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Luigi Pulci Valori e ideali del gigante Margutte

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Luigi Pulci Valori e ideali del gigante Margutte
Lezione profilo 10 • La letteratura cavalleresca
Luigi Pulci, Valori e ideali del gigante Margutte
VOLUME 1
L’Umanesimo e il Rinascimento
Luigi Pulci
Valori e ideali del gigante Margutte
Opera: Morgante, canto XVIII, ottave 112-120
Punti chiave:
Metro: ottave
Una creatura anomala e bizzarra
Tra parodia e comicità
La religione e il suo contrario
Il personaggio di Margutte, uno sfacciato furfante che
pensa che il vino sia l’unica salvezza dell’uomo,
rappresenta la creazione meglio riuscita del poema,
con cui si attua il radicale stravolgimento di tutti gli
ideali tipici della cultura cavalleresca. È un anti-eroe,
ingenuo e bizzarro, cinico e buffone, attraverso il quale Pulci enuncia una filosofia alternativa rispetto a
quella degli umanisti, animalesca, spregiudicata e
fraudolenta.
l brano che leggiamo riproduce uno dei passi più
famosi ed emblematici dell’intera opera: in esso il
gigante Margutte (“margutte” o “margutto” è, nei
dialetti dell’Italia centrale, un “fantoccio” o addirittura uno “spaventapasseri”, come ha osservato Gianfranco Contini) fa una “professione di fede”, enunciando la propria visione della vita, irriverente e
maliziosa, al termine della quale muore soffocato dalle sue stesse risate.
I
112
Giunto Morgante un dì in su ’n un crocicchio,
uscito d’una valle in un gran bosco,
vide venir di lungi, per ispicchio1,
un uom che in volto parea tutto fosco2.
Détte del capo del battaglio un picchio
in terra3, e disse: “Costui non conosco”;
e posesi a sedere in su ’n un sasso,
tanto che questo capitòe al passo4.
Schema metrico: ottave di endecasillabi
con schema di rime ABABABCC.
1. per ispicchio: «senza ancora scorgerlo
bene» (Ageno).
2. fosco: nero.
3. Détte… terra: con la punta del battacchio della campana diede un grande colpo sul terreno.
4. capitòe al passo: arrivò sul crocicchio
stesso.
5. guata: guarda attentamente.
6. piante: le piante dei piedi.
7. al mezzo: a metà (della crescita necessaria per essere un gigante).
8. un fiaschetto allato: un piccolo recipiente al mio fianco.
9. e se… accompagnato: e se vorrai procedere in mia compagnia.
10. io ti farò... che è dovuto: ti tratterò
lungo il cammino come si conviene.
11. saracino: musulmano.
12. in Apollino: in Apollo, divinità pagana.
G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta
letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
113
Morgante guata5 le sue membra tutte
più e più volte dal capo alle piante6,
che gli pareano strane, orride e brutte:
– Dimmi il tuo nome, – dicea – vïandante. –
Colui rispose: – Il mio nome è Margutte;
ed ebbi voglia anco io d’esser gigante,
poi mi penti’ quando al mezzo7 fu’ giunto:
vedi che sette braccia sono appunto. –
114
Disse Morgante: – Tu sia il ben venuto:
ecco ch’io arò pure un fiaschetto allato8,
che da due giorni in qua non ho beuto;
e se con meco sarai accompagnato9,
io ti farò a camin quel che è dovuto10.
Dimmi più oltre: io non t’ho domandato
se se’ cristiano o se se’ saracino11,
o se tu credi in Cristo o in Apollino12. –
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Lezione profilo 10 • La letteratura cavalleresca
Luigi Pulci, Valori e ideali del gigante Margutte
VOLUME 1
L’Umanesimo e il Rinascimento
L’AUTORE
Luigi Pulci nacque a Firenze nel 1432; di nobile famiglia decaduta, fu inizialmente scrivano e uomo di fiducia di Francesco
Castellani, agiato cittadino fiorentino. Quindi, poco dopo il
1460, entrò in stretti rapporti con la famiglia Medici e forse proprio allora – su richiesta di Lucrezia Tornabuoni, madre
di Lorenzo il Magnifico – iniziò la composizione del Morgante. Con gli umanisti fiorentini del suo tempo ebbe rapporti ora
amichevoli, ora ostili. Intorno al 1470, mentre la famiglia era
travolta dai debiti, ebbe dal Magnifico incarichi amministrativi a Camerino, Napoli, Foligno. Passò quindi al servizio di Ro-
berto Sanseverino, uno dei più importanti capitani dell’epoca,
per conto del quale svolse missioni a Milano, Bologna, Venezia. Per Poliziano, più giovane di lui di oltre vent’anni, più colto e più raffinato, nutrì sentimenti di stima e ammirazione,
mentre ebbe feroci dissapori con Marsilio Ficino. Accompagnando il Sanseverino a Venezia, nel corso del 1484 si ammalò; morì quindi a Padova nello stesso anno, dove fu sepolto
in terra sconsacrata come eretico, forse a causa delle pratiche
di magia a cui si era dedicato fin dal 1453. Oltre al Morgante, è autore di un ricco epistolario, numerosi sonetti, la favola villereccia Beca da Dicomano, e la Giostra di Lorenzo.
115
Rispose allor Margutte: – A dirtel tosto13,
io non credo più al nero ch’a l’azzurro,
ma nel cappone, o lesso o vuogli arrosto;
e credo alcuna volta anco nel burro,
nella cervogia14, e quando io n’ho, nel mosto,
e molto più nell’aspro che il mangurro15;
ma sopra tutto nel buon vino ho fede,
e credo che sia salvo chi gli crede;
13. A dirtel tosto: a dirtelo in fretta.
14. cervogia: «bevanda non d’uva» (G.
Contini); birra o sidro.
15. molto più... il mangurro: credo più nel
mosto (aspro) che nel vino dolce (mangurro).
16. ghiacciuolo: piccolo recipiente di legno
che «serve a togliere il ghiaccio dalle
ghiacciaie» (Ageno).
17. il mosto: il vino, che il Corano (Macometto) vieta appunto di bere.
18. credo… fantasima: credo che Maometto e tutte le sue idee siano un sogno o
una fantasia.
19. il farnetico: il frutto di un vaneggiamento.
20. la tregenda: una congrega di diavoli e
streghe.
21. è fatta come fa il solletico: è simile al
solletico, che ad alcuni dà noia ma non a
tutti.
22. per discrezion: con la tua capacità di
discernimento.
23. acciò… spenda: affinché tu non spenda parole inutili per convertirmi.
24. la mia schiatta non traligna: la mia natura non cambia.
25. non son... vigna: non sono uomo che
meriti cure per averne un frutto in cambio.
26. come l’uom se l’arreca: la fede infatti
è frutto dell’educazione ricevuta in famiglia; è «congenita» (Contini).
27. papasso: sacerdote musulmano.
28. in Bursia: Bursa, città dell’Anatolia
sacra agli Ottomani.
29. ribeca: strumento greco a tre corde, simile al violino.
30. fantasia: voglia.
G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta
letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
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e credo nella torta e nel tortello:
l’uno è la madre e l’altro è il suo figliuolo;
e ’l vero paternostro è il fegatello,
e posson esser tre, due ed un solo,
e diriva dal fegato almen quello.
E perch’io vorrei ber con un ghiacciuolo16,
se Macometto il mosto17 vieta e biasima,
credo che sia il sogno o la fantasima18;
117
ed Apollin debbe essere il farnetico19,
e Trivigante forse la tregenda20.
La fede è fatta come fa il solletico21:
per discrezion22 mi credo che tu intenda.
Or tu potresti dir ch’io fussi eretico;
acciò che invan parola non ci spenda23,
vedrai che la mia schiatta non traligna24
e ch’io non son terren da porvi vigna25.
118
Questa fede è come l’uom se l’arreca26.
Vuoi tu veder che fede sia la mia?
Che nato son d’una monaca greca
e d’un papasso27 in Bursia28, là in Turchia.
E nel principio sonar la ribeca29
mi dilettai, perch’avea fantasia30
cantar di Troia e d’Ettore e d’Acchille,
non una volta già, ma mille e mille.
2
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VOLUME 1
L’Umanesimo e il Rinascimento
L’OPERA: MORGANTE
Intorno al 1460 Pulci iniziò la stesura del Morgante, un poema burlesco in ottave, per suggerimento o commissione diLucrezia Tornabuoni, madre di Lorenzo il Magnifico. L’opera,
forse già terminata entro il 1470, rimase inizialmente inedita. Pubblicato una prima volta nel 1478, il poema fu quindi ristampato tra il 1481 e il 1482, e poi, con l’aggiunta di cinque canti, nel 1483.
Il Morgante è in realtà la rielaborazione, in chiave parodica e burlesca, di poemi più antichi, aventi come argomento le avventure di paladini della corte carolingia (Orlando, Rinaldo, Gano): in particolare, la prima redazione in ventitré
canti, come scoprì Pio Rajna, riprende un poema anonimo di
argomento simile, l’Orlando. La redazione maggiore, in ventotto canti, acquisisce invece elementi estratti da altri due poemi anonimi, la Spagna in rima e la Rotta di Roncisvalle (G.
Contini).
La trama del Morgante ruota intorno al personaggio di Or-
lando, che – a causa di un litigio con Gano di Magonza – lascia la Francia e la corte di Carlo Magno, che a sua volta si era
schierato con Gano. Orlando trova, secondo la leggenda, la
morte a Roncisvalle, proprio a causa del tradimento messo in
atto da Gano. Nel frattempo Orlando assolda due giganti, tra
loro amici, Morgante e Margutte, che Orlando converte alla fede cristiana: nel poema vengono narrate le straordinarie
avventure dei tre, nonché quelle del cugino di Orlando, Rinaldo, partito anch’egli dalla Francia per recuperare il paladino.
Accanto alla trama principale, di ambito carolingio, si sviluppano perciò una serie di quadri giocosi e fantasiosi, che arricchiscono l’opera di spunti comici inediti.
È stato notato che mentre il “primo” Morgante, in ventitré
canti, privilegia la comica celebrazione dell’istinto e un’eterodossa visione materialistica della vita, nel “secondo”
Morgante (o Morgante maggiore) subentra una tensione filosofica nuova, in sintonia con gli ideali del circolo laurenziano.
119
Poi che m’increbbe31 il sonar la chitarra,
io cominciai a portar l’arco e ’l turcasso.
Un dì ch’io fe’ nella moschea poi sciarra32,
e ch’io v’uccisi il mio vecchio papasso,
mi posi allato questa scimitarra
e cominciai pel mondo andare a spasso;
e per compagni ne menai con meco
tutti i peccati o di turco o di greco33;
31. m’increbbe: mi venne a noia.
32. sciarra: rissa.
33. o di turco o di greco: derivanti sia da
mio padre musulmano sia da mia madre
ortodossa.
34. la state o ’l verno: d’estate o d’inverno.
35. pensa quanti: sottinteso peccati.
36. se durassi il mondo etterno: se anche
il mondo durasse in eterno; si tratta di un
dantismo.
37. ho per alfabeto ogni partita: conosco
a perfezione ogni parte del vizio.
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anzi quanti ne son giù nello inferno:
io n’ho settanta e sette de’ mortali,
che non mi lascian mai la state o ’l verno34;
pensa quanti35 io n’ho poi de’ venïali!
Non credo, se durassi il mondo etterno36,
si potessi commetter tanti mali
quanti ho commessi io solo alla mia vita;
ed ho per alfabeto ogni partita37.
L. Pulci, Morgante, a cura di F. Ageno, Ricciardi, Milano-Napoli 1955.
IN PRIMO PIANO
I temi
ANALISI DEL TESTO
to della sua volontà (ottava 113, v. 7). Inoltre, in volto parea tutto fosco (ottava 112, v. 4) e le sue membra tutte… pareano strane, orride e brutte (ottava 113, v. 3). Non sono particolari comici fini a sé medesimi: hanno invece una precisa funzione,
come segnali della difformità di Margutte, creatura eccezionale e anomala, al di fuori di ogni paradigma della normalità. Ed è in questa chiave che deve essere interpretata la sua
L’incontro con un mezzo gigante Nella prima parte del testo (ottave 112-114) Margutte incontra il gigante Morgante, che gli domanda se se’ cristiano o se se’ saracino (ottava
114, v. 7). Fin dalla presentazione del personaggio, tuttavia, l’autore introduce spunti e dettagli che ne segnalano la bizzarra
e paradossale natura: si tratta di un mezzo gigante, la cui crescita si è arrestata improvvisamente per un illogico cambiamenG. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta
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L’Umanesimo e il Rinascimento
afferma che La fede è fatta come fa il solletico (ottava 117, v.
3), così drasticamente relativizzandone l’importanza (come il
solletico non dà uguale fastidio a tutti, allo stesso modo non
è detto che le questioni teologiche e spirituali debbano interessare ogni uomo). E poi il mezzo gigante, invitato il suo interlocutore a desistere da ogni tentativo di convertirlo, conclude: Questa fede è come l’uom se l’arreca (ottava 118, v. 1);
ognuno riceve e impara meccanicamente la propria fede dalla nascita, sulla base dell’educazione ricevuta dai genitori,
come il gigante stesso spiega nei versi che seguono (ottava 118,
vv. 2 e segg.). Le due battute sembrano celare una posizione
di scettico determinismo, quasi che la sensibilità religiosa dell’uomo nulla abbia a che vedere con la sua coscienza e la sua
libertà, ma sia semplicemente un prodotto della sua “storia”
(come il colore dei capelli).
Nelle ultime due ottave (ottave 119-120) Margutte descrive la
sua vita, i suoi viaggi e le sue imprese. Il suo “credo”, comicamente profano, si conclude con un’altra affermazione in cui
si riflette la sua saggezza laica: ho per alfabeto ogni partita (ottava 120, v. 8).
assurda risposta all’interrogazione, altrimenti seria e importante, di Morgante. A partire dalla domanda del compagno, infatti, Margutte inizia una buffa professione di fede, colma
di riferimenti irriverenti alla dottrina cristiana e di immagini comiche. È una parodia del Credo cristiano, «e in particolare
dell’Incarnazione e dell’Unità e Trinità» (G. Contini): l’unica “fede” di Margutte, infatti, sembra essere la gola, esemplificata
con una serie di cibi e bevande (ottave 115-116).
La fede di Margutte I punti salienti, sul piano teologico, della dichiarazione di Margutte sono questi: all’ottava 115, vv. 78 egli afferma di credere solo nel buon vino e di ritenere che
solo da tale fede dipenda la salvezza, irridendo in tal modo le
discussioni filosofiche e teologiche che, tra XIV e XV secolo, si erano sviluppate intorno alle verità fondamentali della rivelazione cristiana che garantiscono la salvezza dell’anima; quindi, all’ottava 116, vv. 1-5, vengono comicamente camuffate le
“persone” essenziali della fede cristiana, poiché la torta e il tortello, la madre e il suo figliuolo diventano il corrispettivo gastronomico della Vergine Maria e di Cristo, mentre il fegatello è presentato come il vero paternostro (con allusione alla
più nobile preghiera che Gesù stesso ha insegnato agli uomini), derivante dal fegato come lo Spirito Santo da Dio.
In questa carrellata comica, il linguaggio sacro è stravolto e ribaltato di segno, fin nelle affermazioni più gravi (ottava 116,
vv. 1-2: credo nella torta e nel tortello: / l’uno è la madre e l’altro è il suo figliuolo), così che emerge una visione ironicamente materialistica della vita, il cui senso sembrerebbe ridotto ai piaceri della tavola. Il discorso di Margutte si fonda anzi
su una sorta di negazione, di ribaltamento della logica
tradizionale, a cui corrisponde un’affermazione radicale: io
non credo più al nero ch’a l’azzurro (ottava 115, v. 2). Si tratta di una frase proverbiale, che allude alla disposizione di chi
– ammettendo una cosa e il suo contrario – dimostra, in verità, di non credere più a nulla.
Il pensiero di Margutte e quello dell’autore Terminata la
lettura del brano, rimane però aperto un interrogativo: qual è
il senso autentico del testo? Le idee di Margutte coincidono con
quelle dell’autore? Per la verità, in base a quanto è emerso dagli studi, è facile affermare che Pulci, benché privo di una raffinata cultura, fu uomo tutt’altro che ingenuo o sciocco. E in
nessun modo si può sospettare che egli credesse a ciò che qui
viene affermato da Margutte. Il suo racconto è pieno di contraddizioni e assurdità, e rispetto a esso la posizione dell’autore, come emerge dal contesto dell’opera, è piuttosto di
malizioso e ammiccante distacco. Di Margutte e delle sue
affermazioni Pulci sorride e invita a sorridere, bonariamente deridendo, anzi, tutti quelli che, come Margutte, in nome di una
ruvida semplicità, non prestano attenzione ai nuclei fondamentali della vita spirituale, dedicandosi esclusivamente ai piaceri
materiali. Margutte incarna dunque il tipo del ribaldo, creato dall’autore per divertire il suo pubblico e così, però, anche
antifrasticamente educarlo.
Una posizione scettica e determinista A un certo punto,
però, il discorso apparentemente sconclusionato di Margutte
svela una piega imprevista, quasi una morale: da principio egli
SPAZIO
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COMPETENZE
Comprensione e analisi
1. Svolgi la parafrasi delle ottave 112-114.
2. Dove si trovano Morgante e Margutte quando si incontrano? Che cosa sta facendo Morgante?
3. Spiega qual è il significato dell’ottava 117.
4. Che cosa significa la frase La fede è fatta come fa il solletico (ottava 117, v. 3)? Quale idea esprime?
5. Qual era l’occupazione originaria di Margutte?
6. Fai una breve descrizione del personaggio di Margutte secondo le caratteristiche che emergono dal brano presentato.
Approfondimenti
7. Analizza questo brano nel contesto della cultura letteraria fiorentina del secondo Quattrocento. Quale significato assume, in questa prospettiva, la posizione di Luigi Pulci, al confronto con figure come quella di Poliziano e Lorenzo il Magnifico?
8. Il Morgante e l’Innamoramento di Orlando sono i due capolavori della narrativa in versi del secondo Quattrocento. Quali sono le maggiori differenze tra i due testi?
G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta
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