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La scuoLa deLL`infanzia e iL primo cicLo
i capitolo 2 I La scuola dell’infanzia e il primo ciclo Marina bertiglia Già Provveditore agli Studi e Direttore scolastico regionale della Regione Piemonte n La scuola dell’infanzia Legge 444/1968: nasce la scuola materna statale Legge 62/2000: scuole materne comunali e private Legge 53/2003: la scuola materna diventa scuola dell’infanzia 48 La scuola dell’infanzia si inserisce nell’ordinamento statale grazie alla Legge 444/1968, con il nome di “scuola materna” e con personale solo femminile – norma poi decaduta per effetto della Legge 903/1977 sulla parità fra uomini e donne sul lavoro – a riprova di un orientamento che privilegiava la continuità con la famiglia, di cui la scuola doveva “integrare” le azioni, pur avendo “fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di assistenza e di preparazione alla scuola dell’obbligo”. Prima del 1968, era diffusa in Italia la formula degli “asili infantili”, dove erano prevalenti gli aspetti di custodia e di assistenza, gestiti da privati e soprattutto da Enti morali e da pochi Enti locali, senza particolari distinzioni fra l’età 0-3 anni e l’età 3-6 anni. L’ampliarsi dell’occupazione femminile, le migrazioni interne e la maggiore diffusione di nuclei monofamiliari, per un verso, gli approfondimenti di studi pedagogici e psicologici per l’altro, influirono sicuramente sulla scelta politica del 1968, introducendo un nuovo grado di istruzione statale rivolto ai bambini di età 3-6 anni; tuttavia il legislatore non si spinse fino al punto di considerarlo neppure in parte obbligatorio, caratteristica che permane ancora oggi. A seguito della legge citata, dal 1968 in Italia scuole materne statali si aggiunsero alle scuole materne istituite e gestite dai Comuni e dai privati, a molte delle quali, per effetto della Legge 62/2000 fu riconosciuta la parità, a condizione che fossero rispondenti agli ordinamenti generali dell’istruzione, coerenti con la domanda formativa delle famiglie e caratterizzate dai requisiti di qualità ed efficacia indicati dalla medesima legge. La scuola materna diventa scuola dell’infanzia nel 2003, per effetto della cosidetta “Legge Moratti”, che finalmente la inserisce nel sistema di istruzione, seppure mantenendola non obbligatoria: e le consente di accogliere, oltre ai bambini che compiono i 3 anni entro il 31 dicembre anche quelli che li compiono entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento, dando inizio al fenomeno dell’“anticipo”. la scuola dell’infanzia e il primo ciclo Riquadro 1 LEGGE 53 /2003 Art. 2 - Sistema educativo di istruzione e di formazione - comma 1: […] d) il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale; e) la scuola dell’infanzia, di durata triennale, concorre all’educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria. È assicurata la generalizzazione dell’offerta formativa e la possibilità di frequenza della scuola dell’infanzia; alla scuola dell’infanzia possono essere iscritti secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione le bambine e i bambini che compiono i 3 anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento, anche in rapporto all’introduzione di nuove professionalità e modalità organizzative. […]. Oggi, in Italia abbiamo uno dei più alti indici europei di frequenza delle scuole dell’infanzia (98%), diversamente articolate per tipologia di gestione: il 55% degli alunni frequenta scuole statali, il 10% scuole paritarie comunali (soprattutto nel Nord del Paese), il 35% scuole paritarie private for profit e del terzo settore. Coesistono, quindi, distinti contratti nazionali di lavoro per i docenti, con differenze nel calendario scolastico, nell’orario settimanale di lavoro e nello stipendio. Anche le risorse di cui i tre tipi di scuola possono disporre sono di diversa origine: w l e scuole statali sono finanziate dallo Stato (che paga gli insegnanti, il personale tecnico-amministrativo e ausiliario) e dai Comuni, cui compete l’edilizia, la manutenzione, le mense, i trasporti e le utenze (riscaldamento, telefono, elettricità); w l e scuole paritarie aperte dai Comuni fruiscono di contributi statali che coprono non più del 10% delle spese globali; w l e scuole paritarie private ricevono i medesimi contributi statali, in • Legge 53/2003 art. 2 Scuole statali Paritarie comunali Paritarie private 49 i. l’istruzione e la formazione nella società della conoscenza base al numero delle sezioni funzionanti, cui si aggiungono, laddove vengono stipulate delle convenzioni, le risorse erogate dalle Regioni e dai Comuni, ciascuno secondo le proprie disponibilità finanziarie. Le rette a carico delle famiglie Sono le famiglie a sostenere buona parte dei costi di funzionamento delle scuole paritarie private attraverso le rette mensili, la cui entità è molto differenziata sia in base ai servizi offerti (orario giornaliero, mensa, attività aggiuntive), sia in base ai territori, coprendo dal 10 al 40% delle spese totali. Una partecipazione finanziaria così consistente trova la sua ragion d’essere nello scarso investimento pubblico complessivo, che per l’Italia si limita allo 0,44% del Pil, a fronte del 2% di nazioni come la Svezia, la Norvegia e la Danimarca. L’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia, così come del primo ciclo di istruzione, è stato ridefinito dal Dpr n. 89/2009 (art. 2). Nel Dpr n. 81 del medesimo anno (art. 9), vengono date precise disposizioni in merito alla riorganizzazione della rete scolastica e alla razionalizzazione nell’utilizzo delle risorse umane della scuola. La tabella in basso riassume gli effetti delle disposizioni emanate con i due decreti citati. Come si vede, la scuola dell’infanzia ha un orario settimanale di 40 ore, ampliabile fino a 50 oppure riducibile per particolari esigenze a un solo turno (25 ore settimanali); è ordinata in sezioni, a ciascuna delle quali sono assegnati due docenti e a cui sono iscritti non meno di 18 e non più di 26 bambini, che possono arrivare a 29 se ci sono iscrizioni in eccedenza che non è possibile ridistribuire tra scuole viciniori. Al numero minimo si può derogare nelle sezioni situate in Comuni montani, in piccole Isole e in piccoli Comuni, privi di strutture educative per la prima infanzia, dove è anche possibile accogliere piccoli gruppi di bambini di età compresa tra i 2 e i 3 anni. Dpr n. 89/2009 art. 2 Dpr n. 81/2009 art. 9 Numero alunni per classe Modelli orari settimanali Scuola min max Infanzia 18 26 (fino a 29) Di norma 20 40h (con 2 docenti) può arrivare a 50h Primaria 15 26 (fino a 27) Di norma 20 24h con docente 27h Secondaria primo grado 18 27 (fino a 28) Di norma 20 29h + 33h annuali 40h 50 Con alunno disabile Standard Adeguamento dei bisogni del territorio 25h (con 1 docente) 30h 40h (tempo pieno, con 2 docenti) la scuola dell’infanzia e il primo ciclo Le sezioni di norma sono costituite con bambini di pari età, ma non si tratta di un vincolo inderogabile. La scuola dell’infanzia non prevede forme di valutazione ancorate a scale numeriche né documenti periodici da consegnare alle famiglie, tuttavia i docenti sono tenuti all’osservazione sistematica degli alunni in relazione agli obiettivi previsti dalle “Indicazioni per il curricolo” e invitati a raccordarsi con i genitori e, nel caso di alunni disabili o con difficoltà di apprendimento, con gli altri professionisti che comunque interagiscono con i bambini (continuità orizzontale). Gli insegnanti sono inoltre tenuti a realizzare la continuità educativa verticale con i servizi per l’infanzia 0-3 anni e con la scuola primaria, azione, quest’ultima, facilitata dalla progressiva diffusione di Istituti Comprensivi, cioè di istituzioni scolastiche che comprendono scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado affidate a un unico dirigente e guidate da un collegio docenti unico. Si tratta di un’organizzazione amministrativa resa obbligatoria dall’art. 19, comma 4, della Legge 111/2011, che, oltre a produrre un risparmio in termini finanziari, può favorire una maggiore efficacia didattica, rendendo più agevole la costruzione di un curricolo verticale, la dimensione relazionale con il territorio, la gestione dei rapporti scuola-famiglia. nn Nessuna valutazione ma osservazioni sistematiche Continuità orizzontale... ...e verticale Istituti comprensivi • Legge 111/2011 Le sezioni “Primavera” Con l’art. 630 della Legge 296/2006 è stato istituito un nuovo servizio educativo a carattere sperimentale per i bambini dai 24 ai 36 mesi d’età, che, oltre a costituire una risposta a una diffusa esigenza sociale, intende offrire un qualificato momento di preparazione e introduzione alla scuola dell’infanzia. Dopo un lungo percorso, la Conferenza StatoRegioni-Autonomie locali ha approvato, nel giugno 2007, l’“Accordo quadro” che ha consentito di avviare la sperimentazione delle cosiddette “Sezioni primavera”, destinate a bambini dai 24 ai 36 mesi. Le sezioni sono tuttora funzionanti presso i nidi comunali e le scuole dell’infanzia statali e paritarie, sono finanziate dallo Stato in misura di anno in anno inferiore e dalle singole Regioni, con conseguente distribuzione assai differenziata sul territorio nazionale. Servizio educativo a carattere sperimentale per bambini da 24 a 36 mesi n La scuola primaria Con la Legge 53/2003 la scuola elementare cambia nome e diventa “scuola primaria”, andando a costituire il segmento iniziale del primo ciclo di istruzione (vedi Riquadro 2). • Legge 53/2003 art. 2 51 i. l’istruzione e la formazione nella società della conoscenza Riquadro 2 LEGGE 53/2003 Art. 2 - Sistema educativo di istruzione e di formazione - comma 1 […] f) il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria, della durata di cinque anni, e dalla scuola secondaria di primo grado della durata di tre anni. Ferma restando la specificità di ciascuna di esse, la scuola primaria è articolata in un primo anno, teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali; […] nel primo ciclo è assicurato altresì il raccordo con la scuola dell’infanzia e con il secondo ciclo; è previsto che alla scuola primaria si iscrivano le bambine e i bambini che compiono i 6 anni di età entro il 31 agosto; possono iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento; la scuola primaria promuove, nel rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base fino alle prime sistemazioni logico-critiche, di far apprendere i mezzi espressivi, ivi inclusa l’alfabetizzazione in almeno una lingua dell’Unione europea oltre alla lingua italiana, di porre le basi per l’utilizzazione di metodologie scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi fenomeni e delle sue leggi, di valorizzare le capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo, di educare ai princìpi fondamentali della convivenza civile; […]. Dpr n. 81/2009 art. 10 Dpr n. 89/2009 art. 4 Orario diversificato Abolizione compresenze Anticipo iscrizioni 52 L’art. 10 del Dpr n. 81/2009 e l’art. 4 del Dpr n. 89/2009 ridefiniscono le caratteristiche di funzionamento della scuola primaria (vedi tabella a pag. 50). Qui di seguito elenchiamo alcune specificità. wO rario settimanale diversificato (24, 27, 30, 40 ore), la cui definizione dipende non solo dalle esigenze espresse dalle famiglie, ma anche dalla disponibilità di posti in organico. Come è noto, infatti, la progressiva diminuzione di risorse finanziarie pubbliche ha determinato un ridimensionamento dei servizi scolastici con orario prolungato. wR eintroduzione della possibilità di affidamento della classe a un insegnante unico nel caso di modello a 24 ore, e la presenza di più figure, con organizzazione funzionale autonoma nel caso di orari superiori. wA bolizione, in tutti i casi di orario superiore a 24 ore, delle compresenze di più docenti. wS tabilizzazione, prevista dalla Legge 53/2003, del fenomeno dell’anticipo, per cui si possono iscrivere non solo i bambini e le bambine che compiono 6 anni entro il 31 dicembre, ma anche quelli/e nati/e entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento. la scuola dell’infanzia e il primo ciclo wS uperamento del modello di supplenza con utilizzazione di personale con contratto a tempo determinato per assenze fino a 5 giorni. wM antenimento delle figure di docente specializzato per il sostegno ai disabili. wA ffidamento dell’insegnamento della lingua straniera non più solo a specialisti, ma prioritariamente a insegnanti curricolari con specifica formazione. Nessun supplente per assenze fino a cinque Lingua straniera insegnata da docenti curricolari L’articolazione della scuola primaria prevede un primo anno teso al raggiungimento delle strumentalità di base e due periodi didattici biennali, nell’arco dei quali scandire le tappe per raggiungere gli obiettivi previsti dalle “Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione” (vedi nota Miur n. 55 del 05/09/2012). Tale formulazione è rispettosa di due norme fondamentali: w l ’autonomia delle istituzioni scolastiche; w l ’attribuzione allo Stato della competenza in merito alla definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) in materia di istruzione. In altri termini, lo Stato, per assicurare il mantenimento del servizio scolastico nazionale, fissa i parametri principali in relazione al diritto costituzionalmente garantito all’istruzione, e le scuole, attraverso i loro organi collegiali, individuano i percorsi e gli strumenti attraverso cui raggiungere quegli obiettivi, in un determinato contesto e in un determinato periodo. La finalità che tali norme si prefiggono è di realizzare un servizio scolastico che risponda ai bisogni individuali e sia, nel contempo, ancorato a garanzie di quantità e di qualità di pari livello in tutto il territorio nazionale. Sono ormai molto lontani i tempi dei cosiddetti programmi nazionali di istruzione, cioè di testi normativi prescrittivi per contenuto per ogni anno scolastico, con l’idea che soltanto con tali strumenti si garantisse l’uguaglianza e l’uniformità del servizio; oggi si indica come finalità quella delle pari opportunità di istruzione, da raggiungere con modalità diverse, fermi restando gli obiettivi nazionali del sistema. Le “Indicazioni nazionali” 2012 ribadiscono che: Livelli essenziali delle prestazioni Pari opportunità di istruzione L’itinerario scolastico dai tre ai quattordici anni, pur abbracciando tre tipologie di scuola caratterizzate ciascuna da una specifica identità educativa e professionale, è progressivo e continuo. La presenza sempre più diffusa degli istituti comprensivi consente la progettazione di un unico curricolo verticale e facilita il raccordo con il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione. [...]. Nella scuola del primo ciclo la progettazione didattica, 53 i. l’istruzione e la formazione nella società della conoscenza mentre continua a valorizzare le esperienze con approcci educativi attivi, è finalizzata a guidare i ragazzi lungo percorsi di conoscenza progressivamente orientati alle discipline e alla ricerca delle connessioni tra i diversi saperi.1 Ampliamento dell’offerta Parte Seconda Capitolo 1 Rispetto per le diversità individuali Integrazione con il territorio Le regioni orientano il 20% del curricolo scolastico La sottolineatura dell’apprendimento, come momento fondamentale, ci riporta da un lato alla concezione europea di lifelong learning, la cui prima tappa è la scuola, ma anche al concetto, fortemente espresso nelle norme che regolano l’autonomia scolastica, che la scuola non opera soltanto all’interno della propria struttura, ma si deve avvalere delle opportunità che il territorio (cioè gli Enti locali, le agenzie culturali ecc.) offre per ampliare l’offerta formativa. Dunque la persona resta al centro, quale soggetto che apprende secondo la propria individualità; la scuola ha la mission di offrire risposte adeguate ai suoi bisogni educativi, mentre il contesto in cui la scuola opera ha il compito di affiancarla in modo da integrarne gli interventi al fine di ampliare l’offerta formativa. Ciò significa anche una forte attenzione agli ambienti fisici, allo spazio considerato “terzo educatore”, alle dotazioni tecnologiche, con una continuità di fondo rispetto al concetto di cittadinanza a pieno titolo, ma con una profonda evoluzione rispetto all’idea che ci tramandano le foto storiche delle classi di scuola elementare raccolte nei decenni dello novecento. Considerando l’età degli alunni, anche nella scuola primaria rimane fon damentale la condivisione di responsabilità con le famiglie, alle quali viene lasciata la facoltà di richiedere all’atto delle iscrizioni il modello di funzionamento orario ritenuto più rispondente ai propri bisogni, di aderire a proposte integrative, di indicare la scelta o meno dell’insegnamento della religione cattolica. L’idea che predomina è che la scuola rispetta le diversità individuali dei bambini che la frequentano, tenendo conto delle informazioni ricevute dalla famiglia, attraverso le scelte professionali che competono a dirigenti e docenti. Accanto a questa convinzione, si colloca l’ulteriore idea che la scuola primaria debba vivere in integrazione con il proprio territorio, e quindi la disposizione di legge in base alla quale le Regioni possono individuare le linee direttive di una quota del 20% del curricolo scolastico, orientando le scelte didattiche verso i campi di maggiore interesse territoriale. La scuola primaria, a differenza della scuola dell’infanzia, ha l’obbligo di valutare gli allievi secondo scansioni temporali definite (trimestre o quadrimestre, anno, biennio) e secondo una scala decimale, reintrodotta dall’anno scolastico 2008-2009 (Legge 169/2008, poi confermata dal Regolamento per la valutazione degli alunni, Dpr n. 122/2009). 1“Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione”, nota Miur n. 55 del 05/09/2012, pp. 12-13. 54 la scuola dell’infanzia e il primo ciclo Alla valutazione espressa in decimi si possono aggiungere ulteriori documenti, che però non possono essere considerati sostitutivi. L’obbligo di valutazione è in capo al personale docente. Al termine della scuola primaria non si sostiene alcun esame finale, poiché il ciclo continua fino al terzo anno della secondaria di primo grado. Le classi seconde e quinte sono sottoposte ai test Invalsi, a fini di conoscenza dell’andamento del sistema scolastico italiano, a livello locale e generale, ma da tale test non conseguono valutazioni dirette per gli alunni bensì indicazioni che le scuole sono invitate a utilizzare per migliorare le proprie prestazioni. Gli edifici scolastici destinati alla scuola primaria statale sono a carico dei Comuni, che devono provvedere alla loro manutenzione e offrire, in relazione agli orari di funzionamento e al territorio di competenza, i servizi di mensa e di trasporto, sempre tenendo conto delle norme regionali. Parte Terza Capitolo 3 Manutenzione edifici, mensa e trasporto alunni a carico dei Comuni n La scuola secondaria di primo grado Con la Legge 1859/1962 è stata istituita la “scuola media unica”, intesa come un grado di scuola che amplia la formazione di base, generale e non specialistica, e che orienta verso il percorso scolastico successivo: di qui la scelta di puntare su alcuni insegnamenti forti, lasciandone altri come facoltativi, di rendere la frequenza gratuita, di farla concludere con un esame dal superamento del quale far discendere il conseguimento del titolo di studio dell’istruzione obbligatoria. Questo impianto, del tutto coerente con le prescrizioni di cui all’articolo 34 della Costituzione, resta sostanzialmente solido fino alla Legge 53/2003, quando alla precedente denominazione si sostituisce la nuova di “scuola secondaria di primo grado” (Riquadro 3) e si rafforza il valore Legge 1859/1962: istituzione scuola media unica • Legge 53/2003: la scuola media diventa “scuola secondaria di primo grado” Riquadro 3 LEGGE 53/2003 Art. 2 - Sistema educativo di istruzione e di formazione - comma 1 […] f) il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria, della durata di cinque anni, e dalla scuola secondaria di primo grado della durata di tre anni. […] la scuola secondaria di primo grado si articola in un biennio e in un terzo anno che completa prioritariamente il percorso disciplinare ed assicura l’orientamento ed il raccordo con il secondo ciclo; la scuola secondaria di primo grado, attraverso le discipline di studio, è finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio ed al rafforzamento delle attitudini alla interazione sociale; organizza ed accresce, anche attraverso l’alfabetizzazione e 55 i. l’istruzione e la formazione nella società della conoscenza l’approfondimento nelle tecnologie informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in relazione alla tradizione culturale e alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà contemporanea; è caratterizzata dalla diversificazione didattica e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell’allievo; cura la dimensione sistematica delle discipline; sviluppa progressivamente le competenze e le capacità di scelta corrispondenti alle attitudini e vocazioni degli allievi; fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di istruzione e di formazione; introduce lo studio di una seconda lingua dell’Unione europea; aiuta ad orientarsi per la successiva scelta di istruzione e formazione; il primo ciclo di istruzione si conclude con un esame di Stato, il cui superamento costituisce titolo di accesso al sistema dei licei e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale; […]. della continuità della formazione all’interno del primo ciclo, sottolineata anche dall’abolizione dell’esame terminale della scuola primaria. Rispetto alla scuola primaria, nella secondaria di primo grado si prevede l’approfondimento dei contenuti, articolati in discipline, ciascuna insegnata da un docente in possesso di una specifica laurea, ma comunque sempre nella prospettiva di promuovere un sapere integrato. Si legge, infatti, nelle “Indicazioni nazionali” 2012: Nella scuola secondaria di primo grado si realizza l’accesso alle discipline come punti di vista sulla realtà e come modalità di conoscenza, interpretazione e rappresentazione del mondo. La valorizzazione delle discipline avviene pienamente quando si evitano due rischi: sul piano culturale, quello della frammentazione dei saperi; sul piano didattico, quello dell’impostazione trasmissiva. Le discipline non vanno presentate come territori da proteggere definendo confini rigidi, ma come chiavi interpretative disponibili ad ogni possibile utilizzazione. I problemi complessi richiedono, per essere esplorati, che i diversi punti di vista disciplinari dialoghino e che si presti attenzione alle zone di confine e di cerniera fra discipline.2 L’art. 5 del Dpr.89 e l’art. n. 11 del Dpr 81 definiscono le consistenze numeriche delle classi e i modelli orari di funzionamento della scuola secondaria di primo grado (vedi schema a pag 50),la cui attuazione dipende come già si è detto a proposito della scuola primaria, non solo 2“Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione”, nota Miur n. 55 del 05/09/2012, p. 25. 56 la scuola dell’infanzia e il primo ciclo dalla scelta delle famiglie, ma in gran parte dalla disponibilità di organico della scuola. La scuola secondaria di primo grado si conclude con un esame di Stato, da cui consegue un titolo di studio con valore legale indispensabile per il proseguimento degli studi; l’esame è composto da più prove, scritte ed orali, corrispondenti alle discipline impartite, e da una prova nazionale scritta, introdotta nel 2004 dalla Legge 176. Si tratta della cosiddetta prova Invalsi, dal nome dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione che la predispone; come è noto, tale prova è stata introdotta per disporre di dati a livello nazionale e locale e per implementare progressivamente anche in Italia un sistema di valutazione nazionale. Il Rapporto sulla scuola in Italia 2011 della Fondazione Agnelli individua la scuola media come l’anello debole della scuola italiana, per una serie di fattori fra cui: w l a scarsa considerazione del grado da parte di docenti che potrebbero aspirare all’insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado e la loro forte mobilità; w l ’età media avanzata del corpo docente a fronte dell’età adolescenziale dei frequentanti; w l a mancata preparazione specifica del corpo docente formato alla disciplina, ma non ancora abbastanza all’insegnamento della disciplina; w l ’inadeguatezza della mission della scuola media a fronte delle attuali sfide educative. A fronte delle molte discussioni suscitate dalla ricerca, senza entrare nel merito delle stesse, sta il fatto che la percentuale degli allievi che frequenta con successo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado appare ancora insoddisfacente, così come è alto il tasso complessivo di dispersione scolastica nella frequenza dell’intero secondo ciclo. n n Il Esame di Stato conclusivo: prove scritte e orali più una prova nazionale definita dall’Invalsi Scuola media, anello debole della scuola italiana (Fondazione Agnelli) Alto il tasso di dispersione nel primo anno della scuola secondaria di secondo grado tema trasversale degli obiettivi L’originaria concezione della scuola pubblica e il suo rigido inserimento in una struttura burocratica di controllo, quale quella del Ministero dell’istruzione, hanno determinato fino agli anni novanta del secolo scorso la produzione di atti normativi vincolanti denominati “Programmi nazionali”, riferiti ai diversi gradi di istruzione, con eccezione soltanto per la scuola dell’infanzia. In essi venivano definiti obiettivi e contenuti di insegnamento, non ovviamente la metodologia, in ossequio al principio della libertà di inse- Libertà di insegnamento 57 i. l’istruzione e la formazione nella società della conoscenza Traguardi e contenuti essenziali definiti a livello nazionale (Indicazioni) Curricolo di scuola Imparare ad apprendere 58 gnamento, nella convinzione che tali norme si ponessero a salvaguardia dell’unità e dell’uguaglianza. I programmi della scuola primaria e secondaria di primo grado sono stati più volte riformati, mentre per la scuola dell’infanzia si è mantenuto il termine originario di orientamento, proprio per sottolineare il carattere meno pressante dell’apprendimento in tale grado di istruzione. Furono le contestazioni del Sessantotto dapprima, la successiva introduzione degli organi collegiali scolastici (metà anni settanta), l’attribuzione dell’autonomia alle istituzioni scolastiche (fine anni novanta) che, insieme all’evolversi delle teorie pedagogiche e didattiche, all’affermarsi del principio del long life learning come diritto della persona, determinarono il superamento dell’idea che soltanto l’uniformità garantisse l’equità. Di qui l’inversione di rotta, con successive correzioni in itinere, per affermare invece che soltanto i traguardi e i contenuti essenziali vadano definiti dallo Stato, attraverso documenti, come garanzia di prestazioni che lo Stato deve assicurare a tutti i cittadini, e che sia invece la programmazione di istituto e di classe a definire attraverso il curricolo di scuola come quegli obiettivi possano essere raggiunti. Per tali ragioni, e coerentemente con la continuità anche formale del primo ciclo, per la scuola dell’infanzia primaria e secondaria di primo grado sono state formulate le “Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo” (nota Miur n. 559 del 05/09/2012). Questo documento sottolinea come la funzione della scuola debba adeguarsi ai cambiamenti di scenario in atto a livello mondiale, privilegiando un suo ruolo di catalizzatore e di organizzatore dei saperi, consapevole che le fonti di apprendimento per gli alunni sono oggi molteplici e assai accessibili. Nel percorso dai 3 ai 14 anni vengono scandite più tappe, per sviluppare le competenze e definire gli obiettivi di apprendimento, con una logica di progressivo superamento dei campi di esperienza a favore della padronanza degli alfabeti di base e delle discipline intese come punti di vista sulla realtà. Sono due le linee principali di sviluppo del percorso, la prima – verticale – volta a consolidare l’idea che si impara ad apprendere e che l’apprendimento durerà per tutta la vita; la seconda – orizzontale – tesa a valorizzare il ruolo della cittadinanza, dell’appartenenza a una comunità dai confini variabili. È costante nel documento la tutela dell’istruzione come valore della persona e della collettività, come strumento di cittadinanza attiva e di coesione sociale. Per il completamento del percorso manca ancora un tassello com- la scuola dell’infanzia e il primo ciclo plementare e autonomo, e cioè un sistema strutturato di valutazione nazionale: è tema su cui si dibatte da anni, fra molte incertezze, contrapposizioni di principio, richiami comunitari. Quello che appare certo è che tale mancanza priva la scuola italiana di un passaggio fondamentale. Parte Seconda Capitolo 1 PAROLE CHIAVE Sezioni Primavera: alunni 24-36 mesi; ancora sperimentali, finanziate soprattutto dalle Regioni e, in parte, dallo Stato. Scuola dell’infanzia (ex Scuola Materna): alunni 3-6 anni; dura 3 anni, non è obbligatoria; può essere statale o paritaria (comunale o privata). Scuola primaria (ex scuola elementare): alunni 6-11 anni; dura 5 anni, è obbligatoria, può essere statale o paritaria (privata). Insegnante unico: nella primaria, se la classe funziona solo per 24 ore settimanali. Compresenze: 2 insegnanti operano contemporaneamente sulla stessa classe: Sono state abolite nel 2009. Anticipi: possono iscriversi alle scuole dell’infanzia e alle scuole primarie anche bambini che compiono, rispettivamente, 3 o 5 anni entro il 30 aprile dell’a.s. di riferimento. Scuola secondaria di II grado (ex scuola media): alunni 11-14 anni, è obbligatoria, si conclude con un esame di Stato. “Indicazioni nazionali” per il curricolo della scuola per l’infanzia e del primo ciclo di istruzione (nota del Miur n. 5559 del 5/08/2012): costituiscono un quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole. 59