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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI AGRARIA CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN PAESAGGIO PARCHI E GIARDINI Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali TESI DI LAUREA CONTENUTO DI SOSTANZE DI RISERVA IN STOLONI DI SPECIE MACROTERME DA TAPPETO ERBOSO A DIVERSI PIANI DI CONCIMAZIONE AZOTATA Relatore: Dott. MACOLINO STEFANO Correlatore: Dott. RIMI FILIPPO Laureando: ZANIN DAVIDE ANNO ACCADEMICO 2010-2011 INDICE 1. INTRODUZIONE 1.1 ORIGINE E STORIA 1.2 PRINCIPALI FUNZIONI DEL TAPPETO ERBOSO 1.3 LE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI TAPPETO ERBOSO 1.4 LA QUALITÀ DEL TAPPETO ERBOSO 1.5 L’AMBIENTE E LA DISTRIBUZIONE DELLE SPECIE 1.6 ZONA DI TRANSIZIONE; LO SCENARIO ITALIANO 1.7 LE SPECIE DA TAPPETO ERBOSO 1.8 CONFRONTO TRA MICROTERME E MACROTERME 1.9 SPECIE MICROTERME 1.10 SPECIE MACROTERME 1.11 GENERE Cynodon 1.12 GENERE Paspalum 1.13 ALTRE SPECIE MACROTERME UTILIZZATE IN ITALIA PER LA COSTITUZIONE DI TAPPETI ERBOSI 1.14 REALIZZAZIONE DI UN TAPPETO ERBOSO 1.15 TECNICHE DI INSEDIAMENTO DEL TAPPETO ERBOSO 1.16 MANUTENZIONE DEI TAPPETI ERBOSI 1.17 SCELTA VARIETALE 1.18 ASPETTI MORFOLOGICI DI ALCUNE POACEAE: STOLONI E RIZOMI 1.19 SOSTANZE ORGANICHE DI RISERVA 2. SCOPO DEL LAVORO 3. METODI E MATERIALI 3.1 CARATTERISTICHE PEDOLOGICHE 3.2 CLIMA 3.3 SCHEDA SPERIMENTALE 3.4 CULTIVAR UTILIZZATE 2 3.5 INTERVENTI PREPARATORI 3.6 GESTIONE DELLA PROVA 3.7 PRELIEVO DEI CAMPIONI 3.8 LIOFILIZZAZIONE E DETERMINAZIONE DEL PESO SECCO 3.9 ESTRAZIONE ED ANALISI DEI CARBOIDRATI IDROSOLUBILI 3.10 DETERMINAZIONE DELL’AMIDO 3.11 DETERMINAZIONE DELLA PROTEINA GREZZA 3.12 ANALISI STATISTICA 4. RISULTATI E DISCUSSIONI 4.1 PESO SECCO DEGLI STOLONI 4.2 CONTENUTO DI AMIDO NEGLI STOLONI 4.3 CONTENUTO DI ZUCCHERI IDROSOLUBILI NEGLI STOLONI 4.4 CONTENUTO DI PROTEINA GREZZA NEGLI STOLONI 5. CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA 3 Riassunto Al fine di ridurre i consumi irrigui per il mantenimento dei tappeti erbosi nelle ragioni a clima temperato, è consigliabile ricorrere all’utilizzo di specie macroterme come il Cynodon dactylon e il Papalum vaginatum. Tali specie sono sensibili alle basse temperature e ingialliscono durante i mesi freddi, tuttavia la scelta delle cultivar e una gestione appropriata possono ridurre i tempi della dormienza invernale ed aumentare così il periodo di fruibilità del manto erboso. Il presente lavoro è stato condotto allo scopo di valutare il piano di concimazione azotata più idoneo ai fini dell’accumulo di sostanze di riserva in stoloni di alcune cultivar di C. dactylon e P. vaginatum. Sono state impiegate quattro cultivar di C. dactylon (‘Princess-77’, ‘SWI 1014’, ‘Riviera’ e ‘Yukon’), ed una di P. vaginatum (‘Sea Spray’). Le cultivar sono state sottoposte a tre diversi piani di concimazione azotata (A: 66 kg ha-1 N in mag – giu – ago; B: 50 kg ha-1 N in mag – giu – ago – ott; C: 40 kg ha-1 N in mag – giu – ago – sett – ott). Nei mesi di novembre, dicembre e gennaio è stato determinato il peso secco degli stoloni per unità di superficie ed è stato analizzato il contenuto di: amido, zuccheri idrosolubili e proteina grezza. I piani di concimazione hanno influenzato l’accumulo di amido e proteina grezza: in quanto in corrispondenza di un maggior frazionamento nella distribuzione di azoto si è osservato un maggiore accumulo di proteina grezza negli stoloni ed un minor accumulo di amido. Sono state osservate importanti differenze tra le cultivar in termini di produzione di stoloni e contenuto di sostanze di riserva, soprattutto per quanto riguarda i carboidrati non strutturali. La quantità di stoloni per unità di superficie è notevolmente diminuita tra dicembre e gennaio; il contenuto di amido è diminuito progressivamente tra novembre e gennaio, mentre si è assistito ad un accumulo di proteina grezza tra novembre e dicembre. 4 Abstract With the objective of reducing water consumption for irrigation, while maintaining the turfgrass in temperate zones, it is plausible the use of macrotherm species such as bermubagrass and Paspalum Seahore. These species are sensible to low temperature, it dry up infact they during cold months, however the choice of cultivar and appropriate management can reduce the timing of winter dormancy and so increase usability’s period of the turfgrass. The cultivars used for the test were five: four members of bermudagrass (‘Yukon’, ‘Riviera’, Princess – 77 and SWI 1014) and one of Seashore Paspalum (‘Sea spray’). These cultivars were subjected to three levels of nitrogen fertilization, administred with differents levels. During the months of trial has been determinate the dry weight of stolons per unit area and the content of starch, water soluble sugar and crude protein. The fertilization’s plans affected the accumulation of starch and crude protein because with a greater fraction in nitrogen’s distribution more accumulation of crude protein in stolons and less starch’s accumulation were occurred. There are important differences between cultivars regarding the production of stolons and content of reserve substances, especially carbohydrates unstructured. The number of stolons per unit area decreased between December and January, the starch’s content progressively between November and January, instead protein’s accumulation between November and December. 5 decreased there was a cure 1 INTRODUZIONE Per tappeto erboso s’intende una copertura erbacea comprendente lo strato più superficiale di suolo interessato dalla presenza di radici e rizomi, usualmente tagliata bassa e caratterizzato da uniformità e bassa crescita (Beard, 1991). I tappeti erbosi inoltre costituiscono un particolare tipo di coltura agraria dove il prodotto non è ciò che si asporta, ma ciò che rimane sul campo (Cereti, 2001). Si tratta di colture in espansione nei paesi a sviluppo economico avanzato, dove vengono impiegate per la realizzazione di luoghi idonei alla pratica di sport o al trascorrimento di momenti di riposo, oppure perla valorizzazione di complessi monumentali, architettonici o residenziali, o volte a funzioni meramente tecniche (controllo dell’erosione, copertura di scarpate, piste da sci, margini delle piste aeroportuali, assorbimento del rumore o della piovosità etc.). 1.1 ORIGINE E STORIA Le specie da tappeto erboso appartengono alla famiglia delle Poaceae. L’evoluzione delle Poaceae, stando ai pochi reperti fossili ritrovati, risale a circa 45 milioni di anni fa. In epoche successive le prime specie, simili a bambù, si sono evolute in specie erbacee da pascolo, formando così un nuovo ecosistema proprio nell’era in cui iniziò l‘evoluzione degli erbivori. Il pascolamento di questi ultimi avrebbe portato le Poaceae a resistere a una defogliazione severa e al continuo calpestamento grazie a una serie di modificazioni morfologiche tra cui la diminuzione della lunghezza degli internodi, la presenza di meristemi basali e la possibilità di svilupparsi lateralmente tramite rizomi e/o stoloni (Beard, 1973; Turgeon, 1980). In Inghilterra le prime notizie sull’uso dei tappeti erbosi risalgono al medioevo, epoca nella quale l’utilizzo era legato alla funzione di pascolo. In Europa, in generale, si trovano invece notizie di “prati fioriti” all’interno dei monasteri e solo successivamente viene riportato un utilizzo del “prato” per altri scopi; intorno al 1300 infatti si sviluppano alcuni sport giocati su erba quali il cricket e il bowling. 6 I tappeti erbosi,considerati secondo la concezione odierna del termine, si diffusero inizialmente in ambienti reali e aristocratici, alla fine del XVIII secolo, quando l’architetto Andrè Le Notre (Figura 1) disegnò piccole aree a prato tra i giardini del Palazzo di Versailles. Il gradevole effetto estetico di queste coperture fu apprezzato dalla nobiltà inglese, che non esitò ad importare questo modello di giardino in Inghilterra. I colonialisti inglesi esportarono in seguito i tappeti erbosi negli Stati Uniti, nel tentativo di rendere quelle terre selvagge più simili al “vecchio mondo”. L’architetto Lancelot Brown creò così migliaia di acri di magnifici parchi. I primi tappeti erbosi domestici sorsero nel 1868, quando Law Olmsted ebbe l’incarico di disegnare il quartiere di Riversdale, nella periferia di Chicago (Pollan, 2000) (Figura 2). Figura 1 - Aree a prato palazzo di Versailles. Negli Stati Uniti, ricerche scientifiche nel settore dei tappeti erbosi ad uso sportivo sono iniziate nello Stato del Connecticut nel 1870 e, a partire dal 1885, tali ricerche sono condotte in numerose sedi universitarie. Passando a considerare la situazione in altri Paesi, la Gran Bretagna nel 1929 ha fondato il primo centro di ricerca nel mondo dedicato al tappeto erboso a Bingley. Sempre nella prima metà del XX secolo, analoghe iniziative furono prese in Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa. Nel secondo dopoguerra, l’approccio tecnicamente corretto dei Paesi anglosassoni è stato sviluppato ampiamente in Germania, Francia e Giappone senza avere alcun riscontro in 7 Italia, almeno fino agli anni novanta. Spostandoci in ambito internazionale odierno,prendendo dapprima in esame gli Stati Uniti, si comprende fin da subito l’importanza del tappeto erboso sul territorio. Al giorno d’oggi negli USA le superfici coperte con cotici erbosi sono stimate in circa 18 milioni di ettari (Balogh et al., 1992). Il 70% di questa enorme superficie è rappresentato da prati intorno alle abitazioni, il 10% da parchi cittadini, il 9% da percorsi di golf, il 9% da strutture educative, il 2% da chiese e cimiteri. Altri Paesi dove si registra una forte diffusione dei tappeti erbosi sono l’Australia (180.000 ha), la Gran Bretagna (110.000ha), la Nuova Zelanda (100.000ha) ed il Canada (Aldous, 2000). Nell’Europa continentale i tappeti erbosi sono maggiormente diffusi in Francia e in Germania. Focalizzando ora l’attenzione sul nostro paese, constatiamo che negli ultimi anni si sta manifestando un notevole interesse nei confronti del tappeto erboso, non solo ad uso sportivo ma anche tecnico e ricreativo (Cereti, 2001). Una caratteristica che accomuna i suddetti paesi è che, grazie alla loro crescente espansione, la coltivazione di tappeti erbosi sta assumendo una rilevante importanza economica. In particolare negli USA la spesa per la costruzione di nuovi prati ed il mantenimento di quelli esistenti è stimata in circa 25 miliardi di euro. Questa spesa è assorbita per il 68% dai tappeti erbosi ad uso domestico, pei il 26% da parchi, scuole, autostrade, cimiteri e per il 6% dai percorsi di golf (Balogh et al., 1992). Il comparto dei tappeti erbosi è quello in massima espansione nell’agricoltura americana; in alcuni stati USA esso è ormai la prima o seconda fonte di reddito del settore agricolo. A testimonianza di ciò basti pensare che vi lavorano più di 500.000 persone. Per il futuro è prevedibile un miglioramento genetico legato a nuove specie quali Agrostis idahoensis e Pennisetum clandestinum. Più in generale, le richieste che verranno rivolte verso le nuove cultivar da tappeto erboso riguarderanno sempre di più l’enfatizzazione di caratteri di tolleranza rispetto ai seguenti fattori: basso coefficiente di evapotraspirazione, migliore resistenza alla siccità, migliore tolleranza al caldo, al freddo, all’usura, all’ombreggiamento. 8 Figura 2 - Utilizzo del tappeto erboso in un progetto di Lancelot Brown. 1.2 PRINCIPALI FUNZIONI DEL TAPPETO ERBOSO Da oltre cento anni ormai l’uomo utilizza il tappeto erboso per migliorare il proprio stile di vita non solo arricchendola allo scopo ornamentale, ma rendendolo parte portante di varie discipline, tra cui quelle urbanistiche, mediche e sportive. A differenza di molte altre colture agrarie che possono essere viste come potenziali sorgenti di danno per l’habitat circostante, il tappeto erboso produce un miglioramento qualitativo importante nei confronti dell’ambiente in cui è inserito. Sono riconducibili al tappeto erboso le principali funzioni ambientali legate ad una cenosi erbacea, che vengono di seguito riportate in dettaglio. a) RIDUZIONE DELLA SOGLIA NOCIVA DEL RUMORE. Il tappeto erboso può ridurre il fastidio procurato dal rumore di un 20-30%. Ciò in quanto l’erba assorbe le onde sonore in modo molto più funzionale di superfici quali asfalto o cemento. Studi compiuti lungo le autostrade degli Stati Uniti hanno dimostrato che le banchine erbose provocano una riduzione del rumore due volte maggiore di analoghe banchine pavimentate. Se il livello stradale è inferiore di 5-7 metri rispetto al bordo delle banchine la riduzione del rumore può arrivare a 8-10 decibel. b) CONTROLLO CLIMATICO. Il tappeto erboso gioca un ruolo molto importante dal punto di vista del controllo climatico. Esso è in grado di ridurre i picchi termici (massimi e minimi) molto più del terreno nudo o di 9 altri materiali, attraverso l’assorbimento del calore durante il giorno ed il lento rilascio dello stesso nel corso della notte. A dimostrazione di ciò si hanno temperature più alte di 5-7 °C nelle aree fortemente urbanizzate a confronto ad aree rurali. La capacità di raffreddamento di un tappeto erboso sono notevoli, basti pensare che un ettaro di questa coltivazione è in grado di rilasciare nell’atmosfera, grazie ai processi di evapotraspirazione, circa 20.000 litri di acqua in una giornata estiva. È stato calcolato inoltre che esso riduce di circa il 40% il calore proveniente dall’irraggiamento solare. Altri studi hanno dimostrato che in un giorno estivo quando la temperatura di un marciapiede raggiunge i 38 °C, quella del tappeto erboso costeggiante lo stesso marciapiedi misura circa 24 °C; stessi risultati si ottengono se si mette a confronto una superficie asfaltata con un’altra di tappeto erboso (Emmons 1984). c) RIDUZIONE DELL’INTENSITÀ LUMINOSA. Un buon tappeto erboso consente di ridurre l’intensità luminosa; questa caratteristica è molto importante lungo le strade e le piste aeroportuali in quanto può comportare una riduzione dei fenomeni di abbagliamento dovuti alla presenza di aree pavimentate sui bordi di strade e piste. d) INTERCETTAZIONE PULVISCOLO ATMOSFERICO. La presenza di polvere nell’atmosfera può ridurre del 15% l’intensità della radiazione luminosa che raggiunge il terreno. Queste particelle flottanti nell’aria possono fungere da nuclei di condensazione per la nebbia, incrementando le precipitazioni atmosferiche che oscurano parzialmente la luce del giorno. Polvere e fumo possono ad esempio essere intercettate dalle foglie delle Poaceae e, grazie alla formazione di condensa sulla lamina fogliare ed alle precipitazioni atmosferiche, tornare al terreno. e) ASSORBIMENTO DI AGENTI INQUINANTI DALL’ARIA. Sempre attraverso le foglie, le specie da tappeto erboso sono in grado di assorbire le emissioni tossiche prodotte dalla combustione di gas di scarico come l’ossido di carbonio e l’ossido d’azoto. Nelle zone ad elevato inquinamento, quali per esempio le autostrade, un’ampia cintura verde costituita da tappeto erboso, consentirebbe di portare l’aria a livelli di inquinamento accettabili. 10 f) PRODUZIONE DI OSSIGENO. Come tutte le piante, anche le specie da tappeto erboso, grazie al processo di fotosintesi dove assumono anidride carbonica dall’aria e acqua dal terreno, rilasciano nell’ambiente grandi quantità di ossigeno, basti pensare che un’area di 225 m² di tappeto erboso produce ossigeno sufficiente per una famiglia di 4 persone. g) PURIFICAZIONE DELLE ACQUE. Le superfici mantenute a tappeto erboso agiscono da filtro per l’acqua che scende verso le falde. In particolare, l’elevata densità del cotico erboso permette di rallentare lo scorrimento dell’acqua e aumentare l’infiltrazione nel terreno favorendo l’azione di demolizione delle sostanze chimiche nocive. Questa azione è dovuta in parte all’assorbimento radicale e all’evapotraspirazione ed in parte all’attività biochimica dei numerosi microrganismi presenti nella zona di terreno che ospita la porzione ipogea delle piante (rizosfera). h) FUNZIONE ANTIEROSIVA. Il tappeto erboso rappresenta una delle soluzioni più sicure ed economiche per arrestare l’erosione idrica ed eolica e pertanto garantire e conservare una risorsa non rinnovabile quale il suolo. L’erosione idrica è la più temuta, le gocce di pioggia battente infatti possono determinare la rottura degli aggregati superficiali con conseguente riduzione della permeabilità, causando lo scorrimento superficiale sul terreno (run-off); inoltre in un terreno nudo si ha anche il sollevamento di materiale fangoso (effetto splash), che in terreni declivi aumenta notevolmente la massa di terreno eroso. È stato osservato che un prato fitto e sano assorbe l’acqua fino a sei volte in più rispetto ad una pari superficie coltivata a grano. i) RITORNO DI SOSTANZA ORGANICA NEL TERRENO. La presenza di un tappeto erboso ben curato condiziona notevolmente il terreno sottostante. Quando effettuiamo il taglio del tappeto erboso e lasciamo in loco il residuo (grass-cycling), come accade nella maggioranza delle volte, abbiamo un apporto di sostanza organica al terreno pari a circa 1.2 kg m-², che stimola la formazione di humus, migliorando cioè la struttura fisico-chimica del terreno stesso. j) BARRIERE ANTICENDIO. Il tappeto erboso non contribuisce ad alimentare gli incendi come avviene nel caso di vegetazione arbustiva o arborea. Quindi la creazione di una cinta di aree verdi attorno a determinate 11 aree naturali potenzialmente soggette ad incendi si configura come un valido sistema di prevenzione per tali eventi. k) ALTRI BENEFICI. La presenza di un tappeto erboso ben mantenuto consente anche, contrariamente a quanto si possa pensare, di attenuare i fastidi dovuti ad allergie da polline, le piante infatti vengono tagliate prima di sviluppare l’infiorescenza. 1.3 LE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI TAPPETO ERBOSO Al momento attuale gli usi che si fanno del tappeto erboso sono molteplici, e svariata è la sua gestione, la sua funzione e le relazione che intercorrono tra la cotica erbosa e l’uomo; possiamo comunque in via del tutto generale e approssimativa ridurre le varie tipologie in tre principali filoni: 1. TAPPETI ERBOSI CON FUNZIONE ORNAMENTALE Rientrano a pieno regime entro questa categoria le superfici a tappeto erboso come i parchi pubblici, i giardini privati e le aree di interesse turistico, artistico e monumentale. La prerogativa di queste aree verdi è l’elevata qualità estetica, la quale viene ottenuta mediante un intensa gestione colturale. Tali superfici generalmente vengono calpestate con bassa frequenza. 2. TAPPETI ERBOSI CON FUNZIONE RICREATIVA Per tappeti erbosi ricreazionali s’intendono quelle aree che fanno da proscenio ad attività socio-ricreazionali come ad esempio i parchi gioco. Queste superfici vengono a volte definite come tappeti “rustici”, perché hanno minor valore estetico, più simile alle cenosi più naturali e in grado di sopportare anche un uso piuttosto intenso. La gestione di queste aree è direttamente proporzionata all’uso cui vengono sottoposte. 3. TAPPETI ERBOSI A USO SPORTIVO Questa tipologia di tappeto erboso è forse quella più specialistica, ove la ricerca e la sperimentazione si sono più sviluppate. Oltre alle qualità tecnico-funzionali questi tappeti erbosi debbono rispettare anche un elevato standard estetico. Molti, infatti, sono gli sport che vengono esercitati sul tappeto erboso e l’attività agonistica può comportare il 12 verificarsi di strappi e lacerazioni ai danni del cotico erboso. Nonostante la presenza di tali sollecitazioni, il tappeto erboso deve poter rispondere al meglio alle esigenze qualitative dei suoi fruitori. 1.4 LA QUALITÀ DEL TAPPETO ERBOSO La qualità del tappeto erboso dipende dalla funzione che deve svolgere. In generale, un tappeto erboso di qualità deve essere sufficientemente radicato e persistente per la stabilizzazione del terreno; nei casi specifici di tappeti erbosi a scopi ornamentali, la cotica erbosa deve essere densa, uniforme e di colore gradevole. Un tappeto erboso sportivo, invece, deve fornire le caratteristiche di giocabilità desiderata dello sport desiderato, deve avere basi solide, resilienza per attutire gli impatti, resistenza all’usura, una forte capacità di recupero dopo un trauma, il tappeto erboso inoltre deve avere una certa rigidità per espletare al massimo le peculiarità del gioco. Le caratteristiche più comunemente adottate per valutare la qualità di un tappeto erboso possono essere raggruppate in due macroinsiemi. 1.4.1 QUALITÀ VISIVA: La qualità estetica del tappeto erboso viene influenzata da numerosi fattori, fra cui vengono riportati di seguito quelli di maggior importanza. o Densità, ossia il numero di accestimenti per unità di superficie, solitamente si fa riferimento al dm². Essa può variare a seconda della specie, cultivar o genotipo utilizzato, a seconda delle condizioni ambientali, ma soprattutto dalle pratiche colturali adottate. La densità è considerata per molti il fattore determinante per la buona riuscita estetica di un tappeto erboso. In generale, possono essere distinte tre categorie di qualità di densità, alta con un numero di accestimenti maggiore di 200 per decimetro quadrato, media con un numero di accestimenti compreso tra 100 e 200 e bassa con un numero inferiore a 100 accestimenti (Figura 3). 13 Figura 3 - Densità del tappeto erboso (Turgeon, 1980). o Tessitura, con questo termine si fa riferimento alla larghezza della lamina fogliare; questo fattore è di primaria importanza in quanto consente di distinguere i cosiddetti tappeti fini da quelli grossolani o rustici. Questa caratteristica del tappeto erboso dipende molto dalle specie e dalle cultivar che si utilizzano. La tessitura può essere influenzata anche da fattori gestionali come l’altezza di taglio, la frequenza di taglio, la concimazione, la dose di semina e da fattori ambientali. I tappeti erbosi ad elevato valore estetico si caratterizzano per avere una tessitura fine. La tessitura influenza anche la compatibilità delle consociazioni dei miscugli, infatti non è consigliabile dal punto di vista estetico consociare specie con tessitura diversa. Le specie da tappeto erboso vengono classificate in diverse categorie a seconda della larghezza della lamina fogliare (Figura 4). Figura 4 - Tessitura fogliare del tappeto erboso (Turgeon, 1980). o Uniformità, è la stima del grado di omogeneità del cotico erboso; essa a differenza della densità, non può essere misurata con precisione, e può essere influenzata da molte caratteristiche del tappeto erboso quali la composizione delle specie, l’altezza di taglio, il colore, la presenza di 14 malattie, insetti, infestanti, vuoti e da ogni altro evento colturale e non che coinvolge il tappeto erboso (Figura 5). Figura 5 - Uniformità del tappeto erboso (Turgeon, 1980). o Colore, è la misura della luce riflessa dalle piante costituenti la cenosi erbacea. Tra le varie specie, ma anche tra le diverse cultivar ci sono grandi differenze di colore, visibili (soprattutto a livello di varietà) all’inizio e alla fine della stagione vegetativa. Il colore è anche considerato uno dei più importanti indicatori delle condizioni generali del tappeto erboso, possiamo infatti riconoscere grazie a questo parametro carenze di nutrienti, presenza di malattie, eccessi o difetti di acqua etc. È possibile effettuare una valutazione del colore del tappeto erboso tramite diversi metodi quali: scala visiva da 1 a 9, tavole di Munsell, contenuto di clorofilla, analisi immagini con fotocamera digitale. o Abito di crescita, ossia il portamento della pianta, esso può essere plagiotropo o ortotropo (Figura 6) Il portamento delle piante dipende essenzialmente dalle caratteristiche morfogenetiche della specie, riscontrando però talvolta alcune differenze di portamento anche all’interno della stessa specie. Si possono avere piante cespitose, rizomatose o stolonifere. Il portamento può subire delle alterazioni a causa di pratiche colturali inappropriate come ad esempio l’esecuzione del taglio sempre nello stesso senso, che può provocare la prostrazione delle piante stesse nel senso di taglio creando così il cosiddetto effetto “grain”. 15 Figura 6. - Abito di crescita delle specie da tappeto erboso (Turgeon, 1980). o Levigatezza e linearità, riferiti alla superficie esposta al taglio. In questo caso l’operazione a cui rivolgere la maggiore attenzione è quella del taglio, infatti una pratica scorretta può compromettere non solo la qualità estetica, provocando ondulazioni e lacerazioni alla lamina figliare che può diventare così opaca, ma può anche creare facili vie di ingresso per agenti patogeni (Figura 7). Figura 7 - Levigatezza e linearità del tappeto erboso (Turgeon, 1980). 16 1.4.2 QUALITÀ FUNZIONALE Vengono di seguito riportati i parametri di riferimento in ambito tecnico per la valutazione della qualità funzionale. o Rigidità, è la resistenza delle lamine fogliari alla compressione. Si tratta di un importante indicatore di capacità di sopportare l’uso: più la vegetazione è coriacea e maggiore è la capacità d’uso. Questa caratteristica dipende non solo dalla specie impiegata, ma anche dal contenuto idrico, dalla temperatura, dalle dimensioni delle piante e dalla composizione chimica dei tessuti (Figura 8). Figura 8 - Rigidità del tappeto erboso (Turgeon, 1980). o Elasticità, è la capacità delle foglie di riacquistare un portamento eretto in seguito all’attività agonistica o all’esecuzione del taglio. L’elasticità è molto influenzata dalla temperatura, infatti se questa è molto bassa la foglia può perdere l’elasticità e rompersi, è bene per questo eseguire attività solamente durante le ore diurne quando le temperature sono più alte (Figura 9). Figura 9 - Elasticità del tappeto erboso (Turgeon, 1980). 17 o Resilienza, consiste nella capacità del tappeto erboso di riassorbire gli shock dovuti alle attività agonistiche, senza alterare le proprie caratteristiche, questo dipende in buona parte dal substrato in cui è insediato il tappeto erboso stesso. o Resistenza alla trazione, non è altro che la capacità del tappeto erboso di resistere alla forza orizzontale esercitata dagli atleti. Essa viene stimata misurando, mediante manometro la forza massima necessaria per far ruotare un disco rigido (con diametro 150mm) zavorrato (46 kg) posto sul manto erboso. Questa caratteristica è molto importante in quanto da essa dipendono la sicurezza e la stabilità degli atleti. o Potenziale rigenerativo, è una caratteristica intrinseca alla pianta,infatti si valuta la disponibilità di strutture che consentano al tappeto erboso di rigenerarsi e di ricoprire eventuali zone vuote, come gli stoloni e i rizomi. Velocità di rigenerazione, direttamente riconducibile al potenziale rigenerativo, è il tempo impiegato dal tappeto erboso per rigenerarsi e chiudere gli eventuali vuoti. Questa caratteristica è funzione della velocità di crescita delle specie. Specie con analogo potenziale rigenerativo possono presentare una diversa velocità di rigenerazione. o Quantità di fitomassa residua dopo il taglio, è il materiale vegetativo che rimane sotto il livello di taglio (g m-²). Questa caratteristica dipende principalmente dall’altezza in cui viene eseguito il taglio, dalla specie utilizzata e dalle pratiche colturali. o Capacità di rimbalzo della palla, questa caratteristica è molto importante per le varie discipline sportive; si valuta con un test l’altezza raggiunta dalla palla dopo l’impatto con la cotica erbosa (rimbalzometro) o Capacità di rotolamento della palla; questa caratteristica è in stretta relazione con la rigidità delle foglie; infatti, esprime la resistenza dell’erba al rotolamento della palla. 18 1.5 L’AMBIENTE E LA DISTRIBUZIONE DELLE SPECIE Ogni specie utilizzata per la costituzione di tappeti erbosi tende a fornire le migliori prestazioni nelle zone in cui le condizioni pedo-climatiche sono più simili a quelle della zona di origine. La conoscenza delle caratteristiche della specie e dell’ambiente in cui si sviluppa permette di effettuare la scelta più opportuna e di ottenere i risultati desiderati riducendo gli input e i costi di gestione. Le specie che si originano e persistono in una certa regione sono definite come specie native, mentre le specie che crescono lontano dalla zona di origine, ma si sono adattate al nuovo sito e persistono nel tempo, sono dette specie naturalizzate (Beard, 1973). Beard (1973) sottolinea come una specie utilizzata in una zona con caratteristiche differenti da quelle ottimali di sviluppo sia più facilmente soggetta a danni da stress di tipo biotico e abiotico, inoltre aumentano le esigenze nutritive e colturali del tappeto erboso per mantenere la qualità desiderata. La distribuzione geografica e la diffusione delle specie sono influenzate principalmente dalle temperature e dalle precipitazioni caratteristiche della zona. Le specie da tappeto erboso sono suddivise in due gruppi, secondo le diverse esigenze climatiche che presentano e precisamente in specie microterme (quelle che prediligono le zone temperate e sub-artiche) e macroterme (che si adattano alle zone tropicali e sub-tropicali) (Turgeon, 1980). A separare la fascia climatica temperata da quella sub-tropicale è la zona di transizione. In questa zona convivono macroterme e microterme ai limiti dei rispettivi range termici (Turgeon, 1980). La zona di transizione è quella che richiede maggiore attenzione nella gestione dei tappeti erbosi perché in inverno le temperature sono tanto basse da indurre stress alle macroterme, mentre in estate si hanno temperature elevate che sfavoriscono le microterme. L’Italia è una tipica zona di transizione. 19 1.6 ZONA DI TRANSIZIONE; LO SCENARIO ITALIANO L’Italia è protetta dalle correnti fredde, provenienti dal nord Europa, grazie alla catena alpina ed è caratterizzata da un ampio sviluppo costiero dove il mar Mediterraneo esplica i suoi effetti mitigatori lungo tutta la penisola, cedendo durante l’inverno il calore immagazzinato durante i mesi estivi; tali peculiarità conferiscono al nostro Paese un clima di tipo subtropicale temperato. In particolare, lungo le coste la penisola è contraddistinta da un clima tipicamente mediterraneo con inverni freddi, ma non eccessivamente rigidi, con temperature minime che raramente scendono sotto gli 0 °C ed estati calde e poco piovose. Nell’entroterra si accentuano leggermente i rigori invernali, anche se non è possibile parlare di clima continentale vero e proprio. La temperatura media annua è circa 11 °C nell’Italia settentrionale e 19 °C nel meridione, in entrambe le zone i mesi più freddi sono dicembre e gennaio, mentre quelli più caldi sono luglio e agosto. Le precipitazioni durante l’arco dell’anno non sono abbondanti e sono concentrate in brevi periodi: tra la fine dell’autunno e la prima metà dell’inverno, dove il picco di massimo si registra in novembre. Al contrario, i mesi estivi sono i più siccitosi e nel mese di luglio si ha un minimo di precipitazioni. La piovosità varia molto all’interno della penisola, infatti si ha una maggior piovosità nelle regioni settentrionali (fino a 1100-1200 mm anno-1) rispetto a quelle meridionali (minime fino a 500-600 mm anno-1). Alla luce di ciò, è possibile dedurre che in Italia le esigenze ottimali per lo sviluppo delle specie da tappeto erboso, sia esse microterme che macroterme, non sono presenti costantemente per tutto l’arco dell’anno. L’Italia, come la fascia centrale degli Stati Uniti d’America, si trova in una zona di transizione climatica all’interno della quale le microterme risentono delle condizioni climatiche tipiche dell’estate e le macroterme risentono delle condizioni climatiche invernali. Il fattore climatico principale da considerare nella scelta della specie è la temperatura, in particolare i suoi estremi, che condizionano l’attività vegetativa e la sopravvivenza delle specie. 20 La temperatura costituisce il fattore più influente nella scelta della specie in quanto non è possibile modificarla, mentre è possibile correggere, ad esempio, le carenze idriche tramite irrigazione. Altrettanto importante, ai fini della scelta delle specie, è la funzione che il tappeto erboso dovrà svolgere. Per manti erbosi di particolare pregio qualitativo la scelta delle specie viene ponderata in base alle loro caratteristiche estetiche; mentre in aree sottoposte a frequente calpestamento, soprattutto in aree sportive, per mantenere la miglior funzionalità possibile, vengono impiegate specie soprattutto caratterizzate da una grande capacità di resistenza e di recupero, quali le specie macroterme. 1.7 LE SPECIE DA TAPPETO ERBOSO Le caratteristiche principali delle essenze che costituiscono un tappeto erboso sono la resistenza al taglio, la densità dei culmi, l’uniformità di sviluppo, la resistenza al calpestamento, la resistenza agli stress e la ritenzione della colorazione verde per gran parte dell’anno. Tali condizioni vengono quasi del tutto soddisfatte da specie appartenenti alla famiglia delle Poaceae o Graminaceae (dal latino gramen – plurale gramigna – ovvero “erbe”). Dal punto di vista storico-culturale, la famiglia delle Poaceae costituisce la più importante e diffusa fonte vegetale di alimentazione umana ed animale in quanto comprende i cereali; inoltre fanno parte della famiglia anche molte specie spontanee e foraggiere coltivate in prati e pascoli di tutto il mondo. La diffusione, quasi ubiquitaria, delle specie appartenenti a questa famiglia è dovuta alla loro grande adattabilità a condizioni climatiche estreme. La famiglia delle Poaceae è molto vasta, infatti comprende sei sottofamiglie, oltre 600 generi e circa 10.000 specie vegetali. Nonostante l’elevato numero di specie, solo una cinquantina sono state utilizzate per la formazione di tappeti erbosi, e di queste circa quindici sono quelle impiegate più frequentemente, appartenenti alle tre sottofamiglie delle Festucoideae, Panicoideae ed Eragrostideae. 21 Si ricorda che le specie da tappeto erboso vengono suddivise in due gruppi sulla base delle loro esigenze climatiche: microterme e macroterme. Dal punto di vista della tassonomia, le specie microterme appartengono alla sottofamiglia delle Festucideae, mentre le macroterme fanno parte delle Panicoideae e delle Eragrostideae. 1.8 CONFRONTO TRA MICROTERME E MACROTERME Le microterme sono le principali specie utilizzate in Italia e nei paesi nord europei. Le scarse piogge estive che caratterizzano il clima del bacino del Mediterraneo, insieme al continuo diminuire delle risorse idriche, rendono necessario selezionare le specie con minori richieste idriche e con maggiore resistenza alla siccità. Le macroterme sono molto utilizzate e studiate nel sud degli Stati Uniti (Beard et al., 1989) e in altri Paesi. In Italia invece il loro utilizzo, seppur in crescita, risulta ancora poco diffuso a causa delle limitate conoscenze circa l’adattamento ai nostri climi. Nell’ultimo decennio,la crescente limitazione dell’acqua per l’irrigazione dei tappeti erbosi, in particolare nelle regioni più aride, ha focalizzato l’attenzione dei ricercatori sulle esigenze idriche delle diverse specie e sulla tolleranza ai periodi di stress idrico. L’Italia trovandosi in una zona di transizione, implica la necessità del tappeto erboso di essere irrigato nei periodi estivi affinché questo mantenga la qualità richiesta durante tutti i mesi dell’anno. Le macroterme possono rappresentare una scelta corretta per l’impiego in alcuni ambienti del centro-sud Italia, dato il migliore adattamento alle alte temperature. Infatti proprio in queste zone risultano avere maggiore vigoria, tanto da essere spesso considerate delle temibili infestanti. In riferimento al processo di fotosintesi, le specie microterme vengono definite come specie C3, in quanto il primo prodotto derivante dalla fissazione della CO2 è un composto a tre atomi di carbonio, chiamato acido trifosfoglicerico, mentre le macroterme sono specie C4, in cui il primo prodotto della fissazione della CO2 è un acido organico a quattro atomi di carbonio, ossia l’ossalacetato. Quest’ultimo tipo di metabolismo è adatto al migliore sfruttamento delle capacità della pianta in relazione a un ambiente 22 in cui l’acqua può essere periodicamente limitata, stress al quale le macroterme reagiscono meglio riuscendo ad attuare la fotosintesi anche con stomi semichiusi (gli stomi sono costituiti da due cellule guardia che, a seconda della quantità d’acqua presente al loro interno, si aprono o si chiudono regolando la traspirazione fogliare). Ci sono altre differenze fisiologiche che giocano a favore delle macroterme nei periodi estivi e sono la foto-respirazione scarsa o nulla che porta il punto di compensazione vicino allo zero e la maggiore concentrazione di CO2 assimilata anche in presenza di alte temperature (> 30 °C). Altro aspetto morfologico di grande importanza è la differenza dell’apparato radicale, infatti le specie macroterme presentato un apparato ipogeo molto più sviluppato, mentre l’apparato radicale delle specie microterme è molto più superficiale. Infine va ricordato che le piante C4 sono adatte a sfruttare, ai fini della fotosintesi, la forte luce solare delle regioni sub-tropicali, risultando così più efficienti e competitive in situazioni considerate di stress per le piante C3. Le specie microterme escono da un periodo di dormienza invernale in primavera e riprendono la loro attività di crescita in modo crescente, nel periodo estivo subiscono un rallentamento dell’attività metabolica. In autunno queste specie presentano un secondo picco di crescita, inferiore a quello primaverile, che consente al tappeto erboso di avere un certo livello di attività vegetativa, tale per cui può recuperare i danni o comunque lo stress del periodo estivo. Il tappeto erboso continua a mantenere la colorazione verde anche durante il periodo di dormienza invernale, quando l’attività vegetativa è minima (Fig. 10). 23 Figura 10 - Crescita stagionale di germogli e radici di specie microterme e macroterme. Le macroterme escono dalla dormienza nel mese di aprile e riprendono l’attività vegetativa più lentamente fino a raggiungere il picco massimo in estate (Tabella 1). In questo periodo diventano molto competitive nei confronti delle microterme come le infestanti. In autunno la diminuzione della temperatura comporta una riduzione dello sviluppo delle macroterme, che non trovano più le condizioni idonee alla vegetazione ed entrano in dormienza (Fig. 10). Le differenze morfologiche tra microterme e macroterme influiscono sulle caratteristiche di resistenza e tolleranza nei confronti degli stress ambientali e dei patogeni, ciò si traduce in un miglior adattamento ai diversi ambienti di sviluppo. Tabella 1 - Intervalli di temperature ottimali per la crescita di specie da tappeto erboso microterme e macroterme. Apparato epigeo Apparato ipogeo Microterme 15-24 °C 10-18 °C Macroterme 27-35 °C 24-32 °C Le principali differenze tra microterme e macroterme possono essere sintetizzate in termini di: 24 CONSUMI IDRICI. Da un confronto basato sui valori di evapotraspirazione potenziale (ETP) giornalieri, risulta che le microterme presentano dei valori notevolmente superiori a quelli delle macroterme (Casnoff, 1989). In Tabella 2 sono riportati i valori di ETP per le principali specie da tappeto erboso. L’evapotraspirazione dipende da diversi fattori, quali l’umidità dell’aria, la temperatura, la specie, il tipo di metabolismo, le caratteristiche morfologiche e il vento. Non vanno trascurati però la densità del tappeto, l’orientamento della foglia, il tasso di crescita della specie (Kim e Beard, 1988). Se l’umidità dell’aria è bassa la richiesta di acqua sarà maggiore, e per ovviare a questa fuoriuscita di liquidi la pianta chiude gli stomi, riducendo così gli scambi gassosi. Questo tipo di stress è meno tollerato dalle microterme, il cui ciclo C3 perde efficienza a basse concentrazioni di CO2. La richiesta d’acqua delle microterme per produrre un grammo di sostanza secca mediamente risulta essere tre volte superiore a quella richiesta dalle macroterme (Hull, 1996). Tabella 2 - Valori di evapotraspirazione potenziale delle principali specie da tappeto eroso (Panella et al., 2000). Molto bassa ETP mm giorno-1 SPECIE <6 Buchloe dactyloides Cynodon spp. Bassa 6-7 Eremochloa ophiuroides Zoysia spp. Media 7-8.5 Alta 8.5-10 Festuche fini Paspalum spp. Lolium perenne Festuca arundinacea Molto alta Agrostis stolonifera >10 Poa spp. Lolium multiflorum 25 Secondo Hull (1996) un aumento dell’altezza di taglio aiuterebbe il tappeto erboso a ridurre i valori di ETP perché si formerebbe un ispessimento della coltre di tappeto erboso che ritarderebbe il ricambio d’aria, mantenendo così un microclima con maggiore tasso di umidità. Una conseguenza molto importante dell’altezza di taglio più alta risulterebbe anche la capacità d’ombra che avrebbe il tappeto su se stesso e sul terreno, che farebbe diminuire a sua volta anche la traspirazione del suolo. Tabella 3 - Tolleranza alla siccità delle principali specie da tappeto erboso. Alta Microterme Macroterme Festuca arundinacea Cynodon spp. Buchloe dactyloides Media Festuca rubra Paspalum spp. Festuche fini Zoysia spp. Poa pratensis Agrostis spp. Bassa Lolium perenne L’ETP di una specie influenza la sua resistenza alla siccità ed è quindi un criterio di scelta importante quando si vuole insediare un tappeto erboso in zone in cui l’irrigazione non può essere garantita nei periodi di scarsa piovosità (Turgeon, 1980). In Tabella è indicata la tolleranza alla siccità di diverse specie. Nelle zone di diffusione delle microterme nelle stagioni fredde si preferiscono le festuche fini per la resistenza alla carenza idrica, mentre in quelle più calde è la Festuca arundinacea a dare risultati migliori. L’Agrostis, invece, richiede di essere irrigata nei periodi di stress, se si vuole mantenere un tappeto di buona qualità. Le macroterme resistono meglio a questo tipo di stress e manifestano segnali di sofferenza (perdite di colore) solo se questo è prolungato nel tempo (Turgeon, 1980). Le differenze tra i due gruppi di specie nei confronti della resistenza alla siccità sono legate oltre al tipo di metabolismo alla profondità dell’apparato 26 radicale. Le macroterme presentano un apparato radicale più profondo ed esteso che consente loro di esplorare un volume di suolo maggiore. Christians (1998) riporta che le radici di macroterme possono spingersi fin’oltre al metro di profondità, mentre le microterme in genere restano nei primi 30-40 cm anche se le radici individuali, ad esempio per Festuca arundinacea, possono raggiungere il metro di profondità. Uno studio svolto da Huang e Gao (1999) riporta che le cultivar di Festuca arundinacea più resistenti alla siccità presentano un apparato radicale più profondo rispetto a quelle più sensibili. L’apparato radicale, l’angolo di inserzione fogliare, la presenza di peli sulla lamina fogliare, la cuticola inspessita, favoriscono le macroterme nelle situazioni di carenza idrica e alta temperatura, riducendo le perdite di acqua e permettendo il recupero della poca acqua disponibile. RESISTENZA ALLA SALINITÀ: un altro fattore importante, in particolare nelle zone aride, è la salinità del terreno o dell’acqua d’irrigazione. La resistenza alla salinità si riferisce alla capacità della pianta di mantenere le funzionalità metaboliche di crescita quando esposta a una elevata concentrazione di sali (Duncan e Carrow, 2000). L’accumulo da sali nel terreno comporta un’alterazione chimico-fisica del suolo, che contribuisce a ridurre la disponibilità di alcuni elementi nutritivi agendo negativamente sullo sviluppo della pianta. Inoltre aumentando la pressione osmotica a cui sono soggetti i tessuti di scambio della pianta si inibisce l’assunzione di acqua dal terreno. In particolare viene presa in attenzione la concentrazione di sodio, il cui eccesso nuoce la crescita della pianta e può destrutturare il suolo (Christians, 1998). La sua presenza nelle acque viene valutata in base alla Sodium Adsorption Ratio (SAR) sulla base della presenza di calcio e magnesio, elementi che competono con il sodio per i siti di scambio sulle particelle dell’acqua. Minore è il valore della SAR, migliore è la qualità dell’acqua. Le elevate concentrazioni saline inducono sul tappeto erboso una riduzione della densità e del colore, diminuendo la qualità complessiva e fornendo una via di accesso alle infestanti. Nel momento in cui si selezionano le specie da insediare occorre valutare la salinità del suolo e la qualità della risorsa idrica 27 a disposizione. La presenza di sali nell’acqua utilizzata per l’irrigazione può, nel tempo, aumentare la concentrazione di sali nel terreno, specialmente con drenaggio insufficiente, o comunque effettuare una selezione naturale tra le specie più o meno resistenti che costituiscono il tappeto erboso. Paspalum vaginatum è una macroterma, la cui principale caratteristica è proprio la tolleranza alla salinità del terreno (Tabella 4), anche in aree dove l’accumulo raggiunge i limiti di sopravvivenza delle altre specie (Turgeon, 1980; Carrow e Ducan, 1998). Questa specie può essere irrigata senza alcun problema con acque saline a conducibilità pari a 8.6 dS m-1 (Carrow e Duncan, 1998). Tabella 4 - Resistenza alla salinità di diverse specie da tappeto erboso. Resistenza alla salinità Specie Alta Paspalum vaginatum Festuca arundinacea Lolium perenne Cynodon spp. Agrostis spp. Bassa Zoysia spp. Un aspetto che viene spesso valutato è a quale soglia di conducibilità elettrica (C.E.) la pianta riduce l’accrescimento di germogli e radici. Le specie meno tolleranti alla salinità hanno un valore soglia di conducibilità elettrica molto elevato. Nei numerosi studi effettuati sono stati valutati i valori di C.E in corrispondenza dei quali si aveva una riduzione della crescita del 25 e 50% (Carrow e Ducan, 1998). L’importanza dei valori di C.E. del suolo e dell’acqua e la conoscenza delle specie tolleranti aumenta nelle zone in cui la quantità di acqua a disposizione è scarsa e/o di bassa qualità e nelle zone a scarsa piovosità. Dove la domanda di acqua per usi umani e industriali è alta può succedere che il tappeto erboso venga irrigato con acqua riciclata (Carrow e Duncan, 1998). 28 RESISTENZA ALLE BASSE TEMPERATURE: la distribuzione delle specie è legata alle temperature, in particolare le macroterme vedono limitare la loro colonizzazione verso il nord dalle basse temperature (Beard, 1973). All’interno della zona di transizione si può notare come l’espansione delle macroterme verso latitudini più elevate sia basi sul valore minimo degli estremi termici. La resistenza alle basse temperature è un aspetto molto variabile a seconda delle specie e delle cultivar, la relativa resistenza delle principali specie è riportata in Tabella 5. Agrostis spp., tra le microterme, è la più resistente, mentre Festuca spp. e Lolium spp. possono essere severamente danneggiate dal freddo. Tre le macroterme la specie che si spinge più a nord è la Zoysia japonica. Tabella 5 - Resistenza alle basse temperature delle principali specie da tappeto erboso (Turgeon, 1980; Beard, 1996; Panella et al. 2000). Temperature in grado Resistenza Microterme Macroterme di uccidere il tappeto erboso (°C) Alta Agrostis spp -20/-30 Poa pratensis -18/-22 Poa trivialis -18/-22 Festuche fini -17/-27 Lolium perenne Zoysia spp. -14 Festuca Cynodon spp. -12 Paspalum spp. -7 arundinacea Bassa Le microterme, al di sotto delle temperature minime richieste per la crescita, vanno in semi-dormienza riducendo l’attività fotosintetica, il tasso di respirazione e l’accumulo carboidrati; le macroterme invece entrano in dormienza alla prima gelata (0 °C) perdendo ogni tipo di attività dell’apparato ipogeo. In entrambi i casi lo scopo è ridurre il contenuto dell’acqua all’interno dei tessuti, che potrebbero altrimenti andare incontro a congelamento con formazione di cristalli all’interno degli spazi intracellulari 29 e conseguente distruzione dei tessuti. Per effettuare questo processo di acclimatazione, sono necessarie 3-4 settimane con temperature del suolo e dell’aria appena superiori al punto di gelo (Beard, 1973). La maggior parte dei danni da freddo si verificano nell’ultima parte dell’inverno e all’inizio della primavera, quando si possono verificare bruschi ritorni di gelo. In questo periodo, infatti, il tappeto inizia a reidratarsi e i tessuti hanno un contenuto maggiore di acqua. Gli organi che costituiscono la pianta presentano diversi livelli di resistenza alle basse temperature, per esempio le foglie più giovani e gli apici vegetativi sono molto meno resistenti delle foglie vecchie. Un danno all’apparato epigeo è più facilmente recuperabile con il ripristino delle condizioni ottimali di sviluppo; al contrario un danno alla corona, dove sono localizzati i tessuti meristematici, può essere letale per la pianta. Il terreno svolge un ruolo tampone nei confronti degli abbassamenti termici, poiché le sue temperature sono in genere di alcuni gradi superiori a quelle dell’aria, e i tessuti meristematici, come l’apparato radicale, che sono più sensibili, trovano delle condizioni favorevoli alla loro sopravvivenza. Per queste ragioni un abbassamento delle temperature del suolo provoca danni maggiori rispetto a quelli provocati da un abbassamento delle temperature dell’aria. Le condizioni ambientali quali terreno umido o bagnato, ombreggiato, abbassamento repentino delle temperature, gelate tardive e prolungati tempi di esposizione alle basse temperature, possono aumentare i rischi di danni da freddo. Ovviare a questi fattori non è possibile, non essendo controllabili, ma attraverso le pratiche colturali si aiuta la pianta nel processo di acclimatazione. Si può cercare di evitare il ristagno idrico, l’eccesso di azoto, l’accumulo di feltro, il taglio basso e le continue irrigazioni. RESISTENZA ALLE AVVERSITÀ: viene definita avversità una qualsiasi modificazione, causata da un organismo vivente o dall’ambiente, che interferisce con il metabolismo della pianta causandone un’alterazione a livello esterno o interno (Beard, 1973). 30 I fattori ambientali sono gli estremi di temperatura, la siccità, gli squilibri nutrizionali e la fitotossicità da pesticidi o fertilizzanti, ma la principale causa di patologie, a cui può andare incontro un tappeto erboso, è dovuta all’azione di funghi patogeni. Altri agenti, anche se di minore importanza, sono gli insetti, i nematodi, i batteri, i virus, i muschi e le alghe. La resistenza è un parametro che varia sia tra le specie che tra le cultivar. Conoscere le caratteristiche delle specie permette di fare la scelta corretta al momento dell’insediamento, ma influenza anche la successiva gestione del tappeto. Infatti, in caso di specie sensibili o coltivate in aree diverse da quelle di origine, bisogna ricorrere frequentemente all’uso di prodotti chimici, con i relativi costi e rischi ambientali e per l’operatore. In questi casi una scelta basata su specie, o varietà suscettibili, è sicuramente un vantaggio (Christians, 1998); nel confronto fra micro e macroterme, queste ultime presentano una maggiore resistenza agli attacchi fungini, mentre sono più sensibili agli attacchi di insetti (Panella et al., 2000) (Tabella 6). Tabella 6 - Resistenza alle malattie fungine delle principali specie da tappeto erboso (Turgeon, 1980). Resistenza Microterme Macroterme Alta Agrostis spp. Cynodon spp. Festuche fini Zoysia spp. Poa pratensis Paspalum vaginatum Lolium perenne Bassa Festuca aundinacea ESIGENZE NUTRIZIONALI: generalmente gli elementi ritenuti essenziali per la crescita sono raggruppati in macro (N, P, e K), secondari (Ca, S, e Mg) e micro (Fe, Mn, B, Cu, etc) (Turgeon, 1980). Le esigenze nutritive differiscono molto a seconda della specie (Tabella 7). Un ulteriore differenza si ha per quanto riguarda il momento di applicazione, in accordo con la diversa dinamica dell’attività vegetativa dei due gruppi (Fig. 10). 31 La pianta è in grado di assorbire i nutrienti attraverso le radici, le foglie o i germogli (Beard, 1973), ma l’assorbimento è determinato soprattutto dalle caratteristiche e dalle condizioni dell’apparato radicale e del suolo. L’estensione e la fibrosità delle radici sono importanti per catturare quegli elementi, come il fosforo, poco mobili nel terreno e per sfruttare appieno la presenza d’acqua e di ossigeno. Altri fattori che influenzano il processo di assorbimento sono la respirazione radicale e l’energia che questa produce: affinché siano possibili livelli adeguati di tali attività sono richiesti una sufficiente presenza di ossigeno nel suolo e temperature ottimali. Nella gestione della concimazione durante la stagione di crescita della pianta occorre più che altro verificare che siano bilanciati gli apporti dei principali elementi (N-P-K). L’elemento maggiormente richiesto è l’azoto, seguito da fosforo e potassio. Le macroterme, in generale, hanno esigenze di azoto inferiori alle microterme, fanno eccezione le cultivar di Cynodon selezionate per tappeti erbosi sportivi il cui fabbisogno di azoto varia tra 3580 kg ha-1 per mese di crescita. Azoto: le necessità delle singole specie sono variabili e ogni specie presenta un range di esigenze azotate entro il quale fornisce le caratteristiche qualitative sviluppo che la identificano. L’azoto è fondamentale per la crescita e lo della pianta e viene fornito tenendo conto dell’andamento stagionale e delle eventuali necessità di favorire o meno qualcuna delle specie presenti. L’azoto si può applicare in forma di pronto effetto o a lento rilascio. In generale si utilizza la forma a pronto effetto per favorire la ripresa vegetativa, mentre si preferisce la forma a lento rilascio nei mesi di maggiore crescita (Dunn e Diesburg, 2004). Fosforo: il fosforo viene somministrato in base alle analisi del terreno, ma in generale la quantità applicata è bassa, eccetto in corrispondenza della semina e delle eventuali trasemine. In terreni ricchi di fosforo la concimazione può essere evitata. Potassio: il potassio è noto come elemento “anti-stress” e viene fornito in maggiori quantità nel mese di Giugno per favorire la resistenza alle alte temperature e ad altri stress estivi, così come in autunno per aiutare la 32 pianta nel processo di acclimatazione per affrontare le temperature invernali. Tabella 7 - Esigenze nutritive delle principali specie da tappeto erboso (Turgeon, 1980). Alta Microterme Macroterme Agrostis spp. Cynodon spp. Poa pratensis Zoysia spp. Lolium perenne Festuca arundinacea Bassa Paspalum spp. RESISTENZA AL CALPESTAMENTO: la resistenza al calpestamento veicolare, animale o umano è funzione delle caratteristiche anatomiche e morfologiche delle piante; la distribuzione la quantità di sclerenchima, il contenuto di lignina o di altri tessuti di resistenza sono fattori determinanti la tolleranza all’uso ed al calpestio (Beard, 1973). L’habitus di crescita prostrato, la maggiore densità, la rigidità fogliare caratterizzano le macroterme e favoriscono la resistenza al calpestio che le rende preferibili per la realizzazione di aree ad elevata intensità di utilizzo. FORMAZIONE DI FELTRO: si definisce come feltro quello strato organico compreso tra il suolo e i tessuti epigei del tappeto costituito sia da sostanza organica, sia da parti vive come corone, radici e germogli (Hurto e Turgeon, 1978). La sua formazione è naturale ed è dovuta all’accumulo di sostanza organica in decomposizione causato da un rallentamento dell’attività di degradazione dei microrganismi. Il fenomeno nei tappeti erbosi ad elevata manutenzione è amplificato da una gestione impropria (Christians, 1998). Le cause della formazione di feltro possono essere eccessi di concimazione azotata e di irrigazione e basso pH del substrato (< 6). Tutti questi fattori comportano la riduzione dell’attività microbica. 33 Una minima presenza di feltro fornisce al tappeto maggiore elasticità e tolleranza all’usura, mentre uno spessore superiore ai 2 cm comporta un aumento dei rischi di attacco di parassiti fungini e di insetti, l’instaurarsi di fenomeni idrofobici, manifestazioni di clorosi, facilità a subire danni da taglio (“scalping”) e da stress idrici e termici (Beard, 1973). L’eccessiva presenza di feltro fa sì che le radici non si approfondiscano nel terreno (Hurto et al., 1980), il tappeto erboso risulta così più sensibile alle variazioni climatiche. Il feltro viene controllato con operazioni meccaniche quali verticutting e la carotatura. Le macroterme, in particolare Cynodon spp. e Zoysia spp., sono più inclini alla formazione di feltro. Le microterme invece sono meno soggette a questo problema, ad eccezione di Agrostis stolonifera. 1.9 SPECIE MICROTERME Le specie da tappeto erboso microterme sono essenzialmente una ventina, facenti parte della sottofamiglia delle Festucoideae e nella maggior parte dei casi appartengono ai generi Agrostis, Festuca, Lolium e Poa. Possono essere impiegate sia in purezza che in miscuglio e/o blend, per favorire un più rapido inserimento ed una maggior resistenza agli stress ambientali. Si tratta di specie che si sono particolarmente adattate a crescere in climi a carattere prevalentemente freddo-umido. Sono però anche diffuse in regioni fredde sub-umide e fredde semi-aride, così come nella zona di transizione. In linea di massima presentano un intervallo di temperature ottimali comprese fra i 10 e i 18 °C per quanto concerne l’attività radicale e fra 15 e 24 °C per la parte vegetativa aerea, con due picchi di crescita: il più elevato in tarda primavera (maggio) e il più ridotto in autunno. Fra le altre caratteristiche di queste specie si annoverano la propagazione principalmente sessuata (da seme), la crescita tendenzialmente eretta, l’apparato radicale poco profondo, la buona resistenza all’usura, una media suscettibilità alle malattie, e la buona tolleranza all’attacco di insetti. Sono piante lungidiurne, che richiedono un periodo di vernalizzazione per andare a fiore, caratteristica peraltro che non interessa dato l’uso di queste specie (tagli bassi e frequenti che recidono le infiorescenze). 34 Tradizionalmente, per la costituzione dei tappeti erbosi, in Italia vengono impiegate principalmente queste specie, soprattutto per la facile reperibilità del seme (Croce et al. 1999). Queste specie nelle stagioni intermedie ed in inverno si adattano ottimamente ai nostri climi, mentre durante il periodo estivo è indispensabile l’irrigazione , per evitare il disseccamento della parte epigea, con notevoli oneri finanziari e destinazione non sempre corretta delle risorse idriche (Volterrani et al., 1996). L’origine di queste specie è in gran parte euroasiatica, ma oggi esse sono diffuse in tutto il mondo e i centri di selezione varietale sono in massima parte concentrati nel centronord dell’Europa e in Nord America (Panella et al., 2000). Un confronto varietale su Poaceae microterme da tappeti erbosi, ha dimostrato che anche nel periodo estivo, alcune varietà di Lolium perenne e di Poa pratensis ma soprattutto di Festuca arundinacea mostrano un aspetto estetico più che soddisfacente (Volterrani et al., 1997a). L’adattamento ottimale all’ambiente di prova di quasi tutte le varietà di Festuca arundinacea fa auspicare una maggiore diffusione in considerazione anche della elevata resistenza al calpestamento, alle malattie, ai suoli acidi e della bassa suscettibilità alla formazione di feltro (Volterrani et al., 1997b). 1.10 SPECIE MACROTERME Le specie macroterme che possono essere impiegate per la costituzione di un tappeto erboso sono costituite essenzialmente da Poaceae appartenenti alle sottofamiglie Panicoideae ed Eragrostideae, e ai generi Cynodon, Paspalum, Zoysia, Pennisetum e Stenotaphrum. Tali specie sono adatte a climi caldi, sia umidi che aridi e preferiscono temperature comprese tra i 24 e 32 °C per un ottimo sviluppo radicale e tra 30 e 37 °C per la crescita di stoloni, culmi e foglie. Si risvegliano in primavera, e si sviluppano con intensità crescente durante l’estate, poi in autunno interrompono la crescita, fino a quando, con temperature inferiori a 0 °C, si assiste ad una più o meno rapida perdita di colore ed alla stasi vegetativa invernale. Infatti, il picco di crescita e di sviluppo si presenta nei mesi estivi, mentre il periodo di dormienza corrisponde ai mesi più freddi dell’anno (dall’autunno alla primavera). 35 Le macroterme vengono propagate spesso per via vegetativa (stolonizzazione, plugging, etc.) e possono essere impiegate in purezza. La crescita si presenta piuttosto prostrata, gli stoloni ed i rizomi si sviluppano creando una fitta trama a spesso anche un’eccessiva produzione di feltro. Altre caratteristiche tipiche delle macroterme sono: basse esigenze idriche, alta resistenza alla siccità, alta resistenza all’usura (Busey, 1992), alle malattie e bassa resistenza all’attacco di insetti. La loro fotosintesi è molto efficace anche all’aumentare della temperatura e dell’intensità luminosa; questo è possibile grazie al fatto che queste piante hanno ciclo C4 e riescono a sfruttare meglio l’elevata radiazione solare. Queste specie offrono tappeti erbosi di elevata qualità consentendo consumi idrici più ridotti (fino al 45%) rispetto alle microterme (Biran et al., 1981). La maggior tolleranza alla siccità rispetto alle microterme è dovuta ad apparati radicali più profondi, abbondanza di peli radicali e rivestimenti cerosi delle foglie o comunque meccanismi fisiologici che consentono loro di sopportare intense disidratazioni dei tessuti (Beard, 1989). Sono molto utilizzate negli Stati Uniti, anche in regioni con inverni più freddi di quelli mediterranei, mentre in Italia si stanno diffondendo, ed è tuttora allo studio il loro adattamento al clima della nostra penisola. Nell’ultimo decennio sono state condotte prove di adattabilità dalla Federazione Italiana Golf (FIG), dal CONI e dal Centro Ricerche Tappeti Erbosi Sportivi (CeRTES) (Volterrani et al., 1997c; Croce et al., 2001). I risultati di tali sperimentazioni hanno messo in evidenza che le specie macroterme si adattano ottimamente agli ambienti costieri dell’Italia centromeridionale, fornendo tappeti erbosi di buona o eccellente qualità durante i mesi più caldi. Il loro limite di impiego è costituito dal periodo di disseccamento invernale conseguente all’abbassamento delle temperature, ma nel nostro Paese tale inconveniente si riduce procedendo da nord verso sud ed è comunque ovviabile, quando non tollerato, mediante la trasemina autunnale con una specie microterma a rapido insediamento (Volterrani et al., 1996). Da varie sperimentazioni è inoltre emerso che le varietà propagate vegetativamente forniscono risultati qualitativi più elevati rispetto a quelle da seme; così negli ultimi anni sono stati avviati numerosi programmi di 36 miglioramento per le varietà da seme di alcune specie dei generi Cynodon e Zoysia. I minimi danni, causati da patogeni fungini, osservati in queste specie e quindi il limitato uso di fitofarmaci, oltre al minore impiego di acqua d’irrigazione rispetto alle specie microterme, le fanno preferire anche nell’ambito di una gestione del tappeto erboso più rispettosa dell’ambiente. 1.11 GENERE CYNODON Originario del bacino dell’Oceano Indiano e in particolare del Corno d’Africa, il genere Cynodon è stato introdotto in America verso la metà del 1700 (Hanson et al., 1969) e si è naturalizzato colonizzando le zone meridionali degli Stati Uniti. Nell’Europa meridionale e nei paesi del bacino del mediterraneo è endemica ed è considerata una delle principali infestanti macroterme delle colture agrarie. Le specie del genere Cynodon fanno parte della famiglia delle Poaceae, tribù delle Chloridoideae, e sono le specie più utilizzate nei tappeti erbosi sportivi, ornamentali, e funzionali in Australia, Africa, India, Sud America e regioni del Sud degli Stati Uniti (Duble, 1996; Christians, 1998); vengono utilizzate perché hanno una tessitura medio-fine, elevata densità e grande capacità di recupero. Tali caratteristiche, unite ad un’ottima resistenza all’usura, rendono questo genere quanto mai adatto all’impiego per finalità sportive. Il genere Cynodon comprende nove specie (Taliaferro, 1995), tra cui la più impiegata e conosciuta è Cynodon dactylon (L.) Pers. Altre specie, invece, tendono ad avere una utilizzazione più localizzata (Duble, 1996). Attualmente negli USA queste specie sono sottoposte a intensi programmi di selezione genetica che hanno portato alla formazione di numerosi incroci (tra cui Cynodon x magennisii, incrocio fra C. dactylon e C. trasvaalensis), e di numerose cultivar. Molta importanza si sta dando alle ricerche a lungo termine, come ad esempio la determinazione dei geni di resistenza a patologie fungine, con il successivo sviluppo del materiale selezionato per il rilascio di nuove cultivar. Il genere Cynodon è fra le macroterme uno dei generi di maggiore interesse per il miglioramento genetico. Cynodon dactylon e gli ibridi ottenuti 37 dall’incrocio con Cynodon transvaalensis costituiscono il materiale di partenza delle principali ricerche di miglioramento genetico. Il numero di ricerche per il miglioramento genetico del Cynodon è aumentato negli ultimi decenni; studi recenti hanno valutato la risposta genetica, delle macroterme più note e di alcune loro cultivar a differenti stress ambientali. Per il Cynodon i caratteri considerati sono: • ombreggiamento. Si è osservato che esistono differenze tra le specie e tra le cultivar, per questi motivi ogni specie o cultivar deve essere valutata sperimentalmente (McBee e Holt, 1966); • utilizzo dell’acqua. Come abbiamo visto in precedenza nella classifica dell’evapotraspirazione, il Cynodon risulta avere valori più bassi di evatraspirazione in confronto altre specie di macroterme e di altre specie da tappeto erboso. Bisogna però dire che all’interno del genere Cynodon è presente una elevata variabilità per questo carattere. Questo molto probabilmente è il riflesso dell’ampia base genetica rispetto a quella più ristretta delle altre specie; a volte la ridotta ET è stata associata ad alcune caratteristiche quali ad esempio la densità dei germogli, e l’orientamento relativamente orizzontale delle foglie (Taliaferro e McMaugh, 1993); • caratteristiche radicali. Tra i diversi genotipi di Cynodon sono state riscontrate differenze per la profondità radicale ed il peso totale delle radici. 1.11.1 CYNODON DACTYLON (L.) Pers. Cynodon dactylon (Figura 11) è una specie originaria del Corno d’Africa (Hanson, 1969), largamente presente dal 45° parallelo Nord al 45° parallelo Sud ed è ben adattata a tutti i climi caldi (Taliaferro, 1995). Cynodon dactylon (chiamato comunemente gramigna o bermudagrass) è una specie estremamente variabile, all’interno della quale si possono individuare ecotipi e varietà che presentano notevoli differenze per quanto riguarda colore, tessitura, densità, vigore e adattabilità all’ambiente. Si tratta di una specie perennante che si propaga per seme, stoloni o rizomi. Gli stoloni radicano facilmente a livello di nodi, dove si formano anche le gemme laterali da cui hanno origine germogli ascendenti che 38 raggiungono i 5-40 cm di altezza. Al livello ipogeo la pianta è dotata di vigorosi rizomi. L’apparato radicale è di tipo fibroso e perenne. Durante la stagione di crescita vengono prodotte nuove radici, dopo la formazione di nuovi germogli o foglie, mentre le radici mature, vengono sostituite da quelle nuove. La guaina delle foglie è più corta degli internodi, si presenta compressa, opaca e con ciuffi di peli di 2-5 mm di lunghezza. Le auricole fogliari sono assenti, il collare è continuo, sottile, glabro e con pelosità laterale. La lamina fogliare è larga da 1,5 a 5 mm, opaca, con presenza di peli; la prefogliazione è convoluta e le foglie sono appuntite. L’infiorescenza consiste in un numero variabile di spighe (3-5) digitate, sottili, in genere di color violetto. Figura 11 - Pianta di Cynodon dactylon. La durata del giorno e le temperature sono i principali parametri ambientali che influenzano l’attività di crescita della gramigna. Il metabolismo del Cynodon dactylon rallenta alla fine dell’estate nel momento in cui le temperature notturne iniziano a diminuire. In questo periodo i carboidrati 39 vengono accumulati negli organi di riserva (stoloni, rizomi e corona) così da garantire il nutrimento alle zone meristematiche durante l’inverno. Col diminuire ulteriore delle temperature il metabolismo rallenta fino a fermarsi (10 °C). Alla prima gelata si ha quindi la morte delle foglie e dei germogli, che perdono completamente il colore verde e diventano color paglierino; il Cynodon dactylon entra definitivamente in dormienza. L’aumento della temperatura (circa 16 °C) in primavera induce la ripresa vegetativa a partire dai meristemi sopravvissuti al periodo invernale. L’intervallo delle temperature diurne dell’aria ottimale per la crescita dei germogli è compreso tra i 27 e i 35 °C; invece per quanto riguardano le temperature del suolo e la sua influenza sull’attività dell’apparati ipogeo, l’ottimo di crescita si ha tra i 22 e i 35 °C, ma già a partire dai 15 °C si riscontra un inizio dell’attività vegetativa. Come sappiamo, il picco di crescita avviene nei mesi estivi, periodo nel quale questa specie va a fiore. Una delle caratteristiche della gramigna è il fatto di essere in grado di crescere e produrre seme anche nei periodi di siccità. Altro parametro molto importante per il corretto sviluppo dell’essenza erbacea è la luce. Con intensità luminose inferiori al 60% di piena luce, il Cynodon dactylon risponde con foglie e internodi allungati, germogli sottili e un debole apparato radicale. Il tappeto erboso che si ottiene presenta una bassa densità, aumentando le probabilità d’invasione da parte di alghe, Poa annua e altre infestanti; è per questo motivo che va limitato l’uso di Cynodon dactylon nelle aree in cui alberi o altre barriere determinano la presenza d’ombra. I problemi principali per questa specie si riscontrano nei green dei campi da golf posti parzialmente in ombra, qui la più bassa altezza di taglio adottata diminuisce la superficie fogliare e quindi la pianta non riesce a sopperire alla diminuzione dell’intensità luminosa; in queste aree la richiesta minima di luce durante il giorno è di 6-8 ore (Yelverton, 2005). In tarda estate-inizio autunno, quando le ore di luce iniziano a diminuire, i culmi della gramigna diventano più eretti, in questo modo si aumenta la superficie fotosintetizzante, e anche le foglie basali riescono a catturare la luce. Nei periodi a giorno lungo, invece, il Cynodon di presenta con il 40 “classico” habitus prostrato, sufficiente a catturare la luce dalle foglie superiori. L’ottimo di crescita si ha con 13 ore giornaliere di luce. Il Cynodon dactylon può crescere in tipologie differenti di suolo, da argilloso a sabbioso; la fertilità non è un fattore limitante eccetto per le varietà utilizzate nei tappeti erbosi di alta qualità, dove per ottenere elevate prestazioni dobbiamo somministrare alti livelli di azoto (da 24 a 90 kg ha-1 mese-1 durante la stagione vegetativa). Questa specie ha una media tolleranza alla salinità (Carrow e Duncan, 1998) e riesce a sopportare eventuali allagamenti, ma preferisce i suoli ben drenati. Essa presenta anche una buona resistenza al traffico ed elevata capacità di recupero, caratteristiche che la rendono idonea all’impiego nei campi sportivi. Tollera bene un ampio range di pH (da 5.5 a 8.5) e ama i terreni di media tessitura. Per queste caratteristiche il Cynodon dactylon può essere utilizzato, oltre che per la realizzazione di tappeti erbosi di qualità, anche per prevenire l’erosione del suolo e per l’inerbimento dei margini delle strade. 1.11.2 CYNODON TRASVAALENSIS Anche Cynodon transvaalensis è originaria del Sud Africa, tipica delle zone umide adiacenti a bacino a corsi d’acqua. Si tratta di una specie a tessitura fine e densità graminacee molto elevata, con foglie erette e di colore verde chiaro, stoloni molto sottili con internodi brevi e con produzione abbondante di seme ma spesso sterile per questo propagata attraverso gli stoloni (stolonizzazione). Si tratta di una specie con scarsa resistenza alle basse temperature, che causano una colorazione rossiccia del tappeto erboso. È caratterizzata inoltre da una crescita molto lenta. 1.11.3 CYNODON X MAGENNISII Idrido naturale tra C. dactylon e C. travaalensis; ha tessitura fine, stoloni sottili e rizomi superficiali; ha una scarsa resistenza alle basse temperature. Questi ibridi iterspecifici, dei quali esistono attualmente numerose varietà, sono stati sottoposti a lunghi lavori di selezione per ottenere genotipi con maggiore adattabilità alle zone climatiche di transizione e con un buon 41 grado di finezza fogliare. La loro propagazione avviene esclusivamente per via vegetativa (Emmons, 2000). 1.11.4 CYNODON BRADLEYI Stent Cynodon Bradley è una specie a tessitura fine,distinguibile dal Cynodon transvaalensis e dal Cynodon x magennisii per l’assenza di rizomi, infatti presenta esclusivamente stoloni. La colorazione è verde opaco con foglie pelose; viene utilizzato per la costituzione di green in Africa centrale. 1.12 GENERE PASPALUM Il genere Paspalum è originario delle zone costiere sabbiose del Sud America e dell’Africa, ma si è diffuso nella fascia tropicale umida e nelle zone temperate a clima mite marittimo, adattandosi bene al clima Mediterraneo. Questo genere comprende circa 250 specie, ma solamente due se ne utilizzano per la realizzazione di tappeti erbosi. 1.12.1 PASPALUM VAGINATUM Swartz Paspalum vaginatum, conosciuto anche con il nome comune di panico acquatico è tra le specie macroterme più tollerante alle alte concentrazioni di sali nel terreno e nell’acqua di irrigazione (Duncan et al., 2000), essendo originaria delle zone costiere e salmastre, ha permesso di adattarsi a situazioni “estreme”, quali valori di pH compresi tra 3.6 e 10.2. Riesce inoltre a tollerare periodiche inondazioni e anche prolungati di ristagni idrici (anche con acque saline) e periodi di siccità. La capacità di tollerare situazioni difficili conferisce a tale specie un grande potenziale di diffusione. Paspalum vaginatum è una specie perennante, che forma un tappeto erboso di qualità superiore alle altre specie del genere Paspalum, in quanto la tessitura è medio-fine, con lamine fogliari che hanno una larghezza che va dai 3 fino agli 8mm;, esse possono essere arrotondate verso l’interno con margini scarsamente pelosi verso la base. I caratteri morfologici che la distinguono sono la ligula che è membranosa lunga 2-3 mm, una guaina con margini sovrapposti, le auricole assenti e un collare ampio e continuo. Possiede un tipo di prefogliazione conduplicata; le infiorescenze sono 42 composte da uno o due racemi, ma i semi sono poco vitali, per cui la creazione dei tappeti erbosi avviene generalmente grazie alla propagazione vegetativa di rizomi e/o stoloni. Ha una rapida velocità di insediamento, migliore rispetto alle altre specie di Paspalum, con buona ritenzione del colore durante il periodo invernale, superiore a quella di Cynodon spp. Sopporta discretamente un’elevata intensità di traffico, ed il potenziale di recupero è buono grazie alla sua aggressività. Anche se ha un’ottima adattabilità ad un ampio range di pH, quello ideale è compreso tra 6.5 e 7.5. Paspalum vaginatum presenta alcune caratteristiche che la rendono molto interessante per la creazione di tappeti erbosi ricreazionali a basso impatto ambientale. La resistenza alla salinità ne permettono infatti l’impiego per la stabilizzazione di terreni costieri soggetti ad erosione in aree in cui è possibile impiegare per fini irrigui solo acqua ad elevata salinità. Vista la buona tessitura, questa specie può essere impiegata per la costituzione di tappeti erbosi di elevata qualità, come ad esempio per i green dei campi da golf (con tagli ad altezza di 3-6 mm) e in campi sportivi. Si utilizza preferibilmente in coltura monostand. Predilige un’intensità di manutenzione media, adattandosi ad altezze di taglio comprese tra i 6 e i 25 mm. Per la formazione di tappeti erbosi di qualità necessita di pratiche irrigue, con quantità di azoto comprese tra 30 e 45 kg m-² per mese di crescita. Non sono segnalati danni causati da patogeni fungini. Danni occasionali vengono causati da larve di lepidotteri e coleotteri, oltre che da ninfe e adulti di grillotalpa. Il Paspalum vaginatum è una specie che, per le sue peculiarità, ha attratto l’interesse dei miglioratori genetici. 1.12.2 PASPALUM NOTATUM Flugge Paspalum notatum, (Figura 21) chiamato anche comunemente Panico brasiliano, è una specie macroterma originaria delle regioni subtropicali dell’America meridionale, diffusa nel resto del mondo agli inizi del secolo. Il tappeto erboso che costituisce non è di grande qualità, in quanto piuttosto 43 grossolano e con una scarsa densità. Può essere impiegata per la costituzione di tappeti erbosi a bassa manutenzione. Paspalum notatum è una specie perenne, particolarmente adatta a zone calde di regioni caldo-umide. La tessitura è tra le più grossolane delle specie macroterme da tappeto erboso e le lamine fogliari si presentano piatte o ripiegate, con una larghezza di 4-8 mm con margini ciliati verso la base. Presenta rizomi e stoloni molto robusti e piatti, che fanno si di presentarsi con culmi piatti, eretti e corti. La propagazione avviene principalmente per gamica, grazie alla sua abbondante produzione di semi, anche se l’insediamento piuttosto lento. Paspalum notatum è una specie molto resistente alla siccità grazie al suo apparato radicale profondo e sopravvive discretamente in zone ombreggiate e ad intenso traffico. Cresce di preferenza su terreni con pH compreso tra 6.5 a 7.5, a tessitura grossolana, poco fertili e scarsamente irrigati. La specie non è adatta a terreni salini e non risulta particolarmente resistente alle basse temperature. Inoltre ha una scarsa tolleranza ai ristagni idrici, ma una buona resistenza alle malattie fungine. L’uso di questa specie è limitato ad aree a bassa manutenzione e scarsa intensità di traffico quali banchine stradali, aeroporti e aiuole. Per insufficiente tessitura e densità non può essere utilizzata per tappeti erbosi ad uso sportivo. L’intensità manutentiva richiesta è bassa; le altezze di taglio sono comprese tra 35 e 65 mm. Altezze di taglio inferiori consentono di rimuovere le infiorescenze prodotte in grandi quantità. Il taglio, se effettuato con lame poco affilate può risultare difficoltoso a causa della durezza della lamina fogliare. 1.13 ALTRE SPECIE MACROTERME UTILIZZATE IN ITALIA PER LA COSTITUZIONE DI TAPPETI ERBOSI Zoysia japonica Steud. Specie originaria dell’Asia orientale e adatta ai climi caldo-umidi e di transizione; questa specie è utilizzata soprattutto per tappeti erbosi ornamentali ed in presenza di condizioni ottimali anche per tappeti erbosi 44 sportivi. Caratteristiche della specie sono, un’alta densità, una tessitura medio-fine, una crescita prostrata grazie alla presenza di rizomi e stoloni. Questa specie costituisce un tappeto erboso di alto valore estetico anche nel periodo di dormienza. Presenta una buona resistenza al freddo, infatti entra in periodo di riposo dopo il Cynodon e rinverdisce prima; ha una buona resistenza alla siccità e un’eccellente resistenza al calpestamento e una buona resistenza all’ombreggiamento; ha però una scarsa velocità di germinazione, di insediamento e di rigenerazione. Zoysia matrella Merr. Anche questa specie è originaria del continente asiatico. forma tappeti erbosi molto resistenti, si presenta con una tessitura fogliare molto fine e con un habitus di crescita prostrato; è molto resistente al calpestamento ed ha una buona tolleranza all’ombreggiamento. Zoysia tenuifolia Wild. ex Trin. Anch’essa originaria dell’Asia orientale, si caratterizza rispetto a Zoysia japonica e Zoysia matrella per l’alta densità dei culmi, l’habitus di crescita più eretto e la tessitura fogliare più fine. Buchloë dactiloides (Nutt.) Engelm. Specie macroterma originaria delle praterie degli Stati Uniti; presenta un’eccellente resistenza alle alte temperature e alla siccità, per cui viene impiegata in zone scarsamente piovose. Si tratta di una specie dioica, costituisce tappeti erbosi con una densità molto elevata. È una pianta stolonifera con tessitura fogliare fine. Pennisetum clandestinum Hochst. Ex Chiov. È una specie perennante originaria dell’Africa orientale e introdotta negli anni ’20 negli USA. Nelle aree tropicali è considerata un’infestante; si differenzia per avere un’elevata densità ed una tessitura grossolana (che può rendere difficile il taglio). Ha una buona capacità di recupero e ottima resistenza alla siccità e al calpestamento. 45 Dichondra repens J.R. Forst & G. Forst Si tratta di una specie macroterma originaria del Sud-Est degli USA adatta ai climi caldi e per uso ornamentale e ricreativo. Questa specie non necessita di tagli, ha un aspetto molto gradevole, buona tolleranza alla siccità, alle alte temperature e all’ombreggiamento. Non tollera però le basse temperature. 1.14 REALIZZAZIONE DI UN TAPPETO ERBOSO La preparazione del terreno per l’impianto di un tappeto erboso solitamente non differisce molto da quella normalmente eseguita per una qualsiasi altra coltura agricola. La scelta della tecnica da adottare per l’insediamento del tappeto erboso dipende principalmente dalle caratteristiche delle specie coinvolte e dal periodo entro il quale si vuol ottenere la completa copertura del suolo. Nella preparazione del suolo, in linea generale, si possono individuare una serie di operazioni da compiere: • eliminazione della vegetazione preesistente. Prima di iniziare le operazioni di insediamento del tappeto erboso è opportuno valutare la tipologia della vegetazione presente,in quanto l’eliminazione è differente a seconda della tipologia di vegetazione. In caso di specie erbacee si può eseguire un’estirpatura e successivamente le piante verranno interrate con la semplice lavorazione del terreno. In caso di specie con strutture di propagazione come stoloni o rizomi, può rendersi necessario effettuare un diserbo totale con prodotti sistemici, capaci, in quanto tali,di essere assorbiti e traslocati nella pianta; • raccolta dei sassi. Questa si rende indispensabile quando la quantità e il volume dei sassi rende difficoltoso la realizzazione e la manutenzione del tappeto. A tale scopo possono essere utilizzate diverse soluzioni: macchine interra-sassi, macchine frangi-pietre, o macchine raccoglitrici; • movimento terra. 46 Tali operazioni sono necessarie per dare al terreno l’inclinazione desiderata al fine di migliorare l’aspetto paesaggistico e soprattutto per garantire una corretta regimazione delle acque; • predisposizione drenaggi profondi. I drenaggi profondi, a differenza di quelli superficiali che allontanano le acque grazie allo scorrimento superficiale, garantiscono l’infiltrazione nel substrato e la successiva percolazione delle acque in eccesso grazie a condotti emungenti sotterranei (dreni) che hanno una certa disposizione (solitamente a griglia o spina di pesce) ed una certa distanza (interasse) tra di loro; • installazione impianto di irrigazione. L’impianto d’irrigazione si rende indispensabile nel caso in cui il tappeto erboso sia collocato su substrati molto drenanti o nel caso di un tappeto erboso ornamentale ad alto standard qualitativo; • ammendamento del terreno. È buona norma prima di realizzare un tappeto erboso eseguire un’analisi fisico-chimica del terreno esistente (tessitura, calcare totale, calcare attivo, pH, sostanza organica, capacità di scambio cationico, rapporto C/N, etc.); su tali basi si valuterà la necessità o meno di modificare le caratteristiche fisiche del terreno, con lo scopo di renderlo ottimale per la vita delle piante; solitamente gli ammendanti più utilizzati sono: sabbia, torba zeolite e vermiculite. Questo intervento può risultare molto oneroso in quanto il materiale ammendante deve essere mescolato nel terreno fino ad una profondità di 15-20cm (rootzone), e fino ad una percentuale del 50-60 in caso di terreno facilmente compattabile; • concimazione “starter”. La concimazione iniziale deve prevedere apporti di fertilizzanti ricchi di fosforo e potassio (elementi poco mobili nel terreno), in modo da creare le condizioni ottimali per un rapido insediamento del cotico erboso; • preparazione letto di semina. Nel caso in cui non si sia fatta un’aratura si può provvedere con una vangatura meccanica; in entrambi i casi si deve procedere ad un’erpicatura (possibilmente con erpice rotante). Se il terreno si presenta troppo soffice è possibile eseguire una leggera rullatura. 47 1.15 TECNICHE DI INSEDIAMENTO DEL TAPPETO ERBOSO Le piante possono essere propagate in due diversi modi: o per seme (via sessuale o gamica); o per via vegetativa (asessuale o agamica). Generalmente le specie microterme vengono insediate tramite semina, mentre la maggior parte delle specie macroterme viene insediata vegetativamente. La moltiplicazione vegetativa può impiegare come materiali propagativi parti di comunità mature di tappeto erboso, singole piante e partizioni di piantine (esclusi i semi) caratterizzate da capacità riproduttiva. La propagazione vegetativa è impiegata al posto di quella per seme, per quelle varietà ibride in cui il genotipo non permette la produzione di seme vitale e per la realizzare tappeti erbosi uniformi interamente composti da piante appartenenti ad un unico genotipo. Un metodo di propagazione vegetativa che può essere adottato sia con specie macroterme che microterme è il trapianto di tappeto erboso in rotoli su tutta la superficie (sodding). Altri metodi, comunemente utilizzati per specie macroterme, che permettono un risparmio del materiale impiegato, sono la messa a dimora di stoloni (stolonizzazione) e la messa a dimora di piccole porzioni di zolle di tappeto erboso distanziate tra di loro (plugging). Generalmente la propagazione vegetativa risulta più costosa rispetto alla semina, ma, per alcune specie e cultivar di pregio è l’unico metodo disponibile. 1.15.1 SEMINA La semina può essere adottata per tutte le specie microterme e per alcune cultivar di macroterme che sono state introdotte di recente nel mercato, ad esempio di Cynodon dactylon e Zoysia japonica. L’impianto di queste cultivar tramite la semina può ridurre il costo di insediamento rispetto ai metodi vegetativi quali sprigging o al sodding (Patton et al., 2004). 48 I fattori principali che influenzano l’insediamento tramite semina sono: la scelta della specie, del mix o del bland da impiegare, la qualità della semente, la dose ed epoca di semina e la profondità di semina. Dose di seme ed epoca di semina L’epoca di semina varia secondo la specie prescelta per l’insediamento e la zona climatica in cui ci si trova. Generalmente le specie microterme devono essere seminate in tarda estate o inizio autunno in quanto mostrano una maggior competitività verso le infestanti nei periodi più freddi dell’autunno e dell’inverno. Per insediare le specie macroterme nelle zone di transizione, il periodo migliore in cui effettuare la semina è la tarda primavera, quando la temperatura del suolo è abbastanza elevata da garantire la germinazione e il rischio di gelate tardive è basso. In generale, l’intervallo utile per la semina della macroterme è compreso fra Maggio e Luglio. È possibile anche effettuare con successo una semina tardiva in estate, quando sono ancora presenti condizioni ambientali favorevoli alla nascita, anche se alcuni studi hanno dimostrato che l’insediamento delle macroterme nelle zone di transizione è difficoltoso se effettuato dopo il mese di Luglio, a causa della ridotta stagione di crescita ancora a disposizione delle piantine, che potrebbe impedire alla pianta di immagazzinare riserve di carboidrati necessari alla loro sopravvivenza durante il periodo invernale (Patton, 2003; Dunn, 2004). Le dosi di seme da impiegare, sono determinate soprattutto dalle dimensioni e dal peso del seme, che varia da specie a specie (Tabella 8). Tabella 8 - Dosi di semina delle principali specie da tappeto erboso. SPECIE DOSE DI SEME (Kg ha-1) Cynodon spp. 49-73 Paspalum notatum 269-389 Buchloe dactyloides 73-123 49 Zoysia japonica 73-122 Agrostis stolonifera 25-49 Festuca arundinacea 367-536 Poa pratensis 73-122 La profondità di semina, pur essendo sempre abbastanza superficiale, è determinata dalle dimensioni del seme. Un seme di piccole dimensioni come quello di Agrostis stolonifera dovrà essere poco interrato, mentre per semi di grandi dimensioni, come quello per esempio di Festuca arundinacea si può arrivare fino ad una profondità di 1-2 cm. Post semina Le condizioni ambientali generalmente necessarie per una germinazione rapida e completa del seme del tappeto erboso sono: un’adeguata umidità del terreno, temperatura favorevole (maggiore di 15 °C per le macroterme), un’adeguata ossigenazione e, in alcuni casi, una sufficiente esposizione alla luce. Gli interventi irrigui successivi alla semina hanno lo scopo di mantenere la superficie umida attraverso leggere e frequenti irrigazioni che devono protrarsi fino all’emergenza completa. Il processo di evaporazione dell’acqua dal suolo durante la germinazione può essere rallentato attraverso la copertura del terreno con materiali pacciamanti (mulching). A seguito del primo taglio, è opportuno effettuare una concimazione con fertilizzante azotato. Sarebbe bene evitare l’uso di diserbanti per il controllo delle infestanti durante le prime settimane di vita del tappeto erboso in quanto le plantule sono molto sensibili e pertanto potrebbero manifestarsi effetti fitotossici. 1.15.2 PROPAGAZIONE PER VIA VEGETATIVA Con la propagazione per via vegetative si ottiene la miglior qualità estetica di tappeti erbosi di Cynodon dactylon (L.) Pers. e Zoysia japonica Steud. per campi da golf (Croce et al., 2005), tuttavia nelle ragioni mediterranee si 50 preferisce utilizzare il seme per l’impianto di queste specie. Questa preferenza è dovuta alla maggiore reperibilità di semi piuttosto che di materiale vegetativo per la formazione del tappeto erboso (Beard, 1973). La propagazione vegetativa può esser effettuata con la stolonizzazione, il sodding e il plugging. 1.15.2.1 STOLONIZZAZIONE La stolonizzazione è un metodo di insediamento vegetativo che si avvale degli stoloni delle piante macroterme. Questa tecnica consiste nella distribuzione di porzioni di stoloni a spaglio sul sito di impianto. Gli stoloni vengono prelevati da appositi “vivai” dove sono raccolti da tappeti erbosi maturi tramite particolari macchine operatrici. Una volta raccolto, il materiale deve essere impiantato entro breve; se ciò non fosse possibile, è opportuno provvedere allo stoccaggio del materiale in ambiente refrigerato. In aree di ridotte dimensioni lo spargimento degli stoloni può avvenire manualmente, mentre in aree di grandi dimensioni è possibile avvalersi di apposite macchine operatrici. Una volta terminata la distribuzione del materiale vegetale è necessario eseguire una diraspatura per il loro interramento seguita successivamente da una rullatura per assicurare il contatto tra stolone e terreno. La stolonizzazione viene impiegata esclusivamente per le specie macroterme perché sono caratterizzate da una vigorosa crescita laterale, che consente loro di colonizzare e chiudere velocemente il terreno. Questa tecnica è utilizzata quando non vi è la possibilità di effettuare la semina oppure quando si ha a che fare con ibridi sterili (McCarty and Miller, 2002). Appena terminate le operazioni di impianto è necessario effettuare irrigazioni frequenti e ripetute in modo da mantenere umida la superficie del terreno e gli stoloni, al fine di evitare il loro disseccamento (Rodriguez et al., 2000). La tecnica denominata sprigging è una modificazione della stolonizzazione che consiste nella collocazione del materiale vegetale in piccoli solchi. Lo sprigging permette un attecchimento vegetale e con un minore tasso di mortalità (Johnson, 1973). 51 1.15.2.2 SODDING – TAPPETO IN ROTOLI Questa tecnica di insediamento vegetativo consiste nel coprire un’intera superficie attraverso il trapianto di zolle di tappeto erboso maturo precostituito in appositi “vivai”, permettendo l’insediamento di un manto eroso di qualità in brevi tempi. Il trapianto di tappeto erboso in rotoli permette di svincolarsi da due fattori che risultano importanti e che possono condizionare buona parte dei tradizionali metodi d’impianto: l’epoca di impianto ed il problema delle infestanti. Tramite il sodding possono essere potenzialmente propagate tutte le specie da tappeto erboso, sia macro che microterme. Il tempo necessario alla maturazione delle zolle varia da sei mesi a due anni in relazione a: specie, condizioni climatiche e pratiche culturali. Le zolle di Cynodon dactylon e di Poa pratensis, ad esempio, maturano più velocemente rispetto a zolle di Zoysia spp. Una zolla di qualità deve essere uniforme, priva di infestanti, insetti e malattie, presentare uno strato di feltro minimo ed avere riserve di carboidrati sufficienti per permettere la radicazione. La raccolta avviene attraverso apposite macchine operatrici che asportano strisce di manto erboso e le arrotolano. Il trapianto deve successivamente avvenire su terreno leggermente umido e le zolle devono essere disposte in modo sfalsato per impedire il movimento delle stesse. Una volta steso il materiale vegetale si procede ad una leggera rullatura in modo da eliminare eventuali sacche d’aria formatesi e garantire un buon contatto tra zolla e terreno. Si procede infine con un’abbondante irrigazione del sito: l’acqua deve penetrare al di sotto della zolla fino ad arrivare al terreno sottostante. 1.15.2.3 PLUGGING Questo metodo di propagazione vegetativa può essere considerato una variante del sodding. Il plugging è il processo mediante il quale piccole porzioni di tappeto erboso vengono trapiantate a distanze regolari su un terreno. Le zone di terreno che rimangono scoperte al dell’impianto saranno colonizzate col tempo da stoloni e rizomi. 52 momento Le porzioni di tappeto erboso sono raccolte in appositi “vivai” attraverso speciali macchine operatrici che tagliano, dividono e separano le piccole zolle, le quali possono avere dimensioni variabili da 2 a 20 cm. Una volta raccolte, le zolle, sono trasportate al sito d’impianto e posizionate sul terreno ad una distanza che varia da 30 a 50 cm l’una dall’altra, in funzione della specie. Ovviamente, minore sarà la distanza d’impianto, maggiore sarà la velocità di insediamento e di chiusura del manto erboso. Il posizionamento delle zolle all’interno del sito prescelto per l’impianto può avvenire in modo manuale, se l’area è piccola, o, su grandi aree, tramite apposite macchine operatrici. Rispetto alla tecnica del trapianto di tappeto erboso in rotoli, il plugging consente un notevole risparmio di materiale vegetale, anche se questo implica una facile comparsa di erbe infestanti. (Christians, 1998). L’insediamento di specie macroterme tramite questa tecnica è solitamente effettuato in tarda primavera o all’inizio dell’estate in modo da avere per il maggior periodo di tempo possibile le temperature ottimali per un rapido insediamento. 1.16 MANUTENZIONE DEI TAPPETI ERBOSI Gli interventi di manutenzione dei tappeti erbosi si rendono necessari per conservare nelle condizioni migliori il manto erboso. La formazione di spazi vuoti infatti, oltre che ad un cattivo aspetto estetico, può facilitare l’ingresso di specie infestanti, l’eccessiva fittezza invece può essere causa di attacchi parassitari, l’eccessivo compattamento, infine, può ridurre l’approfondimento radicale e rendere più sensibili le piante alla siccità. I principali tipi di manutenzione sono: la concimazione, l’irrigazione, il taglio e la lotta alle infestanti. 1.16.1 LA CONCIMAZIONE I tappeti erbosi asportano dal terreno elementi nutritivi necessari alla crescita ed alle ordinarie attività fisiologiche, che devono essere reintegrati. Le quantità di elementi nutritivi asportati dipendono dal clima, la specie, il tipo di utilizzazione e manutenzione. Il numero di interventi con cui distribuire gli elementi minerali dipende principalmente dal tipo di substrato. 53 Mentre sui green da golf i substrati sabbiosi e le frequenti irrigazioni rendono necessarie numerose distribuzioni, in substrati a tessitura più fine e dove il prato è sottoposto a utilizzi meno intensi, possono essere sufficienti uno o due interventi l’anno. Un piano di concimazione deve prevedere gli apporti dei macroelementi azoto, fosforo e potassio ma non deve tralasciare l’eventuale necessità di un apporto di altri macro e microelementi. I concimi organici non sono mai impiegati nella concimazione di copertura di un tappeto erboso perché si ritiene che il feltro o i residui del taglio lasciati sul posto possano svolgere il medesimo ruolo di una concimazione organica. I concimi più largamente usati sono quelli di tipo minerale dotati di alto titolo di azoto. 1.16.1.1 AZOTO L’azoto è l’elemento minerale più consumato nella gestione del tappeto erboso (Beard, 1973). Ciò si deve alla presenza di questo elemento all’interno delle più importanti molecole (clorofilla, aminoacidi, proteine, enzimi, vitamine, etc.). La quantità di N disponibile nella maggior parte dei terreni è insufficiente per sostenere un tappeto erboso di alta qualità e le concimazioni azotate sono pertanto necessarie. Il contenuto medio di N nel tappeto erboso è di circa 2-4% del peso secco. In caso di carenza il primo sintomo evidente è la diminuzione della crescita verticale e, quasi concomitante, l’ingiallimento delle foglie. L’azoto inoltre è il macroelemento che vanta maggiori effetti sulla vegetazione: stimola la formazione di accestimenti, aumenta la densità e determina il colore verde del tappeto; questa risposta del tappeto erboso alla concimazione azotata è comunque influenzata dalla dose e dal periodo di applicazione, dall’ambiente e dalle pratiche colturali adottate. L’eccessiva disponibilità di questo elemento può favorire un eccessivo sviluppo del collenchima a scapito del sclerenchima con conseguente maggiore suscettibilità da parte della pianta a rotture, attacchi parassitari e al sopraggiungere del freddo; aumenta anche il consumo idrico e l’accumulo di feltro. inoltre l’apparato radicale si deteriora in quanto si riduce il numero e la lunghezza delle radici, anche se il diametro aumenta. Il rapporto 54 foglie/radici si sbilancia a favore delle prime, che crescono senza però un supporto nutrizionale adeguato da parte dell’apparato radicale. Al contrario, apportando poco azoto, si stimola la crescita radicale, aumentando così indirettamente la resistenza della pianta al caldo e alla siccità, anche se aumenta la possibilità di contrarre malattie (quali ad esempio la Sclerotina homeocarpa) che si sviluppano sui tappeti erbosi in situazioni di stress da carenze nutrizionali. Un programma ideale sarebbe quello di apportare delle piccole quantità di azoto (e altri nutrienti) ogni 1-2 settimane durante la stagione di crescita, ma una gestione di questo tipo sarebbe costosa e poco sostenibile nella maggior parte dei casi; l’alternativa è ridurre al minimo gli interventi cercando di applicare il fertilizzante nel periodo più adatto. L’urea solubile è il concime fertilizzante maggiormente impiegato al mondo sui tappeti erbosi (Harre e Bridges, 1988). Si preferisce l’uso di tale fonte di azoto solubile relazione per via del basso costo e della rapidità di risposta (McCarty et al., 1994). Un tappeto erboso di Cynodon dactylon quando viene utilizzato nei campi da golf delle regioni calde degli USA e cioè in suoli sabbiosi e climi tropicali può ricevere fino a 1200 Kg ha-¹ anno-¹ di N (McCarty et al., 1994). A causa dell’elevata permeabilità dei suoli e delle elevate precipitazioni, l’applicazione di un elevato quantitativo di azoto solubile può però causare una notevole lisciviazione di tale elemento e ridurre così l’utilizzazione di azoto da parte del tappeto erboso (Snyder et al., 1981; Petrovic, 1990). La distribuzione di azoto a lento rilascio consente di ottenere produzioni di biomassa maggiori rispetto a fonti di azoto facilmente disponibili. Invece non sono state riscontrate grandi differenze per quanto riguarda il colore delle lamine fogliari e la ritenzione di azoto (Cisar et al., 2005). Il programma di concimazione azotata per le macroterme nelle zone di transizione dove nel periodo invernale la pianta entra in dormienza è molto semplice: • concimazione primaverile-estiva. Solitamente si raccomanda una dose pari a 30-40 kg ha-1 di N per ogni mese del periodo vegetativo. La prima somministrazione viene eseguita 55 solitamente dopo due o tre settimane dalla ripresa vegetativa, in cui l’azoto è l’elemento nutritivo essenziale (Turgeon, 1980; Bruneau et al.,2004). • concimazione autunnale. Tutte le specie macroterme sono sensibili agli stress causati dalle basse temperature invernali. Gli eventuali danneggiamenti consistono nella perdita di tappeto erboso durante l’inverno o l’inizio della primavera. I danni più gravi, e permanenti, si hanno quando la temperatura scende rapidamente sotto i 0 °C. Diversi sono i parametri che rendono sensibile il Cynodon alle basse temperature: traffico eccessivo: porta alla rottura delle parti congelate uccidendo la pianta; inoltre riduce la presenza di ossigeno nel suolo con conseguente indebolimento della pianta che diventa più sensibile agli stress; ristagno idrico: danni alle corone (zona meristematica della pianta); carenza di umidità; carenza di potassio; feltro eccessivo: mantiene le corone al di fuori del suolo, viene a mancare l’effetto di volano termico; eccesso di azoto in autunno: la pianta presenta dei tessuti turgidi e con le pareti cellulari poco inspessite; eccesso di disseccamento: il vento e la bassa umidità dell’aria favoriscono i danni da freddo; taglio basso: se effettuato in tarda estate inibisce l’accumulo di carboidrati di riserva, dando luogo a un tappeto debole e quindi sensibile; ombra: riducendo la quantità di fotosintesi si riduce anche la produzione di carboidrati e si origina una pianta debole; varietà utilizzata. In sintesi, i danni da freddo sono maggiormente contraibili nelle aree gestite con un intenso programma di concimazione, altezza di taglio basse e con elevato traffico (Gilbert e Davis, 1971; Chalmers e Schmidt, 1979; Schmidt et al., 1989). Nonostante vi siano numerosi parametri che influenzano la resistenza del tappeto erboso agli stress invernali, è possibile limitarne 56 notevolmente la mortalità attraverso una buona gestione della concimazione azotata in autunno. Le pratiche di gestione per migliorare la resistenza ai danni causati dal freddo si sono principalmente focalizzate sulla riduzione dell’impiego di concimi azotati in favore di quelli potassici. Si è sempre sostenuto che la concimazione autunnale azotata incrementasse la crescita dei germogli, e che ostacolasse perciò l’immagazzinamento dei carboidrati e delle altre sostanze di riserva che avrebbero permesso al tappeto erboso di superare il periodo invernale senza problemi. Tuttavia numerosi studi hanno suggerito che le concimazioni azotate autunnali non predispongono il Cynodon dactylon a lesioni invernali come si credeva (Gilbert e Davis, 1971; Goatley et al., 1994, 1998). Inoltre, le concimazioni potassiche autunnali non hanno provocato effetti di maggiore resistenza ai danni provocati dal freddo sul tappeto erboso (Miller e Dickens, 1996a,b). Richardson (2002) ha messo in evidenza che la somministrazione di N in autunno su Cynodon dactylon può ritardare il disseccamento autunnale ed anticipare il rinverdimento primaverile rispetto alle parcelle che non erano state concimate con N in autunno. T tale trattamento non ha avuto nessun effetto sulle lesioni invernali né sulla resistenza dei rizomi al congelamento. Gilbert e Davis (1971) hanno dimostrato che una concimazione equilibrata di N e K è più efficace rispetto ad una concimazione ad alto contenuto di solo azoto o di solo potassio; Goatley et. al. (1994) hanno dimostrato che le concimazioni azotate autunnali non riducono il contenuto di azoto nei rizomi e non aumentano i danni provocati dal freddo al tappeto erboso. Le basi fisiologiche della tolleranza al freddo del Cynodon dactylon rimane scarsamente definita, il che rende difficile progettare sistemi di gestione per migliorare la resistenza al freddo; alcuni fattori però sono stati associati alla resistenza al freddo, tra cui la morfologia (Dunn et al., 1980), le riserve di carboidrati (Dunn e Nelson, 1974), l’accumulo di proteine (Gatschet et al., 1994) e desaturazione dei lipidi (Samala et. al., 1998). La capacità delle cellule vegetali di sopravvivere agli stress dovuti alle basse temperature è spesso connessa con le caratteristiche osmotiche del tessuto della pianta ad impedire in congelamento dell’acqua intra- ed extra-cellulare (Hsiao, 1973). 57 1.16.1.2 POTASSIO Sebbene il potassio non sia presente direttamente nei più importanti costituenti biochimici cellulari (clorofilla, proteine, vitamine, etc.), questo elemento ha un importante ruolo di cofattore, essendo direttamente implicato nella formazione dei carboidrati, nella crescita meristematica, attivazione enzimatica e formazione delle proteine (Christians, 1998). Poiché generalmente il tappeto erboso assorbe il potassio in quantità pari a circa la metà dell’azoto, è opinione comune che si debbano apportare questi elementi in un rapporto di 2/1 (N/K) (Turgeon, 1980). A quest’elemento sono stati attribuiti una serie di effetti benefici sul tappeto erboso quali una positiva influenza sullo sviluppo radicale e sulla resistenza agli stress biotici (Tisdale e Nelson, 1975) e abiotici (Sandburg e Mus, 1990), quali stress da freddo (Beard, 1973), da caldo e da calpestamento (Turner e Hummel, 1992). Le carenze da potassio comportano maggiori stress da siccità ed una minore resistenza alle malattie; una forte carenza si può manifestare con l’ingiallimento che inizia dall’apice della foglia e, nei casi estremi, può portare alla necrosi. Allo stadio iniziale la carenza di K non è mai comunque facilmente individuabile. Per questo motivo oggi molti operatori del settore consigliano dosi di potassio maggiori rispetto al passato, laddove la capacità di scambio cationica consenta di trattenere elevate quantità di questo elemento. I risultati ottenuti dalle numerose ricerche svolte non sono tuttavia concordi. Alcuni studi hanno indicato che la varietà di Cynodon ‘Tifway’ non risponde positivamente alle concimazioni potassiche (Barrios e Jones, 1980) o risponde solo alle dosi più basse di 4,9 g m-² (Carrow et al., 1987) o 12,5 g m-² (Horn, 1969). Quando i residui del taglio vengono rilasciati sul tappeto erboso, il tasso di accrescimento di ‘Tifway’ non risponde alle concimazioni potassiche (Sartain, 1993). In un altro studio, Johnson et al. (1987) hanno concluso che la qualità e la densità del tappeto erboso di C. dactylon erano ugualmente buone alla dose di 5 e 30 g m-². Peacock et al. (1997) non hanno notato un miglioramento nella qualità, colore, radicazione, tolleranza al freddo del tappeto erboso di Cynodon varietà ‘Tifgreen’ in seguito a dosi crescenti di potassio. Carrow et al. (1987) hanno osservato che la malattia dollar spot (Sclerotinia homoeocarpa) su C. 58 dactylon ‘Tifway’ era minore con concimazioni potassiche pari a 4,9 g m-², rispetto a 9,8 e 19,6 g m-². Snyder e Cisar (2000) aumentando la concimazione potassica oltre il rapporto N/K pari a 2:1 su ‘Tifgreen’ non hanno rilevato effetti sulla qualità, sulla crescita epigea e radicale, né sulla persistenza del Cynodon. Per quanto riguarda le concimazioni di potassio sarebbe consigliabile intervenire quando si verificano i sintomi di carenza, ma poiché è molto difficile individuare carenze di K, così come è molto difficile capire se l’apporto è sufficiente, per coprire il fabbisogno si distribuisce come concimazione di base alla semina 40-80 kg ha-¹ di K2O, e successivamente in più apporti, a dosi ridotte, quale rifornimento costante e indispensabile 100-150 kg ha-¹ anno-¹ di K2O (per ragioni di praticità si preferisce distribuirlo unitariamente all’N e al P). 1.16.1.3 FOSFORO Il fosforo è un elemento essenziale per tutte le forme di vita, in particolare perché è coinvolto nell'immagazzinamento ed il trasferimento di energia (Havlin et. al., 1999). Questo elemento è, infatti, contenuto all’interno delle molecole di adenosintrifosfato (ATP) e si trova più abbondantemente nelle cellule meristematiche, dove maggiore è il fabbisogno di energia metabolica. Il fosforo è inoltre un costituente degli acidi nucleici e delle membrane citoplasmatiche. I rifornimenti di P sono necessari per il seme e la formazione delle radici, per questo motivo è importante la concimazione a base di fosforo nella concimazione “starter”. Una carenza di questo elemento è stata associata a una ridotta crescita, una maggior presenza di malattie (Turner, 1993) e una riduzione dello sviluppo radicale. Per contro, elevati livelli di P favoriscono la diffusione dell'infestante più temibile dei tappeti erbosi, Poa annua, probabilmente perché ne aumenta la resistenza agli stress (Escritt e Leg, 1970; Turner e Hummel, 1992; Varco e Sartain, 1986). Per motivi pratici, si preferisce distribuire il P insieme con l’azoto mediante concimi composti (60-120 kg ha-¹ P2O5 alla semina; 80-100 kg ha¹ P2O5 anno-¹). In caso di eccesso di fosforo nel terreno è opportuno scegliere concimi composti a basso livello di P o eventualmente evitare la somministrazione utilizzando concimi semplici. 59 1.16.2 IRRIGAZIONE Per irrigazione s’intende quella tecnica agronomica che si occupa dell’apporto artificiale di acqua al terreno agrario (Giardini, 2002), quando la quantità di acqua piovana non è sufficiente al fabbisogno delle piante. Nelle zone di transizione e in particolare il clima nel nostro Paese il ricorso al supporto idrico non è quasi mai un’opzione, ma più spesso una necessità. L’obiettivo principale dell’irrigazione è quello di riuscire a compensare il deficit idrico delle essenze coltivate durante il periodo estivo. Lo stress idrico interrompe molti processi fisiologici quali fotosintesi, respirazione, sintesi di ormoni e assorbimento di nutrienti e acqua (Huang e Gao, 1999). La siccità determina inoltre stress di tipo ossidativo nelle piante da tappeto erboso, e questo è associato a un decremento nell’attività degli enzimi antiossidanti e ad un incremento nella perossidazione delle membrane lipidiche (Zhang e Schmidt, 2000; Jiang and Huang, 2001). Molti autori hanno indagato sugli effetti della frequenza d’irrigazione, evidenziando che se è troppo elevata induce uno sviluppo radicale poco profondo (Hagan, 1955; Shearman e Beard, 1973; Qian e Fry 1996; Davies eZhang, 1991; Hull, 1996) e aumenta lo sviluppo di malattie e infestanti (McDonald, 1999), mentre una programmazione meno frequente può migliorare i meccanismi di resistenza alla siccità, così come la profondità dell’apparato radicale (Youngner, 1985), ed un ispessimento della cuticola. La quantità di acqua necessaria dipende comunque da molti fattori legati tra di loro, i principali sono: a) specie impiegata. Questo fattore è uno dei più importanti, le specie microterme richiedono programmi di irrigazione più intensi, mantengano nel terreno un elevato livello di umidità; le macroterme richiedono invece che specie un supporto irriguo di gran lunga inferiore, queste ultime infatti richiedono una quantità di acqua pari a circa tre volte inferiore per produrre un grammo di sostanza secca, questo grazie al sistema fotosintetico C4, più efficiente in situazioni di alte temperature, limitate disponibilità idriche e basse concentrazioni di CO2; 60 b) tipo di terreno. Terreni organici e/o a tessitura fine sono in grado di trattenere più a lungo l’acqua e pertanto richiedono in genere minori volumi di acqua rispetto ai terreni sciolti. In caso di terreni sabbiosi l’apporto di grandi quantità di acqua risulterebbe uno spreco, infatti la maggior parte dell’acqua somministrata percolerebbe al di sotto dello strato esplorabile dalle radici. Per quanto riguarda invece i terreni argillosi e compatti con una velocità d’infiltrazione molto bassa (1-3 mm/h) risulta pressoché impossibile irrigare in profondità. In queste situazioni è preferibile irrigare frequentemente e con scarsi volumi di adacquamento; c) condizioni climatiche. I programmi d’irrigazione non possono naturalmente non tenere in considerazione le precipitazioni totali e la distribuzione delle stesse nel corso dell’anno. In media possiamo affermare che in condizioni di mantenimento di un normale tappeto erboso si necessita di somministrare circa 30-35 mm di acqua a settimana, acqua che come abbiamo visto può giungere dall’irrigazione, dalle precipitazioni o da entrambe. 1.16.3 TAGLIO Il taglio è considerato una delle pratiche colturali più importanti per il tappeto erboso, che si caratterizza per essere sottoposto a interventi frequenti ed eseguiti in prossimità della superficie del terreno. È buona regola asportare, ad ogni taglio, non più del 30-40% dell’altezza dell’erba. Tale regola nasce dal presupposto che l’asportazione di una porzione eccessiva di biomassa provoca una shock fisiologico alla pianta, le cui conseguenze negative si ripercuotono soprattutto sull’apparato radicale. Il taglio che comporta l’asportazione di più del 40% dell’esistente lamina fogliare è particolarmente dannoso ed è comunemente indicato con il termine scalping. La scelta dell’altezza a cui eseguire il taglio dipende soprattutto dalle specie impiegate nella formazione del tappeto erboso. Ogni specie infatti possiede,in ragione delle proprie caratteristiche morfogenetiche, un’altezza minima di tolleranza al di sotto della quale la pianta è severamente danneggiata o addirittura non è in grado di sopravvivere. In linea di 61 massima le specie rizomatose o stolonifere sopportano tagli più bassi rispetto alle specie cespitose. Una tecnica che potrebbe consentire la riduzione della frequenza di taglio è l’utilizzo di regolatori di crescita. È stato dimostrato che le diverse specie da tappeto erboso reagiscono regolatori di crescita in maniera differente all’applicazione dei (Fidanza e Johnson, 2001; Woosley et al., 2003; Beam e Askew, 2005). 1.16.4 LOTTA ALLE INFESTANTI I mezzi agronomici più rilevanti per limitare la diffusione delle piante infestanti sono il taglio, la fertilizzazione e l'irrigazione. La modulazione dell'altezza di taglio è mirato al contenimento di Digitaria sanguinalis. Il programma di fertilizzazione punta a sfavorire infestanti leguminose e le infestazioni di Poa annua (Christians, 1998). Per quanto attiene l'irrigazione, la scelta di compiere interventi consistenti in volume ma poco frequenti consente di mantenere relativamente asciutti i primi cm di terreno, ostacolando di fatto la germinazione delle infestanti annuali (Beard, 1973). Il controllo delle specie erbacee non gradite viene eseguito anche attraverso l’uso di sostanze chimiche.. Ai fini del diserbo chimico si distinguono due gruppi botanici di infestanti, le Poaceae e le Dicotiledoni. La distinzione è dovuta al fatto che le tecniche impiegate per i due gruppi sono diverse. Mentre per seconde sono disponibili principi attivi efficaci e perfettamente selettivi, per le Poaceae la situazione è più complessa in quanto i prodotti disponibili non sempre sono totalmente selettivi e perfettamente affidabili. 1.16.5 ALTRI INTERVENTI Uno dei maggiori problemi a cui sono sottoposti i tappeti erbosi riguarda il compattamento del terreno: la compattazione influisce negativamente sulla crescita dell’apparato radicale (Rosemberg, 1964); in particolare le radici si sviluppano più superficialmente, diminuisce la lunghezza e aumenta la massa radicale, ciò porta ad un minor assorbimento d’acqua, una maggiore suscettibilità alla siccità e alle alte temperature, con conseguenze negative sull’aspetto estetico del tappeto erboso (Barley e Greacen, 1967). 62 Dunque, gran parte degli interventi di manutenzione in un tappeto erboso sono volti a ridurre il fenomeno della compattazione. Tra le numerose pratiche colturali specifiche si ricordano la carotatura (rimozione di piccole carote dal terreno) ed il vertidrain (foratura del terreno con fustelle). 1.17 SCELTA VARIETALE La scelta delle specie da coltivare rappresenta il primo, fondamentale, passo nella realizzazione del tappeto erboso. Una specie ben adattata all’ambiente di coltivazione ed alla tipologia di utilizzazione è più competitiva verso le specie infestanti, ha un miglior stato fitosanitario e richiede pertanto un minor fabbisogno di input esterni al sistema. Al contrario, questi ultimi sono tanto più necessari quanto più una specie non è adattata al luogo o all’uso che se ne fa. In ambiente mediterraneo, dove le elevate temperature e la carenza idrica del periodo estivo, le specie con la capacità genetica di offrire un buon risultato tecnico con limitati apporti di input solitamente appartengono alle specie macroterme. Nel settore dei tappeti erbosi si è assistito negli ultimi anni ad una evoluzione della scelta di specie che il mercato offre ai consumatori. Negli scorsi decenni le specie più utilizzate erano quelle tipiche degli ambienti anglosassoni (principalmente Lolium perenne e Poa pratensis). La difficoltà di adattamento delle specie citate al periodo critico estivo tipico degli ambienti mediterranei ha tuttavia determinato spesso l’insuccesso dei tappeti erbosi a pochi anni dal loro impianto (Cereti et al., 2005), aprendo così la strada allo studio e alla realizzazione di spazi verdi con le specie macroterme. In seconda istanza, dopo aver preso in considerazione le differenze tra le varie specie, bisogna valutare attentamente le differenze intra-specifiche. Infatti, diverse cultivar di una stessa specie possono fornire prestazioni estremamente differenti nello stesso ambiente pedo-climatico. La risposta varietale può essere anche notevolmente influenzata della funzione e fruizione che il tappeto erboso andrà a svolgere. Possiamo affermare che la scelta della cultivar orientativamente dovrà tener conto di alcuni fattori quali: 63 • resistenza alle basse e alte temperature. La suscettività agli estremi termici è molto variabile da una cultivar ad un'altra, è pertanto possibile incrementare questa resistenza mediante una opportuna scelta varietale; • aspetto estetico. Le cultivar differiscono notevolmente in termini di tessitura, densità, colore. Inoltre, per quanto riguarda le specie macroterme, è possibile osservare notevoli differenze in termini di entrata in dormienza e ripresa vegetativa; • resistenza alle avversità, si dovranno scegliere varietà più resistenti alle malattie e agli attacchi parassitari; • resistenza al calpestamento (per quanto riguarda i tappeti erbosi ad uso sportivo o a forte usura), con varietà che abbiano una buona resistenza alla trazione, una buona resilienza e capacità di recupero; • esigenze gestionali. In ultima si dovrebbero scegliere quelle varietà che necessitano di bassi input di gestione, quali tagli, concimazioni etc. 1.18 ASPETTI MORFOLOGICI DI ALCUNE POACEAE: STOLONI E RIZOMI Uno stolone è un ramo laterale che ha origine da una gemma ascellare posizionata al colletto della pianta, definita appunto stolonifera, e che si allunga scorrendo sul suolo, o appena sotto il terreno, emettendo radici e foglie dai nodi, da cui si generano nuovi individui. Lo stolone inizialmente consente il passaggio di acqua e nutrienti della piante madre al nuovo germoglio, successivamente in alcuni casi anche viceversa, fino a che il collegamento viene reciso, o ne viene a mancare la naturale funzionalità, a questo punto le giovani piante divengono indipendenti. La pianta madre può produrre stoloni in più direzioni, cosa che permette una sua rapida diffusione. In questo senso gli stoloni diventano degli efficienti organi di riproduzione vegetativa. Numerose piante possono formare rami che crescono prossimi al terreno, ma non per questo sono stolonifere, bensì possono solo considerarsi delle piante prostrate. Per essere stolonifera una pianta deve generare rami che capaci di radicare ai nodi e produrre nuovi germogli. 64 Il rizoma è una modificazione del fusto con principale funzione di riserva. È ingrossato, sotterraneo con decorso generalmente orizzontale. morfologicamente si presenta allungato e ramificato, decorrente sotto la superficie del terreno, oppure breve e cilindrico, disposto in posizione più o meno verticale. Oakley e Evans (1921) hanno classificato questi organi in quattro categorie: 1. rizoma determinato, fusto sotterraneo che inizia dal colletto, si accresce nel terreno fino a giungere in superficie producendo così un nuovo germoglio; 2. rizoma indeterminato, fusto sotterraneo ingrossato e ispessito, che ad ogni nodo produce un nuovo germoglio; 3. stolone determinato, fusto che prende origine dal colletto, presenta un numero determinato di nodi e produce progressivamente germogli; 4. stolone indeterminato, fusto che si sviluppa indeterminatamente in lunghezza, con varie ramificazioni laterali, tipico del Cynodon dactylon. I primordi dei rizomi e degli stoloni sono molto simili, il sito di differenziazione è infatti intraguainale. Per tale motivo l’accrescimento iniziale di questi organi ha portamento orizzontale (diagiotropico) e consiste nell’attraversare la base della guaina perforandola anziché rimanere al suo interno (Arber, 1934). L’allungamento degli internodi e degli stoloni è rapido. Questo processo è composto di due fasi, una di differenziazione cellulare e l’altra di allungamento. All’inizio la zona meristematicamente attiva nel processo di differenziazione coinvolge interamente l’abbozzo del rizoma o dello stolone, successivamente le cellule degli internodi si allungano e l’attività di divisione delle cellule si limita alle zone direttamente sopra ogni nodo, ossia quelle che formano i meristemi intercalari del fusto. I germogli nodali di stoloni o rizomi rimangono generalmente dormienti, a meno che non si dividano dalla pianta o si danneggi il meristema apicale. Lo sviluppo degli stoloni e dei rizomi è favorito dal fotoperiodo lungo (Evans e Watkins, 1939). Youngner (1961) ha dimostrato che il maggior sviluppo di rizomi e di stoloni nelle specie di Zoysia si verifica quando il fotoperiodo supera le 8 ore. Le temperature ottimali per lo sviluppo di rizomi e stoloni, invece, possono variare da specie a specie (Troughton, 1957). 65 I fattori ambientali che portano a rizomi ad emergere dal terreno non sono ancora stati del tutto compresi. Brown (1939) ha osservato che le temperature elevate o l’alto contenuto in azoto inducono gli apici dei rizomi di Poa pratensis ad emergere. Harrinson (1939) ha trovato che i rizomi della Poa pratensis sono emersi in condizioni di basse temperature e fotoperiodo breve. Fisher (1965) ha suggerito che un elevato contenuto di CO2 nel terreno e l’assenza di luce tendono ad impedire che le brattee dei rizomi diventino foglie fino a che la punta del rizoma non attraversa la superficie del terreno. Nelle macroterme, gli stoloni sono di primaria importanza per la sopravvivenza invernale, infatti, le riserve di carboidrati solubili non impiegate per il supporto della pianta, o i carboidrati non strutturali totali, sono accumulati in questi organi e forniscono energia alla pianta nel periodo in cui l’attività fotosintetica è nulla (Lacey et at., 1994). Più stoloni sono prodotti dalle piante maggiori sono le chance di sopravvivenza invernale. (Munshaw e Williams, 2002). 1.19 SOSTANZE ORGANICHE DI RISERVA Le sostanze organiche prodotte dai vegetali vengono utilizzate in vario modo dalla pianta: in parte esse vengono consumate per la respirazione, in parte vengono trasformate in composti chimici diversi,, in parte infine vengono accumulate come sostanza di riserva, per essere utilizzate in quei particolari periodi della vita durante i quali le sintesi sono inferiori alle utilizzazioni. A livello cellulare le sostanze di riserva vengono per lo più accumulate in organuli specifici come vacuoli o plastidi, e le relative cellule costituiscono tessuti specializzati (parenchimi di riserva), a loro volta caratteristici di organi appositi, come gli stoloni e i rizomi. Fra i glucidi sono importanti i polisaccaridi, che costituiscono la parte fondamentale della parete cellulare (pectine, cellulose, emicellulose), a cui si uniscono altre sostanze che irrobustiscono la parete (lignina, suberina, sali minerali). 66 1.19.1 CARBOIDRATI NON STRUTTURALI I carboidrati di riserva sono considerati i materiali non strutturali che possono essere matabolizzati in vari tessuti vegetali e poi successivamente essere utilizzati per la respirazione, lo sviluppo e l’accrescimento. Le riserve principali delle piante erbacee sono costituite da zuccheri, fruttosani, amido e raramente emicellulosa. Cellulosa ed emicellulosa sono infatti materiali con funzione prevalentemente strutturale e non è ancora stato dimostrato che si possono convertire in sostanze meno complesse e fungere da riserva (Troughton, 1957). L'amido viene sintetizzato per via enzimatica a partire dal glucosio. Attraverso la sintesi dell’amido, la pianta può depositare il surplus di glucosio, e poiché questo è il principale combustibile cellulare, l’amido rappresenta una forma di deposito di energia. Il glucosio così depositato può essere prelevato in qualsiasi momento dalla pianta, come ad esempio per gli stress idrici, per gli stress dovuti alle alte o basse temperature e per il rinverdimento delle specie macroterme in primavera dopo il periodo di dormienza. La formazione dell'amido, cioè l’unione dell'amilosio e dell'amilopectina, è catalizzata dalla amilo-sintetasi (Neil e Jane, 2004). I carboidrati non strutturali vengono sintetizzati nella foglia durante il giorno. La concentrazione di tali sostanze è variabile e dipende da molti fattori. Durante la notte invece i fotosintetati vengono trasferiti dalla lamina alle guaine, fusti, corone ed infine stoccati nei rizomi (Hull, 1981). May (1960) ha precisato che il termine “carboidrato di riserva” ha una connotazione di accumulo, utile a precisare la funzione, ma che comunque anche le modalità di utilizzazione di queste sostanze sono ben documentate. In base alla tipologia di sostanze di riserva che una pianta da tappeto erboso immagazzina si possono distinguere due categorie (DeCugnac, 1931; Smith, 1972): • specie da tappeto erboso microterme, che immagazzinano principalmente fruttosani, poco saccarosio, zuccheri riducenti e amido. Poche sono le specie C3 che accumulano amido (Bender e Smith, 1973) o saccarosio (Borland e Farmer, 1985) alla base del fusto. La maggior parte delle riserve è presente in tutti i tessuti vegetali è costituita da fruttosani; 67 • specie da tappeto erboso macroterme, che immagazzinano amido, saccarosio e zuccheri riducenti, ma nessun fruttosano (Okajima e Smith, 1973) o saccarosio (Bender e Smith, 1973), ma l’amido deve essere mobilitato prima che possa servire da fonte di energia per lo sviluppo. Nelle specie macroterme l’amido si accumula quando il metabolismo all’interno della foglia è rapido e gli zuccheri prodotti andrebbero ad inibire la fotosintesi, oppure quando i fotosintetati prodotti eccedono alla domanda. Tuttavia, dato che le specie a C4 sono ad alta efficienza fotosintetica, esportano velocemente i fotosintetati dalle foglie (Hosftra e Nelson, 1969), l’amido quindi è raramente accumulato nelle foglie, ma è concentrato negli organi di stoccaggio (stoloni e rizomi). I cambiamenti stagionali nel tenore di carboidrati di riserva sono stati segnalati per molte specie (Troughton, 1957). Inoltre anche se esistono differenze notevoli fra le specie, zone geografiche, differenti siti di accumulo, alcune generalizzazioni possono essere fatte. Il tasso massimo di accumulazione dei carboidrati di riserva avviene nella stagione fredda a partire dall’autunno, quando lo sviluppo della pianta è più lento. Una graduale diminuzione delle riserve avviene durante l’inverno. Le riserve rimangono solitamente basse durante l’estate, anche se un leggero aumento estivo si può avere in determinati climi. Una tendenza simile è stata riscontrata in un tappeto di Cynodon da Weinmann e Reinold (1946). Tali fluttuazioni sono evidenti per i carboidrati sia nelle radici che nei rizomi, ma l’immagazzinamento nei rizomi supera di gran lunga quello delle radici. Le fluttuazioni stagionali nelle riserve di carboidrati sono in gran parte il risultato dei cambiamenti nelle condizioni climatiche, la somma termica è infatti un fattore importante nell’utilizzazione ed il controllo delle riserve (Brown, 1939; Sullivan e Sprague, 1949; Miller, 1960). Diverse varietà della stessa specie possono differire nella capacità di immagazzinare carboidrati di riserva in condizioni di temperatura identiche (Youngner e Nudge, 1968).Le specie macroterme possono accumulare carboidrati di riserva a temperature più elevate rispetto alle microterme, tuttavia McKell e Youngner (1968, dati non pubblicati) hanno indicato che l’immagazzinamento massimo di carboidrati in Cynodon dactylon si presenta alle temperature vicine allo zero di vegetazione. 68 A pari livello termico, diminuisce il contenuto di carboidrati di riserva con l’aumentare della concimazione azotata (Sullivan e Sprague, 1953). Ciò deriva dalla maggiore utilizzazione dei carboidrati di riserva per lo sviluppo dei germogli determinato dall’azoto supplementare. La qualità di luce ricevuta dal germoglio è un determinante importante del contenuto di carboidrati di riserva, così come per tutti gli altri processi di sviluppo e di crescita. La quantità di luce ricevuta è determinata dall’intensità e dal fotoperiodo (Watkins, 1940). Affinché una pianta accumuli carboidrati di riserva, il tasso di sintesi dei carboidrati deve eccedere il tasso di utilizzo degli stessi per la respirazione e lo sviluppo. Quindi la quantità di energia luminosa intercettata da un germoglio deve eccedere il punto di compensazione (produzione – consumo) di un valore considerevole affinché le riserve siano accumulate. Anche se l’energia richiesta dalla singola foglia è raggiunta con una frazione della luce solare, la quantità richiesta per l’accumulo massimo di fotosintetati può essere notevolmente più alta del normale, questo perché le foglie di un tappeto erboso normalmente si fanno ombra a vicenda (Alberda, 1957; Wilsie, 1962) 1.19.1.1 RUOLO DEGLI ZUCCHERI IDROSOLUBILI Tra tutti i composti organici, quelli più importanti dal punto di vista del ruolo che rivestono nella resistenza agli stress e nella ripresa vegetativa risultano essere gli zuccheri idrosolubili. Infatti, molteplici ricerche hanno dimostrato come essi siano coinvolti in condizioni di stress. Inoltre, recenti studi sulla relazione tra fruttosani e tolleranza allo stress supportano il loro valore nell’aiutare le piante in condizioni ambientali avverse. Durante il normale processo di fotosintesi, le Poaceae sono in grado di spostare e accumulare zuccheri (composti carboniosi), costituendo in tal modo un pool di riserve utile alla pianta per superare periodi di stress dovuti ad esigenze fisiologiche ed a fattori esterni (Pollock, 1978), come possono essere appunto le basse temperature, la siccità e il taglio. Per quanto riguarda lo stress da basse temperature, la funzione crioprotettiva dei fruttosani è controversa (Livingston e Henson, 1998). Sebbene un diretto ruolo protettivo dei fruttosani rimanga concettuale, la 69 recente dimostrazione di Demel et al. (1998) di una forte e specifica interazione tra i fruttosani con membrane modello, suggerisce che questi possano aiutare e prevenire la condensazione dei lipidi e mettere appunto traslocazioni per prenderne il posto in cellule avvizzite per stress da acqua e gelo. È stata riscontrata una marcata idrolisi dei fruttosani, sia ad alto che a basso peso molecolare,in mono- e disaccaridi a temperature sotto lo zero in specie erbacee temperate (Chatteron et al., 1998) e nei cereali vernini (Ollien and Clark, 1993; Livingston, 1996). Inoltre, è stato messo in evidenza che gli zuccheri solubili come il saccarosio e gli oligosaccaridi della famiglia del raffinosio giocano un ruolo determinante nella tolleranza agli stress, proteggendo proteine e membrane dalla denaturazione indotta dal congelamento (Hoekstra et al., 1989; Gusta et al., 1996), prevedendo l’aderenza di ghiaccio ai tessuti cellulari (Ollien, 1984), oppure modificando la formazione dei cristalli di ghiaccio stesso. Come risposta allo stress di siccità, le concentrazioni di fruttosani e di altri zuccheri idrosolubili decrescono sia nel Trifolium repens che nel tessuto basale di Festuca arundinacea (Norris e Thomas, 1982; Suzuki e Chatteron, 1993; Spollen e Nelson, 1994, Voltaire e Gandoin, 1996). Suzuki e Chatteron (1993) e Spollen e Nelson (1994) hanno trovato che, durante i periodi di siccità il contenuto di fruttosani decresce alla base delle foglie di Festuca arundinacea e nel Lolium perenne, presumibilmente per il rilascio di esosio e saccarosio al fine di mantenere l’equilibrio osmotico. La concentrazione di questi ultimi zuccheri, infatti, aumenta durante il periodo secco. Pertanto un corrispondente incremento nelle concentrazioni di zuccheri osmoticamente attivi durante la siccità attribuita all’idrolisi dei fruttosani che diminuisce così il potenziale osmotico e aumenta lo stato idrico. Per quanto riguarda i tagli, in generale, essi inducono un calo nel contenuto dei carboidrati di riserva proporzionale all’intensità e alla frequenza con cui vengono effettuati (Smith, 1972). Con tagli molto severi, troppo frequenti o effettuati ad un’altezza insufficiente (scalping), oltre ai carboidrati vengono mobilizzate altre sostanze come ad esempio le proteine (Davidson e Milthorpe, 1996). 70 1.19.2 PROTEINE DI RISERVA Dopo i carboidrati, le proteine costituiscono la maggior parte della biomassa delle cellule vegetali. Le proteine sono polimeri di amminoacidi in cui le singole unità sono collegate tra loro da legami carbonio-azoto (C-N). Molte proteine sono anche enzimi che catalizzano le reazioni biochimiche. Le proteine di riserva si trovano nelle sementi e sono usati come fonte di nutrimento per lo sviluppo iniziale delle piantine, oppure sono utilizzate per il rinverdimento delle piante in primavera dopo il periodo di dormienza (Turgeon, 1980). 71 2. SCOPO DEL LAVORO Nel nostro Paese, negli ultimi anni, si è assistito ad un aumento dell’impiego di specie appartenenti al gruppo delle macroterme per la realizzazione di tappeti erbosi. Il crescente interesse verso queste specie è dovuto al fatto che nelle zone di transizione i tappeti erbosi di specie microterme possono essere mantenuti a livelli qualitativi soddisfacenti unicamente con abbondati e frequenti irrigazioni durante i mesi estivi. Al contrario, le specie macroterme, quali Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum sono in grado di fornire ottime prestazioni con limitati apporti idrici. Tali specie, però, possono trovare difficoltà nei mesi invernali perché sono poco resistenti alle basse temperature. La capacità di sopravvivenza invernale e la velocità di ripresa vegetativa primaverile è influenzata dalle pratiche colturali ed in particolare dalla concimazione. Nel presente lavoro si è cercato di valutare gli effetti di diversi piani di concimazione azotata sulla capacità di accumulare sostanze di riserva negli stoloni. In particolare è stata determinato il contenuto in percentuale dei carboidrati idrosolubili, amido e proteine negli stoloni di quattro cultivar di Cynodon dactylon e una di Paspalum vaginatum durante il periodo invernale. 72 3. MATERIALI E METODI 3.1 CARATTERISTICHE PEDOLOGICHE La prova è stata realizzata sul terreno di un campo sperimentale presso l’Azienda Agraria Sperimentale ‘Lucio Toniolo’ della Facoltà di Padova con sede a Legnaro (Latitudine 45° N, longitudine 11° E). I risultati delle analisi chimico-fisiche del terreno della prova hanno messo in evidenza un terreno di medio impasto di tipo franco-limoso, con pH leggermente alcalino, ricco di fosforo assimilabile e di potassio scambiabile. Nella tabella sottostante sono riportati i risultati delle analisi pedologiche (Tabella 9). Tabella 9 - Risultati delle analisi chimico-fisiche relative al terreno di prova. Caratteristica Media di tre valori Sabbia 18% Limo 66% Argillo 16% Sostanze organiche 2.3% pH 8.1 Fosforo assimilabile 37.4 mg kg ¹ Potassio scambiabile 129 mg kg ¹ La natura limosa del substrato rende il terreno suscettibile a forti eventi di lisciviazione durante eventi piovosi e alla formazione di crosta superficiale nei periodi di siccità. 3.2 CLIMA Il clima che interessa questa zona è di tipo sub-tropicale umido, caratterizzato da inverni miti, grazie alla vicinanza al mar Adriatico, ed estati piuttosto calde. Nei mesi invernali si verificano frequenti nebbie dovute all’elevata umidità dell’aria e alla scarsa presenza di venti. 73 Il climodiagramma (Figura 12) rappresenta la media storica di 43 anni delle temperature e della piovosità nella località di Legnaro, situata a 10 m s.l.m. La curva rossa rappresenta la temperatura media di ogni mese. I mesi di dicembre, gennaio e febbraio hanno temperatura media delle minime inferiore a 0 °C: presenza di gelate; mentre a ottobre, novembre, marzo e aprile in almeno un giorno la temperatura minima è risultata inferiore a 0 °C: possibilità di brinate. Figura 12 - Climodiagramma di Legnaro (PD) secondo Walter e Lieth (1960). La media delle minime giornaliere del mese più freddo è di -1,3 °C, mentre la media minima assoluta è di -5,5 °C. La temperatura media annua è di 12,3 °C. La temperatura media delle massime del mese più caldo è di 28 °C, mentre la media massima assoluta è di 32.8 °C. L’escursione termica media giornaliera è di 9,4 °C. 74 Per quanto riguarda le precipitazioni queste non hanno una distribuzione costante durante la stagione, le minime si hanno nei mesi da dicembre a marzo, le massime a giugno e ottobre. La piovosità media cumulata annua è di 811,1 mm. Le temperature medie e precipitazioni rilevate durante il periodo di prova sono riportate in Tabella 10. Tabella 10 - Temperatura dell’aria e precipitazioni durante il periodo di prova. Temperatura dell’aria (valore Precipitazione medio) Media (°C) Max (°C) Min (°C) mm Novembre 10,07 12,92 7,34 92 Dicembre 3,82 7,14 0,61 113 Gennaio 2,54 5,49 0,13 59 3.3 SCHEMA SPERIMENTALE La prova prevede il confronto di quattro cultivar di Cynodon dactylon e una di Paspalum vaginatum sottoposte a tre diversi piani di concimazione azotata. La prova è stata impostata con uno schema sperimentale a spltiplot con tre repliche, avente le cultivar come fattore primario e i piani di concimazione come fattore secondario (Figura 13). Cultivar: 1. Cynodon dactylon: Yukon; 2. Cynodon dactylon: Riviera; 3. Cynodon dactylon: Princess 77; 4. Cynodon dactylon: SWI 1014; 5. Pspalum vaginatum: Seaspray Piani di concimazione azotata: A. Maggio, giugno, agosto alla dose di 66 kg ha-¹ di N per somministrazione. B. Maggio, giugno, agosto e settembre alla dose di 50 kg ha-¹ di N per somministrazione. 75 C. Maggio giugno, giugno, agosto, settembre e ottobre alla dose di 40 kg ha-¹ di N per somministrazione. Il concime utilizzato è il nitrato ammonico (26% N). Non sono stati somministrati concimi fosfo-potassici. Le parcelle hanno dimensioni di 6 m² (3 m x 2 m), sono state divise da viali non inerbiti aventi rispettivamente larghezza di 1 m e 0,5 m necessari per contenere l’accrescimento orizzontale delle cultivar. Figura 13 - Mappa della prova parcellare. 76 3.4 CULTIVAR UTILIZZATE 1. Cynodon dactylon YUKON Questa varietà di Cynodon dactylon presenta un eccellente tolleranza al freddo e una superba qualità del tappeto erboso. Viene utilizzata per la formazione di tee, fairways e roughs nelle zona tropicali e sub-tropicali di transizione. Questa varietà utilizza fino al 25% in meno di acqua rispetto alle altre varietà della stessa specie. È caratterizzata da un rapido rinverdimento, alta densità di stoloni, colore verde scuro uniforme, internodi corti, struttura densa e fine, alta resistenza al freddo invernale, eccezionale tolleranza alla siccità estiva e ridotto sviluppo verticale. 2. Cynodon dactylon RIVIERA È una varietà sintetica derivata dall’incrocio delle linee clonali di tre genitori, selezionata in base alla qualità del tappeto erboso e all’adattabilità alle zone di transizione. Presenta finezza media, buona densità, colore verde scuro, altezza ridotta, buon tasso di crescita laterale e resistenza all’usura. 3. Cynodon dactylon PRINCESS-77 Varietà ibrida ben strutturata geneticamente tanto da poter essere riprodotta per seme. Viene utilizzata per la realizzazione di fairways, tee, prati domestici, parchi e campi sportivi quali calcio e baseball. I vantaggi di questa varietà sono il colore verde scuro, la finezza media della foglia, l’alta densità, la moderata velocità di rinverdimento e la buona resistenza alla siccità. 4. Cynodon dactylon SWI 1014 Questa varietà soffre particolarmente l’ombreggiamento, ha una colorazione verde scuro, costituisce tappeti erbosi di buona qualità e buona resistenza ai danni causati dal freddo, ma scarsa velocità di insediamento.(Patton, 2008) Può essere utilizzata in campi sportivi come fairways, teen. 5. Paspalum vaginatum SEA SPRAY Questa varietà di Paspalum vaginatum presenta un colore verde brillante e una densità elevata. Può essere utilizzata in tappeti erbosi ad uso sportivo, come campi da golf, tee, fairway e rough, ma anche per aree verdi ricreazionali. Questa cultivar è meno sensibile al dollar spot rispetto ad altre cultivar di Paspalum vaginatum. 77 3.5 INTERVENTI PREPARATORI La preparazione della superficie oggetto della prova sperimentale ha seguito le seguenti fasi: • rimozione della vegetazione preesistente; • aratura nel periodo autunnale; • erpicatura nel mese di maggio; • livellamento della superficie; • suddivisione del terreno, mediante picchettatura angolare e stesura del filo tra i picchetti, per evidenziare le diverse tesi e viali (Figura 13); • semina a spaglio delle parcelle (24 giugno 2008) impiegando 5g m-2 di seme; 5g x 6m² = 30g di seme per parcella • leggero interramento del seme con rastrello; • concimazione di base tramite somministrazione di P2O5 (150 kg ha-1) + K2O (150 kg ha-1) + N (50 kg ha-1); • irrigazioni leggere (3-5 mm al giorno) per i primi 25 giorni dalla semina. 3.6 GESTIONE DELLA PROVA Il taglio è stato eseguito settimanalmente durante la stagione vegetativa 2009 e 2010 a un’altezza di 5,2 cm. La macchina utilizzata per il taglio è del tipo a lame orizzontali, che opera il taglio per impatto della lama sulla foglia. L’inizio e la fine dei tagli sono stati decisi in funzione della crescita verticale della vegetazione, che è stata monitorata settimanalmente in prossimità della ripresa vegetativa e dell’entrata in dormienza, attraverso uno strumento, detto ergometro, a piatto circolare. Durante la stagione di crescita i viali sono stati tenuti privi di vegetazione con opportuni diserbi, allo scopo di contenere lo sviluppo orizzontale delle piante in prova. Non appena si osservavano sconfinamenti eccessivi delle piante in parcella si procedeva cioè alla distribuzione, nella parte non inerbita, di glyphosate alla dose consigliata per il Cynodon dactylon. 78 3.7 PRELIEVO DEI CAMPIONI I campionamenti sono avvenuti nei mesi di novembre, dicembre e gennaio. L’operazione prevede il prelievo con una vanga di una zolla di tappeto profonda 4 cm e di forma quadrata con 20 cm di lato; il tutto facilitato dalla presenza di un tutore metallico quadrato come visibile in figura 14. Una volta estratto, con un coltello ed un metro si rifila la zolla a 4 cm di profondità. Figura 14 - Prelievo del campione di tappeto erboso. Dopo aver estratto il campione è necessario riempire di terra il buco creatosi all’interno della prova, quest’operazione va effettuata per permettere una più facile ricolonizzazione della superficie da parte degli stoloni e rizomi. Si segnala inoltre l’importanza, per l’esito stesso della prova, di non estrarre nei prelievi successivi la stessa zolla di terra. Il passaggio successivo prevede il lavaggio con acqua per ripulire le piante dai residui terrosi. Dopo il lavaggio, il campione andrà separato dalle foglie e dalle radici (Figura 15), con questa operazione si completa la pulizia del campione per le successive analisi di laboratorio. 79 I rizomi, quando presenti, vengono tenuti separati dagli stoloni. Una volta terminata la pulizia del campione si inserisce il tutto in un sacchetto di nylon e con il relativo cartellino, indicante la data, il tipo di prova, il blocco e la tesi, viene riposto in congelatore a -18 °C per bloccare l’eventuale degradazione degli zuccheri. Figura 15 - Stoloni di Cynodon dactylon. 3.8 LIOFILIZZAZIONE E DETERMINAZIONE DEL PESO SECCO Dopo il prelievo dei campioni si procedeva alla loro liofilizzazione. Questo processo di essiccazione consente di eliminare l’acqua dai tessuti vegetali senza ricorrere al riscaldamento in essiccatoi. La liofilizzazione infatti avviene a basse temperature (-70 °C) e in presenza di vuoto. Ogni ciclo ha la durata di 48 ore. È stata scelta questa tecnica, poiché il riscaldamento avrebbe portato ad una modificazione del contenuto in zuccheri. Una volta estratti i campioni dal liofilizzatore venivano pesati, ottenendo così il peso secco degli stoloni. Dopo la pesatura, si procede con la macinazione del campione utilizzando un setaccio a maglia da 0,5 mm. 80 3.9 ESTRAZIONE E ANALISI DEI CARBOIDRATI IDROSOLUBILI Estrazione: la prima operazione consiste in una pesata di 100 mg di campione. Il campione pesato viene riposto in un pallone di vetro a cui vengono aggiunti 20 ml di alcool etilico puro all’80%. Il tutto viene posto su un fornello con refrigerante ad acqua, portato ad ebollizione e fatto bollire per sei minuti. Passato questo tempo si levano dal fornello i palloni, si aggiungono altri 20 ml di alcool etilico all’80% e si rimette a bollire per altri sei minuti. Trascorsi anche questi sei minuti si toglie nuovamente il pallone dal bollitore e nel pallone si aggiungono 20 ml di acqua deionizzata, dopo di che si fa bollire il tutto ancora per altri sei minuti. A tempo trascorso si procede nuovamente all’aggiunta di 20 ml di acqua deionizzata ed ebollizione per una durata di sei minuti. In seguito, i palloni vengono filtrati mettendo sull’imbuto della beuta sotto vuoto, del cotone e della carta da filtro di diametro 12,5 cm (Watman 40 o 589 Shleirer e Schull). Si travasa quindi il contenuto filtrato della beuta in un cilindro graduato e si porta a volume 80 ml con l’acqua deionizzata. Si agita e si travasa parte del filtrato in provetta che deve essere tappata con del parafilm e alla fine delle estrazione va posta in frigorifero a 4 °C per non perdere le sostanze volatilizzabili. Lettura: la lettura degli zuccheri idrosolubili presenti in soluzione (saccarosio, glucosio, fruttosio, e fruttosani) viene eseguita tramite lettura allo spettrofotometro (Ultrospec 2000 UV/Visible Spectrophotometer, Parmacia Biotech; Cambridge, England) previa reazione con antrone acido (1 g di antrone sciolto in acido solforico al 76%). Prima d’iniziare la lettura dei risultati allo spettrofotometro, viene predisposta una curva di taratura dello strumento, grazie alla quale si potrà determinare la percentuale di zuccheri presenti nei campioni letti. La preparazione della curva di taratura viene eseguita con acqua distillata e soluzioni da 50, 100, 150, 200, 300, 400, 500 mg l-1 di fruttosio. 81 3.10 DETERMINAZIONE DELL’AMIDO Vengono pesati 100 mg di campione e riposti in una provetta da 10 cc. Successivamente si aggiungono 3,9 ml di buffer acetato 0,1 M, pH 4.2 e 100µl di α-amilasi, si chiude il preparato e lo si mette in bagno con acqua alla temperatura di 80 °C per 15 minuti. Trascorso questo tempo, si porta la soluzione a temperatura ambiente e si aggiunge 1 ml di Amyloglucosidase (5 g/l; SIGMA A-7255). I campioni vengono poi riposti in incubazione a 40 °C per 24 ore; durante le prime due ore le provette vengono mescolate ripetutamente; questa operazione va ripetuta durante l’ultima ora d’incubazione. Dopo 24 ore portare i campioni a volume (10 ml), centrifugare il tutto a 3500 giri al minuto per 10 minuti e filtrare poi il surnatante con filtro monouso da 0.45µm; il filtrato ora viene successivamente utilizzato per lettura in HPLC (High Performance Liquid Chromatography). (Glucose calibration standard per HPLC: 1-3-5 g/l) Il rifrattometro determina il contenuto di amido come glucosio totale risultante dai processi idrolitici dell’amido. Il contenuto iniziale di glucosio del campione dev’essere misurato e utilizzato come parametro di riferimento (“bianco”) (McCleary et al.; AOAC 1997). 3.11 DETERMINAZIONE DELLA PROTEINA GREZZA Effettuata una pesata di 700mg di campione, si mette il campione di stoloni macinati in un piccolo sacchetto di carta che viene immerso in 15 ml di acido solforico al 98%. Si fa bollire l’acido solforico a 450 °C per 60 minuti, in presenza di una pastiglia di catalizzatore (Kjeltabs: 35 g solfato di potassio e 0,4 g di solfato di rame). Il campione mineralizzato viene lasciato raffreddare per 24 ore e si determina il contenuto di azoto attraverso un analizzatore automatico (FIAstar 5000 System; Foss Italia S.p.A). La proteina grezza viene ricavata moltiplicando il valore ottenuto per 6.25 (Metodo di Kjeldahl; AOAC, 1990). 82 3.12 ANALISI STATISTICA I dati relativi a peso secco degli stoloni (g m-2), contenuto totale di zuccheri idrosolubili negli stoloni (g kg-1), contenuto di amido negli stoloni (g kg-1) e contenuto di proteina grezza negli stoloni (g kg-1) sono stati sottoposti all’analisi della varianza utilizzando il software SAS ver. 9.1. I campionamenti eseguiti in mesi diversi sulle singole parcelle di ogni tesi sono state indicate come fattore di ripetizione nel tempo. Nei casi in cui con tale analisi sono state poste in evidenza differenze significative, le medie sono state differenziate mediante il test di Tukey (Honestly Significant Difference test) al p < 0.05. 83 4. RISULTATI E DISCUSSIONI Sono state osservate differenze tra le cultivar per tutti i parametri presi in considerazione, ossia il peso secco degli stoloni, il contenuto negli stoloni di amido, zuccheri idrosolubili e proteina grezza (Tabella 11). I piani di concimazione azotata hanno influenzato il contenuto di amido e di proteina grezza negli stoloni (Tabella 11). Sono state inoltre osservate differenze tra i mesi presi in esame in termini di peso secco degli stoloni, contenuto di amido e di proteina grezza (Tabella 11). Tabella 11 - Analisi della varianza per peso secco degli stoloni, contenuto di amido, zuccheri idrosolubili e proteina grezza di cinque cultivar di specie macroterme da tappeto erboso sottoposte a tre piani di concimazione azotata in tre epoche di campionamento. Peso Zuccheri Protei secco idrosolubi na Effetto stoloni Amido li grezza Cultivar (CV) *** *** *** * Piano concimazione azotata ns *** ns * CV x N ns ns ns ns Mese di campionamento (M) *** *** ns *** Cv x M ns ns ns ns NxM ns ns ns ns CV x N x M ns ns ns ns (N) *, Significativo al livello di probabilità 0.05. ***, Significativo al livello di probabilità 0.001. ns, Non significativo al livello di probabilità 0.05. 4.1 PESO SECCO DEGLI STOLONI Le cultivar a confronto hanno mostrato una sostanziale differenza del peso secco degli stoloni (Figura 16). Possiamo notare che la cultivar che produce 84 più stoloni è ‘Riviera’ (1548 g m-2); ‘SWI 1014’ presenta valori intermedi (967 g m-2), mentre ‘Princess-77’, ‘Sea Spray’ e ‘Yukon’ mostrano una minor presenza di questi organi (735 – 870 g m-2). Figura 16 - Presenza di stoloni in quattro cultivar di Cynodon dactylon e una di Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie tre diversi piani di concimazione e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). Figura 17 - Presenza di stoloni da novembre 2009 a dicembre 2010 in Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di quattro cultivar di C. dactylon e una cultivar di P. vaginatum sottoposti a tre diversi piani di concimazione. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). 85 La presenza di tali differenze suggerisce la possibilità di una scelta varietale mirata, tramite la cultivar ‘Riviera’, per aree in cui si prevede un elevato calpestamento del tappeto erboso anche durante il periodo invernale. Infatti, il traffico invernale su tappeti erbosi costituiti da specie macroterme potrebbe essere limitato dalla necessità di preservare tali strutture di riserva, indispensabili per il rinverdimento primaverile. In Figura 17 è riportato l’andamento del peso secco degli stoloni nella media delle cultivar utilizzate in prova. La presenza di stoloni è sostanzialmente stabile tra novembre (1037 g m-2) e dicembre (1012 gm-2), mentre nel periodo successivo si è avuta una notevole diminuzione di peso, arrivando a 919 g m-2 di sostanza secca in gennaio. Ciò è indicativo dell’effetto dello stress subito da tali piante durante le settimane più fredde. 4.2 CONTENUTO DI AMIDO NEGLI STOLONI Le cultivar a confronto hanno mostrato un differente contenuto di amido negli stoloni. (Figura 18). Tra le cultivar di Cynodon dactylon, ‘Riviera’ presenta il maggior contenuto di amido (256 g kg-1), mentre la cultivar che ha immagazzinato la minor quantità di amido è ‘Princess-77’ (151 g kg-1). Per quanto riguarda le restanti cultivar a confronto, si è avuto un contenuto intermedio di amido negli stoloni di ‘SWI 1014’ (203 g kg-1) e ‘Yukon’ (188 g kg-1). Considerando le cinque cultivar a confronto, Paspalum vaginatum ‘Sea spray’ risulta avere la minor dotazione di amido negli stoloni (75 g kg-1). 86 Figura 18 - Contenuto di amido in stoloni in quattro cultivar di Cynodon dactylon e una di Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di tre piani di concimazione e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). La differente capacità di accumulo osservata tra le cultivar a confronto durante il periodo invernale indica la possibilità concreta di avere nell’ambiente di prova differenze tra le cultivar in termini di sopravvivenza e successiva ripresa vegetativa. In Figura 19 è rappresento il contenuto di amido negli stoloni in risposta a tre differenti piani di concimazioni azotata. La concimazione azotata che prevedeva l’apporto di azoto al tappeto erboso in tre diversi momenti (66 kg ha-1 in maggio, giugno e agosto) ha consentito di immagazzinare negli stoloni 180 g kg-1 di amido. La concimazione azotata ripartita in cinque diversi momenti (40 kg ha-1 in maggio, giugno, agosto, settembre e ottobre) è risultata invece meno efficace per l’accumulo di amido, consentendo di raggiungere un valore medio di 170 g kg-1. Sulla base di questi risultati, è possibile ipotizzare che quando la concimazione azotata è stata maggiormente frazionata si è avuto un minor accumulo di amido per via di una dose di azoto non sufficiente durante i mesi più caldi (attività vegetativa più intensa), oppure che parte dell’amido precedentemente accumulato sia stato degradato tra settembre e ottobre. 87 Figura 19 - Contenuto di amido in stoloni di Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum sottoposti a tre diversi piani di concimazione. I dati rappresentano la media di quattro cultivar di C. dactylon e una cultivar di P. vaginatum e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). Il contenuto di amido negli stoloni durante il periodo di prova risulta avere una riduzione pressoché graduale e costante (Figura 20). Nel periodo preso in considerazione si è osservato un passaggio da un contenuto medio di amido negli stoloni pari a 185 g kg-1 in novembre fino a 164 g kg-1 in gennaio. Il verificarsi di tale fenomeno è dovuto al fatto che la pianta, durante tale periodo, utilizza l’amido come sostanza di riserva per il proseguo della stagione invernale. 88 Figura 20 - Contenuto di amido da novembre a gennaio in stoloni di Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di quattro cultivar di C. dactylon e una di P. vaginatum sottoposti a tre diversi piani di concimazione. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). 4.3 CONTENUTO DI ZUCCHERI IDROSOLUBILI NEGLI STOLONI Le cultivar a confronto hanno mostrato un differente contenuto di zuccheri idrosolubili negli stoloni (Figura 21). ‘Yukon’ e ‘Riviera’ sono le cultivar con il maggior contenuto di zuccheri idrosolubili negli stoloni (164 g kg-1 e 148 g kg-1, rispettivamente). ‘SWI 1014’ presenta un contenuto intermedio (130 g kg-1), mentre le cultivar che hanno mostrato il minor contenuto di zuccheri idrosolubili sono ‘Princess-77’ (106 g kg-1) e ‘Sea spray’ (100 g kg-1). L’importanza degli zuccheri idrosolubili è data dalla funzione che essi svolgono nell’aumentare la tolleranza agli stress invernali e nel favorire la ripresa vegetativa primaverile. Ciò pone enfasi alla differenza riscontrata tra le cultivar in termini di contenuto negli stoloni. È interessante notare come, a differenza di quanto avvenuto nel caso delle riserve di amido, i piani di concimazione azotata non hanno influenzato il contenuto di zuccheri idrosolubili negli stoloni (Tabella 11). Altresì il contenuto di zuccheri idrosolubili è rimasto pressoché invariato durante il periodo preso in considerazione (Tabella 11). 89 Figura 21 - Contenuto di zuccheri idrosolubili in stoloni di quattro cultivar di Cynodon dactylon e una di Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di tre piani di concimazione e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). 4.4 CONTENUTO DI PROTEINA GREZZA NEGLI STOLONI Per quanto riguarda il contenuto di proteina grezza negli stoloni sono state osservate differenze tra le cultivar di minor entità rispetto a quanto evidenziato nel caso dei carboidrati non strutturali. Nella media dei tre mesi presi in esame è possibile osservare che la cultivar ‘Princess-77’ presenta un contenuto di proteina grezza superiore rispetto a ‘Yukon’ (84 g kg-1 e 62 g kg -1 , rispettivamente) (Figura 22). In generale è possibile osservare che negli stoloni viene accumulata una quantità di proteina grezza di minore importanza rispetto elle altre sostanze di riserva finora misurate, quali amido e zuccheri idrosolubili. I risultati relativi all’analisi della proteina grezza, evidenziano infatti come tale parametro rappresenti la quota minore in termini percentuale delle sostanze di riserva. In Figura 23 è rappresento il contenuto di amido negli stoloni in risposta a tre differenti piani di concimazioni azotata. Contrariamente a quanto osservato nel caso dell’amido, il frazionamento della distribuzione di concimazione azotata ha favorito l’accumulo di proteina grezza negli stoloni. Infatti il piano di concimazione che prevedeva l’apporto di azoto al tappeto erboso in tre diversi momenti (66 kg ha-1 in maggio giugno e agosto) ha 90 portato a un accumulo di proteina grezza negli stoloni pari a 67 g kg-1; invece il piano di concimazione che prevedeva la somministrazione di azoto in cinque momenti (40 kg ha-1 in maggio, giugno,agosto, settembre e ottobre) ha consentito un accumulo maggiore (72 g kg-1). Ciò suggerisce che la somministrazione di azoto durante la fase di entrata in dormienza facilita l’accumulo di proteina grezza negli stoloni. Figura 22 - Contenuto di proteina grezza in stoloni di quattro cultivar di Cynodon dactylon e una di Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie tre diversi piani di concimazione e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). Il contenuto di proteina grezza negli stoloni presenta valori diversi nel corso del trimestre sottoposto ad analisi. È possibile notare un forte incremento del contenuto di proteina grezza negli stoloni tra novembre e dicembre, che passa da 605 g kg-1 a 756 g kg-1; mentre nel periodo successivo (dicembregennaio) non avvengono sostanziali variazioni (Figura 24). Ciò suggerisce che, a differenza di quanto osservato nel caso dell’amido, l’accumulo di proteina grezza avviene in misura maggior durante il periodo di acclimatazione. 91 Figura 23 - Contenuto di amido in stoloni di Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum sottoposti a tre diversi piani di concimazione. I dati rappresentano la media di quattro cultivar di C. dactylon e una cultivar di P. vaginatum e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). Figura 24 - Contenuto di proteina grezza da novembre a gennaio in stoloni di Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di quattro cultivar di C. dactylon e una di P. vaginatum sottoposti a tre diversi piani di concimazione. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05). 92 5. CONCLUSIONI In base ai dati precedentemente illustrati, i piani di concimazione azotata cui è sono state sottoposte le cultivar a confronto, hanno influenzato l’accumulo di sostanze di riserva negli stoloni. Nel caso in cui si l’azoto è stato distribuito durante la stagione più calda (ultima somministrazione ad agosto) si è avuto un accumulo maggiore di amido ed un minor contenuto di proteina grezza negli stoloni; invece, a parità di dose annua, aumentando il frazionamento della distribuzione di azoto (ultima somministrazione a ottobre) si è osservato un minor contenuto di amido e un maggior contenuto di proteina grezza negli stoloni. Invece, i piani di concimazione non hanno avuto effetti sulla presenza di stoloni per unità di superficie ed il loro contenuto di zuccheri idrosolubili. Inoltre, sulla base dei risultati ottenuti le cultivar di Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum sottoposte allo studio mostrano caratteristiche differenti in termini di dotazione di stoloni e sostanze di riserva in essi contenute. Nel periodo compreso tra novembre e gennaio, ‘Riviera’ ha presentato la maggiore quantità di stoloni per unità di superficie, ponendo in evidenza dunque una maggior possibilità di sopravvivenza agli stress da freddo e ai danneggiamenti da calpestamento rispetto alle altre cultivar testate. Per quanto riguarda il contenuto negli stoloni di amido e di zuccheri idrosolubili (glucosio, saccarosio, fruttosio e fruttosani), le cultivar maggiormente dotate sono state ‘Riviera’, ‘SWI 1014’ e ‘Yukon’. Ciò suggerisce la possibilità di avere migliori prestazioni in termini di resistenza alle basse temperature e di ripresa primaverile da parte di queste varietà rispetto a ‘Sea spray’ e ‘Princess-77’. Contrariamente a quanto riscontrato per le altre sostanze di riserva, non sono state rilevate sostanziali differenze tra le cultivar per quanto riguarda il contenuto di proteina grezza negli stoloni. In generale, la quantità di riserve proteiche è risultata essere notevolmente più ridotta rispetto ai carboidrati non strutturali. La quantità di stoloni per unità di superficie è notevolmente diminuita tra dicembre e gennaio. Mentre i contenuti delle diverse sostanze di riserva prese in esame hanno avuto andamenti divergenti tra loro durante il periodo compreso tra novembre e gennaio: il contenuto di amido è 93 diminuito progressivamente, il contenuto di zuccheri idrosolubili è rimasto pressoché costante, mentre si è assistito ad un accumulo di proteina grezza tra novembre e dicembre. 94 BIBLIOGRAFIA Alberda T.H., 1957. The effect of cutting, light intensity and temperature on growth and carbohydrate content of perennial ryegrass. Plant and Soil 8:190.230 Aldous D., 2000. Advances in turfgrass science and management in Australasia. Diversity, 16:51–52. AOAC. 1990. AOAC, Official Methods of Analysis, Association of Official Analytical Chemists. Washington, DC. Arber A., 1934. 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Hormone-Containing Products Impact on Antioxidant Status of Tall Fescue and Creeping Bentgrass Subjected to Drought. Crop Sci. 40: 1344-1349. 106 RINGRAZIAMENTI Desidero innanzitutto ringraziare il Dott. Stefano Macolino per l’opportunità, la disponibilità, i preziosi consigli e per le rassicurazioni di ogni giorno. Desidero inoltre ringraziare profondamente il Dott. Filippo Rimi per le tante ore passate insieme fino a far suonare l’allarme per la stesura di questo testo e per tutti i file che mi ha passato e per l’infinita disponibilità dimostratami. Altro grazie sincero e affettuoso va al Prof. Umberto Ziliotto per la cortesia e simpatia di tutti i giorni; non posso inoltre dimenticare tutte le persone che hanno condiviso con me il laboratorio di foraggicoltura, in particolare la signora Marisa per avermi insegnato e aiutato durante tutte le estrazioni e letture, e Vittorio per avermi analizzato parte dei campioni e per la sua grande disponibilità. Infine desidero ringraziare con affetto la mia famiglia per il sostegno ed aiuto che mi hanno dato fin’ora con loro grande sacrificio e grandi rinunce e in particolare a Ilary per essermi stato vicino durante questi mesi di lavoro. 107