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tra razionalismo e continuità ernesto nathan rogers

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tra razionalismo e continuità ernesto nathan rogers
MARIA GABRIELLA ERRICO
TRA RAZIONALISMO
E CONTINUITÀ
ERNESTO NATHAN ROGERS E I BBPR
Un doveroso ringraziamento va al Politecnico di Milano per aver messo a mia
disposizione tutto il materiale in suo possesso.
Ringrazio Mimmo Anzisi, a cui dedico questo lavoro, per essere al mio fianco e per
avermi sempre spronata e incoraggiata ad approfondire le mie ricerche.
Un particolare ringraziamento va ancora una volta al professore Luigi Picone per la sua
disponibilità e i suoi preziosi consigli.
Ringrazio ancora i miei genitori, i miei fratelli e i miei nipoti per l’amore che mi danno
ogni giorno.
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–4683–8
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: marzo 2012
A Mimmo
INDICE
Introduzione
7
- L’ARCHITETTURA ITALIANA DURANTE IL FASCISMO
15
- Palazzo del Littorio e la Mostra della rivoluzione fascista
Roma, in via dell’Impero, 1934.
29
- LA CITTÀ MODERNA E LE VICENDE DEI CIAM
37
- L’eredità della “Carta di Atene” Funzionalismo e razionalismo
50
- Piano Regolatore “A.R.”, Milano,1945
57
- Quartiere in via Alcuino, Milano, 1945
61
- Quartiere INA-Casa, Cesate, Milano, 1951
65
- RAZIONALISMO E CONTINUITÀ
71
- Monumento in ricordo dei caduti nei campi di
concentramento in Germania, Milano, 1946
89
- Edificio per abitazioni e uffici tra via Borgonuovo
e piazza Sant’Erasmo, Milano, 1948
95
- Restauro e allestimento del Castello Sforzesco,
Milano, 1956
101
- Torre Velasca, Milano, 1958
111
Bibliografia essenziale
120
ERNESTO NATHAN ROGERS E I BBPR
INTRODUZIONE
È opportuno chiarire le ragioni della struttura frammentaria di
questo libro nel suo alternare il discorso obiettivo a quello soggettivo. Tale disorganica omogeneità può trovare una giustificazione soltanto per il percorso complesso seguito per poter giungere al risultato atteso, a testimonianza dello stato attuale della
ricerca metodologica nell’ambito della progettazione architettonica e ambientale. Ciò è avvalorato dalla contraddizione evidente nei miei scritti di essermi incamminata inizialmente in un
percorso trattatistico, superando una realtà difficilmente tratteggiabile. Ho, quindi, creduto opportuno esplicitare la ricerca con
un ampio scritto ragionato che, comunque, conserva i concetti
fondamentali dello studio scientifico intrapreso. Infatti, la vastità
dei problemi che i giovani architetti devono affrontare e le difficoltà che si presentano sempre più pressanti nel campo della
progettazione architettonica, inducono a riflettere attentamente
nel passare dal discorso descrittivo a quello operativo. Non ho
voluto sottrarmi ad esprimere la mia posizione su argomenti
analitici oggettivi che, tralasciando le interpretazioni arbitrarie,
coinvolgono la contemporaneità del paesaggio, della città, con
le sue strade, i palazzi, i monumenti, i vuoti urbani, il traffico, l’aria insalubre, i rifiuti. Ho fatto un lungo passo indietro per inserirmi nei programmi e nelle polemiche del Movimento Moderno
a partire dal primo convegno CIAM, ritenendo che il complesso
e diversificato atteggiamento degli architetti di quel tempo, protagonisti di una nuova architettura, ha inciso sulle successive
generazioni liberandole dall’appiattimento superficiale della
semplice visibilità assegnata alla progettazione. A tal riguardo
Rogers, in un saggio introduttivo ad un corso tenuto alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano scriveva: “ Si sa che
simili scelte pedagogiche comportano il pericolo che i giovani se
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TRA RAZIONALISMO E “CONTINUITÀ
ne impossessino superficialmente e finiscano per portare lo
slancio vitale oltre l’utopia confondendola con il sogno irrazionale, con la chimera e, nel caso specifico, diventino architetti di
“castelli in aria” invece che costruttori di un nuovo ambiente per
uomini rinnovati. Perciò il mio corso è fondato sullo slogan concettuale della “utopia della realtà”, dove l’associazione inscindibile dei due sostantivi mira a stabilire la sintesi dialettica di due
termini che, considerati isolatamente,resterebbero insanabilmente antinomici ”. 1 Attraverso la rinuncia al sogno del mito
modernista, della bellezza e dell’utilità, la continuità o la crisi
della speranza progettuale diventano strumenti operativi, cosicchè gli aspetti negativi sono rovesciati per descrivere le strategie di un’architettura destinata solo a coloro che sono abbastanza forti per amarla.
Con queste premesse ho focalizzato la ricerca sul periodo
compreso tra gli anni trenta e gli anni settanta, anche se rimane
certamente parziale. Essa nasce dal tentativo di proporre una
chiave di lettura ad eventi che hanno segnato una fase di transizione tra le proposte più significative del Movimento Moderno e
l’attuale situazione di “impasse” sui problemi dell’ architettura.
Analizzare in retrospettiva la vicenda architettonica di quegli
anni può dare un contributo al dibattito sulla architettura in continuità con il Movimento Moderno. Un consuntivo richiede il
necessario distacco, cioè quella precisa configurazione del
dibattito che emerge quando si sono già prodotti i contributi più
originali ed attenuati i toni caldi della polemica.
Questo momento non coincide necessariamente con quello
in cui il tema è diventato obsoleto: spesso la fine di una presenza evidente corrisponde ad una perdurante azione meno vistosa ma non meno importante. Questo è il caso dei problemi
strettamente metodologici della progettazione che, mentre non
sono più di attualità, continuano a condizionare profondamente
l’attività progettuale.
Oggi, a parer mio, si sente il bisogno di meditare sulla complessità della progettazione attraverso alcuni dei suoi aspetti
metodologici permanenti. Appare ancora valida, nonostante gli
anni trascorsi e l’attuale facilità a sottovalutare l’esperienza del
Movimento Moderno, l’indicazione di Walter Gropius secondo il
quale la priorità della ricerca metodologica è libera di dare esiti
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ERNESTO NATHAN ROGERS E I BBPR
1. Progetto di
tesi di laurea di
Ernesto Nathan
Rogers
2. Piano regolatore
di Aosta.
Plaonovolumetrico
3. Piano regolatore
di Aosta.
9
TRA RAZIONALISMO E CONTINUITÀ
linguistici differenziati, rispetto alla staticità di uno specifico linguaggio architettonico.
Le teorie di Ernesto Nathan Rogers e le opere del gruppo
BBPR di cui egli fece parte, hanno costituito un orientamento
nella definizione della progettazione architettonica contemporanea. Rogers sperimenta la contraddizione di essere precursore
del razionalismo italiano ed erede dei maestri del Movimento
Moderno.
Questo libro, che non vuole avere la pretesa di un’impostazione storica, fornisce l’occasione di confrontare particolari progetti di architettura del periodo razionalista evidenziando le linee
teoriche del suo superamento. L’intenzione è di rintracciare,
nelle opere dei BBPR e nelle teorie di Rogers, quanto permane
oggi del Razionalismo italiano nel metodo progettuale, non inteso come concetto riduttivo che considera solo gli aspetti formali, di ordine e di funzione, ma come “razionalismo deduttivo” del
processo progettuale.
Le teorie di Rogers costituirono la continuità e l’innovazionedell’opera dei pionieri del Movimento Moderno, nella difesa della
autonomia estetica del luogo, della cultura, della tradizione
attraverso un uso critico della referenza storica. Rogers teorizzò
il fare architettura collocando l’opera non sul luogo, ma nel luogo
e dunque nella storia.
Egli lavorò nel gruppo BBPR, con Enrico Peressutti, Ludovico Belgiojoso e Gianluigi Banfi, quest’ultimo scomparso in un
campo di concentramento tedesco nel 1945. Attento alle questioni teoriche razionaliste italiane, attore nelle realizzazioni più
importanti del regime fascista, ma affascinato dall’internazionalità delle opere moderne di Gropius, Le Corbusier, Mies van der
Rohe ed van de Velde, solo negli anni cinquanta, durante la
chiusura dei CIAM, vede nascere in lui la consapevolezza del
superamento del Movimento Moderno attraverso il recupero
della tradizione in continuità con la storia.
Critico, artista, docente e studioso di storia dell’architettura
moderna, organizzatore di convegni in campo internazionale, discusse e comunicò tutta la sua esperienza nella rivista Casabella.
L’impostazione teorica divenne evidente nella sua domanda
retorica “continuità o crisi?” comparsa per la prima volta nel
1957 sul numero 215 di Casabella-Continuità, da lui diretta.
10
ERNESTO NATHAN ROGERS E I BBPR
Certo è che solo attraverso gli editoriali pubblicati tra il 1953
e il 1964 è possibile ricostruire lo sviluppo delle sue teorie raccolte in due antologie: “Esperienze dell’architettura” (1958) ed
“Editoriali di architettura” (1968).
Diresse per oltre undici anni la rivista Casabella a cui associò il termine “continuità” in circa cento numeri (199-295), collaborando con illustri architetti e critici di fama internazionale.
Francesco Tentori che collaborò alla redazione di Casabellacontinuità e scrisse “Celebrazione di Ernesto Nathan Rogers”
dopo la sua scomparsa avvenuta a Gardone Riviera nel 1969,
raccontava dell’esperienza del lavoro di “costruire insieme” nell’équipe composta dai più maturi Ludovico Quaroni e Giancarlo
De Carlo e dai più giovani Gae Aulenti, Vittorio Gregotti, Carlo
Aymonino, Guido Canella e Ezio Bonfanti. È da ritenere che, con
il ritorno dall’esilio in Svizzera nel ’45, Rogers divenne un fondamentale protagonista del dibattito critico sull’architettura italiana.
Dunque, Rogers si confrontò da una parte con la polemica
del Movimento Studi Architettura (M.S.A.) di Milano promossa
da Giancarlo De Carlo dal 1955 al 1958 e dall’altra con l’Associazione per l’Architettura Organica (A.P.A.O.) sorta a Roma con
Quaroni, Samonà, Zevi, etc.
Roma e Milano costituirono due opposti orientamenti nel
dibattito culturale sul progetto di architettura. Anche se l’M.S.A.
non promosse molti studi, è con l’avvio delle fasi di ricostruzioni
che si estinse quasi del tutto, mentre l’elaborazione teorica
romana continuò e approfondì ulteriori studi riportati in numerosi scritti su “Urbanistica”. Ma la definizione del contesto culturale architettonico del dopoguerra risulterebbe non esaustiva se
non si citassero gli apporti di Zevi e di Argan le cui teorie non
solo influenzarono l’ambito della capitale, ma ebbero riverberi
anche negli ambienti milanesi.
Come rilevava F. Tentori, sta forse nel periodo tra anteguerra
e dopoguerra il passaggio della funzione di aggiornamento
internazionale della rivista milanese Casabella (di Pagano e
Persico) alla romana Metron (di Piccinato, Ridolfi e poi Zevi) a
suscitare polemiche sulla perdita di una funzione guida dell’architettura italiana. Al campanilismo Milano-Roma egli rispose
insegnando e lavorando all’estero. Mantenendo rapporti con
l’ambiente internazionale egli giudicava in maniera distaccata le
11
TRA RAZIONALISMO E CONTINUITÀ
diatribe tra funzionalisti e organici. Per cui, in “Esperienza dell’architettura” affermava: “Non sono un filosofo, non sono un letterato, sono un architetto che legge i testi (ed i poeti), ma essenzialmente progetta e si verifica nel cantiere ”.2
Il gruppo BBPR, si formò già sui banchi del Politecnico di Milano e continuò la sua sperimentazione dagli anni della laurea,
conseguita nel 1932 fino allo scioglimento dello stesso. La loro
produzione architettonica può distinguersi in due fondamentali
periodi: al primo appartiene un orientamento decisamente razionalista ed è con i loro progetti che l’architettura moderna italiana
si arricchisce di un linguaggio europeo. L’opera più rappresentativa è senza dubbio il monumento ai caduti nei campi di concentramento nel Cimitero Monumentale di Milano. Al secondo periodo, verso la seconda metà degli anni ’50, non rinnegando la sua
matrice razionalista, il gruppo sovrapponeva al progetto architettonico i valori dell’ambiente e del paesaggio fosse esso naturale
o artificiale. A questo periodo si ascrivono, tra le altre costruzioni, la Torre Velasca, l’edificio di Corso Francia di Torino, l’edificio
Olivetti di Barcellona e l’edificio ad angolo Case Rotte-Hoepli a
Milano che denotano una certa influenza del concetto di lineaforza verticale di van de Velde. Ciò spiega l’appartenenza che
Rogers aveva con il Movimento Moderno ed i suoi maestri.
In un suo articolo di Casabella, intitolato “L’architettura
moderna dopo la generazione dei Maestri ” egli scriveva: “quando gli architetti della mia generazione incominciarono ad inserirsi nel firmamento dell’arte, quattro stelle di prima grandezza brillavano, illuminando i nostri destini: Frank Lloyd Wright, Walter
Gropius, Mies van der Rohe e Le Corbusier. So bene che avrei
potuto dire pianeti e non stelle, giacché la loro luce era in parte
dovuta al riflesso di altre forze… quella fulgidissima di Sullivan,
di van de Velde e anche di Perret ” .3
Ed ancora egli scriveva in Esperienza di architettura che: “la
generazione dei Maestri ha indubbiamente svolto con maggior
compiutezza il problema estetico, forgiando il linguaggio adatto
alla espressione di nuovi contenuti. A noi tocca porre l’accento
su questi contenuti, specificarli, caratterizzarli – in quanto – i
problemi qualitativi, che pure si sono raffinati in misura così
eccezionale per l’opera delle elites, non hanno ancora potuto
divenire costume, cioè segno diffuso d’una civiltà ” .4
12
ERNESTO NATHAN ROGERS E I BBPR
Con questa citazione si può concludere che Rogers è stato
protagonista del Razionalismo italiano anticipando con continui
apporti teorici le linee di tendenza del periodo Postmoderno.
Note
Rogers E.N., Esperienza in un corso universitario, in L’utopia della realtà, Leonardo da
Vinci, Bari, 1965, p. 14.
2
Rogers E.N., Esperienza dell’architettura, Skira, Milano, 1997, p. 21.
3
Rogers E.N, L’architettura moderna dopo la generazione dei Maestri, Casabella,
n.211, 1956.
4
Rogers E.N., Esperienza dell’architettura, op. cit., p. 197-198.
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