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L E G E N D S Le origini Sull’origine del nome ‘Frecce d’Argento’ per le auto da corsa Mercedes-Benz esistono diverse versioni. La più affascinante fa risalire la sua genesi alla notte tra il 2 e il 3 giugno 1934. La Casa di Stoccarda, infatti, il 3 giugno doveva correre l’ADAC Eifelrennen/Grand Prix sul Nürburgring con le due nuove Mercedes-Benz W 25 (dove la ‘W’ stava semplicemente per ‘Wagen’, ovvero ‘vettura’). Il regolamento di gara imponeva che le auto non superassero il peso di 750 kg; durante la pesa ufficiale, nel pomeriggio del 2 giugno, ci fu una brutta sorpresa: le W 25, verniciate di bianco, pesavano ciascuna 1 kg di troppo. Che fare? Alfred Neubauer, direttore sportivo Mercedes-Benz già dal 1926, ebbe un’idea che salvò la situazione: ordinò che venisse raschiata via la vernice che rivestiva la carrozzeria. I meccanici trascorsero tutta la notte a lavorare con la smerigliatrice; la mattina seguente le lamiere argentate delle due auto, in alluminio, risplendevano lucenti e subito ispirarono la fantasia dei giornalisti che coniarono l’appellativo di ‘Frecce d’Argento’. Il peso era adesso regolare e il pilota Mercedes Manfred von Brauchitsch si aggiudicò la corsa con la ‘prima’ Silberpfeile della storia. Record, trionfi e grandi campioni: ripercorriamo l’epopea delle Frecce d’Argento Mercedes-Benz a ottant’anni dal debutto su pista di queste straordinarie vetture da corsa che hanno fatto la storia dell’automobilismo e continuano ancora oggi la loro leggendaria carriera. L’era del mito 28 d i Fab r i c e B r a u n 29 L E G E N D S Anni leggendari Da allora le auto da corsa MercedesBenz, in qualunque serie sportiva, si caratterizzano per il colore argentato della carrozzeria. Era d’argento la McLaren-Mercedes MP4/13 con cui Mika Häkkinen si laureò campione del mondo di Formula Uno nel 1998; come pure la Mercedes-Benz C11, la Sport-Prototipo con la quale Jean-Louis Schlesser vinse il Campionato Mondiale Gruppo C nel 1990. È doveroso tuttavia precisare che la vera e propria ‘era delle Frecce d’Argento’, ovvero gli anni che posero le basi di questo mito arrivato fino ai giorni nostri, furono quelli dal 1934 al 1939 e, in seguito, dal 1952 al 1955. Negli anni Trenta, le Frecce d’Argento dominarono incontrastate i Grand Prix del Campionato Europeo, allora ‘classe regina’ delle gare automobilistiche; negli anni Cinquanta trionfarono nella 24 Ore di Le Mans, nella Carrera Panamericana, nella Mille Miglia e in Formula Uno con Juan Manuel Fangio che, a bordo della W 196 R, si laureò campione del mondo nelle stagioni 1954 e 1955. Miscele esplosive Per ottenere il massimo rendimento dai motori, le Frecce d’Argento degli anni Trenta e Cinquanta utilizzavano una speciale miscela a base di metanolo, con un consumo, a pieno carico, di 1 litro al chilometro. La W 154 del 1939, il cui motore V12 di 3,0 litri con compressore volumetrico sprigionava 483 CV, aveva un serbatoio da circa 400 litri di miscela altamente infiammabile. Per assicurare la costante lubrificazione del motore occorreva rabboccare tra i 2,5 e i 12 litri di olio ogni 100 km. 30 Gare estenuanti Un coraggio da … piloti! N e l 19 3 4 , il pilota italiano Luigi Fagioli si aggiudicò il GP di Spagna su una monoposto W 25. Record di velocità Negli anni Trenta, l’Auto Union era la principale rivale della MercedesBenz sui circuiti di gara; i due costruttori non perdevano occasione per dimostrare la supremazia delle rispettive vetture. È in questo contesto che si inseriscono i tentativi di ottenere record di velocità con vetture appositamente progettate. Nel 1936 Rudolf Caracciola aveva dunque portato la ‘W 25 da record’ a toccare sul tratto autostradale da Francoforte a Darmstadt i 364,3 km/h sul chilometro lanciato, i 366,8 km/h sul miglio e i 333,4 km/h sulla distanza delle 10 miglia con partenza da fermo. La linea aerodinamica a ruote carenate della vettura era stata sviluppata nella galleria del vento dello stabilimento Zeppelin a Friedrichshafen: il risultato fu un sensazionale Cx di 0,235. Il propulsore era un V12 di 5577 cc del peso di 300 kg, capace di erogare 616 CV (453 kW). L’evoluzione dei record proseguì nel 1938 con lo stesso Caracciola, che toccò i 432,7 km/h sul chilometro lanciato utilizzando un V12 derivato da quello della monoposto W 125. Negli anni Trenta-Cinquanta, le gare prevedevano percorrenze estenuanti; non solo quelle sulla lunga distanza, come la Mille Miglia (1600 km) o la Targa Florio (936 km), ma anche gli stessi Gran Premi (ad esempio, quello sul Nürburgring era di circa 500 km). Ebbe a dire una volta il pilota tedesco Jochen Mass, che nel 1989, con una C9 Sauber-Mercedes, riportò la vittoria delle Frecce a Le Mans: “I piloti dell’epoca meritano un grande rispetto: oggi possiamo a malapena immaginare quanto fosse faticoso e pericoloso correre quelle gare”. Le ‘vecchie’ Frecce d’Argento non erano progettate per essere sicure, ma solo per essere veloci. In generale, negli anni Trenta-Cinquanta il mestiere di pilota automobilistico era di gran lunga più pericoloso di quanto non lo sia oggi, tanto per usare un eufemismo. Quando nel 2000 venne chiesto a Mika Häkkinen di provare in pista una W 154 del 1939, il pilota finlandese, finito il test, andò direttamente dall’ultranovantenne collega Manfred von Brauchitsch che lo attendeva ai box e gli disse: “Su questa macchina tutto è smisurato: la potenza, la coppia, la velocità. Anche le vibrazioni: quando accelero tutto il mio corpo va in risonanza! Tutto esagerato ... tranne i freni e le gomme. Per non parlare dei dispositivi di sicurezza: niente rollbar, delle cinture neanche a parlarne, l’incendio sempre in attesa dietro l’angolo … ma come facevate all’epoca?”. In sostanza voleva dire che nella W 154, che andava a oltre 300 km/h, le prestazioni del motore erano di gran lunga superiori e sproporzionate rispetto all’assetto, ai freni e agli pneumatici in uso. Il pilota più fortunato che abbia mai guidato una Freccia d’Argento è stato il tedesco Hans Herrmann (non per nulla soprannominato ‘Hans im Glück’, ‘Hans il Fortunato’) che negli anni Cinquanta uscì illeso da numerosissimi spettacolari incidenti. Hermann, oggi 86enne, ricorda: “Spesso alla partenza di una gara noi piloti ci chiedevamo: a chi toccherà oggi?”. Vita breve per la W 165 Per l’edizione 1939 del Gran Premio di Tripoli, in Libia, all’epoca colonia italiana, gli organizzatori, stanchi del dominio delle automobili tedesche che vi trionfavano dal 1935, istituirono un limite di cilindrata a 1500 cc. Per il team Mercedes, diretto da Alfred Neubauer, significava progettare da zero un nuovo motore. L’ingegnere Rudolf Uhlenhaut riuscì nell’impresa e in soli 8 mesi venne allestita la W 165 con un V8 di 1,5 litri e 254 CV. Il 7 maggio, la Freccia d’Argento pilotata da Hermann Lang si aggiudicò il GP, seguita da quella di Rudolf Caracciola. Fu l’unica gara a cui partecipò la W 165: pochi mesi dopo, infatti, sarebbe scoppiata la Seconda Guerra Mondiale. R u d o l f C a r ac c i o l a e Alfred Neubauer hanno scritto alcune delle pagine più memorabili della storia delle Frecce d’Argento. L’auto con le ali 372,1 km/h: Rudolf Caracciola raggiunse questa velocità di punta nel 1936 sull’autostrada Francoforte-Darmstadt. La scelta di realizzare le portiere ‘ad ali di gabbiano’ per la 300 SL (W 194) del 1952 fu dettata da ragioni puramente tecniche: allo scopo di garantire la massima rigidità venne studiato un telaio tubolare molto alto sulle fiancate, così, per entrare nell’abitacolo, l’unica soluzione fu quella di incernierare le portiere sul tetto. La W 194 era stata progettata per partecipare principalmente a gare di durata e presentava interni molto ben curati e confortevoli per un’auto da corsa. Poco tempo dopo, Max Hoffman, importatore di auto europee negli Stati Uniti, propose alla Mercedes di realizzare una versione di serie della W 194, modificata per l’omologazione stradale e un po’ più raffinata nell’abitacolo: così, nel 1954, nacque la mitica 300 SL Coupé (W 198). 31 Inconfondibile sound C o n l a W 19 6 R , Stirling Moss, coadiuvato dal navigatore Denis Jenkinson, stabilì alla Mille Miglia del 1955 il record di velocità di percorrenza, terminando la gara in 10 ore, 7 minuti e 48 secondi. Con la 300 SLR (W 196 S) del 1955, Stirling Moss conquistò la vittoria nella Mille Miglia, percorrendone i 1600 km alla media straordinaria di 157,65 km/h: un record rimasto imbattuto. Il leggendario pilota inglese, oggi 85enne, ricorda ancora il sound di quell’8 cilindri di 2982 cc dal quale venivano scaricati 310 CV: “All’epoca nessun motore era in grado di produrre un suono così tanto aggressivo”. Oltre alla Mille Miglia, la W 196 S, nelle mani di Moss, Fangio e Kling, trionfò in tutte le principali corse di durata dell’anno: Targa Florio, Tourist Trophy, Eifelrennen e Gran Premio di Svezia. “La più bella auto da corsa di tutti i tempi”: così Fangio descriveva la W 196 R del 1954. La più bella in pista Il bolide di Uhlenhaut Quando, in seguito ai tragici fatti di Le Mans del 1955, la MercedesBenz decise di ritirarsi dalle competizioni, al responsabile dell’ingegneria Rudolf Uhlenhaut venne ordinato di chiudere immediatamente il progetto per una nuova versione coupé della 300 SLR destinata alle gare di durata. Ma il brillante ingegnere non poteva abbandonare il suo gioiellino, già pronto e in grado di sfrecciare a circa 290 km/h, per cui riuscì a ottenere dall’azienda il permesso di utilizzarlo come propria ‘auto aziendale’ e lo omologò per l’impiego stradale. Questo modello è così passato alla storia come ‘Coupé Uhlenhaut’. 32 Il mito in Blu-ray Magical Moments. The Time of the Silver Arrows è il titolo di un documentario di ben 530 minuti, disponibile (in inglese e tedesco) su triplo Blu-ray, che ripercorre la storia delle Frecce d’Argento dal 1934 al 1955. Per realizzarlo, MercedesBenz ha messo a disposizione foto e filmati storici inediti provenienti dal proprio archivio. L’ i n g e g n e r e Rudolf Uhlenhaut ritratto con la sua specialissima ‘auto aziendale’ 300 SLR Coupé. FOTO D A I M L E R P e r a ppr o f o n d i m e n t i e curiosità sulle Frecce d’Argento è possibile consultare il link: mb - qr .com /0 hv Nel 1954, Mercedes-Benz fece il suo ritorno alle competizioni con la W 196 R di Formula Uno, descritta dal pilota Juan Manuel Fangio come “la più bella vettura da corsa di tutti i tempi”. Quest’auto venne prodotta in due varianti di carrozzeria in lamiera di alluminio: una con corpo vettura carenato, per sfruttare l’aerodinamica nei circuiti veloci, e una a ruote scoperte per i percorsi più tortuosi, nei quali la maneggevolezza e l’agilità erano più importanti della velocità di punta. La monoposto, in versione carenata, debuttò il 4 luglio nel GP di Francia: sul circuito di Reims, Fangio e Karl Kling si aggiudicarono la 1ª e la 2ª posizione, mentre il giovane Hans Herrmann fece registrare il giro più veloce.