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Ordine Ingegneri della provincia di Cagliari
A Caserta idee e nuovi linguaggi condivisi verso un futuro che cominci subito Per un voto, ingegneri italiani e professioni conquistano spazio e voce nell’UNI Una volta all’anno l’ingegneria italiana, anzi gli Ordini degli ingegneri d’Italia, si riuniscono in congresso. È il mio terzo congresso da vicepresidente del Consiglio nazionale. Rimini 2012, Brescia 2013 e, infine, Caserta. E quest’anno per me è stato ancora diverso, ancora più impegnativo, ancora più bello! “Il futuro oggi”, il titolo del congresso, per me ha significato iniziare a realizzare, oggi, il cambiamento che tutti insieme a Cagliari e in Sardegna stiamo portando avanti da un po’ di tempo. La ricerca delle sovrapposizioni tra linguaggi differenti, l’indagine del confine tra culture che stiamo portando avanti in primis con l’associazione IC (IdeeCreative, IdentitàContemporanee, IntelligenzaCollettiva .......) con ICagliari2020, con OIC e con altre associazioni e comunità di cambiamento. L’anno di lavoro prima del congresso è stato impegnativo.Tre azioni su tutte possono essere la sintesi dell’azione di questo consiglio nazionale. La prima. La creazione della Rete delle professioni tecniche. Siamo una società dove ogni frazione, ogni comunità portatrice di interessi, utilizza un linguaggio proprio. Dove ogni gruppo polverizzato (associazioni, categorie, sigle sindacali, lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti, giovani, studenti, disoccupati etc., ognuno ulteriormente polverizzato in tanti sottogruppi) ritiene di essere il centro di un universo che ruota intorno a loro. Senza mettersi in gioco; senza la consapevolezza di essere la tessera di un mosaico ben più complesso. Oggi in Italia, frutto di un percorso complessissimo realizzato mettendo da parte certezze, ingegneri, architetti, ed altre sette professioni tecniche, sono uniti in un’unica voce: la Rete delle professioni tecniche, che parla un linguaggio comune e molteplice, che rappresenta quasi un milione di professionisti. Che ricerca le sovrapposizioni, le idee condivise piutto- sto che la difesa di singoli presunti status. Questo percorso è il risultato dell’opera degli ingegneri che, proprio per questo, oggi presiedono questo organismo a livello nazionale. È sicuramente una grande opportunità per far sentire la nostra voce, le nostre proposte (senza la presunzione di essere i depositari della verità), per immettere nel circuito delle idee e delle proposte le forze dei territori, per far sì che l’intelligenza collettiva, la I e la C che rappresentiamo, possa portare contributi concreti. La seconda. L’ingresso da protagonisti nel mondo UNI, l’Ente Nazionale Italiano di Unificazione. Quell’istituto che redige le norme che definiscono lo stato dell’arte di prodotti, processi e servizi. Si può dire, riprendendo la definizione dal profilo Twitter, l’ente che scrive le norme che specificano “come fare bene le cose”. Definizione un po’ presuntuosa, in quanto per far bene una cosa la regola tecnica è sicuramente necessaria ma, forse, non sufficiente. Al di là di ciò è, nella nostra visione, l’ente dove possiamo provare ad incidere, a far entrare per la prima volta le professioni, il valore del lavoro intellettuale, il valore del progetto che sta alla base di ogni produzione. pagina 7 Pubblichiamo l’intervento di Gianni Massa, vicepresidente del CNI, in occasione del 59° nazionale degli Ordini degli Ingegneri, a Caserta dal 10 al 12 settembre 2014 Le professioni, per la prima volta, a confronto con il mondo della produzione, delle imprese, di Confindustria. Una follia, un’utopia! Davide contro Golia. Una battaglia vera! Portata avanti dal CNI con l’aiuto di tanti Ordini visionari che hanno creduto in noi. La battaglia potrebbe essere paragonata al tentativo di andare all’assemblea dei soci della FIAT, o di qualche altra multinazionale, cercando di convincere i singoli soci, titolari di poche e piccole quote polverizzate nell’universo del mercato, a recarsi, spendendo risorse proprie e perdendo un giornata di lavoro, all’assemblea generale per esprimere il proprio voto. Un anno di preparazione, di studio, di contatti, di riunioni, di documenti con- INFORMAZIONE 125 dal 59° Congresso. INFORMAZIONE 125 dal 59° Congresso I giovani ancora una volta da protagonisti Anche al Congresso nazionale di Caserta il Network Giovani Ingegneri partecipa come protagonista. Un gruppo di lavoro, un team, una squadra che ha come obiettivo quello di mettere in campo un nuovo modo di agire, di operare e di pensare, basato sulle idee condivise e non sulle singole posizioni, che costruisce la sua forza sul gruppo e non sul personalismo, con la convinzione di poter cambiare la società e far sì che i giovani di domani possano avere il futuro che i giovani d’oggi non possono avere. La ripartenza dopo un anno di lavori altalenanti è stata difficile, ma come sempre succede nei team affiatati anche il Network non ha mancato la chiamata, in prima battuta alla riunione di Torino del 27 e 28 giugno 2014 e successivamente a Roma l’1 e il 2 agosto. È proprio in questa sede che, supportati e affiancati dal vice presidente Gianni Massa, si sono affrontate le tematiche da trattare all’imminente Congresso nazionale, che si sono sviscerate le proposte da portare avanti e sviluppare ai tavoli del Congresso e che ci si è confrontati costruttivamente per far sì che le idee nascessero da sovrapposizioni e condivisioni di saperi. Le attività hanno proseguito a distanza all’interno dei gruppi di lavoro formatisi a Roma, come avviene spesso all’interno del Network, utilizzando gli strumenti informatici che più si sposano all’operato da svolgersi (Google groups, portale, Google drive e quant’altro), col solo obiettivo di mettere in collegamento più di 100 giovani ingegneri in tutta Italia. Il lavoro nasce infatti dall’incontro dei delegati Network, ossia i referenti delle varie commissioni giovani degli Ordini provinciali d’Italia, e dalla condivisione delle idee e delle visioni che ognuno di loro porta all’interno del Network. È da queste idee, divisi, di momenti in cui sarebbe stato facilissimo mollare. E infine, il 29 aprile a Milano, nella sede dell’UNI (mondo di Confindustria, dei grandi capitali, del Ministero del lavoro) dove si svolgeva l’assemblea per il rinnovo del consiglio direttivo. Quando sono entrato in quella sala si stava svolgendo la premiazione delle eccellenze dell’impresa e della ricerca italiana. Mi siedo e ascolto. Inizia la relazione annuale del presidente, Piero Torretta. L’uditorio è assolutamente composto, in totale silenzio. Traspare un senso quasi di noia. Come di chi è dovuto essere presente per forza, perché ci si deve andare per essere presenti e, soprattutto, per le votazioni del bilancio e del rinnovo del consiglio direttivo. Votazioni, come spesso avviene, già decise in altri luoghi. È come essere a teatro. che di volta in volta vengono decostruite e ricostruite, che si affrontano le tematiche del mondo del lavoro dei giovani, per poter portare un aiuto tangibile e concreto ai giovani ingegneri e ai colleghi in genere. Dopo settimane di lavoro si è quindi arrivati all’ultimo incontro, il giorno prima dell’inizio del Congresso, con l’ansia e l’eccitazione di un bambino al primo giorno di scuola, che sa di dover entrare in punta di piedi nel mondo dei grandi. Una riunione programmata per tirare le somme dei documenti prodotti per poter comporre gli interventi da presentare alle tavole rotonde e nei moduli tecnici. È infatti grazie alla fiducia che il CNI ha riposto nel Network che i giovani sono diventati protagonisti e non spettatori durante il Congresso, che si sono potuti confrontare con ministri, politici e imprenditori di grande fama e ingegno. In rappresentanza del Network solo saliti sul palco per affrontare i temi del Congresso Monica Boccaccio (delegato dell’Ordine di Alessandria) per la tavola rotonda sulle Smart Innovation; Valentina Antonelli (delegato Ordine di Teramo) per la tavola rotonda sull’Ambiente e Sviluppo; per i moduli tecnici hanno parlato Martina Bonardo (delegato Ordine di Cuneo) e Gabriele Lo Cacciaro (delegato Ordine di Palermo), rispettivamente per l’aggiornamento professionale - certificazione delle competenze e accesso al lavoro. I temi trattati giorno per giorno hanno appassionato la platea, reso attivi i partecipanti e coinvolto i giovani del Network, che non si sono fatti mancare l’occasione di portare proposte e richieste che nascono dal mondo giovane ma che coinvolgono l’intera collettività, fino ad arrivare ad essere inserite all’interno della mozione congressuale. Pro- Anzi è tutto organizzato per essere una rappresentazione teatrale. Con molte, troppe, comparse e pochi, forse nessun, attore protagonista. Sicuramente alcuni registi dietro le quinte. È stata una delle giornate più importanti e più belle per l’ingegneria italiana. Abbiamo preso la parola, abbiamo esposto con equilibrio e, soprattutto, passione, la proposta del mondo delle professioni (sarebbe più corretto dire degli ingegneri). L’importanza del lavoro intellettuale, del progetto, per cambiare questo Paese. Non da soli, non contro. Ma come una tessera di un mosaico, come la parte di un tutto molto più complesso. Siamo stati derisi e insultati (sembra assurdo ma è stato proprio così!). Alla fine abbiamo vinto. La nostra proposta (di apertura, di ricerca di linguaggio pagina 8 condiviso, di non autorefernzialità) ha ottenuto un voto in più (uno!! sarebbe bastato un aereo in ritardo o un minimo ripensamento o, ancora, un solo rappresentante che in quella sala non avesse avuto il coraggio di provare a cambiare idea) rispetto alla proposta del mondo dell’impresa e dell’industria. Oggi gli ingegneri ricoprono la vicepresidenza dell’UNI e stanno iniziando il percorso per portare il mondo della normazione e della normativa verso il riconoscimento del valore del progetto. Del valore della qualità della prestazione e non della prescrizione. La terza. Scintille: è un concorso di idee. È un format in progress. Scintille è sfida, è terra di frontiera, è sovrapposizione, è multidisciplinarietà. È narrazione. Scintille è confine. È uno strumento per far sì che il network INFORMAZIONE 125 poste ambiziose come quella di puntare sulla prevenzione e sulla mappatura dei rischi (sismico, idrogeologico) che ogni giorno di più affliggono il nostro territorio, proponendosi come protagonisti di questo processo in affiancamento alle autorità pubbliche, alle imprese e ai singoli cittadini o anche la richiesta di snellimento delle burocrazia e la creazione di una normativa di settore chiara e non interpretabile, promuovendo allo stesso tempo la trasparenza delle amministrazioni pubbliche e l’open data. In rappresentanza dell’Ordine di Cagliari ha parlato l’autore di questa nota, consigliere che segue i lavori del Network degli Ordini ingegneri possa divenire quel luogo fantastico, fisico e virtuale, in cui le idee si sovrappongono. In cui viene valorizzato il sapere multidisciplinare. L’edizione del 2014, appena conclusa, doveva premiare idee che portassero un cambiamento degli ingegneri dentro gli Ordini ed insieme agli Ordini contaminazione con altre discipline e con la società. Scintille ha raccolto 170 idee, 500 partecipanti, 18 regioni, 72 capoluoghi di provincia. Da 18 a 70 anni la forbice delle età presenti. Insieme agli ingegneri hanno partecipato architetti, geologi, sociologi, studenti, avvocati, giornalisti, maker, scuole, università e spinoff, dipendenti pubblici, dipendenti d’azienda, fotografi, artisti, designer, anche un gruppo di detenuti. Giovani Ingegneri da poco più di due anni, affiancato dalla coordinatrice della commissione Giovani, Marta Lippi. Dopo questa esperienza impegnativa ma coinvolgente, dalla quale ogni singolo partecipante è uscito arricchito e con un importante bagaglio di conoscenze, il Network si è dato appuntamento a Verona per il 23 e 24 ottobre, pronto a lavorare e a impegnarsi come e più di prima, nella speranza che il CNI rinnovi la fiducia nei suoi confronti, per partecipare da protagonisti al prossimo Congresso di Venezia e portare anche nel 2015 la voce dei giovani all’interno dei lavori congressuali. Stefano Zuddas Ora questa prima esperienza di Scintille, in preparazione del format 2015, dovrà arricchirsi con la narrazione delle idee. Inizia adesso il viaggio nei territori, il racconto dell’esperienza, il percorso di valorizzazione delle idee e, in primis, di attivazione del network degli ingegneri e dell’intelligenza collettiva che possono esprimere. Tante, tantissime azioni sono ancora da intraprendere. Siamo riusciti a scrivere il decreto che ha rimesso in campo le tariffe di riferimento, abbiamo investito nella ricerca e nella cultura del progetto... Ma abbiamo anche responsabilità per obiettivi non raggiunti pienamente, ed è giusto essere autocritici per continuare a costruire una visione condivisa. Sicuramente abbiamo (Consiglio nazionale) ed ho commesso errori in questa esperienza, e me ne assumo pagina 9 tutte le responsabilità. Questo, in estrema sintesi, il percorso. Al congresso abbiamo portato il nostro approccio, le nostre sovrapposizioni. Linguaggi diversi, mondi differenti hanno parlato ai rappresentati degli Ordini degli ingegneri. Un congresso con tanta, tantissima Sardegna. Laboratorio di idee; di partecipazione attiva e costruttiva. Michela Murgia, Silvano Tagliagambe, Antonio Solinas (abinsula), Nicola Pirina, le “officine2020” della nostra intelligenza collettiva. E poi i giovani dell’Ordine di Cagliari, protagonisti, anima e motore del network giovani nazionale. Veramente, questa volta, Cagliari e la Sardegna hanno portato il futuro oggi in un congresso e in categoria che deve continuare nel cambiamento. Gianni Massa INFORMAZIONE 125 dal 59° Congresso Progettista come narratore Cari ingegneri, in fondo non siamo poi tanto diversi Spero siate in molti a rilevare la temerarietà di chi ha pensato di invitare una scrittrice ad aprire il congresso nazionale degli ingegneri. La mia presenza qui ha il sapore, se non di una provocazione, quantomeno di una piccola rivoluzione concettuale, ma se ho accettato è perché la condivido; non ho anzi timore a dirvi che qui tra voi oggi non mi sento fuori posto. Sono consapevole che per tanto tempo l’ingegneria ha rappresentato semplicisticamente il mondo del fare, l’opificio per eccellenza, mentre i narratori, popolo eterogeneo che lavora con le parole, sono stati sempre la quintessenza del dire, della speculazione fantasiosa e ardita. Eppure, a dispetto del proverbio che in mezzo ci vorrebbe mettere il mare, tra queste due attitudini c’è (e non può non esserci) proprio la narrazione, ovvero la capacità di inserire il pensiero e l’azione, il dire e il fare, dentro una trama comune che consenta di riconoscersi a vicenda come appartenenti allo stesso orizzonte civico. Quando tra il mondo delle professioni e quello delle narrazioni viene a mancare questa trama comune si verificano le rovine nella cui decadenza viviamo ormai da molti anni. Lo sperimentai per la prima volta al mio esordio letterario, quando raccontai la mia esperienza dentro un call center nella giungla dei contratti senza diritti. Io, nata nel 1972, beneficiaria teorica dei risultati delle lotte sociali di almeno due generazioni precedenti, avevo dimenticato (o non ricordavo di aver mai saputo) che il lavoro era un bene comune e non un fatto privato da risolversi tra me e il datore di lavoro. Se allora non avessi raccontato quel che mi accadeva non avrei mai preso coscienza di avere un destino in comune con le migliaia di giovani che lavoravano nelle mie stesse condizioni prive di dignità. Solo attraverso la narra- zione di quell’impiego e dei suoi risvolti anti-etici ho preso coscienza del fatto che quella che credevo essere una mia peculiare esperienza apparteneva in realtà a una intera generazione, annichilita da leggi perverse che avevano messo in competizione diritto e lavoro, dignità e vita. Quelle leggi, non lo dimentichiamo, sono ancora lì. Smettere di raccontarne gli effetti nella vita delle persone è un atto di resa che non possiamo permetterci. Di quanto l’assenza di narrazione nuoccia al vivere comune lo sapete bene anche voi, perchè ogni volta che l’opificio, il mondo del fare, si dimentica di essere interprete di una delle nostre numerose narrazioni collettive, si dimentica anche che il suo orizzonte non è l’edificio che sta progettando, ma l’uomo che lo abita, l’unica creatura narrante del creato. Ecco perchè voi, che vi piaccia o meno, siete anche narratori e l’urgenza di trovare una trama comune vale per voi come per tutti. L’episodio della torre di Babele ha qualcosa da insegnarci a questo riguardo. Com’è che nella Genesi Dio punisce l’orgoglio umano di elevarsi al cielo con le proprie forze? Lo fa mischiando le lingue e impedendo la comunicazione tra maestranze e mastri. La torre viene abbandonata e da quel momento diventa il simbolo dell’incompiutezza umana, la sua impossibilità di autorappresentarsi. La metafora è chiara: il sogno di costruire qualcosa che arrivi in cielo, ovvero che superi i limiti dello spazio e del tempo in cui siamo costretti, dipende dall’esistenza di un linguaggio comune, di una narrazione condivisa. Senza un alfabeto civico collettivo non si costruisce nulla che non sia vagito, nella migliore delle ipotesi, o grido disperato nella maggior parte degli altri casi. Per questo quando progettate dovete ricordare che non lo fate solo per i vostri committenti, ma per gli occhi di pagina 10 La scrittrice Michela Murgia ha proposto una riflessione in apertura del Congresso degli ingegneri italiani a Caserta. Pubblichiamo il suo intervento, apparso anche sul blog michelamurgia.com http://tinyurl.com/ol6n4cx uomini e di donne che non sono ancora nati. Organizzare spazi significa organizzare relazioni. Per essere all’altezza di questa responsabilità occorre avere qualcosa da dire sull’uomo, prima ancora che sulle tecniche di costruzione, e disporre di un linguaggio condiviso tra chi progetta e chi dentro a quei progetti immagina di vivere, lavorare e realizzarsi. Questo linguaggio, questa narrazione, esistono? Sembra di no, eppure in passato ci sono stati. Vengo da una settimana trascorsa a Mantova per il Festivaletteratura e l’urbanistica di quella città parla di un mondo che, a dispetto dell’assenza di democrazia, ha pensato i suoi spazi come luoghi di reciproco riconoscimento, dove la piazza del re INFORMAZIONE 125 fluiva nel vicolo del popolano e i portici dei mercanti parlavano con le facciate dei palazzi dei cardinali. A Mantova ho sentito il filosofo Marco Filoni spiegare il rapporto tra lo spazio inquieto delle città e la nostra paura di stare insieme. Ho ascoltato l’architetto Luca Molinari spiegarmi che la percezione dello spazio cambia con la cultura e quello che l’occidente fa in piazza l’oriente lo fa nei vicoli e sulle porte delle sue città. Ho visto un mondo dove la riflessione sulle forme dello stare insieme passa per la consapevolezza che chi progetta spazi progetta comportamenti. Oggi viviamo in un paese dove questa dialettica è stata quasi del tutto dimenticata, oppressa da un’assenza di narrazione che ci rende muti e incomprensibili l’uno all’altro. Il lavoro è il luogo dell’immaginario più ammutolito e ammutolente di tutti, del tutto privo di voci che lo rappresentino come un bene comune: non esiste in Italia un romanzo popolare che illumini la realtà del lavoro come spazio civico di tutti. Chi ha mai raccontato in modo popolarmente riconosciuto l’epopea della costruzione dell’autostrada del sole, che avrà incrociato migliaia di vite, modificato la vita di decine di comunità e visto centinaia di persone morire sul suo tracciato? Nessuno. Chi ha raccontato l’epica delle miniere che per tutto il novecento ha fatto di quelle italiane le maestranze del sottosuolo più qualificate d’Europa? Nessuno. Chi ha raccontato ai suoi concittadini le bonifiche della bassa padana, dell’agro pontino, dell’alto Campidano? Nessuno. Abbiamo dovuto attendere il Canale Mussolini di Pennacchi, che però tutto è fuorché un romanzo popolare, per avere una rappresentazione narrativa di quella vicenda. Riflettiamo proprio qui a Caserta sul fatto che l’unica narrazione popolare degli ultimi trent’anni in Italia è stata Gomorra, una storia di camorra, un luogo dove non è il corpo civico di un paese a essere rappresentato, ma la sua ferita più profonda. Non rubo altro tempo alle vostre discussioni tecniche, ma vi saluto ricordandovi che la sfida dei progettisti oggi è ricordarsi di essere narratori a loro volta. Solo così questo smetterà di essere e comportarsi come un paese privo di trama. Michela Murgia pagina 11 INFORMAZIONE 125 dal 59° Congresso Scintille di futuro nella terra del cambiamento Anche quest’anno, come tutti gli anni, si è riunito il Consiglio Nazionale degli Ordini degli Ingegneri. Caserta, la sua Reggia ed il relativo patrimonio storico, artistico e culturale hanno fatto da palcoscenico a questo grande evento, sentito, voluto da un ordine professionale particolarmente importante per il Paese. Ma quest’anno era diverso. Non era lo stesso convegno di sempre. Quest’anno c’è stata una potente novità (oltre i profondi interventi di Galimberti ed altri), un particolare cambio di marcia che mi ha colpito. Quest’anno c’è stato un concorso di idee, www.cniscintille.it. Fortissimamente voluto da un grande visionario, Gianni Massa, vice presidente del Consiglio Nazionale stesso. Ero in giuria, insieme agli amici Antonio Perdichizzi, Armando Di Nardo, Gaetano Fede e lo stesso Gianni Massa. Questo concorso è una linea di confine, di frontiera, ha premiato idee nelle terre di cambiamento, multidisciplinari. Doveva premiare idee che portassero un cambiamento degli Ingegneri dentro gli Ordini ed insieme agli Ordini contaminazione con altre discipline. Dovevano essere idee che determinassero un impatto positivo sulla società. Ho trovato tanti coraggiosi di tutte le età, uomini e donne impegnati nel contaminare nel farsi contaminare. Quasi 170 idee, quasi 500 partecipanti, tantissime le province italiane coinvolte, maggiore la partecipazione del sud, delle isole e del centro rispetto al nord (ma è chiaro che arriverà una maggior sensibilità anche degli altri Ordini il prossimo anno, passerà meglio la notizia della seconda edizione). Ho visto gruppi multidisciplinari che ragionavano sulla società, sulla socialità, sull’ambiente, sull’acqua, sulle rinnovabili, sui rifiuti, sulla raccolta differenziata e così via. Ho visto tanti ingegneri che interpretavano se stessi e la Giurista impegnato nei processi d’innovazione per lo sviluppo locale, esperto in innovation management, Nicola Pirina era al Congresso di Caserta. Pubblichiamo il suo intervento, apparso anche sul sito chefuturo.it http://tinyurl.com/naggbc2 propria professione in maniera differente ed evoluta. Insomma ho visto tante idee che validamente proponevano soluzioni per problemi reali e concreti del Paese e delle sue storture. Alla fine la giuria doveva selezionare tre vincitori come da bando. Ma la ricchezza era tale da dover fare almento 9 menzioni. Tutte hanno dignità d’esser perseguite come progetto d’impresa o di ricerca industriale (e per la verità anche altre fuori a questo primo giro). Rimando al sito del concorso per comprendere ed approfondire i temi (ad esempio quello sull’eliminazione del problema dei fumi della navi dentro i porti, quello su wearable technology per la prevenzione nella diagnosi del Parkinson e così via). Ho selezionato sereno e consape- pagina 12 vole, come gli altri giurati. Sono stati i tre vincitori, le tre idee che hanno fatto breccia, non perché rappresentino mode, ma perché intercettato scenari plausibili e mondi produttivi necessari. Hanno vinto perché propongono tecnologie che aprono il cambiamento oggi per oggi, non per un generico futuro, tecnologie che impattano sul Rinascimento della manifattura e sulla sanità. Ha vinto il progetto Archimede capitanato da Amedeo di Marco con una nuova idea sulla tecnologia abilitante per la stampa 3D. Secondo è arrivato un progetto su una sedia rotelle le cui ruote sono scomponibili (al fine della più agevole e sicura trasportabilità). Terzo un progetto sulla robotica applicata alla cura dell’autismo nell’infanzia. Difficile trasmettere a parole la ricchezza e l’energia. Avrei voluto più premi da dare. Avrei voluto più tempo per stare con tutti loro e lavorare sulle loro idee. Avrei voluto ancora più idee. Lo farò da lunedì alla prossima edizione. Mi sono divertito. Enjoy innovation. Avanti tutta! Nicola Pirina