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Ordine Ingegneri della provincia di Cagliari

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Ordine Ingegneri della provincia di Cagliari
A Caserta idee e nuovi linguaggi condivisi
verso un futuro che cominci subito
Per un voto, ingegneri italiani e professioni conquistano spazio e voce nell’UNI
Una volta all’anno l’ingegneria
italiana, anzi gli Ordini degli ingegneri
d’Italia, si riuniscono in congresso. È
il mio terzo congresso da vicepresidente del Consiglio nazionale. Rimini
2012, Brescia 2013 e, infine, Caserta.
E quest’anno per me è stato ancora
diverso, ancora più impegnativo, ancora
più bello! “Il futuro oggi”, il titolo del
congresso, per me ha significato iniziare
a realizzare, oggi, il cambiamento che
tutti insieme a Cagliari e in Sardegna
stiamo portando avanti da un po’ di
tempo. La ricerca delle sovrapposizioni
tra linguaggi differenti, l’indagine del
confine tra culture che stiamo portando
avanti in primis con l’associazione IC
(IdeeCreative, IdentitàContemporanee,
IntelligenzaCollettiva .......) con ICagliari2020, con OIC e con altre associazioni
e comunità di cambiamento.
L’anno di lavoro prima del congresso è stato impegnativo.Tre azioni su tutte
possono essere la sintesi dell’azione di
questo consiglio nazionale.
La prima. La creazione della Rete
delle professioni tecniche. Siamo una
società dove ogni frazione, ogni comunità portatrice di interessi, utilizza un linguaggio proprio. Dove ogni gruppo polverizzato (associazioni, categorie, sigle
sindacali, lavoratori autonomi, lavoratori
dipendenti, giovani, studenti, disoccupati
etc., ognuno ulteriormente polverizzato
in tanti sottogruppi) ritiene di essere il
centro di un universo che ruota intorno
a loro. Senza mettersi in gioco; senza la
consapevolezza di essere la tessera di un
mosaico ben più complesso.
Oggi in Italia, frutto di un percorso
complessissimo realizzato mettendo da
parte certezze, ingegneri, architetti, ed altre sette professioni tecniche, sono uniti in
un’unica voce: la Rete delle professioni
tecniche, che parla un linguaggio comune
e molteplice, che rappresenta quasi un
milione di professionisti. Che ricerca le
sovrapposizioni, le idee condivise piutto-
sto che la difesa di singoli presunti status.
Questo percorso è il risultato dell’opera
degli ingegneri che, proprio per questo,
oggi presiedono questo organismo a livello nazionale. È sicuramente una grande
opportunità per far sentire la nostra voce,
le nostre proposte (senza la presunzione
di essere i depositari della verità), per
immettere nel circuito delle idee e delle
proposte le forze dei territori, per far sì
che l’intelligenza collettiva, la I e la C che
rappresentiamo, possa portare contributi
concreti.
La seconda. L’ingresso da protagonisti nel mondo UNI, l’Ente Nazionale
Italiano di Unificazione. Quell’istituto
che redige le norme che definiscono
lo stato dell’arte di prodotti, processi
e servizi. Si può dire, riprendendo la
definizione dal profilo Twitter, l’ente che
scrive le norme che specificano “come
fare bene le cose”. Definizione un po’
presuntuosa, in quanto per far bene
una cosa la regola tecnica è sicuramente
necessaria ma, forse, non sufficiente. Al
di là di ciò è, nella nostra visione, l’ente
dove possiamo provare ad incidere, a far
entrare per la prima volta le professioni,
il valore del lavoro intellettuale, il valore
del progetto che sta alla base di ogni
produzione.
pagina
7
Pubblichiamo l’intervento di Gianni Massa,
vicepresidente del CNI, in occasione del 59°
nazionale degli Ordini degli Ingegneri,
a Caserta dal 10 al 12 settembre 2014
Le professioni, per la prima volta, a
confronto con il mondo della produzione, delle imprese, di Confindustria. Una
follia, un’utopia! Davide contro Golia.
Una battaglia vera! Portata avanti dal
CNI con l’aiuto di tanti Ordini visionari
che hanno creduto in noi. La battaglia
potrebbe essere paragonata al tentativo
di andare all’assemblea dei soci della
FIAT, o di qualche altra multinazionale,
cercando di convincere i singoli soci,
titolari di poche e piccole quote polverizzate nell’universo del mercato, a recarsi,
spendendo risorse proprie e perdendo
un giornata di lavoro, all’assemblea
generale per esprimere il proprio voto.
Un anno di preparazione, di studio, di
contatti, di riunioni, di documenti con-
INFORMAZIONE 125 dal 59° Congresso.
INFORMAZIONE 125
dal 59° Congresso I giovani ancora una volta da protagonisti
Anche al Congresso nazionale di Caserta il Network
Giovani Ingegneri partecipa come protagonista. Un gruppo
di lavoro, un team, una squadra che ha come obiettivo quello
di mettere in campo un nuovo modo di agire, di operare e
di pensare, basato sulle idee condivise e non sulle singole
posizioni, che costruisce la sua forza sul gruppo e non sul
personalismo, con la convinzione di poter cambiare la società
e far sì che i giovani di domani possano avere il futuro che i
giovani d’oggi non possono avere.
La ripartenza dopo un anno di lavori altalenanti è stata
difficile, ma come sempre succede nei team affiatati anche
il Network non ha mancato la chiamata, in prima battuta alla
riunione di Torino del 27 e 28 giugno 2014 e successivamente
a Roma l’1 e il 2 agosto. È proprio in questa sede che, supportati e affiancati dal vice presidente Gianni Massa, si sono
affrontate le tematiche da trattare all’imminente Congresso
nazionale, che si sono sviscerate le proposte da portare avanti
e sviluppare ai tavoli del Congresso e che ci si è confrontati
costruttivamente per far sì che le idee nascessero da sovrapposizioni e condivisioni di saperi.
Le attività hanno proseguito a distanza all’interno dei
gruppi di lavoro formatisi a Roma, come avviene spesso all’interno del Network, utilizzando gli strumenti informatici che più
si sposano all’operato da svolgersi (Google groups, portale,
Google drive e quant’altro), col solo obiettivo di mettere in
collegamento più di 100 giovani ingegneri in tutta Italia. Il
lavoro nasce infatti dall’incontro dei delegati Network, ossia i
referenti delle varie commissioni giovani degli Ordini provinciali d’Italia, e dalla condivisione delle idee e delle visioni che
ognuno di loro porta all’interno del Network. È da queste idee,
divisi, di momenti in cui sarebbe stato
facilissimo mollare.
E infine, il 29 aprile a Milano, nella
sede dell’UNI (mondo di Confindustria,
dei grandi capitali, del Ministero del
lavoro) dove si svolgeva l’assemblea
per il rinnovo del consiglio direttivo.
Quando sono entrato in quella sala si
stava svolgendo la premiazione delle
eccellenze dell’impresa e della ricerca
italiana. Mi siedo e ascolto. Inizia la
relazione annuale del presidente, Piero
Torretta. L’uditorio è assolutamente
composto, in totale silenzio. Traspare
un senso quasi di noia. Come di chi è
dovuto essere presente per forza, perché
ci si deve andare per essere presenti e,
soprattutto, per le votazioni del bilancio
e del rinnovo del consiglio direttivo. Votazioni, come spesso avviene, già decise
in altri luoghi. È come essere a teatro.
che di volta in volta vengono decostruite e ricostruite, che si
affrontano le tematiche del mondo del lavoro dei giovani, per
poter portare un aiuto tangibile e concreto ai giovani ingegneri
e ai colleghi in genere.
Dopo settimane di lavoro si è quindi arrivati all’ultimo
incontro, il giorno prima dell’inizio del Congresso, con l’ansia
e l’eccitazione di un bambino al primo giorno di scuola, che
sa di dover entrare in punta di piedi nel mondo dei grandi.
Una riunione programmata per tirare le somme dei documenti
prodotti per poter comporre gli interventi da presentare alle
tavole rotonde e nei moduli tecnici.
È infatti grazie alla fiducia che il CNI ha riposto nel
Network che i giovani sono diventati protagonisti e non spettatori durante il Congresso, che si sono potuti confrontare con
ministri, politici e imprenditori di grande fama e ingegno. In
rappresentanza del Network solo saliti sul palco per affrontare
i temi del Congresso Monica Boccaccio (delegato dell’Ordine
di Alessandria) per la tavola rotonda sulle Smart Innovation;
Valentina Antonelli (delegato Ordine di Teramo) per la tavola
rotonda sull’Ambiente e Sviluppo; per i moduli tecnici hanno
parlato Martina Bonardo (delegato Ordine di Cuneo) e Gabriele Lo Cacciaro (delegato Ordine di Palermo), rispettivamente
per l’aggiornamento professionale - certificazione delle competenze e accesso al lavoro.
I temi trattati giorno per giorno hanno appassionato
la platea, reso attivi i partecipanti e coinvolto i giovani del
Network, che non si sono fatti mancare l’occasione di portare proposte e richieste che nascono dal mondo giovane
ma che coinvolgono l’intera collettività, fino ad arrivare ad
essere inserite all’interno della mozione congressuale. Pro-
Anzi è tutto organizzato per essere una
rappresentazione teatrale. Con molte,
troppe, comparse e pochi, forse nessun,
attore protagonista. Sicuramente alcuni
registi dietro le quinte.
È stata una delle giornate più
importanti e più belle per l’ingegneria
italiana. Abbiamo preso la parola, abbiamo esposto con equilibrio e, soprattutto,
passione, la proposta del mondo delle
professioni (sarebbe più corretto dire
degli ingegneri). L’importanza del lavoro
intellettuale, del progetto, per cambiare
questo Paese. Non da soli, non contro.
Ma come una tessera di un mosaico,
come la parte di un tutto molto più
complesso.
Siamo stati derisi e insultati (sembra assurdo ma è stato proprio così!).
Alla fine abbiamo vinto. La nostra proposta (di apertura, di ricerca di linguaggio
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8
condiviso, di non autorefernzialità) ha
ottenuto un voto in più (uno!! sarebbe
bastato un aereo in ritardo o un minimo
ripensamento o, ancora, un solo rappresentante che in quella sala non avesse
avuto il coraggio di provare a cambiare
idea) rispetto alla proposta del mondo
dell’impresa e dell’industria. Oggi gli
ingegneri ricoprono la vicepresidenza
dell’UNI e stanno iniziando il percorso
per portare il mondo della normazione e
della normativa verso il riconoscimento
del valore del progetto. Del valore della
qualità della prestazione e non della
prescrizione.
La terza. Scintille: è un concorso di idee. È un format in progress.
Scintille è sfida, è terra di frontiera, è
sovrapposizione, è multidisciplinarietà. È narrazione. Scintille è confine. È
uno strumento per far sì che il network
INFORMAZIONE 125 poste ambiziose come quella di puntare sulla prevenzione e
sulla mappatura dei rischi (sismico, idrogeologico) che ogni
giorno di più affliggono il nostro territorio, proponendosi
come protagonisti di questo processo in affiancamento alle
autorità pubbliche, alle imprese e ai singoli cittadini o anche
la richiesta di snellimento delle burocrazia e la creazione di
una normativa di settore chiara e non interpretabile, promuovendo allo stesso tempo la trasparenza delle amministrazioni
pubbliche e l’open data.
In rappresentanza dell’Ordine di Cagliari ha parlato l’autore di questa nota, consigliere che segue i lavori del Network
degli Ordini ingegneri possa divenire
quel luogo fantastico, fisico e virtuale,
in cui le idee si sovrappongono. In cui
viene valorizzato il sapere multidisciplinare.
L’edizione del 2014, appena
conclusa, doveva premiare idee che
portassero un cambiamento degli
ingegneri dentro gli Ordini ed insieme
agli Ordini contaminazione con altre
discipline e con la società. Scintille ha
raccolto 170 idee, 500 partecipanti,
18 regioni, 72 capoluoghi di provincia. Da 18 a 70 anni la forbice delle
età presenti. Insieme agli ingegneri
hanno partecipato architetti, geologi,
sociologi, studenti, avvocati, giornalisti, maker, scuole, università e spinoff, dipendenti pubblici, dipendenti
d’azienda, fotografi, artisti, designer,
anche un gruppo di detenuti.
Giovani Ingegneri da poco più di due anni, affiancato dalla
coordinatrice della commissione Giovani, Marta Lippi.
Dopo questa esperienza impegnativa ma coinvolgente,
dalla quale ogni singolo partecipante è uscito arricchito e con
un importante bagaglio di conoscenze, il Network si è dato
appuntamento a Verona per il 23 e 24 ottobre, pronto a lavorare e a impegnarsi come e più di prima, nella speranza che
il CNI rinnovi la fiducia nei suoi confronti, per partecipare da
protagonisti al prossimo Congresso di Venezia e portare anche
nel 2015 la voce dei giovani all’interno dei lavori congressuali.
Stefano Zuddas
Ora questa prima esperienza di
Scintille, in preparazione del format
2015, dovrà arricchirsi con la narrazione
delle idee. Inizia adesso il viaggio nei
territori, il racconto dell’esperienza, il
percorso di valorizzazione delle idee e,
in primis, di attivazione del network degli
ingegneri e dell’intelligenza collettiva che
possono esprimere.
Tante, tantissime azioni sono
ancora da intraprendere. Siamo riusciti
a scrivere il decreto che ha rimesso in
campo le tariffe di riferimento, abbiamo
investito nella ricerca e nella cultura del
progetto... Ma abbiamo anche responsabilità per obiettivi non raggiunti pienamente, ed è giusto essere autocritici
per continuare a costruire una visione
condivisa. Sicuramente abbiamo (Consiglio nazionale) ed ho commesso errori
in questa esperienza, e me ne assumo
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9
tutte le responsabilità.
Questo, in estrema sintesi, il percorso. Al congresso abbiamo portato il
nostro approccio, le nostre sovrapposizioni. Linguaggi diversi, mondi differenti
hanno parlato ai rappresentati degli
Ordini degli ingegneri.
Un congresso con tanta, tantissima
Sardegna. Laboratorio di idee; di partecipazione attiva e costruttiva. Michela
Murgia, Silvano Tagliagambe, Antonio
Solinas (abinsula), Nicola Pirina, le
“officine2020” della nostra intelligenza
collettiva. E poi i giovani dell’Ordine
di Cagliari, protagonisti, anima e motore del network giovani nazionale.
Veramente, questa volta, Cagliari e la
Sardegna hanno portato il futuro oggi
in un congresso e in categoria che deve
continuare nel cambiamento.
Gianni Massa
INFORMAZIONE 125
dal 59° Congresso Progettista come narratore
Cari ingegneri, in fondo
non siamo poi tanto diversi
Spero siate in molti a rilevare la
temerarietà di chi ha pensato di invitare
una scrittrice ad aprire il congresso nazionale degli ingegneri. La mia presenza
qui ha il sapore, se non di una provocazione, quantomeno di una piccola rivoluzione concettuale, ma se ho accettato è
perché la condivido; non ho anzi timore
a dirvi che qui tra voi oggi non mi sento
fuori posto.
Sono consapevole che per tanto
tempo l’ingegneria ha rappresentato
semplicisticamente il mondo del fare,
l’opificio per eccellenza, mentre i narratori, popolo eterogeneo che lavora con le
parole, sono stati sempre la quintessenza del dire, della speculazione fantasiosa
e ardita. Eppure, a dispetto del proverbio
che in mezzo ci vorrebbe mettere il mare,
tra queste due attitudini c’è (e non può
non esserci) proprio la narrazione, ovvero la capacità di inserire il pensiero e
l’azione, il dire e il fare, dentro una trama
comune che consenta di riconoscersi a
vicenda come appartenenti allo stesso
orizzonte civico.
Quando tra il mondo delle professioni e quello delle narrazioni viene
a mancare questa trama comune si
verificano le rovine nella cui decadenza
viviamo ormai da molti anni. Lo sperimentai per la prima volta al mio esordio letterario, quando raccontai la mia
esperienza dentro un call center nella
giungla dei contratti senza diritti. Io,
nata nel 1972, beneficiaria teorica dei
risultati delle lotte sociali di almeno due
generazioni precedenti, avevo dimenticato (o non ricordavo di aver mai saputo)
che il lavoro era un bene comune e non
un fatto privato da risolversi tra me e il
datore di lavoro.
Se allora non avessi raccontato
quel che mi accadeva non avrei mai
preso coscienza di avere un destino in
comune con le migliaia di giovani che
lavoravano nelle mie stesse condizioni
prive di dignità. Solo attraverso la narra-
zione di quell’impiego e dei suoi risvolti
anti-etici ho preso coscienza del fatto
che quella che credevo essere una mia
peculiare esperienza apparteneva in realtà a una intera generazione, annichilita
da leggi perverse che avevano messo in
competizione diritto e lavoro, dignità e
vita. Quelle leggi, non lo dimentichiamo,
sono ancora lì. Smettere di raccontarne
gli effetti nella vita delle persone è un
atto di resa che non possiamo permetterci.
Di quanto l’assenza di narrazione
nuoccia al vivere comune lo sapete
bene anche voi, perchè ogni volta che
l’opificio, il mondo del fare, si dimentica
di essere interprete di una delle nostre
numerose narrazioni collettive, si dimentica anche che il suo orizzonte non è
l’edificio che sta progettando, ma l’uomo
che lo abita, l’unica creatura narrante del
creato. Ecco perchè voi, che vi piaccia o
meno, siete anche narratori e l’urgenza
di trovare una trama comune vale per
voi come per tutti.
L’episodio della torre di Babele ha
qualcosa da insegnarci a questo riguardo. Com’è che nella Genesi Dio punisce
l’orgoglio umano di elevarsi al cielo con
le proprie forze? Lo fa mischiando le
lingue e impedendo la comunicazione
tra maestranze e mastri. La torre viene
abbandonata e da quel momento diventa
il simbolo dell’incompiutezza umana, la
sua impossibilità di autorappresentarsi.
La metafora è chiara: il sogno di costruire
qualcosa che arrivi in cielo, ovvero che
superi i limiti dello spazio e del tempo
in cui siamo costretti, dipende dall’esistenza di un linguaggio comune, di una
narrazione condivisa. Senza un alfabeto
civico collettivo non si costruisce nulla
che non sia vagito, nella migliore delle
ipotesi, o grido disperato nella maggior
parte degli altri casi.
Per questo quando progettate dovete ricordare che non lo fate solo per
i vostri committenti, ma per gli occhi di
pagina
10
La scrittrice Michela Murgia ha proposto
una riflessione in apertura del Congresso
degli ingegneri italiani a Caserta.
Pubblichiamo il suo intervento, apparso
anche sul blog michelamurgia.com
http://tinyurl.com/ol6n4cx
uomini e di donne che non sono ancora
nati. Organizzare spazi significa organizzare relazioni. Per essere all’altezza
di questa responsabilità occorre avere
qualcosa da dire sull’uomo, prima ancora che sulle tecniche di costruzione,
e disporre di un linguaggio condiviso tra
chi progetta e chi dentro a quei progetti
immagina di vivere, lavorare e realizzarsi.
Questo linguaggio, questa narrazione, esistono? Sembra di no, eppure
in passato ci sono stati. Vengo da una
settimana trascorsa a Mantova per il Festivaletteratura e l’urbanistica di quella
città parla di un mondo che, a dispetto
dell’assenza di democrazia, ha pensato
i suoi spazi come luoghi di reciproco
riconoscimento, dove la piazza del re
INFORMAZIONE 125 fluiva nel vicolo del popolano e i portici
dei mercanti parlavano con le facciate
dei palazzi dei cardinali. A Mantova ho
sentito il filosofo Marco Filoni spiegare
il rapporto tra lo spazio inquieto delle
città e la nostra paura di stare insieme.
Ho ascoltato l’architetto Luca Molinari
spiegarmi che la percezione dello spazio cambia con la cultura e quello che
l’occidente fa in piazza l’oriente lo fa nei
vicoli e sulle porte delle sue città. Ho
visto un mondo dove la riflessione sulle
forme dello stare insieme passa per la
consapevolezza che chi progetta spazi
progetta comportamenti.
Oggi viviamo in un paese dove
questa dialettica è stata quasi del tutto
dimenticata, oppressa da un’assenza di
narrazione che ci rende muti e incomprensibili l’uno all’altro. Il lavoro è il
luogo dell’immaginario più ammutolito
e ammutolente di tutti, del tutto privo di
voci che lo rappresentino come un bene
comune: non esiste in Italia un romanzo
popolare che illumini la realtà del lavoro
come spazio civico di tutti. Chi ha mai
raccontato in modo popolarmente riconosciuto l’epopea della costruzione
dell’autostrada del sole, che avrà incrociato migliaia di vite, modificato la vita di
decine di comunità e visto centinaia di
persone morire sul suo tracciato? Nessuno. Chi ha raccontato l’epica delle miniere che per tutto il novecento ha fatto
di quelle italiane le maestranze del sottosuolo più qualificate d’Europa? Nessuno.
Chi ha raccontato ai suoi concittadini le
bonifiche della bassa padana, dell’agro
pontino, dell’alto Campidano? Nessuno.
Abbiamo dovuto attendere il Canale
Mussolini di Pennacchi, che però tutto
è fuorché un romanzo popolare, per
avere una rappresentazione narrativa di
quella vicenda. Riflettiamo proprio qui a
Caserta sul fatto che l’unica narrazione
popolare degli ultimi trent’anni in Italia
è stata Gomorra, una storia di camorra,
un luogo dove non è il corpo civico di un
paese a essere rappresentato, ma la sua
ferita più profonda.
Non rubo altro tempo alle vostre
discussioni tecniche, ma vi saluto ricordandovi che la sfida dei progettisti
oggi è ricordarsi di essere narratori a
loro volta. Solo così questo smetterà di
essere e comportarsi come un paese
privo di trama.
Michela Murgia
pagina
11
INFORMAZIONE 125
dal 59° Congresso Scintille di futuro
nella terra
del cambiamento
Anche quest’anno, come tutti gli
anni, si è riunito il Consiglio Nazionale
degli Ordini degli Ingegneri. Caserta,
la sua Reggia ed il relativo patrimonio
storico, artistico e culturale hanno fatto
da palcoscenico a questo grande evento,
sentito, voluto da un ordine professionale
particolarmente importante per il Paese.
Ma quest’anno era diverso. Non era lo
stesso convegno di sempre. Quest’anno
c’è stata una potente novità (oltre i profondi interventi di Galimberti ed altri),
un particolare cambio di marcia che mi
ha colpito.
Quest’anno c’è stato un concorso
di idee, www.cniscintille.it. Fortissimamente voluto da un grande visionario,
Gianni Massa, vice presidente del Consiglio Nazionale stesso. Ero in giuria,
insieme agli amici Antonio Perdichizzi,
Armando Di Nardo, Gaetano Fede e lo
stesso Gianni Massa. Questo concorso è
una linea di confine, di frontiera, ha premiato idee nelle terre di cambiamento,
multidisciplinari. Doveva premiare idee
che portassero un cambiamento degli
Ingegneri dentro gli Ordini ed insieme
agli Ordini contaminazione con altre
discipline. Dovevano essere idee che
determinassero un impatto positivo sulla
società.
Ho trovato tanti coraggiosi di
tutte le età, uomini e donne impegnati
nel contaminare nel farsi contaminare.
Quasi 170 idee, quasi 500 partecipanti,
tantissime le province italiane coinvolte,
maggiore la partecipazione del sud, delle
isole e del centro rispetto al nord (ma è
chiaro che arriverà una maggior sensibilità anche degli altri Ordini il prossimo
anno, passerà meglio la notizia della
seconda edizione).
Ho visto gruppi multidisciplinari
che ragionavano sulla società, sulla
socialità, sull’ambiente, sull’acqua, sulle rinnovabili, sui rifiuti, sulla raccolta
differenziata e così via. Ho visto tanti ingegneri che interpretavano se stessi e la
Giurista impegnato nei processi d’innovazione
per lo sviluppo locale, esperto in innovation
management, Nicola Pirina era al Congresso
di Caserta. Pubblichiamo il suo intervento,
apparso anche sul sito chefuturo.it
http://tinyurl.com/naggbc2
propria professione in maniera differente
ed evoluta. Insomma ho visto tante idee
che validamente proponevano soluzioni
per problemi reali e concreti del Paese
e delle sue storture.
Alla fine la giuria doveva selezionare tre vincitori come da bando. Ma la
ricchezza era tale da dover fare almento
9 menzioni. Tutte hanno dignità d’esser
perseguite come progetto d’impresa o di
ricerca industriale (e per la verità anche
altre fuori a questo primo giro). Rimando
al sito del concorso per comprendere ed
approfondire i temi (ad esempio quello
sull’eliminazione del problema dei fumi
della navi dentro i porti, quello su wearable technology per la prevenzione nella
diagnosi del Parkinson e così via).
Ho selezionato sereno e consape-
pagina
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vole, come gli altri giurati. Sono stati i
tre vincitori, le tre idee che hanno fatto
breccia, non perché rappresentino mode,
ma perché intercettato scenari plausibili
e mondi produttivi necessari. Hanno
vinto perché propongono tecnologie che
aprono il cambiamento oggi per oggi, non
per un generico futuro, tecnologie che
impattano sul Rinascimento della manifattura e sulla sanità. Ha vinto il progetto
Archimede capitanato da Amedeo di
Marco con una nuova idea sulla tecnologia abilitante per la stampa 3D. Secondo è
arrivato un progetto su una sedia rotelle le
cui ruote sono scomponibili (al fine della
più agevole e sicura trasportabilità). Terzo
un progetto sulla robotica applicata alla
cura dell’autismo nell’infanzia.
Difficile trasmettere a parole la
ricchezza e l’energia.
Avrei voluto più premi da dare.
Avrei voluto più tempo per stare
con tutti loro e lavorare sulle loro idee.
Avrei voluto ancora più idee.
Lo farò da lunedì alla prossima
edizione. Mi sono divertito.
Enjoy innovation.
Avanti tutta!
Nicola Pirina
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