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La scena del parto tra Medioevo ed Età moderna Agiografia

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La scena del parto tra Medioevo ed Età moderna Agiografia
La scena del parto tra Medioevo ed Età moderna
Agiografia, medicina e iconografia
Il parto, evento di grande drammaticità nella società di ancien régime, molto spesso aveva per
epilogo la morte o la menomazioni del bambino o della donna, ma più spesso di entrambi. Oggetto
ancor largamente inesplorato di potenziale rilevanza storiografica, esso è ascrivibile ad un’area di
studio in cui si incrociano diversi linguaggi e saperi, dall’antropologia alla sociologia, dalla storia
religiosa a quella della medicina.
L’obiettivo della ricerca consiste nello studio della scena del parto, nell’arco cronologico compreso fra il tardo Medioevo e la prima Età moderna, a partire dalle fonti agiografiche e, in particolare, dai processi canonizzazione.
A partire dal XIII secolo, si riscontrano con sempre maggior frequenza miracoli collegati al parto; ciò almeno in parte potrebbe ricollegarsi al fatto che, come ha dimostrato André Vauchez (La
sainteté en Occident aux derniers siècle du Moyen Âge, Roma 1981), coloro che si rivolgevano si
santi per qualsiasi evenienza, in particolare le malattie, iniziarono ad invocarli da casa propria e non
necessariamente all’interno dei santuari, i luoghi in cui erano conservate le sacre spoglie, com’era
invece costume nei secoli precedenti.
I testi agiografici, e soprattutto le trascrizioni dei processi di canonizzazione – fonti in cui
l’azione miracolosa del santo tende ad essere descritta con dovizia di particolari affinché ne sia dimostrata l’autenticità –, quando interpretati nella giusta maniera tenendo conto della topica legata al
genere, diventano una fonte privilegiata per elaborare uno studio sui rituali messi in atto durante il
parto e sui personaggi che si affollavano attorno alla partoriente e i loro gesti.
Se la malattia non era mai un affare individuale ma un evento che comportava la partecipazione
di un ampio gruppo di persone, tra cui parenti, amici, vicini di casa e i diversi professionisti della
guarigione, l’assistenza al parto venne riservata, per tutto il Medioevo, esclusivamente alle donne.
Diversamente da quanto avveniva nel mondo antico, con l’avvento del cristianesimo gli uomini si
tennero lontani dalle azioni mediche legate alla sessualità. Attorno alla partoriente si raccoglievano
le mulieres, parenti e vicine di casa, le quali, avendo ormai perso le competenze tecniche
dell’ostetrica dell’antichità – figura femminile alfabetizzata, che nel mondo classico si era formata
sui testi medici di autori che a lei si rivolgevano espressamente – agivano grazie ad un sapere dato
dall’esperienza e tramandato oralmente, in cui scienza, religione e magia si mescolavano tra loro.
Per ritrovare la figura dell’ostetrica occorrerà giungere fino al basso Medioevo e soprattutto alla
prima Età moderna.
La ricerca prevede di esaminare il profilo emergente delle donne che aiutavano la partoriente,
cercando di cogliere tutte le sfumature e i cambiamenti in senso diacronico espressi dal lessico che
le connota – da mulier a obstetrix o bayla – rilevandone un cambiamento di stato e di attitudine. Ma
soprattutto saranno le azioni delle donne, così come descritte dai testi agiografici, ad essere vagliate
e successivamente messe in relazione con il sapere ostetrico emergente dai testi medici. Fra questi,
in particolare, il Corpus di testi ginecologici dell’alto Medioevo posto sotto il nome di Trotula (ed.
a cura di M. Green, Firenze 2009); i testi di lingua araba di autori come Albucasis (trad. inglese a
cura di M. S. Spin, G. L. Lewis, London 1073) e Avicenna (Liber Canonis, Venetiis 1507, ed. fac
sim. G. Olms, Hildesheim 1998), tradotti in latino e resi disponibili già alla fine del XII secolo; i testi medici di autori occidentali i quali inclusero elementi di ostetricia solo a partire dal XIV secolo
senza però addurre alcuna reale esperienza; per arrivare infine alle Observationes scritte all’inizio
del XVII secolo dall’ostetrica Louise Bourgeois (Observations diverses sur la stérilité, perte de
fruict, foeconditee, accouchements et maladies des femmes et enfants nouveaux naiz, Paris 1609).
Saranno registrati i problemi della donna o del bambino rilevati dalle fonti agiografiche, e per i
quali veniva richiesto l’aiuto del santo, sempre attraverso un costante confronto con i testi medici.
Sarà ad esempio importante verificare se le donne che assistevano al parto, di fronte a casi particolari (l’incapacità della partoriente di espellere il feto perché morto o di sgravarsi durante un parto
gemellare), prima dell’eventuale miracolo mettessero in atto o meno le pratiche descritte nei testi
medici. Oppure constatare se le menomazioni causate alla madre dopo il parto, e rilevate nei testi
agiografici, corrispondano a quelle descritte dai medici del tempo.
Verranno anche evidenziate le diverse modalità da parte dei fedeli di accostarsi al santo per ottenere il miracolo e le eventuali differenze a livello regionale nonché i cambiamenti in senso diacronico.
Sul piano religioso, il parto comportava gravi problemi in relazione alla morte del bambino (o
del feto) ancora nel ventre materno, data l’impossibilità di quest'ultimo di ricevere il battesimo e
quindi di ottenere la salvezza dell’anima. Per tale ragione, uno dei miracoli più richiesti era quello à
répit, vale a dire la resurrezione del bambino solamente per il tempo necessario ad impartire il sacramento. Le descrizioni di un tale miracolo saranno allora analizzate per comprendere i diversi
comportamenti dei fedeli di fronte al problema del bambino morto o ritenuto tale, soprattutto in relazione al fatto che la stessa ostetrica era obbligata a somministrare il battesimo in extremis.
Il problema della salvezza dell’anima del bambino si connette alla pratica della sectio in mortua,
cioè dell’apertura del ventre materno per estrarre il bambino nel caso in cui la madre fosse deceduta
prima del parto. Si tratta di un atto chirurgico descritto nelle fonti ecclesiastiche prima ancora che in
quelle mediche. Se in passato alcuni studiosi hanno espresso la certezza della reale diffusione di una
tale pratica nella società medievale in base soprattutto a studi di tipo iconografico (R. BlumefeldKosinski, Not of Woman Born. Representation of Caesarean Birth in Medieval and Renaissance
Culture, Ithaca-London 1990), altri, invece (e.g. N. M. Filippini, La nascita straordinaria. Tra madre e figlio la rivoluzione del taglio cesareo [sec. XVIII-XIX], Milano 1995), per una serie di condivisibili ragioni, si sono dimostrati piuttosto dubbiosi riguardo al valore testimoniale
dell’iconografia. La valutazione della presenza o meno di testimonianze relative alla sectio in mortua all’interno dell’agiografia sarà utile per confermare o meno una delle due ipotesi.
Generalmente l’agiografia tende a sottacere alcune pratiche connesse alla guarigione e, di conseguenza, anche al parto, le quali, per le loro caratteristiche, spesso vengono interpretate come magiche (un aggettivo carico di ambiguità che andrebbe sempre ridefinito a seconda dei contesti). Nel
caso del parto si tratta di un insieme di oggetti e parole che, usati seguendo un preciso rituale, dovevano servire ad espellere il feto con maggiore facilità per permettere alla donna di sgravarsi felicemente senza patire troppo dolore. Si tratta di pratiche che possiamo ricondurre all’alveo della medicina popolare, dove l’aggettivo sta a qualificare unicamente una terapia ben nota e universalmente
praticata e non necessariamente di livello inferiore rispetto ad una prassi medica di cultura più elevata: ciò è comprovato dal fatto che le stesse pratiche sono rintracciabili, oltre che nei ricettari, anche nei testi medici. La loro presenza anche nei Libri d’Ore, o in altri testi a carattere religioso, è
spiegabile con il fatto che gli oggetti erano quelli utilizzati nei sacramentali e le parole ricalcavano
formule liturgiche o erano di fatto semplici preghiere. Si tratta quindi di una terapeutica che, seppur
in qualche caso percepita come magica, va a collocarsi all’intersezione tra la medicina e la religione.
Nella ricerca verrà dato ampio spazio allo studio di tali azioni rituali e relativi oggetti terapeutici.
Saranno inoltre esaminati alcuni aspetti del culto dei santi che, per varie ragioni, si specializzarono
nell’aiuto alle partorienti e venivano dunque invocati e raffigurati in oggetti utilizzati come amuleti.
Una parte della ricerca sarà quindi dedicata allo studio iconografico non soltanto dei santi taumaturghi invocati durante il parto ma anche alle immagini relative al parto, sempre in relazione ai dati
emergenti dalle fonti testuali. Si studieranno pertanto le illustrazioni dei manoscritti, in particolare
quelli di tipo medico, e i dipinti su tavola e a fresco raffiguranti le natività della Vergine e del Battista. Tali scene di natività, sia pur scontando la serialità dovuta alla rappresentazione figurativa di un
soggetto religioso derivato da fonti scritte di larga diffusione, si presentano come scene di vita quotidiana in cui è possibile rinvenire alcuni dati utili allo studio del parto. Per tale studio ci si potrà
avvalere anche delle immagini presenti negli archivi del Warburg Institute e del Wellcome Institute
di Londra.
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