezionamento:
Confezionare in stretti contenitori resistenti, leggeri ( siringhe con tappo luer).
36
Etichettatura:
Tenere fuori dalla portata dei bambini. Usare solo come indicato. Uso esterno.
Nota: Quando viene consigliata questa preparazione ad un paziente è bene
spiegare la sua viscosità temperatura-dipendente. Poiché la preparazione viene
applicata sulla pelle e distribuita, questa potrebbe diventare leggermente più
viscosa e resistente all’essere spalmata.
Stabilità:
Un utilizzo per questa preparazione oltre 30 giorni sarebbe appropriato. [33]
Data di ultimo utilizzo raccomandata dopo circa due mesi da quella di
preparazione.
Il gel va protetto dalla luce.
In assenza di informazioni sulla stabilità del preparato, la data limite di
utilizzazione (scadenza) delle emulsioni e sospensioni liquide è stabilita in 30
giorni per le preparazioni che non contengono alcol o lo contengono in quantità
inferiore al 25 %. “Questo limite deve essere ridotto” ( ad esempio nelle soluzioni
acquose) “o può essere superato solo sulla base di specifiche conoscenze e
accorgimenti connessi con la contaminazione microbica del preparato e con le
caratteristiche chimico-fisiche dei suoi componenti” (ad esempio mediante
aggiunta di conservanti e/o stabilizzanti). In ogni caso il periodo di validità dei
componenti utilizzati non può comunque superare i 6 mesi, sempre in assenza di
informazioni sulla stabilità. Le informazioni sulla stabilità possono essere ottenute
mediante prove accelerate di stabilità dei principi attivi oppure dedotte da testi
scientifici o da analoghe formulazioni autorizzate all’immissione in commercio.
Uso:
Diltiazem gel è stato usato nel trattamento delle ferite difficili per applicazione
perilesionale, sulla porzione di cute integra che circonda la ferita.
Controllo di qualità:
“Per i preparati magistrali i controlli di qualità sul prodotto finito possono essere
limitati a semplici operazioni di verifica; devono essere comunque garantiti anche i
limiti di accettabilità di norma entro il 10% ( si intenda ovviamente +/- 10 % n.d.r.)
37
del dichiarato” (da N.B.P. F.U.I. XII, capitolo 8). Per le emulsioni e sospensioni
orali i controlli da effettuare sul prodotto finito sono i seguenti:
-
Verifica della correttezza delle procedure eseguite.
-
Controllo dell’aspetto e assenza di particelle visibili a occhio nudo (
possibilmente anche delle caratteristiche organolettiche: colore, odore).
-
Controllo della ridispersibilità delle fasi.
-
Controllo del confezionamento e in particolare della sua tenuta.
-
Determinazione del pH, solo se necessario.
-
Verifica della corretta compilazione dell’etichetta, compresa l’indicazione
delle modalità di conservazione e di vendita.
Per quanto concerne i preparati officinali eseguiti in scala ridotta, oltre ai
controlli e alle verifiche previsti per il magistrale, la farmacopea richiede in linea
generale che siano soddisfatti i seguenti saggi:
-
Saggio per la massa o il volume rilasciabile di preparazioni liquide e
semisolide (quantità contenuta per flacone) (F.U.I. XI, pag.304, soppresso
in F.U.I. XII) : svuotare il più completamente possibile il contenuto di un
contenitore e determinare la massa o il volume del contenuto verificando
che quest’ultimo non sia inferiore alla quantità indicata in etichetta.
-
Determinazione della densità: soltanto se richiesto, effettuata con un
densimetro per liquidi più pesanti o più leggeri per dell’acqua.
-
Determinazione della viscosità: soltanto se richiesta.
-
Determinazione del pH: necessaria solo laddove l’ emulsionante sia stabile
in un ridotto range di pH. Può essere effettuata con una cartina al tornasole
o con un piaccametro digitale.
-
Determinazione della carica batterica.
-
Saggi accelerati di stabilità. Per prevederne il comportamento nel tempo la
dispersione può essere sottoposta a una delle seguenti sollecitazioni
fisiche:
a) Temperatura elevata: conservazione a 40-50°C per periodi che vanno
da una settimana a tre mesi. In questo modo vengono accelerati
eventuali fenomeni di creaming e coalescenza.
b) Alternanza tra basse e alte temperature: trattamento particolarmente
38
utile a valutare la variazione di granulometria delle polveri disperse nelle
sospensioni.
c) Centrifugazione: una sollecitazione a 3.750 giri per 5 ore corrisponde
all’effetto della forza di gravità di un anno.
La valutazione di qualità-controllo può includere peso teorico rispetto al peso
reale, peso specifico, colore, consistenza della superficie, pH, apparenza, tatto,
proprietà reologiche ed osservazioni fisiche. [34]
Discussione:
Diltiazem cloridrato è stato usato nel trattamento di fessure anali. [35-38]
La sua applicazione su ferite topiche è più recente ed è generalmente applicato
alla pelle immediatamente adiacente all’area ferita.
-
Diltiazem cloridrato è un derivato benzodiazepinico bloccante dei canali del
calcio. Si presenta come una polvere cristallina bianca, inodore o come
piccoli cristalli. È facilmente solubile in acqua ed è scarsamente solubile in
alcol disidratato. Si scioglie con alcune decomposizione a circa 120 ° C.
Dall’effetto
calcio-bloccante
dipende
l’inibizione
dei
processi
di
accoppiamento eccitazione-contrazione nelle cellule muscolari cardiache e
vasali e, di conseguenza, l’effetto vasodilatante a livello delle coronarie e
delle arterie sistemiche. La dilatazione delle arterie sistemiche comporta
una
diminuzione
delle
resistenze
periferiche
totali
e,
quindi,
un
abbassamento della pressione arteriosa di 5-10 mmHg. [39] Verrà quindi
valutata la storia clinica del paziente accuratamente scegliendo il corretto
dosaggio e non somministrandolo a pazienti che soffrono già di per sé di
ipotensione che si sommerebbe alla posizione ortostatica in cui si andrebbe
a trovare durante la medicazione. La somministrazione concomitante di
diltiazem e di farmaci che rallentano la conduzione cardiaca o che
deprimono il miocardio (es. ß-bloccanti, antiaritmici e digitalici) può
determinare un potenziamento di tali effetti e perciò, in linea di massima, è
da evitare. [40]
I valori di DL50 riscontrati nell’uomo sono 40-50 mg/kg per e.v.
-
Glicole propilenico: (C3H8O2) si presenta come un liquido chiaro, incolore,
viscoso praticamente inodore, di sapore dolce, un po’ simile alla glicerina.
39
Esso ha un peso specifico di 1,038 g / ml ed è miscibile con il 95% di
etanolo, glicerina ed acqua. [39] Ha una funzione di plasticità e di
“esaltatore di assorbimento” (adsorbition enhancer). Questi ultimi sono
agenti in grado di ridurre l’efficienza della barriera dello strato corneo con
meccanismi diversi, chimici o fisici. Gli enhancers chimici: a) incrementano
la diffusibilità della sostanza all’interno della barriera, b) ne aumentano la
solubilità nel veicolo, c) migliorano il coefficiente di partizione. Inoltre, vi
sono sistemi capaci di interferire con la biosintesi di alcuni lipidi che
alterano la struttura della barriera incrementano la penetrazione.
-
Lecitina: (lecitina d'uovo, lecitina di soia, lecitina vegetale) è un
emulsionante naturale. Da un punto di vista chimico è una miscela di
fosfolipidi: essi derivano dalla struttura dei trigliceridi (che compongono tutti
i grassi e gli oli che conosciamo), con la differenza che un acido grasso è
sostituito da un gruppo fosforico (i fosfolipidi a questo punto prendono il
nome di fosfatidi) al quale a sua volta è legata (legame estereo) una
molecola più complessa di solito la colina , l’etanolammina, l’inositolo
oppure un semplice atomo di idrogeno, molecole che danno così il nome al
fosfatide:
fosfatidilcolina
(PC),
fosfatidiletanolammina
(PE),
fosfatidilinositolo (PI) e infine acido fosfatidico (PA). La lecitina, derivata da
fonti vegetali, ha un gusto dolce e varia dal marrone al giallo chiaro, a
seconda che sia sbiancata o greggia. La lecitina è praticamente insolubile
in acqua, solventi polari e olii freddi vegetali ed animali. Tuttavia, quando è
mescolata con acqua essa si idrata per formare emulsioni. La lecitina deve
essere conservato in contenitori ben chiusi e al riparo da luce. [40]
-
Isopropile palmitato: (C19H38O2) è un liquido incolore, mobile con un
leggero odore che viene utilizzata come emolliente, veicolo oleoso e
solvente; ha buone caratteristiche di propagazione. È solubile in acetone,
olio di ricino, olio di cotone, alcool e oli minerali. [41]
-
Pluronic 20% soluzione: è un poloxamer. I poloxamer appaiono come
bianchi, cerosi, granuli a flusso libero o come solidi che sono praticamente
inodori e insapori. Poloxamer 407 (Pluronic F-127) è generalmente
40
disponibile in forma di polvere. È facilmente solubile in acqua, alcool e
alcool isopropilico. [42]
Per 100 mL:
- Diltiazem 2 g
- Glicole propilenico 5 mL
- Lecitina : isopropile palmitato (1:1) soluzione 22 mL
- Pluronic 20 % soluzione qs 100 mL
La preparazione di questa forma farmaceutica gel è soggetta allo studio della
dipendenza viscosità-tempo di applicazione della forza di agitazione per poter
passare da una forma liquida ad una gelatinosa e dalla dipendenza viscositàtemperatura (forma solida del gel a temperature corporee, forma fluida se posto in
frigorifero e forma solida a temperature sotto gli 0°C per congelamento delle
molecole di acqua presenti nel suddetto gel).
L’applicazione perilesionale di tale gel prevede generalmente l’utilizzo di una
quantità pari a 1 mL per medicazione giornaliera. Ciò implica che l’assorbimento
transcutaneo di principio attivo Diltiazem risulta essere di circa 0,02 g, una dose
minima ed inferiore rispetto al parametro di DL50 di 40-50 mg/kg somministrati per
via endovenosa. Questo dato esclude così l’evenienza del presentarsi di una
possibile reazione tossica a carico dell’organismo.
Si riporta a seguire delle foto testimonianti un miglioramento della circolazione
locale per applicazione del suddetto Diltiazem gel in una paziente che presentava
una lesione ferma da circa due mesi senza sintomi di guarigione. Il trattamento
con Diltiazem gel ha evidenziato dopo due settimane di continua e ripetuta
applicazione sintomi di miglioramento per la crescita di tessuto di granulazione in
loco, fattore indice di aumentata perfusione locale.
41
7 Agosto 2013
Ulcera cutanea a fondo torpido sclerotico
4 Settembre
2013
Inizio trattamento con Diltiazem gel
23 Settembre 2013
Miglioramento del fondo dell’ulcera che appare più vascolarizzato
La preparazione galenica di Diltiazem gel avviene secondo modello di ricetta
ripetibile in quanto la categoria di cui fa parte il suddetto principio attivo è quella
degli antiipertensivi che sono presenti in tabella 4 della Farmacopea. Questo tipo
di ricetta resta di proprietà del paziente e può essere in genere utilizzata più volte,
con le modalità di seguito indicate:
-
Se il medico non indica la quantità del medicinale prescritto (o indica
l’unità), si intende che la spedizione della ricetta medica è reperibile per 10
volte in sei mesi. In alternativa, il medico può modificare il periodo di validità
della ricetta ed il numero di volte ( comunque non superiori a dieci) per il
quale la spedizione può essere ripetuta.
-
Se il medico indica un numero di pezzi superiore all’unità, la ricetta medica
consente il prelievo del numero di pezzi indicato, in modo simultaneo
42
oppure frazionato a richiesta dell’utente, nel periodo di validità di sei mesi (o
come diversamente indicato dal medico). La ricetta scaduta rimane
comunque di proprietà del paziente.
43
2.3 Preparazione crema anestetica alla Lidocaina
Componenti base della crema anestetica:
-Lidocaina base 5%
- Prilocaina base 5%
- Cremophor 40 3,8%
- Carbomer 940 o 980
1%
- Trietanolamina q.b. a ph 6 (circa 0,052%).
- Acqua depurata stabilizzata con 0,08% di metilparaben e 0,02% di
propilparaben qb a 100
Preparazione:
Miscelare attentamente Lidocaina e Prilocaina ( nella mescolazione i due
composti anestetici formano un eutettico bassofondente di natura liquida)
in
mortaio
al
insieme
Cremophor: Lasciare la miscela in agitazione con ancoretta magnetica fino a
che la soluzione appaia limpida e omogenea. A parte spargere a pioggia il
Carbomer in acqua preservata e lasciare che si imbibisca omogeneamente
(possono essere necessarie anche 24 ore). A soluzioni limpide unire la
miscela dei 2 anestetici e Cremophor alla soluzione acquosa e miscelare
attentamente
in
impastatrice.
A
questo
44
punto
con
l'aggiunta
della
trietanolamina goccia a goccia portare se necessario il ph a 6. Intubare o
porre in dispositivo airless.
I principi attivi che impieghiamo nella preparazione sono liposolubili (basi) e per
discioglierli nel gel di natura idrofila abbiamo usato il Cremophor ( olio di ricino
idrogenato etossilato) che consente di solubilizzare le sostanze lipofile in
soluzione e gel acquoso.
Il Cremophor è un tensioattivo impiegato per emulsionare e solubilizzare acqua e
olii. La presenza di tale tensioattivo all’interno di questa formulazione fa assumere
al preparato caratteristiche transdermiche.
Il Carbomer è una resina polivinilica che ha proprietà di idratarsi e formare micelle
in acqua. La gelificazione tra Carbomer ed acqua avviene a pH 5-6, per questo si
utilizza la Trietanolamina, ammina terziaria o tri-alcool prodotta dalla reazione
dell’ossido di etilene con l’ammoniaca liquida funzionante come equilibratore del
pH.
Questa preparazione è sostanzialmente una modifica di una specialità medicinale
già esistente a concentrazione inferiore dei due anestetici. Con la nostra
preparazione abbiamo raddoppiato la concentrazione per avere una migliore
analgesia a livello della lesione non potendo applicare la crema all'interno ma
solamente in zona perilesionale.
Categoria farmacoterapeutica:
Anestetici locali amidi in associazione.
Meccanismo d’azione lidocaina-prilocaina:
Si sceglie di impiegare una miscela di due anestetici con stessa azione
terapeutica per creare una sinergia d’azione. Infatti, nonostante la prilocaina abbia
una minore liposolubilità rispetto alla lidocaina e quindi si pensi possa avere una
azione minore rispetto ad essa questo fattore viene mascherato dal fatto che
contemporaneamente la prilocaina sia priva di una azione vasodilatatoria quindi
equiparando il tutto la sua funzione risulta essere uguale a quella esercitata dalla
lidocaina.
Come gli altri anestetici locali la lidocaina previene la generazione e la
trasmissione dell’impulso lungo la fibra nervosa e a livello delle terminazioni del
nervo, inibendo la depolarizzazione di membrana e lo scambio degli ioni sodio e
45
potassio. L’anestetico blocca la permeabilità della membrana cellulare al sodio e
riduce la permeabilità al sodio e al potassio dell’assone a riposo. Il sito d’azione
della lidocaina è su un recettore specifico localizzato nel canale del sodio. [52]
Stessa azione è quella esercitata dalla prilocaina che come gli altri anestetici locali
possiede
anche
un’azione
antiaritmica
e
una
debole
azione
bloccante
neuromuscolare. [53]
Indicazioni:
Analgesia superficiale della cute in concomitanza di interventi chirurgici
superficiali, inserzione di cateteri e.v. Analgesia superficiale della mucosa genitale
in concomitanza di interventi chirurgici superficiali o di anestesia per infiltrazione.
Controindicazioni:
Ipersensibilità agli anestetici locali di tipo amidico o agli altri componenti o altre
sostanze strettamente correlate dal punto di vista chimico. Metaemoglobinemia
congenita o idiopatica. Dermatite atopica. Controindicato in gravidanza, durante
l`allattamento e nei bambini fino a 6 mesi di età.
Effetti indesiderati:
Le reazioni più comuni sono di carattere locale, quali pallore transitorio, eritema
(arrossamento). Solo occasionalmente sono stati segnalati casi di edema e
sensazione di bruciore all`inizio dell`applicazione. Alte dosi di prilocaina possono
causare un aumento dei livelli di metaemoglobina (e` stato segnalato un caso di
metaemoglobinemia in un bambino di tre mesi trattato contemporaneamente con
sulfonamidi ed Emla crema). In casi molto rari, l`applicazione locale dei preparati a
base di anestetici ha causato reazioni allergiche (nei casi più gravi, shock
anafilattico).
Tossicità:
Per quanto riguarda la Lidocaina nell’uomo concentrazioni plasmatiche superiori a
6 µg/ml sono associate ad effetti tossici e concentrazioni ematiche superiori a 14
µg/ml possono risultare letali. La prilocaina invece ha una dose massima da usare
nell’arco di due ore pari a 400 mg quando somministrata da sola, e di 600 mg
46
quando somministrata con un vasocostrittore. Quest’ultima, a parte il rischio di
metaemoglobinemia, è ritenuta il meno tossico degli anestetici locali di tipo
amidico. I sintomi generalmente si manifestano con dosi di anestetico superiori a 8
mg/kg, anche se soggetti molto giovani possono essere più sensibili. [52-53]
Precauzioni:
Non deve essere applicata sulle ferite, sulle mucose genitali dei bambini o sulle
aree affette da dermatite atopica. Qualora fosse richiesta l`applicazione in
prossimità degli occhi, occorre usare particolare cautela per il rischio di irritazioni
corneali.
Avvertenze:
Lidocaina e prilocaina attraversano la barriera placentare e passano al feto;essi
vengono escreti nel latte materno. Nelle pazienti che allattano occorre decidere se
rinunciare a nutrire al seno il lattante ed iniziare il trattamento o, viceversa,
proseguire l`allattamento
evitando la somministrazione del medicinale. Il
trattamento deve essere evitato nei prematuri e nei bambini fino a 6 mesi di età.
Non sono noti effetti sulla capacità di guidare autoveicoli o di azionare macchinari.
Interazioni:
Può accentuare la formazione di metaemoglobina in pazienti trattati con altri farmaci noti per indurre metaemoglobinemia (sulfonamidi). Nel caso fosse
necessaria l`applicazione di grandi quantità, occorre valutare attentamente il
rischio di tossicità sistemica aggiuntiva nei pazienti già in trattamento con altri
anestetici locali o farmaci a struttura chimica correlata (tocainide).
Posologia:
Uso esterno.
Cute:
Applicare sulla cute uno strato spesso e coprire con bendaggio occlusivo (un
apposito cerotto e` accluso alle confezioni da 5 g). In generale, si raccomanda
una dose di crema pari a 1,5 g ogni 10 cm2. L`applicazione deve essere effettuata
47
da 1 a 3 ore prima dell`intervento sulla cute. La crema va rimossa in concomitanza
della procedura operativa, l`effetto anestetico perdura per almeno un`ora.
Procedure dermatologiche minori (ad es. venopuntura o chirurgia su aree
ristrette): applicare circa 2 g di crema (mezzo tubetto della confezione da 5 g) per
almeno 1 ora prima dell`intervento. Procedure dermatologiche su aree estese (ad
es. dermoabrasione):
1. Applicare uno strato spesso di crema (1,5- 2 g ogni 10 cm per almeno 2 ore
prima dell`intervento. Bambini di età compresa tra 6 e 12 mesi: la dose
totale non deve superare i 2 g su un`area totale non superiore a 16 cm);
2. Applicare un`ora prima della procedura dermatologica e coprire con
bendaggio occlusivo. Il tempo di applicazione non deve superare le 4 ore.
Sovradosaggio:
Ad eccezione di un caso di metaemoglobinemia non sono stati segnalati altri casi
di tossicità sistemica. Nell`eventualità di intossicazione dopo applicazione di Emla
crema, gli effetti sistemici dovrebbero essere analoghi a quelli indotti con altre vie
di somministrazione. La tossicità degli anestetici locali si manifesta con sintomi di
eccitazione del sistema nervoso e, nei casi più gravi, con depressione del sistema
nervoso centrale e cardiovascolare. I sintomi neurologici (convulsioni, depressione
del
SNC)
devono
essere
trattati
mediante
assistenza
respiratoria
e
somministrazione di anticonvulsivanti. La metaemoglobinemia può essere trattata
con blu di metilene iniettato lentamente per via endovenosa. Dal momento che
l`assorbimento attraverso la cute e` lento, il paziente che accusa sintomi di
intossicazione deve essere tenuto in osservazione per alcune ore dopo il
trattamento d`emergenza. Non sono stati riferiti casi di assunzione di Emla crema
per via orale.
Generalmente reazioni avverse obiettive compaiono con livelli plasmatici superiori
a 6 µg/ml di base libera di lidocaina.
Scadenza e norme di conservazione:
Conservare a temperatura ambiente.
Vedi pag. 37 “Stabilità” preparazione Diltiazem gel.
48
Controllo di qualità:
Vedi pag. 38 “Controllo di qualità” preparazione Diltiazem gel.
Per la preparazione di lidocaina crema è necessaria una ricetta medica non
ripetibile, in quanto la lidocaina è una sostanza considerata “veleno” (molto
tossica) secondo una normativa del R. D. 1934 (Tabella 3 dellaF.U.I.).
Per questo motivo è fondamentale che il medico in ricetta riporti la dose della
lidocaina in “tutte lettere”, ossia scritta per esteso. Qualora le dosi superino
quelle indicate in tabella 8 FU, il Farmacista non potrà spedire la ricetta a meno
che il medico non abbia indicato per iscritto che la somministrazione è sotto la sua
responsabilità, ed a quale uso il prodotto deve servire. Compito del Farmacista è
di prendere nota del nome dell’acquirente (deve essere maggiore di 16 anni) e
dargli copia della prescrizione qualora lo richieda ( comunque sempre
consigliabile).
La validità della ricetta è di 30 giorni (poiché non ripetibile). Il Farmacista ne
conserva l’originale per 6 mesi, successivamente la distrugge; la conservazione
delle ricette SSN avviene presso la USL. La ricetta non ripetibile priva della data,
della firme e del nome del paziente o del suo codice fiscale non è valida.
49
2.4 Preparazione di crema a base di Allantoina
Preparazione di crema a base di allantoina, un composto chimico in particolare
un ureide adoperato in numerose applicazioni in medicina in quanto aiuta nella
guarigione di piccole ferite. Medicamento dispensabile esclusivamente con ricetta
medica (preparazione che non si può tenere pronta in farmacia). Uso esterno e
posologia indicata per applicazioni locali. Adoperato quindi per la cura di piaghe da
decubito, ulcere e ritardi da cicatrizzazione.
Sappiamo infatti che l’allantoina stimola la formazione tissutale e rende più rapida
la cicatrizzazione delle ferite.
Nota storica:
• Durante la prima guerra mondiale era stato notato che le ferite infestate da larve
di un dittero (Lucilla sericata) cicatrizzavano meglio di quelle non infestate; l’effetto
venne attribuito all’allantoina prodotta dalle larve del dittero.
• Nella medicina popolare era abitudine l’applicazione locale della secrezione di
larve di mosca e di vermi (ROBINSON) nella quale, per l’appunto, è presente
l’allantoina.
Componenti: - Polietilenglicole 400 79,10 g
- Polietilenglicole 4000 15,9 g
- Allantoina 5 g
Operazioni:
Preparazione di un barattolo, ossia 100 g di tale crema. Si prende come base la
miscela di PEG : Polietilenglicole 400 in g. 79,100 e Polietilenglicole 4000 in g.
15,900 ciascuno di questi moltiplicato per un fattore di 6,5 formula centesimale
applicata in vista di una eventuale perdita di residui durante l’esecuzione PEG
400= 514,15 g ; PEG 4000= 103,35 g. Ottengo così un unguento Macrogol, idrofilo
caratteristica che lo rende ancor più efficace nell’applicazione su ferite aperte in
quanto una sua eventuale rimozione per cambio medicazione risulta più semplice
50
e meno invasiva visto che semplicemente con aggiunta di acqua riesco ad
eliminarla (non è necessario raschiarla per pulire  minor traumatizzazione del
tessuto).
Caratteristiche dei PEG: sono poco stabili , non sono untuosi, né hanno proprietà
occlusive e sono facilmente lavabili. Assorbono molto bene gli essudati,
emulsionandoli. Presentano diverse incompatibilità, tra cui, ad esempio, l’acido
salicilico, le tetracicline e il cloramfenicolo. Sono basi idrosolubili, formate da
polietilenglicoli (PEG) la cui formula è OH-CH2-(CH2-O-CH2)n, caratterizzati da
un numero che indica il loro peso molecolare. I PEG fino a 600 sono liquidi, da
800 a 1500 pastosi, e da 1500 fino a 6000 solidi. I PEG sono solubili in acqua, non
sono volatili e sono molto stabili. Le miscele di soli PEG sono molto sensibili alla
temperatura. Hanno effetto disinfettante e stimolano la granulazione.
La presenza di tale tensioattivo all’interno di questa formulazione fa assumere al
preparato caratteristiche transdermiche.
Fondo e scaldo i 2 PEG (dei quali uno già in forma liquida) alla temperatura di 45°50° C. Sciolgo così completamente la miscela che rimarrà a scaldare fino a che
tutta la soluzione non appaia completamente limpida. Peso nel frattempo una
quantità di allantoina pari a 5 g che poi moltiplicherò anch’esso per un fattore di
6,5 fino ad arrivare ad una quantità di 32,5 g. A questo punto
l’allantoina
micronizzata
(ben
distribuita:
per
fare
ciò
porto dentro
opero
con
un
omogeinizzatore, un turboemulsore). La miscela va agitata mentre si raffredda
altrimenti si forma un reticolo cristallino ceroso che non è utile al fine di una
preparazione sottoforma di crema. Pongo quindi all’interno del becker contenente
la mia miscela (sottoforma di soluzione limpida) una bacchetta agitatrice collegata
al macchinario che aspira e mescola la miscela. Un’accortezza impiegata al fine di
far entrare meno aria possibile all’interno della miscela consiste nel porre la
bacchetta agitatrice ai lati del contenitore mentre gira aumentando la velocità ed
evitando la formazione di bolle. In caso il contenuto sia molto denso muovo il
51
liquido con l’ausilio di una spatola (questo accade spesso perché mentre il liquido
micronizzato scalda in realtà contemporaneamente sta anche raffreddando e
perciò diventando solido  la temperatura a cui si trova la mia miscela è più alta,
circa 60°C, rispetto a quella raggiunta con la mescolazione meccanica per cui pur
agitandola non si riesce ad aumentarla ulteriormente).
Da ricordare durante queste operazioni che non va mai mosso il contenitore ma il
liquido all’interno di esso e che per spegnere il macchinario bisogna diminuire
prima i giri e non lasciare girare in aria l’agitatore ma sempre nella soluzione fino a
totale spegnimento per evitare danni alla guarnizione del macchinario.
Per la pulizia dell’apparecchio devo porre prima lo strumento in un becker
previamente riempito di acqua, immergendolo e facendo pulire bene le lame.
La soluzione liquida va continuata ad essere girata mentre raffredda poiché
potrebbe condensare sulle pareti.
Infine verso la crema negli appositi barattoli e peso ciascuno di essi per verificare
la giusta dose che è di 100 g ciascuna.
Modalità d’applicazione: L’Unguento ai PEG può essere applicato direttamente
sull’ulcera e mantenuto in sede con garza oppure spalmato su una garza e quindi
applicato sull’ulcera. La garza non va coperta con materiale occlusivo in modo da
garantire il passaggio dell’aria. Per mantenere in situ la garza si utilizza un
tubulare a rete che non deve essere in forte tensione o cerotti posti ai bordi della
garza (medicazione a finestra) da sconsigliare per eventuali irritazioni da cerotto.
La frequenza del cambio della medicazione dipende dall’essudazione dell’ulcera.
Alla rimozione della medicazione l’ulcera va detersa con fisiologica e a seconda
del grado di essudazione, la medicazione viene sostituita una/due volte al giorno.
Prima di applicare la nuova medicazione e dopo il lavaggio la piaga va asciugata
con garza sterile con leggerissima pressione onde non compromettere la
granulazione.
52
I vantaggi osservati nell’utilizzo di questa medicazione confrontati con le
tradizionali garze impregnate e con le medicazioni avanzate non aderenti sono
stati un maggior drenaggio dell’essudato e una maggior detersione del letto
dell’ulcera. Inoltre il debridment si è svolto in tempi ridotti, vi è stato un maggior
stimolo al processo di granulazione che ha portato ad una riduzione dei tempi di
riepitelizzazione. [54]
Scadenza e norme di conservazione:
Vedi pag.37 “Stabilità” preparazione Diltiazem gel.
Controllo di qualità:
Vedi pag 38 “Controllo di qualità” preparazione Diltiazem gel.
Preparato prodotto dietro presentazione di ricetta medica ripetibile (valida 6
mesi per un massimo di 10 preparazioni). Il paziente mantiene l’originale mentre il
Farmacista ne conserva una copia.
53
2.5 Preparazione di Wound Cleansing Spray
Formulazioni
304 International Journal of Pharmaceutical Compunding
Vol. 8 No. 4 July/August 2004
Preparazione di Wound cleansing spray, uno spray impiegato per la pulizia
delle ferite difficili, ossia ulcere da diabete o piaghe da decubito. La sua
particolarità è quella di contenere nella sua formulazione un tensioattivo
anionico, il sodio laurilsolfato, che come detergente promuove il distacco e la
rimozione del grasso e della sporcizia dalla pelle e vari componenti idrofili che
possono facilmente essere dispersi ed allontanati con una soluzione fisiologica
a diretto contatto con la ferita senza dover raschiarla o effettuare operazioni
invasive per la rimozione di questo sapone spray.
La presenza di tale tensioattivo all’interno di questa formulazione fa assumere
al preparato caratteristiche transdermiche.
Per 100 mL di soluzione la sua composizione costituita dai seguenti
componenti è :
-Potassio sorbato 0,2 g
- Aloe vera gel 10 mL
- Glicole propilenico 5 mL
- Acqua depurata q.b 100 mL
- Sodio lauril solfato 0,05 g.
Tale formulazione è stata modificata a seguito del rilevamento di un caso di
reazione avversa evidenziato in una paziente con manifestazione di una reazione
allergica sulla porzione di cute in cui è stato applicato lo Spray causato dalla
intolleranza verso un componente della miscela. Il suddetto componente è
risultato essere il Sodio LaurilSolfato in quanto è stata osservata la stessa
tipologia di reazione avversa nei casi di allergia crociata in donne sensibilizzate
dal continuo uso di detersivi il cui componente principale risulta essere proprio
quest’ultimo. Per tale motivo abbiamo apportato modifica e sostituzione del sodio
laurilsolfato con il benzalconio cloruro, anch’esso un tensioattivo ma di natura
cationica risultate dalla miscela di sali di ammonio quaternari, più esattamente è
54
una miscela di cloruri di alchil-benzil-dimetilammonio, in cui il gruppo alchile varia
dall'ottile (C8H17-) all'ottadecile (C18H37-).
Il benzalconio cloruro in soluzioni diluite non è irritante o sensibilizzante ed è ben
tollerato per applicazione sulla cute e sulle mucose. Occasionalmente può dare
luogo a reazioni di ipersensibilità con irritazione cutanea dopo contatto prolungato.
La dose letale di benzalconio cloruro è di 1-3 g.
A temperatura ambiente è un solido giallo chiaro deliquescente (fonde a bassa
temperatura), molto solubile in acqua, in acetone e in etanolo, dall'odore aromatico
intenso.
Trova impiego principalmente come battericida e spermicida in numerosi preparati
destinati all'uso quotidiano: disinfettanti, colliri, collutori, creme spermicide.
La composizione risultante dello Spray risulta quindi essere così:
Per 100 mL  - Potassio sorbato 0,2 g
- Aloe vera gel 10 mL
- Glicole Propilenico 5 mL
- Acqua depurata q.b a 100 mL
- Benzalconio cloruro 0,04 g.
Metodo di preparazione: Calcolo la quantità totale di ciascun ingrediente per
il totale richiesto da preparare. Peso accuratamente ciascun componente. In
un becker dalla capacità di 100 ml dissolvo il sodio lauril solfato o benzalconio
cloruro in acqua depurata. Aggiungo il glicole propilenico alla soluzione seguito
dall’ aloe vera gel e mescolo bene. Addiziono un quantitativo sufficiente di
acqua depurata necessario per portare a volume e agito la soluzione per
55
ottenere una buona miscelazione. Travaso la soluzione schiumeggiante così
ottenuta nell’apposita bottiglietta da 100 ml, spray container.
Fase di etichettatura finale in cui annoto: nome e sede della farmacia, nome e
cognome del medico prescrivente e dell’assistito, la data di preparazione e
quella di scadenza ( non oltre i sei mesi: seppur soluzione acquosa ha periodo
di scadenza più lungo per via della presenza di conservante ed antimicotico
quale il potassio sorbato), i componenti e i quantitativi (vedi sopra), la
posologia ( applicazione diretta sulla ferita per medicazione), prezzo esercitato
(TOT 6,03 €), avvertenze (uso esterno, utilizzare solo come indicato),
precauzioni (agitare prima dell’uso, tenere fuori dalla portata dei bambini,
lontano da fonti di calore, non disperdere il contenitore dopo l’uso).
56
Controllo di qualità:
“Per i preparati magistrali i controlli di qualità sul prodotto finito possono essere
limitati a semplici operazioni di verifica; devono essere comunque garantiti
anche i limiti di accettabilità di norma entro il 10% ( si intenda ovviamente +/10 % n.d.r.) del dichiarato” (da N.B.P. F.U.I. XII, capitolo 8). Per le preparazioni
liquide i controlli da effettuare sul prodotto finito sono i seguenti:
-
Verifica della correttezza delle procedure eseguite.
-
Controllo dell’aspetto e assenza di particelle visibili a occhio nudo (
possibilmente anche delle caratteristiche organolettiche: colore, odore).
-
Controllo del confezionamento e in particolare della sua tenuta.
-
Verifica della corretta compilazione dell’etichetta, compresa l’indicazione
delle modalità di conservazione e di vendita.
Per quanto concerne i preparati officinali eseguiti in scala ridotta, oltre ai
controlli e alle verifiche previsti per il magistrale, la farmacopea richiede in linea
generale che siano soddisfatti i seguenti saggi:
-
Saggio per la massa o il volume rilasciabile di preparazioni liquide e
semisolide (quantità contenuta per flacone) (F.U.I. XI, pag.304, soppresso
in F.U.I. XII) : svuotare il più completamente possibile il contenuto di un
contenitore e determinare la massa o il volume del contenuto verificando
che quest’ultimo non sia inferiore alla quantità indicata in etichetta.
57
-
Determinazione della densità: soltanto se richiesto, effettuata con un
densimetro per liquidi più pesanti o più leggeri per dell’acqua.
-
Determinazione del pH: necessaria solo laddove siano presenti farmaci
solubili o stabili in un ridotto range di pH. Può essere effettuata con una
cartina al tornasole o con un piaccametro digitale.
-
Determinazione della carica batterica.
Quindi la valutazione della qualità-controllo può includere studi su peso /
volume, pH, osservazione fisica e stabilità fisica. [55]
Lo studio del pH di tale formulazione è stato effettuato grazie all’utilizzo di uno
strumento particolare quale il pH-metro già precedentemente calibrato,
calibrazione condotta con due o tre soluzioni tampone standard, e pronto
all’utilizzo.
Questo apparecchio si compone di una sonda (un elettrodo a vetro) collegata
ad un dispositivo elettronico che raccoglie il segnale della sonda, calcola il
valore di pH corrispondente e lo rappresenta su display. La sonda per pH
costituita dall’elettrodo a vetro misura la differenza di potenziale elettrico su
due lati di una sottile membrana di vetro posta all'estremità dell'elettrodo, tale
differenza di potenziale è legata alla differenza tra le concentrazioni degli ioni
idrogeno all'interno e all'esterno della membrana. Un'unità di pH generalmente
produce una differenza di potenziale di circa 0,059 V. Il circuito del misuratore
58
elettronico fondamentalmente è un voltmetro che mostra i risultati in scala di
unità di pH anziché in volt.
Il pH del Wound Cleansing Spray con benzalconio cloruro, misurato ad una
temperatura di 25°C, è risultato essere pari a 5,70. Lo stesso valore è stato
osservato nella misurazione del pH nella soluzione spray con il tensioattivo
sodio laurilsolfato alle stesse condizioni di temperatura (25°C).
Discussione:
Un certo numero di spray detergenti sono disponibili in commercio. Questa
formulazione corrente può essere usata da sola o come veicolo per
l'incorporazione di agenti aggiuntivi, se necessario.
-Sodio Lauril Solfato: (C12H25NaO4S, SLS) è una miscela di alchil solfati di
sodio composti principalmente da sodio lauril solfato. E 'ampiamente utilizzato
come un tensioattivo anionico, detergente, emulsionante, penetrante la pelle,
lubrificante di capsule e compresse ed umettante. Si presenta sottoforma di
cristalli di colore bianco o giallo, di fiocchi o di polvere, caratteristiche che le
conferiscono una sensazione di morbidezza all’applicazione. È un sapone con
sapore amaro e un leggero odore di sostanze grasse. È facilmente solubile in
acqua, dando una soluzione opalescente, ed è praticamente insolubile in
cloroformio ed etere. [56]
La DL50 è di 250 mg/kg e 210 mg/kg rispettivamente nel topo e nel ratto per
via intraperitoneale, di 120 mg/kg nel topo e nel ratto per via endovenosa, di
1290 mg/kg nel ratto per via orale. Nell’uomo la dose letale per via orale è
probabilmente compresa tra 0,5 e 5 g/kg. [57]
-Aloe vera gel: è una preparazione mucillaginosa derivato dalle foglie di aloe
vera (A. barbadensis) delle piante. Viene usato nei cosmetici e articoli da
bagno per il suo effetto idratante ed antiinfiammatorio e nel trattamento di
alcune malattie della pelle, in particolare acne, ustioni, ferite e altri. [58]
- Glicole propilenico: (C3H8O2) si presenta come un chiaro, incolore, viscoso,
liquido praticamente inodore, di sapore dolce, un po 'simile alla glicerina. Esso
ha un peso specifico di 1.038 g / mL ed è miscibile con il 95% di etanolo,
glicerina e acqua. Non è miscibile con oli fissi o olio minerale leggero. Esso,
tuttavia, dissolve alcuni oli essenziali. [59]
59
-Potassio sorbato: (C6H7KO2) è il sale di potassio dell'acido sorbico. A
temperatura ambiente si presenta come un solido bianco inodore. È un
composto irritante. È solubile in acqua. È utilizzato nell'industria alimentare
come conservante (antimicotico e disinfettante) in tutte o quasi le preparazioni
alimentari a base di frutta e derivati; è inoltre utilizzato per conservare formaggi
e impedire l'insorgere di muffe.
Il sorbato di potassio è un conservante alimentare fortemente antifungino, che
può essere efficacemente utilizzato per combattere la candida con dosaggi
(atossici), va bene anche il bicarbonato di sodio, ma il sorbato è più forte e
immediato nel contrastare la candida, (nelle candidosi genitali è quello che dà
sollievo quasi immediatamente dai pruriti e bruciori, proprio per la sua spiccata
azione antifungina). La sua azione di antibatterico conservante è aumentata
con l’aumento della temperatura,con l’aumento della sua concentrazione e
quando è in combinazione con altri antimicrobici in quanto si manifesta un
effetto sinergico. Ha inoltre un’ ottima azione di inibizione batterica nei confronti
di microrganismi, protagonisti delle diverse infezioni che colpiscono lesioni
cutanee cronicizzandole, quali lo Pseudomonas Aeruginosa, Staphylococcus
Aureus ed Escherichia Coli. La massima azione inibente batterica del potassio
sorbato si verifica a pH mediamente acidi andando a decrescere con
l’aumentare di quest’ultimo, apparendo così schematizzata la MIC (Minimum
Inibitory Concentrations):
Tab. pag. 609 Handbook of Pharmaceutical excipients.
60
La concentrazione minima di potassio sorbato necessaria ad inibire la crescita
batterica sarà minore a pH sui 5.5 mentre andrà ad aumentare a valori più alti
di pH e quindi la sua azione antibatterica sarà preponderante in soluzioni a pH
medio-acido come avviene nel nostro caso ( pH dello Spray= 5,70).
La LD50 dei componenti di tale sapone spray è irrilevante in quanto queste
sostanze una volta applicate a livello cutaneo della ferita da detergere ed aver
adempiuto alla funzione di pulizia verranno eliminate per
applicazione di
fisiologica con la quale verranno allontanate non venendo così assorbite
dall’organismo.
In ogni caso è stato verificata sperimentalmente la dose del prodotto erogata
per la detersione delle ferite che, in funzione alla grandezza della lesione, è
risultata essere la seguente:
-
Minimo di 2 spruzzi per piccole lesioni , contenuto di soluzione impiegato :
Spray con sodio laurilsolfato: 0,236 mL
Spray con benzalconio cloruro: 0,24 mL
-
Massimo di 10 spruzzi per lesioni maggiori, contenuto di soluzione
impiegato:
Spray con sodio laurilsolfato: 1,218 mL
Spray con benzalconio cloruro: 1,18 mL.
La concentrazione del tensioattivo anionico sodio laurilsolfato per una singola
applicazione va da un range minimo di 0,000118 g per due spruzzi ad un
massimo di 0,000609 g per dieci spruzzi. Mentre quella del tensioattivo
cationico benzalconio cloruro va da un range minimo di 0,000096 g per due
spruzzi ad un massimo di 0,000472 g per dieci spruzzi.
Appare evidente quindi che tali concentrazioni dei suddetti componenti sono
irrisorie e, seppur non vengano assorbite perché eliminate ed allontanate da
soluzione fisiologica, risultano per nulla tossiche per il nostro organismo
qualora andasse incontro a loro assorbimento.
Data limite per l’utilizzazione:
Le N.B.P. F.U.I XII ,al paragrafo 10, affermano che, in assenza di informazioni
sulla stabilità del preparato, la data limite di utilizzazione (scadenza) delle
61
formulazioni liquide è stabilita in 30 giorni per le preparazioni che non
contengono alcol o lo contengono in quantità inferiore al 25 %. “Questo limite
deve essere ridotto” ( ad esempio nelle soluzioni acquose) “o può essere
superato solo sulla base di specifiche conoscenze e accorgimenti connessi con
la contaminazione microbica del preparato e con le caratteristiche chimicofisiche dei suoi componenti” (ad esempio mediante aggiunta di conservanti e/o
stabilizzanti). In ogni caso il periodo di validità dei componenti utilizzati non può
comunque superare i 6 mesi, sempre in assenza di informazioni sulla stabilità.
Le informazioni sulla stabilità possono essere ottenute mediante prove
accelerate di stabilità dei principi attivi oppure dedotte da testi scientifici o da
analoghe formulazioni autorizzate all’immissione in commercio.
Preparato galenico dispensato sotto ricetta ripetibile con validità di dieci volte
nell’arco di sei mesi. Il paziente conserva l’originale ripresentabile fino a limite
consentito mentre il Farmacista la copia.
La presenza di tensioattivi all’interno della fa assumere caratteristiche
transdermiche del preparato.
62
63
Il TRATTAMENTO LOCALE DELLA LESIONE CUTANEA deve seguire un
PROTOCOLLO molto preciso, che prevede le seguenti tappe:
1) Rimozione e VALUTAZIONE DELLA MEDICAZIONE PRECEDENTE (odore,
colore, quantità e tipologia dell’essudato) DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA di
tutto.
2) Se indicato dalla valutazione del punto precedente, TAMPONE e semina su
terreno di coltura per ricerca batteri patogeni infettanti con ANTIBIOGRAMMA per
individuare una terapia antibiotica mirata
TAMPONE ULCERA
ANTIBIOTICOTERAPIA
MIRATA
•ESAME COLTURALE
•ANTIBIOGRAMMA
OGNI 7 gg
Contaminazione : Presenza di batteri senza moltiplicazione
Colonizzazione: Presenza di batteri in fase replicativa, ma
senza reazione dell’ospite
Colonizzazione critica: Presenza di batteri in fase replicativa con
host reaction limitata alla lesione
Infezione : Presenza di batteri in moltiplicazione con reazione
dell’ospite estesa ai tessuti perilesionali
La terapia antibiotica va limitata ai casi di infezione locale e/o sistemica,
67
I GERMI SONO > 100.000/g. di tessuto
INVADONO I TESSUTI ED INDUCONO UNA
RISPOSTA INFIAMMATORIA
Mentre è inutile nei casi di contaminazione (i germi passano nell’ulcera dai
tessuti perilesionali o possono esservi impiantati involontariamente con le mani
dallo stesso paziente),
può servire nei casi di colonizzazione ( i germi si
cominciano a riprodurre sempre di più nell’ulcera)
In caso di infezione, oltre alla terapia antibiotica sistemica, si procede
all’applicazione di garze ad impacco sulla ferita per 5-10 minuti con soluzioni
antisettiche (PRONTOSAN, DERMACYN PER WOUND CARE) o con acido
acetico o bicarbonato di sodio (utili in caso di secrezioni corpuscolate verdastre ,
che fanno pensare alla presenza di piocianeo-Pseudomonas aeruginosa).
Raramente si usano antibiotici localmente ed in questi casi solo se presenti ed
efficaci nell’antibiogramma.
3) Lavaggio della ferita e della cute perilesionale con prodotti efficaci nel rimuovere
tessuti devitalizzati, secrezioni in eccesso e biofilm batterici (WOUND SPRAY
CLEASING)
Noi per lo più abbiamo usato la soluzione tensioattiva a base di laurilsolfato di
sodio ed aloe e solo nei casi di allergia crociata in donne sensibilizzate dal
continuo uso di detersivi la soluzione tensioattiva a base di
cloruro ed aloe.(Fig-13)
68
benzalconio
Fig- 13
4) ABBONDANTE
LAVAGGIO
con
SOLUZIONE
FISIOLOGICA/RINGER
LATTATO
si irriga la ferita con soluzione fisiologica o ringer lattato per rimuovere detriti
di
materiale necrotico-corpuscolato
o residui di soluzioni disinfettanti o
saponose.
5) NELLE LESIONI DOLOROSE utilizzazione di CREME ANESTETICHE A BASE
DI LIDOCAINA da applicare sull’ulcera ed in sede perilesionale almeno 20-30
minuti prima della medicazione per ottenere un’anestesia di superficie sufficiente
al trattamento locale di debridement. e clearing. Fig. 14
69
Fig. 14
Anestesia locale di superficie (trans dermica)
6) DEBRIDEMENT MECCANICO O FARMACOLOGICO (enzimatico o con
idrogel) Fig. 15 e 16
Viene attuato con medicazioni in grado di rimuovere il biofilm batterico ed
asportare progressivamente piccole aree di necrosi, con cucchiaio tagliente di
Volkmann, con bisturi ad ultrasuoni e idrobisturi per rimuovere tessuti non vitali
o fibrina in eccesso)
Al termine del debridement si esegue una nuova irrigazione della ferita con
soluzione fisiologica o ringer lattato.
70
Anestesia
locale
Necrosi calcaneare dopo 7 giorni
di trattamento con IDROGEL
Fig. 15
Fig.16
DEBRIDEMENT AUTOLITICO FARMACOLOGICO CON IDROGEL
DEBRIDEMENT CON CUCCIAIO DI VOLKMANN
O CON
BISTURI A
GETTO D’ACQUA (VERSAJET)
7) PROTEZIONE DELLA CUTE PERILESIONALE per evitare che vada incontro a
macerazione (ambiente eccessivamente umido) o al contrario a disidrosi con
desquamazione (ambiente troppo asciutto)
8) utilizzazione di FARMACI IN FORMULAZIONE GEL AD USO TRANSDERMICO (
es. DILTIAZEM GEL) per migliorare il microcircolo della cute perlesionale nelle
ulcere ischemiche per patologie ostruttive arteriose croniche. Fig.17
71
Fig,17 Applicazione di diltiazem gel perilesionale in ulcera mista artero-venosa (foto in alto a
destra) e in ulcera arteriosa foto (in basso a sinistra) -.Dopo alcuni giorni si nota miglioramento
(foto in basso a destra)
9) applicazione di MEDICAZIONI TECNOLOGICAMENTE
AVANZATE scelte di
volta in volta in base allo stadio in cui si trova la ferita (STADIAZIONE W.C.S.)
Nella nostra esperienza abbiamo usato un po’ tutte le medicazioni avanzate, la
V.A.C. THERAPY (Fig.18), e GEL PIASTRINCO AUTOLOGO o OMOLOGO
con compatibilita’ di gruppo sanguigno.(Fig. 19)
MEDICAZIONE A PRESSIONE NEGATIVA (V.A.C.)
10)
in aspirazione continua o intermittente, applicata su una SPUGNA DI
Fig. 18 V.A.C.
POLIURETANO
isolata con un film, che, aspirando le secrezioni in eccesso
THERAPY
riduce l’edema,ed evita macerazioni della cute perilesionale e migliora la
circolazione locale, favorendo la formazione
di tessuto di granulazione
72
Fig. 19 GEL PIASTRINICO
AUTOLOGO
Isolato dal sangue dello stesso paziente(AUTOLOGO) o da quello di un paziente
compatibile per gruppo sanguigno (OMOLOGO) viene applicato sulla lesione
dove libera fattori di crescita tissutale contenuti nelle piastrine.
Da settembre 2012 utilizziamo una nuova medicazione made in Italy : ONE
Il medicamento nasce dalla ricerca Italiana in ENEA da parte di una veterinaria
italiana Fiorella Carnevali e di un biologo olandese S. Andrew van der Esche e
dopo aver ottenuto la registrazione ministeriale col nome di MIX 557 é stato
testato con successo anche sull’uomo in varie esperienze, tra cui anche quella
dell’esercito italiano ad Haiti dopo il grave terremoto del 2010.
Innovazione per il trattamento delle lesioni esterne
Fiorella Carnevali
Medico Veterinario
Ricercatrice ENEA
Storia della Ricerca in ENEA,
Risultati Sperimentali e Casistica
S. Andrew van der Esch
Clinica
Biologo
Ricercatore ENEA
MIX 557
ENEA Centro Ricerche Casaccia
ROMA
73
Composizione naturale con proprietà Cicatrizzanti,Biocida e
Repellenti
Il medicamento ottenuto è basato sulla combinazione di estratti oleosi da due piante
Neem (Azadirachta indica (A. Juss)
Iperico o erba di San Giovanni
(Hypericum perforatum (L)
e
ONE viene denominata come medicazione ALL IN ONE, in quanto a differenza
delle altre medicazioni puo’ essere usata in tutti gli stadi della lesione, in
quanto associa un’azione antimicrobica importante ad un’azione di forte
stimolo rigenerativo.sui tessuti
Innovazione terapeutica: MIX 557 Brevetto ENEA
Neem (Azadirachta
indica (A. Juss)
Composizione naturale con proprietà Iperico o erba di San Giovanni
Cicatrizzante,Biocida (antimicrobica) e (Hypericum perforatum (L)
Repellente (ditteri miasigeni e larve)
CAMBIO DI PARADIGMA NEL
TRATTAMENTO DELLE LESIONI
ESTERNE
USO DEGLI ACIDI GRASSI (Free Fatty acids)
COME VEICOLO DELLE SOSTANZE ATTIVE
E
ESSE STESSE MOLECOLE ATTIVE
(Attività antimicrobica)
Prodotto dalla casa farmaceutica svizzera PHYTOCEUTICALS dall’estate
2013 e’ entrato in commercio anche in Italia.
74
Innovazione per il trattamento delle lesioni esterne
10) applicazione di Crema all’allantoina per stimolare i processi riparativi e
riepitelizzanti e in parte di MEDICAZIONI SECONDARIE antiadesive (garze
grasse alla paraffina, alla Connettivina o alle Fitostimoline) o in grado di
assorbire l’essudato in eccesso (schiume di poliuretano, idrofibre, alginati
semplici o all’argento).
75
3.2. ESPERIENZA PRESSO AMBULATORIO DI VULNOLOGIA OSPEDALE
C.T.O. A. ALESINI A.S.L. RM C (Responsabjle Dott. Maurizio Palombi)
Da Dicembre 2012 a Luglio 2013 sono stati trattati 15 nuovi pazienti affetti
da “ferite difficili”. 11 pazienti erano di sesso maschile e 4 di sesso
femminile. L’età era compresa fra i 27 ed i 92 anni (età mediana 58 anni)
Le cause delle ferite difficili erano in tutti i casi patologie croniche: ulcere
cutanee venose (2), ulcere cutanee miste arteriose e venose (2), ulcere
diabetiche microangiopatiche e neuropatiche (3), lesioni cutanee da
pressione (3), deiscenza di ferite chirurgiche (4) e ustione di secondo
grado (1),
In tutti i casi è stato rigorosamente seguito il protocollo precedentemente
indicato.
Si riportano di seguito 6 casi clinici a scopo esemplificativo.
CASI CLINICI
3.2.1 CASO 1 : M.M-
uomo di
anni 50
affetto da Diabete Mellito N.I.D.
scompensato. Giunge in Ambulatorio di Wound Care per un flemmone plantare
del piede con grave infezione e sintomatologia dolorosa.
Viene pertanto eseguito in data 9 giugno 2013 un intervento chirurgico di messa a
piatto
del
flemmone
con
evacuazione
di
circa
150
cc
di
materiale
sierocorpuscolato commisto a coaguli, seguito da abbondante lavaggio con
betadyne, acqua ossigenata e soluzione fisiologica. Si prescrive una terapia
antibiotica mirata sul tampone ed esame colturale eseguito in sala operatoria.
Per 20 giorni circa si utilizza la VAC therapy ( medicazione a pressione negativa
continua) con cambio della medicazione ogni 3 giorni per drenare ulteriormente
materiale corpuscolato e cercare di ridurre la cavità residua sfruttando l’azione
aspirante della pressione negativa. Poi, al termine dei 20 giorni quando la lesione
si è molto superficializzata, si è passati all’utilizzo di ONE PRIMARY WOUND
DRESSING ( medicazione con brevetto italiano E.N.E.A. a base di olio di Neem e
olio di iperico)
e garza paraffinata per una volta al giorno tutti i giorni. Il
trattamento con quest'ultimo è iniziato il 3 luglio 2013 (fig. 20) e si è ottenuta
completa guarigione il 17 luglio 2013 (fig. 21).Il paziente é stato inviato a visita
76
podologica per confezionamento di un’ortesi plantare per correggere l’appoggio e
a visita diabetologica per stabilizzare con opportuna dieta e terapia il diabete.
Fig. 20 Dopo 20 giorni di VAC Therapy inizia medicazioni giornaliere con ONE
fig. 21 Guarigione completa dopo 14 giorni di medicazioni giornaliere con ONE
77
3.2.2 CASO 2: H.R.R, uomo di 53 anni affetto da varici postlebitiche da 25 anni
con ulcera venosa cronica attiva da 4 mesi con storia di frequenti recidive.
Giunto in Ambulatorio di Wound Care il 30 gennaio 2013 viene trattato
chirurgicamente con intervento di crossectomia safeno femorale e scleromousse
della vena grande safena. Debridement chirurgico dell’ulcera e medicazioni
giornaliere con ONE garza alla paraffina e bendaggio elastocompressivo.
Guarigione dell’ulcera dopo 24 giorni di trattamento con medicazioni giornaliere
con ONE e calza elastica multistrato (Fig.22. 23 e 24)
Fig. 22 Ulcera venosa cronica post-flebitica (30 gennaio 2013)
Fig.23 Debridement dell’ulcera medicazione e bendaggio elastocompressivo
78
Fig. 24 Guarigione dopo 24 giorni di trattamento
.
3.2.3. CASO 3 : C.C.donna di 88 anni affetta da ulcere miste croniche arterovenosa di gamba bilaterali, insorte da 4 anni ed in trattamento con medicazioni
avanzate da 3 anni .. Il 30 gennaio 2013 giunge presso l’Ambulatorio di Wound
Care (Fig.25) e viene sottoposta a medicazioni sec. protocollo con ONE (applicato
anche a domicilio ogni giorno) che porta a miglioramento le ulcere di gamba
destra e a guarigione quelle della gamba sinistra in 6 mesi (Fig.26).
Fig. 25 ulcera mista artero-venosa di gamba sinistra.
Inizio trattamento con ONE (30 gennaio 2013)
79
Fig. 26 Guarigione dopo 6 mesi di trattamento
3.2.4 CASO 4 : F.L.donna di 92 anni affetta da ulcera arteriosa diabetica
perimalleolare esterna sinistra da 4 anni. Giunge in Ambulatorio di Wound Care
il 23 gennaio 2013 ( Fig.27) ed inizia il trattamento secondo protocollo che porta
alla guarigione (Fig.28) dell’ulcera in 4 mesi (20 maggio 2013)
Fig. 27 Ulcera arteriosa diabetica perimalleolare sinistra. Inizio
trattamento con ONE nell’ulcera e DILTIAZEM perilesionale il
23 gennaio 2013.
80
Fig. 28 Guarigione dopo 4 mesi (20 maggio 2013)
3.2.5. CASO 5 : Z.A- uomo di 31 anni, affetto da paraplegia per frattura
mielica lombare.
Inizia il trattamento di Wound Care l’11 marzo 2013 ( Fig.29) per un’ulcera da
pressione sacrale con applicazioni locali giornaliere a base di ALLANTOINA
unguento e ONE. In 4 mesi la lesione è guarita (Fig.30)
Fig.29 Ulcera da pressione sacrale in paraplegico.
81
Inizio trattamento : 11 marzo 2013
Fig. 30 Guarigione ulcera in 4 mesi
3.2.6. CASO 6 : V.A. uomo di 82 anni, giunto a trattamento presso Ambulatorio
di Wound Care per deiscenza di ferita chirurgica laparotomica mediana (Fig.31)
dopo intervento per occlusione intestinale il 25 febbraio 2013. Guarigione dopo
poco più di 2 mesi di trattamento,il 6 maggio 2013.( Fig. 32, 33)
82
Fig.31 Deiscenza di ferita chirurgica dopo laparotomia mediana per
Occlusione intestinale. Inizio trattamento il 25 febbraio 2013
Fig.32 Per 7 giorni si medica il paziente con ONE e VAC Therapy.
Successivamente solo con ONE.
83
Fig. 33 Guarigione dopo circa 2 mesi di trattamento ( 6 maggio 2013)
In tutti i casi riportati e anche negli altri abbiamo utilizzato con successo il
protocollo di trattamento locale esposto in precedenza.
84
Conculsioni
L’utilità di queste preparazioni risiede nella possibilità di avere un rapporto diretto
tra medico e farmacista e quindi di poter creare soluzioni farmaceutiche ad
personam in base alle differenti problematiche che colpiscono i singoli soggetti.
Ciò non avviene normalmente con le industrie in quanto esse sono adibite a
produzioni in larga scala di prodotti farmaceutici e non sono indirizzati nella cura di
una singola persona bensì mirano alla collettività. In questo modo non sono
possibili eventuali variazioni nella composizione di suddetti preparati data la loro
impronta produttiva standardizzata.
La preparazione galenica eseguita in Farmacia appare così molto più mirata al
singolo caso clinico e fornisce una possibilità di molte più variazioni e modifiche
nella composizione del prodotto andando in questo modo a garantire una più
accurata risposta farmaceutica ed a rispettare le intolleranze verso uno o più
componenti del paziente.
Si punta sulla cura del singolo soggetto agendo qualitativamente e non più
quantitativamente.
Il riscontro positivo dei casi clinici esposti conferma la buona azione di tali
preparati transdermici i quali, chi con un’azione chi con un’altra, hanno coadiuvato
alla guarigione. Questi dati sperimentali danno forza quindi al lato positivo della
ricerca e quindi alla utilità dei nostri preparati contro quelle che possono essere
invece le problematiche legate al loro allestimento o effimera validità. Nonostante
la specializzazione che le Farmacie dovrebbero avere per allestire tali prodotti sia
per la presenza di macchinari adeguati sia per la necessaria conoscenza di
particolari nozioni e metodiche e nonostante la validità di utilizzo dei suddetti
preparati non sia elevata in quanto non risulta così semplice effettuare un test
accelerato che notifichi realmente la loro durata per i costi necessari a tal scopo,
l’utilità di preparati galenici ad uso transdermico così altamente indirizzati alla cura
del singolo caso promettono migliori possibilità di riuscita e guarigione. La
possibilità di studiare il singolo nello specifico permette di andare a produrre senza
dubbio preparati migliori per le esigenze del caso ed evitare l’insorgenza di effetti
collaterali che possono manifestarsi per la non conoscenza della storia clinica del
paziente.
La cura risulta così essere scelta a misura della persona.
85
86
1.
BIBLIOGRAFIA
Stojadinovic A, Carlson JW, Schultz GS,Davis TA, Elster EA Topical
advances in wound care Gynecologic Oncology 111 (2008) S70–S80;
2.
Fowler E. Chronic wounds: an overview. In: Krasner D, editor. Chronic
wound care: a clinical source book for healthcare professionals. King of
Prussia, PA: Health Management Publications, Inc; 1990. pp. 12-8;
3.
EWMA Document. 2010. Outcomes in controlled and comparative studies
on non-healing wounds: recommendations to improve the quality of
evidence in wound management. Journal of Wound Care, 19, 6, 239-268;
4.
Singh A, Halder S, Menon GR, Chumber S, Misra MC, Sharma LK, et al.
Meta-analysis of randomized controlled trials on hydrocolloid occlusive
dressing versus conventional gauze dressing in the healing of chronic
wounds. Asian J Surg 2004;27:326-32.
5.
Nelzen O, Bergqvist D, Linghagen A. The prevalence of chronic lower-limb
ulceration has been underestimated: results of a validated population
questionnaire. Br J Surg 1996;83:255-8.
6.
Bergan JJ, Schmid-Schonbein GW, Coleridge Smith PD, Nicolaides AN,
Boisseau MR, Eklof B. Mechanisms of disease: chronic venous disease. N
Engl J Med 2006;355:488-98.
7.
Walmsley S. Advances in wound management: executive summary. In:
Clinica reports. London: PJB Publications, Ltd; 2002.
8.
Thomas D.R. 2006. Prevention and treatment of Pressure Ulcer. J. Am.
Dir.Assoc. 2006, 7, 46-59; 15 ; 17:
9.
European Pressure Ulcer Advisory Panel- European Guidelines For
Pressure Ulcers Treatment http:// www.epuap.org
10.
Vanderwee K, Clark M, Dealey C, Gunningberg L & Defloor T (2007)
Pressure ulcer prevalence in Europe: a pilot study. Journal of Evaluation in
Clinical Practice 13, 227–235.
87
11.
Severens JL, Habraken JM, Duivenvoorden S & Frederiks CMA (2002)
The cost of illness of pressure ulcers in the Netherlands. Advances in Skin
& Wound Care 15, 72–77.
12.
Bergstrom N et al.1994. Treatment of Pressure Ulcers. Clinical Practice
Guidelines, No 15. 1994 AHCPR Publication No 95-0652. Rockville, MD
Department of Health and Human Service. Public Health Service, Agency
for Health Care and Policy and Research
13.
Bansal C, Scott R, Stewart D, Cockerell CJ. Decubitus ulcers: a review of
the literature. Int J Dermatol 2005;44:805-10;
14.
Thomas DR. Improving outcome of pressure ulcers with nutritional
interventions: a review of the evidence. Nutrition 2001;17:121-5;
15.
Baumgarten M., Margolis D.J., Orwig D.L. et al. Pressure Ulcer in elderly
patients with hip fracture across the continuum of care: 2009, J.Am.
Geriatr Soc. 2009,57,863-870;
16.
Versluyesen M. 1986. How elderly patients with femoral fracture develop
pressure sore in hospital. Br. Med. J. 1986. 292, 1311-1313;
17.
Guralnik J.M., Harris T.B. White L.R. et al. 1988. Occourrence and
predictors of pressure ulcers in the National Health and Nutrition
Examination Survey Follow-up. J.Am. Geriatr. Soc., 36, 807-812);
18.
Berlowitz D.R. Bezerra HQ, Brandels G.H. Kader B. Anderson J.J. 2000.
Are we improving the quality of nursing home care: The case of pressure
ulcers. J.Am: Geriatr. Soc., 48, 59-62;
19.
Hopkins B.
Hanlon M., Yauk S. Sykes S., Rose T., Cleary A. 2000.
Reducing nosocomial pressure ulcers in an acute care facility. J.Nurs.
Care Qual. 2000, 14, 28-36;
20.
Vangilder C., MacFarlane G.D., Meyer S. 2008. Results of nine
International pressure ulcer prevalence surveys: 1989to 2005. Ostomy
Wound Management 54 (2), 40-54;
88
21.
Efraim Jaul. 2010 Assessment and Management of Pressure Ulcers in the
Elderly. Drugs Aging, 2010, 27 (4), 311-325;
22.
Woodbury M.G., Houghton P.E.. 2004 Prevalence of pressure ulcers in
Canadian healthcare settings. Ostotomy Wound Manage., 50 (10), 22-24,
26-38;
23.
Ferrell BA, Josephson K, Norvid P, Alcorn H. 2000. Pressure ulcer among
patients admitted to home care. J.Am. Geriatr Soc., 48 (9), 1042-1047;
24.
Requirements for long term care facilities. Fed. Regist. 1991; 56: 4386743925;
25.
Audit Commission. The virtue of patients. Making the best use of ward
nurse resources. London. The Audit Commission for Local Authorities and
the National Health Service in England and Wales: 1991Calianno C. 2007.
Pressure Ulcers in acute care : a quality issue. Nursing Management, 38,
42-51;
26.
Calianno C. 2007. Pressure ulcers in acute care: a quality issue. Nursing
Management 38, 42-51;
27.
Seiler WO, Sthaelin HB. Skin oxygen tension as a function of imposed
skin pressure: Implication for decubitus ulcer formation. J.Am. Geriatr.Soc,
1079,27, 298-301;
28.
Falanga V. Classifications for wound bed preparation and stimulation of
chronic wounds. Wound Repair Regen 2000: 8 (5):347 – 352;
29.
Schultz GS, Sibbald RG, Falanga V, Ayello EA, Dowsett C, Harding K,
Romanelli M, Stacey MC, Teot L, Vanscheidt W. 2003. Wound bed
preparation: a systematic approach to wound management Wound Repair
Regen;11:1–28;
30.
Moore K., 2005. Using Wound Area measurement to predict and monitor
response to treatment of chronic wounds. J. of Wound Care, 14, 5, 229232;
89
31.
Bradley M., Cullum N. and Sheldon T. 1999. The debridement of chronic
wounds: a systematic review. Health Technology Assessment, 3, (17 Pt I),
1-78;
32.
Bolton L., Johnson C. and van Rijswijk L.1992. Occlusive dressing:
Therapeutic agents and effects on drug delivery. Clin. Dermatol., 9, 573583.
33.
US Pharmacopeial Convention, Inc. United States Pharmacopeia 27National
Formulary 22. Rockville, MD: US Pharmacopeial Convention,
Inc.; 2004: 624-625, 2345-2349.
34.
Allen LV Jr. Standard operating procedure for performing physical quality
assessment of ointments/creams/gels. IPJC 1998; 2; 308-309.
35.
Jonas M, Neal KR, Abercrombie JF et al. A randomized trial of oral vs.
topical diltiazem for chronic anal fissures. Dis Colon Rectum 2001; 44(8):
1074-1078.
36.
Carapeti EA, Kamm MA, Phillips RK. Topical diltiazem and bethanechol
decrease anal sphincter pressure and heal anal fissures without side
effects. Dis Colon Rectum 2000; 43(10): 1359-1362.
37.
Carapeti EA, Kamm MA, Evans BK et al. Topical diltiazem and
bethanechol decrease anal sphincter pressure without side effects. Gut
1999; 45(5): 719-722.
38.
Jonas
M,
Speake
W,
Scholefield
JH.
Diltiazem
heals
glyceryl
trinitrateresistant chronic anal fissures: A prospective study. Dis Colon
Rectum 2002; 45(8): 1091-1095.
39.
Medicamenta - Vol. IV, pag.249-250.
40.
Medicamenta – Vol. VI pag 251.
90
41.
Weller PJ. Propylene glycol. In: Rowe RC, Sheskey PJ, Weller PJ, eds.
Handbook of Pharmaceutical Excipients. 4th ed. Washington, DC:
American Pharmaceutical Association; 2003: 521-523.
42.
Fowler K. Lecithin. In: Rowe RC, Sheskey PJ, Weller PJ, eds. Handbook
of Pharmaceutical Excipients. 4th ed. Washington, DC: American
Pharmaceutical Association; 2003: 340-342.
43.
Taylor AK. Isopropyl palmitate. In: Rowe RC, Sheskey PJ, Weller PJ, eds.
Handbook of Pharmaceutical Excipients. 4th ed. Washington, DC:
American Pharmaceutical Association; 2003: 314-315.
44.
Collett JH. Poloxamer. In: Rowe RC, Sheskey PJ, Weller PJ, eds.
Handbook of Pharmaceutical Excipients. 4th ed. Washington, DC:
American Pharmaceutical Association; 2003: 447-450.
45.
Sustained release of lidocaine from Poloxamer 407 gels: International
Journal of Pharmaceutics, Volume 288, Issue 2, 20 January 2005, Pages
235-244; E.J. Ricci, L.O. Lunardi, D.M.A, Nanclares, J.M. Marchetti.
46.
Controlled release of vancomicyn from Poloxamer 407 gels: International
Journal of Pharmaceutics, Volume 192, Issue 2, 10 December 1999,
Pages 183-193; M.L. Veyries, G. Couarraze, S. Geiger, F. Agnely,
L.Massias, B. Kunzli, F. Faurisson, B. Rouveix.
47.
Rheological evaluation of Poloxamer as an in situ gel for ophthalamic use
European Journal of Pharmaceutical Sciences, Volume 6, Issue 2,1; April
1998, Pages 105-112 Katarina Edsman, Johan Carlfors, Roger Petersson.
48.
Chitosan in situ gelation for improved drug loading and retention in
Poloxamer 407 gels; International Journal of Pharmaceutics, Volume 409,
Issues 1-2,16 May 2011, Pages 12-29 Tofeeq Ur-Rehman, Staffan
Tavelin, Gerhard Gröbner.
49.
Preparation and evaluation of a chitosan salt-poloxamer 407 based matrix
for buccal drug delivery; Journal of Controlled Release, Volume 102, Issue
91
1, 20 January 2005, Pages 159-169; S. Cafaggi, R. Leardi, B. Parodi, G.
Caviglioli, E. Russo, G. Bignardi.
50.
The history of Pluronic Organogel: an interview with Marty Jones,
Bspharm
FACA,
FIACP;
International
Journal
of
Pharmaceutical
Compounding, Vol. 7 No. 3 May/June 2003.
51.
Synthesis and characterization of reactive poloxamer 407s for biomedical
applications; Journal of Controlled Release, Volume 138, Issue 1, 19
August 2009, Pages
49-56; Guoguang Niu, Fengyi Du, Li Song, Hongbin
Zhang, Jun Yang, Hui Cao, Yudong
Zheng, Zhou Yang, Guojie Wang,
Huai Yang, Siquan Zhu.
52.
Medicamenta- Vol. V pag 86.
53.
Medicamenta Vol. V pag.87, Medicamenta Vol. VI pag. 48.
54.
Seminario UTIFAR Novembre 2012 Corciano, Mario Marcucci
55.
Allen LV Jr. Standard operating procedure for performing physical quality
assessment of oral and topical liquids. IJPC 1999; 3(2): 146-147.
56.
Behn S. Sodium lauryl sulfate. In: Rowe RC, Sheskey PJ, Weller PJ, eds.
Handbook of Pharmaceutical Excipients. 4th ed. Washington, DC:
American Pharmaceutical Association; 2003: 568-570.
57.
Medicamenta Vol.VI pag 450.
58.
Sweetman SC. MARTINDALE: The Complete Drug Reference. 33rd ed.
London: Pharmaceutical Press; 2002: 1110.
59.
Weller PJ. Propylene glycol. In: Rowe RC, Sheskey PJ, Weller PJ, eds.
Handbook of Pharmaceutical Excipients. 4th ed. Washington, DC:
American Pharmaceutical Association; 2003: 521-523.
SITOGRAFIA:
1. http://www.galenotech.org/farmcocin1.htm
92
Fly UP