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ACQUE DEL RUBINETTO E ACQUE CONFEZIONATE A
ACQUE DEL RUBINETTO E ACQUE CONFEZIONATE A CONFRONTO: normative, trattamenti e controlli di qualità Vincenzo RIGANTI Università di Pavia [email protected] LE ACQUE DI ACQUEDOTTO Le acque a disposizione dei cittadini, condotte al rubinetto attraverso una rete acquedottistica, possono provenire sia dal sottosuolo, sia da acque superficiali, convenientemente trattate. Esse sono sottoposte alla disciplina del decreto legislativo 31/2001, come modificato dal decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 27. Ai fini del decreto, si intende per “acque destinate al consumo umano”: 1) le acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori; 2) le acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escluse quelle, individuate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale In genere, tutte le acque distribuite tramite acquedotto vengono trattate negli impianti di potabilizzazione. Le acque di acquedotto sono sottoposte a vari trattamenti di tipo fisico (grigliatura, sedimentazione, filtrazione, ecc.) e chimico (demanganizzazione, deferrizzazione, flocculazione, trattamenti particolari per rimozione di elementi tossici, disinfezione a base di composti ossidanti, ecc.). In ogni caso uno dei trattamenti più importanti è quello della disinfezione che ha l’obiettivo di eliminare o ridurre a livelli accettabili eventuali popolazioni microbiche. Questi impianti tolgono le impurezze chimiche e biologiche contenute nell’acqua grezza, ma possono anche introdurre altri contaminanti, detti sottoprodotti di disinfezione (DBP). Comunque per effetto dei trattamenti le acque devono raggiungere i livelli di qualità previsti nel citato decreto legislativo, che derivano dalla normativa dell’Unione Europea e da quella della Organizzazione Mondiale della Sanità, ma per molti componenti sono anche più severi. Questi livelli devono essere mantenuti, sotto la responsabilità del gestore dell’acquedotto, fino al contatore e sotto la responsabilità del proprietario della rete interna all’edificio fino al rubinetto che l’utente destina al prelievo di acqua per uso alimentare. La legge prescrive due tipi di controllo: “interno” ed “esterno”. Sono controlli interni i controlli che il gestore è tenuto ad effettuare per la verifica (anche ai fini gestionali) della qualità dell'acqua, destinata al consumo umano. I punti di prelievo e la frequenza dei controlli interni possono essere concordati con l'azienda unità sanitaria locale. Per l'effettuazione dei controlli il gestore si avvale di laboratori di analisi interni, ovvero stipula apposita convenzione con altri gestori di servizi idrici. Questi controlli non possono essere effettuati dall’azienda unità sanitaria locale: questo per evitare che l’USL assuma le vesti di controllore-controllato. I controlli si distinguono in routinari (sole caratteristiche principali) e di verifica (estesi a tutte le caratteristiche per le quali la legge fissa un limite). La frequenza dei controlli è dettata dalla legge; per i controlli routinari varia da 4 all’anno per gli impianti al servizio di piccole comunità a molti di più, mano a mano che aumenta il numero degli utenti serviti. Per un volume distribuito di 100.000 metri cubi, i controlli sono all’incirca giornalieri. I controlli di verifica sono meno frequenti ma coprono un maggior numero di caratteristiche. I controlli esterni sono quelli svolti dall'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, per verificare che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti del presente decreto, sulla base di programmi elaborati secondo i criteri generali dettati dalle regioni in ordine all'ispezione degli impianti, alla fissazione dei punti di prelievo dei campioni da analizzare, anche con riferimento agli impianti di distribuzione domestici, e alle frequenze dei campionamenti, intesi a garantire la significativa rappresentatività della qualità delle acque distribuite durante l'anno, nel rispetto di quanto stabilito dall'allegato legislativo che fissa le caratteristiche di qualità. Per i parametri chimici e chimico-fisici di controllo, ai fini della salute si riscontra una sostanziale equivalenza tra i parametri ed i limiti dei contaminanti delle due tipologie di acqua (di acquedotto e minerale): questi limiti sono solitamente più restrittivi per le acque minerali rispetto alle potabili, mentre alcuni parametri sono esclusivi per le acque potabili perché connessi alla peculiarità dei trattamenti di potabilizzazione. Infine si nota una sostanziale equivalenza tra i parametri ed i limiti di tipo microbiologico delle due tipologie di acqua. Alcuni limiti sono più restrittivi per le acque minerali rispetto alle potabili: antiparassitari, idrocarburi policiclici aromatici, composti organici alogenati, tensioattivi, nitrati, nitriti, benzene, cianuro, cadmio, piombo. Alcuni contaminanti, invece, che sono legati prevalentemente ai processi di potabilizzazione, come l’acrilammide, il clorito, il bromato, l’epicloridina, ecc., non sono invece previsti per il controllo delle acque minerali. LE ACQUE MINERALI NATURALI Secondo la vigente normativa possono essere messe in commercio: * acque minerali naturali, normate dal decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105 come modificato dal decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 339; possono derivare da sorgenti oppure da terebrazioni; * acque di sorgente, normate dal decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 339; possono derivare da sorgenti oppure da terebrazioni; * altre acque confezionate, normate dal decreto legislativo n. 31/2001; sono sostanzialmente acque di acquedotto distribuite, per es., in caso di emergenze. •Noi ci occuperemo principalmente delle acque minerali naturali. Sono considerate acque minerali naturali le acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute. Le acque minerali naturali si distinguono dalle ordinarie acque potabili per la purezza originaria e sua conservazione, per il tenore in minerali, oligoelementi e/o altri costituenti ed, eventualmente, per taluni loro effetti. Esse vanno tenute al riparo da ogni rischio di inquinamento; non possono essere disinfettate e possono solo subire i trattamenti consentiti dalla legge. Secondo la legge: “Il carattere di acqua minerale naturale non si intende modificato dalle seguenti operazioni: a) captazione, canalizzazione, elevazione meccanica, approvvigionamento in vasche o serbatoi; b) separazione degli elementi instabili quali i composti del ferro e dello zolfo, mediante filtrazione o decantazione, eventualmente preceduta da ossigenazione, a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà; c) separazione dei composti di ferro, manganese e zolfo nonché dell’arsenico da talune acque minerali naturali mediante trattamento con aria arricchita di ozono, a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà; d) separazione di componenti indesiderabili diversi da quelli menzionati alle lettere b) e c) a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà; e) eliminazione totale o parziale dell’anidride carbonica libera mediante procedimenti esclusivamente fisici, nonché incorporazione o reincorporazione di anidride carbonica.” Per le acque minerali naturali la legge prevede controlli da parte dell’Autorità sanitaria: * alla sorgente, con frequenza almeno quadrimestrale; * all’impianto di imbottigliamento, con frequenza da mensile a settimanale in funzione del volume di produzione; * ai depositi all’ingrosso e alla vendita al dettaglio, a cura delle ASL locali e con le frequenze indicate dalle Regioni. L’azienda di imbottigliamento deve effettuare * controlli chimici alla sorgente con cadenza almeno bimestrale; * controlli microbiologici stagionali e attuati non oltre il 15° giorno dall’inizio di ogni singola stagione; * controlli chimici sul prodotto finito all’uscita della catena di imbottigliamento con cadenza giornaliera (la disposizione non è vincolante ma è solitamente seguita ed è obbligatoria per i controlli microbiologici); * controlli microbiologici, sia per quanto riguarda il prodotto finito all’uscita della catena di imbottigliamento, sia in almeno due diversi punti dell’impianto con cadenza giornaliera. * Ogni anno si deve far effettuare un controllo approfondito e completo da parte di un Laboratorio autorizzato, per verificare che l’acqua mantenga le sue caratteristiche; il risultato deve essere trasmesso al Ministero che ha effettuato il riconoscimento della mineralità dell’acqua. L’Autorità sanitaria locale effettua controlli all’immissione in consumo, con frequenze determinate dalla Regione. Per le acque minerali, che sono un alimento, qualsiasi superamento dei valori limite comporta il ritiro dal commercio dei lotti non conformi e/o l’eventuale sospensione o cessazione delle attività di imbottigliamento delle Aziende. Viceversa, per le acque di acquedotto la regione o provincia autonoma può stabilire deroghe ai valori di parametro fissati nell’allegato I, parte B, o fissati ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), entro i valori massimi ammissibili stabiliti dal Ministero della sanità con decreto da adottare di concetto con il Ministero dell’ambiente, purchè nessuna deroga presenti potenziale pericolo per la salute umana e semprechè l’approvvigionamento di acque destinate al consumo umano conformi ai valori di parametro non possa essere assicurato con nessun altro mezzo congruo. La deroga è temporanea ed è subordinata alla presentazione di un piano di rientro. Secondo l’ISTAT (Indagine multiscopo “Aspetti della vita quotidiana”) in Italia la percentuale di cittadini che non si fida di bere l’acqua del rubinetto è in diminuzione dal 2000 agli anni più recenti: Anno % 2000 44,7 2001 42,0 2002 40,1 2003 40,1 2005 35,8 2006 36,7 2007 35,4 Vi sono tuttavia differenze significative da Regione a Regione: la percentuale di cittadini che non hanno fiducia è minima nella Provincia autonoma di Bolzano (pari all’1,9%) ed è massima in Sicilia, pari al 59,9%. In Liguria è del 22,2%. Ferma restando l’igienicità, va detto che non tutte le acque di acquedotto manifestano quella “gradevolezza” che sarebbe richiesta nel loro impiego quotidiano come bevanda. Bisogna distinguere la qualità legale dalla qualità emozionale: per esempio, non tutti gradisco no il sapore di cloro (residuo della disinfezione) che caratterizza qualche acqua prelevata dal rubinetto. E’ necessario che i gestori degli acquedotti continuino nei loro lodevolissimi sforzi per far sì che l’acqua distribuita non soltanto soddisfi le caratteristiche di qualità legale, ma anche offrano all’utilizzatore un’acqua che soddisfi il p alato, senza odori o sapori poco graditi. In modo che la scelta dell’acqua minerale naturale, mille volte più costosa, venga fatta solo da chi subisce il fascino delle bollicine…..