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Clicca qui - Il Verde Editoriale
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
FACOLTÀ DI AGRARIA
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN PAESAGGIO PARCHI E GIARDINI
Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali
TESI DI LAUREA
CONTENUTO DI SOSTANZE DI RISERVA
IN STOLONI DI SPECIE MACROTERME
DA TAPPETO ERBOSO A DIVERSI PIANI
DI CONCIMAZIONE AZOTATA
Relatore:
Dott. MACOLINO STEFANO
Correlatore:
Dott. RIMI FILIPPO
Laureando:
ZANIN DAVIDE
ANNO ACCADEMICO 2010-2011
INDICE
1. INTRODUZIONE
1.1
ORIGINE E STORIA
1.2
PRINCIPALI FUNZIONI DEL TAPPETO ERBOSO
1.3
LE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI TAPPETO ERBOSO
1.4
LA QUALITÀ DEL TAPPETO ERBOSO
1.5
L’AMBIENTE E LA DISTRIBUZIONE DELLE SPECIE
1.6
ZONA DI TRANSIZIONE; LO SCENARIO ITALIANO
1.7
LE SPECIE DA TAPPETO ERBOSO
1.8
CONFRONTO TRA MICROTERME E MACROTERME
1.9
SPECIE MICROTERME
1.10 SPECIE MACROTERME
1.11 GENERE Cynodon
1.12 GENERE Paspalum
1.13 ALTRE SPECIE MACROTERME UTILIZZATE IN ITALIA
PER LA COSTITUZIONE DI TAPPETI ERBOSI
1.14 REALIZZAZIONE DI UN TAPPETO ERBOSO
1.15 TECNICHE DI INSEDIAMENTO DEL TAPPETO ERBOSO
1.16 MANUTENZIONE DEI TAPPETI ERBOSI
1.17 SCELTA VARIETALE
1.18 ASPETTI MORFOLOGICI DI ALCUNE POACEAE:
STOLONI E RIZOMI
1.19 SOSTANZE ORGANICHE DI RISERVA
2. SCOPO DEL LAVORO
3. METODI E MATERIALI
3.1
CARATTERISTICHE PEDOLOGICHE
3.2
CLIMA
3.3
SCHEDA SPERIMENTALE
3.4
CULTIVAR UTILIZZATE
2
3.5
INTERVENTI PREPARATORI
3.6
GESTIONE DELLA PROVA
3.7
PRELIEVO DEI CAMPIONI
3.8
LIOFILIZZAZIONE E DETERMINAZIONE DEL PESO SECCO
3.9
ESTRAZIONE ED ANALISI DEI CARBOIDRATI
IDROSOLUBILI
3.10 DETERMINAZIONE DELL’AMIDO
3.11 DETERMINAZIONE DELLA PROTEINA GREZZA
3.12 ANALISI STATISTICA
4. RISULTATI E DISCUSSIONI
4.1
PESO SECCO DEGLI STOLONI
4.2
CONTENUTO DI AMIDO NEGLI STOLONI
4.3
CONTENUTO DI ZUCCHERI IDROSOLUBILI
NEGLI STOLONI
4.4
CONTENUTO DI PROTEINA GREZZA NEGLI STOLONI
5. CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
3
Riassunto
Al fine di ridurre i consumi irrigui per il mantenimento dei tappeti erbosi
nelle ragioni a clima temperato, è consigliabile ricorrere all’utilizzo di specie
macroterme come il Cynodon dactylon e il Papalum vaginatum. Tali specie
sono sensibili alle basse temperature e ingialliscono durante i mesi freddi,
tuttavia la scelta delle cultivar e una gestione appropriata possono ridurre i
tempi della dormienza invernale ed aumentare così il periodo di fruibilità del
manto erboso. Il presente lavoro è stato condotto allo scopo di valutare il
piano di concimazione azotata più idoneo ai fini dell’accumulo di sostanze di
riserva in stoloni di alcune cultivar di C. dactylon e P. vaginatum.
Sono state impiegate quattro cultivar di C. dactylon (‘Princess-77’, ‘SWI
1014’, ‘Riviera’ e ‘Yukon’), ed una di P. vaginatum (‘Sea Spray’). Le cultivar
sono state sottoposte a tre diversi piani di concimazione azotata (A: 66 kg
ha-1 N in mag – giu – ago; B: 50 kg ha-1 N in mag – giu – ago – ott; C: 40
kg ha-1 N in mag – giu – ago – sett – ott). Nei mesi di novembre, dicembre
e gennaio è stato determinato il peso secco degli stoloni per unità di
superficie ed è stato analizzato il contenuto di: amido, zuccheri idrosolubili e
proteina grezza.
I piani di concimazione hanno influenzato l’accumulo di amido e proteina
grezza: in quanto in corrispondenza di un maggior frazionamento nella
distribuzione di azoto si è osservato un maggiore accumulo di proteina
grezza negli stoloni ed un minor accumulo di amido. Sono state osservate
importanti differenze tra le cultivar in termini di produzione di stoloni e
contenuto di sostanze di riserva, soprattutto per quanto riguarda i
carboidrati non strutturali. La quantità di stoloni per unità di superficie è
notevolmente diminuita tra dicembre e gennaio; il contenuto di amido è
diminuito progressivamente tra novembre e gennaio, mentre si è assistito
ad un accumulo di proteina grezza tra novembre e dicembre.
4
Abstract
With the objective of reducing water consumption for irrigation, while
maintaining the turfgrass in temperate zones, it is plausible the use of
macrotherm species such as bermubagrass and Paspalum Seahore. These
species are sensible to low temperature, it dry up infact they during cold
months, however the choice of cultivar and appropriate management can
reduce the timing of winter dormancy and so increase usability’s period of
the turfgrass.
The cultivars used for the test were five: four members of bermudagrass
(‘Yukon’, ‘Riviera’, Princess – 77 and SWI 1014) and one of Seashore
Paspalum (‘Sea spray’).
These cultivars were subjected to three levels of nitrogen fertilization,
administred with differents levels.
During the months of trial has been determinate the dry weight of stolons
per unit area and the content of starch, water soluble sugar and crude
protein. The fertilization’s plans affected the accumulation of starch and
crude protein because with a greater fraction in nitrogen’s distribution more
accumulation of crude protein in stolons and less starch’s accumulation
were occurred. There are important differences between cultivars regarding
the production of stolons and content of reserve substances, especially
carbohydrates unstructured. The number of stolons per unit area decreased
between
December
and
January,
the
starch’s
content
progressively between November and January, instead
protein’s accumulation between November and December.
5
decreased
there was a cure
1 INTRODUZIONE
Per tappeto erboso s’intende una copertura erbacea comprendente lo strato
più superficiale di suolo interessato dalla presenza di radici e rizomi,
usualmente tagliata bassa e caratterizzato da uniformità e bassa crescita
(Beard, 1991).
I tappeti erbosi inoltre costituiscono un particolare tipo di coltura agraria
dove il prodotto non è ciò che si asporta, ma ciò che rimane sul campo
(Cereti, 2001). Si tratta di colture in espansione nei paesi a sviluppo
economico avanzato, dove vengono impiegate per la realizzazione di luoghi
idonei alla pratica di sport o al trascorrimento di momenti di riposo, oppure
perla valorizzazione di complessi monumentali, architettonici o residenziali,
o volte a funzioni meramente tecniche (controllo dell’erosione, copertura di
scarpate, piste da sci, margini delle piste aeroportuali, assorbimento del
rumore o della piovosità etc.).
1.1 ORIGINE E STORIA
Le specie da tappeto erboso appartengono alla famiglia delle Poaceae.
L’evoluzione delle Poaceae, stando ai pochi reperti fossili ritrovati, risale a
circa 45 milioni di anni fa. In epoche successive le prime specie, simili a
bambù, si sono evolute in specie erbacee da pascolo, formando così un
nuovo ecosistema proprio nell’era in cui iniziò l‘evoluzione degli erbivori.
Il pascolamento di questi ultimi avrebbe portato le Poaceae a resistere a
una defogliazione severa e al continuo calpestamento grazie a una serie di
modificazioni morfologiche tra cui la diminuzione della lunghezza degli
internodi, la presenza di meristemi basali e la possibilità di svilupparsi
lateralmente tramite rizomi e/o stoloni (Beard, 1973; Turgeon, 1980).
In Inghilterra le prime notizie sull’uso dei tappeti erbosi risalgono al
medioevo, epoca nella quale l’utilizzo era legato alla funzione di pascolo. In
Europa, in generale, si trovano invece notizie di “prati fioriti” all’interno dei
monasteri e solo successivamente viene riportato un utilizzo del “prato” per
altri scopi; intorno al 1300 infatti si sviluppano alcuni sport giocati su erba
quali il cricket e il bowling.
6
I tappeti erbosi,considerati secondo la concezione odierna del termine, si
diffusero inizialmente in ambienti reali e aristocratici, alla fine del XVIII
secolo, quando l’architetto Andrè Le Notre (Figura 1) disegnò piccole aree a
prato tra i giardini del Palazzo di Versailles. Il gradevole effetto estetico di
queste coperture fu apprezzato dalla nobiltà inglese, che non esitò ad
importare questo modello di giardino in Inghilterra. I colonialisti inglesi
esportarono in seguito i tappeti erbosi negli Stati Uniti, nel tentativo di
rendere quelle terre selvagge più simili al “vecchio mondo”. L’architetto
Lancelot Brown creò così migliaia di acri di magnifici parchi. I primi tappeti
erbosi domestici sorsero nel 1868, quando Law Olmsted ebbe l’incarico di
disegnare il quartiere di Riversdale, nella periferia di Chicago (Pollan, 2000)
(Figura 2).
Figura 1 - Aree a prato palazzo di Versailles.
Negli Stati Uniti, ricerche scientifiche nel settore dei tappeti erbosi ad uso
sportivo sono iniziate nello Stato del Connecticut nel 1870 e, a partire dal
1885, tali ricerche sono condotte in numerose sedi universitarie. Passando a
considerare la situazione in altri Paesi, la Gran Bretagna nel 1929 ha
fondato il primo centro di ricerca nel mondo dedicato al tappeto erboso a
Bingley. Sempre nella prima metà del XX secolo, analoghe iniziative furono
prese in Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa. Nel secondo dopoguerra,
l’approccio tecnicamente corretto dei Paesi anglosassoni è stato sviluppato
ampiamente in Germania, Francia e Giappone senza avere alcun riscontro in
7
Italia, almeno fino agli anni novanta. Spostandoci in ambito internazionale
odierno,prendendo dapprima in esame gli Stati Uniti, si comprende fin da
subito l’importanza del tappeto erboso sul territorio. Al giorno d’oggi negli
USA le superfici coperte con cotici erbosi sono stimate in circa 18 milioni di
ettari (Balogh et al., 1992). Il 70% di questa enorme superficie è
rappresentato da prati intorno alle abitazioni, il 10% da parchi cittadini, il
9% da percorsi di golf, il 9% da strutture educative, il 2% da chiese e
cimiteri.
Altri Paesi dove si registra una forte diffusione dei tappeti erbosi sono
l’Australia (180.000 ha), la Gran Bretagna (110.000ha), la Nuova Zelanda
(100.000ha) ed il Canada (Aldous, 2000).
Nell’Europa continentale i tappeti erbosi sono maggiormente diffusi in
Francia e in Germania.
Focalizzando ora l’attenzione sul nostro paese, constatiamo che negli ultimi
anni si sta manifestando un notevole interesse nei confronti del tappeto
erboso, non solo ad uso sportivo ma anche tecnico e ricreativo (Cereti,
2001).
Una caratteristica che accomuna i suddetti paesi è che, grazie alla loro
crescente espansione, la coltivazione di tappeti erbosi sta assumendo una
rilevante importanza economica. In particolare negli USA la spesa per la
costruzione di nuovi prati ed il mantenimento di quelli esistenti è stimata in
circa 25 miliardi di euro. Questa spesa è assorbita per il 68% dai tappeti
erbosi ad uso domestico, pei il 26% da parchi, scuole, autostrade, cimiteri e
per il 6% dai percorsi di golf (Balogh et al., 1992).
Il
comparto
dei
tappeti
erbosi
è
quello
in
massima
espansione
nell’agricoltura americana; in alcuni stati USA esso è ormai la prima o
seconda fonte di reddito del settore agricolo. A testimonianza di ciò basti
pensare che vi lavorano più di 500.000 persone. Per il futuro è prevedibile
un miglioramento genetico legato a nuove specie quali Agrostis idahoensis e
Pennisetum clandestinum. Più in generale, le richieste che verranno rivolte
verso le nuove cultivar da tappeto erboso riguarderanno sempre di più
l’enfatizzazione di caratteri di tolleranza rispetto ai seguenti fattori: basso
coefficiente di evapotraspirazione, migliore resistenza alla siccità, migliore
tolleranza al caldo, al freddo, all’usura, all’ombreggiamento.
8
Figura 2 - Utilizzo del tappeto erboso in un progetto di Lancelot Brown.
1.2 PRINCIPALI FUNZIONI DEL TAPPETO ERBOSO
Da oltre cento anni ormai l’uomo utilizza il tappeto erboso per migliorare il
proprio stile di vita non solo arricchendola allo scopo ornamentale, ma
rendendolo parte portante di varie discipline, tra cui quelle urbanistiche,
mediche e sportive. A differenza di molte altre colture agrarie che possono
essere viste come potenziali sorgenti di danno per l’habitat circostante, il
tappeto erboso produce un miglioramento qualitativo importante nei
confronti dell’ambiente in cui è inserito. Sono riconducibili al tappeto erboso
le principali funzioni ambientali legate ad una cenosi erbacea, che vengono
di seguito riportate in dettaglio.
a) RIDUZIONE DELLA SOGLIA NOCIVA DEL RUMORE.
Il tappeto erboso può ridurre il fastidio procurato dal rumore di un 20-30%.
Ciò in quanto l’erba assorbe le onde sonore in modo molto più funzionale di
superfici quali asfalto o cemento. Studi compiuti lungo le autostrade degli
Stati Uniti hanno dimostrato che le banchine erbose provocano una
riduzione del rumore due volte maggiore di analoghe banchine pavimentate.
Se il livello stradale è inferiore di 5-7 metri rispetto al bordo delle banchine
la riduzione del rumore può arrivare a 8-10 decibel.
b) CONTROLLO CLIMATICO. Il tappeto erboso gioca un ruolo molto
importante dal punto di vista del controllo climatico. Esso è in grado di
ridurre i picchi termici (massimi e minimi) molto più del terreno nudo o di
9
altri materiali, attraverso l’assorbimento del calore durante il giorno ed il
lento rilascio dello stesso nel corso della notte. A dimostrazione di ciò si
hanno temperature più alte di 5-7 °C nelle aree fortemente urbanizzate a
confronto ad aree rurali. La capacità di raffreddamento di un tappeto erboso
sono notevoli, basti pensare che un ettaro di questa coltivazione è in grado
di rilasciare nell’atmosfera, grazie ai processi di evapotraspirazione, circa
20.000 litri di acqua in una giornata estiva. È stato calcolato inoltre che esso
riduce di circa il 40% il calore proveniente dall’irraggiamento solare. Altri
studi hanno dimostrato che in un giorno estivo quando la temperatura di un
marciapiede raggiunge i 38 °C, quella del tappeto erboso costeggiante lo
stesso marciapiedi misura circa 24 °C; stessi risultati si ottengono se si
mette a confronto una superficie asfaltata con un’altra di tappeto erboso
(Emmons 1984).
c) RIDUZIONE DELL’INTENSITÀ LUMINOSA.
Un buon tappeto erboso consente di ridurre l’intensità luminosa; questa
caratteristica è molto importante lungo le strade e le piste aeroportuali in
quanto può comportare una riduzione dei fenomeni di abbagliamento dovuti
alla presenza di aree pavimentate sui bordi di strade e piste.
d) INTERCETTAZIONE PULVISCOLO ATMOSFERICO.
La presenza di polvere nell’atmosfera può ridurre del 15% l’intensità della
radiazione luminosa che raggiunge il terreno. Queste particelle flottanti
nell’aria possono fungere da nuclei di condensazione per la nebbia,
incrementando le precipitazioni atmosferiche che oscurano parzialmente la
luce del giorno. Polvere e fumo possono ad esempio essere intercettate
dalle foglie delle Poaceae e, grazie alla formazione di condensa sulla lamina
fogliare ed alle precipitazioni atmosferiche, tornare al terreno.
e) ASSORBIMENTO DI AGENTI INQUINANTI DALL’ARIA.
Sempre attraverso le foglie, le specie da tappeto erboso sono in grado di
assorbire le emissioni tossiche prodotte dalla combustione di gas di scarico
come l’ossido di carbonio e l’ossido d’azoto. Nelle zone ad elevato
inquinamento, quali per esempio le autostrade, un’ampia cintura verde
costituita da tappeto erboso, consentirebbe di portare l’aria a livelli di
inquinamento accettabili.
10
f)
PRODUZIONE DI OSSIGENO. Come tutte le piante, anche le specie da
tappeto erboso, grazie al processo di fotosintesi dove assumono anidride
carbonica dall’aria e acqua dal terreno, rilasciano nell’ambiente grandi
quantità di ossigeno, basti pensare che un’area di 225 m² di tappeto erboso
produce ossigeno sufficiente per una famiglia di 4 persone.
g) PURIFICAZIONE DELLE ACQUE. Le superfici mantenute a tappeto
erboso agiscono da filtro per l’acqua che scende verso le falde. In
particolare, l’elevata densità del cotico erboso permette di rallentare lo
scorrimento dell’acqua e aumentare l’infiltrazione nel terreno favorendo
l’azione di demolizione delle sostanze chimiche nocive. Questa azione è
dovuta in parte all’assorbimento radicale e all’evapotraspirazione ed in parte
all’attività biochimica dei numerosi microrganismi presenti nella zona di
terreno che ospita la porzione ipogea delle piante (rizosfera).
h) FUNZIONE ANTIEROSIVA.
Il tappeto erboso rappresenta una delle soluzioni più sicure ed economiche
per arrestare l’erosione idrica ed eolica e pertanto garantire e conservare
una risorsa non rinnovabile quale il suolo. L’erosione idrica è la più temuta,
le gocce di pioggia battente infatti possono determinare la rottura degli
aggregati
superficiali
con
conseguente
riduzione
della
permeabilità,
causando lo scorrimento superficiale sul terreno (run-off); inoltre in un
terreno nudo si ha anche il sollevamento di materiale fangoso (effetto
splash), che in terreni declivi aumenta notevolmente la massa di terreno
eroso. È stato osservato che un prato fitto e sano assorbe l’acqua fino a sei
volte in più rispetto ad una pari superficie coltivata a grano.
i)
RITORNO DI SOSTANZA ORGANICA NEL TERRENO.
La presenza di un tappeto erboso ben curato condiziona notevolmente il
terreno sottostante. Quando effettuiamo il taglio del tappeto erboso e
lasciamo in loco il residuo (grass-cycling), come accade nella maggioranza
delle volte, abbiamo un apporto di sostanza organica al terreno pari a circa
1.2 kg m-², che stimola la formazione di humus, migliorando cioè la
struttura fisico-chimica del terreno stesso.
j)
BARRIERE ANTICENDIO. Il tappeto erboso non contribuisce ad
alimentare gli incendi come avviene nel caso di vegetazione arbustiva o
arborea. Quindi la creazione di una cinta di aree verdi attorno a determinate
11
aree naturali potenzialmente soggette ad incendi si configura come un
valido sistema di prevenzione per tali eventi.
k) ALTRI BENEFICI. La presenza di un tappeto erboso ben mantenuto
consente anche, contrariamente a quanto si possa pensare, di attenuare i
fastidi dovuti ad allergie da polline, le piante infatti vengono tagliate prima
di sviluppare l’infiorescenza.
1.3 LE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI TAPPETO ERBOSO
Al momento attuale gli usi che si fanno del tappeto erboso sono molteplici, e
svariata è la sua gestione, la sua funzione e le relazione che intercorrono tra
la cotica erbosa e l’uomo; possiamo comunque in via del tutto generale e
approssimativa ridurre le varie tipologie in tre principali filoni:
1. TAPPETI ERBOSI CON FUNZIONE ORNAMENTALE
Rientrano a pieno regime entro questa categoria le superfici a tappeto
erboso come i parchi pubblici, i giardini privati e le aree di interesse
turistico, artistico e monumentale. La prerogativa di queste aree verdi è
l’elevata qualità estetica, la quale viene ottenuta mediante un intensa
gestione colturale. Tali superfici generalmente vengono calpestate con
bassa frequenza.
2. TAPPETI ERBOSI CON FUNZIONE RICREATIVA
Per tappeti erbosi ricreazionali s’intendono quelle aree che fanno da
proscenio ad attività socio-ricreazionali come ad esempio i parchi gioco.
Queste superfici vengono a volte definite come tappeti “rustici”, perché
hanno minor valore estetico, più simile alle cenosi più naturali e in grado
di sopportare anche un uso piuttosto intenso. La gestione di queste aree
è direttamente proporzionata all’uso cui vengono sottoposte.
3. TAPPETI ERBOSI A USO SPORTIVO
Questa tipologia di tappeto erboso è forse quella più specialistica, ove la
ricerca e la sperimentazione si sono più sviluppate. Oltre alle qualità
tecnico-funzionali questi tappeti erbosi debbono rispettare anche un
elevato standard estetico. Molti, infatti, sono gli sport che vengono
esercitati sul tappeto erboso e l’attività agonistica può comportare il
12
verificarsi di strappi e lacerazioni ai danni del cotico erboso. Nonostante
la presenza di tali sollecitazioni, il tappeto erboso deve poter rispondere
al meglio alle esigenze qualitative dei suoi fruitori.
1.4 LA QUALITÀ DEL TAPPETO ERBOSO
La qualità del tappeto erboso dipende dalla funzione che deve svolgere. In
generale, un tappeto erboso di qualità deve essere sufficientemente
radicato e persistente per la stabilizzazione del terreno; nei casi specifici di
tappeti erbosi a scopi ornamentali, la cotica erbosa deve essere densa,
uniforme e di colore gradevole. Un tappeto erboso sportivo, invece, deve
fornire le caratteristiche di giocabilità desiderata dello sport desiderato,
deve avere basi solide, resilienza per attutire gli impatti, resistenza
all’usura, una forte capacità di recupero dopo un trauma, il tappeto erboso
inoltre deve avere una certa rigidità per espletare al massimo le peculiarità
del gioco.
Le caratteristiche più comunemente adottate per valutare la qualità di un
tappeto erboso possono essere raggruppate in due macroinsiemi.
1.4.1 QUALITÀ VISIVA:
La qualità estetica del tappeto erboso viene influenzata da numerosi fattori,
fra cui vengono riportati di seguito quelli di maggior importanza.
o
Densità, ossia il numero di accestimenti per unità di superficie,
solitamente si fa riferimento al dm². Essa può variare a seconda della
specie,
cultivar
o
genotipo
utilizzato,
a
seconda
delle
condizioni
ambientali, ma soprattutto dalle pratiche colturali adottate. La densità è
considerata per molti il fattore determinante per la buona riuscita
estetica di un tappeto erboso. In generale, possono essere distinte tre
categorie di qualità di densità, alta con un numero di accestimenti
maggiore di 200 per decimetro quadrato, media con un numero di
accestimenti compreso tra 100 e 200 e bassa con un numero inferiore a
100 accestimenti (Figura 3).
13
Figura 3 - Densità del tappeto erboso (Turgeon, 1980).
o
Tessitura, con questo termine si fa riferimento alla larghezza della
lamina fogliare; questo fattore è di primaria importanza in quanto
consente di distinguere i cosiddetti tappeti fini da quelli grossolani o
rustici. Questa caratteristica del tappeto erboso dipende molto dalle
specie e dalle cultivar che si utilizzano. La tessitura può essere
influenzata anche da fattori gestionali come l’altezza di taglio, la
frequenza di taglio, la concimazione, la dose di semina e da fattori
ambientali. I tappeti erbosi ad elevato valore estetico si caratterizzano
per avere una tessitura fine. La tessitura influenza anche la compatibilità
delle consociazioni dei miscugli, infatti non è consigliabile dal punto di
vista estetico consociare specie con tessitura diversa. Le specie da
tappeto erboso vengono classificate in diverse categorie a seconda della
larghezza della lamina fogliare (Figura 4).
Figura 4 - Tessitura fogliare del tappeto erboso (Turgeon, 1980).
o
Uniformità, è la stima del grado di omogeneità del cotico erboso; essa a
differenza della densità, non può essere misurata con precisione, e può
essere influenzata da molte caratteristiche del tappeto erboso quali la
composizione delle specie, l’altezza di taglio, il colore, la presenza di
14
malattie, insetti, infestanti, vuoti e da ogni altro evento colturale e non
che coinvolge il tappeto erboso (Figura 5).
Figura 5 - Uniformità del tappeto erboso (Turgeon, 1980).
o
Colore, è la misura della luce riflessa dalle piante costituenti la cenosi
erbacea. Tra le varie specie, ma anche tra le diverse cultivar ci sono
grandi differenze di colore, visibili (soprattutto a livello di varietà)
all’inizio e alla fine della stagione vegetativa. Il colore è anche
considerato uno dei più importanti indicatori delle condizioni generali del
tappeto erboso, possiamo infatti riconoscere grazie a questo parametro
carenze di nutrienti, presenza di malattie, eccessi o difetti di acqua etc. È
possibile effettuare una valutazione del colore del tappeto erboso tramite
diversi metodi quali: scala visiva da 1 a 9, tavole di Munsell, contenuto
di clorofilla, analisi immagini con fotocamera digitale.
o
Abito di crescita, ossia il portamento della pianta, esso può essere
plagiotropo o ortotropo (Figura 6) Il portamento delle piante dipende
essenzialmente
dalle
caratteristiche
morfogenetiche
della
specie,
riscontrando però talvolta alcune differenze di portamento anche
all’interno della stessa specie. Si possono avere piante cespitose,
rizomatose o stolonifere. Il portamento può subire delle alterazioni a
causa di pratiche colturali inappropriate come ad esempio l’esecuzione
del taglio sempre nello stesso senso, che può provocare la prostrazione
delle piante stesse nel senso di taglio creando così il cosiddetto effetto
“grain”.
15
Figura 6. - Abito di crescita delle specie da tappeto erboso (Turgeon, 1980).
o Levigatezza e linearità, riferiti alla superficie esposta al taglio. In
questo caso l’operazione a cui rivolgere la maggiore attenzione è
quella del taglio, infatti una pratica scorretta può compromettere non
solo la qualità estetica, provocando ondulazioni e lacerazioni alla
lamina figliare che può diventare così opaca, ma può anche creare
facili vie di ingresso per agenti patogeni (Figura 7).
Figura 7 - Levigatezza e linearità del tappeto erboso (Turgeon, 1980).
16
1.4.2 QUALITÀ FUNZIONALE
Vengono di seguito riportati i parametri di riferimento in ambito tecnico per
la valutazione della qualità funzionale.
o Rigidità, è la resistenza delle lamine fogliari alla compressione. Si
tratta di un importante indicatore di capacità di sopportare l’uso: più
la vegetazione è coriacea e maggiore è la capacità d’uso. Questa
caratteristica dipende non solo dalla specie impiegata, ma anche dal
contenuto idrico, dalla temperatura, dalle dimensioni delle piante e
dalla composizione chimica dei tessuti (Figura 8).
Figura 8 - Rigidità del tappeto erboso (Turgeon, 1980).
o Elasticità, è la capacità delle foglie di riacquistare un portamento
eretto in seguito all’attività agonistica o all’esecuzione del taglio.
L’elasticità è molto influenzata dalla temperatura, infatti se questa è
molto bassa la foglia può perdere l’elasticità e rompersi, è bene per
questo eseguire attività solamente durante le ore diurne quando le
temperature sono più alte (Figura 9).
Figura 9 - Elasticità del tappeto erboso (Turgeon, 1980).
17
o Resilienza, consiste nella capacità del tappeto erboso di riassorbire gli
shock dovuti alle attività agonistiche, senza alterare le proprie
caratteristiche, questo dipende in buona parte dal substrato in cui è
insediato il tappeto erboso stesso.
o Resistenza alla trazione, non è altro che la capacità del tappeto
erboso di resistere alla forza orizzontale esercitata dagli atleti. Essa
viene stimata misurando, mediante manometro la forza massima
necessaria per far ruotare un disco rigido (con diametro 150mm)
zavorrato (46 kg) posto sul manto erboso. Questa caratteristica è
molto importante in quanto da essa dipendono la sicurezza e la
stabilità degli atleti.
o Potenziale
rigenerativo,
è
una
caratteristica
intrinseca
alla
pianta,infatti si valuta la disponibilità di strutture che consentano al
tappeto erboso di rigenerarsi e di ricoprire eventuali zone vuote,
come gli stoloni e i rizomi. Velocità di rigenerazione, direttamente
riconducibile al potenziale rigenerativo, è il tempo impiegato dal
tappeto erboso per rigenerarsi e chiudere gli eventuali vuoti. Questa
caratteristica è funzione della velocità di crescita delle specie. Specie
con analogo potenziale rigenerativo possono presentare una diversa
velocità di rigenerazione.
o Quantità di fitomassa residua dopo il taglio, è il materiale vegetativo
che rimane sotto il livello di taglio (g m-²). Questa caratteristica
dipende principalmente dall’altezza in cui viene eseguito il taglio,
dalla specie utilizzata e dalle pratiche colturali.
o Capacità di rimbalzo della palla, questa caratteristica è molto
importante per le varie discipline sportive; si valuta con un test
l’altezza raggiunta dalla palla dopo l’impatto con la cotica erbosa
(rimbalzometro)
o Capacità di rotolamento della palla; questa caratteristica è in stretta
relazione con la rigidità delle foglie; infatti, esprime la resistenza
dell’erba al rotolamento della palla.
18
1.5 L’AMBIENTE E LA DISTRIBUZIONE DELLE SPECIE
Ogni specie utilizzata per la costituzione di tappeti erbosi tende a fornire le
migliori prestazioni nelle zone in cui le condizioni pedo-climatiche sono più
simili a quelle della zona di origine. La conoscenza delle caratteristiche della
specie e dell’ambiente in cui si sviluppa permette di effettuare la scelta più
opportuna e di ottenere i risultati desiderati riducendo gli input e i costi di
gestione.
Le specie che si originano e persistono in una certa regione sono definite
come specie native, mentre le specie che crescono lontano dalla zona di
origine, ma si sono adattate al nuovo sito e persistono nel tempo, sono
dette specie naturalizzate (Beard, 1973).
Beard (1973) sottolinea come una specie utilizzata in una zona con
caratteristiche differenti da quelle ottimali di sviluppo sia più facilmente
soggetta a danni da stress di tipo biotico e abiotico, inoltre aumentano le
esigenze nutritive e colturali del tappeto erboso per mantenere la qualità
desiderata.
La distribuzione geografica e la diffusione delle specie sono influenzate
principalmente dalle temperature e dalle precipitazioni caratteristiche della
zona.
Le specie da tappeto erboso sono suddivise in due gruppi, secondo le
diverse esigenze climatiche che presentano e precisamente in specie
microterme (quelle che prediligono le zone temperate e sub-artiche) e
macroterme (che si adattano alle zone tropicali e sub-tropicali) (Turgeon,
1980).
A separare la fascia climatica temperata da quella sub-tropicale è la zona di
transizione. In questa zona convivono macroterme e microterme ai limiti dei
rispettivi range termici (Turgeon, 1980).
La zona di transizione è quella che richiede maggiore attenzione nella
gestione dei tappeti erbosi perché in inverno le temperature sono tanto
basse da indurre stress alle macroterme, mentre in estate si hanno
temperature elevate che sfavoriscono le microterme. L’Italia è una tipica
zona di transizione.
19
1.6 ZONA DI TRANSIZIONE; LO SCENARIO ITALIANO
L’Italia è protetta dalle correnti fredde, provenienti dal nord Europa, grazie
alla catena alpina ed è caratterizzata da un ampio sviluppo costiero dove il
mar Mediterraneo esplica i suoi effetti mitigatori lungo tutta la penisola,
cedendo durante l’inverno il calore immagazzinato durante i mesi estivi; tali
peculiarità conferiscono al nostro Paese un clima di tipo subtropicale
temperato.
In particolare, lungo le coste la penisola è contraddistinta da un clima
tipicamente mediterraneo con inverni freddi, ma non eccessivamente rigidi,
con temperature minime che raramente scendono sotto gli 0 °C ed estati
calde e poco piovose.
Nell’entroterra si accentuano leggermente i rigori invernali, anche se non è
possibile parlare di clima continentale vero e proprio.
La temperatura media annua è circa 11 °C nell’Italia settentrionale e 19 °C
nel meridione, in entrambe le zone i mesi più freddi sono dicembre e
gennaio, mentre quelli più caldi sono luglio e agosto.
Le precipitazioni durante l’arco dell’anno non sono abbondanti e sono
concentrate in brevi periodi: tra la fine dell’autunno e la prima metà
dell’inverno, dove il picco di massimo si registra in novembre. Al contrario, i
mesi estivi sono i più siccitosi e nel mese di luglio si ha un minimo di
precipitazioni.
La piovosità varia molto all’interno della penisola, infatti si ha una maggior
piovosità nelle regioni settentrionali (fino a 1100-1200 mm anno-1) rispetto
a quelle meridionali (minime fino a 500-600 mm anno-1).
Alla luce di ciò, è possibile dedurre che in Italia le esigenze ottimali per lo
sviluppo
delle
specie
da
tappeto
erboso,
sia
esse
microterme
che
macroterme, non sono presenti costantemente per tutto l’arco dell’anno.
L’Italia, come la fascia centrale degli Stati Uniti d’America, si trova in una
zona di transizione climatica all’interno della quale le microterme risentono
delle condizioni climatiche tipiche dell’estate e le macroterme risentono delle
condizioni climatiche invernali.
Il fattore climatico principale da considerare nella scelta della specie è la
temperatura, in particolare i suoi estremi, che condizionano l’attività
vegetativa e la sopravvivenza delle specie.
20
La temperatura costituisce il fattore più influente nella scelta della specie in
quanto non è possibile modificarla, mentre è possibile correggere, ad
esempio, le carenze idriche tramite irrigazione.
Altrettanto importante, ai fini della scelta delle specie, è la funzione che il
tappeto erboso dovrà svolgere. Per manti erbosi di particolare pregio
qualitativo la scelta delle specie viene ponderata in base alle loro
caratteristiche
estetiche;
mentre
in
aree
sottoposte
a
frequente
calpestamento, soprattutto in aree sportive, per mantenere la miglior
funzionalità possibile, vengono impiegate specie soprattutto caratterizzate
da una grande capacità di resistenza e di recupero, quali le specie
macroterme.
1.7 LE SPECIE DA TAPPETO ERBOSO
Le caratteristiche principali delle essenze che costituiscono un tappeto
erboso sono la resistenza al taglio, la densità dei culmi, l’uniformità di
sviluppo, la resistenza al calpestamento, la resistenza agli stress e la
ritenzione della colorazione verde per gran parte dell’anno.
Tali condizioni vengono quasi del tutto soddisfatte da specie appartenenti
alla famiglia delle Poaceae o Graminaceae (dal latino gramen – plurale
gramigna – ovvero “erbe”).
Dal punto di vista storico-culturale, la famiglia delle Poaceae costituisce la
più importante e diffusa fonte vegetale di alimentazione umana ed animale
in quanto comprende i cereali; inoltre fanno parte della famiglia anche
molte specie spontanee e foraggiere coltivate in prati e pascoli di tutto il
mondo.
La diffusione, quasi ubiquitaria, delle specie appartenenti a questa famiglia
è dovuta alla loro grande adattabilità a condizioni climatiche estreme.
La famiglia delle Poaceae è molto vasta, infatti comprende sei sottofamiglie,
oltre 600 generi e circa 10.000 specie vegetali. Nonostante l’elevato numero
di specie, solo una cinquantina sono state utilizzate per la formazione di
tappeti erbosi, e di queste circa quindici sono quelle impiegate più
frequentemente, appartenenti alle tre sottofamiglie delle Festucoideae,
Panicoideae ed Eragrostideae.
21
Si ricorda che le specie da tappeto erboso vengono suddivise in due gruppi
sulla base delle loro esigenze climatiche: microterme e macroterme. Dal
punto di vista della tassonomia, le specie microterme appartengono alla
sottofamiglia delle Festucideae, mentre le macroterme fanno parte delle
Panicoideae e delle Eragrostideae.
1.8 CONFRONTO TRA MICROTERME E MACROTERME
Le microterme sono le principali specie utilizzate in Italia e nei paesi nord
europei. Le scarse piogge estive che caratterizzano il clima del bacino del
Mediterraneo, insieme al continuo diminuire delle risorse idriche, rendono
necessario selezionare le specie con minori richieste idriche e con maggiore
resistenza alla siccità.
Le macroterme sono molto utilizzate e studiate nel sud degli Stati Uniti
(Beard et al., 1989) e in altri Paesi. In Italia invece il loro utilizzo, seppur in
crescita, risulta ancora poco diffuso a causa delle limitate conoscenze circa
l’adattamento ai nostri climi.
Nell’ultimo decennio,la crescente limitazione dell’acqua per l’irrigazione dei
tappeti erbosi, in particolare
nelle
regioni più aride, ha focalizzato
l’attenzione dei ricercatori sulle esigenze idriche delle diverse specie e sulla
tolleranza ai periodi di stress idrico.
L’Italia trovandosi in una zona di transizione, implica la necessità del
tappeto erboso di essere irrigato nei periodi estivi affinché questo mantenga
la qualità richiesta durante tutti i mesi dell’anno. Le macroterme possono
rappresentare una scelta corretta per l’impiego in alcuni ambienti del
centro-sud Italia, dato il migliore adattamento alle alte temperature. Infatti
proprio in queste zone risultano avere maggiore vigoria, tanto da essere
spesso considerate delle temibili infestanti.
In riferimento al processo di fotosintesi, le specie microterme vengono
definite come specie C3, in quanto il primo prodotto derivante dalla
fissazione della CO2 è un composto a tre atomi di carbonio, chiamato acido
trifosfoglicerico, mentre le macroterme sono specie C4, in cui il primo
prodotto della fissazione della CO2 è un acido organico a quattro atomi di
carbonio, ossia l’ossalacetato. Quest’ultimo tipo di metabolismo è adatto al
migliore sfruttamento delle capacità della pianta in relazione a un ambiente
22
in cui l’acqua può essere periodicamente limitata, stress al quale le
macroterme reagiscono meglio riuscendo ad attuare la fotosintesi anche con
stomi semichiusi (gli stomi sono costituiti da due cellule guardia che, a
seconda della quantità d’acqua presente al loro interno, si aprono o si
chiudono regolando la traspirazione fogliare).
Ci sono altre differenze fisiologiche che giocano a favore delle macroterme
nei periodi estivi e sono la foto-respirazione scarsa o nulla che porta il punto
di compensazione vicino allo zero e la maggiore concentrazione di CO2
assimilata anche in presenza di alte temperature (> 30 °C). Altro aspetto
morfologico di grande importanza è la differenza dell’apparato radicale,
infatti le specie macroterme presentato un apparato ipogeo molto più
sviluppato, mentre l’apparato radicale delle specie microterme è molto più
superficiale.
Infine va ricordato che le piante C4 sono adatte a sfruttare, ai fini della
fotosintesi, la forte luce solare delle regioni sub-tropicali, risultando così più
efficienti e competitive in situazioni considerate di stress per le piante C3.
Le specie microterme escono da un periodo di dormienza invernale in
primavera e riprendono la loro attività di crescita in modo crescente, nel
periodo estivo subiscono un rallentamento dell’attività metabolica. In
autunno queste specie presentano un secondo picco di crescita, inferiore a
quello primaverile, che consente al tappeto erboso di avere un certo livello
di attività vegetativa, tale per cui può recuperare i danni o comunque lo
stress del periodo estivo. Il tappeto erboso continua a mantenere la
colorazione verde anche durante il periodo di dormienza invernale, quando
l’attività vegetativa è minima (Fig. 10).
23
Figura 10 - Crescita stagionale di germogli e radici di specie microterme
e macroterme.
Le macroterme escono dalla dormienza nel mese di aprile e riprendono
l’attività vegetativa più lentamente fino a raggiungere il picco massimo in
estate (Tabella 1). In questo periodo diventano molto competitive nei
confronti delle microterme come le infestanti. In autunno la diminuzione
della temperatura comporta una riduzione dello sviluppo delle macroterme,
che non trovano più le condizioni idonee alla vegetazione ed entrano in
dormienza (Fig. 10).
Le differenze morfologiche tra microterme e macroterme influiscono sulle
caratteristiche di resistenza e tolleranza nei confronti degli stress ambientali
e dei patogeni, ciò si traduce in un miglior adattamento ai diversi ambienti
di sviluppo.
Tabella 1 - Intervalli di temperature ottimali per la crescita di specie da tappeto
erboso microterme e macroterme.
Apparato epigeo
Apparato ipogeo
Microterme
15-24 °C
10-18 °C
Macroterme
27-35 °C
24-32 °C
Le principali differenze tra microterme e macroterme possono essere
sintetizzate in termini di:
24
CONSUMI IDRICI. Da un confronto basato sui valori di evapotraspirazione
potenziale (ETP) giornalieri, risulta che le microterme presentano dei valori
notevolmente superiori a quelli delle macroterme (Casnoff, 1989). In
Tabella 2 sono riportati i valori di ETP per le principali specie da tappeto
erboso.
L’evapotraspirazione dipende da diversi fattori, quali l’umidità dell’aria, la
temperatura,
la
specie,
il
tipo
di
metabolismo,
le
caratteristiche
morfologiche e il vento. Non vanno trascurati però la densità del tappeto,
l’orientamento della foglia, il tasso di crescita della specie (Kim e Beard,
1988).
Se l’umidità dell’aria è bassa la richiesta di acqua sarà maggiore, e per
ovviare a questa fuoriuscita di liquidi la pianta chiude gli stomi, riducendo
così gli scambi gassosi. Questo tipo di stress è meno tollerato dalle
microterme, il cui ciclo C3 perde efficienza a basse concentrazioni di CO2. La
richiesta d’acqua delle microterme per produrre un grammo di sostanza
secca mediamente risulta essere tre volte superiore a quella richiesta dalle
macroterme (Hull, 1996).
Tabella 2 - Valori di evapotraspirazione potenziale delle principali specie da tappeto
eroso (Panella et al., 2000).
Molto bassa
ETP mm giorno-1
SPECIE
<6
Buchloe dactyloides
Cynodon spp.
Bassa
6-7
Eremochloa ophiuroides
Zoysia spp.
Media
7-8.5
Alta
8.5-10
Festuche fini
Paspalum spp.
Lolium perenne
Festuca arundinacea
Molto alta
Agrostis stolonifera
>10
Poa spp.
Lolium multiflorum
25
Secondo Hull (1996) un aumento dell’altezza di taglio aiuterebbe il tappeto
erboso a ridurre i valori di ETP perché si formerebbe un ispessimento della
coltre di tappeto erboso che ritarderebbe il ricambio d’aria, mantenendo così
un microclima con maggiore tasso di umidità. Una conseguenza molto
importante dell’altezza di taglio più alta risulterebbe anche la capacità
d’ombra che avrebbe il tappeto su se stesso e sul terreno, che farebbe
diminuire a sua volta anche la traspirazione del suolo.
Tabella 3 - Tolleranza alla siccità delle principali specie da tappeto erboso.
Alta
Microterme
Macroterme
Festuca arundinacea
Cynodon spp.
Buchloe dactyloides
Media
Festuca rubra
Paspalum spp.
Festuche fini
Zoysia spp.
Poa pratensis
Agrostis spp.
Bassa
Lolium perenne
L’ETP di una specie influenza la sua resistenza alla siccità ed è quindi un
criterio di scelta importante quando si vuole insediare un tappeto erboso in
zone in cui l’irrigazione non può essere garantita nei periodi di scarsa
piovosità (Turgeon, 1980). In Tabella è indicata la tolleranza alla siccità di
diverse specie.
Nelle
zone
di
diffusione
delle
microterme
nelle
stagioni
fredde
si
preferiscono le festuche fini per la resistenza alla carenza idrica, mentre in
quelle più calde è la Festuca arundinacea a dare risultati migliori. L’Agrostis,
invece, richiede di essere irrigata nei periodi di stress, se si vuole
mantenere un tappeto di buona qualità.
Le macroterme resistono meglio a questo tipo di stress e manifestano
segnali di sofferenza (perdite di colore) solo se questo è prolungato nel
tempo (Turgeon, 1980).
Le differenze tra i due gruppi di specie nei confronti della resistenza alla
siccità sono legate oltre al tipo di metabolismo alla profondità dell’apparato
26
radicale. Le macroterme presentano un apparato radicale più profondo ed
esteso che consente loro di esplorare un volume di suolo maggiore.
Christians (1998) riporta che le radici di macroterme possono spingersi
fin’oltre al metro di profondità, mentre le microterme in genere restano nei
primi 30-40 cm anche se le radici individuali, ad esempio per Festuca
arundinacea, possono raggiungere il metro di profondità. Uno studio svolto
da Huang e Gao (1999) riporta che le cultivar di Festuca arundinacea più
resistenti alla siccità presentano un apparato radicale più profondo rispetto
a quelle più sensibili.
L’apparato radicale, l’angolo di inserzione fogliare, la presenza di peli sulla
lamina fogliare, la cuticola inspessita, favoriscono le macroterme nelle
situazioni di carenza idrica e alta temperatura, riducendo le perdite di acqua
e permettendo il recupero della poca acqua disponibile.
RESISTENZA ALLA SALINITÀ: un altro fattore importante, in particolare
nelle zone aride, è la salinità del terreno o dell’acqua d’irrigazione.
La resistenza alla salinità si riferisce alla capacità della pianta di mantenere
le funzionalità metaboliche di crescita quando esposta a una elevata
concentrazione di sali (Duncan e Carrow, 2000).
L’accumulo da sali nel terreno comporta un’alterazione chimico-fisica del
suolo, che contribuisce a ridurre la disponibilità di alcuni elementi nutritivi
agendo negativamente sullo sviluppo della pianta. Inoltre aumentando la
pressione osmotica a cui sono soggetti i tessuti di scambio della pianta si
inibisce l’assunzione di acqua dal terreno. In particolare viene presa in
attenzione la concentrazione di sodio, il cui eccesso nuoce la crescita della
pianta e può destrutturare il suolo (Christians, 1998). La sua presenza nelle
acque viene valutata in base alla Sodium Adsorption Ratio (SAR) sulla base
della presenza di calcio e magnesio, elementi che competono con il sodio
per i siti di scambio sulle particelle dell’acqua. Minore è il valore della SAR,
migliore è la qualità dell’acqua.
Le elevate concentrazioni saline inducono sul tappeto erboso una riduzione
della densità e del colore, diminuendo la qualità complessiva e fornendo una
via di accesso alle infestanti. Nel momento in cui si selezionano le specie da
insediare occorre valutare la salinità del suolo e la qualità della risorsa idrica
27
a disposizione. La presenza di sali nell’acqua utilizzata per l’irrigazione può,
nel tempo, aumentare la concentrazione di sali nel terreno, specialmente
con drenaggio insufficiente, o comunque effettuare una selezione naturale
tra le specie più o meno resistenti che costituiscono il tappeto erboso.
Paspalum vaginatum è una macroterma, la cui principale caratteristica è
proprio la tolleranza alla salinità del terreno (Tabella 4), anche in aree dove
l’accumulo raggiunge i limiti di sopravvivenza delle altre specie (Turgeon,
1980; Carrow e Ducan, 1998). Questa specie può essere irrigata senza
alcun problema con acque saline a conducibilità pari a 8.6 dS m-1 (Carrow e
Duncan, 1998).
Tabella 4 - Resistenza alla salinità di diverse specie da tappeto erboso.
Resistenza alla salinità
Specie
Alta
Paspalum vaginatum
Festuca arundinacea
Lolium perenne
Cynodon spp.
Agrostis spp.
Bassa
Zoysia spp.
Un aspetto che viene spesso valutato è a quale soglia di conducibilità
elettrica (C.E.) la pianta riduce l’accrescimento di germogli e radici. Le
specie meno tolleranti alla salinità hanno un valore soglia di conducibilità
elettrica molto elevato. Nei numerosi studi effettuati sono stati valutati i
valori di C.E in corrispondenza dei quali si aveva una riduzione della crescita
del 25 e 50% (Carrow e Ducan, 1998).
L’importanza dei valori di C.E. del suolo e dell’acqua e la conoscenza delle
specie tolleranti aumenta nelle zone in cui la quantità di acqua a
disposizione è scarsa e/o di bassa qualità e nelle zone a scarsa piovosità.
Dove la domanda di acqua per usi umani e industriali è alta può succedere
che il tappeto erboso venga irrigato con acqua riciclata (Carrow e Duncan,
1998).
28
RESISTENZA ALLE BASSE TEMPERATURE: la distribuzione delle specie è
legata alle temperature, in particolare le macroterme vedono limitare la loro
colonizzazione verso il nord dalle basse temperature (Beard, 1973).
All’interno della zona di transizione si può notare come l’espansione delle
macroterme verso latitudini più elevate sia basi sul valore minimo degli
estremi termici.
La resistenza alle basse temperature è un aspetto molto variabile a seconda
delle specie e delle cultivar, la relativa resistenza delle principali specie è
riportata in Tabella 5. Agrostis spp., tra le microterme, è la più resistente,
mentre
Festuca
spp.
e
Lolium
spp.
possono
essere
severamente
danneggiate dal freddo. Tre le macroterme la specie che si spinge più a
nord è la Zoysia japonica.
Tabella 5 - Resistenza alle basse temperature delle principali specie da tappeto
erboso (Turgeon, 1980; Beard, 1996; Panella et al. 2000).
Temperature in grado
Resistenza
Microterme
Macroterme
di uccidere il tappeto
erboso (°C)
Alta
Agrostis spp
-20/-30
Poa pratensis
-18/-22
Poa trivialis
-18/-22
Festuche fini
-17/-27
Lolium perenne
Zoysia spp.
-14
Festuca
Cynodon spp.
-12
Paspalum spp.
-7
arundinacea
Bassa
Le microterme, al di sotto delle temperature minime richieste per la
crescita, vanno in semi-dormienza riducendo l’attività fotosintetica, il tasso
di respirazione e l’accumulo carboidrati; le macroterme invece entrano in
dormienza alla prima gelata (0
°C) perdendo ogni tipo di attività
dell’apparato ipogeo. In entrambi i casi lo scopo è ridurre il contenuto
dell’acqua all’interno dei tessuti, che potrebbero altrimenti andare incontro a
congelamento con formazione di cristalli all’interno degli spazi intracellulari
29
e conseguente distruzione dei tessuti. Per effettuare questo processo di
acclimatazione, sono necessarie 3-4 settimane con temperature del suolo e
dell’aria appena superiori al punto di gelo (Beard, 1973).
La maggior parte dei danni da freddo si verificano nell’ultima parte
dell’inverno e all’inizio della primavera, quando si possono verificare bruschi
ritorni di gelo. In questo periodo, infatti, il tappeto inizia a reidratarsi e i
tessuti hanno un contenuto maggiore di acqua. Gli organi che costituiscono
la pianta presentano diversi livelli di resistenza alle basse temperature, per
esempio le foglie più giovani e gli apici vegetativi sono molto meno
resistenti delle foglie vecchie.
Un danno all’apparato epigeo è più facilmente recuperabile con il ripristino
delle condizioni ottimali di sviluppo; al contrario un danno alla corona, dove
sono localizzati i tessuti meristematici, può essere letale per la pianta.
Il terreno svolge un ruolo tampone nei confronti degli abbassamenti termici,
poiché le sue temperature sono in genere di alcuni gradi superiori a quelle
dell’aria, e i tessuti meristematici, come l’apparato radicale, che sono più
sensibili, trovano delle condizioni favorevoli alla loro sopravvivenza. Per
queste ragioni un abbassamento delle temperature del suolo provoca danni
maggiori rispetto a quelli provocati da un abbassamento delle temperature
dell’aria.
Le condizioni ambientali quali terreno umido o bagnato, ombreggiato,
abbassamento repentino delle temperature, gelate tardive e prolungati
tempi di esposizione alle basse temperature, possono aumentare i rischi di
danni da freddo. Ovviare a questi fattori non è possibile, non essendo
controllabili, ma attraverso le pratiche colturali si aiuta la pianta nel
processo di acclimatazione. Si può cercare di evitare il ristagno idrico,
l’eccesso di azoto, l’accumulo di feltro, il taglio basso e le continue
irrigazioni.
RESISTENZA ALLE AVVERSITÀ: viene definita avversità una qualsiasi
modificazione, causata da un organismo vivente o dall’ambiente, che
interferisce con il metabolismo della pianta causandone un’alterazione a
livello esterno o interno (Beard, 1973).
30
I fattori ambientali sono gli estremi di temperatura, la siccità, gli squilibri
nutrizionali e la fitotossicità da pesticidi o fertilizzanti, ma la principale causa
di patologie, a cui può andare incontro un tappeto erboso, è dovuta
all’azione di funghi patogeni. Altri agenti, anche se di minore importanza,
sono gli insetti, i nematodi, i batteri, i virus, i muschi e le alghe.
La resistenza è un parametro che varia sia tra le specie che tra le cultivar.
Conoscere le caratteristiche delle specie permette di fare la scelta corretta
al momento dell’insediamento, ma influenza anche la successiva gestione
del tappeto. Infatti, in caso di specie sensibili o coltivate in aree diverse da
quelle di origine, bisogna ricorrere frequentemente all’uso di prodotti
chimici, con i relativi costi e rischi ambientali e per l’operatore.
In questi casi una scelta basata su specie, o varietà suscettibili, è
sicuramente un vantaggio (Christians, 1998); nel confronto fra micro e
macroterme, queste ultime presentano una maggiore resistenza agli
attacchi fungini, mentre sono più sensibili agli attacchi di insetti (Panella et
al., 2000) (Tabella 6).
Tabella 6 - Resistenza alle malattie fungine delle principali specie da tappeto
erboso (Turgeon, 1980).
Resistenza
Microterme
Macroterme
Alta
Agrostis spp.
Cynodon spp.
Festuche fini
Zoysia spp.
Poa pratensis
Paspalum vaginatum
Lolium perenne
Bassa
Festuca aundinacea
ESIGENZE NUTRIZIONALI: generalmente gli elementi ritenuti essenziali per
la crescita sono raggruppati in macro (N, P, e K), secondari (Ca, S, e Mg) e
micro (Fe, Mn, B, Cu, etc) (Turgeon, 1980).
Le esigenze nutritive differiscono molto a seconda della specie (Tabella 7).
Un ulteriore differenza si ha per quanto riguarda il momento di applicazione,
in accordo con la diversa dinamica dell’attività vegetativa dei due gruppi
(Fig. 10).
31
La pianta è in grado di assorbire i nutrienti attraverso le radici, le foglie o i
germogli (Beard, 1973), ma l’assorbimento è determinato soprattutto dalle
caratteristiche e dalle condizioni dell’apparato radicale e del suolo.
L’estensione e la fibrosità delle radici sono importanti per catturare quegli
elementi, come il fosforo, poco mobili nel terreno e per sfruttare appieno la
presenza d’acqua e di ossigeno. Altri fattori che influenzano il processo di
assorbimento sono la respirazione radicale e l’energia che questa produce:
affinché siano possibili livelli adeguati di tali attività sono richiesti una
sufficiente presenza di ossigeno nel suolo e temperature ottimali.
Nella gestione della concimazione durante la stagione di crescita della
pianta occorre più che altro verificare che siano bilanciati gli apporti dei
principali elementi (N-P-K). L’elemento maggiormente richiesto è l’azoto,
seguito da fosforo e potassio. Le macroterme, in generale, hanno esigenze
di azoto inferiori alle microterme, fanno eccezione le cultivar di Cynodon
selezionate per tappeti erbosi sportivi il cui fabbisogno di azoto varia tra 3580 kg ha-1 per mese di crescita.
Azoto: le necessità delle singole specie sono variabili e ogni specie presenta
un range di esigenze azotate entro il quale fornisce le caratteristiche
qualitative
sviluppo
che la identificano. L’azoto è fondamentale per la crescita e lo
della
pianta
e
viene
fornito
tenendo
conto
dell’andamento
stagionale e delle eventuali necessità di favorire o meno qualcuna delle
specie presenti.
L’azoto si può applicare in forma di pronto effetto o a lento rilascio. In
generale si utilizza la forma a pronto effetto per favorire la ripresa
vegetativa, mentre si preferisce la forma a lento rilascio nei mesi di
maggiore crescita (Dunn e Diesburg, 2004).
Fosforo: il fosforo viene somministrato in base alle analisi del terreno, ma in
generale la quantità applicata è bassa, eccetto in corrispondenza della
semina e
delle
eventuali trasemine. In terreni
ricchi
di fosforo
la
concimazione può essere evitata.
Potassio: il potassio è noto come elemento “anti-stress” e viene fornito in
maggiori quantità nel mese di Giugno per favorire la resistenza alle alte
temperature e ad altri stress estivi, così come in autunno per aiutare la
32
pianta nel processo di acclimatazione per affrontare le temperature
invernali.
Tabella 7 - Esigenze nutritive delle principali specie da tappeto erboso (Turgeon,
1980).
Alta
Microterme
Macroterme
Agrostis spp.
Cynodon spp.
Poa pratensis
Zoysia spp.
Lolium perenne
Festuca arundinacea
Bassa
Paspalum spp.
RESISTENZA AL CALPESTAMENTO: la resistenza al calpestamento veicolare,
animale o umano è funzione delle caratteristiche anatomiche e morfologiche
delle piante; la distribuzione la quantità di sclerenchima, il contenuto di
lignina o di altri tessuti di resistenza sono fattori determinanti la tolleranza
all’uso ed al calpestio (Beard, 1973).
L’habitus di crescita prostrato, la maggiore densità, la rigidità fogliare
caratterizzano le macroterme e favoriscono la resistenza al calpestio che le
rende preferibili per la realizzazione di aree ad elevata intensità di utilizzo.
FORMAZIONE DI FELTRO: si definisce come feltro quello strato organico
compreso tra il suolo e i tessuti epigei del tappeto costituito sia da sostanza
organica, sia da parti vive come corone, radici e germogli (Hurto e Turgeon,
1978).
La sua formazione è naturale ed è dovuta all’accumulo di sostanza organica
in decomposizione causato da un rallentamento dell’attività di degradazione
dei microrganismi. Il fenomeno nei tappeti erbosi ad elevata manutenzione
è amplificato da una gestione impropria (Christians, 1998). Le cause della
formazione di feltro possono essere eccessi di concimazione azotata e di
irrigazione e basso pH del substrato (< 6). Tutti questi fattori comportano la
riduzione dell’attività microbica.
33
Una minima presenza di feltro fornisce al tappeto maggiore elasticità e
tolleranza all’usura, mentre uno spessore superiore ai 2 cm comporta un
aumento dei rischi di attacco di parassiti fungini e di insetti, l’instaurarsi di
fenomeni idrofobici, manifestazioni di clorosi, facilità a subire danni da taglio
(“scalping”) e da stress idrici e termici (Beard, 1973).
L’eccessiva presenza di feltro fa sì che le radici non si approfondiscano nel
terreno (Hurto et al., 1980), il tappeto erboso risulta così più sensibile alle
variazioni climatiche. Il feltro viene controllato con operazioni meccaniche
quali verticutting e la carotatura.
Le macroterme, in particolare Cynodon spp. e Zoysia spp., sono più inclini
alla formazione di feltro. Le microterme invece sono meno soggette a
questo problema, ad eccezione di Agrostis stolonifera.
1.9 SPECIE MICROTERME
Le specie da tappeto erboso microterme sono essenzialmente una ventina,
facenti parte della sottofamiglia delle Festucoideae e nella maggior parte dei
casi appartengono ai generi Agrostis, Festuca, Lolium e Poa. Possono essere
impiegate sia in purezza che in miscuglio e/o blend, per favorire un più
rapido inserimento ed una maggior resistenza agli stress ambientali.
Si tratta di specie che si sono particolarmente adattate a crescere in climi a
carattere prevalentemente freddo-umido. Sono però anche diffuse in regioni
fredde sub-umide e fredde semi-aride, così come nella zona di transizione.
In linea di massima presentano un intervallo di temperature ottimali
comprese fra i 10 e i 18 °C per quanto concerne l’attività radicale e fra 15 e
24 °C per la parte vegetativa aerea, con due picchi di crescita: il più elevato
in tarda primavera (maggio) e il più ridotto in autunno.
Fra le altre caratteristiche di queste specie si annoverano la propagazione
principalmente sessuata (da seme), la crescita tendenzialmente eretta,
l’apparato radicale poco profondo, la buona resistenza all’usura, una media
suscettibilità alle malattie, e la buona tolleranza all’attacco di insetti.
Sono piante lungidiurne, che richiedono un periodo di vernalizzazione per
andare a fiore, caratteristica peraltro che non interessa dato l’uso di queste
specie (tagli bassi e frequenti che recidono le infiorescenze).
34
Tradizionalmente, per la costituzione dei tappeti erbosi, in Italia vengono
impiegate principalmente queste specie, soprattutto per la facile reperibilità
del seme (Croce et al. 1999). Queste specie nelle stagioni intermedie ed in
inverno si adattano ottimamente ai nostri climi, mentre durante il periodo
estivo è indispensabile l’irrigazione , per evitare il disseccamento della parte
epigea, con notevoli oneri finanziari e destinazione non sempre corretta
delle risorse idriche (Volterrani et al., 1996). L’origine di queste specie è in
gran parte euroasiatica, ma oggi esse sono diffuse in tutto il mondo e i
centri di selezione varietale sono in massima parte concentrati nel centronord dell’Europa e in Nord America (Panella et al., 2000).
Un confronto varietale su Poaceae microterme da tappeti erbosi, ha
dimostrato che anche nel periodo estivo, alcune varietà di Lolium perenne e
di Poa pratensis ma soprattutto di Festuca arundinacea mostrano un aspetto
estetico più che soddisfacente (Volterrani et al., 1997a).
L’adattamento ottimale all’ambiente di prova di quasi tutte le varietà di
Festuca arundinacea fa auspicare una maggiore diffusione in considerazione
anche della elevata resistenza al calpestamento, alle malattie, ai suoli acidi
e della bassa suscettibilità alla formazione di feltro (Volterrani et al.,
1997b).
1.10 SPECIE MACROTERME
Le specie macroterme che possono essere impiegate per la costituzione di
un tappeto erboso sono costituite essenzialmente da Poaceae appartenenti
alle sottofamiglie Panicoideae ed Eragrostideae, e ai generi Cynodon,
Paspalum, Zoysia, Pennisetum e Stenotaphrum.
Tali specie sono adatte a climi caldi, sia umidi che aridi e preferiscono
temperature comprese tra i 24 e 32 °C per un ottimo sviluppo radicale e tra
30 e 37 °C per la crescita di stoloni, culmi e foglie.
Si risvegliano in primavera, e si sviluppano con intensità crescente durante
l’estate, poi in autunno interrompono la crescita, fino a quando, con
temperature inferiori a 0 °C, si assiste ad una più o meno rapida perdita di
colore ed alla stasi vegetativa invernale. Infatti, il picco di crescita e di
sviluppo si presenta nei mesi estivi, mentre il periodo di dormienza
corrisponde ai mesi più freddi dell’anno (dall’autunno alla primavera).
35
Le
macroterme
vengono
propagate
spesso
per
via
vegetativa
(stolonizzazione, plugging, etc.) e possono essere impiegate in purezza. La
crescita si presenta piuttosto prostrata, gli stoloni ed i rizomi si sviluppano
creando una fitta trama a spesso anche un’eccessiva produzione di feltro.
Altre caratteristiche tipiche delle macroterme sono: basse esigenze idriche,
alta resistenza alla siccità, alta resistenza all’usura (Busey, 1992), alle
malattie e bassa resistenza all’attacco di insetti. La loro fotosintesi è molto
efficace anche all’aumentare della temperatura e dell’intensità luminosa;
questo è possibile grazie al fatto che queste piante hanno ciclo C4 e riescono
a sfruttare meglio l’elevata radiazione solare.
Queste specie offrono tappeti erbosi di elevata qualità consentendo consumi
idrici più ridotti (fino al 45%) rispetto alle microterme (Biran et al., 1981).
La maggior tolleranza alla siccità rispetto alle microterme è dovuta ad
apparati radicali più profondi, abbondanza di peli radicali e rivestimenti
cerosi delle foglie o comunque meccanismi fisiologici che consentono loro di
sopportare intense disidratazioni dei tessuti (Beard, 1989).
Sono molto utilizzate negli Stati Uniti, anche in regioni con inverni più freddi
di quelli mediterranei, mentre in Italia si stanno diffondendo, ed è tuttora
allo studio il loro adattamento al clima della nostra penisola. Nell’ultimo
decennio sono state condotte prove di adattabilità dalla Federazione Italiana
Golf (FIG), dal CONI e dal Centro Ricerche Tappeti Erbosi Sportivi (CeRTES)
(Volterrani et al., 1997c; Croce et al., 2001).
I risultati di tali sperimentazioni hanno messo in evidenza che le specie
macroterme si adattano ottimamente agli ambienti costieri dell’Italia centromeridionale, fornendo tappeti erbosi di buona o eccellente qualità durante i
mesi più caldi. Il loro limite di impiego è costituito dal periodo di
disseccamento invernale conseguente all’abbassamento delle temperature,
ma nel nostro Paese tale inconveniente si riduce procedendo da nord verso
sud ed è comunque ovviabile, quando non tollerato, mediante la trasemina
autunnale con una specie microterma a rapido insediamento (Volterrani et
al., 1996).
Da varie sperimentazioni è inoltre emerso che le varietà propagate
vegetativamente forniscono risultati qualitativi più elevati rispetto a quelle
da seme; così negli ultimi anni sono stati avviati numerosi programmi di
36
miglioramento per le varietà da seme di alcune specie dei generi Cynodon e
Zoysia.
I minimi danni, causati da patogeni fungini, osservati in queste specie e
quindi il limitato uso di fitofarmaci, oltre al minore impiego di acqua
d’irrigazione rispetto alle specie microterme, le fanno preferire anche
nell’ambito di una gestione del tappeto erboso più rispettosa dell’ambiente.
1.11 GENERE CYNODON
Originario del bacino dell’Oceano Indiano e in particolare del Corno d’Africa,
il genere Cynodon è stato introdotto in America verso la metà del 1700
(Hanson et al., 1969) e si è naturalizzato colonizzando le zone meridionali
degli Stati Uniti. Nell’Europa meridionale e nei paesi del bacino del
mediterraneo è endemica ed è considerata una delle principali infestanti
macroterme delle colture agrarie.
Le specie del genere Cynodon fanno parte della famiglia delle Poaceae, tribù
delle Chloridoideae, e sono le specie più utilizzate nei tappeti erbosi sportivi,
ornamentali, e funzionali in Australia, Africa, India, Sud America e regioni
del Sud degli Stati Uniti (Duble, 1996; Christians, 1998); vengono utilizzate
perché hanno una tessitura medio-fine, elevata densità e grande capacità di
recupero. Tali caratteristiche, unite ad un’ottima resistenza all’usura,
rendono questo genere quanto mai adatto all’impiego per finalità sportive.
Il genere Cynodon comprende nove specie (Taliaferro, 1995), tra cui la più
impiegata e conosciuta è Cynodon dactylon (L.) Pers. Altre specie, invece,
tendono ad avere una utilizzazione più localizzata (Duble, 1996).
Attualmente negli USA queste specie sono sottoposte a intensi programmi
di selezione genetica che hanno portato alla formazione di numerosi incroci
(tra cui Cynodon x magennisii, incrocio fra C. dactylon e C. trasvaalensis), e
di numerose cultivar. Molta importanza si sta dando alle ricerche a lungo
termine, come ad esempio la determinazione dei geni di resistenza a
patologie fungine, con il successivo sviluppo del materiale selezionato per il
rilascio di nuove cultivar.
Il genere Cynodon è fra le macroterme uno dei generi di maggiore interesse
per il miglioramento genetico. Cynodon dactylon e gli ibridi ottenuti
37
dall’incrocio con Cynodon transvaalensis costituiscono il materiale
di
partenza delle principali ricerche di miglioramento genetico.
Il numero di ricerche per il miglioramento genetico del Cynodon è
aumentato negli ultimi decenni; studi recenti hanno valutato la risposta
genetica, delle macroterme più note e di alcune loro cultivar a differenti
stress ambientali. Per il Cynodon i caratteri considerati sono:
•
ombreggiamento. Si è osservato che esistono differenze tra le specie
e tra le cultivar, per questi motivi ogni specie o cultivar deve essere
valutata sperimentalmente (McBee e Holt, 1966);
•
utilizzo dell’acqua. Come abbiamo visto in precedenza nella classifica
dell’evapotraspirazione, il Cynodon risulta avere valori più bassi di
evatraspirazione in confronto altre specie di macroterme e di altre
specie da tappeto erboso. Bisogna però dire che all’interno del genere
Cynodon è presente una elevata variabilità per questo carattere.
Questo molto probabilmente è il riflesso dell’ampia base genetica
rispetto a quella più ristretta delle altre specie; a volte la ridotta ET è
stata associata ad alcune caratteristiche quali ad esempio la densità
dei germogli, e l’orientamento relativamente orizzontale delle foglie
(Taliaferro e McMaugh, 1993);
•
caratteristiche radicali. Tra i diversi genotipi di Cynodon sono state
riscontrate differenze per la profondità radicale ed il peso totale delle
radici.
1.11.1 CYNODON DACTYLON (L.) Pers.
Cynodon dactylon (Figura 11) è una specie originaria del Corno d’Africa
(Hanson, 1969), largamente presente dal 45° parallelo Nord al 45° parallelo
Sud ed è ben adattata a tutti i climi caldi (Taliaferro, 1995).
Cynodon dactylon (chiamato comunemente gramigna o bermudagrass) è
una specie estremamente variabile, all’interno della quale si possono
individuare ecotipi e varietà che presentano notevoli differenze per quanto
riguarda colore, tessitura, densità, vigore e adattabilità all’ambiente.
Si tratta di una specie perennante che si propaga per seme, stoloni o
rizomi. Gli stoloni radicano facilmente a livello di nodi, dove si formano
anche le gemme laterali da cui hanno origine germogli ascendenti che
38
raggiungono i 5-40 cm di altezza. Al livello ipogeo la pianta è dotata di
vigorosi rizomi.
L’apparato radicale è di tipo fibroso e perenne. Durante la stagione di
crescita vengono prodotte nuove radici, dopo la formazione di nuovi
germogli o foglie, mentre le radici mature, vengono sostituite da quelle
nuove.
La guaina delle foglie è più corta degli internodi, si presenta compressa,
opaca e con ciuffi di peli di 2-5 mm di lunghezza.
Le auricole fogliari sono assenti, il collare è continuo, sottile, glabro e con
pelosità laterale. La lamina fogliare è larga da 1,5 a 5 mm, opaca, con
presenza di peli; la prefogliazione è convoluta e le foglie sono appuntite.
L’infiorescenza consiste in un numero variabile di spighe (3-5) digitate,
sottili, in genere di color violetto.
Figura 11 - Pianta di Cynodon dactylon.
La durata del giorno e le temperature sono i principali parametri ambientali
che influenzano l’attività di crescita della gramigna. Il metabolismo del
Cynodon dactylon rallenta alla fine dell’estate nel momento in cui le
temperature notturne iniziano a diminuire. In questo periodo i carboidrati
39
vengono accumulati negli organi di riserva (stoloni, rizomi e corona) così da
garantire il nutrimento alle zone meristematiche durante l’inverno.
Col diminuire ulteriore delle temperature il metabolismo rallenta fino a
fermarsi (10 °C). Alla prima gelata si ha quindi la morte delle foglie e dei
germogli, che perdono completamente il colore verde e diventano color
paglierino; il Cynodon dactylon entra definitivamente in dormienza.
L’aumento della temperatura (circa 16 °C) in primavera induce la ripresa
vegetativa a partire dai meristemi sopravvissuti al periodo invernale.
L’intervallo delle temperature diurne dell’aria ottimale per la crescita dei
germogli è compreso tra i 27 e i 35 °C; invece per quanto riguardano le
temperature del suolo e la sua influenza sull’attività dell’apparati ipogeo,
l’ottimo di crescita si ha tra i 22 e i 35 °C, ma già a partire dai 15 °C si
riscontra un inizio dell’attività vegetativa.
Come sappiamo, il picco di crescita avviene nei mesi estivi, periodo nel
quale questa specie va a fiore. Una delle caratteristiche della gramigna è il
fatto di essere in grado di crescere e produrre seme anche nei periodi di
siccità.
Altro parametro molto importante per il corretto sviluppo dell’essenza
erbacea è la luce. Con intensità luminose inferiori al 60% di piena luce, il
Cynodon dactylon risponde con foglie e internodi allungati, germogli sottili e
un debole apparato radicale. Il tappeto erboso che si ottiene presenta una
bassa densità, aumentando le probabilità d’invasione da parte di alghe, Poa
annua e altre infestanti; è per questo motivo che va limitato l’uso di
Cynodon dactylon nelle aree in cui alberi o altre barriere determinano la
presenza d’ombra. I problemi principali per questa specie si riscontrano nei
green dei campi da golf posti parzialmente in ombra, qui la più bassa
altezza di taglio adottata diminuisce la superficie fogliare e quindi la pianta
non riesce a sopperire alla diminuzione dell’intensità luminosa; in queste
aree la richiesta minima di luce durante il giorno è di 6-8 ore (Yelverton,
2005).
In tarda estate-inizio autunno, quando le ore di luce iniziano a diminuire, i
culmi della gramigna diventano più eretti, in questo modo si aumenta la
superficie fotosintetizzante, e anche le foglie basali riescono a catturare la
luce. Nei periodi a giorno lungo, invece, il Cynodon di presenta con il
40
“classico” habitus prostrato, sufficiente a catturare la luce dalle foglie
superiori. L’ottimo di crescita si ha con 13 ore giornaliere di luce.
Il Cynodon dactylon può crescere in tipologie differenti di suolo, da argilloso
a sabbioso; la fertilità non è un fattore limitante eccetto per le varietà
utilizzate nei tappeti erbosi di alta qualità, dove per ottenere elevate
prestazioni dobbiamo somministrare alti livelli di azoto (da 24 a 90 kg ha-1
mese-1 durante la stagione vegetativa). Questa specie ha una media
tolleranza alla salinità (Carrow e Duncan, 1998) e riesce a sopportare
eventuali allagamenti, ma preferisce i suoli ben drenati. Essa presenta
anche una buona resistenza al traffico ed elevata capacità di recupero,
caratteristiche che la rendono idonea all’impiego nei campi sportivi.
Tollera bene un ampio range di pH (da 5.5 a 8.5) e ama i terreni di media
tessitura. Per queste caratteristiche il Cynodon dactylon può essere
utilizzato, oltre che per la realizzazione di tappeti erbosi di qualità, anche
per prevenire l’erosione del suolo e per l’inerbimento dei margini delle
strade.
1.11.2 CYNODON TRASVAALENSIS
Anche Cynodon transvaalensis è originaria del Sud Africa, tipica delle zone
umide adiacenti a bacino a corsi d’acqua.
Si tratta di una specie a tessitura fine e densità graminacee molto elevata,
con foglie erette e di colore verde chiaro, stoloni molto sottili con internodi
brevi e con produzione abbondante di seme ma spesso sterile per questo
propagata attraverso gli stoloni (stolonizzazione).
Si tratta di una specie con scarsa resistenza alle basse temperature, che
causano una colorazione rossiccia del tappeto erboso. È caratterizzata
inoltre da una crescita molto lenta.
1.11.3 CYNODON X MAGENNISII
Idrido naturale tra C. dactylon e C. travaalensis; ha tessitura fine, stoloni
sottili e rizomi superficiali; ha una scarsa resistenza alle basse temperature.
Questi ibridi iterspecifici, dei quali esistono attualmente numerose varietà,
sono stati sottoposti a lunghi lavori di selezione per ottenere genotipi con
maggiore adattabilità alle zone climatiche di transizione e con un buon
41
grado di finezza fogliare. La loro propagazione avviene esclusivamente per
via vegetativa (Emmons, 2000).
1.11.4 CYNODON BRADLEYI Stent
Cynodon Bradley è una specie a tessitura fine,distinguibile dal Cynodon
transvaalensis e dal Cynodon x magennisii per l’assenza di rizomi, infatti
presenta esclusivamente stoloni. La colorazione è verde opaco con foglie
pelose; viene utilizzato per la costituzione di green in Africa centrale.
1.12 GENERE PASPALUM
Il genere Paspalum è originario delle zone costiere sabbiose del Sud
America e dell’Africa, ma si è diffuso nella fascia tropicale umida e nelle
zone temperate a clima mite marittimo, adattandosi bene al clima
Mediterraneo. Questo genere comprende circa 250 specie, ma solamente
due se ne utilizzano per la realizzazione di tappeti erbosi.
1.12.1 PASPALUM VAGINATUM Swartz
Paspalum vaginatum, conosciuto anche con il nome comune di panico
acquatico è tra le specie macroterme più tollerante alle alte concentrazioni
di sali nel terreno e nell’acqua di irrigazione (Duncan et al., 2000), essendo
originaria delle zone costiere e salmastre, ha permesso di adattarsi a
situazioni “estreme”, quali valori di pH compresi tra 3.6 e 10.2. Riesce
inoltre a tollerare periodiche inondazioni e anche prolungati di ristagni idrici
(anche con acque saline) e periodi di siccità. La capacità di tollerare
situazioni difficili conferisce a tale specie un grande potenziale di diffusione.
Paspalum vaginatum è una specie perennante, che forma un tappeto erboso
di qualità superiore alle altre specie del genere Paspalum, in quanto la
tessitura è medio-fine, con lamine fogliari che hanno una larghezza che va
dai 3 fino agli 8mm;, esse possono essere arrotondate verso l’interno con
margini scarsamente pelosi verso la base. I caratteri morfologici che la
distinguono sono la ligula che è membranosa lunga 2-3 mm, una guaina con
margini sovrapposti, le auricole assenti e un collare ampio e continuo.
Possiede un tipo di prefogliazione conduplicata; le infiorescenze sono
42
composte da uno o due racemi, ma i semi sono poco vitali, per cui la
creazione dei tappeti erbosi avviene generalmente grazie alla propagazione
vegetativa di rizomi e/o stoloni.
Ha una rapida velocità di insediamento, migliore rispetto alle altre specie di
Paspalum, con buona ritenzione del colore durante il periodo invernale,
superiore a quella di Cynodon spp. Sopporta discretamente un’elevata
intensità di traffico, ed il potenziale di recupero è buono grazie alla sua
aggressività. Anche se ha un’ottima adattabilità ad un ampio range di pH,
quello ideale è compreso tra 6.5 e 7.5.
Paspalum vaginatum presenta alcune caratteristiche che la rendono molto
interessante per la creazione di tappeti erbosi ricreazionali a basso impatto
ambientale. La resistenza alla salinità ne permettono infatti l’impiego per la
stabilizzazione di terreni costieri soggetti ad erosione in aree in cui è
possibile impiegare per fini irrigui solo acqua ad elevata salinità.
Vista la buona tessitura, questa specie può essere impiegata per la
costituzione di tappeti erbosi di elevata qualità, come ad esempio per i
green dei campi da golf (con tagli ad altezza di 3-6 mm) e in campi sportivi.
Si utilizza preferibilmente in coltura monostand. Predilige un’intensità di
manutenzione media, adattandosi ad altezze di taglio comprese tra i 6 e i
25 mm. Per la formazione di tappeti erbosi di qualità necessita di pratiche
irrigue, con quantità di azoto comprese tra 30 e 45 kg m-² per mese di
crescita. Non sono segnalati danni causati da patogeni fungini. Danni
occasionali vengono causati da larve di lepidotteri e coleotteri, oltre che da
ninfe e adulti di grillotalpa.
Il Paspalum vaginatum è una specie che, per le sue peculiarità, ha attratto
l’interesse dei miglioratori genetici.
1.12.2 PASPALUM NOTATUM Flugge
Paspalum notatum, (Figura 21) chiamato anche comunemente Panico
brasiliano, è una specie macroterma originaria delle regioni subtropicali
dell’America meridionale, diffusa nel resto del mondo agli inizi del secolo. Il
tappeto erboso che costituisce non è di grande qualità, in quanto piuttosto
43
grossolano e con una scarsa densità. Può essere impiegata per la
costituzione di tappeti erbosi a bassa manutenzione.
Paspalum notatum è una specie perenne, particolarmente adatta a zone
calde di regioni caldo-umide. La tessitura è tra le più grossolane delle specie
macroterme da tappeto erboso e le lamine fogliari si presentano piatte o
ripiegate, con una larghezza di 4-8 mm con margini ciliati verso la base.
Presenta rizomi e stoloni molto robusti e piatti, che fanno si di presentarsi
con culmi piatti, eretti e corti. La propagazione avviene principalmente per
gamica,
grazie
alla
sua
abbondante
produzione
di
semi,
anche
se
l’insediamento piuttosto lento. Paspalum notatum è una specie molto
resistente alla siccità grazie al suo apparato radicale profondo e sopravvive
discretamente in zone ombreggiate e ad intenso traffico. Cresce di
preferenza su terreni con pH compreso tra 6.5 a 7.5, a tessitura grossolana,
poco fertili e scarsamente irrigati. La specie non è adatta a terreni salini e
non risulta particolarmente resistente alle basse temperature. Inoltre ha
una scarsa tolleranza ai ristagni idrici, ma una buona resistenza alle
malattie fungine.
L’uso di questa specie è limitato ad aree a bassa manutenzione e scarsa
intensità di traffico quali banchine stradali, aeroporti e aiuole.
Per insufficiente tessitura e densità non può essere utilizzata per tappeti
erbosi ad uso sportivo. L’intensità manutentiva richiesta è bassa; le altezze
di taglio sono comprese tra 35 e 65 mm. Altezze di taglio inferiori
consentono di rimuovere le infiorescenze prodotte in grandi quantità. Il
taglio, se effettuato con lame poco affilate può risultare difficoltoso a causa
della durezza della lamina fogliare.
1.13 ALTRE SPECIE MACROTERME UTILIZZATE IN ITALIA PER
LA COSTITUZIONE DI TAPPETI ERBOSI
Zoysia japonica Steud.
Specie originaria dell’Asia orientale e adatta ai climi caldo-umidi e di
transizione; questa specie è utilizzata soprattutto per tappeti erbosi
ornamentali ed in presenza di condizioni ottimali anche per tappeti erbosi
44
sportivi. Caratteristiche della specie sono, un’alta densità, una tessitura
medio-fine, una crescita prostrata grazie alla presenza di rizomi e stoloni.
Questa specie costituisce un tappeto erboso di alto valore estetico anche nel
periodo di dormienza. Presenta una buona resistenza al freddo, infatti entra
in periodo di riposo dopo il Cynodon e rinverdisce prima; ha una buona
resistenza alla siccità e un’eccellente resistenza al calpestamento e una
buona resistenza all’ombreggiamento; ha però una scarsa velocità di
germinazione, di insediamento e di rigenerazione.
Zoysia matrella Merr.
Anche questa specie è originaria del continente asiatico. forma tappeti
erbosi molto resistenti, si presenta con una tessitura fogliare molto fine e
con un habitus di crescita prostrato; è molto resistente al calpestamento ed
ha una buona tolleranza all’ombreggiamento.
Zoysia tenuifolia Wild. ex Trin.
Anch’essa originaria dell’Asia orientale, si caratterizza rispetto a Zoysia
japonica e Zoysia matrella per l’alta densità dei culmi, l’habitus di crescita
più eretto e la tessitura fogliare più fine.
Buchloë dactiloides (Nutt.) Engelm.
Specie macroterma originaria delle praterie degli Stati Uniti; presenta
un’eccellente resistenza alle alte temperature e alla siccità, per cui viene
impiegata in zone scarsamente piovose. Si tratta di una specie dioica,
costituisce tappeti erbosi con una densità molto elevata. È una pianta
stolonifera con tessitura fogliare fine.
Pennisetum clandestinum Hochst. Ex Chiov.
È una specie perennante originaria dell’Africa orientale e introdotta negli
anni ’20 negli USA. Nelle aree tropicali è considerata un’infestante; si
differenzia per avere un’elevata densità ed una tessitura grossolana (che
può rendere difficile il taglio). Ha una buona capacità di recupero e ottima
resistenza alla siccità e al calpestamento.
45
Dichondra repens J.R. Forst & G. Forst
Si tratta di una specie macroterma originaria del Sud-Est degli USA adatta
ai climi caldi e per uso ornamentale e ricreativo. Questa specie non
necessita di tagli, ha un aspetto molto gradevole, buona tolleranza alla
siccità, alle alte temperature e all’ombreggiamento. Non tollera però le
basse temperature.
1.14 REALIZZAZIONE DI UN TAPPETO ERBOSO
La preparazione del terreno per l’impianto di un tappeto erboso solitamente
non differisce molto da quella normalmente eseguita per una qualsiasi altra
coltura agricola.
La scelta della tecnica da adottare per l’insediamento del tappeto erboso
dipende principalmente dalle caratteristiche delle specie coinvolte e dal
periodo entro il quale si vuol ottenere la completa copertura del suolo.
Nella preparazione del suolo, in linea generale, si possono individuare una
serie di operazioni da compiere:
• eliminazione della vegetazione preesistente.
Prima di iniziare le operazioni di insediamento del tappeto erboso è
opportuno valutare la tipologia della vegetazione
presente,in quanto
l’eliminazione è differente a seconda della tipologia di vegetazione. In caso
di specie erbacee si può eseguire un’estirpatura e successivamente le piante
verranno interrate con la semplice lavorazione del terreno. In caso di specie
con strutture di propagazione come stoloni o rizomi, può rendersi necessario
effettuare un diserbo totale con prodotti sistemici, capaci, in quanto tali,di
essere assorbiti e traslocati nella pianta;
• raccolta dei sassi.
Questa si rende indispensabile quando la quantità e il volume dei sassi
rende difficoltoso la realizzazione e la manutenzione del tappeto. A tale
scopo possono essere utilizzate diverse soluzioni: macchine interra-sassi,
macchine frangi-pietre, o macchine raccoglitrici;
• movimento terra.
46
Tali operazioni sono necessarie per dare al terreno l’inclinazione desiderata
al fine di migliorare l’aspetto paesaggistico e soprattutto per garantire una
corretta regimazione delle acque;
• predisposizione drenaggi profondi.
I drenaggi profondi, a differenza di quelli superficiali che allontanano le
acque grazie allo scorrimento superficiale, garantiscono l’infiltrazione nel
substrato e la successiva percolazione delle acque in eccesso grazie a
condotti emungenti sotterranei (dreni) che hanno una certa disposizione
(solitamente a griglia o spina di pesce) ed una certa distanza (interasse) tra
di loro;
• installazione impianto di irrigazione.
L’impianto d’irrigazione si rende indispensabile nel caso in cui il tappeto
erboso sia collocato su substrati molto drenanti o nel caso di un tappeto
erboso ornamentale ad alto standard qualitativo;
• ammendamento del terreno.
È buona norma prima di realizzare un tappeto erboso eseguire un’analisi
fisico-chimica del terreno esistente (tessitura, calcare totale, calcare attivo,
pH, sostanza organica, capacità di scambio cationico, rapporto C/N, etc.);
su tali basi si valuterà la necessità o meno di modificare le caratteristiche
fisiche del terreno, con lo scopo di renderlo ottimale per la vita delle piante;
solitamente gli ammendanti più utilizzati sono: sabbia, torba zeolite e
vermiculite. Questo intervento può risultare molto oneroso in quanto il
materiale ammendante deve essere mescolato nel terreno fino ad una
profondità di 15-20cm (rootzone), e fino ad una percentuale del 50-60 in
caso di terreno facilmente compattabile;
• concimazione “starter”.
La concimazione iniziale deve prevedere apporti di fertilizzanti ricchi di
fosforo e potassio (elementi poco mobili nel terreno), in modo da creare le
condizioni ottimali per un rapido insediamento del cotico erboso;
• preparazione letto di semina.
Nel caso in cui non si sia fatta un’aratura si può provvedere con una
vangatura meccanica; in entrambi i casi si deve procedere ad un’erpicatura
(possibilmente con erpice rotante). Se il terreno si presenta troppo soffice è
possibile eseguire una leggera rullatura.
47
1.15 TECNICHE DI INSEDIAMENTO DEL TAPPETO ERBOSO
Le piante possono essere propagate in due diversi modi:
o
per seme (via sessuale o gamica);
o
per via vegetativa (asessuale o agamica).
Generalmente le specie microterme vengono insediate tramite semina,
mentre
la
maggior
parte
delle
specie
macroterme
viene
insediata
vegetativamente.
La moltiplicazione vegetativa può impiegare come materiali propagativi parti
di comunità mature di tappeto erboso, singole piante e partizioni di piantine
(esclusi i semi) caratterizzate da capacità riproduttiva.
La propagazione vegetativa è impiegata al posto di quella per seme, per
quelle varietà ibride in cui il genotipo non permette la produzione di seme
vitale e per la realizzare tappeti erbosi uniformi interamente composti da
piante appartenenti ad un unico genotipo.
Un metodo di propagazione vegetativa che può essere adottato sia con
specie macroterme che microterme è il trapianto di tappeto erboso in rotoli
su tutta la superficie (sodding).
Altri
metodi,
comunemente
utilizzati
per
specie
macroterme,
che
permettono un risparmio del materiale impiegato, sono la messa a dimora
di stoloni (stolonizzazione) e la messa a dimora di piccole porzioni di zolle di
tappeto erboso distanziate tra di loro (plugging).
Generalmente la propagazione vegetativa risulta più costosa rispetto alla
semina, ma, per alcune specie e cultivar di pregio è l’unico metodo
disponibile.
1.15.1 SEMINA
La semina può essere adottata per tutte le specie microterme e per alcune
cultivar di macroterme che sono state introdotte di recente nel mercato, ad
esempio di Cynodon dactylon e Zoysia japonica. L’impianto di queste
cultivar tramite la semina può ridurre il costo di insediamento rispetto ai
metodi vegetativi quali sprigging o al sodding (Patton et al., 2004).
48
I fattori principali che influenzano l’insediamento tramite semina sono: la
scelta della specie, del mix o del bland da impiegare, la qualità della
semente, la dose ed epoca di semina e la profondità di semina.
Dose di seme ed epoca di semina
L’epoca di semina varia secondo la specie prescelta per l’insediamento e la
zona climatica in cui ci si trova. Generalmente le specie microterme devono
essere seminate in tarda estate o inizio autunno in quanto mostrano una
maggior competitività verso le infestanti nei periodi più freddi dell’autunno e
dell’inverno.
Per insediare le specie macroterme nelle zone di transizione, il periodo
migliore in cui effettuare la semina è la tarda primavera, quando la
temperatura del suolo è abbastanza elevata da garantire la germinazione e
il rischio di gelate tardive è basso.
In generale, l’intervallo utile per la semina della macroterme è compreso fra
Maggio e Luglio. È possibile anche effettuare con successo una semina
tardiva in estate, quando sono ancora presenti condizioni ambientali
favorevoli alla nascita, anche se alcuni studi hanno dimostrato che
l’insediamento delle macroterme nelle zone di transizione è difficoltoso se
effettuato dopo il mese di Luglio, a causa della ridotta stagione di crescita
ancora a disposizione delle piantine, che potrebbe impedire alla pianta di
immagazzinare riserve di carboidrati necessari alla loro sopravvivenza
durante il periodo invernale (Patton, 2003; Dunn, 2004).
Le
dosi
di
seme
da
impiegare,
sono
determinate
soprattutto dalle
dimensioni e dal peso del seme, che varia da specie a specie (Tabella 8).
Tabella 8 - Dosi di semina delle principali specie da tappeto erboso.
SPECIE
DOSE DI SEME (Kg ha-1)
Cynodon spp.
49-73
Paspalum notatum
269-389
Buchloe dactyloides
73-123
49
Zoysia japonica
73-122
Agrostis stolonifera
25-49
Festuca arundinacea
367-536
Poa pratensis
73-122
La profondità di semina, pur essendo sempre abbastanza superficiale, è
determinata dalle dimensioni del seme. Un seme di piccole dimensioni come
quello di Agrostis stolonifera dovrà essere poco interrato, mentre per semi
di grandi dimensioni, come quello per esempio di Festuca arundinacea si
può arrivare fino ad una profondità di 1-2 cm.
Post semina
Le condizioni ambientali generalmente necessarie per una germinazione
rapida e completa del seme del tappeto erboso sono: un’adeguata umidità
del terreno, temperatura favorevole (maggiore di 15 °C per le macroterme),
un’adeguata ossigenazione e, in alcuni casi, una sufficiente esposizione alla
luce. Gli interventi irrigui successivi alla semina hanno lo scopo di
mantenere la superficie umida attraverso leggere e frequenti irrigazioni che
devono protrarsi fino all’emergenza completa.
Il processo di evaporazione dell’acqua dal suolo durante la germinazione
può essere rallentato attraverso la copertura del terreno con materiali
pacciamanti (mulching). A seguito del primo taglio, è opportuno effettuare
una concimazione con fertilizzante azotato. Sarebbe bene evitare l’uso di
diserbanti per il controllo delle infestanti durante le prime settimane di vita
del tappeto erboso in quanto le plantule sono molto sensibili e pertanto
potrebbero manifestarsi effetti fitotossici.
1.15.2 PROPAGAZIONE PER VIA VEGETATIVA
Con la propagazione per via vegetative si ottiene la miglior qualità estetica
di tappeti erbosi di Cynodon dactylon (L.) Pers. e Zoysia japonica Steud. per
campi da golf (Croce et al., 2005), tuttavia nelle ragioni mediterranee si
50
preferisce utilizzare il seme per l’impianto di queste specie. Questa
preferenza è dovuta alla maggiore reperibilità di semi piuttosto che di
materiale vegetativo per la formazione del tappeto erboso (Beard, 1973). La
propagazione vegetativa può esser effettuata con la stolonizzazione, il
sodding e il plugging.
1.15.2.1 STOLONIZZAZIONE
La stolonizzazione è un metodo di insediamento vegetativo che si avvale
degli stoloni delle piante macroterme. Questa tecnica consiste nella
distribuzione di porzioni di stoloni a spaglio sul sito di impianto. Gli stoloni
vengono prelevati da appositi “vivai” dove sono raccolti da tappeti erbosi
maturi tramite particolari macchine operatrici. Una volta raccolto, il
materiale deve essere impiantato entro breve; se ciò non fosse possibile, è
opportuno provvedere allo stoccaggio del materiale in ambiente refrigerato.
In aree di ridotte dimensioni lo spargimento degli stoloni può avvenire
manualmente, mentre in aree di grandi dimensioni è possibile avvalersi di
apposite macchine operatrici. Una volta terminata la distribuzione del
materiale vegetale è necessario eseguire una diraspatura per il loro
interramento seguita successivamente da una rullatura per assicurare il
contatto
tra
stolone
e
terreno.
La
stolonizzazione
viene
impiegata
esclusivamente per le specie macroterme perché sono caratterizzate da una
vigorosa crescita laterale, che consente loro di colonizzare e chiudere
velocemente il terreno.
Questa tecnica è utilizzata quando non vi è la possibilità di effettuare la
semina oppure quando si ha a che fare con ibridi sterili (McCarty and Miller,
2002).
Appena terminate
le
operazioni
di
impianto è
necessario effettuare
irrigazioni frequenti e ripetute in modo da mantenere umida la superficie del
terreno e gli stoloni, al fine di evitare il loro disseccamento (Rodriguez et
al., 2000).
La tecnica denominata sprigging è una modificazione della stolonizzazione
che consiste nella collocazione del materiale vegetale in piccoli solchi. Lo
sprigging permette un attecchimento vegetale e con un minore tasso di
mortalità (Johnson, 1973).
51
1.15.2.2 SODDING – TAPPETO IN ROTOLI
Questa tecnica di insediamento vegetativo consiste nel coprire un’intera
superficie attraverso il trapianto di zolle di tappeto erboso maturo
precostituito in appositi “vivai”, permettendo l’insediamento di un manto
eroso di qualità in brevi tempi.
Il trapianto di tappeto erboso in rotoli permette di svincolarsi da due fattori
che risultano importanti e che possono condizionare buona parte dei
tradizionali metodi d’impianto: l’epoca di impianto ed il problema delle
infestanti. Tramite il sodding possono essere potenzialmente propagate
tutte le specie da tappeto erboso, sia macro che microterme.
Il tempo necessario alla maturazione delle zolle varia da sei mesi a due anni
in relazione a: specie, condizioni climatiche e pratiche culturali. Le zolle di
Cynodon
dactylon
e
di
Poa
pratensis,
ad
esempio,
maturano
più
velocemente rispetto a zolle di Zoysia spp.
Una zolla di qualità deve essere uniforme, priva di infestanti, insetti e
malattie, presentare uno strato di feltro minimo ed avere riserve di
carboidrati sufficienti per permettere la radicazione. La raccolta avviene
attraverso apposite macchine operatrici che asportano strisce di manto
erboso e le arrotolano.
Il trapianto deve successivamente avvenire su terreno leggermente umido e
le zolle devono essere disposte in modo sfalsato per impedire il movimento
delle stesse. Una volta steso il materiale vegetale si procede ad una leggera
rullatura in modo da eliminare eventuali sacche d’aria formatesi e garantire
un buon contatto tra zolla e terreno.
Si procede infine con un’abbondante irrigazione del sito: l’acqua deve
penetrare al di sotto della zolla fino ad arrivare al terreno sottostante.
1.15.2.3 PLUGGING
Questo metodo di propagazione vegetativa può essere considerato una
variante del sodding. Il plugging è il processo mediante il quale piccole
porzioni di tappeto erboso vengono trapiantate a distanze regolari su un
terreno.
Le
zone
di
terreno
che
rimangono
scoperte
al
dell’impianto saranno colonizzate col tempo da stoloni e rizomi.
52
momento
Le porzioni di tappeto erboso sono raccolte in appositi “vivai” attraverso
speciali macchine operatrici che tagliano, dividono e separano le piccole
zolle, le quali possono avere dimensioni variabili da 2 a 20 cm.
Una volta raccolte, le zolle, sono trasportate al sito d’impianto e posizionate
sul terreno ad una distanza che varia da 30 a 50 cm l’una dall’altra, in
funzione della specie. Ovviamente, minore sarà la distanza d’impianto,
maggiore sarà la velocità di insediamento e di chiusura del manto erboso.
Il posizionamento delle zolle all’interno del sito prescelto per l’impianto può
avvenire in modo manuale, se l’area è piccola, o, su grandi aree, tramite
apposite macchine operatrici.
Rispetto alla tecnica del trapianto di tappeto erboso in rotoli, il plugging
consente un notevole risparmio di materiale vegetale, anche se questo
implica una facile comparsa di erbe infestanti. (Christians, 1998).
L’insediamento di specie macroterme tramite questa tecnica è solitamente
effettuato in tarda primavera o all’inizio dell’estate in modo da avere per il
maggior periodo di tempo possibile le temperature ottimali per un rapido
insediamento.
1.16 MANUTENZIONE DEI TAPPETI ERBOSI
Gli interventi di manutenzione dei tappeti erbosi si rendono necessari per
conservare nelle condizioni migliori il manto erboso. La formazione di spazi
vuoti infatti, oltre che ad un cattivo aspetto estetico, può facilitare l’ingresso
di specie infestanti, l’eccessiva fittezza invece può essere causa di attacchi
parassitari,
l’eccessivo
compattamento,
infine,
può
ridurre
l’approfondimento radicale e rendere più sensibili le piante alla siccità.
I principali tipi di manutenzione sono: la concimazione, l’irrigazione, il taglio
e la lotta alle infestanti.
1.16.1 LA CONCIMAZIONE
I tappeti erbosi asportano dal terreno elementi nutritivi necessari alla
crescita ed alle ordinarie attività fisiologiche, che devono essere reintegrati.
Le quantità di elementi nutritivi asportati dipendono dal clima, la specie, il
tipo di utilizzazione e manutenzione. Il numero di interventi con cui
distribuire gli elementi minerali dipende principalmente dal tipo di substrato.
53
Mentre sui green da golf i substrati sabbiosi e le frequenti irrigazioni
rendono necessarie numerose distribuzioni, in substrati a tessitura più fine e
dove il prato è sottoposto a utilizzi meno intensi, possono essere sufficienti
uno o due interventi l’anno. Un piano di concimazione deve prevedere gli
apporti dei macroelementi azoto, fosforo e potassio ma non deve tralasciare
l’eventuale necessità di un apporto di altri macro e microelementi.
I concimi organici non sono mai impiegati nella concimazione di copertura di
un tappeto erboso perché si ritiene che il feltro o i residui del taglio lasciati
sul posto possano svolgere il medesimo ruolo di una concimazione organica.
I concimi più largamente usati sono quelli di tipo minerale dotati di alto
titolo di azoto.
1.16.1.1 AZOTO
L’azoto è l’elemento minerale più consumato nella gestione del tappeto
erboso (Beard, 1973). Ciò si deve alla presenza di questo elemento
all’interno delle più importanti molecole (clorofilla, aminoacidi, proteine,
enzimi, vitamine, etc.). La quantità di N disponibile nella maggior parte dei
terreni è insufficiente per sostenere un tappeto erboso di alta qualità e le
concimazioni azotate sono pertanto necessarie. Il contenuto medio di N nel
tappeto erboso è di circa 2-4% del peso secco. In caso di carenza il primo
sintomo evidente
è
la diminuzione
della crescita verticale
e, quasi
concomitante, l’ingiallimento delle foglie.
L’azoto inoltre
è
il macroelemento
che
vanta maggiori effetti sulla
vegetazione: stimola la formazione di accestimenti, aumenta la densità e
determina il colore verde del tappeto; questa risposta del tappeto erboso
alla concimazione azotata è comunque influenzata dalla dose e dal periodo
di applicazione, dall’ambiente e dalle pratiche colturali adottate.
L’eccessiva disponibilità di questo elemento può favorire un eccessivo
sviluppo del collenchima a scapito del sclerenchima con conseguente
maggiore suscettibilità da parte della pianta a rotture, attacchi parassitari e
al sopraggiungere del freddo; aumenta anche il consumo idrico e l’accumulo
di feltro. inoltre l’apparato radicale si deteriora in quanto si riduce il numero
e la lunghezza delle radici, anche se il diametro aumenta. Il rapporto
54
foglie/radici si sbilancia a favore delle prime, che crescono senza però un
supporto nutrizionale adeguato da parte dell’apparato radicale.
Al contrario, apportando poco azoto, si stimola la crescita radicale,
aumentando così indirettamente la resistenza della pianta al caldo e alla
siccità, anche se aumenta la possibilità di contrarre malattie (quali ad
esempio la Sclerotina homeocarpa) che si sviluppano sui tappeti erbosi in
situazioni di stress da carenze nutrizionali.
Un programma ideale sarebbe quello di apportare delle piccole quantità di
azoto (e altri nutrienti) ogni 1-2 settimane durante la stagione di crescita,
ma una gestione di questo tipo sarebbe costosa e poco sostenibile nella
maggior parte dei casi; l’alternativa è ridurre al minimo gli interventi
cercando di applicare il fertilizzante nel periodo più adatto.
L’urea solubile è il concime fertilizzante maggiormente impiegato al mondo
sui tappeti erbosi (Harre e Bridges, 1988). Si preferisce l’uso di tale fonte di
azoto solubile relazione per via del basso costo e della rapidità di risposta
(McCarty et al., 1994).
Un tappeto erboso di Cynodon dactylon quando viene utilizzato nei campi da
golf delle regioni calde degli USA e cioè in suoli sabbiosi e climi tropicali può
ricevere fino a 1200 Kg ha-¹ anno-¹ di N (McCarty et al., 1994). A causa
dell’elevata
permeabilità
dei
suoli
e
delle
elevate
precipitazioni,
l’applicazione di un elevato quantitativo di azoto solubile può però causare
una notevole lisciviazione di tale elemento e ridurre così l’utilizzazione di
azoto da parte del tappeto erboso (Snyder et al., 1981; Petrovic, 1990).
La distribuzione di azoto a lento rilascio consente di ottenere produzioni di
biomassa maggiori rispetto a fonti di azoto facilmente disponibili. Invece
non sono state riscontrate grandi differenze per quanto riguarda il colore
delle lamine fogliari e la ritenzione di azoto (Cisar et al., 2005).
Il programma di concimazione azotata per le macroterme nelle zone di
transizione dove nel periodo invernale la pianta entra in dormienza è molto
semplice:
• concimazione primaverile-estiva.
Solitamente si raccomanda una dose pari a 30-40 kg ha-1 di N per ogni
mese del periodo vegetativo. La prima somministrazione viene eseguita
55
solitamente dopo due o tre settimane dalla ripresa vegetativa, in cui l’azoto
è l’elemento nutritivo essenziale (Turgeon, 1980; Bruneau et al.,2004).
• concimazione autunnale.
Tutte le specie macroterme sono sensibili agli stress causati dalle basse
temperature invernali. Gli eventuali danneggiamenti consistono nella perdita
di tappeto erboso durante l’inverno o l’inizio della primavera. I danni più
gravi, e permanenti, si hanno quando la temperatura scende rapidamente
sotto i 0 °C.
Diversi sono i parametri che rendono sensibile il Cynodon alle basse
temperature:

traffico eccessivo: porta alla rottura delle parti congelate uccidendo la
pianta;
inoltre
riduce
la
presenza
di
ossigeno
nel
suolo
con
conseguente indebolimento della pianta che diventa più sensibile agli
stress;

ristagno idrico: danni alle corone (zona meristematica della pianta);

carenza di umidità;

carenza di potassio;

feltro eccessivo: mantiene le corone al di fuori del suolo, viene a
mancare l’effetto di volano termico;

eccesso di azoto in autunno: la pianta presenta dei tessuti turgidi e
con le pareti cellulari poco inspessite;

eccesso di disseccamento: il vento e la bassa umidità dell’aria
favoriscono i danni da freddo;

taglio basso: se effettuato in tarda estate inibisce l’accumulo di
carboidrati di riserva, dando luogo a un tappeto debole e quindi
sensibile;

ombra: riducendo la quantità di fotosintesi si riduce anche la
produzione di carboidrati e si origina una pianta debole;

varietà utilizzata.
In sintesi, i danni da freddo sono maggiormente contraibili nelle aree gestite
con un intenso programma di concimazione, altezza di taglio basse e con
elevato traffico (Gilbert e Davis, 1971; Chalmers e Schmidt, 1979; Schmidt
et al., 1989). Nonostante vi siano numerosi parametri che influenzano la
resistenza del tappeto erboso agli stress invernali, è possibile limitarne
56
notevolmente la mortalità attraverso una buona gestione della concimazione
azotata in autunno.
Le pratiche di gestione per migliorare la resistenza ai danni causati dal
freddo si sono principalmente focalizzate sulla riduzione dell’impiego di
concimi azotati in favore di quelli potassici. Si è sempre sostenuto che la
concimazione autunnale azotata incrementasse la crescita dei germogli, e
che ostacolasse perciò l’immagazzinamento dei carboidrati e delle altre
sostanze di riserva che avrebbero permesso al tappeto erboso di superare il
periodo invernale senza problemi. Tuttavia numerosi studi hanno suggerito
che le concimazioni azotate autunnali non predispongono il Cynodon
dactylon a lesioni invernali come si credeva (Gilbert e Davis, 1971; Goatley
et al., 1994, 1998). Inoltre, le concimazioni potassiche autunnali non hanno
provocato effetti di maggiore resistenza ai danni provocati dal freddo sul
tappeto erboso (Miller e Dickens, 1996a,b).
Richardson (2002) ha messo in evidenza che la somministrazione di N in
autunno su Cynodon dactylon può ritardare il disseccamento autunnale ed
anticipare il rinverdimento primaverile rispetto alle parcelle che non erano
state concimate con N in autunno. T tale trattamento non ha avuto nessun
effetto sulle lesioni invernali né sulla resistenza dei rizomi al congelamento.
Gilbert e Davis (1971) hanno dimostrato che una concimazione equilibrata
di N e K è più efficace rispetto ad una concimazione ad alto contenuto di
solo azoto o di solo potassio; Goatley et. al. (1994) hanno dimostrato che le
concimazioni azotate autunnali non riducono il contenuto di azoto nei rizomi
e non aumentano i danni provocati dal freddo al tappeto erboso.
Le basi fisiologiche della tolleranza al freddo del Cynodon dactylon rimane
scarsamente definita, il che rende difficile progettare sistemi di gestione per
migliorare la resistenza al freddo; alcuni fattori però sono stati associati alla
resistenza al freddo, tra cui la morfologia (Dunn et al., 1980), le riserve di
carboidrati (Dunn e Nelson, 1974), l’accumulo di proteine (Gatschet et al.,
1994) e desaturazione dei lipidi (Samala et. al., 1998). La capacità delle
cellule vegetali di sopravvivere agli stress dovuti alle basse temperature è
spesso connessa con le caratteristiche osmotiche del tessuto della pianta ad
impedire in congelamento dell’acqua intra- ed extra-cellulare (Hsiao, 1973).
57
1.16.1.2 POTASSIO
Sebbene il potassio non sia presente direttamente nei più importanti
costituenti biochimici cellulari (clorofilla, proteine, vitamine, etc.), questo
elemento ha un importante ruolo di cofattore, essendo direttamente
implicato nella formazione dei carboidrati, nella crescita meristematica,
attivazione enzimatica e formazione delle proteine (Christians, 1998).
Poiché generalmente il tappeto erboso assorbe il potassio in quantità pari a
circa la metà dell’azoto, è opinione comune che si debbano apportare questi
elementi in un rapporto di 2/1 (N/K) (Turgeon, 1980).
A quest’elemento sono stati attribuiti una serie di effetti benefici sul tappeto
erboso quali una positiva influenza sullo sviluppo radicale e sulla resistenza
agli stress biotici (Tisdale e Nelson, 1975) e abiotici (Sandburg e Mus,
1990), quali stress da freddo (Beard, 1973), da caldo e da calpestamento
(Turner e Hummel, 1992). Le carenze da potassio comportano
maggiori
stress da siccità ed una minore resistenza alle malattie; una forte carenza si
può manifestare con l’ingiallimento che inizia dall’apice della foglia e, nei
casi estremi, può portare alla necrosi. Allo stadio iniziale la carenza di K non
è mai comunque facilmente individuabile. Per questo motivo oggi molti
operatori del settore consigliano dosi di potassio maggiori rispetto al
passato, laddove la capacità di scambio cationica consenta di trattenere
elevate quantità di questo elemento.
I risultati ottenuti dalle numerose ricerche svolte non sono tuttavia
concordi. Alcuni studi hanno indicato che la varietà di Cynodon ‘Tifway’ non
risponde positivamente alle concimazioni potassiche (Barrios e Jones, 1980)
o risponde solo alle dosi più basse di 4,9 g m-² (Carrow et al., 1987) o 12,5
g m-² (Horn, 1969). Quando i residui del taglio
vengono rilasciati sul
tappeto erboso, il tasso di accrescimento di ‘Tifway’ non risponde alle
concimazioni potassiche (Sartain, 1993). In un altro studio, Johnson et al.
(1987) hanno concluso che la qualità e la densità del tappeto erboso di C.
dactylon erano ugualmente buone alla dose di 5 e 30 g m-². Peacock et al.
(1997)
non
hanno
notato
un
miglioramento
nella
qualità,
colore,
radicazione, tolleranza al freddo del tappeto erboso di Cynodon varietà
‘Tifgreen’ in seguito a dosi crescenti di potassio. Carrow et al. (1987) hanno
osservato che la malattia dollar spot (Sclerotinia homoeocarpa) su C.
58
dactylon ‘Tifway’ era minore con concimazioni potassiche pari a 4,9 g m-²,
rispetto a 9,8 e 19,6 g m-². Snyder e Cisar (2000) aumentando la
concimazione potassica oltre il rapporto N/K pari a 2:1 su ‘Tifgreen’ non
hanno rilevato effetti sulla qualità, sulla crescita epigea e radicale, né sulla
persistenza del Cynodon.
Per quanto riguarda le concimazioni di potassio sarebbe consigliabile
intervenire quando si verificano i sintomi di carenza, ma poiché è molto
difficile individuare carenze di K, così come è molto difficile capire se
l’apporto è sufficiente, per coprire il fabbisogno si distribuisce come
concimazione di base alla semina 40-80 kg ha-¹ di K2O, e successivamente
in più apporti, a dosi ridotte, quale rifornimento costante e indispensabile
100-150 kg ha-¹ anno-¹ di K2O (per ragioni di praticità si preferisce
distribuirlo unitariamente all’N e al P).
1.16.1.3 FOSFORO
Il fosforo è un elemento essenziale per tutte le forme di vita, in particolare
perché è coinvolto nell'immagazzinamento ed il trasferimento di energia
(Havlin et. al., 1999). Questo elemento è, infatti, contenuto all’interno delle
molecole di adenosintrifosfato (ATP) e si trova più abbondantemente nelle
cellule
meristematiche,
dove
maggiore
è
il
fabbisogno
di
energia
metabolica. Il fosforo è inoltre un costituente degli acidi nucleici e delle
membrane citoplasmatiche. I rifornimenti di P sono necessari per il seme e
la formazione delle radici, per questo motivo è importante la concimazione a
base di fosforo nella concimazione “starter”. Una carenza di questo
elemento è stata associata a una ridotta crescita, una maggior presenza di
malattie (Turner, 1993) e una riduzione dello sviluppo radicale. Per contro,
elevati livelli di P favoriscono la diffusione dell'infestante più temibile dei
tappeti erbosi, Poa annua, probabilmente perché ne aumenta la resistenza
agli stress (Escritt e Leg, 1970; Turner e Hummel, 1992; Varco e Sartain,
1986). Per motivi pratici, si preferisce distribuire il P insieme con l’azoto
mediante concimi composti (60-120 kg ha-¹ P2O5 alla semina; 80-100 kg ha¹ P2O5 anno-¹). In caso di eccesso di fosforo nel terreno è opportuno
scegliere concimi composti a basso livello di P o eventualmente evitare la
somministrazione utilizzando concimi semplici.
59
1.16.2 IRRIGAZIONE
Per
irrigazione
s’intende
quella
tecnica
agronomica
che
si
occupa
dell’apporto artificiale di acqua al terreno agrario (Giardini, 2002), quando
la quantità di acqua piovana non è sufficiente al fabbisogno delle piante.
Nelle zone di transizione e in particolare il clima nel nostro Paese il ricorso al
supporto idrico non è quasi mai un’opzione, ma più spesso una necessità.
L’obiettivo principale dell’irrigazione è quello di riuscire a compensare il
deficit idrico delle essenze coltivate durante il periodo estivo.
Lo stress idrico interrompe molti processi fisiologici quali fotosintesi,
respirazione, sintesi di ormoni e assorbimento di nutrienti e acqua (Huang e
Gao, 1999). La siccità determina inoltre stress di tipo ossidativo nelle piante
da tappeto erboso, e questo è associato a un decremento nell’attività degli
enzimi
antiossidanti
e
ad
un
incremento
nella
perossidazione
delle
membrane lipidiche (Zhang e Schmidt, 2000; Jiang and Huang, 2001).
Molti autori hanno indagato sugli effetti della frequenza d’irrigazione,
evidenziando che se è troppo elevata induce uno sviluppo radicale poco
profondo (Hagan, 1955; Shearman e Beard, 1973; Qian e Fry 1996; Davies
eZhang, 1991; Hull, 1996) e aumenta lo sviluppo di malattie e infestanti
(McDonald, 1999), mentre una programmazione meno frequente può
migliorare i meccanismi di resistenza alla siccità, così come la profondità
dell’apparato radicale (Youngner, 1985), ed un ispessimento della cuticola.
La quantità di acqua necessaria dipende comunque da molti fattori legati tra
di loro, i principali sono:
a) specie impiegata. Questo fattore è uno dei più importanti, le specie
microterme
richiedono
programmi
di
irrigazione
più
intensi,
mantengano nel terreno un elevato livello di umidità; le
macroterme richiedono invece
che
specie
un supporto irriguo di gran lunga
inferiore, queste ultime infatti richiedono una quantità di acqua pari a
circa tre volte inferiore per produrre un grammo di sostanza secca,
questo grazie al sistema fotosintetico C4, più efficiente in situazioni di
alte temperature, limitate disponibilità idriche e basse concentrazioni di
CO2;
60
b) tipo di terreno. Terreni organici e/o a tessitura fine sono in grado di
trattenere più a lungo l’acqua e pertanto richiedono in genere minori
volumi di acqua rispetto ai terreni sciolti. In caso di terreni sabbiosi
l’apporto di grandi quantità di acqua risulterebbe uno spreco, infatti la
maggior parte dell’acqua somministrata percolerebbe al di sotto dello
strato esplorabile dalle radici. Per quanto riguarda invece i terreni
argillosi e compatti con una velocità d’infiltrazione molto bassa (1-3
mm/h) risulta pressoché impossibile irrigare in profondità. In queste
situazioni è preferibile irrigare frequentemente e con scarsi volumi di
adacquamento;
c) condizioni
climatiche.
I
programmi
d’irrigazione
non
possono
naturalmente non tenere in considerazione le precipitazioni totali e la
distribuzione delle stesse nel corso dell’anno.
In media possiamo affermare che in condizioni di mantenimento di un
normale tappeto erboso si necessita di somministrare circa 30-35 mm di
acqua
a
settimana,
acqua
che
come
abbiamo
visto
può
giungere
dall’irrigazione, dalle precipitazioni o da entrambe.
1.16.3 TAGLIO
Il taglio è considerato una delle pratiche colturali più importanti per il
tappeto erboso, che si caratterizza per essere sottoposto a interventi
frequenti ed eseguiti in prossimità della superficie del terreno. È buona
regola asportare, ad ogni taglio, non più del 30-40% dell’altezza dell’erba.
Tale regola nasce dal presupposto che l’asportazione di una porzione
eccessiva di biomassa provoca una shock fisiologico alla pianta, le cui
conseguenze negative si ripercuotono soprattutto sull’apparato radicale. Il
taglio che comporta l’asportazione di più del 40%
dell’esistente lamina
fogliare è particolarmente dannoso ed è comunemente indicato con il
termine scalping.
La scelta dell’altezza a cui eseguire il taglio dipende soprattutto dalle specie
impiegate
nella
formazione
del
tappeto
erboso.
Ogni
specie
infatti
possiede,in ragione delle proprie caratteristiche morfogenetiche, un’altezza
minima di tolleranza al di sotto della quale la pianta è severamente
danneggiata o addirittura non è in grado di sopravvivere. In linea di
61
massima le specie rizomatose o stolonifere sopportano tagli più bassi
rispetto alle specie cespitose.
Una tecnica che potrebbe consentire la riduzione della frequenza di taglio è
l’utilizzo di regolatori di crescita. È stato dimostrato che le diverse specie da
tappeto
erboso
reagiscono
regolatori di crescita
in
maniera
differente
all’applicazione
dei
(Fidanza e Johnson, 2001; Woosley et al., 2003;
Beam e Askew, 2005).
1.16.4 LOTTA ALLE INFESTANTI
I mezzi agronomici più rilevanti per limitare la diffusione delle piante
infestanti sono il taglio, la fertilizzazione e l'irrigazione. La modulazione
dell'altezza di taglio è mirato al contenimento di Digitaria sanguinalis. Il
programma di fertilizzazione punta a sfavorire infestanti leguminose e le
infestazioni di Poa annua (Christians, 1998).
Per quanto attiene l'irrigazione, la scelta di compiere interventi consistenti
in volume ma poco frequenti consente di mantenere relativamente asciutti i
primi cm di terreno, ostacolando di fatto la germinazione delle infestanti
annuali (Beard, 1973).
Il controllo delle specie erbacee non gradite viene eseguito anche attraverso
l’uso di sostanze chimiche.. Ai fini del diserbo chimico si distinguono due
gruppi botanici di infestanti, le Poaceae e le Dicotiledoni. La distinzione è
dovuta al fatto che le tecniche impiegate per i due gruppi sono diverse.
Mentre per seconde sono disponibili principi attivi efficaci e perfettamente
selettivi, per le Poaceae la situazione è più complessa in quanto i prodotti
disponibili non sempre sono totalmente selettivi e perfettamente affidabili.
1.16.5 ALTRI INTERVENTI
Uno dei maggiori problemi a cui sono sottoposti i tappeti erbosi riguarda il
compattamento del terreno: la compattazione influisce negativamente sulla
crescita dell’apparato radicale (Rosemberg, 1964); in particolare le radici si
sviluppano più superficialmente, diminuisce la lunghezza e aumenta la
massa radicale, ciò porta ad un minor assorbimento d’acqua, una maggiore
suscettibilità alla siccità e alle alte temperature, con conseguenze negative
sull’aspetto estetico del tappeto erboso (Barley e Greacen, 1967).
62
Dunque, gran parte degli interventi di manutenzione in un tappeto erboso
sono volti a ridurre il fenomeno della compattazione. Tra le numerose
pratiche colturali specifiche si ricordano la carotatura (rimozione di piccole
carote dal terreno) ed il vertidrain (foratura del terreno con fustelle).
1.17 SCELTA VARIETALE
La scelta delle specie da coltivare rappresenta il primo, fondamentale, passo
nella realizzazione del tappeto erboso. Una specie ben adattata all’ambiente
di coltivazione ed alla tipologia di utilizzazione
è più competitiva verso le
specie infestanti, ha un miglior stato fitosanitario e richiede pertanto un
minor fabbisogno di input esterni al sistema. Al contrario, questi ultimi sono
tanto più necessari quanto più una specie non è adattata al luogo o all’uso
che se ne fa. In ambiente mediterraneo, dove le elevate temperature e la
carenza idrica del periodo estivo, le specie con la capacità genetica di offrire
un
buon
risultato
tecnico
con
limitati
apporti
di
input
solitamente
appartengono alle specie macroterme.
Nel settore dei tappeti erbosi si è assistito negli ultimi anni ad una
evoluzione della scelta di specie che il mercato offre ai consumatori. Negli
scorsi decenni le specie più utilizzate erano quelle tipiche degli ambienti
anglosassoni (principalmente Lolium perenne e Poa pratensis). La difficoltà
di adattamento delle specie citate al periodo critico estivo tipico degli
ambienti mediterranei ha tuttavia determinato spesso l’insuccesso dei
tappeti erbosi a pochi anni dal loro impianto (Cereti et al., 2005), aprendo
così la strada allo studio e alla realizzazione di spazi verdi con le specie
macroterme.
In seconda istanza, dopo aver preso in considerazione le differenze tra le
varie specie, bisogna valutare attentamente le differenze intra-specifiche.
Infatti, diverse cultivar di una stessa specie possono fornire prestazioni
estremamente differenti nello stesso ambiente pedo-climatico. La risposta
varietale può essere anche notevolmente influenzata della funzione e
fruizione che il tappeto erboso andrà a svolgere.
Possiamo affermare che la scelta della cultivar orientativamente dovrà tener
conto di alcuni fattori quali:
63
• resistenza alle basse e alte temperature. La suscettività agli estremi
termici è molto variabile da una cultivar ad un'altra, è pertanto possibile
incrementare questa resistenza mediante una opportuna scelta varietale;
• aspetto estetico. Le cultivar differiscono notevolmente in termini di
tessitura,
densità,
colore.
Inoltre,
per
quanto
riguarda
le
specie
macroterme, è possibile osservare notevoli differenze in termini di entrata
in dormienza e ripresa vegetativa;
• resistenza alle avversità, si dovranno scegliere varietà più resistenti alle
malattie e agli attacchi parassitari;
• resistenza al calpestamento (per quanto riguarda i tappeti erbosi ad uso
sportivo o a forte usura), con varietà che abbiano una buona resistenza alla
trazione, una buona resilienza e capacità di recupero;
• esigenze gestionali. In ultima si dovrebbero scegliere quelle varietà che
necessitano di bassi input di gestione, quali tagli, concimazioni etc.
1.18 ASPETTI MORFOLOGICI DI ALCUNE POACEAE: STOLONI
E RIZOMI
Uno stolone è un ramo laterale che ha origine da una gemma ascellare
posizionata al colletto della pianta, definita appunto stolonifera, e che si
allunga scorrendo sul suolo, o appena sotto il terreno, emettendo radici e
foglie dai nodi, da cui si generano nuovi individui.
Lo stolone inizialmente consente il passaggio di acqua e nutrienti della
piante madre al nuovo germoglio, successivamente in alcuni casi anche
viceversa, fino a che il collegamento viene reciso, o ne viene a mancare la
naturale
funzionalità,
a
questo
punto
le
giovani
piante
divengono
indipendenti.
La pianta madre può produrre stoloni in più direzioni, cosa che permette
una sua rapida diffusione. In questo senso gli stoloni diventano degli
efficienti organi di riproduzione vegetativa.
Numerose piante possono formare rami che crescono prossimi al terreno,
ma non per questo sono stolonifere, bensì possono solo considerarsi delle
piante prostrate. Per essere stolonifera una pianta deve generare rami che
capaci di radicare ai nodi e produrre nuovi germogli.
64
Il rizoma è una modificazione del fusto con principale funzione di riserva. È
ingrossato,
sotterraneo
con
decorso
generalmente
orizzontale.
morfologicamente si presenta allungato e ramificato, decorrente sotto la
superficie del terreno, oppure breve e cilindrico, disposto in posizione più o
meno verticale. Oakley e Evans (1921) hanno classificato questi organi in
quattro categorie:
1. rizoma determinato, fusto sotterraneo che inizia dal colletto, si
accresce nel terreno fino a giungere in superficie producendo così un
nuovo germoglio;
2. rizoma indeterminato, fusto sotterraneo ingrossato e ispessito, che ad
ogni nodo produce un nuovo germoglio;
3. stolone determinato, fusto che prende origine dal colletto, presenta un
numero determinato di nodi e produce progressivamente germogli;
4. stolone indeterminato, fusto che si sviluppa indeterminatamente in
lunghezza, con varie ramificazioni laterali, tipico del Cynodon dactylon.
I
primordi dei rizomi e
degli
stoloni
sono
molto simili, il sito di
differenziazione è infatti intraguainale. Per tale motivo l’accrescimento
iniziale di questi organi ha portamento orizzontale (diagiotropico) e consiste
nell’attraversare la base della guaina perforandola anziché rimanere al suo
interno (Arber, 1934).
L’allungamento degli internodi e degli stoloni è rapido. Questo processo è
composto
di
due
fasi,
una di
differenziazione
cellulare
e
l’altra di
allungamento. All’inizio la zona meristematicamente attiva nel processo di
differenziazione coinvolge interamente l’abbozzo del rizoma o dello stolone,
successivamente le cellule degli internodi si allungano e l’attività di divisione
delle cellule si limita alle zone direttamente sopra ogni nodo, ossia quelle
che formano i meristemi intercalari del fusto.
I germogli nodali di stoloni o rizomi rimangono generalmente dormienti, a
meno che non si dividano dalla pianta o si danneggi il meristema apicale. Lo
sviluppo degli stoloni e dei rizomi è favorito dal fotoperiodo lungo (Evans e
Watkins, 1939). Youngner (1961) ha dimostrato che il maggior sviluppo di
rizomi e di stoloni nelle specie di Zoysia si verifica quando il fotoperiodo
supera le 8 ore. Le temperature ottimali per lo sviluppo di rizomi e stoloni,
invece, possono variare da specie a specie (Troughton, 1957).
65
I fattori ambientali che portano a rizomi ad emergere dal terreno non sono
ancora stati del tutto compresi. Brown (1939) ha osservato che le
temperature elevate o l’alto contenuto in azoto inducono gli apici dei rizomi
di Poa pratensis ad emergere. Harrinson (1939) ha trovato che i rizomi della
Poa pratensis sono emersi in condizioni di basse temperature e fotoperiodo
breve. Fisher (1965) ha suggerito che un elevato contenuto di CO2 nel
terreno e l’assenza di luce tendono ad impedire che le brattee dei rizomi
diventino foglie fino a che la punta del rizoma non attraversa la superficie
del terreno. Nelle macroterme, gli stoloni sono di primaria importanza per la
sopravvivenza invernale, infatti, le riserve di carboidrati solubili non
impiegate per il supporto della pianta, o i carboidrati non strutturali totali,
sono accumulati in questi organi e forniscono energia alla pianta nel periodo
in cui l’attività fotosintetica è nulla (Lacey et at., 1994). Più stoloni sono
prodotti dalle piante maggiori sono le chance di sopravvivenza invernale.
(Munshaw e Williams, 2002).
1.19 SOSTANZE ORGANICHE DI RISERVA
Le sostanze organiche prodotte dai vegetali vengono utilizzate in vario
modo dalla pianta: in parte esse vengono consumate per la respirazione, in
parte vengono trasformate in composti chimici diversi,, in parte infine
vengono accumulate come sostanza di riserva, per essere utilizzate in quei
particolari periodi della vita durante i quali le sintesi sono inferiori alle
utilizzazioni. A livello cellulare le sostanze di riserva vengono per lo più
accumulate in organuli specifici come vacuoli o plastidi, e le relative cellule
costituiscono tessuti specializzati (parenchimi di riserva), a loro volta
caratteristici di organi appositi, come gli stoloni e i rizomi.
Fra i glucidi sono importanti i polisaccaridi, che costituiscono la parte
fondamentale della parete cellulare (pectine, cellulose, emicellulose), a cui
si uniscono altre sostanze che irrobustiscono la parete (lignina, suberina,
sali minerali).
66
1.19.1 CARBOIDRATI NON STRUTTURALI
I carboidrati di riserva sono considerati i materiali non strutturali che
possono essere matabolizzati in vari tessuti vegetali e poi successivamente
essere utilizzati per la respirazione, lo sviluppo e l’accrescimento.
Le riserve principali delle piante erbacee sono costituite da zuccheri,
fruttosani, amido e raramente emicellulosa. Cellulosa ed emicellulosa sono
infatti materiali con funzione prevalentemente strutturale e non è ancora
stato dimostrato che si possono convertire in sostanze meno complesse e
fungere da riserva (Troughton, 1957).
L'amido viene sintetizzato per via enzimatica a partire dal glucosio.
Attraverso la sintesi dell’amido, la pianta può depositare il surplus di
glucosio, e poiché questo è il principale combustibile cellulare, l’amido
rappresenta una forma di deposito di energia. Il glucosio così depositato
può essere prelevato in qualsiasi momento dalla pianta, come ad esempio
per gli stress idrici, per gli stress dovuti alle alte o basse temperature e per
il rinverdimento delle specie macroterme in primavera dopo il periodo di
dormienza.
La
formazione
dell'amido,
cioè
l’unione
dell'amilosio
e
dell'amilopectina, è catalizzata dalla amilo-sintetasi (Neil e Jane, 2004).
I carboidrati non strutturali vengono sintetizzati nella foglia durante il
giorno. La concentrazione di tali sostanze è variabile e dipende da molti
fattori. Durante la notte invece i fotosintetati vengono trasferiti dalla lamina
alle guaine, fusti, corone ed infine stoccati nei rizomi (Hull, 1981). May
(1960) ha precisato che il termine “carboidrato di riserva” ha una
connotazione di accumulo, utile a precisare la funzione, ma che comunque
anche le modalità di utilizzazione di queste sostanze sono ben documentate.
In base alla tipologia di sostanze di riserva che una pianta da tappeto
erboso immagazzina si possono distinguere due categorie (DeCugnac,
1931; Smith, 1972):
• specie da tappeto erboso microterme, che immagazzinano principalmente
fruttosani, poco saccarosio, zuccheri riducenti e amido. Poche sono le specie
C3 che accumulano amido (Bender e Smith, 1973) o saccarosio (Borland e
Farmer, 1985) alla base del fusto. La maggior parte delle riserve è presente
in tutti i tessuti vegetali è costituita da fruttosani;
67
• specie da tappeto erboso macroterme, che immagazzinano amido,
saccarosio e zuccheri riducenti, ma nessun fruttosano (Okajima e Smith,
1973) o saccarosio (Bender e Smith, 1973), ma l’amido deve essere
mobilitato prima che possa servire da fonte di energia per lo sviluppo. Nelle
specie macroterme l’amido si accumula quando il metabolismo all’interno
della foglia è rapido e gli zuccheri prodotti andrebbero ad inibire la
fotosintesi, oppure quando i fotosintetati prodotti eccedono alla domanda.
Tuttavia, dato che le specie a C4 sono ad alta efficienza fotosintetica,
esportano velocemente i fotosintetati dalle foglie (Hosftra e Nelson, 1969),
l’amido quindi è raramente accumulato nelle foglie, ma è concentrato negli
organi di stoccaggio (stoloni e rizomi).
I cambiamenti stagionali nel tenore di carboidrati di riserva sono stati
segnalati per molte specie (Troughton, 1957). Inoltre anche se esistono
differenze notevoli fra le specie, zone geografiche, differenti siti di
accumulo, alcune generalizzazioni possono essere fatte.
Il tasso massimo di accumulazione dei carboidrati di riserva avviene nella
stagione fredda a partire dall’autunno, quando lo sviluppo della pianta è più
lento. Una graduale diminuzione delle riserve avviene durante l’inverno.
Le riserve rimangono solitamente basse durante l’estate, anche se un
leggero aumento estivo si può avere in determinati climi. Una tendenza
simile è stata riscontrata in un tappeto di Cynodon da Weinmann e Reinold
(1946). Tali fluttuazioni sono evidenti per i carboidrati sia nelle radici che
nei rizomi, ma l’immagazzinamento nei rizomi supera di gran lunga quello
delle radici. Le fluttuazioni stagionali nelle riserve di carboidrati sono in gran
parte il risultato dei cambiamenti nelle condizioni climatiche, la somma
termica è infatti un fattore importante nell’utilizzazione ed il controllo delle
riserve (Brown, 1939; Sullivan e Sprague, 1949; Miller, 1960).
Diverse varietà della stessa specie possono differire nella capacità di
immagazzinare carboidrati di riserva in condizioni di temperatura identiche
(Youngner e Nudge, 1968).Le specie macroterme possono accumulare
carboidrati di riserva a temperature più elevate rispetto alle microterme,
tuttavia McKell e Youngner (1968, dati non pubblicati) hanno indicato che
l’immagazzinamento massimo di carboidrati in Cynodon dactylon si presenta
alle temperature vicine allo zero di vegetazione.
68
A pari livello termico, diminuisce il contenuto di carboidrati di riserva con
l’aumentare della concimazione azotata (Sullivan e Sprague, 1953). Ciò
deriva dalla maggiore utilizzazione dei carboidrati di riserva per lo sviluppo
dei germogli determinato dall’azoto supplementare. La qualità di luce
ricevuta dal germoglio è un determinante importante del contenuto di
carboidrati di riserva, così come per tutti gli altri processi di sviluppo e di
crescita. La quantità di luce ricevuta è determinata dall’intensità e dal
fotoperiodo (Watkins, 1940).
Affinché una pianta accumuli carboidrati di riserva, il tasso di sintesi dei
carboidrati deve eccedere il tasso di utilizzo degli stessi per la respirazione e
lo sviluppo. Quindi la quantità di energia luminosa intercettata da un
germoglio
deve
eccedere
il
punto
di
compensazione
(produzione
–
consumo) di un valore considerevole affinché le riserve siano accumulate.
Anche se l’energia richiesta dalla singola foglia è raggiunta con una frazione
della
luce
solare,
la
quantità
richiesta
per
l’accumulo
massimo
di
fotosintetati può essere notevolmente più alta del normale, questo perché le
foglie di un tappeto erboso normalmente si fanno ombra a vicenda (Alberda,
1957; Wilsie, 1962)
1.19.1.1 RUOLO DEGLI ZUCCHERI IDROSOLUBILI
Tra tutti i composti organici, quelli più importanti dal punto di vista del ruolo
che rivestono nella resistenza agli stress e nella ripresa vegetativa risultano
essere gli zuccheri idrosolubili. Infatti, molteplici ricerche hanno dimostrato
come essi siano coinvolti in condizioni di stress. Inoltre, recenti studi sulla
relazione tra fruttosani e tolleranza allo stress supportano il loro valore
nell’aiutare le piante in condizioni ambientali avverse.
Durante il normale processo di fotosintesi, le Poaceae sono in grado di
spostare e accumulare zuccheri (composti carboniosi), costituendo in tal
modo un pool di riserve utile alla pianta per superare periodi di stress dovuti
ad esigenze fisiologiche ed a fattori esterni (Pollock, 1978), come possono
essere appunto le basse temperature, la siccità e il taglio.
Per
quanto
riguarda
lo
stress
da
basse
temperature,
la
funzione
crioprotettiva dei fruttosani è controversa (Livingston e Henson, 1998).
Sebbene un diretto ruolo protettivo dei fruttosani rimanga concettuale, la
69
recente dimostrazione di Demel et al. (1998) di una forte e specifica
interazione tra i fruttosani con membrane modello, suggerisce che questi
possano aiutare e prevenire la condensazione dei lipidi e mettere appunto
traslocazioni per prenderne il posto in cellule avvizzite per stress da acqua e
gelo. È stata riscontrata una marcata idrolisi dei fruttosani, sia ad alto che a
basso peso molecolare,in mono- e disaccaridi a temperature sotto lo zero in
specie erbacee temperate (Chatteron et al., 1998) e nei cereali vernini
(Ollien and Clark, 1993; Livingston, 1996).
Inoltre, è stato messo in evidenza che gli zuccheri solubili come il saccarosio
e
gli
oligosaccaridi
della
famiglia
del
raffinosio
giocano
un
ruolo
determinante nella tolleranza agli stress, proteggendo proteine e membrane
dalla denaturazione indotta dal congelamento (Hoekstra et al., 1989; Gusta
et al., 1996), prevedendo l’aderenza di ghiaccio ai tessuti cellulari (Ollien,
1984), oppure modificando la formazione dei cristalli di ghiaccio stesso.
Come risposta allo stress di siccità, le concentrazioni di fruttosani e di altri
zuccheri idrosolubili decrescono sia nel Trifolium repens che nel tessuto
basale di Festuca arundinacea (Norris e Thomas, 1982; Suzuki e Chatteron,
1993; Spollen e Nelson, 1994, Voltaire e Gandoin, 1996).
Suzuki e Chatteron (1993) e Spollen e Nelson (1994) hanno trovato che,
durante i periodi di siccità il contenuto di fruttosani decresce alla base delle
foglie di Festuca arundinacea e nel Lolium perenne, presumibilmente per il
rilascio di esosio e saccarosio al fine di mantenere l’equilibrio osmotico. La
concentrazione di questi ultimi zuccheri, infatti, aumenta durante il periodo
secco. Pertanto un corrispondente incremento nelle concentrazioni di
zuccheri osmoticamente attivi durante la siccità attribuita all’idrolisi dei
fruttosani che diminuisce così il potenziale osmotico e aumenta lo stato
idrico.
Per quanto riguarda i tagli, in generale, essi inducono un calo nel contenuto
dei carboidrati di riserva proporzionale all’intensità e alla frequenza con cui
vengono effettuati (Smith, 1972). Con tagli molto severi, troppo frequenti o
effettuati ad un’altezza insufficiente (scalping), oltre ai carboidrati vengono
mobilizzate altre sostanze come ad esempio le proteine (Davidson e
Milthorpe, 1996).
70
1.19.2 PROTEINE DI RISERVA
Dopo i carboidrati, le proteine costituiscono la maggior parte della biomassa
delle cellule vegetali. Le proteine sono polimeri di amminoacidi in cui le
singole unità sono collegate tra loro da legami carbonio-azoto (C-N). Molte
proteine sono anche enzimi che catalizzano le reazioni biochimiche.
Le proteine di riserva si trovano nelle sementi e sono usati come fonte di
nutrimento per lo sviluppo iniziale delle piantine, oppure sono utilizzate per
il rinverdimento delle piante in primavera dopo il periodo di dormienza
(Turgeon, 1980).
71
2. SCOPO DEL LAVORO
Nel nostro Paese, negli ultimi anni, si è assistito ad un aumento dell’impiego
di specie appartenenti al gruppo delle macroterme per la realizzazione di
tappeti erbosi.
Il crescente interesse verso queste specie è dovuto al fatto che nelle zone di
transizione i tappeti erbosi di specie microterme possono essere mantenuti
a livelli qualitativi soddisfacenti unicamente con abbondati e frequenti
irrigazioni durante i mesi estivi. Al contrario, le specie macroterme, quali
Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum sono in grado di fornire ottime
prestazioni con limitati apporti idrici. Tali specie, però, possono trovare
difficoltà
nei mesi
invernali
perché
sono poco
resistenti
alle
basse
temperature. La capacità di sopravvivenza invernale e la velocità di ripresa
vegetativa primaverile è influenzata dalle pratiche colturali ed in particolare
dalla concimazione.
Nel presente lavoro si è cercato di valutare gli effetti di diversi piani di
concimazione azotata sulla capacità di accumulare sostanze di riserva negli
stoloni. In particolare è stata determinato il contenuto in percentuale dei
carboidrati idrosolubili, amido e proteine negli stoloni di quattro cultivar di
Cynodon dactylon e una di Paspalum vaginatum durante il periodo
invernale.
72
3. MATERIALI E METODI
3.1 CARATTERISTICHE PEDOLOGICHE
La prova è stata realizzata sul terreno di un campo sperimentale presso
l’Azienda Agraria Sperimentale ‘Lucio Toniolo’ della Facoltà di Padova con
sede a Legnaro (Latitudine 45° N, longitudine 11° E).
I risultati delle analisi chimico-fisiche del terreno della prova hanno messo
in evidenza un terreno di medio impasto di tipo franco-limoso, con pH
leggermente alcalino, ricco di fosforo assimilabile e di potassio scambiabile.
Nella tabella sottostante sono riportati i risultati delle analisi pedologiche
(Tabella 9).
Tabella 9 - Risultati delle analisi chimico-fisiche relative al terreno di prova.
Caratteristica
Media di tre valori
Sabbia
18%
Limo
66%
Argillo
16%
Sostanze organiche
2.3%
pH
8.1
Fosforo assimilabile
37.4 mg kg
¹
Potassio scambiabile
129 mg kg
¹
La natura limosa del substrato rende il terreno suscettibile a forti eventi di
lisciviazione durante eventi piovosi e alla formazione di crosta superficiale
nei periodi di siccità.
3.2 CLIMA
Il
clima
che
interessa questa zona è
di
tipo
sub-tropicale
umido,
caratterizzato da inverni miti, grazie alla vicinanza al mar Adriatico, ed
estati piuttosto calde.
Nei mesi invernali si verificano frequenti nebbie dovute all’elevata umidità
dell’aria e alla scarsa presenza di venti.
73
Il climodiagramma (Figura 12) rappresenta la media storica di 43 anni delle
temperature e della piovosità nella località di Legnaro, situata a 10 m s.l.m.
La curva rossa rappresenta la temperatura media di ogni mese. I mesi di
dicembre, gennaio e febbraio hanno temperatura media delle minime
inferiore a 0 °C: presenza di gelate; mentre a ottobre, novembre, marzo e
aprile in almeno un giorno la temperatura minima è risultata inferiore a 0
°C: possibilità di brinate.
Figura 12 - Climodiagramma di Legnaro (PD) secondo Walter e Lieth (1960).
La media delle minime giornaliere del mese più freddo è di -1,3 °C, mentre
la media minima assoluta è di -5,5 °C. La temperatura media annua è di
12,3 °C. La temperatura media delle massime del mese più caldo è di 28
°C, mentre la media massima assoluta è di 32.8 °C. L’escursione termica
media giornaliera è di 9,4 °C.
74
Per quanto riguarda le precipitazioni queste non hanno una distribuzione
costante durante la stagione, le minime si hanno nei mesi da dicembre a
marzo, le massime a giugno e ottobre. La piovosità media cumulata annua
è di 811,1 mm. Le temperature medie e precipitazioni rilevate durante il
periodo di prova sono riportate in Tabella 10.
Tabella 10 - Temperatura dell’aria e precipitazioni durante il periodo di prova.
Temperatura dell’aria (valore
Precipitazione
medio)
Media (°C)
Max (°C)
Min (°C)
mm
Novembre
10,07
12,92
7,34
92
Dicembre
3,82
7,14
0,61
113
Gennaio
2,54
5,49
0,13
59
3.3 SCHEMA SPERIMENTALE
La prova prevede il confronto di quattro cultivar di Cynodon dactylon e una
di Paspalum vaginatum sottoposte a tre diversi piani di concimazione
azotata. La prova è stata impostata con uno schema sperimentale a spltiplot con tre repliche, avente le cultivar come fattore primario e i piani di
concimazione come fattore secondario (Figura 13).
Cultivar:
1.
Cynodon dactylon: Yukon;
2.
Cynodon dactylon: Riviera;
3.
Cynodon dactylon: Princess 77;
4.
Cynodon dactylon: SWI 1014;
5.
Pspalum vaginatum: Seaspray
Piani di concimazione azotata:
A. Maggio, giugno, agosto
alla dose di 66 kg ha-¹ di N per somministrazione.
B. Maggio, giugno, agosto e settembre
alla dose di 50 kg ha-¹ di N per somministrazione.
75
C. Maggio giugno, giugno, agosto, settembre e ottobre
alla dose di 40 kg ha-¹ di N per somministrazione.
Il concime utilizzato è il nitrato ammonico (26% N). Non sono stati
somministrati concimi fosfo-potassici.
Le parcelle hanno dimensioni di 6 m² (3 m x 2 m), sono state divise da viali
non inerbiti aventi rispettivamente larghezza di 1 m e 0,5 m necessari per
contenere l’accrescimento orizzontale delle cultivar.
Figura 13 - Mappa della prova parcellare.
76
3.4 CULTIVAR UTILIZZATE
1. Cynodon dactylon YUKON
Questa varietà di Cynodon dactylon presenta un eccellente tolleranza al
freddo e una superba qualità del tappeto erboso. Viene utilizzata per la
formazione di tee, fairways e roughs nelle zona tropicali e sub-tropicali di
transizione. Questa varietà utilizza fino al 25% in meno di acqua rispetto
alle altre varietà della stessa specie. È caratterizzata da un rapido
rinverdimento, alta densità di stoloni, colore verde scuro uniforme, internodi
corti, struttura densa e fine, alta resistenza al freddo invernale, eccezionale
tolleranza alla siccità estiva e ridotto sviluppo verticale.
2. Cynodon dactylon RIVIERA
È una varietà sintetica derivata dall’incrocio delle linee clonali di tre genitori,
selezionata in base alla qualità del tappeto erboso e all’adattabilità alle zone
di transizione. Presenta finezza media, buona densità, colore verde scuro,
altezza ridotta, buon tasso di crescita laterale e resistenza all’usura.
3. Cynodon dactylon PRINCESS-77
Varietà ibrida ben
strutturata
geneticamente
tanto
da poter essere
riprodotta per seme. Viene utilizzata per la realizzazione di fairways, tee,
prati domestici, parchi e campi sportivi quali calcio e baseball.
I vantaggi di questa varietà sono il colore verde scuro, la finezza media
della foglia, l’alta densità, la moderata velocità di rinverdimento e la buona
resistenza alla siccità.
4. Cynodon dactylon SWI 1014
Questa varietà soffre particolarmente l’ombreggiamento, ha una colorazione
verde scuro, costituisce tappeti erbosi di buona qualità e buona resistenza ai
danni causati dal freddo, ma scarsa velocità di insediamento.(Patton, 2008)
Può essere utilizzata in campi sportivi come fairways, teen.
5. Paspalum vaginatum SEA SPRAY
Questa varietà di Paspalum vaginatum presenta un colore verde brillante e
una densità elevata. Può essere utilizzata in tappeti erbosi ad uso sportivo,
come campi da golf, tee, fairway e rough, ma anche per aree verdi
ricreazionali. Questa cultivar è meno sensibile al dollar spot rispetto ad altre
cultivar di Paspalum vaginatum.
77
3.5 INTERVENTI PREPARATORI
La preparazione della superficie oggetto della prova sperimentale ha seguito
le seguenti fasi:
• rimozione della vegetazione preesistente;
• aratura nel periodo autunnale;
• erpicatura nel mese di maggio;
• livellamento della superficie;
• suddivisione del terreno, mediante picchettatura angolare e stesura del
filo tra i picchetti, per evidenziare le diverse tesi e viali (Figura 13);
• semina a spaglio delle parcelle (24 giugno 2008) impiegando 5g m-2 di
seme; 5g x 6m² = 30g di seme per parcella
• leggero interramento del seme con rastrello;
• concimazione di base tramite somministrazione di P2O5 (150 kg ha-1) +
K2O (150 kg ha-1) + N (50 kg ha-1);
• irrigazioni leggere (3-5 mm al giorno) per i primi 25 giorni dalla semina.
3.6 GESTIONE DELLA PROVA
Il taglio è stato eseguito settimanalmente durante la stagione vegetativa
2009 e 2010 a un’altezza di 5,2 cm. La macchina utilizzata per il taglio è del
tipo a lame orizzontali, che opera il taglio per impatto della lama sulla
foglia. L’inizio e la fine dei tagli sono stati decisi in funzione della crescita
verticale della vegetazione, che è stata monitorata settimanalmente in
prossimità della ripresa vegetativa e dell’entrata in dormienza, attraverso
uno strumento, detto ergometro, a piatto circolare.
Durante la stagione di crescita i viali sono stati tenuti privi di vegetazione
con opportuni diserbi, allo scopo di contenere lo sviluppo orizzontale delle
piante in prova. Non appena si osservavano sconfinamenti eccessivi delle
piante in parcella si procedeva cioè alla distribuzione, nella parte non
inerbita, di glyphosate alla dose consigliata per il Cynodon dactylon.
78
3.7 PRELIEVO DEI CAMPIONI
I campionamenti sono avvenuti nei mesi di novembre, dicembre e gennaio.
L’operazione prevede il prelievo con una vanga di una zolla di tappeto
profonda 4 cm e di forma quadrata con 20 cm di lato; il tutto facilitato dalla
presenza di un tutore metallico quadrato come visibile in figura 14. Una
volta estratto, con un coltello ed un metro si rifila la zolla a 4 cm di
profondità.
Figura 14 - Prelievo del campione di tappeto erboso.
Dopo aver estratto il campione è necessario riempire di terra il buco creatosi
all’interno della prova, quest’operazione va effettuata per permettere una
più facile ricolonizzazione della superficie da parte degli stoloni e rizomi. Si
segnala inoltre l’importanza, per l’esito stesso della prova, di non estrarre
nei prelievi successivi la stessa zolla di terra.
Il passaggio successivo prevede il lavaggio con acqua per ripulire le piante
dai residui terrosi. Dopo il lavaggio, il campione andrà separato dalle foglie
e dalle radici (Figura 15), con questa operazione si completa la pulizia del
campione per le successive analisi di laboratorio.
79
I rizomi, quando presenti, vengono tenuti separati dagli stoloni. Una volta
terminata la pulizia del campione si inserisce il tutto in un sacchetto di nylon
e con il relativo cartellino, indicante la data, il tipo di prova, il blocco e la
tesi, viene riposto in congelatore a -18 °C per bloccare l’eventuale
degradazione degli zuccheri.
Figura 15 - Stoloni di Cynodon dactylon.
3.8 LIOFILIZZAZIONE E DETERMINAZIONE DEL PESO SECCO
Dopo il prelievo dei campioni si procedeva alla loro liofilizzazione. Questo
processo di essiccazione consente di eliminare l’acqua dai tessuti vegetali
senza ricorrere al riscaldamento in essiccatoi. La liofilizzazione infatti
avviene a basse temperature (-70 °C) e in presenza di vuoto. Ogni ciclo ha
la durata di 48 ore. È stata scelta questa tecnica, poiché il riscaldamento
avrebbe portato ad una modificazione del contenuto in zuccheri. Una volta
estratti i campioni dal liofilizzatore venivano pesati, ottenendo così il peso
secco degli stoloni. Dopo la pesatura, si procede con la macinazione del
campione utilizzando un setaccio a maglia da 0,5 mm.
80
3.9 ESTRAZIONE E ANALISI DEI CARBOIDRATI
IDROSOLUBILI
Estrazione: la prima operazione consiste in una pesata di 100 mg di
campione. Il campione pesato viene riposto in un pallone di vetro a cui
vengono aggiunti 20 ml di alcool etilico puro all’80%. Il tutto viene posto su
un fornello con refrigerante ad acqua, portato ad ebollizione e fatto bollire
per sei minuti. Passato questo tempo si levano dal fornello i palloni, si
aggiungono altri 20 ml di alcool etilico all’80% e si rimette a bollire per altri
sei minuti. Trascorsi anche questi sei minuti si toglie nuovamente il pallone
dal bollitore e nel pallone si aggiungono 20 ml di acqua deionizzata, dopo di
che si fa bollire il tutto ancora per altri sei minuti. A tempo trascorso si
procede nuovamente all’aggiunta di 20 ml di acqua deionizzata ed
ebollizione per una durata di sei minuti.
In seguito, i palloni vengono filtrati mettendo sull’imbuto della beuta sotto
vuoto, del cotone e della carta da filtro di diametro 12,5 cm (Watman 40 o
589 Shleirer e Schull). Si travasa quindi il contenuto filtrato della beuta in
un cilindro graduato e si porta a volume 80 ml con l’acqua deionizzata.
Si agita e si travasa parte del filtrato in provetta che deve essere tappata
con del parafilm e alla fine delle estrazione va posta in frigorifero a 4 °C per
non perdere le sostanze volatilizzabili.
Lettura:
la
lettura
degli
zuccheri
idrosolubili
presenti
in
soluzione
(saccarosio, glucosio, fruttosio, e fruttosani) viene eseguita tramite lettura
allo
spettrofotometro
(Ultrospec
2000
UV/Visible
Spectrophotometer,
Parmacia Biotech; Cambridge, England) previa reazione con antrone acido
(1 g di antrone sciolto in acido solforico al 76%).
Prima
d’iniziare
la
lettura
dei
risultati
allo
spettrofotometro,
viene
predisposta una curva di taratura dello strumento, grazie alla quale si potrà
determinare la percentuale di zuccheri presenti nei campioni letti. La
preparazione della curva di taratura viene eseguita con acqua distillata e
soluzioni da 50, 100, 150, 200, 300, 400, 500 mg l-1 di fruttosio.
81
3.10 DETERMINAZIONE DELL’AMIDO
Vengono pesati 100 mg di campione e riposti in una provetta da 10 cc.
Successivamente si aggiungono 3,9 ml di buffer acetato 0,1 M, pH 4.2 e
100µl di α-amilasi, si chiude il preparato e lo si mette in bagno con acqua
alla temperatura di 80 °C per 15 minuti.
Trascorso questo tempo, si porta la soluzione a temperatura ambiente e si
aggiunge 1 ml di Amyloglucosidase (5 g/l; SIGMA A-7255). I campioni
vengono poi riposti in incubazione a 40 °C per 24 ore; durante le prime due
ore le provette vengono mescolate ripetutamente; questa operazione va
ripetuta durante l’ultima ora d’incubazione.
Dopo 24 ore portare i campioni a volume (10 ml), centrifugare il tutto a
3500 giri al minuto per 10 minuti e filtrare poi il surnatante con filtro
monouso da 0.45µm; il filtrato ora viene successivamente utilizzato per
lettura in HPLC (High Performance Liquid Chromatography).
(Glucose calibration standard per HPLC: 1-3-5 g/l)
Il rifrattometro determina il contenuto di amido come glucosio totale
risultante dai processi idrolitici dell’amido. Il contenuto iniziale di glucosio
del
campione
dev’essere
misurato
e
utilizzato
come
parametro
di
riferimento (“bianco”) (McCleary et al.; AOAC 1997).
3.11 DETERMINAZIONE DELLA PROTEINA GREZZA
Effettuata una pesata di 700mg di campione, si mette il campione di stoloni
macinati in un piccolo sacchetto di carta che viene immerso in 15 ml di
acido solforico al 98%. Si fa bollire l’acido solforico a 450 °C per 60 minuti,
in presenza di una pastiglia di catalizzatore (Kjeltabs: 35 g solfato di
potassio e 0,4 g di solfato di rame). Il campione mineralizzato viene lasciato
raffreddare per 24 ore e si determina il contenuto di azoto attraverso un
analizzatore automatico (FIAstar 5000 System; Foss Italia S.p.A). La
proteina grezza viene ricavata moltiplicando il valore ottenuto per 6.25
(Metodo di Kjeldahl; AOAC, 1990).
82
3.12 ANALISI STATISTICA
I dati relativi a peso secco degli stoloni (g m-2), contenuto totale di zuccheri
idrosolubili negli stoloni (g kg-1), contenuto di amido negli stoloni (g kg-1) e
contenuto di proteina grezza negli stoloni (g kg-1) sono stati sottoposti
all’analisi della varianza utilizzando il software SAS ver. 9.1.
I campionamenti eseguiti in mesi diversi sulle singole parcelle di ogni tesi
sono state indicate come fattore di ripetizione nel tempo. Nei casi in cui con
tale analisi sono state poste in evidenza differenze significative, le medie
sono state differenziate mediante il test di Tukey (Honestly Significant
Difference test) al p < 0.05.
83
4. RISULTATI E DISCUSSIONI
Sono state osservate differenze tra le cultivar per tutti i parametri presi in
considerazione, ossia il peso secco degli stoloni, il contenuto negli stoloni di
amido, zuccheri idrosolubili e proteina grezza (Tabella 11). I piani di
concimazione azotata hanno influenzato il contenuto di amido e di proteina
grezza negli stoloni (Tabella 11). Sono state inoltre osservate differenze tra
i mesi presi in esame in termini di peso secco degli stoloni, contenuto di
amido e di proteina grezza (Tabella 11).
Tabella 11 - Analisi della varianza per peso secco degli stoloni, contenuto di amido,
zuccheri idrosolubili e proteina grezza di cinque cultivar di specie macroterme da
tappeto erboso sottoposte a tre piani di concimazione azotata in tre epoche di
campionamento.
Peso
Zuccheri
Protei
secco
idrosolubi
na
Effetto
stoloni
Amido
li
grezza
Cultivar (CV)
***
***
***
*
Piano concimazione azotata
ns
***
ns
*
CV x N
ns
ns
ns
ns
Mese di campionamento (M)
***
***
ns
***
Cv x M
ns
ns
ns
ns
NxM
ns
ns
ns
ns
CV x N x M
ns
ns
ns
ns
(N)
*, Significativo al livello di probabilità 0.05.
***, Significativo al livello di probabilità 0.001.
ns, Non significativo al livello di probabilità 0.05.
4.1 PESO SECCO DEGLI STOLONI
Le cultivar a confronto hanno mostrato una sostanziale differenza del peso
secco degli stoloni (Figura 16). Possiamo notare che la cultivar che produce
84
più stoloni è ‘Riviera’ (1548 g m-2); ‘SWI 1014’ presenta valori intermedi
(967 g m-2), mentre ‘Princess-77’, ‘Sea Spray’ e ‘Yukon’ mostrano una
minor presenza di questi organi (735 – 870 g m-2).
Figura 16 - Presenza di stoloni in quattro cultivar di Cynodon dactylon e una di
Paspalum
vaginatum.
I
dati
rappresentano
le
medie
tre
diversi
piani
di
concimazione e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano differenze
statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05).
Figura 17 - Presenza di stoloni da novembre 2009 a dicembre 2010 in Cynodon
dactylon e Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di quattro cultivar di
C. dactylon e una cultivar di P. vaginatum sottoposti a tre diversi piani di
concimazione. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra
le medie (HSD test, P ≤ 0.05).
85
La presenza di tali differenze suggerisce la possibilità di una scelta varietale
mirata, tramite la cultivar ‘Riviera’, per aree in cui si prevede un elevato
calpestamento del tappeto erboso anche durante il periodo invernale.
Infatti, il traffico invernale su tappeti erbosi costituiti da specie macroterme
potrebbe essere limitato dalla necessità di preservare tali strutture di
riserva, indispensabili per il rinverdimento primaverile. In Figura 17 è
riportato l’andamento del peso secco degli stoloni nella media delle cultivar
utilizzate in prova. La presenza di stoloni è sostanzialmente stabile tra
novembre (1037 g m-2) e dicembre (1012 gm-2), mentre nel periodo
successivo si è avuta una notevole diminuzione di peso, arrivando a 919 g
m-2 di sostanza secca in gennaio. Ciò è indicativo dell’effetto dello stress
subito da tali piante durante le settimane più fredde.
4.2 CONTENUTO DI AMIDO NEGLI STOLONI
Le cultivar a confronto hanno mostrato un differente contenuto di amido
negli stoloni. (Figura 18). Tra le cultivar di Cynodon dactylon, ‘Riviera’
presenta il maggior contenuto di amido (256 g kg-1), mentre la cultivar che
ha immagazzinato la minor quantità di amido è ‘Princess-77’ (151 g kg-1).
Per quanto riguarda le restanti cultivar a confronto, si è avuto un contenuto
intermedio di amido negli stoloni di ‘SWI 1014’ (203 g kg-1) e ‘Yukon’ (188 g
kg-1). Considerando le cinque cultivar a confronto, Paspalum vaginatum ‘Sea
spray’ risulta avere la minor dotazione di amido negli stoloni (75 g kg-1).
86
Figura 18 - Contenuto di amido in stoloni in quattro cultivar di Cynodon dactylon e
una di Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di tre piani di
concimazione e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano differenze
statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05).
La differente capacità di accumulo osservata tra le cultivar a confronto
durante
il
periodo
invernale
indica
la
possibilità
concreta
di
avere
nell’ambiente di prova differenze tra le cultivar in termini di sopravvivenza e
successiva ripresa vegetativa.
In Figura 19 è rappresento il contenuto di amido negli stoloni in risposta a
tre differenti piani di concimazioni azotata. La concimazione azotata che
prevedeva l’apporto di azoto al tappeto erboso in tre diversi momenti (66 kg
ha-1 in maggio, giugno e agosto) ha consentito di immagazzinare negli
stoloni 180 g kg-1 di amido. La concimazione azotata ripartita in cinque
diversi momenti (40 kg ha-1 in maggio, giugno, agosto, settembre e
ottobre) è
risultata invece
meno efficace
per l’accumulo di amido,
consentendo di raggiungere un valore medio di 170 g kg-1.
Sulla base
di questi risultati, è possibile
ipotizzare
che
quando la
concimazione azotata è stata maggiormente frazionata si è avuto un minor
accumulo di amido per via di una dose di azoto non sufficiente durante i
mesi più caldi (attività vegetativa più intensa), oppure che parte dell’amido
precedentemente accumulato sia stato degradato tra settembre e ottobre.
87
Figura 19 - Contenuto di amido in stoloni di Cynodon dactylon e Paspalum
vaginatum sottoposti a tre diversi piani di concimazione. I dati rappresentano la
media di quattro cultivar di C. dactylon e una cultivar di P. vaginatum e tre epoche
di campionamento. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative
tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05).
Il contenuto di amido negli stoloni durante il periodo di prova risulta avere
una riduzione pressoché graduale e costante (Figura 20). Nel periodo preso
in considerazione si è osservato un passaggio da un contenuto medio di
amido negli stoloni pari a 185 g kg-1 in novembre fino a 164 g kg-1 in
gennaio. Il verificarsi di tale fenomeno è dovuto al fatto che la pianta,
durante tale periodo, utilizza l’amido come sostanza di riserva per il
proseguo della stagione invernale.
88
Figura 20 - Contenuto di amido da novembre a gennaio in stoloni di Cynodon
dactylon e Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di quattro cultivar di
C. dactylon e una di P. vaginatum sottoposti a tre diversi piani di concimazione.
Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra le medie (HSD
test, P ≤ 0.05).
4.3 CONTENUTO DI ZUCCHERI IDROSOLUBILI NEGLI STOLONI
Le cultivar a confronto hanno mostrato un differente contenuto di zuccheri
idrosolubili negli stoloni (Figura 21). ‘Yukon’ e ‘Riviera’ sono le cultivar con il
maggior contenuto di zuccheri idrosolubili negli stoloni (164 g kg-1 e 148 g
kg-1, rispettivamente).
‘SWI 1014’ presenta un contenuto intermedio (130 g kg-1), mentre le
cultivar che hanno mostrato il minor contenuto di zuccheri idrosolubili sono
‘Princess-77’ (106 g kg-1) e ‘Sea spray’ (100 g kg-1).
L’importanza degli zuccheri idrosolubili è data dalla funzione che essi
svolgono nell’aumentare la tolleranza agli stress invernali e nel favorire la
ripresa vegetativa primaverile. Ciò pone enfasi alla differenza riscontrata tra
le cultivar in termini di contenuto negli stoloni.
È interessante notare come, a differenza di quanto avvenuto nel caso delle
riserve di amido, i piani di concimazione azotata non hanno influenzato il
contenuto di zuccheri idrosolubili negli stoloni (Tabella 11). Altresì il
contenuto di zuccheri idrosolubili è rimasto pressoché invariato durante il
periodo preso in considerazione (Tabella 11).
89
Figura 21 - Contenuto di zuccheri idrosolubili in stoloni di quattro cultivar di
Cynodon dactylon e una di Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di
tre piani di concimazione e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano
differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05).
4.4 CONTENUTO DI PROTEINA GREZZA NEGLI STOLONI
Per quanto riguarda il contenuto di proteina grezza negli stoloni sono state
osservate differenze tra le cultivar di minor entità rispetto a quanto
evidenziato nel caso dei carboidrati non strutturali. Nella media dei tre mesi
presi in esame è possibile osservare che la cultivar ‘Princess-77’ presenta un
contenuto di proteina grezza superiore rispetto a ‘Yukon’ (84 g kg-1 e 62 g
kg
-1
, rispettivamente) (Figura 22).
In generale è possibile osservare che negli stoloni viene accumulata una
quantità di proteina grezza di minore importanza rispetto elle altre sostanze
di riserva finora misurate, quali amido e zuccheri idrosolubili. I risultati
relativi all’analisi della proteina grezza, evidenziano infatti come tale
parametro rappresenti la quota minore in termini percentuale delle sostanze
di riserva.
In Figura 23 è rappresento il contenuto di amido negli stoloni in risposta a
tre differenti piani di concimazioni azotata. Contrariamente a quanto
osservato nel caso dell’amido, il frazionamento della distribuzione di
concimazione azotata ha favorito l’accumulo di proteina grezza negli stoloni.
Infatti il piano di concimazione che prevedeva l’apporto di azoto al tappeto
erboso in tre diversi momenti (66 kg ha-1 in maggio giugno e agosto) ha
90
portato a un accumulo di proteina grezza negli stoloni pari a 67 g kg-1;
invece il piano di concimazione che prevedeva la somministrazione di azoto
in cinque momenti (40 kg ha-1 in maggio, giugno,agosto, settembre e
ottobre) ha consentito un accumulo maggiore (72 g kg-1). Ciò suggerisce
che la somministrazione di azoto durante la fase di entrata in dormienza
facilita l’accumulo di proteina grezza negli stoloni.
Figura 22 - Contenuto di proteina grezza in stoloni di quattro cultivar di Cynodon
dactylon e una di Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie tre diversi
piani di concimazione e tre epoche di campionamento. Lettere diverse indicano
differenze statisticamente significative tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05).
Il contenuto di proteina grezza negli stoloni presenta valori diversi nel corso
del trimestre sottoposto ad analisi. È possibile notare un forte incremento
del contenuto di proteina grezza negli stoloni tra novembre e dicembre, che
passa da 605 g kg-1 a 756 g kg-1; mentre nel periodo successivo (dicembregennaio) non avvengono sostanziali variazioni (Figura 24).
Ciò suggerisce che, a differenza di quanto osservato nel caso dell’amido,
l’accumulo di proteina grezza avviene in misura maggior durante il periodo
di acclimatazione.
91
Figura 23 - Contenuto di amido in stoloni di Cynodon dactylon e Paspalum
vaginatum sottoposti a tre diversi piani di concimazione. I dati rappresentano la
media di quattro cultivar di C. dactylon e una cultivar di P. vaginatum e tre epoche
di campionamento. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative
tra le medie (HSD test, P ≤ 0.05).
Figura 24 - Contenuto di proteina grezza da novembre a gennaio in stoloni di
Cynodon dactylon e Paspalum vaginatum. I dati rappresentano le medie di quattro
cultivar di C. dactylon e una di P. vaginatum sottoposti a tre diversi piani di
concimazione. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative tra
le medie (HSD test, P ≤ 0.05).
92
5. CONCLUSIONI
In base ai dati precedentemente illustrati, i piani di concimazione azotata
cui è sono state sottoposte le cultivar a confronto, hanno influenzato
l’accumulo di sostanze di riserva negli stoloni. Nel caso in cui si l’azoto è
stato distribuito durante la stagione più calda (ultima somministrazione ad
agosto) si è avuto un accumulo maggiore di amido ed un minor contenuto di
proteina grezza negli stoloni; invece, a parità di dose annua, aumentando il
frazionamento della distribuzione di azoto (ultima somministrazione a
ottobre) si è osservato un minor contenuto di amido e un maggior
contenuto di proteina grezza negli stoloni. Invece, i piani di concimazione
non hanno avuto effetti sulla presenza di stoloni per unità di superficie ed il
loro contenuto di zuccheri idrosolubili.
Inoltre, sulla base dei risultati ottenuti le cultivar di Cynodon dactylon e
Paspalum
vaginatum
sottoposte
allo
studio
mostrano
caratteristiche
differenti in termini di dotazione di stoloni e sostanze di riserva in essi
contenute. Nel periodo compreso tra novembre e gennaio, ‘Riviera’ ha
presentato la maggiore quantità di stoloni per unità di superficie, ponendo
in evidenza dunque una maggior possibilità di sopravvivenza agli stress da
freddo e ai danneggiamenti da calpestamento rispetto alle altre cultivar
testate. Per quanto riguarda il contenuto negli stoloni di amido e di zuccheri
idrosolubili
(glucosio,
saccarosio,
fruttosio
e
fruttosani),
le
cultivar
maggiormente dotate sono state ‘Riviera’, ‘SWI 1014’ e ‘Yukon’. Ciò
suggerisce la possibilità di avere migliori prestazioni in termini di resistenza
alle basse temperature e di ripresa primaverile da parte di queste varietà
rispetto a ‘Sea spray’ e ‘Princess-77’. Contrariamente a quanto riscontrato
per le altre sostanze di riserva, non sono state rilevate sostanziali differenze
tra le cultivar per quanto riguarda il contenuto di proteina grezza negli
stoloni. In generale, la quantità di riserve proteiche è risultata essere
notevolmente più ridotta rispetto ai carboidrati non strutturali.
La quantità di stoloni per unità di superficie è notevolmente diminuita tra
dicembre e gennaio. Mentre i contenuti delle diverse sostanze di riserva
prese in esame hanno avuto andamenti divergenti tra loro durante il
periodo compreso tra novembre e gennaio: il contenuto di amido è
93
diminuito progressivamente, il contenuto di zuccheri idrosolubili è rimasto
pressoché costante, mentre si è assistito ad un accumulo di proteina grezza
tra novembre e dicembre.
94
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RINGRAZIAMENTI
Desidero innanzitutto ringraziare il Dott. Stefano Macolino per l’opportunità,
la disponibilità, i preziosi consigli e per le rassicurazioni di ogni giorno.
Desidero inoltre ringraziare profondamente il Dott. Filippo Rimi per le tante
ore passate insieme fino a far suonare l’allarme per la stesura di questo
testo e per tutti i file che mi ha passato e per l’infinita disponibilità
dimostratami. Altro grazie sincero e affettuoso va al Prof. Umberto Ziliotto
per la cortesia e simpatia di tutti i giorni; non posso inoltre dimenticare
tutte le persone che hanno condiviso con me il laboratorio di foraggicoltura,
in particolare la signora Marisa per avermi insegnato e aiutato durante tutte
le estrazioni e letture, e Vittorio per avermi analizzato parte dei campioni e
per la sua grande disponibilità.
Infine desidero ringraziare con affetto la mia famiglia per il sostegno ed
aiuto che mi hanno dato fin’ora con loro grande sacrificio e grandi rinunce e
in particolare a Ilary per essermi stato vicino durante questi mesi di lavoro.
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