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Il Barocco siciliano? E d i fici su terra che balla

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Il Barocco siciliano? E d i fici su terra che balla
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L’OPINIONE
Il Barocco siciliano?
Edifici su terra che balla
se invece o se oltre a curarlo il
Barocco, lo continuassimo?
Ad una terra che balla, ad una
terra di mare è confacente
un’architettura senza scheletro, ondosa. Vorrei che Peter Eisenman venisse
in Sicilia per affidargli la cura e la continuazione dell’architettura barocca.
Il Barocco siciliano per decreto è stato
definito “patrimonio dell’Umanità”. Per saperne di più e se dovessi suggerire tra i tanti studi
sul Barocco siciliano quelli più informati ed
E
Nelle foto due originali
architetture di Peter
Eisenman
intelligenti, proporrei i lavori di Salvatore
Boscarino e di Anthony Blunt. Non mancano
degnissime illustrazioni fotografiche (e raccomanderei le varie raccolte dell’ibleo Giuseppe
Leone, un artista ispirato). Il Barocco siciliano
è bello, cifra stilistica internazionale di due o
tre secoli, parte del XVI, l’intero XVII e parte
del XVIII, quello siciliano è allegro, divertente
(non quello di sculture straordinarie di “Casa
Professa” a Palermo), non ha la pesantezza
drammatica, il turgore tragico, la sensuale fisi-
cità, l’imponenza, che atterrisce, del barocco
romano, da cui proviene estenuato, alla fine
dei suoi giorni tanto da potersi chiamare, quello siciliano, barocchetto. È irriverente, anche:
nato dal terremoto si pone come forma terremotata di sberleffi umani contro le macerie
della Natura. Come a dire: se dobbiamo sfidarci al tavolo degli azzardi, a chi scombina
più profondamente la realtà, tu, Natura, cala
pure i terremoti, che noi, siciliani, mettiamo
giù (su) il Barocco. Stile di chi non ha terra
sotto i piedi, di marinai di terra ondosa, di
erranti, di funamboli e di salamandre che non
si bruciano neppure al fuoco dell’Etna. Un
Barocco che non è soltanto barocco, dunque.
Ma…
Come ci ha insegnato intelligentemente
Salvatore Boscarino, Sicilia barocca.
Architettura e città 1610-1760 (Officina edizioni, Roma 1981) che ha suddiviso i manufatti urbanistici d’età barocca in tre gruppi
diversi, la Sicilia delle città spagnole assumerà
la forma urbana che sarà suggerita da quattro
(o cinque) importanti fenomeni: la ciudad
conventual quale trionfo architettonico ed
urbanistico della riconquista suggellata dal
Tribunale della Santa Inquisizione, la guerra ai
turchi, la fondazione di nuovi centri, il terremoto del 1693, l’esibizione e la concentrazione delle funzioni amministrative del territorio e
dell’apparato di potere, lo Stato del Barocco
(ma esiste un’altra forma di Stato nell’Europa
continentale che non sia barocca?).
La città conventuale - ha scritto Angela
Guidoni Marino, Urbanistica e “Ancien
Régime” nella Sicilia barocca in ‘Storia della
città’, n. 2 1977 - è un “fenomeno tipico dell’urbanizzazione spagnola dall’epoca di Carlo
V fino alla metà inoltrata del ‘600: la ciudad
conventual, spagnola, che si sviluppa nella
madrepatria in concomitanza all’accresciuto
potere economico e politico degli ordini religiosi dopo la riconquista. Ed al loro ruolo di
primissimo piano (appena passata l’epoca dei
Cortez e dei Pizarro) nell’urbanizzazione del
novo mondo. Attraverso il meccanismo dei
lasciti, delle donazioni e delle rendite, all’inizio
del regno di Filippo IV, la proprietà fondiaria
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ecclesiastica a Madrid occupa un terzo del
suolo urbano”.
Dopo il terremoto in Val di Noto del
1693 l’edilizia religiosa, prima cospicuamente
trainata dai Gesuiti, dai Domenicani, dai
Benedettini, sarà imponente in quelle 40 città,
terremotate e ricostruite, del Val di Noto (dal
1583 la tripartizione in Valli sarà abbandonata
per le 44 comarche), l’architettura sarà in mano
a sacerdoti senza gli indigeni da catechizzare o
i vinti della riconquista da controllare. Una
architettura ed un’urbanistica autoritarie, ma
estranee all’utenza, forme urbane di nessuno,
ingiustificate, per uomini senza città, per naufraghi che si accalcano all’esterno della cinta
muraria come nel caso eclatante di Catania.
Aldo Motta, citando le “Lettere scritte dalla
Sicilia e dalla Turchia (1779-1784)” da
Domenico Sestini, ricorda la sproporzione tra
abitanti ed edifici religiosi catanesi: “ben 18
conventi, un ospizio, un romitorio, una casa
per orfani e un’altra per gli esercizi, 6 monasteri
di monache, 4 conservatori, 14 congregazioni,
37 confraternite, l’Ospedale [S. Marco], 1 seminario di chierici, 1 collegio dei nobili in costruzione [il collegio Cutelli], senza contare le
numerose chiese non appartenenti a tali stabilimenti”. La popolazione andrà assumendo un
andamento che dai 16.222 del 1714 giungerà
ai 25.715 del 1737 ai 45.081 abitanti del 1798.
Se la città conventuale spagnola è un
manufatto edilizio di guerra religiosa, è la continuazione della riconquista, è pietrificata, è
prolungamento urbanistico dello sforzo bellico
contro i vinti, “conversos” e “moriscos”, non
sottomessi, infidi, quinte colonne dei nemici,
agenti dell’impero turco, orbene, la città conventuale siciliana è colonizzazione ideologica
che non parla neppure in opposizione con i
suoi abitanti, è dominio muto, astratto come
la pipa di Magritte che non è una pipa, ma
simulacro di pipa.
Architettura irreale, surreale già nella sua
sincronicità, inattuale all’atto stesso della sua
realizzazione, fondata - come dice Anna
Menichella , Sicilia barocca, Jaca Book, Milano
2002- su una “solida cultura riformatrice, conseguente ai dettati del Concilio di
Trento[donde deriva] l’incessante attività missionaria [che] ha bisogno dell’architettura
come strumento di persuasione. Gli ordini [religiosi] andranno alla ricerca di continui finanziamenti, e privilegi, per nuove e più moderne
costruzioni. La scena cittadina venne travolta
da una miriade di chiese e conventi delle
comunità religiose, maschili e femminili, con
un’attività edificatoria incessante: si aprirono
piazze, s’inglobarono vecchi edifici per realizzare nuove facciate, punti focali della città
barocca, con ubicazioni suggestive, dimensioni esagerate e ricche decorazioni scultoree”.
Un effetto di straniamento è quello percepito. Conturbante, come dinanzi a qualcosa
di familiare di così lunga data da dimenticarsene o così ben mascherata da presentarsi
nuda al sospetto. La città conventuale non ci
riguarda, la sua forma, sì: è lo spazio mobile di
una terra sommossa come il mare su cui galleggia. Si salva il Barocco se lo si continua nell’architettura a venire. Il computer e l’elettronica hanno terremotato il mondo, la visione e la
percezione dello spazio. Il Giappone, massa
geologica instabile tra piattaforma continentale occidentale e piattaforma oceanica del
Pacifico, è il centro di onde di movimento che
si succedono sul terreno. A Tokyo il “Nunotani
Corporation Headquarters Building” rappresenta il Barocco architettonico contemporaneo. Il suo autore è Peter Eisenman, architetto
dell’informale digitale e del flusso delle scosse
sismiche. Perderemmo lo scetticismo sulla
difesa del Barocco, ingaggiando Peter
Eisenman a custode della nostra architettura di
moto ondoso. Se non tocco Eisenman, non ci
credo che stiamo salvando il Barocco.
Tino Vitt orio
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