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...sempre più fico!
FI.CO. 2
(“Fisica Comprensibile” per geologi)
Programma di Fisica 2 - (v 5.0-2002)
...sempre
più fico!
A.J. 2000
Adriano Nardi
☺
La fisica “dovrebbe” essere una scienza esatta.
Questo papiro non può garantire la totale infallibilità perché NON E’ STATO SCRITTO DA UN FISICO,
tuttavia, proprio per questo motivo, risulterà probabilmente più chiaro e abbordabile dei testi ufficiali.
L’autore comunque non risponderà di eventuali danni morali , materiali o cerebrali
dovuti all’uso proprio o improprio di questi appunti.
GEOLOGIA 2000 - www.anisn.it/geologia2000
“FI.CO.2” - Adriano Nardi
01 - CAMPO ELETTRICO
Il campo elettrico non è adatto all’agricoltura,
forse perché vi crescerebbero soltanto spine...
+
Tutte le leggi che riguardano il campo elettrico
trovano facile analogia con quelle che governano
il campo gravitazionale, già studiato in Fisica 1.
E’ utile quindi fare sempre un confronto diretto. L’unica
eccezione è che se la massa è una grandezza sempre positiva,
nel caso del campo elettrico la carica può essere anche
negativa, ne consegue che la forza gravitazionale è solo attrattiva mentre quella elettrica può
essere anche repulsiva.
Confronto con il campo gravitazionale
CAMPO ELETTRICO
• Particella di CARICA
CAMPO GRAVITAZIONALE
±q
• LEGGE DI COULOMB (forza elettrica):
q q0
F=k
r
2
dove:
(ε0 = costante dielettrica del vuoto)
• CAMPO ELETTRICO:
E=
F
q0
= k
k = 1/4πε0
q
r2
particella di MASSA
m
LEGGE DI NEWTON (forza gravitazionale):
F=G
m m0
r2
CAMPO GRAVITAZIONALE:
(F = m0g ⇒)
g =
F
m0
= G
m
r2
Una particella di carica q genera nello spazio circostante un campo elettrico E rilevabile grazie
alla sua influenza su una seconda carica di prova q0. Il campo elettrico è definito come una
forza per unità di carica, ovvero la forza esercitata da q su q0 divisa per il valore di q0. (q0 però
deve avere un valore trascurabile rispetto a q per non generare a sua volta su q un campo
elettrico significativo). Il vettore E→ (il campo è vettoriale) punta sempre nella direzione di F.
Il concetto di campo è un po’ astratto: intorno alla carica q in realtà non c’è proprio nulla! Il campo elettrico è
soltanto una regione di spazio che circonda la carica q. La caratteristica di questo spazio è che in ogni suo punto è
potenzialmente possibile risentire dell’effetto di q in misura dipendente da q0, cioè solo quando ci si metterà una
carica di prova q0, in quel punto si risentirà di una forza a causa di q. Si ricordi che questa forza potrà essere
attrattiva o repulsiva.
Essendo il rapporto tra forza e carica, il campo elettrico si misura in Newton al Coulomb: N/C.
• CARICA ELETTRICA: la più piccola particella carica negativamente è l’elettrone; la più
piccola positiva è il protone. La loro carica ha ugual valore ma segno opposto. Nel Sistema
Internazionale la carica elettrica si misura in Coulomb (C). La carica dell’elettrone o del
protone misura 1,60219 × 10-19 C, quindi: 1C equivale a 6,3 × 1018 elettroni.
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Un corpo si dice carico quando ha un eccesso di cariche, positive o negative. Poiché il protone
è legato al reticolo cristallino mentre l’elettrone è dotato di una certa mobilità, un corpo è
carico negativamente quando ha un eccesso di elettroni e positivamente quando risulta un
difetto di elettroni.
• INTERAZIONE TRA LE CARICHE:
⇒ corpi carichi di segno opposto si attraggono
⇒ corpi carichi dello stesso segno si respingono
-
+
+
• DISPOSIZIONE DELLE CARICHE NEI CORPI TRIDIMENSIONALI: premesso che per il
momento si parla di elettricità statica, cioè non di una corrente di cariche, la disposizione delle
cariche su di un corpo voluminoso dipende dalla natura del corpo, cioè conduttore o isolante.
Isolante significa che non permette la conduzione delle cariche, viceversa il corpo conduttore
ha una situazione atomica tale da permettere lo scambio di cariche attraverso i suoi atomi.
⇒ nei corpi isolanti le cariche possono essere distribuite in tutto il volume;
⇒ nei corpi conduttori le cariche sono distribuite uniformemente sulla superficie esterna.
Questo implica che il campo elettrico all’interno di un conduttore carico - in condizioni statiche - è nullo. Su questo
punto, molto importante, torneremo a discutere in seguito.
• LINEE DI FORZA: si usano per rappresentare graficamente il campo elettrico. Le linee
escono dagli oggetti carichi positivamente ed entrano in quelli carichi negativamente. La
direzione di partenza e di arrivo è sempre perpendicolare alla superficie dell’oggetto. Le linee
di forza non si possono incrociare. Il numero di linee di forza che circondano un oggetto è
proporzionale al valore della sua carica. Il vettore campo elettrico E→ è, in qualsiasi punto,
tangente alla linea di forza passante in quel punto.
+
+
++++
++++
-
-
-
• DIPOLO ELETTRICO: due cariche uguali ed opposte costituiscono un dipolo elettrico. Dicesi
“momento del dipolo” il vettore che unisce le cariche avente verso che va dalla negativa alla
positiva e modulo equivale alla distanza tra di esse moltiplicata per il valore assoluto di q.
Anche se la definizione è un po’ astratta, questa “cosa”
ha la sua bella utilità. Ecco quale: in un campo elettrico
uniforme poniamo due cariche puntiformi +q e -q ,
distanti tra loro 2a. Se il dipolo forma un angolo θ con le
linee di forza del campo, le due particelle subiranno
rispettivamente due forze uguali e contrarie che
+
2a
-
p→
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tenderanno a far ruotare il dipolo fino a farlo allineare
con le linee di forza. Il momento esercitato su ciascuna
particella rispetto ad un polo equidistante O è τ = Fa
senθ , quindi il momento totale sul dipolo sarà:
τ = 2 Fa senθ
E
+
F
O• θ
Momento totale sul dipolo rispetto ad O
Sostituendo F = qE e successivamente p = 2a q si otterrà:
-q
F
τ = 2a qE senθ = pE senθ
...che equivale ad un prodotto vettoriale e quindi:
τ→ = p→ × E→
Momento esercitato da un campo elettrico su un dipolo elettrico
Essendo un prodotto vettoriale, il momento esercitato sul dipolo è rappresentato da un vettore che segue la “regola
della mano destra” o “della vite” e che quindi (nel caso illustrato) è entrante nel piano del foglio e perpendicolare
ad esso.
Flusso del campo elettrico
• FLUSSO DEL CAMPO ELETTRICO (Φ): è una misura del numero di linee di forza che
attraversano una data superficie.
ΦE = E ⋅ A
dove:
Flusso di E
E = campo elettrico
A = superficie ⊥ alle linee del campo
Il flusso si calcola su una superficie perpendicolare allo scorrimento. Se la superficie A in
esame non è ⊥ alle linee del campo, la sua proiezione A⊥ sul piano ⊥ rappresenta la
superficie equivalente attraverso cui passa il flusso, ovvero, poiché A⊥ = A cos θ
ΦE = E ⋅ A cos θ
Flusso attraverso sup. inclinata
θ
Notare che quando A è parallela alle linee di forza si ha cosθ =
cos90 =0 ⇒ Φ = 0 il flusso è nullo (figure sotto). Se invece A è
perpendicolare alle linee del campo, allora cosθ = cos0 = 1 ⇒
Φ = EA = valore massimo.
Ma “ E ⋅ A cos θ ” ha tutto l’aspetto di un prodotto
scalare, allora sarà utile considerare i seguenti vettori:
A
A⊥
θ
A
A⊥
E→ = vettore campo elettrico con modulo pari ad
E=kq/r2 con direzione e verso delle linee di campo
→
A = vettore convenzionale con modulo pari ad A
e direzione perpendicolare alle linee di campo
Φ = EA
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Φ=0
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insomma (ultima figura) il flusso del campo elettrico
resta una grandezza scalare ma deriva ora da un
prodotto vettoriale:
ΦE = E→⋅ A→ = | E | | A | cosθ
θ
E→
A→
Flusso del campo elettrico
Il flusso del campo elettrico è una grandezza scalare e si misura in Newton al metroquadro per Coulomb: (N⋅m2)/C
• FLUSSO ATTRAVERSO UNA SUPERFICIE CHIUSA: per una superficie chiusa il flusso
totale è dato dalla somma dei flussi calcolati attraverso superfici ∆A tanto piccole da risultare
piane:
ΦE = lim (∆A→0) T
E→∆A→ =V E→dA→
superf.
Flusso totale attraverso una superficie chiusa
Stabilito ciò va fatta una distinzione: se la sorgente del campo è interna o esterna alla superficie chiusa. Nel caso di
una sorgente esterna il flusso sarà sempre nullo. Un esempio semplice si può fare usando un cubo: il flusso
attraverso le superfici parallele alle linee di forza è nullo (proprio perché //), il flusso entrante ha segno negativo,
quello uscente positivo (questo per convenzione).
A1
A2
ΦE = -EA1 + EA2 = 0
infatti: il flusso totale attraverso una
superficie chiusa è proporzionale al numero netto di linee di forza
che attraversano il volume, ovvero al numero di linee uscenti
meno il numero di quelle entranti. Nel caso del cubo (superfici
simmetriche) il bilancio è zero. Ma se invece la sorgente fosse
stata all’interno della superficie chiusa? Questo problema è
risolto dalla “Legge di Gauss”.
• LEGGE DI GAUSS: stabilisce che il flusso totale attraverso una superficie gaussiana ovvero
una superficie chiusa è pari alla carica in essa contenuta divisa per la costante dielettrica, cioè:
Φc = q/ε0 (questo vale, appunto, quando la sorgente del campo è interna alla superficie). Per
dimostrare questa legge universale basta risolvere il caso più semplice possibile: calcolare il
flusso totale, attraverso una superficie sferica, del campo elettrico prodotto da una carica
puntiforme posta al suo centro.
Φc→ = V E→ dA→
Flusso attraverso una superficie chiusa
Φc = EV dA
perché E è costante, essendo tutti i punti della sfera equidistanti
E = kq/r2
dA = 4πr2
dalla carica. Infatti, in questo caso così semplice, sappiamo già che:
...dove r è lo stesso per tutti i punti della sfera, le altre sono costanti;
...cioè la superficie di una sfera. Quindi svolgendo:
...che possiamo scrivere:
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Φc = ( kq / r2 ) 4 π r2 = kq ⋅ 4π
Φc = kq ⋅ 4π = ( q / 4π ε0 ) 4π = q/ε0
Φ c = q / ε0
...ma k = 1/4πε0 che sostituito dà:
ovvero, in definitiva:
Legge di Gauss
Notare che in questa formula non vi è alcun elemento che fa riferimento alla forma della superficie e quindi, anche
se calcolata su una sfera, è valida per qualsivoglia superficie gaussiana. Abbiamo usato una sfera perché ci ha
permesso di svolgere facilmente l’integrale. Il flusso elettrico dipende dunque dalla carica q che genera il campo
(dalla sua entità dipende infatti il numero di linee di forza che circondano la particella) e risente dell’influenza del
mezzo (in questo caso il vuoto) espressa dalla costante dielettrica. Questa legge verrà usata ogni volta che si vuole
calcolare il campo elettrico.
Calcolo del campo elettrico
• GENERALITA’: fino ad ora abbiamo considerato sorgenti puntiformi. Il calcolo del campo
elettrico prodotto da una sorgente di qualsiasi forma si basa sul principio di sovrapposizione
secondo il quale il campo elettrico prodotto da più cariche equivale alla somma vettoriale dei
campi elettrici prodotti dalle singole cariche. Questo vale sia per più cariche puntiformi che per
una distribuzione continua di cariche, cioè per un oggetto carico esteso. Quest’ultimo infatti
può essere visto come una sommatoria di oggetti la cui estensione tende a zero, ovvero un
integrale di linea, di superficie, di volume:
Etot = E1 + E2 + E3 + En
Campo totale per CARICHE PUNTIFORMI
dove: En = k qn/r2n
E = V dE
Campo totale per un OGGETTO ESTESO
dove: dE = k dq/r2
Inoltre spesso è utile stabilire una opportuna superficie gaussiana (sferica, cilindrica, o
comunque a R costante per avere un campo costante) e ricorrere alla legge di Gauss perché ci
fornisce sempre un valore noto per il flusso del campo elettrico e quindi una relazione utile per
estrarre il valore del campo:
Φc = V E dA = Q/ε0
infatti scegliendo una gaussiana simmetrica E sarà costante e quindi:
EV dA = Q/ε0
(Relazione fondamentale)
Etot = Q / (ε0 A)
Campo totale calcolato mediante la Legge di Gauss
dove si dovrà valutare la superficie A attraverso cui si è calcolato il flusso del campo elettrico e
la carica Q che lo ha prodotto.
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Se non si conosce la carica Q, sarà utile ricorrere alle densità di carica:
λ = Q/L ⇒ Q = λL
σ = Q/A ⇒ Q = σA
ρ = Q/V ⇒ Q = ρV
carica in funzione della densità lineare
carica in funzione della densità per unità di superficie
carica in funzione della densità per unità di volume
Se invece non si conosce la superficie, questa potrà essere calcolata grazie alle classiche
formule:
A = πr2
A = 4πr2
A = 2πr⋅h
area della circonferenza
area della sfera
area laterale del cilindro
Notare che il valore di A introduce la costante π che può essere usata insieme alla ε0 per
semplificare l’espressione, ricordando che k = 1/4πε0 .
Es: se A = 4πr2
Etot = Q / (ε0 A) = Q / 4πε0 r2 = k Q/r2
(sfera)
(campo esterno ad una sfera carica. Vedere esempi)
• ESEMPI: ecco alcune applicazioni su oggetti carichi di forme elementari. Questi casi sono
molto istruttivi e oltre a fissare la teoria sono la base di qualsiasi esercizio d’esame.
◊ carica puntiforme;
◊ dipolo elettrico;
◊ anello;
◊ disco;
◊ sfera;
◊ guscio sferico;
◊ filo o cilindro infinito;
◊ piano infinito;
◊ conduttore irregolare.
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UNA CARICA PUNTIFORME:
conosciamo già il risultato ma ora, mediante il teorema di Gauss, dimostreremo anche
la legge di Coulomb!
Data una carica puntiforme q, consideriamo una superficie
sferica di raggio r e centro in q. Applichiamo il teorema di
Gauss su una porzione infinitesima di superficie dA
(infinitesima così che possa risultare E→⊥A). A questo
punto sappiamo che:
Φ =V E dA
Flusso del campo elettrico
Φ = q/ε0
che:
Legge di Gauss
V
E dA = q/ε0
q
+
A
E
r
ne
segue
per simmetria E deve essere costante e si può estrarre dall’integrale...
dA è la somma delle superfici infinitesime, ovvero la sfera di S=4πr2
EV dA = q/ε0
V
E (4πr2) = q/ε0
E = q / 4πr2ε0
quindi, in conclusione:
ma poiché 1/4πε0 = k, sostituendo otteniamo:
E = kq/r2
Campo elettrico generato da una carica puntiforme
Notare che se applichiamo una carica di prova q0 su un punto qualsiasi della superficie della sfera varranno le
seguenti relazioni:
E = F/q0
E = kq/r2
F = k qq0 / r2
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(definizione di campo elettrico)
(campo elettrico di una carica puntiforme, come appena visto)
Uguagliando le due ed esplicitando F si avrà:
...ovvero la Legge di Coulomb !
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UN DIPOLO: per dipolo elettrico qui si
intende due particelle puntiformi di segno opposto (+q ; -q). Calcoleremo il campo in
un punto P posto a distanza y dal punto O, centro dell’asse (di lunghezza 2a) che
unisce le due particelle. In O centreremo un riferimento cartesiano (vedere figura). Si
consideri y >> a.
y
I vettori campo elettrico prodotti in P dalle due particelle
puntano in direzioni diverse, il verso dipende dal segno
della carica, ma hanno lo stesso modulo perché P dista r
da entrambe le particelle. Poiché r2 = y2 + a2 abbiamo:
E1
θ
θ
P
Etot
E1 = E2 = kq/r2 = kq / (y2+a2)
E2
Notiamo ora che le componenti Y di E1 ed E2 si annullano
a vicenda, mentre le componenti X si sommano. Etot
(somma dei due vettori) equivale dunque alla somma delle
loro componenti orizzontali:
(E1)x = E1 cos θ
Etot = 2 E1 cos θ
quindi...
Etot = 2
ma il cosθ = a/r = a/(y2+a2)1/2
kq
a
y2+a2
(y2+a2)1/2
= 2k
qa
r
y
θ
+
a
a
O
x
θ
-q
2a
(y2+a2)3/2
Abbiamo presupposto però che il punto P sia molto lontano dalle particelle e che quindi
y>>a. Questo ci permette di trascurare al denominatore a2 rispetto a y2 e di ottenere in
definitiva:
Etot = k
2qa
y3
Campo elettrico generato in P da due cariche opposte
Notare che il campo qui diminuisce con il cubo della distanza y dal baricentro del dipolo, cioè più rapidamente di
quanto avrebbe fatto con ciascuna singola carica, caso in cui si riduce con il quadrato di r.
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UN OGGETTO ESTESO IN
LUNGHEZZA: calcoliamo ora il campo elettrico generato da una bacchetta
orizzontale uniformemente carica di spessore trascurabile rispetto alla lunghezza L.
Misuriamo il campo nel punto P posto ad una distanza d lungo l’asse della bacchetta
(vedere figura).
d
Poniamo in P l’origine dell’asse X. La
bacchetta può essere considerata come la
somma di piccoli tratti ∆x. La carica di ciascun
∆x è ∆q. La densità lineare di carica
dell’oggetto è λ = q/x da cui otteniamo carica e
campo del segmento:
∆q = λ∆x
∆E = k ∆q/x2 = kλ ∆x/x2
L
x
∆E
P O
x
∆
∆q
Carica del tratto ∆x
Campo del tratto ∆x
Il campo elettrico totale in P sarà dato dalla sommatoria dei contributi prodotti dalle
porzioni ∆q relative a degli intervalli ∆x di lunghezza infinitesima. Il limite per x→0 ci porta
dalla sommatoria (intervalli discreti) all’integrale di linea (che esprime una continuità lungo
tutto il tratto L):
Etot = lim(x→0) ∑ ∆E = V
d+L
Etot =
V
d
∆E
(linea)
kλ dx/x2 = kλ V
...ovvero, nel nostro caso particolare:
d+L
d+L
d
d
dx/x2 = kλ [-1/x]
= kλ (1/d - 1/d+L) = k λ L / d(d+L)
Ma λL = Q cioè la carica di ciascun intervallo infinitesimo per la lunghezza totale equivale
alla carica totale della bacchetta. Questo ci permette di formulare il risultato definitivo:
Etot = kQ / d (d+L)
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Campo elettrico generato in P da una bacchetta di lunghezza L
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UN ANELLO UNIFORMEMENTE
CARICO: dato un anello di raggio a che giace sul piano orizzontale, si vuole misurare
il campo elettrico in un punto P posto alla distanza y l’ungo l’asse Y ⊥ al piano ed
avente origine al centro dell’anello (vedere fig.1).
E’ ancora il caso di un oggetto esteso in lunghezza (lo spessore è trascurabile) ma la forma
circolare ed il punto P preso al di fuori del piano spostano il problema in tre dimensioni.
Preso un tratto di anello, il contributo del suo ∆q al campo elettrico in P è dato da:
∆E = k ∆q / r2
Modulo del campo elettrico generato da un tratto di anello con carica ∆q
la direzione è // alla congiungente r mentre il verso si oppone a ∆q (assunta questa
grandezza come positiva). Consideriamo ora le componenti di ∆E lungo gli assi X e Y.
Traslando la porzione ∆q l’ungo un arco dell’anello (fig.2) si nota come le componenti Ey
rimangono sempre parallele e coincidenti, mentre le componenti Ex ruotano su un piano
orizzontale e quindi, sommate algebricamente lungo tutto il percorso circolare, si
annulleranno vicendevolmente.
y
y
∆E
∆Ey
P
y
∆Ex
∆Ex
θ
∆E
P
Fig.2
Fig.1
r
E
∆E
∆Ey
Fig.3
y
a
∆q
O
∆q
Q
La conclusione (fig.3) è che E cioè la risultante dei vari ∆E prodotti dai vari ∆q lungo tutto
l’anello (un cono di vettori) equivale alla somma delle sole componenti ∆Ey e giace sull’asse
Y con direzione opposta all’origine. Stabilito ciò il problema è risolto; ora basta solo buttare
giù un po’ di numeri:
∆Ey = ∆E cosθ
Componente Y del campo prodotto da un qualsiasi ∆q
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Considerando che cosθ = y/r , facciamo le opportune sostituzioni...
∆Ey = ( k∆q / r2 ) (y / r) = ky ∆q / r3
Non conosciamo r ma solo a ed y , però osserviamo che r2 = y2+a2 !
Possiamo allora esprimere r = (y2+a2)1/2 e sostituire nella precedente:
∆Ey = ky ∆q / (y2+a2)3/2
Avevamo detto che Etot è dato dalla somma delle componenti ∆Ey , quindi dalla sommatoria:
Etot = ∑ ∆Ey = ∑ ∆q ⋅ ky / (y2+a2)3/2
Ma è chiaro che la somma dei ∆q è la carica totale dell’anello, ovvero: ∑ ∆q = Q , quindi:
E = Q ⋅ ky / (y2+a2)3/2
Campo elettrico generato in P dall’anello di carica Q
Nel caso in cui non si conoscesse la carica totale Q ma venisse fornita la densità di carica λ, occorrerà sostituire ∑∆q
= ∑λ∆x = λ∑L = λ2πa e quindi ottenere come risultato:
E = λ2πa ⋅ ky / (y2+a2)3/2
Campo elettrico generato da un anello con densità di carica λ
Notare inoltre che per y=0, cioè quando il punto P è al centro dell’anello, risulterà sempre E=0. Ciò non è strano se si
pensa che in quella posizione non esistono le famose componenti Ey !
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UN DISCO UNIFORMEMENTE
CARICO: dato un disco di raggio R che giace sul piano orizzontale, si vuole misurare
il campo elettrico in un punto P posto alla distanza y l’ungo l’asse Y ⊥ al piano
ed avente
origine al centro del disco (vedere figura). Questa volta si tratta di un oggetto esteso arealmente
ma se consideriamo la superficie del disco come un insieme di infiniti cerchi concentrici, possiamo
risolvere il problema riutilizzando il risultato precedente.
Consideriamo una porzione circolare del disco (fig.1). Questa avrà una carica ∆q che
contribuirà al campo totale con un ∆E che (es. precedente) abbiamo visto essere pari a:
∆E = ∆q ⋅ ky / (y2+r2)3/2
Contributo della porzione circolare di carica ∆q
y
y
∆E
E=∑dE
P
P
Fig.1
Fig.2
y
∆q
r
Q
R
O
O
dr
La carica ∆q chiaramente non potrà essere la stessa per ciascun anello ma dipenderà di volta
in volta dall’estensione dell’anello stesso. Una misura di ∆q si può ottenere moltiplicando la
densità superficiale di carica per la superficie del generico anello di raggio r e spessore
infinitesimo dr. Prendendo un anello di dimensioni infinitesime però anche la sua carica e
quindi il contributo al campo totale saranno infinitesimi:
σ = Q/A
dA = 2πr ⋅ dr
dq = σ 2πr dr
Densità superficiale di carica dell’oggetto
Area dell’anello di raggio r e spessore infinitesimo dr
Carica dell’anello generico di raggio r e spessore infinitesimo dr
Dunque, sostituendo dq nella prima espressione, il contributo di ogni anello sarà dato da:
dE = (σ2πr dr) ⋅ ky / (y2+r2)3/2
Campo generato da ciascun anello di spessore infinitesimo
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Il campo elettrico totale (fig.2) sarà dato dalla somma di tutti gli infiniti anelli, dal più
piccolo di raggio 0 al più grande di raggio R, cioè dall’integrale dei dE tra r=0 ed r=R.
E=V
R
0
dE = kyπσV
E = 2kyπσ (
y
|y|
-
R
0
[2r / (y2+r2)3/2 ] dr = kyπσV
y
(y2+R2) 1/2
)
R
0
R
(y2+r2) -3/2 dr2 = kyπσ [(y2+r2) -1/2 / (- ½)]0
Campo elettrico alla distanza y sull’asse centrale
di un disco uniformemente carico
Analogamente a quanto visto per il disco, questo calcolo vale per distanze molto grandi (y>>R). Osserviamo infatti
cosa succede in un punto molto vicino al centro del disco, cioè ad una distanza y→0, ricordando che k = 1/4πε0:
E = 2kyπσ = σ/2ε0
Campo in prossimità del centro del disco
Notare che lo stesso valore si ottiene anche per un punto qualsiasi quando però R→∞, cioè per un disco
infinitamente esteso.
NB: questo risultato è da tenere bene a mente perché tra poco lo ritroveremo in un’altra salsa!
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UNA SFERA CARICA ISOLANTE: qui
abbiamo un oggetto decisamente tridimensionale, la prima cosa da pensare dunque è
che va usato il teorema di Gauss. Come si è già accennato, il problema di un corpo
tridimensionale è quello di stabilire in partenza se è conduttore o isolante, ma anche
se è pieno o cavo. Per cominciare esaminiamo una sfera di carica Q, raggio R, in materiale
isolante e quindi con la carica distribuita uniformemente in tutto il suo volume. Il problema si
divide in due: calcolo del campo all’interno e all’esterno della sfera (vedere figura).
◊ CAMPO AL DI FUORI DELLA SFERA: cioè misurato in un punto P posto, rispetto al centro
della sfera, ad una distanza r>R. Immaginiamo questo punto localizzato su una superficie
gaussiana sferica concentrica alla sfera carica e dunque di raggio r (fig.1). Applichiamo la
legge di Gauss in modo analogo al caso della carica puntiforme:
V
E dA = Q/ε0
Legge di Gauss
Le sfere sono concentriche, quindi in ogni punto della gaussiana E avrà lo stesso valore...
EV dA = Q/ε0
dove V dA è la superficie della sfera: S = 4πr2
E (4πr2) = Q/ε0
E = Q / 4πr2ε0
quindi, in conclusione:
dove, sostituendo 4πε0 = k otteniamo:
E = kQ/r2
Campo elettrico alla distanza r>R (esterno sfera)
Notare che il risultato è identico al caso della carica puntiforme. In pratica è come se l’intera carica Q fosse
concentrata al centro della sfera! Il paragone con il campo gravitazionale e il centro di massa è sbalorditivo...
◊ CAMPO ALL’INTERNO DELLA SFERA: cioè misurato in un punto P posto, rispetto al
centro della sfera, ad una distanza r<R. Immaginiamo anche questo punto localizzato su una
superficie gaussiana sferica concentrica alla sfera carica e dunque di raggio r (fig.2).
Applichiamo ancora la legge di Gauss:
V
!!!
E dA = Q / ε0
Legge di Gauss
Ma... un momento! La quantità di carica racchiusa all’interno della gaussiana questa volta è
minore dell’intera carica Q (fig.2).
15
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E
Superficie
gaussiana
P •
E
Superficie
gaussiana
P •
r
r
R
R
q
Q
Fig. 2
Fig. 1
La carica parziale q si può calcolare conoscendo la densità di carica per unità di volume (ρ)
dell’oggetto ed il volume (v) racchiuso dalla gaussiana. Infatti:
q = ρ v = ρ (4/3 π r3)
Carica racchiusa nella superficie gaussiana
Ora che abbiamo q proseguiamo con Gauss:
E dA = q/ε0 = ρ (4/3 π r2) / ε0
V
EV dA = ρ (4/3 π r2) / ε0
E (4πr2) = ρ (4/3 π r2) / ε0
E = ρr/3ε0
dove E è una costante...
dA è l’intera superficie della sfera = 4πr2 ...
V
esplicitando E ed eliminando tutto il superfluo...
Campo alla distanza r<R in funzione della densità di carica ρ
E’ già un bel risultato, ma ricordando che ρ = Q/V = Q / (4/3 π R3), dove questa volta
volume e carica sono riferiti all’intero oggetto, possiamo esprimere tutto in funzione di Q:
E = r Q / (4/3 π R3) 3ε0 = r Q / 4πε0 R3
E = r kQ/R3
16
...dove naturalmente 1/4πε0 = k , quindi finalmente:
Campo alla distanza r<R in funzione della carica totale Q
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UNA SFERA CAVA (GUSCIO SFERICO):
dopo la sfera isolante ci si aspetterebbe ora di vedere il caso di una sfera in materiale
conduttore. In realtà il caso generico che prendiamo in esame risolve tre situazioni
distinte. In un guscio sferico molto sottile infatti, che sia isolante o no, la carica sarà
comunque distribuita sulla superficie di una sfera. In una sfera piena in materiale
conduttore invece, la carica totale non si distribuisce uniformemente nel volume (come
con gli isolanti) ma si addensa sulla superficie, producendo così lo stesso effetto di una
sfera cava. Ecco allora che esamineremo soltanto una sfera cava. Anche qui il discorso di divide in
due casi, interno ed esterno, con analogo procedimento ma una particolarità...
◊ CAMPO AL DI FUORI DELLA SFERA: applicando la legge di Gauss esattamente come è
stato fatto nel problema precedente, si dimostra (identica dimostrazione) che dato un guscio
sferico di raggio R e carica Q , il campo misurato in un punto esterno P posto su una
gaussiana sferica concentrica alla sfera e di raggio r>R equivale (identico risultato) a:
E = kQ/r2
Campo elettrico alla distanza r>R (esterno sfera)
◊ CAMPO ALL’INTERNO DELLA SFERA: poiché non vi sono carica all’interno del guscio
sferico, pur applicando la legge di Gauss campo elettrico risulterà nullo per qualsiasi
superficie gaussiana di raggio r<R :
E=0
Campo elettrico alla distanza r<R (interno sfera)
E
Superficie
gaussiana
P •
Superficie
gaussiana
P •
r
r
R
R
Q
q=0
Q
Fig. 1
Fig. 2
Tirando le somme abbiamo tre casi che riguardano le sfere:
⇒
per una sfera piena o un guscio sferico, di qualsiasi natura essi siano, il campo esterno è il medesimo ed
equivale a quello di una particella di analoga carica posta nel centro. |E| diminuisce con il quadrato di r ;
⇒
⇒
per una sfera conduttrice o un guscio sferico (quest’ultimo di qualsiasi natura) il campo interno è nullo;
per la sola sfera isolante il campo interno dipende dalla porzione di carica interna al raggio considerato. |E|
aumenta linearmente con r.
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UN FILO UNIFORMEMENTE CARICO:
ma è anche il caso di un oggetto a simmetria cilindrica (estensione assiale indefinita).
Infatti prendendo in esame soltanto il campo esterno, analogamente alla sfera, non
importa se l’oggetto è pieno o cavo, isolante o conduttore e di fatto il cilindro carico
avrà lo stesso effetto di filo carico che percorre l’asse centrale (fig.1).
Dato un filo uniformemente carico di lunghezza infinita calcoliamo il valore del campo elettrico
in un punto P posto a distanza r . Assumendo la carica come positiva, la simmetria radiale
implica che il vettore E→ in ogni punto sia diretto perpendicolarmente al filo e diretto nel verso
opposto (fig.2). Applicando la legge di Gauss consideriamo la superficie gaussiana cilindrica di
lunghezza L su cui giace P , concentrica al filo e quindi di raggio r (fig.3).
E
E
P •
Superficie
gaussiana
E
P •
A
+++
+++++
+++
r
Fig. 1
Fig. 2
L
Fig. 3
|E| sarà costante su tutta la superficie laterale e nullo attraverso le basi del cilindro gaussiano,
essendo queste perpendicolari al filo, ovvero parallele alle linee di forza. Applichiamo quindi la
legge di Gauss alla sola superficie laterale:

Φ =V E dA
(flusso del campo elettrico)
Φ = q/ε0
(legge di Gauss)
E dA = q/ε0
ricordando che E è una costante e che q = λL , otteniamo:
EV dA = λL/ε0
dove l’area della superficie cilindrica è A = 2πr L , quindi:
E 2πrL = λL/ε0
da cui, esplicitando E :
E = λ / 2πε0 r
ma si noti che se k = 1/4πε0 allora 2k = 1/2πε0 , quindi sostituendo:
E = 2k λ/r
Campo generato da un filo carico di lunghezza
infinita e densità lineare di carica λ
V
Lo stesso risultato vale per un cilindro carico di lunghezza infinita e raggio R<r (fig.1).
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CAMPO ELETTRICO GENERATO DA UNA LASTRA PIANA: il caso di un piano
uniformemente carico è un esempio fondamentale e verrà riutilizzato in seguito nella
teoria del condensatore.
Data una piastra uniformemente carica di estensione infinita e densità superficiale di carica σ,
consideriamo una superficie gaussiana cilindrica con asse perpendicolare alla piastra (figura).
E
Superficie
gaussiana
A
E
+++
Le linee di forza del campo elettrico sono perpendicolari alla piastra e quindi parallele alla
superficie laterale del cilindro gaussiano. Su tale superficie dunque il flusso sarà nullo. Il flusso
totale sulla gaussiana sarà dato allora dalla somma dei flussi relativi alle basi del cilindro.
Fissato il valore A per la superficie del cilindro, il flusso totale sarà Φ = 2EA. Applichiamo la
solita legge di Gauss:
Φ = 2EA = q/ε0
flusso totale sulla superficie gaussiana
Ma la carica che agisce sulle basi del cilindro (cioè quella contenuta nella porzione di piastra di
area A) risulterà essere q = σA . Procediamo quindi a sostituire q :
2EA = σA/ε0
...esplicitando E ed eliminando A si ottiene infine:
E = σ / 2ε0
Campo elettrico generato da una lastra piana uniformemente carica
Notare per prima cosa che nella formula non compare la distanza dal piano dell’ipotetico punto P in cui solitamente
eseguiamo la misura del campo. Questo risultato dunque è valido per qualsiasi punto a qualsiasi distanza dalla
piastra. In altre parole il campo elettrico della piastra è uniforme, cosa deducibile anche a priori osservando che la
carica è uniforme e le linee di forza sono parallele.
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CAMPO GENERATO DA UN CONDUTTORE DI FORMA IRREGOLARE:
questo esempio, molto generico, in un certo senso comprende tutti i precedenti e
verrà usato come conclusione-chiarimento del discorso sul campo elettrico. Alla luce
di quanto visto fino ad ora, riformuliamo la definizione di equilibrio elettrostatico e le
caratteristiche di un conduttore carico:
E’ buon conduttore un materiale la cui struttura consente alle cariche elettriche negative (cioè
agli elettroni) di spostarsi liberamente da un atomo all’altro. Se questo movimento non è
orientato ma caotico, cioè se non risulta un movimento netto in una particolare direzione, il
conduttore è in Equilibrio Elettrostatico.
Proprietà di un conduttore in equilibrio elettrostatico:
⇒ il campo elettrico all’interno del conduttore è nullo in qualunque punto;
⇒ un eventuale eccesso di carica (conduttore carico) va a localizzarsi unicamente sulla sua
superficie e (caso di un conduttore di forma irregolare) si addensa nei punti in cui la curvatura
è più accentuata (si concentra sulle punte);
⇒ il vettore campo elettrico immediatamente al di fuori del conduttore è perpendicolare alla
superficie ed ha intensità E = σ/ε0.
Dunque un conduttore di forma irregolare non sarà “uniformemente carico” come
consideravamo in precedenza. Il calcolo del il campo elettrico potrà essere effettuato nelle
immediate vicinanze della superficie tenendo conto della densità superficiale di carica σ :
◊ Campo all’interno: il campo elettrico all’interno è nullo.
◊ Campo misurato immediatamente all’esterno della superficie:
consideriamo una superficie gaussiana cilindrica penetrante nel conduttore. Tale cilindro
dovrà avere una base di area A (molto piccola) e l’asse perpendicolare alla superficie del
conduttore. Applichiamo la Legge di Gauss al flusso elettrico che attraversa il cilindro ma
notiamo prima che il flusso attraverso la
base interna è nullo, non esistendo
campo elettrico all’interno. Inoltre il
flusso attraverso la superficie laterale è
anch’esso nullo,
essendo questa
perpendicolare alle linee di forza.
Q
Dunque il flusso totale si riduce al flusso
che attraversa la sola base esterna del
A
q
E
cilindro gaussiano:
+ + + +
φ = V E dA = q/ε0
EV dA = q/ε0
dove l’area è A ...
EA = q/ε0
dove q = σA ...
E = σ/ε0
Campo elettrico immediatamente all’esterno
di un conduttore di forma irregolare
20
Superficie
Gaussiana
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02 - POTENZIALE ELETTRICO
Che ci si creda o no, la presenza da qualche parte di una
carica puntiforme è in grado di sconvolgere l’universo
intero, costringendo la gente, ovunque essa sia, a compiere
lavoro. Qualche incosciente deve aver lasciato in giro un bel
mucchio di cariche...
+
+
Il concetto di potenziale elettrico offre una nuova analogia tra campo elettrico e campo
gravitazionale. Infatti la forza elettrostatica (F=q0E) è conservativa, quindi il campo elettrico,
come quello gravitazionale, è un campo conservativo. E’ allora possibile definire una funzione
energia potenziale ed una grandezza scalare chiamata potenziale elettrico. Ricordiamo infatti che
l’energia potenziale ha senso solo in un campo conservativo, ovvero in assenza di forze dissipative
(attriti, vedere FICO1)
Dal lavoro al potenziale elettrico
• DIFFERENZA DI POTENZIALE (∆V) - definizione matematica: data una carica di prova q0
in un campo elettrico E, si definisce differenza di potenziale tra due punti A e B la variazione di
energia potenziale misurata in questi punti divisa per la carica q0.
Poniamo la carica di prova q0 nel punto A in un campo elettrico E. A causa del campo essa
subirà una forza elettrostatica F=q0E e quindi uno spostamento nella direzione di F.
Consideriamo ora lo spostamento di q0 lungo un tratto arbitrario AB. Il lavoro eseguito è
definito come “forza per spostamento”, ma il lavoro di una forza conservativa equivale
anche alla “variazione di energia potenziale ∆U cambiata di segno” (per queste definizioni
vedere FICO1). Abbiamo dunque due relazioni:
dW = F⋅ds = q0E⋅ds
dW = -dU
(lavoro come forza per spostamento)
(lavoro come variazione di energia potenziale)
uguagliando le due espressioni otteniamo la funzione “variazione di energia potenziale”
dU = -q0E⋅ds
Variazione di energia potenziale in un tratto ds
che, per un tratto definito A→B , diviene:
B
∆U = UB-UA = -q0V
AE⋅ds
Variazione di energia potenziale nel tratto AB
L’integrale lungo la traiettoria AB è detto “integrale di linea” e non dipende dal cammino
eseguito per congiungere i due punti perché la forza era conservativa. Ora, applicando la
definizione, possiamo ottenere la differenza di potenziale dividendo la variazione di energia
potenziale per q0 :
∆V = ∆U/q0
Definizione di differenza di potenziale
B
VB-VA = -V
A
E⋅ds
Differenza di potenziale tra A e B
21
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• DIFFERENZA DI POTENZIALE (∆V) - definizione fisica: osservando il legame tra la
variazione di energia potenziale e il lavoro eseguito, possiamo ridefinire il potenziale elettrico
come il lavoro per unità di carica che un agente esterno (F) deve compiere per spostare
una carica di prova (q0) da A a B senza variazione di energia cinetica.
• POTENZIALE ELETTRICO (V): il valore del potenziale elettrico in un punto qualsiasi
equivale al lavoro necessario per spostare dall’infinito a quel punto una carica di prova unitaria.
Per il momento potevamo calcolare soltanto la differenza di potenziale tra due punti ma è
possibile ottenere un valore “assoluto” del potenziale elettrico in un punto assumendo che il
potenziale risulti nullo ad una distanza infinita da questo punto. Prendiamo l’esempio
precedente e poniamo A all’infinito con valore 0 :
B
VB-VA = -V
A
E⋅ds
Differenza di potenziale tra A e B
...con A = ∞ e VA = 0 avremo:
B
VB = -V
∞
E⋅ds
Potenziale Elettrico in B
In realtà il potenziale in un punto è ancora una differenza di potenziale: la differenza tra quel punto e l’infinito.
• UNITA’ DI MISURA DEL POTENZIALE ELETTRICO: il potenziale elettrico è una
grandezza scalare (deriva dall’energia potenziale che è uno scalare) ed è per definizione
un’energia per unità di carica. L’unità di misura è quindi il Joule su Coulomb, detto Volt (V).
1 V = 1 J/C
• TRE IMPORTANTISSIME OSSERVAZIONI:
Prendiamo un campo elettrico uniforme (linnee di forza
equidistanti e parallele) e poniamo nel punto A una carica
di prova q0 . Tracciamo una retta perpendicolare alle linee
di forza e fissiamo su di essa due punti C e B. Vediamo ora
cosa accade se spostiamo la carica tra i punti AB (distanza
d1) o AC (distanza d2 ). Ricordiamo che il lavoro è:
dW = (F⋅dS) cosθ
(lavoro compiuto da F nel tratto dS
con angolo θ tra F→ ed S→)
E
• C
d2
A•
α
d1
Superficie
equipotenziale
W1 = (q0E⋅d1) cos 0
W2 = (q0E⋅d2) cos α
...dove però d2 cos α = d1 , quindi:
W1 = W2 = q0E⋅d1
Si compie il medesimo lavoro spostando q0 tra AB o AC
Passiamo allora all’energia potenziale:
∆U = - ∆W
∆U1 = ∆U2 = - q0E⋅d1
22
(energia potenziale)
C e B hanno la stessa energia potenziale rispetto ad A
• B
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Esaminiamo infine il potenziale:
∆V = ∆U/q0
(potenziale elettrico)
V1 = V2 = - E⋅d1
C e B hanno lo stesso potenziale
In base a queste tre osservazioni possiamo trarre rispettivamente le seguenti conclusioni:
◊ il lavoro è indipendente dal cammino seguito, quindi: un campo elettrico uniforme e
statico (cioè costante nel tempo) è un campo conservativo;
◊ l’energia potenziale risulta negativa se la carica è positiva e viceversa, se ne deduce che:
quando si muove parallelamente alle linee di forza del campo elettrico e nella stessa
direzione, una carica positiva perde energia potenziale mentre una carica negativa
acquista energia potenziale;
◊ i punti C e B hanno lo stesso potenziale e dunque: la retta perpendicolare alle linee di
forza è una linea equipotenziale.
• SUPERFICIE EQUIPOTENZIALE: superficie costituita da punti che hanno il medesimo
potenziale. Hanno questa caratteristica le superfici perpendicolari alle linee di forza.
+
+
+
+
+
Superfici equipotenziali
• POTENZIALE IN UN CONDUTTORE IN EQUILIBRIO ELETTROSTATICO: la superficie
di qualsiasi conduttore carico in equilibrio è una superficie equipotenziale. Il potenziale
all’interno del conduttore è costante in ogni punto ed uguale al potenziale in superficie. La
dimostrazione di queste affermazioni è rappresentata dalla soluzione dell’ultimo dei problemi
proposti (potenziale di un conduttore sferico).
• CAMPO ELETTRICO IN FUNZIONE DEL POTENZIALE: il campo elettrico in una data
direzione dello spazio equivale alla derivata, cambiata di segno, del potenziale elettrico rispetto
alla stessa direzione.
Invertendo l’equazione del potenziale è possibile infatti calcolare il campo elettrico in un
punto, dato il potenziale del punto medesimo. Si parte dunque dall’equazione:
B
VB-VA = -V
A
E⋅ds
Differenza di potenziale tra due punti distanti ds
Derivando ambo i membri si avrà dV = - E ds da cui, esplicitando E, si ottiene: E = -dV/ds.
Si badi bene che questo risultato vale solo per un campo la cui unica componente sia in
direzione di R.. In generale, per le tre componenti spaziali si avrà:
23
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Ex = - ∂V/∂x
Ey = - ∂V/∂y
Ez = - ∂V/∂z
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Componenti del campo elettrico in un punto
di coordinate x ; y ; z in funzione del
potenziale elettrico nel punto medesimo.
Mentre per un campo radiale (unica direzione centripeta o centrifuga) sarà:
ER = - dV/dR
Campo elettrico in un punto distante R dal centro
del corpo carico in funzione del potenziale del punto stesso.
Calcolo del potenziale elettrico
• GENERALITA’: un corpo carico Q induce nello spazio circostante un campo elettrico E a
causa del quale sarà possibile misurare un valore V di potenziale elettrico in qualsiasi punto P
dello spazio. Tale valore sarà minimo (V=0) all’infinito e massimo in prossimità del corpo.
In altre parole l’esistenza di quel corpo carico ha letteralmente sconvolto l’universo perché, a
causa del suo campo elettrico, spostare una carica di prova q0 dall’infinito ad un punto
qualsiasi dello spazio o tra due punti qualsiasi dello spazio (non equidistanti da Q) implicherà
una variazione di energia potenziale e costerà lavoro con modalità conservative (lavoro che
non dipende dal percorso eseguito ma solo dai punti iniziali e finali; lavoro nullo per un
percorso chiuso). Nel capitolo precedente il campo elettrico appariva come un’entità eterea e
sostanzialmente inerte. Dopo questa considerazione forse si avvertirà un leggero brivido nel
dire ancora “Dato un corpo carico”! ☺
Il calcolo del potenziale in un punto posto alla distanza R da un corpo carico di qualsivoglia
forma geometrica si basa su una delle seguenti relazioni fondamentali:
Rp
VP = -V
∞
E⋅dr
Potenziale Elettrico in P
Rb
VB-VA = -V
Ra
E⋅dr
Differenza di potenziale tra A e B
dove E va sostituito con l’equazione del campo elettrico relativa alla forma del corpo in
oggetto (formule già viste). La soluzione si presenta dunque abbastanza semplice e, di caso in
caso, la tecnica sarà analoga a quella corrispondente per il campo elettrico (integrazione di
elementi infinitesimi, ecc.). Anche nel caso potenziale elettrico e dell’energia potenziale vale
infatti il principio di sovrapposizione (risultante = somma dei componenti).
• ESEMPI: seguono alcuni esempi di calcolo applicato a corpi carichi di varie forme in analogia
a quanti visto riguardo il campo elettrico.
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POTENZIALE ELETTRICO DOVUTO A CARICA PINTIFORME: abbiamo già
visto che una carica puntiforme q produce un campo elettrico di intensità E = kq/r2.
Ora ci proponiamo di misurare il potenziale elettrico in un punto P posto a distanza r
dalla carica (fig.1).
P
VP = -V
∞
E⋅ds
E = kq/r2
Potenziale Elettrico
Campo elettrico di una sorgente puntiforme
Sostituendo la seconda nella prima e risolvendo l’integrale...
VP = -V
P
r
kq/r2⋅ds = - kqV
∞
dr/r2 = kq [1/r] ∞
∞
VP = k q/r
r
Potenziale elettrico dovuto a una carica puntiforme
LAVORO ED ENERGIA POTENZIALE PER UNA COPPIA DI CARICHE:
poniamo ora in P una seconda carica q2 trascinata fin lì da una distanza infinita (fig.2).
Quanto lavoro si è dovuto compiere ? Qual è l’energia potenziale del sistema ?
V = ∆U/q
∆U = -∆W
(definizione di potenziale)
(lavoro in condizioni conservative)
V = -∆W/q ⇒ W = -q2V
W = - k (q1q2)/r
Lavoro necessario per portare q2 dall’infinito a P
Per quanto riguarda l’energia potenziale, dalla stessa relazione si ottiene:
U = q2 V
U = k (q1q2)/r
Energia potenziale del sistema q1-q2
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POTENZIALE DOVUTO AD UNA COPPIA DI CARICHE: per più cariche vale il
principio di sovrapposizione, ovvero la sommatoria dei singoli potenziali calcolati nello
stesso punto. Fissato dunque un punto P2 (fig.3) distante rispettivamente r1 ed r2 dalle
due cariche q1 e q2 , il potenziale in quel punto sarà:
VP2 = ∑ Vi = k (q1/r1 + q2/r2)
Potenziale dovuto ad una coppia di cariche
ENERGIA POTENZIALE DI UN SISTEMA MULTIPLO: poniamo ora una terza
carica q3 nel punto P3 (fig.4). Quale sarà l’energia potenziale del sistema?
Anche per l’energia potenziale vale il principio di sovrapposizione, quindi per un sistema di
tre cariche si avrà la somma:
U = ∑ Ui = k (q1q2/r12 + q1q3/r13 + q2q3/r23 + .... )
Energia potenziale di un sistema multiplo
...e quindi, nel nostro caso:
U = k (q1q2/r + q1q3/r3 + q2q3/r2)
q1
r
Energia potenziale del sistema q1-q2-q3
•
Fig.1
p
q1
r
q2
q2
p
∞
Fig.2
q1
Fig.3
q2
r
Fig.4
r1
r2
• p2
26
q1
q2
r1
r2
q3
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POTENZIALE DOVUTO AD UNA BACCHETTA CARICA: data una bacchetta di
lunghezza finita L, uniformemente carica con densità lineare λ, disposta sull’asse X, si
vuole calcolare il potenziale elettrico in un punto P posto sull’asse Y alla distanza y
dall’origine degli assi.
dV = k dq/r
(potenziale elettrico)
Consideriamo una particella dx posta alla distanza x
dall’origine. La sua carica sarà dq = λ⋅dx e la
distanza da P risulterà r = √ x2+y2 . Il potenziale
dell’elemento dx sarà allora:
dV = k (λ⋅dx) / √ x2+y2
Y
P
potenziale dell’elemento dx
integrando dV da 0 ad L si ha:
L
V = kλV
0
dx / √ x2+y2
r
dx
dq
y
O
X
x
L
Potenziale dovuto all’intera bacchetta
La soluzione dell’integrale è:
V = kλ ln [(L+√ L2+y2 )/ L]
Potenziale dovuto ad una bacchetta lunga L di densità λ
Ricordando poi che λ = Q/L si ha anche:
V = (kQ/L) ln [(L+√ L2+y2 )/ L]
Potenziale dovuto ad una bacchetta lunga L di carica Q
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POTENZIALE DOVUTO AD ANELLO CARICO: dato un anello uniformemente
carico di raggio a, fissiamo un punto P lungo l’asse centrale ad una distanza y dal
centro dell’anello. Se la carica dell’anello è Q, qual è il potenziale in P?
Consideriamo una porzione di anello di carica dq . Il potenziale dovuto a questa carica
(puntiforme) è:
dV = k dq/r
potenziale dovuto a carica puntiforme dq
V = kV dq/r
potenziale totale.
V = (k/r)V dq
dove V dq = Q ed r = √ y2+a2 , quindi sostituendo...
V = kQ / √ y2+a2
Potenziale dovuto ad anello carico di raggio a
r è lo stesso per tutti i dq ...
Notare che se P si fosse trovato al centro del disco (distanza minima) si avrebbe avuto r = a e quindi
V = k Q/a
Massimo valore di V
Come è noto invece il valore minimo V = 0 si ha alla distanza massima r = ∞
y
y
P
P
Fig.3
Fig.1
r
y
a
dq
28
r
O
y
a
Q
r
a
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POTENZIALE DOVUTO A UN DISCO CARICO: situazione analoga alla precedente
ma con un disco uniformemente carico al posto dell’anello. Noti il diametro A del disco
e la densità superficiale di carica σ , si risolve facilmente considerando il disco come la
somma di infiniti anelli di larghezza infinitesima da.
dV = k dq / √ y2+a2
dq = σA = σ 2πa
A
V = kV
0 (σ2πa
A
V = k 2πσV
0
potenziale dovuto alla porzione anulare dq
carica della porzione anulare
/ √ y2+a2 ) da
a (y2+a2) -1/2 da
Potenziale dovuto al disco (somma delle porzioni dq)
risolvendo l’integrale:
V = k 2πσ [(y2+a2) -1/2-y]
Potenziale dovuto ad un disco con densità di carica σ
y
y
P
P
Fig.1
y
√ y2+a2
a
∆q
Fig.2
y
A
O
da
Q
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POTENZIALE DOVUTO A SFERA ISOLANTE UNIFORMEMENTE CARICA:
come nel caso del campo elettrico, anche qui il problema ha due aspetti diversi se ci
troviamo all’interno (fig.2) o all’esterno (fig.1) della sfera. Prendiamo dunque una sfera
isolante di raggio R e carica Q uniformemente distribuita nel suo volume. Calcoliamo il
potenziale in un punto P fissato alla distanza r dal centro della sfera.
◊ POTENZIALE AL DI FUORI DELLA SFERA (r>R): applichiamo l’espressione del
potenziale elettrico e quella (già vista) del campo elettrico all’esterno di una sfera isolante:
r
Vr = -V
E
∞ r
⋅dr
Potenziale Elettrico
Er = k Q/r2
Vr = -V
Campo Elettrico
r
r
k Q/r2 ⋅dr = -kQV
∞
∞
V = k Q/r
...sostituendo la seconda nella prima:
dr/r2
...la cui soluzione è:
Potenziale elettrico al di fuori di una sfera isolante
◊ POTENZIALE ALL’INTERNO DELLA SFERA (r<R): recuperiamo l’espressione del campo
elettrico all’interno di una sfera isolante ma questa volta la sostituzione va fatta
nell’espressione della differenza di potenziale. La differenza va calcolata con la superficie
della sfera:
r
Vr-VR = -V
R
r
Vr = VR -V
R
Er ⋅dr
Differenza di potenziale tra r ed R
Er ⋅dr
potenziale all’interno della sfera
Er = kr Q/R3
VR = k Q/R
...da cui, esplicitando Vr :
...dove:
Campo Elettrico interno sfera
potenziale alla distanza R (superficie sfera)
Sostituendo queste nella precedente...
r
Vr = k Q/R -V
R
kr Q/R3 dr = kQ/R - kQ/R3V
V = kQ/2R (3 - r2/R2)
r
R
r dr = kQ/R - kQ/R3 (R2-r2)/2
Potenziale all’interno della sfera alla distanza r dal centro
P•
PR •
P•
r
r
R
R
Fig. 1
30
Fig. 2
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POTENZIALE DOVUTO A CONDUTTORE SFERICO (o guscio sferico): abbiamo
una sfera conduttrice di carica Q (poniamo sia positiva) e raggio R ed un punto P
distante r dal centro della sfera.. La soluzione si basa sul caso del campo di un guscio
sferico ma... attenzione all’interno!
◊ POTENZIALE AL DI FUORI DELLA SFERA (r>R): applichiamo l’espressione del
potenziale elettrico e sostituiamo all’interno il valore del campo elettrico all’esterno di un
conduttore sferico (caso del guscio sferico):
r
Vr = -V
E
∞ r
⋅dr
Potenziale Elettrico
E = kQ/r2
Campo elettrico alla distanza r>R (esterno sfera)
r
V = -V
∞
r
2
kQ/r dr = -kQV
V = kQ/r
∞
dr/r2
(sostituzione della seconda nella prima)
Potenziale all’esterno di un conduttore sferico
◊ POTENZIALE ALL’INTERNO DELLA SFERA (r<R): in questo caso il campo elettrico
all’interno della sfera è nullo. Il potenziale di conseguenza non può che essere costante in
tutti i punti. Anche i punti che si trovano sulla superficie hanno tutti lo stesso potenziale e se
esistesse una differenza di potenziale tra l’interno e la superficie, questa, in un conduttore, si
tradurrebbe in un trasferimento di cariche fino ad eliminare lo squilibrio. In conclusione, in
un conduttore sferico in equilibrio elettrostatico, il potenziale è costante in ogni punto dal
centro fino alla superficie. Tale valore è quello calcolabile in superficie mediante la formula
precedente, ovvero ponendo r = R :
V = kQ/R
Potenziale all’interno di un conduttore sferico
Stesso risultato si avrà all’interno di un guscio sferico dove, non esistendo cariche, non
risulterà campo elettrico.
Rovesciando il discorso (i fisici sono maestri in questi giochetti) è possibile dimostrare che all’interno di un
ambiente circondato da pareti cariche non esiste alcun campo elettrico e non potranno penetrare campi esterni.
Infatti, data la formula della differenza di potenziale:
se la differenza di potenziale tra A e B è sempre nulla, allora ancheil
B
campo elettrico risulterà sempre nullo. Su tale principio si basanole
VB-VA = - A E ⋅ds
“gabbie di Faraday”: scatole metalliche o reti di conduttori collegati a terra,
impiegate nei circuiti elettronici per schermare le interferenze
elettromagnetiche e negli edifici per proteggerli dai fulmini.
V
31
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DA UN CONDUTTORE CARICO DI FORMA IRREGOLARE AL CASO DI DUE
SFERE COLLEGATE: sappiamo già che in un conduttore in equilibrio elettrostatico
l’eccesso di carica si distribuisce sulla superficie. Abbiamo visto inoltre che in un corpo
ad altissima simmetria come la sfera, la distribuzione delle cariche in superficie è
uniforme mentre in un corpo irregolare le cariche si addensano nelle zone convesse
di maggiore curvatura o si accumulano sulle punte.
Il potenziale tuttavia è lo stesso su tutta la superficie ed è proprio quella disomogeneità nella
distribuzione delle cariche rispetto al diametro locale a permettere che ciò accada.
Un caso “regolare” di forma irregolare è
quello di due sfere di diverso diametro r1 e r2
collegate tra loro da un sottile filo conduttore
di grande lunghezza. In questo caso la
disomogeneità del campo complessivo è
riconducibile all’effetto di due campi di
diversa intensità ma rispettivamente uniformi.
Ci sarà possibile calcolare l’intensità di questi
campi grazie proprio all’uniformità del
potenziale. Infatti il filo conduttore rende il
corpo “unico” permettendo il passaggio e la
distribuzione delle cariche. La carica totale Q
sarà allora libera di ripartirsi in due porzioni
q1 e q2. Il potenziale ne risulterà allora
uniforme e pari a:
V = k q1/r1 = k q2/r2
+++
+++
r1
q1
q2
++
++
r2
potenziale in superficie
Facendo il rapporto tra le cariche vediamo infatti che la carica è legata al diametro locale:
q1/q2 = r1/r2
Rapporto tra le cariche
Abbiamo preso per ipotesi un filo molto ma molto lungo. Questo ci consente di dire che il
campo elettrico prodotto da ciascuna sfera è uniforme (altrimenti, poiché le linee di forza
non possono mai incrociarsi, i due campi centrifughi si sarebbero deformati a vicenda dal
lato collegato). A questo punto utilizzando la formula, del campo elettrico in un conduttore
sferico, possiamo calcolare entrambi i campi:
E1 = k q1/r12
E2 = k q2/r22
Facendo ora il rapporto tra i campi e sostituendovi il valore del rapporto tra le cariche...
E1/E2 = q1/q2 ⋅ r22/ r12 = r1/r2 ⋅ r22/ r12
E1/E2 = r2/r1
Rapporto tra i campi elettrici
In conclusione risulta che il campo più intenso è prodotto dalla sfera più piccola, presso la quale si è accumulata la
maggior quantità di cariche.
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03 - CAPACITA’ ELETTRICA
Per capacità elettrica non si deve
intendere il “talento dell’elettricista”
ma la proprietà di immagazzinare
cariche elettriche. Capacità come
“capienza” dunque: la capienza di un
secchio in grado di immagazzinare
cariche e, una volta pieno, riversarle fino a
vuotarsi completamente. Questo secchio magico
si chiama condensatore elettrico ed è un componente elettronico di largo uso in ogni
apparecchiatura: computer, impianti Hi-Fi, radio, TV.
Proprietà del condensatore
• CONDENSATORE ELETTRICO: si tratta semplicemente di due conduttori paralleli
(armature) separati da un isolante (dielettrico). Sebbene questo “impianto” richieda una
tecnologia da “età del bronzo”, gode della miracolosa proprietà di immagazzinare cariche
elettriche. Tale proprietà prende il nome di capacità e dipende sia dalla geometria delle
armature che dalle caratteristiche del dielettrico.
• CAPACITA’ (C): è la misura dell’attitudine ad
Dielettrico
(aria)
Armature
accumulare cariche ed energia potenziale.
+Q
Prendiamo due piastre conduttrici parallele
poste l’una di fronte all’altra senza toccarsi.
Carichiamo entrambe le armature con una
stessa quantità di carica Q ma di segno
opposto. Possiamo fare ciò applicando alle
piastre una differenza di potenziale ∆V per
mezzo di una batteria.
+
+
+
+
-Q
-
+
∆V
-
La capacità è espressa dal rapporto tra il valore assoluto della carica sulle armature e il valore
assoluto della differenza di potenziale tra di esse:
C = Q/V
Capacità elettrica
L’unità di misura è chiaramente Coulomb su Volt, e prende il nome di Farad (da Faraday):
1 F = 1 C/V
(SI)
Attenzione a non confondere mai la CAPACITA’ con il COULOMB, insomma la C con la C ☺
La prima è una grandezza, la seconda un’unità di misura... e nemmeno delle stesse cose! Sarebbe come dire
“lunghezza” e “kg”. Non bisogna neppure confondere il condensatore con una batteria: semmai vediamolo come una
pila ricaricabile con un’autonomia mooolto limitata... meno di un secondo!
milli
micro
nano
pico
Infine notiamo che il Farad è un’unità di misura infelice perché esprime una quantità
1,000,000,000,000
davvero esagerata. Nella pratica si useranno vari sottomultipli: MICROfarad,
10-3
10-6
10-9
10-12
NANOfarad e addirittura PICOfarad.
33
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• ACCOPPIAMENTO DI CONDENSATORI: due o più condensatori possono essere collegati
insieme per ottenere una capacità diversa. Sono possibili due tipi di collegamenti:
⇒ collegamento in serie: i condensatori sono montati “in fila” e la capacità risultante è
minore di quelle dei singoli componenti;
⇒ collegamento in parallelo: i condensatori sono alimentati parallelamente e la capacità
risultante è la somma di quelle dei singoli componenti
-q1
-Q
C1
+q1
+Q
-Q
-q2
∆V
Fig.1
C2
+
Collegamento in parallelo
∆V
-Q
Ceq
∆V
+Q
-Q
∆V
+Q
C2
∆V
+
Ceq = C1 + C2
∆V
C1
Fig.2
=
+q2
+Q
+
Collegamento in serie
=
-Q
+Q
Ceq
∆V
+
1/Ceq = 1/C1 + 1/C2
◊ COLLEGAMENTO IN PARALLELO: nel collegamento in parallelo la capacità risultante
equivale alla somma delle capacità componenti. Il circuito lavora quindi come un unico
condensatore più grande:
due condensatori sono collegati come nella parte in neretto della figura 1 a sinistra.
Mediante una batteria applichiamo al circuito una differenza di potenziale ∆V. Ai capi di
ciascun condensatore risulterà la stessa ∆V ma le cariche +Q e -Q si ripartiranno
rispettivamente tra le due armature positive e le due negative. Si avrà cioè:
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V = V1 = V2
Q = q1 + q2
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(il potenziale resta quello applicato al circuito)
(la carica si distribuisce tra i componenti)
dalla definizione della capacità C = Q/V ricaviamo il valore di Q in funzione di V :
Q = CV
quindi, sostituendo nella precedente e ricordando la prima:
C V = (C1V 1) + (C2V 2) = V (C1 +C2)
Ceq = C1 + C2
Capacità equivalente in un circuito in parallelo
◊ COLLEGAMENTO IN SERIE: nel collegamento in serie l’inverso della capacità risultante
equivale alla somma degli inversi delle capacità componenti. Il circuito lavora quindi come un
unico condensatore più piccolo:
due condensatori sono collegati come nella parte in neretto della figura 2 a sinistra.
Mediante una batteria applichiamo al circuito una differenza di potenziale ∆V. Ai capi di
ciascun condensatore risulterà la stessa carica di valore assoluto Q ma la differenza di
potenziale si ripartisce tra i due componenti. Si avrà cioè:
Q = Q1 = Q2
V = v1 + v2
(la carica resta quella applicata al circuito)
(la differenza di potenziale si distribuisce tra i componenti)
dalla definizione della capacità C = Q/V ricaviamo il valore di V in funzione di Q :
V = Q/C
quindi, sostituendo nella precedente e dividendo per Q :
Q / C = Q1 / C 1 + Q2 / C 2
1/Ceq = 1/C1 + 1/C2
Capacità equivalente in un circuito in serie
• ENERGIA IMMAGAZZINATA IN UN CONDENSATORE (U): avevamo paragonato il
condensatore ad una microscopica batteria, ora si vedrà quanta energia (potenziale) elettrica è
in grado di accumulare.
Carichiamo un condensatore applicando alle sue armature una differenza di potenziale ∆V.
A condensatore completamente carico sarà verificata la relazione:
C = Q/V
V = C/Q
(capacità del condensatore)
potenziale sulle armature del condensatore carico
...e quindi:
Durante la carica (trasferimento di elettroni dalla batteria all’armatura negativa e
dall’armatura positiva alla batteria) in un certo istante avremo il condensatore parzialmente
carico con una carica q e la differenza di potenziale sulle armature non sarà ancora quella
della batteria ma soltanto:
35
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v = q/C
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potenziale sulle armature durante la carica
Il lavoro occorso per trasferire (virtualmente) la quantità di carica dq dall’armatura carica
+q all’armatura carica -q è:
dW = dq⋅v = q/C dq
lavoro richiesto per il trasferimento della carica dq
Quindi il lavoro totale necessario per caricare il condensatore (cioè per caricare le armature
da q=0 a Q) sarà:
Q
W=V
0
q/C dq = Q2/2C
lavoro richiesto per caricare il condensatore
Tale lavoro equivale all’energia potenziale immagazzinata nel condensatore con il
caricamento delle armature, l’energia cioè del campo elettrico che si è formato tra le
armature. Considerando anche che Q = CV , U si potrà esprimere come:
U ≡ Q2/2C = C2 V2 / 2 C
U = ½ CV2
Energia Potenziale immagazzinata nel condensatore carico
• COSTANTE DIELETTRICA (k): si è detto fin dall’inizio che un condensatore è caratterizzato
da due armature separate da un dielettrico (materiale isolante). Abbiamo visto cosa succede
sulle armature mentre si carica il condensatore, ma...
◊ CHE RUOLO HA AVUTO IL DIELETTRICO ?
Carichiamo un condensatore “in aria” (armature semplicemente spaziate, l’aria funge da
dielettrico) con una carica Q fornita da una differenza di potenziale V applicata alle
armature. La sua capacità sarà naturalmente:
C = Q/V
(capacità di un condensatore)
La differenza di potenziale tra le armature rimane anche dopo aver tolto la batteria, se però
si inserisce un materiale dielettrico tra le armature, misurando ancora la differenza di
potenziale si leggerà un valore V2 < V e precisamente:
V2 = V / k
Cosa è successo? La carica Q che ormai era sulle armature non può far altro che essere
rimasta lì, di conseguenza è certamente cambiata C, la capacità del condensatore. Quindi:
C2 = Q/V2 = Q/(V1 / k) = k Q/V = k C
ovvero: la capacità è aumentata di un fattore k !!
k
Costante dielettrica del materiale isolante (aria = 1)
C = k C0
Capacità di un condensatore con dielettrico di costante k rispetto
alla capacità C0 che lo stesso avrebbe avuto con le armature “in aria”
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◊ COME HA AGITO IL DIELETTRICO?
Il dielettrico è un materiale isolante che ha una caratteristica molto importante: le sue
molecole sono polari, ovvero, per vederle in chiave elettrica, costituiscono un dipolo elettrico
(vedi pag. 4). Ciò implica che quando queste sostanze sono immerse in un campo elettrico
(come avviene appunto tra le armature di un condensatore) le loro molecole tendono ad
orientarsi (momento agente sul dipolo) in modo che i poli negativi siano rivolti verso la
piastra positiva e viceversa. Questo orientamento dei dipoli molecolari genera però nel
materiale un campo elettrico opposto a quello del condensatore che ha l’effetto di indebolire
il campo esistente tra le armature:
E = E0 / k
Campo elettrico risultante in presenza di dielettrico di costante k
Questo effetto fa aumentare la capacità. Infatti nella relazione della capacità (C=Q/V) il
campo elettrico è presente (anche se non visibile) al denominatore, dentro il valore del
potenziale (V=Ed). La riduzione del valore del campo riduce il denominatore aumentando il
valore della capacità.
La capacità del condensatore dipende dunque dalla geometria delle armature (vedremo gli esempi più avanti) ma
anche dal dielettrico usato per isolare le armature. Tutti gli esempi che seguiranno si riferiscono a condensatori “in
aria”. Quando nello stesso condensatore viene utilizzato un dielettrico diverso, la capacità calcolata
geometricamente va moltiplicata per un fattore k che dipende dal materiale impiegato.
Anche qui, come per la capacità, è stata scelta una simbologia un po’ ambigua. Bisogna fare molta attenzione infatti a non
confondere la... k con la k !! La prima era la costante della legge di Coulomb (k=1/4πε0), cioè una costante universale, mentre
la seconda, come abbiamo appena visto, può assumere valori diversi, essendo caratteristica costante solo per il medesimo
materiale. Tutto chiaro? Davvero??
Allora... colpo di scena: la ε0 di k altro non era che la “costante dielettrica del vuoto”, ovvero... una k !!
Calcolo della capacità elettrica
• GENERALITA’: si tratta di applicare la formula della capacità inserendovi il corretto valore V
e, nella relazione di questo, il corretto valore E.
C= Q / V
Capacità del condensatore
V= E d
E = Q / (ε0A)
Potenziale Elettrico tra le armature
Campo Elettrico tra le armature
Il calcolo è semplice se si imposta subito un procedimento inverso per calcolare dapprima il
campo elettrico, poi la differenza di potenziale e quindi la capacità, riferendo sempre i calcoli
alla forma geometrica delle armature. Il campo elettrico introdurrà infatti l’area A delle
armature mentre il potenziale apporterà la distanza d tra di esse. Ecco dunque che il risultato
finale implicherà la geometria delle armature. Bisogna inoltre ricordare che nel SI l’unità di
lunghezza è il metro, quindi le dimensioni e la spaziatura delle armature (solitamente
dell’ordine dei millimetri) devono essere espresse in metri per avere un risultato in Farad. Se le
misure saranno espresse in millimetri, il valore di C risulterà espresso in kF! Comunque il
37
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risultato numerico sarà talmente piccolo da dover essere riconvertito in sottomultipli del Farad,
come ad esempio il µF (vedere in appendice la tabella dei sottomultipli).
• ESEMPI: seguono alcuni esempi significativi relativi alle forme elementari. Notare che i
precedenti esempi sul campo elettrico sono serviti poi per il calcolo del potenziale e gli esempi
sul potenziale insieme a quelli del campo servono ora nel calcolo della capacità. Questi esempi
infatti non sono soltanto esercizi ma particelle elementari indispensabili a costruire le soluzioni
dei casi più complessi (i compiti d’esame!).
◊ Condensatore piano
⇒ Con inserimento di dielettrico
⇒ Con inserimento di piastra conduttrice
⇒ Parzialmente riempito di dielettrico
◊ Condensatore sferico
⇒ Capacità di un conduttore sferico isolato
◊ Condensatore cilindrico
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CAPACITA’ DI UN CONDENSATORE PIANO: le caratteristiche di un condensatore
sono legate alla forma ed alla posizione delle armature (come dielettrico useremo
l’aria). Per “condensatore piano” intendiamo dunque “armature piane e parallele”.
Consideriamo due piastre metalliche parallele, di area A, separate in aria da una
distanza d.
d
Una volta caricato il condensatore, le cariche in eccesso
+Q
presenti sulle armature saranno +Q e -Q . In valore assoluto
ciascuna piastra avrà quindi carica Q e densità superficiale di
-Q
carica σ = Q/A . Il campo elettrico generato da una singola
A
piastra è:
E = σ / 2ε0
Campo elettrico generato da una singola
“lastra piana uniformemente carica” (pag.20)
Quindi il campo tra le due armature del condensatore avrà valore doppio e, sostituendo σ :
E = 2 (σ /2ε0) = σ/ε0 = Q/Aε0
Campo elettrico tra le armature del condensatore
La differenza di potenziale tra le armature sarà:
V = Ed = Qd/Aε0
Differenza di potenziale tra le armature
La capacità del condensatore sarà dunque:
C = Q/V = QAε0/Qd
C = ε0 A/d
Capacità del condensatore piano in aria
EFFETTO DEL BORDO: questo risultato vale
per una distanza d molto piccola o per un’area A
molto grande. Se così non fosse infatti non si
potrebbe considerare uniforme il campo elettrico
tra le piastre perché non sarebbe trascurabile
l’effetto dei bordi dove, a causa degli spigoli, le
linee di forza risulterebbero più addensate.
+
-
Effetto bordo
CAPACITA’ CON DIELETTRICO: si noti inoltre che la mancanza della costante dielettrica nell’espressione di C è
dovuta al fatto che il materiale usato come isolante è stato l’aria (k=1). Isolando le piastre con ceramica, plastica o
altre materie, la capacità sarà maggiore ed il valore di C dovrà essere moltiplicato per la rispettiva costante
dielettrica:
C = kε0 A/d
Capacità del condensatore piano con dielettrico
Ciò vale anche per tutti gli esempi che seguiranno, nei quali, per semplicità, le armature saranno sempre in aria.
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MA COSA SUCCEDEREBBE SE...
⇒
Inseriamo tra le armature una terza piastra metallica: la piastra aggiuntiva funge da armatura e la capacità
equivalente sarà quella di due condensatori in serie. Naturalmente la terza piastra dovrà essere distanziata
dalle prime armature altrimenti non si avrebbe un condensatore per mancanza del dielettrico (fig.1). Notare
che se prima, con l’inserimento di un dielettrico, la capacità era aumentata, ora viceversa, con l’inserimento
di un conduttore, la capacità è diminuita.
⇒
Tra le armature si inserisce un dielettrico che non riempie completamente lo spazio esistente: la capacità
equivalente è quella di due condensatori in serie di cui uno riempito totalmente dal dielettrico e l’altro
separato in aria dalla distanza residua (fig.2).
Effetto di una terza piastra conduttiva
Fig.1
-Q
+Q -Q
+++-
C
d1
Fig.2
=
-Q
+Q
C1
d2
-Q
+Q
C2
d1
d2
Effetto del riempimento parziale con dielettrico
-Q
+Q -Q
C
d1
40
+Q
d2
+Q
=
-Q
+Q -Q
C1
C2
d1
+Q
d2
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CAPACITA’ DI UN CONDENSATORE SFERICO: consideriamo una sfera
conduttrice di raggio R1 e carica +Q posta al centro di un guscio sferico conduttore di
raggio R2 e carica -Q. Questo sistema costituisce un condensatore sferico (figura).
Come si è già visto negli esempi relativi al
campo elettrico, il campo all’interno di un
guscio sferico è nullo, quindi soltanto la
sfera piccola partecipa al campo
risultante tra le armature. Il contributo
della sfera piccola , cioè il campo esterno
ad un conduttore sferico, è:
E = kQ/r2
R2
+Q
-Q
R1
Campo elettrico alla distanza d all’esterno di un conduttore sferico
Ora si tratta di calcolare la differenza di potenziale tra la sfera piccola (punti a distanza R1)
e il guscio sferico (punti a distanza R2) :
VR2-VR1 = -V
V = kQ
R2
R2
R2
R1
R1
R1
Er dr = -V
R1-R2
R1R2
(kQ/r2) dr = -kQV
dr/r2 = -kQ [1/r2 ]
R2
R1
= -kQ (-1/R2+1/R1)
Differenza di potenziale tra le armature (distanza R2-R1)
Quindi non rimane che sostituire nella relazione della capacità:
C = Q/V = Q
C=
R1R2
k (R1-
R1R2
Q k (R1-R2)
Capacità di un condensatore sferico
CAPACITA’ DI UNA SINGOLA SFERA ISOLATA: il problema del condensatore sferico potrebbe apparire
superfluo perché di scarsa utilità pratica (in realtà si è dovuto trascurare l’effetto del guscio sul sostegno della sfera)
tuttavia ha un’importanza teorica perché consente il calcolo della capacità di una singola sfera.
Come può un singolo conduttore isolato avere un effetto capacitivo?
Abbiamo già visto che le cariche in eccesso su di un conduttore isolato si distribuiscono
Q=0
sulla superficie in modo che in tutti i punti risulti lo stesso potenziale. Basterà allora
fingere l’esistenza di un guscio sferico di raggio infinito per calcolare la capacità di un
singolo conduttore sferico grazie alla formula precedente, nella quale, per R2→0, si ha:
R=∞
C = R1/k
Lo stesso risultato si ottiene anche considerando che i punti sulla superficie del guscio,
trovandosi a distanza infinita, avranno per definizione un potenziale nullo (VR2=0) e
quindi la differenza di potenziale tra le armature si riduce al potenziale della sola sfera
isolata VR1 = k Q/R1.
La capacità ne risulterà ancora:
C = Q/V = QR1/kQ = R1/k
r
+Q
Quindi, sostituendo k = 1/4πε0 , per una sfera di raggio r, in generale si avrà:
C = 4πε0 r
Capacità di una singola sfera isolata
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CAPACITA’ DI UN CONDENSATORE CILINDRICO: un conduttore cilindrico di
raggio R1 e carica +Q è posto al centro di un guscio cilindrico di raggio R2 e carica -Q
(figura). Questo sistema, di lunghezza L >> R2 , costituisce un condensatore cilindrico.
R1
+Q
-Q
R2
L
La lunghezza dei cilindri deve essere molto maggiore del diametro del condensatore per poter
considerare trascurabile la disomogeneità del campo elettrico presso i bordi. Assunto ciò, il
campo elettrico si potrà considerare radiale, centrifugo e perpendicolare alle superfici in
ogni punto. Tale campo è racchiuso all’interno del sistema e generato dal solo cilindro
interno (il contributo del guscio cilindrico è nullo). Il campo generato da un cilindro di
raggio R1 , lunghezza L, e densità superficiale di carica λ è (come si è già visto):
E = 2k λ/R1
Campo elettrico tra le armature
La differenza di potenziale tra le armature sarà allora:
R2
VR2-VR1 = -V
E
R1 r
dr = -V
V = -2kλ ln (R2/R1)
R2
R2
R1
R1
(2k λ/R1) dr = -2kλV
R2
dr/r = -2kλ [1/r] R1 = -2kλ ln (R2/R1)
Differenza di potenziale tra le armature
Quindi, sostituendo il modulo di V e ricordando anche che λ = Q/L , la capacità risulta:
C = Q/V = Q/2kλ ln (R2/R1) = QL / 2kQ ln (R2/R1)
C =
42
L
2k ln (R2/R1)
Capacità del condensatore cilindrico
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04 - RESISTENZA ELETTRICA
La resistenza elettrica non è il record di
permanenza con le dita nella presa di corrente
(peraltro mai omologato) ma la difficoltà con cui
un corpo si lascia percorrere dalla corrente
elettrica. Ciò, alla lettera, farebbe supporre che
un elettricista esperto misuri più ohm di un uomo
comune. Questo in un certo senso è pur vero, ma è dovuto
a motivi puramente professionali. Del resto il simbolo della resistenza non è l’ex presidente Pertini
ma una linea spezzata a zig-zag.
Per capire bene di cosa stiamo parlando bisogna prima di tutto comprendere cos’è una corrente
elettrica, cioè quella cosa che tutti conosciamo bene ma nessuno (credetemi, neppure gli
elettricisti!), nessuno sa realmente cosa sia. Vero è che perfino i fisici che l’hanno inventata... la
fanno scorrere alla rovescia! ☺
Fino ad ora parlavamo di cariche in eccesso che si distribuivano in un certo modo. Avevamo cioè,
oltre agli elettroni normalmente presenti nel conduttore, altri elettroni che null’altro facevano se
non andarsi a disporre sulla superficie del conduttore stesso con una certa distribuzione per poi
“ristagnarvi” in movimento caotico, restando quindi mediamente fermi. Ma facciamo attenzione al
criterio di distribuzione: era quello di mantenere in ogni punto lo stesso potenziale. Questi
elettroni quindi, all’istante iniziale, migravano sulla superficie per annullare ogni differenza di
potenziale. Se ora manteniamo permanentemente una differenza di potenziale ai capi di un
conduttore, quello che avremo sarà una migrazione permanente delle cariche in eccesso, ovvero
una corrente elettrica.
Se prima, nel condensatore, avevamo usato una batteria per mantenere una differenza di
potenziale ai capi di un dielettrico, verificandone la capacità, ora in un certo senso faremo lo
stesso con un conduttore, misurando invece quanto facilmente si lascia percorrere dalle cariche
negative.
Corrente e resistenza
• CORRENTE (I): l’intensità della corrente elettrica, o più semplicemente la “corrente”, è una
grandezza che equivale alla portata per l’acqua. Data una superficie ⊥ al flusso (sezione del
conduttore) l’intensità di corrente I esprime la quantità di cariche che vi fluiscono nell’unità di
tempo:
Imed = ∆Q / ∆t
Intensità media del flusso elettrico o corrente
Poiché il valore della carica può variare nel tempo, ponendo il limite per ∆t→0 si avrà:
I = dQ / dt
Intensità o corrente istantanea
La corrente si misura dunque in Coulomb al secondo, unità che prende il nome di Ampere :
1 A = 1 C/sec
(SI)
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• VERSO DELLA CORRENTE: per convenzione è positivo nella direzione in cui scorrono le
cariche positive. Però nei cavi elettrici ciò che scorre sono gli elettroni (cariche negative)
quindi il flusso reale è inverso a quello convenzionale.
⇒ flusso convenzionale: + → ⇒ flusso reale:
- → +
• VELOCITA’ DI DERIVA: si era detto inizialmente che se prima avevamo un ristagno di
elettroni in movimento caotico, ora , nella corrente elettrica, c’è un movimento in una
direzione unica. In realtà la faccenda è un po’ più complessa: gli elettroni si muovono a zig-zag
da un atomo all’altro in tutte le direzioni ma, facendo un bilancio, il movimento non risulterà
più caotico bensì si avrà uno “spostamento netto” diverso da zero, ovvero una direzione
preferenziale (tratteggiato nella figura):
vd
La velocità risultante della corrente
elettrica non sarà dunque quella del
reale movimento degli elettroni ma
una velocità media detta “velocità di
deriva”, riferita allo spostamento
netto. Per fare un paragone geologico,
il caso è molto simile a quello della
filtrazione dell’acqua nella sabbia,
dove percorsi caotici tra gli interstizi
rendono la velocità di filtrazione
molto minore di quella reale.
conduttore
-
-
-
∆V
+
E
Consideriamo una corrente elettrica che percorre un tratto ∆x di un conduttore con sezione
A. Sia n il numero di portatori di carica (elettroni) per unità di volume presenti nel
conduttore. Si avrà allora:
Volume del tratto ∆x di conduttore
Numero di particelle presenti nel tratto ∆x
Carica totale nel tratto ∆x
V = A⋅∆x
N = n V = n A ∆x
∆Q = N q = (nA∆x)q
Ma la distanza “netta” ∆x è percorsa nel tempo ∆t alla velocità “di deriva” vd . Quindi:
∆x = vd ∆t
∆Q = nA (vd ∆t) q
Spazio percorso alla velocità di deriva vd
Carica totale nel solito tratto ∆x (nuova formulazione)
Dividendo ambo i membri per ∆t e ricordando che ∆Q/∆t = I , si otterrà:
∆Q/∆t = I = nA vd ∆t q / ∆t
...e quindi:
I = nqA vd
Intensità della corrente in funzione della velocità di deriva
vd = I / nqA
Velocità di deriva di una corrente I in un conduttore di sezione A
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• DENSITA’ DI CORRENTE (J): grandezza vettoriale con direzione della velocità di deriva,
verso opposto (la deriva degli elettroni, essendo cariche negative, è opposta alla direzione
convenzionale della corrente) e modulo pari a nqvd . Esprime la corrente per unità di superficie
che attraversa la sezione (A) del conduttore:
J = I/A
Densità di carica
[ A / m2 ]
infatti, ricordando che I = nqAvd , risulterà:
J→ = - nq ⋅ vd→
Vettore densità di carica
• CAMPO ELETTRICO IN UN CONDUTTORE PERCORSO DA CORRENTE: nel caso di
un conduttore carico in equilibrio elettrostatico avevamo visto le cariche stazionare sulla
superficie ed il campo elettrico risultare nullo all’interno. Se invece tra due punti del
conduttore viene mantenuta una differenza di potenziale, si avrà una corrente di densità J
attraverso la sezione A e, in questo caso, un campo elettrico diverso da zero anche all’interno.
• CONDUCIBILITA’ ELETTRICA (σ) - “Legge di Ohm”: in molti conduttori (soprattutto
metalli) risulta costante il rapporto tra la densità di corrente e il campo elettrico interno:
J/E = σ
Legge di Ohm
Come si intuisce facilmente, non si tratta di una vera legge ma di una relazione empirica, valida
tuttavia per molti materiali di uso comune, compreso il rame. Risulta quindi di grande utilità
conoscere per ogni materiale ohmico la rispettiva costante, detta conducibilità elettrica.
σ = J/E
Conducibilità elettrica
• RESISTIVITA’ ELETTRICA (ρ): è l’inverso della conducibilità e quindi anch’essa costante
per lo stesso conduttore ma diversa per ogni materiale ohmico:
ρ = E/J
Resistività elettrica
Si badi bene a non confondere le ultime due grandezze σ e ρ con le analoghe simbologie usate rispettivamente per
la “densità superficiale di carica” e la “densità di carica per unità di volume”. Non ci azzeccano niente ma pare che
i fisici, pur disponendo di due alfabeti, hanno una fantasia davvero molto limitata...
• RESISTENZA ELETTRICA (Ω): data una certa differenza di potenziale mantenuta ai capi di
un conduttore, la resistenza è una grandezza che mette in relazione la corrente generata con
tutte le caratteristiche del conduttore percorso. Le ultime due grandezze esaminate erano
caratteristiche del materiale usato ma non descrivevano come lo stesso materiale poteva
comportarsi in base alla geometria del conduttore.
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Confrontiamo la legge di Ohm con la definizione di densità di corrente. Otterremo una nuova
relazione che contiene sia la caratteristica σ del materiale che la sezione A del conduttore:
J=σE
J = I/A
σE = I/A
(legge di Ohm)
(definizione di densità di corrente)
“nuova relazione”
Consideriamo ora un filo conduttore di lunghezza L e sezione A ai capi a e b del quale viene
applicata una differenza di potenziale V. Applicando al filo la definizione di potenziale
calcoliamo il campo generato nel filo...
b
Vb-Va = -V
a E⋅ds
V=EL
E = V/L
b
= -EV
a
dx = E⋅L
Potenziale applicato ai capi del filo di lunghezza L
Campo generato dalla differenza di potenziale V
in un conduttore di lunghezza L
Sostituendo E nella relazione precedente introdurremo anche la lunghezza L del conduttore:
σV/L = I/A
...da cui:
V/I = L/(σA)
La relazione al secondo membro, che racchiude tutte le caratteristiche del conduttore, è detta
resistenza elettrica:
R = L/(σA)
Resistenza elettrica in funzione della conduttività
...che può essere espressa anche in funzione della resistività, inverso della conduttività
R = ρ L/A
Resistenza elettrica in funzione della resistività
...in ogni caso varrà la seguente importantissima relazione:
R = V/I
Resistenza come relazione tra Potenziale e corrente generata
L’unità di misura della resistenza è l’Ohm (Ω) la cui dimensione è il Volt su Ampere:
1 Ω = 1 V/A
Per capire davvero bene bisogna riscrivere la relazione precedente nel seguente modo:
I = V/R
Da ciò deduciamo che la corrente I, generata da una differenza di potenziale V, non è sempre la stessa ma risulta
tanto minore quanto più è grande la resistenza del filo. La resistenza elettrica dunque esprime effettivamente una
“resistenza” opposta dal conduttore al passaggio della corrente. Questa resistenza (lo
vediamo dalla definizione R = ρ L/A) dipende dal tipo di materiale utilizzato (resistività ρ del materiale ohmico) e dalla forma
del filo: sarà molto grande nei fili lunghi e stretti ma piccola nei fili corti e larghi. Per fare anche qui un’analogia abbastanza
geologica, si consideri la resistenza di un tubo al passaggio dell’acqua: tubi lunghi e tubi stretti oppongono maggiore resistenza.
Che ne facciamo della ρ del materiale? Beh, si pensi alla rugosità della superficie del tubo: un tubo di cemento offre certo più
resistenza di un tubo d’acciaio!
Comunque va ricordato sempre che anche la resistenza, come la conduttività e la resistività, è frutto della legge di Ohm e come
tale vale soltanto per i materiali ohmici.
In conclusione, per ricordare la misura della resistenza, possiamo dire che in un conduttore dalla resistenza di 1 Ω, la
differenza di potenziale di 1 V genererà la corrente di 1 A.
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• RESISTORE: immaginiamo una bobina formata da un filo
conduttore lungo e sottile. Questo oggetto, inserito in un
circuito elettrico, apporta un preciso valore di resistenza,
limitando così l’intensità della corrente elettrica. Esistono
diversi tipi di resistori, tra i quali appunto quelli a filo. La
rappresentazione grafica è una spezzata a ziz-zag.
Simbolo del resistore
• ACCOPPIAMENTO DI RESISTORI: due o più resistori possono essere collegati insieme per
ottenere una valore di resistenza diverso, analogamente a quanto visto con la capacità nei
condensatori. Tuttavia gli stessi tipi di collegamenti che avevamo eseguito sui condensatori,
con i resistori daranno un risultato opposto. Ossia:
⇒ collegamento in serie: i resistori sono montati “in fila” e la resistenza risultante è la somma
di quelle dei singoli componenti;
⇒ collegamento in parallelo: i resistori sono alimentati parallelamente e la resistenza
risultante è minore di quelle dei singoli componenti
COLLEGAMENTO IN PARALLELO: nel collegamento in parallelo l’inverso della resistenze
risultante equivale alla somma degli inversi delle resistenze componenti. Il circuito lavora
quindi come un unico resistore più piccolo:
due resistori sono collegati come nella parte in neretto della figura 1 a sinistra. Mediante una
batteria applichiamo al circuito una differenza di potenziale ∆V. Ai capi di ciascun
condensatore risulterà quindi lo stesso potenziale ma la corrente I si ripartisce tra i due
componenti (è anche la prima legge di Kirchhoff, che vedremo nel cap.6). Si avrà cioè:
V = V1 = V2
I = I1 + I2
(la differenza di potenziale resta quella applicata al circuito)
(la corrente si ripartisce tra i resistori)
dalla legge di Ohm ( R = V/I ) ricaviamo il valore di I in funzione di V :
I = V/R
quindi, sostituendo nella precedente:
V / R = V1 / R 1 + V2 / R 2
1/Req = 1/R1 + 1/R2
Resistenza equivalente in un circuito in serie
COLLEGAMENTO IN SERIE: nel collegamento in serie la resistenza risultante equivale alla
somma delle resistenze componenti. Il circuito lavora quindi come un unico resistore più
grande:
due resistori sono collegati come nella parte in neretto della figura 1 a sinistra. Mediante una
batteria applichiamo al circuito una differenza di potenziale ∆V. La corrente che attraversa i
due resistori è necessariamente la stessa ma capi di ciascuno di essi risulterà una diversa
differenza di potenziale proprio per effetto della loro resistenza. Si avrà cioè:
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I = I1 = I2
V = V1 + V2
“FI.CO.2” - Adriano Nardi
(entrambi i resistori sono attraversati dalla stessa corrente)
(la differenza dei potenziali è diversa ai capi di ciascun resistore)
dalla legge di Ohm ( R=V/I ) ricaviamo il valore di V in funzione di I :
V = RI
quindi, sostituendo nella precedente e dividendo per I :
R I = (R1I 1) + (R2I 2)
Req = R1 + R2
Resistenza equivalente in un circuito in parallelo
I1
I
R1
I2
R2
∆V
Fig.1
Fig.2
48
=
+
Collegamento in parallelo
∆V
∆V
R1
R2
∆V
I
+
Collegamento in serie
I
Req
∆V
+
1/Req = 1/R1 + 1/R2
∆V
=
Req = R1 + R2
Req
∆V
+
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Calcolo della resistenza
• GENERALITA’: Il calcolo della resistenza non presenta problemi complessi da un punto di
vista geometrico e neppure da quello matematico. Basterà applicare una delle seguenti
formule:
R=V/I
R=
ρL
Calcolo della resistenza in base ai suoi effetti nel circuito
=
L
Calcolo della resistenza in base alle caratteristiche del resistore
A
σA
Occorre ricordare però che, se si vuole il risultato in Ω, le misure di lunghezza ed area anche
qui vanno espresse in m e m2. Inoltre le dimensioni di resistività e conducibilità, espresse in Ω,
sono:
ρ = RA/L ⇒ ρ = [Ωm2/m] = [Ω⋅m]
σ = L/(RA) ⇒ σ = [m/Ωm2] = [1/Ω⋅m]
• ESEMPI: su questo argomento non ci sono casi tipologici da studiare. Vediamo soltanto due
esempi numerici riferiti alla geometria del conduttore. L’uso diretto della resistenza nei circuiti
elettrici verrà discusso nel capitolo 6.
◊ Resistività di una barra metallica
◊ Resistenza di un cavo conduttore
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“FI.CO.2” - Adriano Nardi
RESISTIVITA’ DI UNA BARRA METALLICA: consideriamo un trave lungo 3 metri
con sezione rettangolare di 10×5 cm. Il materiale di cui è composto è un metallo
ohmico e, percorso in lunghezza da una corrente elettrica (applicando un ∆V ai suoi
capi) risulta opporre una resistenza di 6×10-5 Ω. Per un inspiegabile guizzo di curiosità
ci chiediamo quale possa essere la sua resistività.
L’area della sezione misura 50 cm2 = 0,005 m2 = 5×10-3 m2. Ricaviamo la resistività
dall’espressione della resistenza:
R = ρ L/A
Resistenza elettrica in funzione della resistività
ρ = RA/L = 6×10-5 ⋅ 5×10-3 / 3 = 1×10-7 Ω⋅m
Per la cronaca, questa è la resistività tipica del ferro. Quell’insana curiosità ci ha portato quindi
a scoprire che, grazie alla corrente elettrica, si potrebbe anche risalire alla natura di un
minerale... purché abbia la forma giusta!
RESISTENZA DI UNA CAVO CONDUTTORE: consideriamo un cavo di rame
(ρ=1.7×10-8) con sezione circolare di ∅ 4 mm. Supponiamo che questo cavo trasporti
la corrente dalla centrale elettrica ad una casa distante 3 km. Vogliamo conoscere la
resistenza dell’impianto e la resistenza per unità di lunghezza degli impianti che
utilizzeranno questo stesso cavo.
Il raggio della sezione è di 2 mm = 0.002 m. L’area A della sezione del cavo è dunque pari a
πr2 = 1.26×10-5 m2. La resistenza per 3000 m di cavo sarà dunque:
R = ρ L/A = 1.7×10-8 ⋅ 3000 / 1.26×10-5 = 4 Ω
Dalla stessa espressione ricaviamo la resistenza per unità di lunghezza:
R/L = ρ/A = 1.7×10-8 / 1.26×10-5 = 1.35×10-3 Ω/m
Dunque un cavo di rame di quella sezione avrà una resistenza di circa 0.001 Ω per ogni
metro di lunghezza... non per niente si usa il rame!
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05 - FORZA ELETTROMOTRICE
Se qualcuno pensava di poter usare la batteria senza sapere
che diavolo fosse si sbagliava di grosso. Infatti dentro quel
barattolino metallico che fa agitare gli orsacchiotti Duracell
deve pur esserci qualcosa o qualcuno in grado di spingere
gli elettroni nel circuito! E’ ora di vederci chiaro.
La batteria genera una forza elettromotrice in grado di “dare una spinta” agli elettroni,
pompandoli nel circuito. Un resistore al contrario può dissipare questa energia.
• FORZA ELETTROMOTRICE (ε): nel capitolo precedente (pag.50) si era visto che
mantenendo una differenza di potenziale ai capi di un conduttore, in esso si può mantenere
costantemente una migrazione di cariche, cioè una corrente. Questa corrente si chiama
continua perché migra costantemente nella stessa direzione. Ciò che ha messo in moto questi
elettroni però è un generatore di forza elettromotrice. La batteria (usata negli esempi
precedenti) è uno di questi generatori. Nel corso di chimica si studia il funzionamento reale
della pila elettrica, qui però vediamola semplicemente come un oggetto che “aumenta l’energia
potenziale degli elettroni che lo attraversano”. In pratica è come una pompa che spinge acqua
in un cassone posto ad una certa altezza (fornisce energia potenziale) in modo che poi possa
scorrere liberamente verso il basso sotto l’azione del campo gravitazionale (nel nostro caso
degli elettroni è il campo elettrostatico prodotto dalla differenza di potenziale). La “forza
elettromotrice” che essa genera è espressa come il lavoro eseguito per unità di carica e quindi,
come il potenziale, si misura in Volt.
Consideriamo un circuito composto da una resistenza collegata ad una generatore di f.e.m.
(anche in questo caso una batteria). In realtà il generatore stesso ha inevitabilmente una sua
resistenza interna r , quindi immaginiamo il generatore nel suo insieme come una batteria
collegata ad una resistenza (figura in alto):
La differenza di potenziale ai capi del generatore
risulterà quindi quella generata dalla batteria
(V=ε) diminuita della quantità V=Ir a causa
della resistenza:
V = ε - I⋅r
generatore
-
+
ε
r
d.d.p. ai capi del generatore
Colleghiamo ora il generatore ad un circuito
contenente una resistenza (figura in basso). Così
facendo applichiamo questa stessa differenza di
potenziale ai capi della resistenza, per la quale
conosciamo già la relazione:
∆V
R
V = RI
d.d.p. ai capi dei una resistenza
RI = ε - I⋅r
ε = RI + rI
...dall’uguaglianza di quelle due espressioni,esplicitando ε , si ottiene:
Forza elettromotrice del circuito generatore-resistenza
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Vediamo quindi che la forza elettromotrice prodotta dal generatore dipende dalla resistenza
del circuito e dalla resistenza interna del generatore stesso. Quest’ultima è molto minore
della prima e solitamente trascurabile. Si avrà allora di fatto ε = RI = V :
ε=V
La forza elettromotrice del generatore equivale
alla differenza di potenziale ai capi della batteria
• POTENZA EROGATA E DISSIPATA (P): la potenza esprime l’energia in gioco per unità di
tempo ∆U/∆t e si misura in Watt.
Dalla definizione di potenziale ( V= ∆U/∆Q ) esplicitiamo il valore di ∆U = ∆Q⋅V per
sostituirlo nella definizione di potenza:
P = ∆U/∆t = ∆Q⋅V/∆t
...dove riconosciamo ∆Q/∆t = I , e quindi, in definitiva avremo:
P = I⋅V = ∆U/∆t
Potenza (energia in gioco per unità di tempo)
L’unità di misura della potenza è il Watt [ W = A⋅V ] ma, dalla prima definizione, vediamo che
la potenza può essere espressa anche in Joule al secondo [W = J/sec]. Da questa uguaglianza
deriva il chilowatt-ora cioè la misura utilizzata per il consumo energetico domestico,
equivalente all’energia (J) consumata in un’ora (h) da un dispositivo che dissipa la potenza di 1
kW [W⋅sec = J]:
1 kWh = 1000 W × 3600 sec = 3.6×106 J
POTENZA DISSIPATA: se la batteria fornisce energia cinetica agli elettroni, producendo
una corrente elettrica, il resistore al contrario si oppone al passaggio degli elettroni
riducendo la loro energia cinetica e quindi la corrente che circola nel circuito. Il motivo è
semplice: il movimento a zig-zag che avevamo visto è frutto di innumerevoli urti con gli atomi
del conduttore attraverso i quali l’energia cinetica delle cariche viene ceduta al conduttore
convertendosi in energia termica. L’energia dissipata nell’unità di tempo, o potenza
dissipata, sarà dunque pari a P = IV. Ma nel caso del resistore sappiamo che:
I = V/R
V = RI
(corrente che attraversa la resistenza)
(differenza di potenziale ai capi della resistenza)
Quindi, sostituendo questi valori nella relazione della potenza, per un resistore avremo:
P = V2/R = I2R
Potenza dissipata in un resistore
POTENZA EROGATA: per quanto riguarda invece l’energia per unità di tempo generata
dalla batteria, possiamo calcolare la potenza erogata partendo dalla forza elettromotrice e
moltiplicando ambo i membri per I :
ε = RI
Iε = RI2
(forza elettromotrice)
...notiamo al secondo membro RI2 = P , dunque possiamo scrivere:
P = Iε
Potenza erogata dal generatore ( batteria )
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06 - CIRCUITI IN CORRENTE CONTINUA
Vedremo ora l’applicazione pratica di tutta questa
teoria, ovvero circuiti che utilizzano resistenze e
condensatori alimentati da una batteria ...Tutto qui?
Certo! Cosa pensavate, di saperne abbastanza da
progettare un cellulare? Già questa roba non basta a
costruire nulla di utile... figuriamoci quanto può
servire ad un geologo!
Grazie alle due leggi di Kirchhoff è possibile calcolare qualsiasi parametro (V, C, R, I) anche in
circuiti misti e complessi. Si vedrà finalmente come reagisce un condensatore. E’ tutto un gioco di
energia generata, immagazzinata o dissipata.
• I COMPONENTI: fino ad ora conosciamo tre componenti elettronici ed abbiamo visto che:
⇒
⇒
⇒
⇒
la corrente continua è un flusso costante di cariche elettriche;
i generatori forniscono energia potenziale a queste cariche mettendole in movimento;
i resistori possono dissipare totalmente o in parte questa energia
i condensatori sono in grado di immagazzinare l’energia potenziale delle cariche elettriche
trasformandola temporaneamente in un campo elettrico. Successivamente possono
restituirla di nuovo sotto forma di una corrente inversa, qualora cessasse la spinta diretta
del generatore.
• LEGGI DI KIRCHHOFF: ogni rete elettrica (circuito) può essere scomposta in nodi e maglie
in cui valgono le seguenti proprietà:
NODI: la somma delle correnti che entrano in un nodo è uguale alla somma delle
correnti che ne escono (è una conseguenza della conservazione della carica)
MAGLIE: la somma delle differenze di potenziale misurate ai capi di ciascuno degli
elementi che formano una maglia è pari a 0 (è una conseguenza della conservazione
dell’energia)
I1
I2
Nodo
I0 = I1 + I2
I0
V3
Maglia
V1+V2+V3+V4 = 0
V4
V2
V1
Le leggi di Kirchhoff consentono di smembrare reti elettriche complesse in unità più semplici semplificando la
soluzione dei problemi. È fondamentale però stabilire un verso di circuitazione (preferibilmente quello
convenzionale della corrente) e mantenerlo coerentemente in tutti i calcoli.
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• IMPIEGO DEI COMPONENTI NEL CIRCUITO: siamo già in grado di calcolare la
differenza di potenziale ai capi di ognuno di questi tra componenti. Questa differenza però sarà
positiva o negativa a seconda del verso di scorrimento della corrente nel componente. In
qualsiasi circuito bisogna quindi prima di tutto stabilire un verso di circuitazione (non importa
se corrisponde o no a quello della corrente) ed eseguire i calcoli sempre nello stesso verso.
Segue una tabella riassuntiva sulla simbologia dei componenti e la relazione della differenza
di potenziale in base al verso della circuitazione. Notare come nel resistore il ∆V risulta
negativo al contrario della batteria.
verso circuitazione
GENERATORE
-
+
-
+
V=ε
V=-ε
V = - IR
V = IR
RESISTORE
CONDENSATORE
54
-
+
V = Q/C
+
V =
Q/C
-
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CIRCUITO RC: per “RC” si intende “resistenza e capacità”. In questo schema invatti
abbiamo per la prima volta vedremo insieme un generatore, un condensatore ed un
resistore, collegati in serie. Si applicherà la seconda legge di Kirchoff ma, ciò che più
conta, si capirà bene la reazione di un condensatore.
Consideriamo un circuito in serie come schematizzato nella figura. L’unico elemento nuovo
in questo schema è l’interruttore S , inizialmente in posizione OFF. La circuitazione segue il
verso convenzionale della corrente.
C
Applicando alla maglia la seconda legge di kirchhoff si ha:
+
ε - Q/C - IR = 0
(maglia di Kirchhoff)
Non appena si chiude l’interruttore il condensatore inizierà a
R
caricarsi e quindi cariche negative fluiranno dal polo S
negativo della batteria verso una delle armature, che si
+ caricherà negativamente, mentre dall’altra armatura cariche
negative verranno risucchiate nel polo positivo della
batteria, lasciando dietro di sé ( sull’armatura ) un
ε
eccesso di carica positiva. Ciò implica una circolazione di corrente (verso ovviamente
contrario a quello convenzionale). Ma prima che il condensatore sia completamente carico
dovrà trascorrere un tempo t . Soffermiamoci allora a vedere cosa succede nell’istante
iniziale t0 , quando su chiude l’interruttore, e nell’istante finale t , quando termina la carica.
ISTANTE INIZIALE: la corrente inizia a circolare nel circuito ma nessuna carica ha ancora
raggiunto il condensatore. Sulle armature del condensatore avremo q=0:
ε - 0 - IR = 0
Istante iniziale t0 (inizio carica)
Dunque il condensatore si comporta come se non esistesse: non risulta alcuna discontinuità
nel circuito che quindi sarà percorso da corrente. Avremo cioè:
qi = 0
Ii = ε/R
Carica accumulata nel condensatore
Corrente che circola nel circuito
ISTANTE FINALE: quando il condensatore sarà totalmente carico la carica accumulata su
ciascuna armatura sarà la massima: q = Q . Ora però non avremo più elettroni che andranno
ad addensarsi sull’armatura negativa, né elettroni che sfuggiranno alla positiva, perché il
condensatore ha terminato la carica. Ciò vuol dire che nel circuito non circolerà più corrente
e quindi nella resistenza risulterà I = 0 :
ε - Q/C - 0 = 0
Istante finale t (fine carica)
Dunque, al termine della carica, il condensatori si comporta come una discontinuità che
interrompe il circuito, impedendo la circolazione della corrente. Si avrà cioè:
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qf = Q
If = 0
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Carica accumulata nel condensatore
Corrente che circola nel circuito
Possiamo dire che: quando il condensatore è scarico si ha la massima circolazione di corrente
nel circuito. Quando il condensatore è carico non circola più corrente nel circuito. Ma cosa
succede durante la carica?
ISTANTE INTERMEDIO: durante la carica avremo una corrente I nel circuito e una carica q
sulle armature del condensatore:
0<q<Q
0 < I < ε/R
Livello di carica del condensatore
Corrente che circola nel circuito
L’espressione di Kirchhoff però è sempre valida. Ponendo il limite per t→0 , ovvero
derivando l’espressione rispetto al tempo, otteniamo la situazione in un qualsiasi istante
infinitesimo del processo di carica:
d(ε - Q/C - IR) / dt = 0 Istante infinitesimo nel corso della carica
Risolviamo la derivata ricordando che ε , C , e R sono delle costanti:
0 - 1/C
dq
dI
-R
=0
dt
dt
I/C + R
dI
=0
dt
dI
= - dt
I
RC
...dove notiamo che dq = I , e quindi:
dt
Corrente che circola in un certo istante infinitesimo durante la carica
VARIAZIONE DELLA CORRENTE: sommando tutti gli episodi infinitesimi, ovvero
integrando l’ultima espressione da 0 ad I e da 0 a t , vedremo finalmente in che modo varia
la corrente nel corso della carica:
I
V
Ii
dI = -1/RCV
dt
ln I/Ii = - t/RC
I(t) = ε/R e -t/RC
t
0
⇒
dt
(somma degli eventi infinitesimi)
I = I0 e -t/RC
...dove conosciamo già I0 = ε/R
Variazione della corrente nel circuito
durante la carica del condensatore
La corrente che circola nel circuito diminuisce esponenzialmente con il passare del tempo, partendo da un valore
massimo ε/R quando il condensatore è scarico fino a 0 quando il condensatore è scarico. Visto dalla resistenza, il
condensatore si è comportato come un rubinetto che si chiude lentamente.
56
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VARIAZIONE DELLA CARICA: risostituendo dQ/dt = I nell’ultima espressione possiamo
ottenere la variazione di q in funzione del tempo.
dq = ε/R e -t/RC
dt
⇒
dq = (ε/R e -t/RC) dt
Integrando il primo membro da 0 a Q e il secondo da 0 a t , si ottiene (sulla fiducia):
q(t) = Q (1-e -t/RC)
Variazione della carica del condensatore
La carica sulle armature del condensatore aumenta esponenzialmente con il passare del tempo, partendo da un
valore minimo di 0 (condensatore scarico) fino ad un massimo di Q (condensatore carico). Questo processo
condiziona la circolazione della corrente nel circuito (funzione inversa). Una volta carico, il condensatore
interrompe il circuito.
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Due parole su FI.CO.2
FICO2 comprende solo la prima parte del programma di “Fisica 2 per geologi”
spiegata (mi auguro) in modo molto più chiaro e gradevole di quanto possa fare un
fisico. Non che i fisici siano degli idioti (non tutti almeno) ma di solito vedono le cose
in astratto, ed essendo questo programma già di per sé più astratto di Fisica 1, spesso si finisce
per non sapere più di cosa si sta parlando. FICO2 è strutturato quasi come FICO1, con l’aggiunta
di indispensabili esercizi dimostrativi che, oltre a fissare la teoria, rappresentano la base di
qualsiasi compito d’esame.
La copia che avete in mano è la stampa del file “FICO2.pdf” che è stato prelevato
gratuitamente dal sito WEB:
“ Geologia 2000 ”
[ www.anisn.it/geologia2000 ]
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cioè non possono essere venduti ne ceduti attraverso attività pubblicitarie
di qualsiasi tipo senza esplicito consenso dell’autore.
In ogni caso la diffusione deve rispettare l’integrità del testo
e la citazione chiara e completa di autore e provenienza.
POSTILLA ALLA V 4.0: un particolare ringraziamento a Mauro Bizzarri (studente della “Sapienza” di
Roma) per la correzione di alcuni errori che erano presenti nella versione precedente. Per tutti coloro che
aspettano la seconda parte devo invece avvertire che purtroppo non esiste. Questa mi era servita da ripasso
ma diedi l’esame prima di poter iniziare la seconda (qualcuno ha pensato: “peccato” ?!) Per soddisfazione
personale però mi prenedrò la briga di commentarne un unico aspetto della seconda parte del programma:
le strepitose equazioni di Maxwell, nelle loro elegantissime forme integrali e differenziali, tu - geologo - non
avrai mai occasione di usarle in tutta la tua vita, dovessi anche campare 200 anni! ☺
INDICE
01 - CAMPO ELETTRICO ................................................................................................................................. 2
CONFRONTO CON IL CAMPO GRAVITAZIONALE ....................................................................................................... 2
FLUSSO DEL CAMPO ELETTRICO............................................................................................................................. 4
CALCOLO DEL CAMPO ELETTRICO ......................................................................................................................... 6
02 - POTENZIALE ELETTRICO .................................................................................................................... 21
DAL LAVORO AL POTENZIALE ELETTRICO............................................................................................................. 21
CALCOLO DEL POTENZIALE ELETTRICO ................................................................................................................ 24
03 - CAPACITA’ ELETTRICA ........................................................................................................................ 33
PROPRIETÀ DEL CONDENSATORE ......................................................................................................................... 33
CALCOLO DELLA CAPACITÀ ELETTRICA ............................................................................................................... 37
04 - RESISTENZA ELETTRICA...................................................................................................................... 43
CORRENTE E RESISTENZA ................................................................................................................................... 43
CALCOLO DELLA RESISTENZA ............................................................................................................................. 49
05 - FORZA ELETTROMOTRICE.................................................................................................................. 51
06 - CIRCUITI IN CORRENTE CONTINUA.................................................................................................. 53
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