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Marciume radicale su mirtillo causato da armillaria

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Marciume radicale su mirtillo causato da armillaria
RICERCA/DIFESA MIRTILLO
Segnalato lo scorso anno in alcune zone della Valsugana
TERRA TRENTINA
MARCIUME RADICALE
SU MIRTILLO CAUSATO
DA ARMILLARIA
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Lo scorso anno in Trentino, in
alcune zone della Valsugana,
sono state segnalate alcune
morie di piante di mirtillo
(Vaccinium corymbosum L.)
che dopo analisi di laboratorio
sono risultate affette da
Armillaria. Si tratta della prima segnalazione della malattia
su mirtillo in Trentino.
Poiché non esistono in commercio fungicidi capaci di combattere il patogeno è importante saper riconoscere precocemente i sintomi della malattia
al fine di effettuare un efficace
intervento agronomico preventivo.
Il marciume radicale causato da
Armillaria è una malattia diffusa in tutto il mondo e colpisce oltre 600 specie di piante
arboree ed erbacee. Le
segnalazioni della malattia su
mirtillo non sono numerose,
ma dove è presente, il patogeno causa seri danni ed è
molto difficile da controllare.
Probabilmente l’incidenza della patologia è sottostimata, in
quanto poche sono le conoscenze a riguardo e soprattutto perché i sintomi a livello
dell’apparato fogliare non sono
specifici e vengono spesso attribuiti a carenze nutrizionali o
a squilibri del pH del terreno.
La malattia è spesso presente
nei siti dove, antecedentemente all’impianto di mirtillo, si trovavano boschi o coltivazioni arboree. Infatti
Armillaria permane all’interno
di radici e rami in decomposi-
zione e ivi può sopravvivere
anche per parecchi anni, pronta ad attaccare radici di piante
sensibili con cui viene successivamente in contatto.
Agente causale
Il genere Armillaria (famiglia
Tricholomataceae)è composto
da più di 40 specie, di cui parecchie distribuite in ristrette
zone geografiche. In Europa le
specie presenti sono 8 (A.
borealis, A. cepistipes, A. lutea,
A. mellea, A. ostoyae, A. ectypa,
A. nigropunctata e A. tabascens), tutte in grado di attaccare piante vive (attività parassita) oltre che di degradare legno morto (attività saprofita),
anche se con patogenicità e
specificità d’ospite diverse.
Le specie, segnalate in letteratura, in grado di attaccare il
mirtillo sono Armillaria mellea
e Armillaria ostoyae.
Ar millaria mellea è un
patogeno delle latifoglie ed attacca numerose specie di piante da frutto, causando importanti danni economici.
In Trentino è stata segnalata la
sua presenza, oltre che su mirtillo, su vite (importanti le perdite provocate da questo
patogeno in Piana Rotaliana),
su kiwi, su melo e su ciliegio.
Armillaria ostoyae generalmente attacca le conifere e può
causare seri problemi in ambito forestale.
Per pochi giorni, in autunno,
questo fungo può essere iden-
Poiché non esistono
in commercio
fungicidi capaci
di combattere
il patogeno,
è importante sapere
riconoscere facilmente
i sintomi della
malattia per mettere
in atto una efficace
prevenzione di tipo
agronomico
Federica De Luca, Ilaria
Pertot
SafeCrop Centre, Istituto Agrario di S. Michele all’Adige
tificato grazie ai suoi caratteristici corpi fruttiferi (detti anche
carpofori o basidiomi, ma volgarmente noti con il nome di
chiodini), che sono edibili, numerosi, di grandi dimensioni e
si sviluppano generalmente
alla base delle piante colpite
(fig. 1). Il colore e la morfologia
del carpoforo è anche carattere sistematico per il riconoscimento della specie.
Armillaria possiede un micelio
di colore biancastro che assume una tipica forma a ventaglio ed è uno dei pochi generi
di funghi che produce rizomorfe. Quest’ultime sono strutture
composte da ife strettamente
compattate a formare un cor-
Ciclo della malattia
Armillaria
sopravvive nel suolo in pezzetti
di legno in decomposizione in
attesa di poter entrare in contatto con radici di piante suscettibili. Il patogeno quindi penetra nella radice attraverso l’azione meccanica delle rizomorfe
ed il micelio si insinua nella
zona sottocorticale (fig. 2), degradando il legno e distruggendo il cambio. La malattia si propaga poi alle piante limitrofe,
tramite
produzione
di
rizomorfe che si dipartono dalla radice infetta e, spostandosi
nel terreno, raggiungono una
nuova radice da colonizzare.
Se il patogeno rimane confinato alle radici, la pianta muore
anche dopo parecchi anni dall’inizio dell’infezione, mentre,
se il fungo attacca anche il col-
Fig. 1: Corpi fruttiferi di A. mellea
Fig. 2: Fotografia al microscopio ottico di sezione longitudinale di radice di vite infetta da Armilaria.
letto, la pianta muore in poco
tempo.
In autunno Armillaria produce i caratteristici corpi fruttiferi
(detti anche basidiomi o
carpofori) dove, per ricombinazione sessuale vengono prodotte le basidiospore. Quest’ultime non sembrano essere importanti per la diffusione della
malattia. Infatti generalmente
possono germinare solo su legno morto, dando origine al
cosiddetto micelio primario. La
fusione dei miceli primari di
due organismi sessualmente
compatibili origina il micelio
secondario, che presenta virulenza più elevata ed è in grado
di infettare piante sane.
Sintomi e diagnosi
I mirtilli infetti da Armillaria
mostrano una serie di sintomi,
spesso non facilmente ascrivibili al marciume radicale. Le
piante inizialmente perdono
vigore e possono sembrare
sofferenti a causa di qualche
carenza nutrizionale o uno
squilibrio di pH. Spesso hanno foglie piccole e clorotiche
e sono più sensibili a stress
idrico e ai danni causati dal
freddo. Il disseccamento può
coinvolgere inizialmente solo
alcuni rami per poi portare,
nella fase finale della malattia,
al disseccamento di tutta la
pianta. E’ quindi difficile eseguire una corretta diagnosi,
esaminando soltanto l’apparato fogliare.
L’osservazione della radice fornisce invece un quadro più
chiaro, facilmente riconducibile a quello del marciume radicale da‘Armillaria. Infatti, già
a primo esame superficiale, la
radice appare più scura, più
friabile e più facilmente
estraibile dal terreno rispetto ad
una radice sana. Inoltre, soprattutto in condizioni di elevata
umidità, la radice emana un
forte odore di fungo fresco.
TERRA TRENTINA
done resistente, attraverso cui
il fungo può muoversi nel terreno e penetrare nelle radici
delle piante ospiti.
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RICERCA/DIFESA MIRTILLO
TERRA TRENTINA
Fig. 3 : Micelio di Armillaria localizzato nella zona sottocorticale, evidenziato rimovendo la corteccia della
pianta
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Asportando con un coltellino la
corteccia del colletto e delle
radici principali, si può
evidenziare la presenza del
micelio e delle rizomorfe. Il
fungo infatti produce, nella
zona sottocorticale, un micelio
biancastro che spesso, nella
parte terminale assume la tipica forma a ventaglio (fig. 3). Le
rizomorfe (strutture di colore
marrone scuro) simili a radici
possono essere presenti sulle
radici principali o possono essere trovate nel suolo (fig. 4).
La presenza del patogeno può
essere confermata dallo sviluppo dei corpi fruttiferi alla base
delle piante affette. La loro produzione è esclusivamente
autunnale, in quanto è vincolata da particolari condizioni di
temperatura ed umidità, che si
ritrovano solo in questo periodo dell’anno. Anche in
Valsugana, in una zona infetta
da Armillaria, lo scorso autunno sono stati trovati numerosi
carpofori in deperimento
nell’interfila (fig. 5)
Se si sospetta la presenza di
Armillaria, ma non si rinvengono micelio o rizomorfe, è
Fig. 4 – Rizomorfe presenti su pianta di mirtillo
Fig. 5: Carpofori di–Armillaria in degradazione, trovati nell’interfila di un impianto di mirtilli, situato in Valsugana
(foto A. Frontuto)
possibile evidenziare il fungo
mettendo la radice da esaminare in un sacchetto di plastica,
ben chiuso, assieme a carta assorbente bagnata con acqua. Si
lascia quindi il sacchetto al
buio, ad una temperatura di
circa 20°C. Trascorsi circa 15
giorni, si esamina nuovamente la radice. Se il patogeno è
presente, potrà essere ora identificato più facilmente sulla radice, poiché è stato posto a lungo in condizioni di crescita
ottimali (fig. 6).
Controllo della malattia
Non esistono in commercio
prodotti in grado di contrastare o controllare la malattia.
Fumiganti o agenti sterilizzanti
si sono dimostratii inefficaci, in
quanto non penetrano oltre 50
cm nel suolo e non raggiungono comunque il fungo, che
generalmente si trova protetto
dalla corteccia o resta comunque all’interno del legno colonizzato.
L’unico modo di impedire
TERRA TRENTINA
Fig. 6 : Come preparare una rudimentale “camera umida”
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RICERCA/DIFESA MIRTILLO
l’espansione della malattia resta quindi la riduzione dell’inoculo presente nel terreno, mediante tecniche agronomiche
corrette.
Quando si effettua un nuovo
impianto in un sito dove prima si trovava un bosco, specialmente se costituito da specie molto suscettibili ad
Armillaria (quercia, nocciolo,
acacia, abete e pino) o di un
frutteto, il suolo deve essere
lavorato in profondità e ogni
residuo radicale deve essere
accuratamente rimosso.
L’area dovrebbe essere lasciata a riposo per un periodo minimo di almeno 3 anni in modo
che l’inoculo del patogeno
possa ridursi in maniera significativa.
Le piante infette devono essere prontamente rimosse ed eliminate. I mirtilli presenti intorno al perimetro della zona col-
pita e che appaiono sani, devono essere esaminati e devono essere rimossi se rizomorfe
o micelio sono presenti.
Non esistono attualmente
cultivar resistenti o tolleranti.
Prospettive di lotta
All’Istituto Agrario San Michele all’Adige, da quasi tre anni,
è in atto uno studio volto ad
identificare organismi antagonisti ad alcuni patogeni vegetali. In particolare, per quanto
riguarda Armillaria mellea il
nuovo Centro SafeCrop sta valutando l’efficacia di alcuni prodotti commerciali a base di
Trichoderma (fungo antagonista di molti ascomiceti e
basidiomiceti) e si cercano
nuovi organismi (funghi o batteri) in grado di competere con
Armillaria o di parassitizzarla.
(Fig. 7)
Altro promettente campo di
sviluppo per il controllo della
malattia è la sperimentazione
relativa all’utilizzo di endomicorrize. Le endomicorrize
sono funghi “buoni” che vivono all’interno della radice, migliorano l’assorbimento radicale e sembrano fornire protezione nei confronti dei patogeni
radicali.
Conclusioni
Armillaria è un patogeno difficile da controllare. E’ quindi
importante saper riconoscere
precocemente i sintomi della
malattia, in modo da procedere velocemente all’estirpazione
delle piante infette prima della
propagazione della malattia.
Inoltre, è fondamentale, in fase
di nuovo impianto, porre particolare attenzione alle radici
delle piante precedentemente
TERRA TRENTINA
Fig. 7: Test di antagonismo in vitro: le due foto a sinistra ritraggono una colonia di Armillaria, cresciuta in Malt
Exract Agar, che funge da controllo per il test. Le due foto a sinistra ritraggono inveceuna piastra in cui, oltre
ad Armillaria è stato inoculato un ceppo di Trichoderma isolato in Trentino. Come si può vedere il microrganismo
antagonista è cresciuto sopra la colonia di Armillaria, e ne blocca completamente la crescita.
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organismi antagonisti, per ora
solo sperimentale, potrà diventare, nei prossimi anni, un valido strumento, per il controllo
della malattia.
Per saperne di più:
Fox, R.T.V., 2000. Armillaria
root rot: biology and control of
honey fungus. University of
Reading, UK
Harrington, T.C., Worrall J.J. and
Baker F.A., 1992. Armillaria.
pp. 81-85 In L.L. Singleton, J.D.
Mihail and C.M. Rush, eds.,
Methods for Research in
Soilborne Phytopathogenic
Fungi. APS Press.
Caruso F.L., Ramsdell D.C., 1995.
Compendium of blueberry and
cranberry diseases. The
American Phytopathological
Society Press.
Pertot I., De Luca F., Vecchione
A., 2002. Influence of the
microrganism isolation site (leaf
and soil) on antagonistic activity
against leaf (Botrytis cinerea)
and root (Armillaria mellea)
pathogens.
IOBC/WPRS
bulletin, 25, (10): 363-366.
TERRA TRENTINA
esistenti. Se si rileva la presenza del patogeno, il comportamento ottimale suggerito è
quello di lasciare il terreno a
riposo o di coltivarlo con piante non sensibili ad Armillaria
(leguminose o cavolacee).
Nel caso non sia possibile utilizzare queste precauzioni, devono essere rimossi tutti i residui radicali presenti nel terreno, in modo da ridurre significativamente l’inoculo e ritardare così lo sviluppo della malattia.
L’utilizzo di endomicorrize e di
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RICERCA/DIFESA MIRTILLO
Raziq F., Fox R.T.V., 1999 .
Biological control of Armillaria root rot. Acta Hort., 496 –
115-123
Coetzee M.P.A, Wingfield B.D.,
Harrington T.C., Dalevi D.,
Coutinho T.A., Wingfield M.J.,
2000. Geographical diversity of
Armillaria mellea s.s. based on
phylogenetic analysis. Mycologia, 92 (1), 105-113
Sannicolò M., De Luca F.,
Fellin F., Pertot I., 2002. Diffusione ed incidenza di
Armillaria mellea su vite in
Trentino- Atti Giornate
Fitopatologiche, 2002 - 2, 425428. Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna
Shaw III C.G., Kile, G.A., 1991.
Armillaria root rot disease.
Forest Service United States
Department of Agriculture,
Washington.
Schema riassuntivo dei sintomi rilevabili su piante di mirtillo colpite da marciume radicale
SINTOMI DEL MARCIUME RADICALE DA Armillaria
APPARATO FOGLIARE e FRUTTI
• LE PIANTE APPAIONO STENTATE, MENO VIGOROSE e SONO PIU’ SENSIBILI A STRESS
IDRICO E AL FREDDO
• LE FOGLIE SONO PIU’ PICCOLE E PIU’ CHIARE
• I FRUTTI SONO SPESSO DI PICCOLE DIMENSIONI
• SPESSO PRESENZA DI RAMI SECCHI
APPARATO RADICALE
• LA RADICE APPARE PIU’ SCURA E FACILMENTE ESTRAIBILE
• EMANA PROFUMO DI FUNGO FRESCO
• ASPORTANDO LA CORTECCIA ALLA BASE DEL TRONCO O SULLE RADICI PRINCIPALI E’
POSSIBILE VEDERE IL TIPICO MICELIO BIANCO A VENTAGLIO
• A VOLTE SI POSSONO RINVENIRE EVIDENTI RIZOMORFE CHE CRESCONO SULLA SUPERFICIE ESTERNA DELLE RADICI
TERRA TRENTINA
• IN AUTUNNO, SPESSO IL FUNGO PUO’ PRODURRE I CARATTERISTICI CORPI FRUTTIFERI
(CHIODINI) INTORNO AL TRONCO O LUNGO LE RADICI PRINCIPALI
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Fly UP