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LA RADICE DEL PROBLEMA DELLE LISTE D`ATTESA E POSSIBILI

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LA RADICE DEL PROBLEMA DELLE LISTE D`ATTESA E POSSIBILI
POLITICHE DI CONTENIMENTO DEI
TEMPI DI ATTESA IN SANITA’:
QUANTO CONTA UNA EFFICIENTE
GESTIONE DELLE PRENOTAZIONI?
IL CASO DI UNA AZIENDA
SANITARIA DEL VENETO
Relatore:Vincenzo Rebba
Laureando:Tommaso Rigon
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Indice:
1. IL PROBLEMA DEI TEMPI DI ATTESA NEI SISTEMI SANITARI
PUBBLICI: ANALISI GENERALE E POSSIBILI SOLUZIONI(pag.5)
2. STRUMENTI TRADIZIONALI DI GOVERNO DELLA DOMANDA IN
UN SISTEMA SANITARIO PUBBLICO:
TICKET SANITARI E TEMPI DI ATTESA (pag.10)
3. POLITICHE DI CONTENIMENTO DEI TEMPI DI ATTESA NEL
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE ITALIANO (pag.20)
 3.1 IL PIANO NAZIONALE DI CONTENIMENTO DEI TEMPI D’ATTESA
(PNCTA) 2006/2008 (pag.20)
 3.2 IL PIANO NAZIONALE DI GOVERNO DELLE LISTE DI ATTESA ( PNGLA )
2010 – 2012 (pag.24)
4. LE MANCATE DISDETTE DELLE PRENOTAZIONI COME CAUSA
DEI TEMPI DI ATTESA: IL CASO DI UN’AZIENDA SANITARIA DEL
VENETO (pag.28)
CONCLUSIONI (pag.34)
BIBLIOGRAFIA (pag.36)
3
4
1.
IL PROBLEMA DEI TEMPI DI ATTESA NEI SISTEMI SANITARI PUBBLICI:
ANALISI GENERALE E POSSIBILI SOLUZIONI
In tutti i sistemi sanitari pubblici a copertura universale è presente e molto rilevante il problema
delle liste e dei tempi d’attesa. Entrambi questi fenomeni sono conseguenza di un razionamento che
dipende dalla contemporanea esistenza di un eccesso di domanda di prestazioni sanitarie e di vincoli
dal lato dell’offerta, in mancanza di un prezzo per le prestazioni sanitarie. E’ bene dare una
definizione di liste e di tempi di attesa; le liste sono uno strumento che si riferisce al numero dei
pazienti in coda mentre il tempo di attesa è il tempo che intercorre tra il momento in cui il paziente
entra in lista ed il momento in cui riceve la prestazione.
Il problema delle liste e dei tempi d’attesa è piuttosto complesso; ad esempio un aumento
dell’offerta di prestazioni sanitarie (attuato tramite un aumento della capacità produttiva) può
portare ad un contenimento dei tempi d’attesa, ma non è detto che debba necessariamente condurre
ad una riduzione della lista d’attesa la quale, anzi, potrebbe addirittura dilatarsi.. Questo è dovuto
all’esistenza, nelle dinamiche dell’economia sanitaria, di un particolare fenomeno denominato
effetto SID (Supply-Induced Demand ) a causa dl quale un aumento dell’offerta di prestazioni
sanitarie può stimolare un aumento della domanda (considerando l’induzione da parte dei medici) a
fronte di una maggiore qualità del servizio che viene associata alla prevista riduzione dei tempi
d’attesa. Questo esempio evidenzia il fatto che i tempi d’attesa sono uno strumento migliore rispetto
alle liste d’attesa nella segnalazione di un eccesso di domanda rispetto all’offerta. Ciò spiega perché
i policy-maker di molti paesi OCSE abbiano spostato la loro attenzione verso la riduzione dei
tempi, piuttosto che delle liste d’attesa.
Si procede ora , per prima cosa, ad una disanima del ruolo giocato dalle liste d’attesa all’interno di
un sistema sanitario pubblico, come il SSN (Servizio Sanitario Nazionale) italiano. Innanzitutto
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quello di lista d’attesa è un concetto dinamico perché da esso ci si può cancellare , o non presentarsi
al proprio turno o l’erogatore del servizio può variare le sue disponibilità.
La peculiarità che la lista d’attesa assume nel settore sanitario sta tutta nel sistema dell’offerta
sanitaria, un’offerta che non è omogenea né interconnessa come nel settore dei servizi privati.
Inoltre non bisogna dimenticarsi del ruolo così particolare e così emotivamente connotato che gioca
il rapporto di fiducia (e nello stesso tempo di forte asimmetria informativa) tra medico e paziente.
Quello che è fondamentale sottolineare è il perchè si generano tali liste d’attesa; esse sono dovute
allo squilibrio tra domanda e offerta di prestazioni. Se da un lato abbiamo una domanda non sempre
legittima, cioè non generata da bisogni oggettivi e meritevoli di risposta, dall’altro ci troviamo di
fronte ad un’offerta che, come detto prima, oltre a generare una sua domanda è anche complicata da
variabili difficili da governare.
I motivi della costruzione e dell’allungamento delle liste d’attesa sono certamente molteplici. In
primis va annoverato il progressivo invecchiamento della popolazione; a seguire l’aggiornamento
tecnologico, il continuo cambiamento della percezione dello stato di salute da parte della
popolazione, i cambiamenti delle valutazioni delle necessità sanitarie che evolvono all’aumentare
delle conoscenze ed infine la limitatezza delle risorse disponibili. Come ricorda Castaldi (2009), a
queste spiegazioni generali vanno affiancate anche motivazioni più specifiche quali l’appropriatezza
prescrittiva, la capacità organizzativa di un sistema sanitario, l’offerta insufficiente, il ruolo
ricoperto dai medici prescrittori, il ricovero in strutture ospedaliere di pazienti sempre più complessi
e l’accusa trasversale in molti sistemi sanitari di essere troppo ospedalocentrici.
Il rilievo delle liste d’attesa in sanità è cresciuto molto negli ultimi anni sia all’estero che in Italia,
tant’è che il DPCM 2002 le definisce ”una componente strutturale dei livelli essenziali di assistenza
(LEA) in grado di influenzare il risultato clinico delle prestazioni sanitarie”.
Tuttavia proprio l’obiettivo fondamentale del SSN che è quello di garantire i LEA trova un grosso
ostacolo nelle lunghe liste d’attesa e nelle strategie di governo all’interno di un sistema alquanto
complesso.
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Per quanto riguarda le liste d’attesa in ambito di attività ambulatoriale devono essere valutati alcuni
fattori (il paziente, la prestazione, l’erogatore, il sistema sanitario e le sue variabili, il contesto) i
quali possono essere ridotti a tre: i pazienti, le strutture sanitarie ed i medici.
-
I PAZIENTI : il loro comportamento di fronte ai tempi d’attesa è molto vario. Non di rado
eseguono prenotazioni multiple cercando il tempo d’attesa più breve senza disdire gli
appuntamenti di cui non usufruiranno, rendendo in tal modo l’attesa degli altri più lunga
(problema delle mancate disdette delle prenotazioni). L’appuntamento più vicino nel tempo
viene spesso ignorato per vari motivi.
-
LE STRUTTURE SANITARIE: l’accesso alle prenotazioni delle prestazioni sanitarie dovrebbe
avvenire solamente dietro presentazione della ricetta rossa; le liste d’attesa dovrebbero essere
periodicamente revisionate; dovrebbero essere evitate o meglio vietate le prenotazioni multiple
utilizzando il codice fiscale dei pazienti come tracciante; dovrebbe essere facilitato l’accesso
alle prenotazioni tramite CUP unificati e con strumenti idonei.
-
I MEDICI : questi continuano ad operare ad un livello troppo elevato di inappropriatezza
prescrittiva. Secondo Rossi (2006), e come riportato anche da Castaldi (2009) in Italia sono
annualmente erogate circa 14-15 prestazioni ambulatoriali per ogni cittadino. Vengono cioè
fornite 900milioni di prestazioni totali, ovvero 3500 prestazioni al minuto. Il numero da gestire
è enorme e richiede criteri adeguati per essere gestito. Si potrebbe partire da un controllo delle
prestazioni con i tempi d’attesa più lunghi, cosa che in Italia è svolta sia a livello nazionale che
regionale attraverso il monitoraggio delle aziende sanitarie locali. Dalle indagini degli scorsi
anni risulta un gran numero di prestazioni per le quali la prenotazione è impossibile se non in
periodi troppo brevi o con il ricorso all’overbooking. Sono molto poche le aziende che
pubblicano sul loro sito internet i tempi d’attesa continuamente aggiornati. A livello nazionale si
propone di migliorare l’efficienza dei CUP (centri unici di prenotazione), di rendere più
appropriate le prescrizioni e di responsabilizzare i cittadini. La mancata disdetta delle
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prenotazioni effettuate rappresenta un particolare problema per la sua frequenza e per gli effetti
negativi . Sarà oggetto di trattazione nel seguito di questo lavoro.
Anche in Italia, come verrà meglio approfondito nel paragrafo 3, fin dal 2002 è stato deciso di
concentrarsi sulle priorità d’accesso secondo alcuni criteri:
- SEVERITA’ DEL QUADRO CLINICO
- DIAGNOSI
- TENDENZA AL PEGGIORAMENTO
- PRESENZA DI DOLORE E DEFICIT FUNZIONALE
- QUALITA’ DI VITA
- CURA IN TEMPI PREFISSATI
- CARATTERISTICHE DEL PAZIENTE
- CLASSIFICAZIONE IN TRE CLASSI DI PRIORITA’.
Le Regioni, a loro volta, hanno adottato diverse strategie per adeguarsi alle richieste del livello
centrale, ma non sono stati raggiunti grossi risultati.
Per quanto riguarda invece la chirurgia elettiva, il problema delle liste d’attesa presenta molteplici
soluzioni.
Dal lato dell’offerta sono stati messi in atto i seguenti correttivi: la remunerazione delle attività
volte alla riduzione dei tempi d’attesa: per esempio l’aumento del numero degli interventi
chirurgici, l’aumento del numero dei chirurghi, l’aumento del numero dei posti letto chirurgici,
l’aumento delle sedute operatorie, l’aumento degli interventi in day surgery e l’utilizzo del settore
privato.
Dal lato della domanda sono numerose le soluzioni già sperimentate e da sperimentare. Ad esempio
sono state implementate agende di prenotazione dedicate agli interventi chirurgici in elezione, sono
stati predisposti percorsi per paziente che necessitano di interventi chirurgici e si esercita un
controllo costante dei pazienti in attesa di un ricovero chirurgico (così facendo è possibile scremare
le liste d’attesa eliminando i soggetti già operati o deceduti).
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E’ opportuno ricordare che nei sistemi sanitari in cui il chirurgo è pagato ad intervento chirurgico
non esistono liste d’attesa ; ma anche senza giungere ad una soluzione così estrema è sufficiente
retribuire il chirurgo con una parte fissa e una variabile legate al numero di interventi chirurgici
eseguiti per arrivare a buoni risultati in termini di riduzione delle liste.
In molti paesi ai nuovi assunti è proibita la libera professione e nel momento dell’assunzione è loro
imposto un numero di sessioni chirurgiche da svolgere e ore di ambulatorio da eseguire. Spesso,
inoltre, i direttori generali che non raggiungono buoni risultati in termini di riduzione delle liste
d’attesa vengono licenziati. Vi è una vasta gamma di soluzioni possibili e ne citeremo qui soltanto
alcune.
E’ possibile dare maggiori incentivi economici agli ospedali con liste d’attesa più lunghe,
controllando però nel contempo che questi non continuino a costruire liste d’attesa per mantenere
alti gli incentivi ricevuti.
E’ possibile come fatto in Italia, attuare un’organizzazione di percorsi di pre-ricovero per i pazienti
con evidente bisogno di intervento chirurgico.
Un’altra soluzione è il day surgery al posto del regime di degenza ordinaria, per velocizzare i tempi
ed accorciare così le liste.
Un’altra strategia è quella della prioritizzazione dei pazienti con criteri quali l’età, i fattori di
rischio, il tipo di lavoro svolto, la capacità di recupero o semplicemente e solamente l’urgenza.
In alcuni paesi europei tra cui l’Italia un ruolo importante nella costruzione delle liste d’attesa è
giocato dalla carenza di personale infermieristico.
Concludendo, come per le liste d’attesa ambulatoriali, politiche momentanee non portano a grandi
risultati. E’ bene dare più rilievo al medico di base e al suo rapporto con il paziente per garantire
l’appropriatezza dei trattamenti.
Le liste d’attesa, di un certa lunghezza non eccessiva e che quindi non evidenzia una “patologia
cronica” del sistema, possono essere non negative. A tutt’oggi infatti, nessuno ha mai dimostrato
quanto si guadagna a diminuire o azzerare le liste d’attesa (Maynard,2008).
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2.
STRUMENTI TRADIZIONALI DI GOVERNO DELLA DOMANDA IN UN SISTEMA
SANITARIO PUBBLICO: TICKET SANITARI E TEMPI DI ATTESA
Partendo dallo studio di Buchanan sull’inconsistency del National Health Service britannico e
passando per le cause accennate nel paragrafo precedente possiamo arrivare a dire con buona
sicurezza che ci sia un costante squilibrio positivo tra domanda ed offerta di prestazioni sanitarie.
Quale sia il modo migliore (economicamente parlando, il più efficiente e più equo) per governare
questo eccesso di domanda è uno dei problemi centrali dell’economia sanitaria.
Nel corso degli anni sono stati trovati strumenti diretti ed indiretti per governare la domanda
sanitaria in eccesso all’interno di un sistema sanitario pubblico.
Gli strumenti diretti sono essenzialmente tre:
 compartecipazioni alla spesa da parte dei pazienti sotto forma di franchigie, coinsurance
(quota del costo della prestazione a carico del paziente) e ticket sanitario (ammontare fisso a
carico del paziente);
 il razionamento reale, tramite i tempi d’attesa o un tetto al volume di prestazioni garantite;
 l’educazione sanitaria tramite marketing sociale per la salute, compliance dei pazienti ed
empowerment del paziente per una corretta autodiagnosi ed automedicazione.
Gli strumenti indiretti invece sono strumenti complementari a quelli sopraccitati, che interessano
direttamente i professionisti sanitari ma che indirettamente contribuiscono all’orientamento ed alla
selezione della domanda secondo criteri di appropriatezza. Gli strumenti indiretti riguardano
soprattutto l’empowerment della medicina territoriale (cioè il suo potenziamento e la sua
incentivazione), l’adozione e l’applicazione di linee guida e percorsi diagnostici e terapici secondo
la EBM (Evidence Based Medicine), cioè la medicina di provata efficacia, e la prioritizzazione della
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domanda, ossia la definizione di criteri di priorità per gestire le liste d’attesa (Rao, indici di priorità,
ecc.).
L’ultimo strumento tra quelli sopraccitati ha una importanza particolare; esso prevede criteri
trasparenti e condivisi di priorità nell’accesso alle cure in relazione alla gravità clinica, all’urgenza,
all’appropriatezza delle indicazioni e ad altre caratteristiche cliniche nonché socio-economiche
rilevanti. I modelli per l’assegnazione di indici di priorità ai pazienti in lista d’attesa sono molteplici
e applicati a diversi Paesi. In Italia si sono registrate varie esperienze di governo delle liste d’attesa
secondo criteri di priorità e tra queste si segnalano i Rao (Raggruppamenti di attesa omogenei)
sperimentati a Trento dal 1994 (Mariotti, 2006).
Concentriamo ora la nostra attenzione su quello che è lo strumento tradizionalmente più utilizzato
per il governo della domanda nei sistemi sanitari pubblici e cioè il ticket sanitario. Il ticket sanitario
che prende il suo nome dal “ticket moderateur” francese ed è, come abbiamo visto, una
compartecipazione alla spesa sanitaria nella forma di un ammontare fisso di denaro per prestazioni a
carico del paziente. In particolare il ticket può contrastare, limitandoli, i fenomeni di rischio morale
ex post, cioè quei fenomeni che si manifestano in presenza di ampia copertura assicurativa e che
portano ad un sovraconsumo di beni e servizi sanitari. In questi casi il paziente infatti, nella fase
post contrattuale, sfrutta la copertura assicurativa per espandere le proprie cure e usufruire di
prestazioni sanitarie (via anche medico di base) oltre quanto previsto dal terzo pagante, ed in
particolare fino al punto in cui il suo beneficio marginale si annulla.
Nel caso in cui il terzo pagante sia pubblico come avviene nel caso del SSN, la soluzione che
appare più appropriata è quella di contrastare il rischio morale utilizzando forme di coinsurance o
copayment (ticket) che abbiano l’effetto di responsabilizzare l’utente rendendolo conscio dei vincoli
di scarsità delle risorse.
Una regola generale che emerge dalla letteratura è che sarebbe opportuno fissare la
compartecipazione ad un livello più basso o addirittura nullo per le prestazioni con bassa o nulla
elasticità della domanda al prezzo (ad esempio per le prestazioni urgenti, per i farmaci salvavita, per
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le terapie richieste dalle persone più vulnerabili e affette da gravi patologie croniche e per le forme
di assistenza che non presentano alternative terapeutiche. In questi casi infatti il ticket risulterebbe
inefficacie e iniquo poiché pone il maggiore onere finanziario a carico di coloro che presentano
rischio sanitario più elevato e maggior bisogno di assistenza.
Il corretto uso del ticket rischierebbe dunque che la compartecipazione a carico del paziente fosse
più alta per i servizi non urgenti e meno essenziali, cioè quelli con una domanda più elastica al
prezzo come le prestazioni ambulatoriali e diagnostiche differibili, i farmaci non essenziali, le cure
termali, ecc..
E’ inoltre da considerare il fatto che le persone meno abbienti, e quindi appartenenti alle classi
sociali più deprivate, si trovano ad avere una domanda di assistenza sanitaria caratterizzata da un
elevata elasticità al prezzo, e quindi, in presenza di una compartecipazione alla spesa potrebbero
ridurre notevolmente se non azzerare i consumi di prestazioni sanitarie, anche qualora queste
fossero appropriate ed efficaci. Ciò è conseguenza dell’effetto di reddito negativo determinato dal
ticket che andrebbe così ad incidere più pesantemente sulle persone meno ricche. E’ chiaro che tutto
questo non farebbe altro che condurre ad una situazione peggiore in termini sia di equità che di
efficienza allocativa, con una perdita secca di benessere per la collettività degli assicurati. Viene
perciò ritenuto preferibile, in alcuni sistemi sanitari (come nel SSN), esentare dal ticket tali fasce
della popolazione.
Prendiamo ora in considerazione il caso in cui vi sia una elevata sostituibilità tra diverse forme di
assistenza, alcune delle quali gravate da ticket, altre no. E’ chiaro che insorgerebbe il rischio che il
paziente utilizzasse forme inappropriate di assistenza, rendendo meno efficiente e più costoso
l’intero sistema. Lo scopo del ticket quindi sarebbe quello di responsabilizzare gli utenti circa le
proprie scelte ed evitare che la domanda si indirizzi verso forme di assistenza sostitutiva
inappropriate e più costose, non colpite dal ticket. Si può affermare dunque che l’utilizzo del ticket
sia finalizzato a responsabilizzare l’utente assicurato circa i consumi sanitari, contrastando così
l’effetto del rischio morale ex post.
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Ma giunti a questo punto possiamo chiederci: riesce il ticket a contenere solo la domanda di
prestazioni sanitarie inappropriate senza intaccare anche la domanda di prestazioni con elevata
produttività in termini di salute? E riesce il ticket a contrastare l’effetto SID (Supply-Induced
Demand)?
Consideriamo il caso di un paziente e di un medico all’interno di un SSN in cui non è previsto
l’applicazione di ticket. Il paziente in mancanza di un prezzo spinge la propria domanda di
assistenza sanitaria fino al punto in cui il beneficio marginale si annulla. Il MMG (Medico di
Medicina Generale) per motivi quali accontentare il paziente, ridurre i tempi delle visite, utilizzare
una strategia di Defensive Medicine potrebbe egli stesso essere incentivato a non negare al paziente
alcuni servizi, anche se non del tutto appropriati o necessari. La combinazione di queste due
componenti può provocare congestione nella fruizione dei servizi e una spesa eccessiva a danno
della collettività coperta dal SSN. L’introduzione di un sistema di ticket sanitari potrebbe far sì che
venga meno questo “gioco collusivo” dato che i pazienti sarebbero spinti ad utilizzare solo beni e
servizi indispensabili, e nel contempo i medici potrebbero essere incentivati ad orientare i propri
pazienti verso prestazioni maggiormente costo efficaci.
Concludendo il discorso, e per dare risposta ai quesiti sopra formulati, possiamo affermare che il
ticket può conservare, se bene adoperato, un certa efficacia come strumento diretto di governo della
domanda. Il rischio morale e l’effetto SID rendono comunque necessario il controllo dei consumi
sanitari agendo sia dal lato dell’offerta (attraverso la responsabilizzazione dei medici prescrittori)
sia da quello della domanda, attraverso il ticket appunto.
Ai ticket tuttavia vengono mosse spesso obiezioni, in particolare quella di provocare effetti
indesiderati nel sistema riducendo sia l’equità che l’efficienza allocativa.
Un grosso appunto negativo mosso contro il ticket è quello della sua regressività fiscale in quanto le
compartecipazioni sono commisurate al costo e alla quantità di beni e servizi sanitari domandati e
non alla capacità contributiva o al rischio sanitario dell’utente. Ma molti sistemi sanitari prevedono
misure per contrastare l’effetto regressivo quali: le esenzioni per patologia, età e condizione
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economica, la fissazione di ticket progressivi, la previsione di un tetto massimo annuo oppure un
limite massimo di incidenza del ticket sul reddito annuo. Come Muraro (2003) suggerisce, la
valutazione degli effetti distributivi del ticket è più complessa della semplice tesi secondo cui
questo è uno strumento regressivo. Muraro fa due considerazioni:
1) la tesi tradizionale sulla regressività tralascia il fatto che il ticket sostituisce in parte alcuni
meccanismi nascosti di razionamento come i tempi d’attesa ed il deterioramento qualitativo
dell’assistenza pubblica. Il governo della domanda mediante i prezzi potrebbe cioè portare
ad una riduzione dei tempi d’attesa e ad un aumento della qualità dell’assistenza pubblica.
Questo andrebbe a vantaggio dei cittadini a minor reddito che restano nel sistema pubblico,
mentre i più ricchi possono comunque ricorrere ad un’alternativa privata a pagamento pieno.
2) Senza il meccanismo regolatore dei ticket e delle relative entrate, un sistema sanitario
pubblico potrebbe non essere in grado di far fronte alla domanda di nuove prestazioni che si
manifesta a causa delle forti innovazioni in campo biomedico e al diffondersi di una cultura
nuova della salute che la vede come benessere e non come semplice assenza di malattia,
legata all’aumento del reddito pro-capite. L’utilizzo del ticket con i relativi correttivi sopra
enunciati potrebbe far sì che le nuove prestazioni possano essere utilizzate anche dagli
individui meno abbienti, che non possono permettersi di pagarli privatamente. I ticket
favoriscono dunque il contenimento dei tempi d’attesa per le prestazioni rientranti nei LEA
e consentono di ampliare la gamma di prestazioni rientranti nella copertura pubblica di base.
Essi quindi sarebbero uno strumento a salvaguardia dei sistemi sanitari pubblici.
I tempi d’attesa sono anch’essi uno strumento diretto di governo della domanda, ma si configurano
come razionamento reale e implicito, esistente in tutti i sistemi sanitari a copertura pubblica e di non
poco peggiore del ticket sia in termini di equità che di efficienza allocativa.
Lunghi tempi d’attesa possono infatti inibire il consumo anche in presenza di effettiva necessità e
sono un forte incentivo a spostarsi verso prestazioni private a pagamento, riducendo in tal modo
l’equità nell’accesso ai servizi sanitari.
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I tempi d’attesa inoltre, sono sì uno strumento di razionamento della domanda, ma sono anche la
conseguenza negativa della congestione che si viene a creare nei sistemi sanitari pubblici, come ad
esempio nel nostro SSN. Il ticket è uno strumento che se usato moderatamente può condurre ad una
riduzione dei tempi d’attesa.
Il razionamento reale rappresentato dall’attesa della prestazione sanitaria pubblica comporta:
a)
un costo-opportunità del tempo;
b)
una riduzione del beneficio di salute attendibile dalla prestazione stessa.
Per prima cosa ipotizziamo soltanto l’esistenza del costo-opportunità privato del tempo d’attesa per
la prestazione pubblica.
Il costo opportunità privato del tempo ha la tendenza ad aumentare con il prolungarsi dell’attesa.
Esso è legato a fattori diversi come: innanzi tutto, i costi legati alla forzata interruzione dell’attività
di lavoro ( quindi il mancato reddito ), studio o tempo libero, i quali si presentano qualora le
persone in attesa non siano in grado di svolgere le loro abituali attività prima di ricevere la
prestazione; i costi legati al tempo richiesto per usufruire della prestazione ( ad esempio il tempo di
viaggio, il tempo d’attesa prima di accedere al servizio, etc.); i cosiddetti costi di “ansietà” ( non
particolarmente rilevanti ).
A questo punto è bene dire che non sempre il costo-opportunità del tempo è positivamente correlato
al livello di capacità economica e cioè, come riporta Acton (1975), diversi valori del costoopportunità del tempo possono caratterizzare persone appartenenti alla stessa classe di reddito o di
ricchezza. Questo è valido per i percettori di reddito, e qui vanno fatte alcune considerazioni; a
parità di reddito, il costo-opportunità dei lavoratori è più alto di quello dei rentiers, ed il costoopportunità dei lavoratori autonomi è maggiore di quello dei lavoratori dipendenti, in quanto questi
ultimi non subiscono perdite monetarie causa l’assenza dal lavoro.
Discorso analogo va fatto per i non redditieri ( sono diversi i costi-opportunità del tempo per
studenti, casalinghe, disoccupati, etc.).
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Le persone con un elevato costo-opportunità del tempo sono spinte, dalla presenza di tempi di attesa
troppo lunghi nel settore pubblico, a ricorrere ad una alternativa privata a pagamento pieno.
Per chiarire meglio i termini del problema, possiamo considerare il modello proposto da Rebba
(2009). Tale modello ipotizza dapprima (come rappresentato dalla figura 1 sottostante) che
l’erogazione della prestazione avvenga in modo efficiente sia nel pubblico che nel privato e che
quindi il razionamento mediante tempi di attesa nel pubblico dipenda esclusivamente da un eccesso
di domanda.
Assumiamo inoltre che sia valido il principio “ first come-first served “, e che l’andamento dei
costi-opportunità del tempo sia rettilineo. Riportiamo allora due rette del costo-opportunità del
tempo: una, CH, relativa all’individuo H, che presenta un costo-opportunità elevato ( quindi la retta
è più inclinata ),ed un’altra, CL, relativa all’individuo L, con un costo-opportunità basso ( quindi la
retta è meno inclinata ). Per entrambi si ipotizza inizialmente che il beneficio atteso della
prestazione sanitaria B sia costante nel tempo e sempre superiore al prezzo P ( prezzo della
prestazione privata a pagamento ).
Fig.1 Tempi di attesa e scelta tra pubblico e privato: confronto tra due diversi costi opportunità del tempo.
Fonte: Rebba (2009)
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L’individuo sceglierà il servizio pubblico gratuito se il tempo d’attesa che si prospetta è tale per cui
il suo costo-opportunità del tempo è inferiore al prezzo P della prestazione privata. Se invece il
tempo di attesa per il servizio pubblico è talmente lungo che il costo-opportunità del tempo supera il
prezzo P, l’individuo potrebbe essere portato a scegliere direttamente ed immediatamente
l’alternativa privata a pagamento pieno.
L’individuo H sceglierà di entrare in lista d’attesa per la prestazione pubblica gratuita solo nel caso
in cui questa venga erogata entro il tempo d’attesa tH, mentre se l’attesa è superiore a tH
( quindi CH > P ), egli potrebbe indirizzarsi subito verso la prestazione erogata privatamente a
prezzo P.
L’individuo L invece è maggiormente disposto ad attendere per la prestazione pubblica gratuita, e
potrebbe optare per la prestazione privata a pagamento soltanto nel caso in cui il tempo di attesa che
si prospetta per il servizio pubblico sia superiore a tL ( quindi se CL > P ).
Ipotizziamo che il tempo di attesa medio per il servizio pubblico sia pari a t0: H potrebbe decidere
di rivolgersi subito al privato, mentre L preferirebbe attendere nel pubblico.
Tuttavia H non è necessariamente più ricco di L; ha soltanto un maggior costo-opportunità del
tempo (non dipendente dal reddito). Questo esempio mette in luce come un razionamento della
domanda di prestazioni pubbliche tramite tempo d’attesa potrebbe essere per nulla desiderabile in
termini di equità e, nel caso in cui H non fosse in grado di accedere al privato, causerebbe anche
una riduzione di efficienza allocativa poiché H subirebbe una perdita di benessere a causa
dell’interruzione dell’attività di lavoro per il tempo t0.
Una conclusione, suggerita da Muraro, è che una riduzione dei tempi d’attesa attraverso un
moderato utilizzo dei ticket come strumento di razionalizzazione della domanda potrebbe
determinare una distribuzione di guadagni e di perdite di benessere che non risulterebbe affatto
basato per intero sui livelli di reddito.
Prendiamo ora in considerazione il caso in cui l’attesa per la prestazione pubblica causi non soltanto
un costo-opportunità del tempo, ma anche un decadimento nel tempo del beneficio B ottenibile
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dalla prestazione sanitaria. Ciò potrebbe verificarsi quando oltre un certo tempo di attesa la
prestazione non sia più necessaria o particolarmente efficace. E’ il caso delle malattie stagionali, di
lievi infezioni e altre patologie destinate a risolversi positivamente in un certo tempo anche in
assenza di interventi sanitari. Ma il decadimento di B potrebbe essere altresì causato dalle situazioni
in cui l’attesa di una prestazione che si prolunga nel tempo oltre una data soglia possa arrecare gravi
danni alla salute del paziente. E’ il caso delle situazioni di emergenza, di prestazioni diagnostiche
che si rendono necessarie (a causa di determinati sintomi manifestati dal paziente) per accertare la
presenza o meno di patologie gravi (neoplasie, malattie cardiovascolari, ecc.) o di terapie cui il
paziente si deve sottoporre con tempestività dopo l’accertamento di una patologia piuttosto grave.
Nella figura 2 sottostante si prende in considerazione proprio questo caso; i benefici dell’individuo
si riducono nel tempo (retta
B’inclinata negativamente). Continuiamo ad assumere la piena
efficienza nell’erogazione delle prestazioni, e l’esistenza di due alternative: quella pubblica gratuita
con liste d’attesa, e quella privata immediata a pagamento con prezzo pieno P.
Fig.2 Tempi di attesa e scelta tra pubblico e privato con beneficio della prestazione sanitaria decrescente nel tempo.
Fonte: Rebba (2009)
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Considerando esclusivamente il costo-opportunità del tempo, un generico individuo sceglierebbe di
entrare in lista d’attesa per il servizio pubblico gratuito se il tempo d’attesa che gli si prospetta fosse
al massimo tD. Ora tuttavia il beneficio dell’individuo è decrescente. Se il tempo medio d’attesa per
il servizio pubblico fosse pari a t0 ( con tA < t0 < tD ) l’individuo potrebbe optare per il servizio
privato a pagamento anche se il suo costo-opportunità del tempo, in corrispondenza di t0 fosse
inferiore a P. Ora infatti è il punto A a determinare se l’individuo opti per il pubblico ( se C < B’ ) o
per il privato ( se C > B’ ). Quindi, solamente le persone con maggior capacità di pagare potrebbero
indirizzarsi subito verso una prestazione privata a pagamento mentre gli individui con minor
capacità di pagare sarebbero comunque costretti ad attendere la prestazione offerta dal servizio
pubblico causandone una congestione, ma portando soprattutto a conseguenze negative per la loro
salute.
Questo porterebbe ad una minore efficacia allocativa nonché ad una iniquità nel sistema; anche in
tal caso, un ticket moderato, con le relative esenzioni, potrebbe migliorare la qualità del servizio
pubblico, riducendone i tempi d’attesa, e renderebbe lo scenario preferibile rispetto a quello con le
due alternative di servizio pubblico e privato, con le relative caratteristiche sopraccitate.
Un sistema sanitario pubblico, che adottasse come unico strumento di controllo della domanda i
tempi d’attesa sarebbe una soluzione inferiore in termini di equità e di efficienza allocativa:
potrebbe infatti inibire il consumo anche in presenza di necessità effettive, e potrebbe incentivare il
consumo di prestazioni private, accessibili però solo ai più abbienti.
19
3.
POLITICHE DI CONTENIMENTO DEI TEMPI DI ATTESA NEL SERVIZIO
SANITARIO NAZIONALE ITALIANO
Il fenomeno delle liste e conseguenti tempi di attesa, se non gestito correttamente, rappresenta un
indubbio elemento di debolezza che ha un forte impatto emotivo sull’utente.
Tempi di accesso alle prestazioni specialistiche eccessivamente lunghi pongono non soltanto una
questione di efficienza del servizio, ma soprattutto di equità nei confronti dei cittadini.
Proprio in quest’ottica il Governo d’intesa con le Regioni, ha dato vita al Piano Nazionale di
contenimento dei tempi di attesa per il triennio 2006/2008 e successivamente al Piano Nazionale di
governo delle liste di attesa per il triennio 2010/2012, piani ai quali la regione Veneto ha dato piena
attuazione con la D.G. nr. 600 del 13/03/2007 e D.G. nr. 863 del 21/06/2011.
3.1
IL PIANO NAZIONALE DI CONTENIMENTO DEI TEMPI D’ATTESA (PNCTA) 2006/2008
Il Piano prevedeva:
a)
l’elenco delle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica
ambulatoriale e di assistenza ospedaliera, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 29.11.2001, per le quali vanno fissati i tempi massimi di attesa. L’elenco
comprende prestazioni individuate in specifiche aree critiche di bisogno assistenziale per cui
è necessario garantire il diritto all’accesso nei tempi adeguati (aree delle urgenze differibili,
area oncologica, area delle patologie cardiache e vascolari; prime visite specialistiche in
branche caratterizzate da una forte domanda assistenziale; in settori ad alta complessità
tecnologica, per le quali si rileva un frequente ricorso inappropriato, a fronte di un costo
elevato delle stesse; in ambiti che presentano forti differenze di accessibilità nelle diverse
realtà regionali. In totale sono state individuate: 24 prestazioni in Area Oncologica, 14
prestazioni in Area Cardiovascolare, 2 prestazioni in Area Materno-Infantile, 9 prestazioni
in Area Geriatria, 6 prime visite specialistiche, 45 Altre Prestazioni. Per le prestazioni
20
individuate, il tempo massimo di attesa, che deve essere stabilito dalle Regioni, dovrà essere
garantito per il 90% dei pazienti a prescindere dalle priorità di accesso alle medesime.
b) Entro 90 giorni dall’emanazioni del PNCTA, le Regioni adottano e trasmettono al Comitato
permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), un
piano regionale attuativo in caso di mancata adesione di detto piano, nei programmi attuativi
delle singole USL trovano diretta applicazione i tempi massimi di attesa fissati dal Ministero
della Salute di concerto col Ministero dell’Economia e Finanza. A loro volta le aziende
USL, entro 90 giorni dall’emanazione del Piano Attuativo Regionale, adottano un loro
programma attuativo aziendale che provvede a recepire i tempi massimi di attesa per le
prestazioni individuate nel Piano Nazionale. Nel programma sono definite le misure previste
in caso di superamento dei tempi stabiliti, senza oneri a carico degli assistiti, se non quelli
dovuti come partecipazione alla spesa in base alla normativa vigente (TICKET). Il
programma prevede inoltre l’individuazione delle strutture ove sono garantiti i tempi di
attesa, le modalità di publicizzazione di detti elenchi.
c) Le Regioni si impegnano a destinare una quota delle risorse previste dalla legge 662 del
23/12/1996 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, determinate in 150 mln,
alla realizzazione di specifici progetti regionali per perseguimento degli obiettivi del Piano
Nazionale, riservando una parte degli importi alla realizzazione di un sistema che assicuri al
Cittadino la possibilità di prenotare le prestazioni tramite un Centro Unico di Prenotazione
(CUP), che opera in collegamento con gli ambulatori dei medici di Medicina Generale,
i pediatri di libera scelta e le altre strutture del territorio.
d) Il PNCTA prevede inoltre, in ottemperanza a quanto previsto dall’art.1 comma 280 del
23/12/2005, l’attivazione all’interno del Nuovo Sistema Informatico Sanitario (NSIS) di
uno specifico flusso informativo che si esplica in un monitoraggio di sistema delle liste
d’attesa, un monitoraggio specifico delle prestazioni individuate dal Piano Nazionale
( punto A ) e di un monitoraggio delle eventuali sospensioni delle attività di prestazione.
21
Monitoraggio di sistema
Per poter monitorare l’appropriata erogazione delle prestazioni, è necessario prevedere una
procedura di rilevazione in grado di differenziare le prenotazioni delle prestazioni in
funzione delle classe di priorità assegnata e dell’urgenza.
Monitoraggio sulle prestazioni ambulatoriali
Il monitoraggio dei tempi di attesa delle prestazioni ambulatoriali è messo in atto con
rilevazioni trimestrali in un periodo indice stabilito a livello nazionale a partire dal 1/1/2007.
Le prestazioni ambulatoriali da monitorare sono ricavate dall’elenco di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 29/11/2001, e verranno variate secondo un
protocollo definito con l’Agenzia per i servizi sanitari regionali.
Gli standard di riferimento potranno variare a seconda che vengano utilizzate le classi di
priorità o meno sulla base di quanto indicato dal medico prescrittore sulla ricetta.
A livello nazionale si adotta la seguente metodologia:
- per le visite specialistiche tempo massimo di attesa 30 giorni;
- per le prestazioni diagnostiche tempo massimo di attesa 60 giorni;
- il valore soglia è l’80%, cioè la rilevazione è positiva se almeno l’80% dei cittadini
ottiene una prenotazione entro il tempo massimo di attesa.
Se invece vengono utilizzate le classi di priorità, gli indicatori e le soglie sono i seguenti:
- pazienti con codice di classe A: tempo massimo di attesa 10 gg. e valore soglia 90%;
- pazienti con codice di classe B: tempo massimo di attesa 30 gg. per le visite specialistiche,
60 gg.
per le prestazioni diagnostiche e con valore soglia 80%;
- pazienti codificati come classe C: tempo massimo di attesa 180 gg. e valore soglia 100%.
Con periodicità annuale è prevista una variazione del valore soglia di ogni singola
prestazione oggetto di monitoraggio al fine di garantire una offerta ottimale rispetto ai reali
bisogni di salute ed evitare spreco di risorse.
22
Sono oggetto di verifica solo le prime visite e le prime prestazioni diagnostiche. Sono
escluse pertanto dal monitoraggio tutte le prestazioni urgenti, le prestazioni successive al
primo accesso e programmate dallo specialista che ha già preso in carico il paziente, le
prestazioni di screening.
Monitoraggio di prestazioni in regime di ricovero
Per i ricoveri è obbligatorio l’utilizzo delle Agende di Prenotazione dei Ricoveri con quattro
modalità previste nel documento prodotto dal Mattone “Tempi di Attesa” sulla scorta di
quanto dice l’art. 3, comma 8 della legge 724 del 1994.
Il monitoraggio dei tempi d’attesa per quanto riguarda i ricoveri sarà effettuato con cadenze e
procedure da definire in modo simile a quanto già attuato nelle sperimentazioni svolte.
Gli interventi presi in esame risultano essere:
- Intervento chirurgico per cancro alle mammelle: entro30 gg. con valore di soglia del100%;
- Intervento chirurgico per cancro del colon retto: entro 30 gg. con valore di soglia del 100%;
- Intervento per protesi d’anca: entro 90 gg. per il 50% dei pazienti e entro 180 gg. per il 90%
dei pazienti;
- Coronarografia: entro 60 gg. per il 50% dei pazienti e entro 180 gg. per il 100% dei
pazienti.
L’indicatore da utilizzare è la percentuale dei cittadini che ottiene l’ammissione al ricovero
programmato entro i tempi massimi previsti dal giorno dell’inserimento nell’agenda dei
ricoveri programmati.
Monitoraggio specifico
Con decreto del Ministro della Salute viene istituito un monitoraggio trimestrale sulle
prestazioni evidenziate nel PNCTA ed erogate presso le strutture indicate nei programmi
attuativi aziendali con la rilevazione del numero di prestazioni eseguite, dei relativi tempi di
attesa, nonché la percentuale di prestazioni effettuate con un tempo di attesa superiore al
massimo stabilito.
23
Monitoraggio delle sospensioni
La legge stabilisce che alle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere è vietato sospendere le attività
di prenotazione delle prestazioni.
Le Regioni devono adottare, sentite le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti,
disposizioni per regolare i casi in cui la sospensione dell’erogazione delle prestazioni è
ammessa perché legata a motivi tecnici.
Il Ministero della Salute deve essere informato con cadenza semestrale.
e ) Il PNCTA prevedeva inoltre una ulteriore incombenza in capo alle Regioni: comunicare i
piani
regionali
Assistenza ( LEA )
attuativi al comitato per la verifica dei Livelli Essenziali di
che dovrà predisporre una certificazione della realizzazione degli
interventi. Detti piani dovranno contenere indicazioni su:
- interventi per la fissazione dei tempi di attesa;
- realizzazione dell’obiettivo dei CUP;
- modalità con cui i programmi attuativi aziendali saranno oggetto di monitoraggio e
valutazione.
3.2
IL PIANO NAZIONALE DI GOVERNO DELLE LISTE DI ATTESA ( PNGLA ) 2010 - 2012
Il Piano ricalca sostanzialmente il precedente PNCTA 2006/2008 intervenendo con
aggiornamenti, integrazioni e rettifiche resesi necessarie sulla scorta delle esperienze maturate.
Possiamo riassumere il contenuto del PNGLA in otto punti.
1) Ai fini della verifica del rispetto dei tempi d’attesa viene aggiornato l’elenco delle prestazioni
diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza
ospedaliera portandole dalle precedenti 100 alle attuali 58 (12 visite specialistiche, 29 prestazioni di
diagnostica strumentale, 15 prestazioni in regime di ricovero).
24
Nelle procedure di prenotazione delle prestazioni ambulatoriali specialistiche deve essere
previsto l’uso sistematico dell’indicazione di prima visita e controllo, del quesito diagnostico e delle
classi di priorità come di seguito previste:
- U (urgente) da eseguirsi nel più breve tempo possibile e comunque entro 72 ore;
- B (breve) da eseguire entro 10 giorni
- D (differibile) da eseguire entro 30 gg. per le visite e 60 gg. per gli accertamenti diagnostici;
- P (programmata)
Ai fini della verifica del rispetto dei tempi d’attesa per le prestazioni ambulatoriali sono prese in
considerazione solo le prime visite e le prime prestazioni diagnostiche.
2)
Il PNGLA individua le aree cardiovascolare e oncologica quali aree prioritarie per lo
sviluppo di Percorsi Diagnostici Terapeutici (PDT). Pertanto in questi ambiti va prevista una
tempistica nell’erogazione delle prestazioni che consente di garantire ad ogni paziente lo
svolgimento dei PDT in tempi adeguati.
I tempi massimi di attesa per ciascun PDT non potranno essere superiori ai 30 giorni per l’inizio
delle terapie dal momento dell’indicazione clinica per almeno il 90% dei pazienti.
3)
Entro 60 giorni dall’adozione del Piano Regionale di governo delle liste d’attesa, le Aziende
sanitarie adottano un programma attuativo aziendale in coerenza con quanto definito in ambito
regionale. In caso di mancata fissazione da parte delle Regioni dei tempi d’attesa massimi delle
prestazioni di cui ai precedenti punti, nelle Regioni interessate si applicano direttamente i parametri
temporali determinati nel PNGLA.
4)
Le Regioni si impegnano a destinare una parte delle risorse previste (tra cui quelle del Piano
e-gov 2012, obiettivo 4 – Progetto”Rete Centri di Prenotazione”) per la realizzazione di specifici
progetti regionali anche al fine di realizzare il Centro Unico di Prenotazione (CUP) secondo le
25
indicazioni delle linee guida nazionali del Ministero della Salute di cui all’accordo Stato- Regioni
del 29/04/2010.
5)
Il PNGLA, quale ulteriore possibile strumento per il governo delle liste e il contenimento dei
tempi di attesa, prevede l’attività libero professionale intramuraria (ALPI) cioè la possibilità che
vengano erogate prestazioni dai professionisti in favore e all’interno dell’azienda stessa. Tali
prestazioni possono contribuire ad integrare l’offerta istituzionale allorquando una ridotta
disponibilità, anche temporanea, di prestazioni in regime istituzionale metta a rischio la garanzia di
assicurare al cittadino le prestazioni stesse entro i tempi massimi previsti. Questa libera professione
“aziendale” andrà concordata coi professionisti e sostenuta dall’azienda, riservando al cittadino solo
l’eventuale partecipazione al costo (TICKET).
Per quanto riguarda la scelta del professionista cui richiedere la prestazione, è ammessa con costo a
totale carico dell’utente. Le Regioni prevedono modalità di gestione separata delle prenotazioni
rispetto alle prestazioni istituzionali erogate a carico del SSN.
6)
Il Piano prevede che entro 30 giorni dall’adozione del PNGLA da parte delle Regioni,
vengano definite le linee guida sulle modalità di rilevazione e trasmissione dei flussi.
Vengono attivati il monitoraggio ex ante ed ex post del fenomeno liste d’attesa delle prestazioni
ambulatoriali ( 12 visite specialistiche e 29 prestazioni diagnostiche strumentali), nonché il
monitoraggio delle attività di ricovero (15 prestazioni), il monitoraggio di eventuali sospensioni
delle attività di erogazione delle prestazioni, il monitoraggio dei PDT in ambito cardiovascolare e
oncologico ed il monitoraggio delle prestazioni ambulatoriali erogate in attività libero professionale
intramuraria (ALPI).
7)
Il PNGLA individua, a garanzia della trasparenza e dell’accesso alle informazioni su liste e
tempi d’attesa, la necessità di procedere, in via sistematica, al monitoraggio della loro presenza sui
26
siti web di Regioni e Aziende sanitarie pubbliche e private accreditate. I risultati del monitoraggio
saranno diffusi attraverso il Portale del Ministero della Salute.
8)
Nel Piano è previsto inoltre che il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei
Livelli Essenziali di Assistenza ( LEA), aggiorni le linee guida per la metodologia di certificazione
degli adempimenti dei piani regionali.
27
4.
LE MANCATE DISDETTE DELLE PRENOTAZIONI COME CAUSA DEI TEMPI
DI ATTESA: IL CASO DI UN’AZIENDA SANITARIA DEL VENETO
La mancata disdetta della prenotazione è quel fenomeno che vede l’utente prenotare una prestazione
(diagnostica o specialistica ambulatoriale) sanitaria, senza però poi presentarsi all’appuntamento
fissato, e senza disdire la propria prenotazione.
La DGR n.600 del 13/03/2007, in attuazione del Piano Nazionale di Contenimento dei Tempi di
Attesa, specifica tra i doveri degli utenti anche quello di “dare, entro congruo tempo, la disdetta
della prenotazione nel caso di impossibilità a presentarsi all’appuntamento. A tal fine, “continua la
DGR”, devono essere rese note le modalità attivate per favorire la disdetta ( numero verde, via
telematica o altro ) e deve essere precisato chiaramente che, in caso di mancata disdetta, l’utente è
tenuto comunque al pagamento della quota di partecipazione alla spesa sanitaria, anche se esente;
devono essere esplicitate altresì le misure che l’Azienda porrà in essere per il recupero delle somme
dovute”.
Il paziente-consumatore che quindi non si presenta all’appuntamento e non disdice la prenotazione
è comunque tenuto, anche qualora fosse esente, al pagamento del ticket sanitario previsto per la
prestazione di cui avrebbe dovuto usufruire ma ( per una numerosa serie di ragioni possibili ), non
ha usufruito.
Il problema è molto frequente secondo Castaldi (2009), la quale individua anche specifici scenari
possibili. Secondo la sua analisi, i cittadini eseguono più prenotazioni allo scopo di avere maggiori
opportunità di accedere in tempi rapidi, scegliendo l’opzione migliore; tuttavia, poi non disdicono le
prenotazioni che non utilizzeranno. In molti altri casi, può inoltre capitare che la lista d’attesa sia
così lunga che ci si dimentica addirittura la data dell’appuntamento e non si procede quindi poi a
disdire l’appuntamento.
In questi modi (e per altri motivi analizzati da Castaldi) le mancate disdette contribuiscono al
congestionamento del sistema: le liste di attesa si allungano e crescono i tempi, spingendo più di un
28
utente verso il servizio privato a pagamento e facendo così insorgere ulteriori problemi sia in
termini di equità che di efficienza allocativa.
Analizziamo ora come tale fenomeno si presenta e come viene trattato in una Azienda Sanitaria del
Veneto.
LA PROCEDURA
Di seguito si riportano le istruzioni che le Strutture devono seguire per la corretta gestione
dei casi di mancata disdetta delle prenotazioni da parte degli utenti in ottemperanza a quanto
disposto dalla DGRV. Nr. 600 del 13/03/2007; in particolare, oltre a ricordare le modalità che
l’utente deve seguire per disdettare la prenotazione in caso di impossibilità a presentarsi
all’appuntamento, si riporta l’elenco delle giustificazioni che, qualora richiamate dagli utenti per
motivare la mancata disdetta, possono essere accettate dall’Azienda.
Tutte le prenotazioni, e quindi le relative eventuali disdette, devono essere registrate nel sistema
gestionale aziendale; pertanto, non devono sussistere prenotazioni fuori sistema.
Nel caso di impossibilità a presentarsi all’appuntamento per una prestazione sanitaria (visita, esami
diagnostico-strumentali ), l’assistito è tenuto a darne comunicazione con le seguenti modalità:
- recandosi personalmente presso l’ambulatorio o presso qualsiasi centro di prenotazione;
- telefonando al call center del Cup (Centro Unico di Prenotazione);
- collegandosi al sito internet dell’Azienda;
- telefonando ad un dato numero per la disdetta vocale con operatore virtuale;
- inviando un fax indicando la richiesta di disdetta e il numero della prenotazione, il tipo e la data
della visita o esame, il nome e cognome, la data di nascita del paziente ed il nominativo di chi
disdice.
La mancata osservanza delle modalità sopra richiamate comporta il pagamento del ticket da parte
dell’utente, anche se esente ( DGRV.nr. 600/07 ).
29
Il servizio che riceve la comunicazione della disdetta provvede a inserire in tempo reale nella
prenotazione lo stato “ DISDETTO.“
Nel caso in cui l’utente non si presenti, senza avere dato disdetta, l’unità operativa presso la quale
doveva essere erogata la prestazione aggiorna entro la fine della giornata la prenotazione inserendo
lo stato “ NON PRESENTATO.“
Il Diep ( Dipartimento Interaziendale Economico Patrimoniale ), con cadenza mensile provvede ad
estrarre tutte le prenotazioni aventi come stato “ NON PRESENTATO “ e ad inviare all’utente, anche
se esente, la lettera di richiesta di pagamento del ticket.
Successivamente si possono verificare le seguenti situazioni:
- l’utente paga quanto richiesto: a seconda delle modalità di pagamento ( con utilizzo del codice a
barre o meno) la prenotazione e il processo si chiudono direttamente, o via Diep;
- l’utente contesta la mancata disdetta: per le contestazioni ricevute, il Diep, qualora necessario in
base all’oggetto della contestazione, chiede chiarimenti al centro erogatore della prestazione o al
punto di prenotazione/ricezione disdette (Cup o call center) e risponde all’utente. Se l’utente rivolge
la sua contestazione direttamente al centro erogatore della prestazione questo, verificata la
sussistenza o meno delle motivazioni (sotto richiamate), ne da comunicazione al Diep affinché
predisponga la risposta all’utente. Nel caso in cui l’utente non sia soddisfatto della risposta fornita
può, in seconda istanza, rivolgersi all’Urp che aprirà un procedimento indipendente da quello
seguito e concluso dal Diep, dopo avere acquisito da quest’ultimo le informazioni e la
documentazione necessaria.
A fronte dell’invio delle lettere per mancata disdetta, sono considerate valide le seguenti
giustificazioni fornite dall’utente:
a) fax o e-mail di disdetta con rapporto di trasmissione;
b) malattia/infortunio o prestazione di pronto soccorso e/o ricovero d’urgenza insorti in
concomitanza della data fissata per la prestazione, tali da impedire la presenza
30
all’appuntamento
o da determinare l’impossibilità a disdettare la prenotazione
documentate da, rispettivamente,
c) certificato del medico curante, verbale di pronto soccorso e/o certificato di ricovero;
d) decesso antecedente la data dell’appuntamento.
ALCUNI DATI
Prendiamo in considerazione gli anni dal 2009 al 2011. Consideriamo innanzitutto il peso delle
mancate disdette sul totale delle prenotazioni registrate in una Azienda Sanitaria del Veneto nel
suddetto arco di tempo.
TAB. 1 Mancate disdette sul totale delle prenotazioni per il triennio 2009-2011.
ANNO
TOT. PRENOTAZIONI
MANCATE DISDETTE
2009
2010
2011
460.653
564.371
552.097
6.127
7.357
7.232
% MANCATE DISDETTE
1,33
1,3
1,31
Va subito segnalato che l’aumento delle prenotazioni verificatosi nel 2010 non è dovuto ad
un’improvvisa impennata della domanda, bensì all’acquisizione da parte dell’Azienda Sanitaria, di
una nuova struttura ospedaliera.
La scarsità dei dati a disposizione rende molto difficile cogliere un possibile trend del peso delle
mancate disdette nel corso del tempo; peso che sembra comunque relativamente contenuto,
attestandosi attorno all’ 1,3 %. Questo dato appare molto distante dall’ 11 % segnalato dall’analisi
di Castaldi (2009) discussa in precedenza. Le ragioni potrebbero essere molteplici: l’analisi di
diverse strutture e quindi di diverse realtà; un diverso arco di tempo preso in considerazione;
l’utilizzo o meno dei Cup per razionalizzare gli accessi e per fornire dati completi sulle prenotazioni
totali (prima del 2009 i Cup erano utilizzati molto meno); etc.
Non possiamo quindi fare delle affermazioni conclusive sull’efficacia o meno di quanto disposto
dalla DGR 600 riguardo al pagamento del ticket anche in caso di mancata disdetta della
prenotazione.
31
Sicuramente possiamo dire che lo scopo della norma era quello di disincentivare le mancate disdette
per ridurre liste e tempi d’attesa, ma questi primi dati non sono purtroppo in grado di affermarlo in
maniera incontrovertibile.
Passiamo ora ad una seconda tabella in cui vengono evidenziate, per gli stessi tre anni, le mancate
disdette pagate, non pagate e giustificate, e i relativi valori percentuali.
TAB. 2 Mancate disdette pagate, non pagate e giustificate sul totale delle mancate disdette.
ANNO
TOT. MANCATE DISDETTE
PAGATE
NON PAGATE
GIUSTIFICATE
2009
6127
4378
1263
2009%
100,00
71,45
20,61
2010
7357
4874
1898
2010%
100,00
66,25
25,80
2011
7232
4303
486
7,93
585
7,95
388
2.541
2011%
100,00
59,50
35,13
5,37
Ci si accorge immediatamente come il trend delle mancate disdette pagate sia decrescente, a fronte
di una percentuale sempre maggiore di ticket per mancate disdette non pagati.
Sebbene disponiamo anche qui di dati piuttosto scarsi, possiamo quantomeno affermare che gli
utenti appaiono sempre meno disposti a pagare un “ticket-multa” per le prenotazioni non disdettate.
Ciò sembra evidenziare una perdita di efficacia nel tempo dell’incentivo economico negativo in
caso di mancata disdetta da parte dell’utente; un effetto che in parte potrebbe essere stato
determinato anche dalla crisi economica che attanaglia il paese e che pesa maggiormente sui
pensionati e sui lavoratori dipendenti in merito ai mancati pagamenti di cui sopra. In ogni caso, il
fenomeno tende a generare anche un aumento dei contenziosi tra azienda sanitaria e utenti, con un
ulteriore effetto economico negativo per l’azienda rappresentato dai costi derivanti dalla gestione
del contenzioso.
Concludiamo l’analisi del caso concentrando l’attenzione sui dati riferiti alle mancate disdette non
pagate perché giustificate (TAB. 3).
32
TAB. 3 Tipologia di giustificazione delle mancate disdette giustificate.
GIUSTIFICAZIONE / ANNO
ERRORE AMMINISTRATIVO
INFORTUNIO
MALATTIA
(ricovero
o
decesso)
2009
1
2009%
69,34
0,21
2010
401
0
2010%
68,55
0,00
2011
224
0
2011%
57,73
0,00
148
30,45
184
31,45
164
42,27
337
Come si può facilmente notare la maggior parte delle giustificazioni sono dovute a errori
amministrativi (anche se in calo nel 2011). Questo può indicare qualche inefficienza dell’ apparato
amministrativo in particolare per quanto riguarda la corretta individuazione delle mancate disdette.
Tale inefficienza può, almeno in parte, generare la percezione da parte dell’utenza di una scarsa
efficacia dell’azienda stessa nella gestione dei “ticket-penalità” contribuendo al depotenziamento
dell’incentivo negativo volto a contenere il fenomeno delle mancate disdette.
33
CONCLUSIONI
I tempi d’attesa in sanità, come abbiamo visto, continuano ad essere un punto di forte debolezza che
non risparmia nessun sistema sanitario pubblico. Inoltre, le politiche messe in atto per contrastare
tale problema non sempre hanno dato risultati positivi e talvolta finiscono per essere causa di
iniquità e di inefficienza.
Per quanto riguarda il problema delle mancate disdette, viste come una delle cause
dell’allungamento dei tempi d’attesa in sanità, le conclusioni che possiamo trarre dall’esperienza
analizzata evidenziano qualche criticità.
Se è vero che il peso delle mancate disdette delle prenotazioni tende ad essere piuttosto contenuto e
costante nel triennio esaminato, è anche vero che l’Azienda Sanitaria oggetto di analisi sembra
avere diminuito la sua capacità di esazione dei “ticket-multa”, anche a causa di veri e propri errori
amministrativi. Ciò ha determinato perdite (sia pure limitate) per l’Azienda stessa ma soprattutto
sembra avere portato a un depotenziamento dell’incentivo negativo rappresentato dall’applicazione
del ticket che in prospettiva futura potrebbe rendere inefficace, in quanto poco credibile, l’effetto
dissuasivo del meccanismo di limitazione delle mancate disdette previsto dalla Regione e applicato
a livello aziendale. A fronte di una mancata disdetta, gli utenti appaiono infatti sempre meno
disposti a pagare la sanzione prevista per le loro mancate disdette delle prenotazioni e ciò non
contribuisce a decongestionare le liste di attesa.
Concludendo, le misure messe in atto finora per abbattere i tempi d’attesa delle prestazioni
specialistiche non appaiono ancora sufficienti e soprattutto in materia di gestione delle prenotazioni
delle prestazioni sanitarie ci sono ancora numerosi passi in avanti da fare.
Sulla scorta di quanto sopra esposto, ritengo che – oltre al meccanismo di limitazione dei tempi di
attesa analizzato - si dovrebbero promuovere maggiormente a livello regionale e aziendale altri
interventi e strumenti che appaiono particolarmente rilevanti ai fini del governo della domanda di
prestazioni sanitarie:
34
- valorizzare sempre di più il ruolo fondamentale della comunicazione e dell’informazione degli
utenti, promuovendone inoltre la partecipazione alle decisioni delle aziende sanitarie unitamente
alle associazioni di tutela dei consumatori e di volontariato;
- potenziare il ruolo svolto dai medici di medicina generale che, nel rispetto del principio di
appropriatezza delle cure, dovrebbero svolgere un’azione di filtro rispetto alle strutture sanitarie di
erogazione delle prestazioni; si potrebbe in questo modo limitare la domanda inappropriata di
prestazioni specialistiche ed esami diagnostici (in questa direzione sembra andare il progetto di
sviluppo della medicina territoriale attraverso le Aree Funzionali Territoriali avviato dalla Regione
Veneto in piena sintonia con il recente decreto “Balduzzi” n. 158/2012);
- estendere l’applicazione di sistemi di prioritizzazione delle liste d’attesa (attraverso i
Raggruppamenti di Attesa Omogenei – Rao) sulla scorta delle esperienze pilota avviate in varie
Regioni italiane;
- governare maggiormente l’attività libero professionale intramuraria (Alpi), prevedendo specifiche
incentivazioni al personale sanitario per l’erogazione di servizi gratuiti ai cittadini anche in orari
serali e prefestivi (anche su questo versante è intervenuto il citato decreto legge n. 158/2012) .
35
BIBLIOGRAFIA
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Empirical Evidence”, Journal of Political Economy, Vol. 87 n. 3.
 Castaldi S (2009), “Liste d’attesa: strumenti di controllo della domanda sanitaria o artefici di
disuguaglianza nell’accesso alle cure?”, Politiche sanitarie, Vol. 10 n. 4.
 Maynard A (2008), “Payment for performance (P4P): international experience and a
cautionary proposal for Estonia, Copenhagen, WHO Regional Office for Europe”.
Disponibile online all’indirizzo: http://www.euro.who..int/Document/HSF/P4P_Estonia.pdf.
 Mariotti G (2006), Priorità cliniche in sanità. Come governare i tempi di attesa con il
coinvolgimento dei professionisti, Franco Angeli, Milano.
 Muraro G (2003), “Federalismo fiscale e sanità nella crisi dello stato sociale”, Rivista di
Diritto finanziario e Scienza delle finanze, Vol. LXII, n. 3, pp. 349-384.
 Rebba V (2009), “I ticket sanitari: strumenti di controllo della domanda o artefici di
disuguaglianze nell’accesso alle cure?” Politiche sanitarie,Vol. 10 n. 4.
 Rebba V, Rizzi D (2012), “Ticket e gestione delle liste di attesa per una prestazione
specialistica ambulatoriale pubblica in presenza di un’alternativa privata: un modello agentbased”, Politiche sanitarie, Vol. 13 n. 1.
 Rossi E (2006), Il sistema pubblico di fronte alla sfida dei tempi d’attesa, Monitor, 17: 5-9.
36
NORMATIVA PRINCIPALE DI RIFERIMENTO
 D.G.R.13 marzo 2007, n. 600, Regione del Veneto.
 D.G.R. 21 giugno 2011, n.863, Regione del Veneto.
 Ministero della salute. Piano Nazionale di contenimento dei tempi d’attesa per il triennio
2006-2008
 Ministero della salute. Piano Nazionale di governo delle liste di attesa per il triennio 20102012.
 Decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo
sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute.
37
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