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Come devo chiamarti? - Mondadori Education

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Come devo chiamarti? - Mondadori Education
© Mondadori Education
Deborah Ellis
Come devo chiamarti?
A Parvana piaceva il mercato. Le piaceva guardare la gente che si muoveva per le
strade, ascoltare i frammenti di conversazione che le arrivavano all’orecchio, leggere
le lettere che la gente le portava.
Le mancava suo padre, ma col passare delle settimane cominciò ad abituarsi all’idea
che lui non ci fosse. L’aiutava il fatto di essere così impegnata. A casa non si parlava
di lui, ma qualche volta sentiva piangere la Mamma e Nooria. Una notte Maryam
fece un brutto sogno e si svegliò di soprassalto chiamando il Papà. La Mamma ci
mise un bel po’ per farla riaddormentare.
Poi, un pomeriggio, Parvana vide suo padre al mercato.
Lo vide da lontano, ma era sicura che fosse lui.
– Papà! – gridò. Balzò in piedi e lo rincorse.
Corse in mezzo alla folla, urtando le persone in cui s’imbatteva, finché finalmente
non riuscì a raggiungerlo e gli gettò le braccia al collo. – Papà, stai bene! Ti hanno
rilasciato!
– Chi sei, ragazzo?
Parvana fissò un viso sconosciuto. Indietreggiò.
– Vi ho scambiato per mio padre – disse, con le lacrime che le scendevano lungo le
guance.
L’uomo le posò una mano sulla spalla. – Devi essere un bravo ragazzo. Mi dispiace
non essere tuo padre. – Rimase un istante in silenzio, poi disse a voce più bassa: –
Tuo padre è in prigione? – Parvana annuì. – Talvolta qualcuno viene rilasciato. Non
disperare. – L’uomo continuò per la sua strada, e Parvana tornò alla sua coperta.
Un pomeriggio, mentre stava per scuotere la coperta per tornare a casa, notò qualcosa
di colorato sulla lana grigia. Si chinò e raccolse la piccola cosa colorata.
Era un rettangolino di tessuto ricamato, non più lungo di cinque centimetri e largo
due e mezzo. Parvana non l’aveva mai visto prima. Mentre si chiedeva da dove
venisse, il suo sguardo si posò sulla finestra oscurata dove era convinta di aver visto
qualcosa muoversi poche settimane prima. Adesso sembrava tutto tranquillo.
Il piccolo pezzo di stoffa ricamata doveva essere stato portato dal vento sulla sua
coperta, anche se non era una giornata molto ventilata.
Non poté dare la colpa al vento qualche giorno dopo quando trovò un braccialetto di
perline sulla coperta, dopo il lavoro. Guardò in su, verso la finestra.
Era aperta. L’imposta sbatteva contro il muro della casa.
Parvana si avvicinò per vedere meglio. Nel piccolo riquadro vide il volto di una
donna. La donna fece un rapido sorriso, poi chiuse la finestra. Qualche giorno dopo,
Parvana era seduta a guardare i ragazzi che correvano avanti e indietro tra i clienti e il
negozio del tè. Uno dei ragazzi per poco non si scontrò contro un asino. Parvana
scoppiò a ridere e si voltò dall’altra parte, quando uno dei ragazzi inciampò in
qualcosa e rovesciò il vassoio pieno di tazze da tè sulla coperta.
Il ragazzo si sedette per terra di fronte a Parvana. Lei lo aiutò a raccogliere le tazze
che erano rotolate via. Gli porse il vassoio e lo guardò in viso per la prima volta.
Trasalì e si coprì la bocca con la mano.
Il ragazzo del tè era una sua compagna di scuola.
– Shauzia? – sussurrò Parvana.
– Chiamami Shafiq. Io come devo chiamarti?
– Kaseem. Cosa ci fai qui?
– Quello che fai tu, sciocca. Senti, devo tornare al negozio. Starai qui ancora per un
po’? – Parvana annuì.
– Bene, torno dopo.
Shauzia raccolse le tazze e corse al negozio.
Parvana rimase lì seduta, stupita, mentre la sua vecchia compagna di scuola si confondeva con gli altri ragazzi del tè. Solo guardandoli attentamente Parvana riusciva a
distinguere la sua compagna dagli altri. Poi si rese conto che non era una buona idea
continuare a fissarla: qualcuno avrebbe potuto chiederle cosa stava guardando. Così
distolse lo sguardo. Shauzia si confuse di nuovo con la folla del mercato.
Shauzia e Parvana non erano mai state grandi amiche a scuola. Frequentavano
compagnie diverse. A Parvana sembrava di ricordare che Shauzia fosse molto brava
in ortografia, ma non poteva esserne certa.
Quindi c’erano altre ragazze come lei a Kabul! Cercò di ricordare com’era composta
la famiglia di Shauzia, ma non lo sapeva. Non riuscì a concentrarsi molto sugli ultimi
clienti della giornata, e fu contenta quando finalmente vide Shauzia avvicinarsi alla
sua coperta.
– Dove abiti? – le chiese Shauzia. Parvana indicò da una parte. – Raccogliamo le tue
cose e parliamo mentre camminiamo. Tieni, ti ho portato queste. – Porse a Parvana
un pacchettino di carta che conteneva alcune albicocche secche, una cosa che Parvana
non mangiava da secoli. Le contò. Ce n’era una per ciascun componente della sua
famiglia, e una in più che poteva assaggiare subito. L’addentò e senti un buon sapore
dolce.
– Grazie! – Ripose il resto delle albicocche in tasca insieme ai guadagni della
giornata e cominciò a raccogliere le sue cose. Non c’erano regalini sulla coperta,
oggi. Ma non aveva importanza. Aver incontrato Shauzia era già abbastanza
elettrizzante per quel giorno.
– Da quanto fai questo lavoro? – chiese Shauzia mentre si allontanavano dal mercato.
– Quasi un mese. E tu?
– Sei mesi. Mio fratello se n’è andato in Iran quasi un anno fa a cercare lavoro, e non
abbiamo più avuto sue notizie. Mio padre è morto di mal di cuore. Così io ho cominciato a lavorare.
– Mio padre è stato arrestato.
– Avete notizie?
– No. Siamo state alla prigione, ma non hanno voluto dirci nulla. Non siamo riuscite
a sapere niente.
– E forse non lo saprete mai. Di molte delle persone che vengono arrestate non si
hanno più notizie. Scompaiono e basta. Ho uno zio che è sparito in questo modo.
Parvana afferrò Shauzia per un braccio e la costrinse a fermarsi. – Mio padre tornerà
– disse. – Lui tornerà!
Shauzia annuì. – E va bene. Per tuo padre sarà diverso. Come va il lavoro? Vorrei
vendere articoli da un vassoio a tracolla. Così potrei muovermi e seguire la gente. Ma
prima devo guadagnare abbastanza per comprare il vassoio e gli articoli da vendere, e
non avanza mai denaro.
– Neanche a noi. Davvero potremmo guadagnare di più? – Spesso i soldi non bastavano per il cherosene1, e non potevano accendere la lampada la sera. Le notti così
erano molto lunghe.
– Da quanto mi dicono gli altri ragazzi, guadagnerei più di adesso, ma che senso ha
parlarne? – Shauzia tacque. Poi cambiò discorso. – Ti manca la scuola?
Le due ragazze parlarono dei loro vecchi compagni finché svoltarono nella strada di
Parvana, quella che in fondo aveva il Monte Parvana. Era quasi come essere tornati ai
vecchi tempi, quando Parvana e i suoi amici facevano insieme la strada di ritorno da
scuola, lamentandosi degli insegnanti e dei compiti a casa.
– Io abito qui – disse Parvana, indicando la facciata e le scale dell’edificio. – Devi
salire un momento a salutare gli altri.
Shauzia guardò il cielo per cercare di capire l’ora. – Va bene, ma mi fermerò solo
pochi minuti. Quando tua madre mi chiederà di fermami per il tè, devi dirle anche tu
che non posso.
Parvana promise, e salirono le scale.
Furono tutti sorpresi quando Parvana entrò in casa con Shauzia. La abbracciarono
come se fosse stata un vecchio amico, anche se Parvana era convinta che non si
fossero mai incontrati prima. – Ti lascerò andar via senza pranzare con noi, stavolta –
disse sua madre – ma adesso che sai dove abitiamo, devi venire qui a pranzo con la
tua famiglia. – C’e solo mia madre e le mie due sorelle piccole – disse Shauzia. – Mia
madre non esce mai. È malata. Viviamo con i genitori di mio padre e una delle sue
sorelle. Tutti litigano sempre. È una fortuna poter uscire per andare a lavorare.
– Pazienza. Tu comunque sei sempre la benvenuta qui – disse la Mamma.
– Continui a studiare? – le chiese la signora Weera.
– La famiglia di mio padre non crede nell’istruzione per le ragazze e mia madre dice
che finché viviamo nella loro casa dobbiamo fare come vogliono loro.
– Non gli importa che tu vada a lavorare vestita come un ragazzo?
Shauzia si strinse nelle spalle. – Mangiano il cibo che compro io. Perché dovrebbe
importargli?
– Stavo pensando di mettere in piedi una piccola scuola qui – disse la signora Weera,
con grande sorpresa di Parvana. – Una scuola segreta, per pochissime ragazze, qualche ora la settimana. Devi frequentarla. Parvana ti farà sapere quando.
1. cherosene: combustibile ricavato dal petrolio usato per l’illuminazione e il riscaldamento.
– E i talebani2?
– I talebani non saranno invitati. – La signora Weera sorrise della sua stessa battuta.
– Cosa insegnerete?
– Hockey – rispose Parvana. – La signora Weera era insegnante di educazione fisica.
L’idea di un corso segreto di educazione fisica nel loro appartamento era così divertente che tutti scoppiarono a ridere. Shauzia rideva ancora quando s’incamminò
verso casa qualche minuto dopo.
Ci fu molto di cui parlare, quella sera a cena.
– Dobbiamo far visita a sua madre – disse la Mamma. – Vorrei conoscere la sua
storia per la nostra rivista.
– Come farete a pubblicarla? – chiese Parvana.
Fu la signora Weera a rispondere. – Faremo uscire di nascosto le storie in Pakistan,
dove verranno stampate. Poi importeremo illegalmente le riviste, un po’ alla volta.
– Farete del contrabbando? – chiese Parvana, un po’ spaventata per quello che avevano intenzione di fare. Dopo tutto, se erano riuscite a trasformarla in un ragazzo,
potevano avere in mente altre cose per lei.
– Lo faranno altre donne della nostra organizzazione – disse la Mamma. – Abbiamo
avuto visite, mentre tu eri al mercato. Alcune hanno dei mariti che possono darci una
mano.
Nooria aveva alcune idee per la scuola. Aveva deciso di andare al college per
diventare insegnante, una volta finita la scuola superiore, prima che i talebani la
costringessero a cambiare programma. Il Papà aveva dato lezioni a lei e a Parvana per
un po’ dopo che le scuole erano state chiuse, ma la sua salute non era buona e la
scuola in casa non era durata a lungo.
– Io posso insegnare aritmetica e storia – disse Nooria. – La signora Weera può
insegnare scienze e la Mamma può insegnare a leggere e scrivere.
A Parvana non piaceva l’idea che fosse Nooria a insegnarle qualcosa. Come insegnante, sarebbe stata ancora più autoritaria che come sorella maggiore. Ma non
ricordava qual era stata l’ultima volta che aveva visto Nooria eccitata per qualcosa,
quindi non disse nulla.
Quasi ogni giorno Parvana e Shauzia s’incontravano al mercato. Parvana aspettava
che fosse l’amica ad avvicinarsi. Era ancora troppo timida per correre tra i ragazzi del
tè a cercare Shauzia. Parlavano di quando un giorno avrebbero avuto abbastanza
denaro per comprare i vassoi e vendere gli articoli da quelli, ma non riuscivano mai a
trovare un modo per realizzare il loro progetto.
Un pomeriggio, mentre Parvana stava lavorando, qualcosa atterrò sulla sua testa. Lo
afferrò in fretta. Dopo aver controllato che nessuno stesse guardando, diede
un’occhiata rapida all’ultimo regalo della Donna della Finestra. Era un grazioso
fazzoletto bianco, con i bordi ricamati di rosso.
Parvana stava per rivolgere lo sguardo in alto e ringraziare con un sorriso, nel caso in
cui la Donna della Finestra stesse guardando, quando Shauzia arrivò di corsa.
2. talebani: appartenenti al regime fondamentalista islamico che ha governato l’Afghanistan tra il
1996 e il 2002, imponendo forti restrizioni alla libertà personale, specialmente delle donne.
– Che cos’hai lì?
Parvana sobbalzò e infilò il fazzoletto in tasca. – Niente. Com’è andata la giornata?
– Come al solito, ma ci sono delle novità. Un paio di ragazzi hanno sentito parlare di
un modo per guadagnare dei soldi. Molti soldi.
– Come?
– Non ti piacerà. Non piace neanche a me, ma ci renderà di più di quello che
facciamo adesso.
– Di cosa si tratta?
Shauzia glielo disse. Parvana rimase a bocca aperta per lo stupore.
Shauzia aveva ragione. L’idea non le piaceva affatto.
Deborah Ellis, Sotto il burqa, Fabbri
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