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chiese nelle campagne del piemonte in età tardolongobarda

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chiese nelle campagne del piemonte in età tardolongobarda
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
17
CHIESE NELLE CAMPAGNE DEL PIEMONTE
IN ETÀ TARDOLONGOBARDA
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
A differenza di altre regioni dell’Italia settentrionale, per il Piemonte si registra fino al periodo
carolingio la quasi totale assenza di fonti scritte
giuridiche e amministrative, mentre appena più
numerose risultano essere le fonti agiografiche e
narrative, però non ancora adeguatamente analizzate nei contenuti e nel valore documentario. Il
vuoto di informazioni storiche per i secoli VII e
VIII coinvolge tutte le diocesi del Piemonte antico,
per le quali mancano dati certi anche sulle liste
episcopali, ricostruite per lo più in età carolingia e
ottoniana1.
La ricerca archeologica per il periodo altomedievale nella regione piemontese ha potuto contare dagli anni Ottanta in poi su un elevato numero di indagini condotte in ambito rurale, che
hanno prodotto una abbondante documentazione
su contesti tipologicamente e cronologicamente
diversificati, portando in alcuni casi a integrare
la carente documentazione scritta. Per i secoli
che qui interessano, la relativa indeterminatezza
nella periodizzazione dei depositi stratigrafici
indagati, ineludibile in assenza di precisi indicatori materiali, porta ad appoggiare le cronologie
relative di scavo a datazioni assolute ottenute
attraverso analisi radiometriche C14 su campionature sistematiche sia paleobotaniche, sia
osteologiche. Infatti, se gli studi sulla cultura
materiale di ambito longobardo sono stati notevolmente affinati, consentendo datazioni piuttosto precise, non così è per altri manufatti quali le
decorazioni scultorere, legate a problemi complessi e con inquadramenti cronologici ancora
incerti2, e la ceramica, la cui sopravvivenza oltre
la fine del VI secolo era stata motivo di discussione ancora negli ultimi anni. Solo recentemente
anche per il Piemonte si sta evidenziano da un
lato la carenza, quando non la totale assenza, di
ceramica nei secoli qui trattati, evidentemente
sostituita dall’uso prevalente di recipienti lignei,
dall’altro un quadro di intensa circolazione e
1 BOLGIANI 1982, p. 61.
2 CROSETTO 1998a e A. C ROSETTO, Decorazioni scultoree dalle
Fig. 1) Localizzazione dei siti presentati: 1 Mombello. 2
Centallo. 3 Testona. 4 Desana. 5 Dorzano. 6 Sizzano. 7
Gozzano. 8 Orta.
scambio dei manufatti in pietra ollare, che porta
a rivedere la posizione di isolamento e immobilismo che si riteneva caratterizzare gli insediamenti rurali prima del Mille3.
Mombello
Nella Val Cerrina, lungo la sponda sinistra del
Torrente Stura, è stato individuato nel 1994 un
sito archeologico di grande interesse, tuttora in
chiese rurali nel Piemonte altomedievale (VII-VIII secolo), in
questo volume.
3 PANTÒ 1998, pp. 275-276.
18
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 2) Carta della iudiciaria Torrensis (tratta da A.A. SETTIA 1983).
corso di scavo, ubicato sul tracciato della strada
collinare a sud del Po, che anticamente collegava
Industria a Vardacate4. Dopo l’abbandono delle
due città romane, nell’alto medioevo si formò un
distretto amministrativo rurale, frutto di una
ristrutturazione territoriale che superò i limiti
municipali precedenti: la iudiciaria Torrensis (fig.
2). Inclusa nel ducato longobardo di Ivrea, rientrava invece ecclesiasticamente nella diocesi di Vercelli ultra Padum e fu presto assorbita nella marca
di Ivrea già dagli inizi del X secolo. Questo territorio risulta connotato dalla ricchezza di beni fiscali,
distribuiti in beneficio nei secoli X-XII, e dalla frequenza dei toponimi di origine germanica 5, che
trova significativo riscontro nella distribuzione dei
ritrovamenti longobardi6, ai quali si aggiunge ora
la testimonianza diretta dell’insediamento di
Mombello. La traccia dell’antico confine tra Indu s t r i a e Va r d a c a t e sarebbe tuttavia rimasta nel
toponimo legato alla pieve di San Michele di
Meda7 (cioè meta–cippo confinario), che compare
già nel primo elenco delle pievi della diocesi di Vercelli alla metà del X secolo. La chiesa plebana è
descritta nelle visite pastorali fino alla fine del
Settecento, quando dedica e titolo di pievania passano definitivamente alla chiesa di Morsingo.
Scomparso l’edificio, ne rimase il ricordo nel nome
dell’attuale cascina del Piovano, assai prossima al
sito archeologico.
Questo insediamento si compone di un settore di
abitato, vicino all’alveo del torrente, e della relativa
chiesa con cimitero, situata circa 200 metri più a
monte. Le indagini in corso sull’area residenziale
non hanno ancora esaurito la stratificazione
archeologica, ma pare ormai accertato che la prima
fase di occupazione sia costituita da un edificio
rustico di età romana con strutture in laterizi di
recupero, a cui fece seguito un periodo di abbandono
e di conseguente crollo dei fabbricati. Allineamenti
di buche per palo, paralleli alle vecchie strutture,
segnano la rioccupazione dell’area, probabilmente
avvenuta nel VI secolo e caratterizzata dall’uso di
4 Le indagini sono dirette da Emanuela Zanda: SARDO, Z ANDA
1995; Z ANDA, S ARDO 1996; Z ANDA 1996a; Z ANDA 1999; M ICHELETTO, Z ANDA, B ARELLO in corso di stampa. Oltre alle notizie
edite mi è stato generosamente concesso dalla collega di consultare la documentazione di scavo e di esaminare i materiali.
I dati sintetizzati in questa scheda hanno tuttavia carattere
preliminare, in attesa della conclusione delle indagini e della
stesura dei rapporti definitivi di scavo. In occasione del Seminario Emanuela Zanda ha presentato un poster dedicato al
sito.
5 S ETTIA 1983, pp. 11-53; SETTIA 1991 p. 194.
6 MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 300, 307.
7 Per le vicende della pieve di Meda: SETTIA 1983, pp. 173-175;
BANFO 1995, pp. 398-405.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
tecniche costruttive miste, che in parte recuperarono i ruderi dell’edificio romano. Nel VII secolo infine
fu costruita ex novo una casa a vano unico quadrato, realizzata con blocchi di arenaria legati da argilla e dotata di un focolare all’interno, con almeno due
successive pavimentazioni.
Appartengono alle fasi insediative di VI-VII
secolo abbondanti materiali in parte raccolti nella
stratificazione ancora intatta e per il resto recuperati dal vaglio del terreno agricolo di copertura, che
comprendono: ceramica longobarda decorata a
stampiglia e a stralucido, invetriata, pietra ollare,
calici di vetro, pettini e strumenti ricavati dal corno
di cervo, complementi di abbigliamento. Tra questi
spicca una placchetta di cintura reggiarmi in ferro
con estesa pseudo–placcatura in argento decorata a
motivi geometrici ageminati e con l’inserto di
almandini, databile alla fine del VII secolo8 (fig. 3),
che attesta le possibilità economiche e il rango sociale elevato di almeno alcuni membri della comunità.
Ulteriore conferma ne è data dal ritrovamento
di un tremisse a nome di Maurizio Tiberio del I
tipo (fine VI-inizi del VII secolo) e di una frazione
di siliqua a nome di re Pertarito (672-688), tanto
più significativi in quanto monete ad alto valore
intrinseco emerse in un contesto rurale e non
urbano9.
L’estensione dell’abitato, sicuramente più
ampio dell’area già esplorata, non è ancora definita, ma poteva comprendere più nuclei in cui si
svolgevano, accanto alle attività domestiche,
anche lavorazioni artigianali come la tessitura e la
lavorazione dell’osso, mentre pare indubbio che
una delle principali fonti di reddito e di sussistenza fosse legata all’allevamento, attestato da
abbondanti resti di fauna.
A monte del villaggio, su un sedime non occupato dall’insediamento romano precedente, fu
costruita la chiesa, conservata soltanto nella parte
occidentale per tratti di fondazione e fosse di spoliazione (figg. 4,54).
La prima aula di culto è caratterizzata da una
tecnica muraria in pietra legata da argilla mista a
minuti granuli di calce: si conserva un tratto della
parete laterale sud (9 m), tracce della facciata occidentale sotto le successive ricostruzioni, e un
breve segmento della parete nord.
Una fossa di spoliazione poco profonda e alcuni
8 I materiali, appena restaurati, sono in corso di schedatura,
pertanto vi si accennerà solo brevemente, come insostituibili
indicatori cronologici e culturali. In particolare per quanto
riguarda le guarnizioni di cintura ageminate, i nuovi ritrovamenti e il recupero, attraverso il restauro, di un consistente
repertorio proveniente dagli scavi di Testona (almeno per alcuni pezzi l’identificazione è sicura), stanno delineando un quadro regionale peculiare con tipologie e motivi decorativi che si
discostano talvolta dalle produzioni già note in ambito italiano.
Per la cronologia della placchetta in questione valgono i riferimenti generali all’evoluzione tecnica e stilistica di questi
manufatti, per i quali si rimanda a GIOSTRA 2000, pp. 103-105,
ma i confronti più puntuali sembrano offerti dalla cintura della
19
Fig. 3) Mombello. Placca di cintura proveniente dall’area dell’abitato.
resti di muratura hanno fatto pensare che l’aula
fosse suddivisa da un vano laterale a sud. Davanti
alla facciata si dispone una fila abbastanza regolare di tombe prevalentemente costruite a cassa in
muratura con mattoni e laterizi romani di reimpiego legati da malta o, nell’unico caso della tomba 20,
da argilla: le forme ricostruibili sono generalmente
rettangolari, anche se il peso dei mezzi agricoli ha
deformato vistosamente le strutture determinando
talvolta anche il sollevamento dei laterizi, che nella
maggior parte dei casi rivestivano il fondo. Le
tombe che ancora conservavano resti delle deposizioni sono risultate comunque violate in antico, ad
eccezione di due sepolture infantili.
La T 10 accolse la salma di un neonato, verosimilmente una bambina, riccamente vestita con il
velo decorato da un bordo di broccato d’oro, ritrovato in parte all’altezza della spalla sinistra e
presso il cranio, una collana di vaghi in pasta
vitrea, ambra e una moneta romana forata. Questi
elementi potevano orientare la cronologia della
sepoltura verso la fine del VI secolo - inizi del
VII10, ma una seconda monetina forata d’argento,
ancora in studio, pare abbassare abbastanza nettamente la datazione. Un coltellino completava il
dono funebre, particolarmente prezioso in quanto
riferito a una sepoltura infantile11.
T 8 della vicina area cimiteriale e da altri esempi piemontesi,
come la placchetta della T 2 di Rivoli–Perosa: MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 327-328, fig. 12, n. 4.
9 ARSLAN 1998, pp. 295-296, figg. 227-228; MICHELETTO, ZANDA,
BARELLO in corso di stampa.
10 Concorderebbero con questa cronologia la tipologia delle
perle e la presenza delle monete come pendenti, la cui frequenza è stata rilevata nella necropoli di Castel Trosino tra i corredi della fase più antica del cimitero (tardo VI-inizi VII secolo):
scheda di L. PAROLI in P AROLI (a cura di) 1995, pp. 290-291,
tomba A, n 2.
11 Sul problema si rimanda a RUPP 1997, p. 37 con bibliografia
precedente.
20
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 4) Mombello. Veduta aerea dello scavo dell’area della chiesa.
Fig. 5) Mombello. Planimetria generale del cimitero e dell’edificio di culto. Gli asterischi indicano la presenza di
oggetti di corredo nelle tombe.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
21
La seconda sepoltura, T
20, non violata ma fortemente deformata, era di un
bambino di 8-9 anni; ha
restituito guarnizioni in
bronzo, forse pertinenti a
due diverse cinture cosiddette “longobarde”, per la
sospensione delle armi, del
tipo largamente standardizzato e diffuso, della
prima metà del VII secolo,
Fig. 6) Mombello. Placche di cintura provenienti dalla T 8, all’interno della chiesa.
un coltello e una fusaiola.
Resti di broccato d’oro
compaiono invece in ben
altre quattro tombe, tutte depredate in antico.
di collana sono infine ciò che resta del corredo della
Nella T 12 i fili d’oro sono associati alla prima inusepoltura femminile.
mazione di un adolescente di 13-14 anni rideposto
L’analisi degli oggetti ci conferma dunque l’uso
nel loculo di riduzione; in quella accanto (T 13), con
reiterato delle tombe nel corso del VII secolo, comresti di due individui adulti di sesso diverso, il brocpresa la deposizione di almeno un ricco corredo
cato è stato prelevato vicino a un cranio, mentre nel
d’armi.
riempimento è stata raccolta una fibbietta d’argenIn un secondo tempo la chiesa fu parzialmente
to con puntalino, relativa alle stringhe che fermaricostruita e suddivisa in tre navate, di cui rimanvano le calze12. L’analisi antropologica in corso sta
gono gli attacchi sul muro di facciata, un grosso
confermando l’attribuzione di questi preziosi elepilastro rettangolare e il negativo del simmetrico,
menti di abbigliamento alla sepoltura femminile.
spogliato. Ancora la facciata e la navata sud subiAncora fili aurei provengono dalla T 21, quasi comrono ulteriori interventi edilizi in un terzo periodo.
pletamente distrutta, in cui sono stati raccolti resti
Alle ultime fasi di occupazione sono da attribuire
scheletrici sconvolti di un individuo maschile e di
un forno per la cottura della calce e una fornace da
uno femminile insieme a pochi oggetti residui dei
mattoni. La datazione al radiocarbonio dei resti di
corredi, tra i quali compaiono frammenti dell’impucombustione del forno indica la metà del XII secognatura di uno scudo, e dalla T 8, l’unica della
lo per l’utilizzo di queste strutture, evidentemente
prima fase cimiteriale collocata all’interno della
legate a un cantiere di costruzione. Per il momenchiesa, nell’angolo nord-occidentale. Da questa
to è ancora difficile stabilire degli agganci cronoloprovengono i resti di almeno tre sepolture, due
gici certi per le successive trasformazioni della
maschili e una femminile, e numerosi oggetti dei
chiesa, ma la prima fase cimiteriale risulta sviluprelativi corredi, comunque per la maggior parte
parsi dagli inizi del VII secolo al 720-760 almeno,
sconvolti e trafugati. Tra questi si segnalano il
secondo la datazione al radiocarbonio eseguita sui
codolo di una spatha con terminazione dorata e un
resti osteologici della T 7, in fossa terragna. In
rinforzo ageminato del fodero, parti dell’imbracciaseguito altre sepolture in semplice fossa si orientatura e dell’umbone di uno scudo da parata, decorano nord, sud lungo la parete di facciata; prive di
to con lamine bronzee e borchie dorate, borchie e
complementi di abbigliamento presuppongono la
chiodini, forse relativi al fodero di un sax, guarnipresenza del sudario, in base alla posizione degli
zioni di più cinture. Una fibbia in bronzo a placca
arti, e appartengono stratigraficamente a una fase
fissa di tipo bizantino a margini sagomati13 doveva
più recente, connessa con la ristrutturazione in
appartenere alla cintura di un abito, della prima
forma basilicale.
metà-secondo terzo del VII secolo, mentre a una
Lo studio antropologico in corso14 sembra evicintura militare per la sospensione delle armi sono
denziare una discreta incidenza della mortalità
da riferire tre placchette in ferro con decorazione
infantile e giovanile (28% circa), spesso sottorapzoomorfa molto stilizzata, ageminata in fili d’arpresentata nei cimiteri indagati archeologicamengento e ottone su pseudo-placcatura in argento (fig.
te, mentre la mortalità degli adulti risulterebbe
6). La forma e le caratteristiche tecniche e decorapiuttosto precoce, in assenza di soggetti deceduti
tive rimandano alla placchetta ritrovata nell’abitain età senile. Le stature sono alte nel sesso femmito, attribuita alla fine del VII secolo. Alcuni vaghi
nile, da sopra la media ad alte in quello maschile.
12 La tipologia di queste guarnizioni compare ad esempio nella
T 205 di Castel Trosino, datata al secondo quarto del VII secolo
(cfr. scheda di M. RICCI in PAROLI (a cura di) 1995, pp. 259-260),
ma è presente anche in Piemonte, a Testona: VON HESSEN 1971,
p. 34, tav. 47, nn. 478-484.
13 Abbastanza comuni, queste fibbie sono generalmente datate
dalla fine del VI a gran parte del VII secolo; l’esemplare di
Mombello si confronta ad esempio con quello della T 3 di Trezzo sull’Adda: ROFFIA, SESINO 1986, p. 56, n. 7.
14 Le analisi antropologiche sono affidate a Elena Bedini, della
Anthropozoologica di Livorno, che mi ha amichevolmente
messo a disposizione i dati preliminari della ricerca.
22
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Pur considerando lo stato di conservazione del deposito archeologico
e il fatto che l’indagine non ha potuto estendersi all’intero edificio, sembra da escludere l’identificazione di
questa chiesa con la pieve di Meda,
sopravvissuta fino al Settecento e
certamente accompagnata da un
vasto cimitero medievale. Qui si
tratta invece di un oratorio privato,
a carattere funerario, edificato da
un ristretto nucleo famigliare aristocratico, radicatosi localmente nei
possedimenti terrieri confiscati ai
romani o da questi abbandonati in
seguito al declino delle due città
vicine. La straordinaria ricchezza
delle vesti in broccato15, il pregio dei
manufatti ritrovati anche nell’abitato e il tremisse d’oro potrebbero
adombrare una funzione pubblica
del capofamiglia, come amministratore di terre regie, di cui si coglierebbe un’eco più tarda nei numerosi
beni fiscali citati dai documenti di
X-XII secolo.
(L.P.B.)
Centallo
Il caso del San Gervasio di Centallo16 (fig. 7), nel Cuneese e in diocesi di Torino, costituisce un altro
esempio di chiesa ricostruita per
iniziativa di una comunità in cui la
componente culturale ed etnica longobarda ha trovato conferma sia in
alcuni oggetti di corredo, sia nell’analisi antropologica completa condotta sulle sepolture17. Non ci soffermeremo sulla fase paleocristiana del complesso battesimale 18 , frutto della
ristrutturazione dei resti di una villa danneggiata
da un incendio tra la fine del IV e gli inizi del V
secolo, e fondata per iniziativa di uno dei possesso res dei latifondi attestati nel V secolo lungo il confine tra Liguria e Transpadana19 (fig. 8).
A questa chiesa di origine, dunque, privata fu
presto sottratta la facoltà di possedere il battistero, forse in concomitanza con l’istituzione di una
nuova chiesa battesimale da parte dell’autorità
diocesana. Durante le fasi di soppressione del
fonte e di ristrutturazione dei vani annessi al lato
settentrionale dell’aula di culto, tra la seconda
metà del VI e il VII secolo, si sviluppò il cimitero
della comunità che evidentemente subentrò agli
antichi proprietari nel possesso delle terre e nel
patronato della chiesa. Malgrado la perdita della
funzione battesimale, l’edificio non subì un declino
e fu anzi oggetto di una impegnativa opera di ricostruzione di cui si può identificare l’artefice fondatore nel personaggio sepolto nella navatella nord
in una tomba in muratura, con alveolo cefalico, di
accurata fattura e con la singolare deposizione di
attrezzi in ferro tra gli arti inferiori20.
15 Per l’area piemontese si segnala il ritrovamento di fili aurei
di decorazione della veste nella T 1 di Pecetto di Valenza, in
provincia di Alessandria, nell’ambito di un piccolo cimitero
forse della fine del VII-inizi VIII secolo: DONZELLI 1989; MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 307-308. Per il catalogo delle
tombe altomedievali italiane contenenti fili d’oro e per il loro
significato come segni di distinzione sociale di una ristretta cerchia nobiliare si rimanda a AHUMADA SILVA 1990, pp. 62-66; si
veda inoltre RUPP 1997, p. 107.
16 Per una sintesi sul sito si veda la scheda di chi scrive in
MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 330-338.
17 BEDINI et al. 1997; MALLEGNI et al. 1998.
18 P EJRANI BARICCO in corso di stampa.
19 MENNELLA 1993, pp. 220-222.
20 Si tratta della T 12, orientata ovest/est, collocata nell’area
antistante l’altare della navata nord, se la ricostruzione planimetrica proposta è corretta. Di forma antropomorfa con alveolo
cefalico, si differenzia da tutte le altre tombe del sito anche per
l’accurata muratura in ciottoli, rivestita internamente con uno
Fig. 7) Centallo. Veduta aerea dello scavo.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
23
Fig. 8) Centallo. Schemi planimetrici delle principali fasi costruttive: 1) edificio di età romana e tardoantica; 2) trasformazione in chiesa con battistero (V sec.); 3) modifiche seguite alla soppressione del battistero (VI sec.); 4) ricostruzione della chiesa (VII sec.).
L’analisi delle caratteristiche e della stratificazione delle sepolture in relazione alle fasi edilizie,
supportata da una serie di datazioni al radiocarbonio dei resti umani e dallo studio degli elementi
superstiti dell’abbigliamento degli inumati, consente di datare al VII secolo, probabilmente alla prima
metà, la ricostruzione della chiesa (fig. 9). La tipologia scelta è quella basilicale a tre absidi con navate
separate da grossi pilastri rettangolari, simili a
quelli della seconda fase di Mombello, che dovevano
assumere quasi l’aspetto di setti murari intercalati
da arcate di comunicazione con le navate laterali,
piuttosto che di una ritmica scansione di sostegni.
Le fondazioni, poco profonde, si appoggiarono
in parte su quelle delle strutture precedenti; la
muratura della chiesa appare composta da elementi eterogenei e di varia pezzatura disposti a
corsi irregolari, legati da malta poco consistente.
Vi compaiono reimpiegati frammenti marmorei di
età romana databili tra il I e il III secolo, derivati
da are votive, decorazioni scultoree ed epigrafi
funerarie: segno di una raccolta estesa di materiali edilizi da necropoli e da aree sacre abbandonate.
La ricerca di grandi lastre lapidee, da utilizzare
come monumentale chiusura delle tombe più
importanti, portò al recupero di una stele dell’età
spesso strato di intonaco scialbato; sul bordo superiore è ricavato un incasso per l’alloggiamento della copertura, già rimossa in antico, probabilmente quando la sepoltura fu violata. La
datazione al radiocarbonio calibrata è risultata compresa fra il
545 e il 655; l’inumato – un uomo di 45-50 anni – fu deposto con
un gruppo di utensili in ferro tra gli arti inferiori: un martello,
uno strumento a punte piegate e una piccola incudine. Gli
oggetti non permettono di qualificare il loro proprietario come
orefice, ma forse in senso più lato come magister o committente. M ICHELETTO, P EJRANI B ARICCO 1997, pp. 334-336, fig. 16.
Sulla presenza e l’interpretazione di attrezzi da lavoro, in particolare da orefice, nei corredi di età longobarda si rimanda, da
ultimo, a GIOSTRA 2000, pp. 13-22.
24
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 9) Centallo. Planimetria dello scavo. In evidenza la fase costruttiva del VII secolo e le relative tombe.
Fig. 10) Centallo. Veduta da est dell’atrio.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
del Ferro, come vedremo avvenne anche a Gozzano. Da segnalare ancora l’articolazione esterna
delle pareti con una serie di paraste, leggibili sul
perimetrale nord, sulla facciata dell’atrio e sul suo
lato meridionale, mentre la base di una di queste
sembra indicare la presenza di arcate cieche anche
sulla parete interna dell’abside, caratteristica che
trova oggi riscontro nella seconda fase preromanica della chiesa di San Dalmazzo di Pedona21.
La basilica di Centallo era preceduta da un
atrio rettangolare con ampio varco di ingresso
nella parete occidentale. Il lato sud pare ricostruito, ma presenta la stessa partitura a paraste
tipica di questa fase edilizia; inoltre prosegue
oltre i limiti di scavo, lasciando aperta la possibilità di ulteriori sviluppi delle strutture del complesso. La destinazione di questo spazio è ad area
funeraria privilegiata per un gruppo di maschi
adulti, evidentemente i capi della comunità, inumati in tombe a cassa in muratura di accurata
costruzione, coperte da grandi lastre di pietra,
tra le quali la stele preromana utilizzata per la
tomba in asse con l’ingresso (fig. 10). Questa è
rivestita sul fondo e sulle pareti di malta signina
e conteneva i resti di due individui maschili: la
deposizione più recente è datata 605-685 al C14
calibrato (fig. 11). Posizione e caratteri costruttivi ne evidenziano il privilegio, ma non vi si sono
rinvenuti elementi di corredo o di abbigliamento,
così come ne erano prive le altre tombe dell’atrio
e la tomba femminile di Agnella, collocata a nord
di questo, e ancora coperta dalla sua epigrafe
f u n e r a r i a 22 .
Proprio la presenza di epitaffi, per di più con
onomastica latina, testimonia la ripresa dei rituali funerari romano-cristiani da parte dell’élite egemone di questa comunità, che preferì affidare la
memoria della propria identità all’iscrizione e alla
monumentalizzazione del sepolcro in uno spazio
architettonico privilegiato, invece che all’ostentazione sociale dell’abbigliamento e dei beni personali al momento della sepoltura23, come sembrano
ancora riflettere i corredi parziali rinvenuti nella
fase cimiteriale precedente.
Il prezioso rivestimento in lastrine di corno di
cervo decorate a incisione di una tavoletta lignea,
probabilmente parte di una cassetta-reliquiario,
può confermare l’orientamento a trasferire sulla
chiesa e sul suo arredo liturgico le iniziative evergetiche pro anima dei maggiorenti. La tendenza
perdurò ancora nella prima metà dell’VIII secolo,
quando la chiesa si arricchì di una decorazione
scultorea, di cui sono indizi piccoli frammenti di
lastre e uno di cornice con intreccio a tre vimini24
(fig. 12), ma le fortune di questa chiesa funeraria
privata sembrano successivamente declinare in
25
Fig. 11) Centallo. Particolare della T 126.
Fig. 12) Centallo. Frammento di cornice in marmo.
relazione alla sospensione delle sepolture, riprese
soltanto più tardi, tra XIII e XV secolo. Poiché
pare inverosimile che la comunità riflessa nel
cimitero si sia estinta, dobbiamo pensare a un
radicale trasferimento delle sepolture presso la
chiesa plebana durante i secoli centrali del
medioevo.
(L.P.B.)
21 MICHELETTO 1999, pp. 48-51.
23 LA ROCCA 1997; LA ROCCA 2000; DE RUBEIS 2000.
22MENNELLA, COCCOLUTO 1995, pp. 33-34, p. 11.
24 CROSETTO 1998a, p. 315, fig. 248.
26
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 13) Moncalieri, frazione Testona. Planimetria della chiesa di Santa Maria con localizzazione dell’area di scavo.
Testona
Il vescovo di Torino Landolfo, nell’atto di fondazione dell’abbazia di Cavour25, emesso nel 1037 e
considerato il suo testamento spirituale, ricorda le
difficoltà incontrate nell’amministrare la diocesi
torinese, ancora gravemente segnata dalle violenze
e dalle devastazioni imputate alle scorrerie saracene del secolo precedente; redatto in forma di narrazione autocelebrativa, il documento è centrato
sulla figura del vescovo e sulle sue iniziative volte a
rinnovare le strutture e l’organizzazione diocesana, però in un quadro di sicurezza ristabilita attraverso il potenziamento delle difese del territorio
con la ricostruzione o la nuova edificazione di strutture fortificate26. Nel luogo di Testona egli aveva
restaurato il castello dotandolo di una torre e cingendolo di mura, aveva promosso la costruzione di
una chiesa collegiata dedicata alla Vergine Maria e
l’ampliamento di un’altra chiesa. Se l’identificazione di quest’ultimo edificio di culto rimane incerta,
la chiesa collegiata voluta dal vescovo e realizzata
ex novo secondo il documento27, ma sorta invece su
25 BAUDI DI VESME, DURANDO, GABOTTO 1900, doc. 2, pp, 8-11 e
la recente edizione critica di CANCIAN 1997.
26 GANDINO 1997,pp. 25-26. Per l’attività vescovile di potenziamento delle difese del territorio, che interessò otto siti, alcuni
dei quali già incasellati, si rimanda a MONTANARI 1997, pp. 8586.
27 Per l’ideologia del vescovo, in contrapposizione alla politica
un preesistente impianto, è concordemente riconosciuta nell’attuale parrocchiale di Santa Maria,
sopravvissuta nella struttura romanica e solo in
parte alterata da addizioni barocche.
La chiesa, a tre navate concluse da absidi semicircolari, di cui quella laterale meridionale non
conservata in elevato, è caratterizzata dalla presenza, al di sotto del presbiterio rialzato, di una
cripta a oratorio scandita in tre navatelle, affiancata da ambienti laterali, oggi adibiti a usi impropri; originariamente, si accedeva alla cripta
mediante scale laterali che sono state eliminate
con la creazione di un accesso frontale in occasione
di restauri condotti nel 1934-41. La possente torre
campanaria a pianta quadrangolare, si accosta
all’edificio come corpo indipendente allineandosi
alla facciata romanica 28. La tecnica costruttiva
mostra per gli elevati un uso prevalente dei ciottoli e della pietra tagliata frammista a laterizi di
modulo romano, per lo più frammentari, con evidenti stilature nella malta dei giunti, mentre nelle
fondazioni sono utilizzati con larga prevalenza
ciottoli legati da abbondante malta.
arduinica di recupero della tradizione, cfr. L A ROCCA 1992, p.
135 ss.
28 La prima analisi dell’edificio fu pubblicata da OLIVERO 1940,
pp. 78-115; si rimanda, per le architetture landolfiane e in particolare per la chiesa di Testona, a T OSCO 1997, tenendo conto
che le indagini archeologiche hanno portato all’individuazione
della facciata, che si riteneva perduta, e a una nuova lettura
dell’impianto della cripta (PANTÒ 1999b).
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
27
Fig. 14) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, veduta panoramica dello scavo da est.
I lavori di ristrutturazione e risanamento che
hanno interessato l’ala nord della canonica, sono
stati l’occasione per effettuare un’indagine archeologica in un ambiente al piano terra adiacente all’abside maggiore della chiesa (fig. 13). È stato pertanto
possibile documentare i resti dell’abside meridionale e del cimitero esterno a essa raggiungendo i livelli
di terreno naturale, sensibilmente digradanti da
nord/nord-ovest verso sud, secondo l’originario profilo della collina su cui sorge la chiesa29.
Nell’ambiente, in una superficie di circa 20 mq,
sono state documentate complessivamente 37
tombe sovrapposte su quattro livelli distinti sulla
base delle evidenze stratigrafiche, mentre i resti di
almeno altri 18 individui sono stati recuperati non
in connessione anatomica nel riempimento di un
ampio canale di drenaggio post medievale, che
attraversava l’ambiente da nord verso sud (fig.
14). Le inumazioni, tutte in piena terra con deposizioni di entrambi i sessi e infantili in decubito
dorsale, sono del tutto prive di corredo e di elementi del costume, mentre notizie raccolte in passato e oggi difficilmente verificabili, segnalavano il
ritrovamento presso la chiesa di sepolture “con
oggetti di metallo” e di altre in laterizi “con corredo povero”30.
La più antica fase cimiteriale (D, fig. 15), con 5
tombe di adulti maschili e di un giovane, presenta
come caratteristica comune il taglio delle fosse di
forma rettangolare, con pareti nettamente rettilinee, forse determinate dall’utilizzo di tavole lignee
delle quali però non è rimasta traccia materiale (fig.
16); la cronologia delle sepolture nell’ambito del
VII-VIII secolo è suggerita da una datazione C14
effettuata sulla T 35 ( 595 ± 55 AD, calibrata 645760). Il livello successivo (C, fig. 15) sembra segnare
un più intenso sfruttamento dell’area con una maggiore densità di inumazioni di soggetti di entrambi i
sessi (12 tombe), ma con una leggera prevalenza di
sepolture femminili. Il momento più tardo di utilizzo di questo livello cimiteriale, prima della costruzione romanica e dell’estensione del cimitero intorno a essa, è indicato dalla datazione C14 effettuata
sul soggetto della T 26 (950 ± 50 BP = 970 AD).
Allo stato attuale delle ricerche, la connessione
spaziale del cimitero preromanico si può solo
induttivamente porre in relazione con un più antico edificio di culto, del quale è stato individuato un
tratto di muratura di ciottoli legati da malta al di
sotto del perimetrale sud della chiesa, in un vano
già scavato in passato e ubicato nella manica ovest
della canonica.
2 9 Per una prima informazione sugli esiti dell’indagine si
dentale della canonica addossata al muro d’ambito meridionale della chiesa romanica.
30 La segnalazione orale è raccolta in N EGRO P ONZI MANCINI
1988, p. 72, n. 56.
rimanda a PANTÒ 1999b, pp. 255-257. Nuovi scavi sono stati
programmati per il 2001 in alcuni ambienti della manica occi-
28
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 15) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, schemi delle fasi cimiteriali.
Fig. 16) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, particolare della T 35.
Le analisi antropologiche31, pur considerando la
limitata consistenza numerica del campione riferibile ad età preromanica, evidenziano per gli individui di sesso maschile una scarsa affinità con i gruppi umani analizzati in altre necropoli longobarde,
compresi quelli della vasta necropoli a file di Testo-
na indagata nel 1878 da Edoardo e Claudio Calandra32, mentre al contrario per i soggetti di sesso
femminile la somiglianza è decisamente marcata,
in particolare con il campione di popolazione di
Romans d’Isonzo e con quello di Centallo, dove i
valori delle probabilità sono per tutte le misure
31 Le analisi antropologiche sono state condotte da Licia Usai
fatto espresso riferimento a una ventina di crani che “con tutta
fatica” furono salvati, date le cattive condizioni di conservazione dei resti umani: C ALANDRA, C ALANDRA 1880, p. 22. Invece,
per le analisi effettuate dal professor Gamba e commentate dal
Lagneau (edite in DE BAYE 1888, pp. 113-114) pervennero 31
crani probabilmente perché a quelli della necropoli longobarda
di Testona si aggiunsero altri 6 crani dolicocefali prelevati da
alcune tombe alla cappuccina e a cassa laterizia scavate presso
la cascina Arpino di Moncalieri da Davide Calandra nello stesso anno: PANTÒ 1999a, pp. 80-81. Per le analisi antropologiche
si rimanda a KISZELY, SCAGLIONI 1969.
della Anthropozoologica di Livorno, che ringrazio per aver concesso l’anticipazione dei dati. Il campione di Testona è stato
confrontato con quelli di Romans d’Isonzo, Santo Stefano in
Pertica, Rivoli loc. La Perosa, Centallo e con i crani recuperati
dalla necropoli longobarda di Testona (cfr. nota 32). Per
Romans d’Isonzo si rimanda a BEDINI, BARTOLI, VITIELLO 1989,
per Centallo a BEDINI et al. 1997 e MALLEGNI et al. 1998, p. 234
ss.
32 Nella sintetica relazione degli scavi edita dai Calandra, è
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
29
Fig. 17) Localizzazione lungo l’asta del Po delle aree funerarie di ambito longobardo: 1. Torino, via Nizza; 2. Torino,
Lingotto; 3. Moncalieri, Fioccardo; 4. Moncalieri, cascina Arpino; 5. Moncalieri, borgo Piacentino; 6. Testona, necropoli; 7. Trofarello; 8. Testona, Santa Maria.
superiori al 50%. Una differenza morfometrica dei
soggetti inumati si è inoltre riscontrata nel passaggio dal livello C, dove compaiono individui mesocranici accanto a brachicranici e dolicocranici, al livello cimiteriale coevo all’impianto della chiesa landolfiana (B), dove invece si rileva la scomparsa della
dolicomorfologia cranica insieme alla riduzione
della statura su soggetti di entrambi i sessi.
Certamente non sfugge la problematicità dell’interpretazione storica di questi nuovi dati –
destinati comunque a essere integrati e verificati
con la prosecuzione degli scavi già programmati –,
forse correlabili con quelli della necropoli di Testona, dove i corredi femminili sono largamente sotto
rappresentati33: il fenomeno è noto e solo in parte
riconducibile alla precoce riduzione e scomparsa
del dono funebre per le donne34.
Il cimitero di Santa Maria potrebbe perciò rivelare la particolare attrazione di una parte della
popolazione femminile verso l’istituzione religiosa
nel VII secolo inoltrato, mentre l’organizzazione
della necropoli a file e il rituale tradizionale germanico persistevano a poca distanza. Casi di cimiteri policentrici sono ormai conosciuti e possono
comprendere anche sepolture presso le chiese 35,
così come non stupisce osservare gli esiti del processo di osmosi con la popolazione autoctona dopo
la prima generazione immigrata.
Per Testona è tuttavia un dato nuovo che completa, anche se complica, il quadro offerto dalla
precedente documentazione archeologica. Da
tempo è nota infatti la rilevante presenza longobarda nell’area della collina torinese tra Moncalieri e Testona36, rivelata da ritrovamenti funerari
33 VON HESSEN 1971, pp.48-49; NEGRO P ONZI MANCINI 1980a, p.
“necropoli barbarica” in regione Fioccardo, e un certo interesse
desta la descrizione del nucleo funerario individuato presso la
cascina Arpino, non lontano dall’attuale cimitero, dove furono
individuate tombe a cassa con inumati soggetti dolicocefali
(supra, n. 32). Per la bibliografia relativa ai contesti funerari, ai
ritrovamenti di ambito longobardo questi ritrovamenti e alle
testimonianze di età romana, alcune delle quali inedite e frutto
di ricerche condotte nei primi decenni del Novecento, si rimanda a P ANTÒ 1999a, pp. 80-87. Per la ricostruzione del tessuto
insediativo della collina dall’età romana al medioevo su base
toponomastica e storica, cfr. L A ROCCA 1986.
2; la stima si basa sul conteggio minimo delle tombe, circa
250/300, con una possibile percentuale di corredi maschili non
superiore all’11% e di quelli femminili non superiore al 5%.
34 LA ROCCA 1997,p. 40 ss.
35 Sul rapporto tra tombe longobarde ed edifici di culto cfr.
L USUARDI SIENA 1989, p. 215 ss. e L USUARDI S IENA 1997 con
bibliografia precedente.
36 Oltre alla necropoli di Testona, fu indagata nel 1910 una
30
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 18) Desana, località Settime. Cartografia generale con localizzazione dei ritrovamenti e dell’asse del metanodotto.
avvenuti in passato lungo l’itinerario terrestre che
da Torino risaliva il corso del Po costeggiando la
riva destra (fig. 17); oltrepassata l’attuale località
Fioccardo la strada si diramava da un lato attraversando il fiume Po verso la valle di Susa e dall’altro si inerpicava verso il Mons Calerius, incastellato almeno dal X secolo, per poi ridiscendere a
oriente verso Testona, evitando così l’aggiramento
del promontorio, lambito a meridione dalle
acque37.
La favorevole posizione dell’insediamento longobardo sorto con funzione di controllo del distretto territoriale gravitante sul punto di guado o sul
ponte, lungo un importante asse di navigazione
fluviale, alternativa a quanto restava dei percorsi
terrestri di età romana, è già stata evidenziata38.
Successivamente, proprio la presenza del punto di
attraversamento del fiume verso la strada di Francia sarà ancora oggetto di rilevanti interessi politici e commerciali tanto da determinare la fondazione dell’ospedale di Sant’Egidio da parte dei cava37 Per l’itinerario della strada in sponda destra del Po e verso
Asti, e per le ipotesi di identificazione con la via Fulvia, si
rimanda a CRESCI MARRONE 1991, p. 121 e a SETTIA 1991, p. 234
ss.
38 MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, p. 305. La localizzazione del punto di attraversamento è ipotizzabile solo a valle della
fascia a frequente impaludamento, in corrispondenza degli
ampi meandri del fiume che caratterizzavano ancora in tempi
recenti le campagne di Testona, ossia tra la confluenza del torrente Chisola e quella turbolenta del Sangone, dove il Po si
incassa in un corso relativamente stabile. Per le attestazioni
documentarie relative alle divagazioni del corso del Po tra
Testona e Moncalieri, rettificato a partire dalla metà del Settecento, si rimanda a Progetto Po 1989, pp. 40-48.
lieri del Tempio, cui fu affidata la custodia del
ponte, e la formazione di un borgo a carattere mercantile anteriormente allo sviluppo di Moncalieri
nel XIII secolo39.
(G.P.)
Desana
Il sito di Desana, già segnalato nell’Ottocento
per il ritrovamento di un ripostiglio di monete di
piena età imperiale 40 , fu portato all’attenzione
degli studiosi nel 1938, quando il Museo Civico di
Torino acquisì dal mercato antiquario rari e preziosi oggetti di età gota, per i quali è stata proposta
l’appartenenza al corredo funerario del romano
Stefanius e della ostrogota Valatru(di) interrato in
età teodoriciana41. Nuovi dati sono emersi grazie a
recenti ricerche condotte in località Settime, il cui
toponimo miliario, per il quale si nota una significativa concordanza con la distanza da Vercelli, parrebbe indicativo di un luogo di sosta lungo il trac39 SERGI 1981, p. 42; BORDONE 1997, p. 93.
40 Ritrovato entro un vaso, con emissioni di Matidia e di Ploti-
na: BRUZZA 1874, p. LX.
41 FUCHS 1944,p. 102; VIALE 1971, pp. 71-77; BIERBRAUER 1974;
BIERBRAUER 1994, pp. 208 ss. La datazione del complesso ad età
teodoriciana (primi anni del regno) non contrasta non la presenza anche di oggetti più antichi (secondo quarto del V secolo).
Oggi, l’effettiva provenienza del “tesoro” dal territorio comunale di Desana è messa in discussione da studiosi locali, che ne
ritengono probabile la provenienza da Trino, senza tuttavia
apportare elementi probatori: per ulteriori informazioni si
rimanda a PANTÒ 2000. Per gli indizi di presenze gote in Piemonte su base toponomastica cfr. S ETTIA 1996, pp. 17-18.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
31
Fig. 19) Desana, località Settime. Tombe di ambito longobardo (area A).
ciato viario che collegava Vercellae ad Hasta42 e che
guadava il “flumen Gardina” presso il luogo dove
tra il 1150 e il 1156 fu fondato il monastero benedettino di Santa Maria, probabile ospedale di
ponte 43. Alcuni scavi non sistematici condotti in
passato, avevano documentato a nord-est della roggia Gardina la presenza di un imponente edificio
con pianta a U esteso su una superficie di oltre
5.000 mq, connesso a un ambiente absidato ritenuto dagli scopritori “risalente ai tempi della diffusio-
ne del cristianesimo”44 (fig. 18, area G), la cui planimetria sembra richiamare gli impianti noti delle
ville tardo antiche della Cisalpina45. Recenti prospezioni e raccolte di superficie portano a ipotizzare l’estensione in quest’area anche di una necropoli databile tra il I secolo a.C. e il I d.C. Due limitati
sondaggi di scavo praticati a breve distanza (fig. 18,
area H) hanno consentito di accertare rispettivamente la presenza di resti strutturali, al momento
di problematica collocazione cronologica in assenza
42 Per la viabilità in Piemonte in età romana si rimanda in ulti-
Settime si tratta di un terreno sito “in territorio et curte Septimi” confinante con il “fluvius” Gardina: CASSETTI 2000.
44 BORLA 1982, p. 87. L’autore, in alcune note indirizzate alla
Soprintendenza Archeologica del Piemonte negli anni successivi alla scoperta (1973), precisa che il rilievo fu realizzato integrando planimetricamente le strutture osservate con lo scavo.
45 SPAGNOLO GARZOLI 1998, p. 84.
mo a B ANZI 1999, però con qualche riserva per l’accettazione
acritica dei risultati degli studi locali; a CALZOLARI 1994, p. 51
in particolare per questo tratto secondario e per le possibili
variazioni di età successiva a VERCELLA BAGLIONE 1993.
43 In un atto di vendita del 1171 alla badessa di Santa Maria di
32
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
di reperti, e di un piccolo edificio di culto in muratura di ciottoli legati da tenace malta, il cui modello planimetrico, ad aula, concluso a oriente da
profonda abside a semicerchio oltrepassato esternamente contraffortata, con un annesso quadrangolare a nord, porta a collocare la chiesa piuttosto
precocemente nell’ambito del V secolo46.
Completano il complesso quadro insediativo
evidenziato in questa zona i risultati delle indagini condotte nel 1993 poco più a nord. In prossimità
della cascina Settime 47, i lavori di scavo per il
metanodotto Chivasso-Mortara (fig. 18, aree A-F),
hanno portato all’individuazione di diversi contesti insediativi e funerari di orizzonte tardoantico e
altomedievale distribuiti in poco meno di 1 km, in
parte compromessi per le condizioni di forte
aggressione del sito sottoposto ad agricoltura
intensiva48.
Apparentemente isolate al margine orientale
del sito (area A) sono state indagate due tombe a
cassa orientate ovest-est (T 1 e T 59), una delle
quali sicuramente violata in antico, con semplici
corredi funerari di ambito longobardo rappresentati rispettivamente da un vaso a fiasco con decorazione a stampiglia e da un coltellino (fig. 19). Se
per quest’ultimo non è possibile una precisa puntualizzazione cronologica, per il vaso a fiasco i confronti riconducono ai primi decenni del VII secolo49. La localizzazione delle due sepolture a breve
distanza da un contemporaneo e più esteso cimitero (area B) con popolazione per gran parte autoctona, suggerisce la presenza, ancora socialmente
separata, di un gruppo egemone di tradizione germanica a carattere famigliare.
Ad un momento vicino all’occupazione longobarda rimanda la formazione del cimitero con 57
tombe di diversa tipologia e un numero minimo di
73 individui, sviluppatosi in relazione alla presenza di un edificio di culto, il cui impianto planimetrico è essenzialmente disegnato dalla posizione
delle sepolture, essendosi conservato unicamente
un breve tratto di muratura in fondazione, realizzata con pezzame laterizio e ciottoli legati da argilla (fig. 20). Alcuni elementi dell’apparato decorativo recuperati nel livello di distruzione, e in particolare un laterizio decorato databile entro la
prima metà dell’VIII secolo50, documentano l’impegno profuso nella ricostruzione o nell’ampliamento dell’edificio.
Le più antiche inumazioni documentate sono in
piena terra, seguite da tombe di tipo più eleborato
delimitate da una semplice cordolatura di ciottoli e
frammenti laterizi, distribuite su tutti i lati dell’edificio, ma con maggiore addensamento a oriente.
Le tombe a cassa rettangolare o rastremata, con
lati lunghi lievemente arcuati e copertura a doppio
spiovente, sono otto, utilizzate per più inumazioni
successive, e risultano realizzate con l’impiego di
materiali laterizi e ciottoli con legante di terra (fig.
21). Solo la T 30, ubicata all’interno presso la facciata, in posizione di privilegio insieme alle altre
tre sepolture al centro dell’aula, è realizzata con
l’uso di malta. La cronologia delle tombe a cassa e
in particolare del tipo con lati lunghi arcuati, maggiormente attestato, si colloca tra il VII secolo
avanzato e l’VIII. Una sola tomba, ubicata in posizione marginale a nord-est dell’area attesta invece
la presenza del tipo a cassa antropoide, diffuso
anteriormente alla fine del X secolo51.
Il cimitero presso Settime rivela, per un periodo
cronologico ancora scarsamente rappresentato in
Piemonte negli aspetti funerari, consuetudini locali, caratterizzate da specificità proprie, tra le quali
si evidenzia la localizzazione delle riduzioni a lato
del cranio dell’ultimo inumato, mentre non sembra
di poter rilevare nella posizione degli arti superiori
delle costanti ripetitive. Non sono stati rinvenuti
elementi di corredo o del vestiario, mentre in due
casi è attestata la presenza di oggetti di uso personale, quali una fusaiola o vago di collana nella riduzione T 31S, da correlare alla deposizione primaria,
e parte di un acciarino di selce nella T 29.
La rarefazione delle sepolture nel corso dell’VIII
e del IX secolo, con la sporadica ripresa nel X, però
in area marginale (T 3), può essere solo in parte
ricondotta al disciplinamento di età carolingia che
proibiva le sepolture in chiese non plebane e alla
riorganizzazione normativa vescovile della diocesi
vercellese nel IX-X secolo 52, dal momento che il
declino sembra coinvolgere anche l’insediamento.
Allo stesso periodo di utilizzo del cimitero è
riferibile la presenza di nuclei abitativi, labilmente conservati nelle strutture materiali. La presenza di capanne a pianta circolare è testimoniata da
una base parzialmente interrata, dal diametro di
circa m 3 (area C), e da alcune lenti di terreno fortemente antropizzato anch’esse di forma circolare,
che hanno restituito una elevata quantità di frammenti di pietra ollare (area D). Una capanna con
sviluppo planimetrico presumibilmente rettangolare è invece documentata da esili strutture realizzate con l’impiego di legno e argilla cruda su zocco-
46 In particolare i confronti per l’abside rimandano a edifici di
48 Per la pubblicazione esaustiva dello scavo e per la documentazione di dettaglio si rimanda a PANTÒ 2000.
49 VITALI 1999, p. 206.
50 A. C ROSETTO, Decorazioni scultoree dalle chiese rurali nel
Piemonte altomedievale (VII-VIII secolo), in questo volume.
51 I confronti tipologici rimandano al vicino sito di S. Michele di
Trino: NEGRO PONZI MANCINI (a cura di) 1999.
52 PANERO 1988, p. 14 ss.; CHIARLONE 2000.
culto datati dalla fine del IV-V secolo, come la basilica di Porta
Decumana ad Aosta ed esempi transalpini: cfr. la rassegna in
REYNAUD 1998, p. 236, 250. In ambito locale similitudini si
riscontrano a Sizzano (cfr. infra) e Mergozzo (PEJRANI BARICCO
1999, p. 115, fig. 9).
47 Nel cortile della cascina si conservano in elevato, inglobate
in un fabbricato rustico, le strutture superstiti della chiesa di
Santa Maria del priorato benedettino.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
Fig. 20) Desana, località Settime. Planimetria generale del cimitero e dell’edificio di culto (area B).
33
34
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 21) Desana, località Settime. Particolare del cimitero, settore orientale.
li di muratura (area E). La scarsa conservazione
dei resti non consente considerazioni sull’organizzazione degli spazi o sul modello di habitat, che
sembra comunque configurarsi secondo un assetto
sparso, caratterizzato dalla commistione tra le
aree insediative e funerarie, sorte in adiacenza
alle strutture abbandonate di un edificio rustico di
età tardoantica (area F).
Elemento comune dei diversi contesti indagati
è l’assenza di ceramica, mentre i ritrovamenti di
pietra ollare (fig. 22) affermano una insospettata
vivacità commerciale e la presenza di attività artigianali del fuoco, testimoniate dall’elevata percentuale di recipienti con marcate iridescenze ramate
dovute all’alterazione della clorite sottoposta ad
alta temperatura53. L’incremento del commercio
della pietra ollare a partire dal VII secolo è un
fenomeno che si sta delineando per i contesti insediativi pedemontani del Piemonte, ma che appare
indiziato anche da quelli funerari di ambito longobardo con deposizione di recipienti, in passato ritenuti tardoromani54.
I dati archeologici portano a collocare solo nel
IX-X secolo un reale mutamento nelle forme di
insediamento e di occupazione del territorio di
Septimum, anche se la sopravvivenza del villaggio
dopo il Mille trova attestazione documentaria. “È
probabilmente da ricercare nel centro amministrativo della curtis il nuovo polo di attrazione per
la popolazione, non coincidente con il villaggio
altomedievale”55, prima della costituzione del borgofranco di Tricerro l’anno 121856, avvenuta in un
momento coincidente con la precoce decadenza del
monastero di Santa Maria di Settime57.
(G.P.)
53 Sono stati rinvenuti in totale 42 frammenti, con caratteriz-
X secolo (Carvico, S. Tomé: M A L A G U T I , in stampa; Brescia,
palazzo Martinengo e piazza Labus: GUGLIELMETTI 1996, p. 11;
Pellio Intelvi: ARSLAN, CAIMI, UBOLDI 2000, pp. 147-149).
54 Due recipienti provengono da Borgovercelli, uno più alcuni
frammenti da Borgomasino, uno da Carignano e uno da Beinasco: per la bibliografia specifica cfr. P ANTÒ 2000, n. 57.
55 CHIARLONE 2000. L’ultima menzione del villaggio di Septi mum risale al 1188: PANERO 1985, p. 22.
56 Per le popolazioni che confluiscono verso Tricerro cfr. PANERO 1979, passim
57 CASSETTI 2000.
zazione delle superfici spesso indicative ai fini cronologici (cfr.
PANTÒ 2000). Le attestazioni maggioritarie riguardano i cloritoscisti (gruppi G e F), provenienti dall’arco alpino nord-occidentale, con prevalenza dalla Valle d’Aosta con la val Meriana
e dalle valli di Lanzo. Sono presenti anche alcuni talcoscisti,
con trattamento delle pareti esterne ad arco di cerchio, i cui
confronti riportano al periodo tardolongobardo, da cave dalle
Alpi centrali, in particolare da Valtellina e Bregaglia (gruppo
D) e da Ticinese o Novarese (gruppo B). La sottorappresentazione della ceramica rispetto alla pietra ollare si sta evidenziando anche altrove, in contesti insediativi compresi tra VIII e
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
35
Fig. 22) Desana, località Settime. Pietra ollare dai siti di abitato (aree E, D, C). Le lettere piccole corrispondono al
gruppo petrografico; gli asterischi segnalano i recipienti utilizzati come crogioli (scala 1 : 3).
36
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 23) Dorzano. Veduta aerea dello scavo.
Dorzano
In prossimità dell’altopiano morenico della
Bessa i cospicui ritrovamenti archeologici di età
romana documentati nelle aree dei comuni di Dorzano e di Salussola e in particolare nella piana di
S. Secondo, portano a identificare la zona compresa tra i due centri abitati come sede di un insediamento vicano del pagus Victimulae, amministrativamente dipendente da Eporedia58, sviluppatosi
in relazione allo sfruttamento delle aurifodinae, la
cui rilevanza dall’età repubblicana era già stata
sottolineata da Strabone (Geogr. V, 1, 12) e da Plinio (n.h., XXXIII, 41, 78) 59. Collocata lungo una
diramazione dell’asse viario che da Vercelli portava a Ivrea e ai passi alpini60, la località è ancora
ricordata nella C o s m o g r a p h i a d e l l ’ A n o n i m o
Ravennate, risalente forse al VII secolo seppure
basata su fonti tardoromane, che la indica ubicata
iuxta Eporejam non longe ab Alpe est civitas quae
dicitur Victimula (Rav. 4, 30). L’affioramento di
58 Come evidenziato dalle ricerche di B RECCIAROLI TABORELLI
1988, pp. 135-136.
59 Per il discusso passo di Strabone, che lo colloca nei pressi di
Piacenza, e in generale sull’attività estrattiva della Bessa cfr.
DOMERGUE 1998.
cospicui ruderi doveva caratterizzare il paesaggio
ancora ai tempi dell’arcivescovo di Vercelli Gio.
Stefano Ferrero se questi, scrivendo nel 1609,
ricordava che “ […] in valle S. Secundi reperiunt
passim incolae inter arandum fundamenta multa
antiqua aedificiorum ingentium, quorum frequentia etiam supra terram eminent”61.
Oltre alle scoperte avvenute nel passato di
resti strutturali e di importanti documenti epigrafici e figurativi, per lo più di piena età imperiale, in
particolare nelle regioni denominate “Murassi” e
“Le Porte” 62, altri elementi suggeriscono la possibilità che in questa zona anche nella tarda antichità sorgessero edifici di notevole estensione e
rilevanza. La complessità topografica del sito si
evidenzia anche in relazione all’ubicazione delle
diverse aree funerarie di orizzonte tardoantico e
altomedievale identificate sulla base di vecchi
ritrovamenti, poco o nulla documentati, che tuttavia offrono informazioni sulla localizzazione di
tombe e aree sepolcrali topograficamente connesse
60 VERCELLA BAGLIONE 1992; BANZI 1999,p. 54 ss.
61 FERRERO 1609, p.23.
62 Per una rassegna dei ritrovamenti e della bibliografia relati-
va si rimanda a PANTÒ 1991-92, p. 60 ss., a MASSARA 1999 (con
tentativo di localizzazione topografica sulla base dei catastali
del XVIII e XIX secolo), e a LEBOLE 1999.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
37
Fig. 24) Dorzano. Planimetria fase 1.
a edifici di culto63. Recenti indagini hanno consentito di evidenziare la presenza di strutture presumibilmente riferibili a una villa di età bassoimperiale, della quale è stato identificato anche un
ambiente absidato64.
A breve distanza, su un rilievo dominante la
piana di S. Secondo, è in corso l’indagine di un edificio di culto (fig. 23) già intercettato nel corso di ricerche condotte nel XIX secolo65 e interpretato dagli
editori del passato come un ponderario, in ragione
del ritrovamento avvenuto nel 1819 di un’iscrizione
dedicatoria databile al I-II secolo, che ne ricorda la
donazione da parte di Titus Sextius appartenente
alla tribù Voltinia, duumviro a Eporedia66.
Il primo impianto attribuibile con certezza a un
edificio di culto67 è basilicale orientato, articolato in tre
navate con le minori fiancheggiate a est da ambienti
simmetrici a pianta quadrangolare e navata centrale
conclusa da abside semicircolare oltrepassata, esternamente rafforzata da due contrafforti. Resti strutturali in prosecuzione del muro d’ambito meridionale,
potrebbero indicare la presenza di un atrio, forse non
contestuale per le differenze riscontrate nella tecnica
costruttiva. In tempi successivi altri ambienti si addizionarono lungo il lato esterno settentrionale (fig. 24).
La muratura, conservata solo per brevi tratti
nel primo filare di elevato, è in ciottoli accuratamente connessi con l’inserzione di rari laterizi, più
abbondanti nei tratti di elevato, legati da tenace
malta. La tipologia dell’abside 68 e la tecnica edilizia convergono nell’indicare per la costruzione una
cronologia compresa tra la fine del IV e il V secolo.
63 I dati sono stati raccolti e analizzati in PANTÒ 1991-92. Dal
territorio provengono la lapide funeraria cristiana di Vitales
adolescens, cronologicamente attribuita al V-VI secolo e rinvenuta nel 1782 nel coro dell’oratorio di San Pietro Levita (RODA
1985, p. 176 n. 104), e il frammento che ricorda Anastasio, oggi
perduto, già murato nella facciata dello stesso edificio (SCHIAPARELLI 1894-1895, pp. 198-200; VIALE 1971, p. 77).
64 BRECCIAROLI TABORELLI 1995, pp. 328-329.
65 RONDOLINO 1882, p. 29, ci informa che durante gli scavi praticati “da mani ignoranti”, oltre a rovinarsi le strutture murarie, “se n’andarono i marmorei selciati” comprese, forse, le epigrafi funerarie cui dovevano far parte i due frammenti con i
nomi rispettivamente di Modesta e Liberata, oggi perduti (CIL
V, 6772). Le recenti indagini sono state dirette da Luisa Brecciaroli Taborelli e dalla scrivente nella campagna di scavo del
1998: PANTÒ 1999c, con bibliografia precedente.
66 BRUZZA 1874, n. XXIX, pp. 55-56; RODA 1985, n. 100, pp. 168169; MASSARA 1999, p. 25 ss.
67 Nell’area orientale sono stati documentati i resti di un piccolo edificio la cui funzione e cronologia potrà essere definita con
la prosecuzione delle indagini.
68 Si riscontrano marcate similitudini con le chiese della Valle
d’Aosta prevalentemente datate tra la fine del IV e il V secolo,
e in particolare con quelle di Villeneuve (aula N) e di S. Lorenzo ad Aosta: per la bibliografia specifica e per ulteriori confronti cfr. B RECCIAROLI TABORELLI 1993, p. 306.
38
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 25) Dorzano. Planimetria fase 2.
Dai dati attualmente raccolti sembra di poter
escludere, almeno per i primi tempi, la destinazione funeraria della chiesa. L’assenza di sepolture
non consente di riconoscere in questo edificio un
santuario dedicato al culto di san Secondo69, presunto martire della legione tebea, che sarebbe
stato giustiziato sotto Diocleziano e Massimiano
“uno milliari prope castellum Cesariano quod […]
nomen Victimolis accepit” come narrato dalla Pas sio, edita dal Mombrizio nel 1478 e ripresa dagli
editori degli Acta Sanctorum, ma non anteriore
all’VIII secolo70. D’altra parte recenti studi tendono a collocare la diffusione del culto dei santi militari e in particolare di quelli della leggendaria
legione Tebea solo in età gota e poi longobarda, in
forte contrapposizione all’arianesimo71.
Un importante ampliamento comportò l’estensione dell’edificio con l’arretramento verso est dell’abside innanzi alla quale si sviluppa una struttura
definita da quattro pilastri, dei quali due cruciformi
a est e due quadrangolari a ovest. Resta ipotetica
l’addizione di navate laterali delle quali è al momento meglio documentata quella settentrionale, forse a
terminazione absidata, come parrebbe indicare una
trincea d’asporto ancora da indagare, racchiudente i
resti di un elemento circolare di muratura di ciottoli dal quale si diparte una canalizzazione di elementi laterizi, forse interpretabile come residuo di una
vasca battesimale (fig. 25). Le strutture murarie
dell’ampliamento si caratterizzano per la tessitura
irregolare con l’impiego di pietre e ciottoli legati da
malta, tranne che nel filare di imposta dove le pietre
hanno maggiore pezzatura e legante d’argilla. Probabilmente all’arredo di questa fase è attribuibile
l’opus sectile pavimentale in piastrelle di diverse
forme e dimensioni, con prevalenza dei triangoli in
bianco e nero, recuperati nell’arativo.
Intorno all’edificio si estese l’area cimiteriale72
con tombe in piena terra e altre, maggioritarie, a
fossa delimitata mediante cordolature di ciottoli e
laterizi fratti, mentre una sola documenta la presenza della tipologia a cassa di muratura. Questa
69 Secondo l’interpretazione di L EBOLE 1994, p. 333 ss.
71 CRACCO RUGGINI 1999, pp. 32-33 con fonti e bibliografia.
70 Acta SS. Augusti, V, cc. 792-797; l’interpretazione degli ultimi
72 Al momento sono state indagate poco più di una decina di
due capitoli, che alludono a diverse traslazioni delle reliquie e
che forse sono di epoca successiva, è controversa. Il vescovo Ferrero ricorda la presenza di una Vita del martire nell’Archivio
della Chiesa di Vercelli “in codice quodam perantiquo” (FERRERO
1602, p. 21), a oggi non reperito. Per la rivendicazione alla chiesa vercellese del santo cfr. CROVELLA 1968, pp. 52-57, LEBOLE
1979, pp. 24-40 e in ultimoMONACI CASTAGNO 1997, pp. 69-70.
tombe contenenti in alcuni casi più di una inumazione. L’analisi antropologica dei resti umani, pervenuti in precarie condizioni di conservazione, è stata effettuata da E. Bedini; si è
riscontrata la presenza di soggetti di entrambi i sessi deceduti
tutti in età adulta o avanzata, mentre appare evidente la sottorappresentazione degli infanti.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
39
Fig. 26) Dorzano. Particolare della T 5.
(T 5), collocata in evidente posizione di privilegio
all’esterno dell’edificio in asse alla facciata, è realizzata in muratura di ciottoli e tegole frammentarie poste in opera con legante di argilla, priva di
fondo e copertura costituita probabilmente da
tavole lignee e da alcune lastre di pietra (fig. 26).
L’inumato, un soggetto adulto di sesso maschile73,
era deposto con il capo a est poggiato su un emisesquipedale utilizzato come cuscino cefalico. La cronologia della tomba è suggerita dall’analisi C14
effettuata sui resti umani, che ha fornito la datazione non calibrata all’anno 770 ± 50.
La realizzazione dell’ampliamento della chiesa
con possibile funzione battesimale, ancora anteriormente alla metà del VII secolo, è suggerita
dalla presenza dei frammenti di un vasetto con
decorazione a stralucido di tradizione pannonica
deposto in una sepoltura infantile (T 8), che affianca l’abside sul lato meridionale.
73 Il soggetto, alto cm 165, deceduto a 45-50 anni, era stato
afflitto in età infantile da rachitismo.
74 Archivio Capitolare di Vercelli, Vita beati Petri Levitae, cod.
XLVII, ff. 79-82, e cod. XXXIV, ff. 196-201. Il corpo del Beato, collaboratore di Gregorio Magno, morto il 604 o poco dopo, sarebbe
stato trafugato “a romana sede ad uictimuli castrum antiquo
vocabulo cesareanum dictum” e traslato sotto il vescovo Ingone
(961-967) nel castrum di Salussola: a tale proposito cfr. CANTINO
WATAGHIN 1997, p. 44, n. 86, con bibliografia precedente.
75 G ANDINO 1990, p. 70.
L’abbandono dell’edificio sembra collocarsi dopo
l’VIII secolo, presumibilmente nel corso del IX. Pur
considerando con riserva i toni catastrofici che
nella Vita del Beato Pietro Levita, pervenuta in
doppia copia del XIII secolo, ma ascrivibile al X-XI
secolo, accennano a devastazioni subite dai luoghi
muniti e dalle chiese di Vittimulo nel corso di
distruttivi eventi bellici74, non si può non notare
come il destino del pagus e con esso l’assetto insediativo della conca di S. Secondo fosse destinato a
mutare drasticamente “nel volgere di qualche secolo”75. Tra l’atto dell’826 degli imperatori Ludovico e
Lotario a favore del conte Bosone, in cui la corte di
Biella è collocata nel pago di Victimulae (Ictimo lum)76, e il diploma di Ottone III del 999, in cui il
quadro di riferimento è completamente mutato in
favore di Biella 77 si colloca l’incastellamento del
sito di altura di Salussola, probabile nuovo polo di
aggregazione delle popolazioni rurali78.
(G.P.)
76 MGH Diplomata, 1893, doc. 323, pp. 748-751.
77 BORELLO 1933, doc. 1, p. 1 ss. in cui il riferimento al comita-
to di cui fa parte Biella, rimanda alla precoce organizzazione
carolingia dell’impero.
78 Per il quadro relativo all’incastellamento del Biellese si
rimanda ai dati raccolti in PANERO 1985, p. 27, n. 15; in generale,
per le dinamiche che portarono alla costruzione di castelli e
all’incastellamento di curtes tra X e XI secolo in Piemonte, focalizzate attraverso la ricerca storica, si rimanda a SETTIA 1999, p.
342 ss; per le fonti archeologiche cfr. MICHELETTO 1998, pp. 70-77.
40
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Sizzano
Ancora un abbandono si
evidenzia per la chiesa di Sizzano, nel Novarese, costruita
in una villa romana con continuità di vita e trasformazioni attestate dai materiali fino
al IV-V secolo 79 (fig. 27). La
villa faceva parte delle estese
strutture abitative del pagus
Agaminus80, mentre la presenza di una comunità cristiana nello stesso p a g u s
sarebbe attestata da Eusebio
di Vercelli già a metà del IV
secolo81.
La precisa sovrapposizione delle strutture paleocristiane sul precedente perimetro della villa, nel suo
angolo sud-occidentale, indica non solo l’ovvia recenziorità della chiesa, ma anche
che il suo inserimento tra i
fabbricati del complesso
avvenne in un periodo in cui
esso era pienamente in funzione, partecipe della generale prosperità del distretto
rurale di appartenenza, che
non subì significative contrazioni dell’abitato nel tardo
Fig. 27) Sizzano. Veduta aerea della villa con oratorio paleocristiano.
impero, come attestano le
evidenze archeologiche in più
siti del territorio pagense.
L’edificio di culto è ad aula unica (m 15,40 x 11
L’esame preliminare dei materiali ceramici
circa), conclusa a oriente da un’abside con profilo
raccolti negli strati relativi all’edificio di culto
interno a semicerchio oltrepassato, affiancata da
suggerisce un orizzonte cronologico tra IV e V
due vani rettangolari simmetrici (fig. 28). Distrusecolo, ma le caratteristiche architettoniche di
zioni moderne praticate nell’abside hanno impedimatura elaborazione – in particolare l’abside
to di verificare la presenza dell’altare, mentre sono
stretta tra i pastophoria – fanno propendere per il
risultati meglio conservati i resti dei piani paviV secolo82.
mentali dell’aula che, raccordandosi alle pareti,
I rapporti con la villa non lasciano dubbi sul
provano l’unitarietà di impianto della chiesa e percarattere privato della fondazione religiosa, le cui
mettono di precisare i rapporti stratigrafici con le
sorti appaiono ad essa legate anche nel seguente
fasi successive.
periodo di vita. Nei primi tempi la chiesa non
79 Gli scavi sono in corso dal 1988 sotto la direzione di Giuseppina Spagnolo Garzoli, con la partecipazione di chi scrive alle
due campagne che hanno interessato la chiesa: SPAGNOLO GARZOLI 1991; PEJRANI BARICCO 1999, pp. 80-83.
80 Sulle attestazioni archeologiche ed epigrafiche del pagus e
sulla sua struttura territoriale: S PAGNOLO GARZOLI 1998, S PAGNOLO GARZOLI 1999; DESSILANI 1995.
81 Sulla dibattuta questione dell’autenticità dell’interpolazione che include la plebs degli Agaminae ad Palatium nell’elenco
delle prime comunità cristiane dell’attuale Piemonte citate da
Eusebio di Vercelli, di recente si è espressa favorevolmente
CRACCO RUGGINI 1999, in particolare pp. 26-29, che vede confermata dalla documentazione archeologica “la traccia di una
cristianizzazione delle campagne che muoveva dai vertici civili
prima ancora che ecclesiastici, ossia dai grandi proprietari
ormai cristiani di queste ville incastonate in complessi vicani”.
82 Pur in assenza di confronti precisi, pare infatti poco probabile
che l’organica disposizione dei pastophoria non risenta già dei
modelli orientali mutuati attraverso Ravenna. Va comunque sottolineato, come si accennerà nelle conclusioni, che il tema architettonico degli annessi laterali ricorre più volte nell’architettura
della nostra regione, con soluzioni variate sia in relazione a
impianti a tre navate, sia a edifici a navata unica. Non è quindi
escluso che qui si tratti di una elaborazione originale per la creazione di locali indispensabili alla funzionalità liturgica, relativamente indipendente dai più aulici e lontani riferimenti.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
Fig. 28) Sizzano. Veduta aerea della chiesa.
Fig. 29) Sizzano. Particolare delle tombe affiancate alla parete meridionale della chiesa.
41
42
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
accolse sepolture né interne né esterne; soltanto
quando il pavimento era ormai interrato e la
quota di calpestio si era notevolmente rialzata, si
sviluppò un limitato cimitero lungo la parete
meridionale e al suo interno, presso l’angolo sudoccidentale (fig. 29). Successive erosioni del deposito archeologico e le arature del terreno hanno
ridotto lo stato di conservazione delle strutture
funerarie al solo fondo o a pochi resti delle pareti
delle tombe a cassa rettangolari o trapezoidali con
pezzame laterizio disposto a secco o legato da
malta ora disgregata. Altri fondi accuratamente
costruiti con tegole o mattoni interi potevano
essere connessi a coperture a doppio spiovente di
tegole, secondo tipologie diffuse, confrontabili ad
esempio con le diverse varianti emerse a Centallo
nel cimitero di VI-VII secolo. A “cappuccina” era
inoltre coperta la tomba più antica, infantile e isolata nell’aula, l’unica forse compatibile, per la
quota del colmo, con la seconda pavimentazione
della chiesa.
Nessun oggetto di corredo è stato ritrovato, né
si possono trarre informazioni sui resti scheletrici,
completamente perduti a causa della natura del
terreno. Si può quindi soltanto ipotizzare che tra
VI e VII secolo l’ultimo gruppo di residenti della
villa, forse i proprietari, data la discreta qualità
costruttiva delle tombe, abbia scelto il proprio oratorio privato come luogo di sepoltura, anche se l’edificio, già interrato, stava avviandosi a rovina.
Successivi allineamenti, abbastanza regolari,
di buche da palo, rivelano l’esistenza di un edificio
di legno, probabilmente impostatosi tra i ruderi
della chiesa ormai abbandonata. Difficilmente si
tratta di una cappella, mentre non si esclude possa
essersi verificata nell’alto medioevo una riconversione dell’area all’uso abitativo o agro-pastorale.
La chiesa dunque non sopravvisse a lungo all’abbandono della villa, che a sua volta rientra nell’ormai noto fenomeno della fine di queste strutture,
verificatosi nell’Italia settentrionale nel corso del
VI secolo83. Tuttavia la precoce decadenza di questo oratorio potrebbe avere relazione anche con l’istituzione di una chiesa battesimale, se fossero
confermate le origini paleocristiane del San Vittore di Sizzano, citata come pieve nel 1000 e nel 1013
e che alla fine del XVI-inizi del XVIII secolo, prima
di essere ricostruita, aveva ancora un battistero
autonomo, sotto forma di capella rotunda antiqua
con abside, altare e resti di un fonte battesimale
laterizio84.
(L.P.B.)
83 BROGIOLO (a cura di) 1996.
84 GAVAZZOLI TOMEA 1980, p. 94.
85 PEJRANI BARICCO 1999, pp. 83-97; PEJRANI BARICCO 2000.
86 La redazione del testo della Legenda Sancti Julii et Juliani
è stata recentemente retrodatata rispetto alla cronologia proposta dalla critica precedente, in quanto esso compare già nel
passionario 12 (10) della Biblioteca Capitolare di San Vittore di
Gozzano
Le indagini sull’isola d’Orta, condotte in più
occasioni fino all’estate del 1999 (figg. 30, 31),
offrono dati sempre più numerosi sulle vicende
della chiesa e del castrum, per i quali si è proposto
di attribuire l’importante fase costruttiva databile
tra la fine del V e gli inizi del VI secolo all’iniziativa dei vescovi novaresi, alla quale si accompagnò il
rilancio del culto dei santi Giulio e Giuliano, missionari evangelizzatori dell’area del Cusio85. Se la
tomba di san Giulio è venerata sull’isola almeno
dal V secolo, quella di san Giuliano era finora localizzata nella chiesa di San Lorenzo a Gozzano
dalla tradizione agiografica, che vuole l’edificio
costruito dal santo stesso per predisporvi la propria tomba86, dalle strutture romaniche della chiesa attuale – che comprendono il cenotafio emergente dietro l’altare (fig. 32) – e dalla documentazione scritta relativa alla pieve di Gozzano.
Con un diploma del 919, Berengario I concede
al vescovo di Novara Dagiberto di istituire presso
la chiesa plebana di Gozzano un mercato settimanale, al sabato, e una fiera annuale il 24 ottobre,
giorno della festa di san Giuliano, le cui ossa – dice
il documento – sono conservate nella chiesa stessa.
La data della festa corrisponde alla traslazione
delle reliquie, probabilmente avvenuta alla fine
del IX secolo sotto l’episcopato di Cadulto (882891), mentre la conferma della dedica della pieve a
san Giuliano è data da una citazione del 97087.
La nuova chiesa plebana fu dunque costruita
prima degli inizi del X secolo e dotata delle reliquie
sottratte al San Lorenzo, dove tuttavia si conservò
la memoria dell’originario luogo della sepoltura di
Giuliano, oggetto di perdurante devozione. In
seguito la chiesa dovette subire un progressivo
degrado, se nel 1141 il vescovo Litifredo la affidò a
un gruppo di laici, purchè la restaurassero e provvedessero al suo sostentamento.
L’edificio attuale, ad aula unica absidata, è
frutto di successivi parziali rifacimenti: il settore
orientale, che comprende l’abside, appartiene
all’età romanica, probabilmente ai restauri eseguiti dopo il 1141, mentre il resto della navata fu
ricostruito più tardi, in sostituzione delle strutture preromaniche evidenziate dallo scavo.
L’origine paleocristiana della chiesa è stata
infatti rivelata dall’indagine completa svolta al suo
interno e appena conclusa, che ha chiarito come l’attuale edificio ricalchi sostanzialmente lo schema
Intra, ora attribuito alla fine del IX secolo, e potrebbe risalire
agli inizi dell’VIII, contemporaneamente alla stesura della Vita
di San Gaudenzio: GAVINELLI 1998-1999, pp. 28-31; ANDENNA
2000, p. 20.
87 Sulle chiese di San Lorenzo e di San Giuliano a Gozzano: DI
GIOVANNI 1980, pp. 190-194. Per i riferimenti documentari e il
quadro storico precedente le indagini archeologiche si rimanda
ad ANDENNA 1987.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
43
Fig. 30) Isola di S. Giulio d’Orta. Scavo 1998 in casa Tallone; la freccia indica i resti del muro di cinta del castrum
tardoantico (fine V-inizi VI sec.).
Fig. 31) Isola di S. Giulio d’Orta. Scavo
1999 in piazza Vittorio Veneto: sui resti di
una scala monumentale tardoantica si
impostano edifici di età longobarda.
Fig. 32) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo,
veduta dell’area presbiteriale agli inizi
dello scavo; dietro l’altare emerge la copertura del cenotafio.
44
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 33) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, panoramica dello scavo da ovest.
planimetrico della prima chiesa, ricostruibile in
base ai resti delle fondazioni, visibili nei brevi tratti delle pareti longitudinali non fasciati dalle panche in muratura di età moderna, e allo sviluppo
della fase cimiteriale più antica (figg. 33, 34).
L’aula era verosimilmente conclusa da un abside, come suggerisce la disposizione radiale delle
tombe, e dotata di un banco presbiteriale a ferro di
cavallo (fig. 35). Ai lati di questo si allineano due
basi in muratura che dovevano supportare un diaframma murario. Davanti al synthronos sono conservati lacerti di pavimentazione che delineano
un’area quadrangolare, larga quanto il banco, con
tracce di opus sectile, contornato da resti di cocciopesto su vespaio, che forse si estendeva al resto
della chiesa. Il quadrilatero lastricato davanti al
banco doveva accogliere l’altare, probabilmente
chiuso da recinzioni.
La tipologia dell’aula unica con gruppo presbiteriale banco-altare trova abbondanti riscontri nelle
chiese paleocristiane delle diocesi settentrionali
della metropoli di Aquileia, a suo tempo studiate da
Menis e prevalentemente datate al V secolo88. Non
lontano da Gozzano, ma in diocesi di Vercelli, la
chiesa battesimale di Santo Stefano di Lenta, di cui
si è proposta una rilettura e un’ipotesi di datazione
alla prima metà del VI secolo, offre un importante
quanto raro confronto in ambito regionale89.
Dietro il banco, sull’asse mediano della chiesa
ed esattamente al di sotto del cenotafio di età
romanica, si è individuata una tomba molto ben
costruita con il fondo monolitico in pietra e le pareti in muratura legate e rivestite da malta signina.
Il defunto doveva essere deposto con il capo a est,
come indicano il cuscino in pietra e la terminazione arcuata della cassa, che richiama la forma dei
sarcofagi. Ritrovata ora vuota e priva della copertura originaria, questa tomba era evidentemente
quella di un personaggio venerabile, un ecclesiastico, data la posizione a oriente del capo90, di cui
anche più tardi, dopo la traslazione delle reliquie,
si ribadì la santità evidenziandone il sepolcro con
una sovrastruttura emergente dal pavimento, con
soluzione analoga a quella adottata per San Giulio
nella sistemazione romanica del presbiterio della
basilica sull’isola.
In attesa di approfondire meglio i confronti
tipologici di questo santuario, e in assenza di ele-
88 MENIS 1958, pp. 195 ss.
90Sull’ipotesi che la disposizione inversa dei defunti con capo a
89 PEJRANI BARICCO in corso di stampa.
est sia riservata agli ecclesiastici: D URAND 1988, p. 191; vi
accenna inoltre CROSETTO 1998b, p. 227.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
45
Fig. 34) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, panoramica dello scavo da est.
Fig. 35) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, planimetria dello scavo. Gli asterischi indicano la presenza di oggetti di
corredo nelle tombe.
46
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
Fig. 36) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, bottiglia in
vetro proveniente dalla T 2 (scala 1 : 2).
menti di datazione assoluta, si può provvisoriamente ipotizzare che sia sorto contemporaneamente alla ricostruzione della chiesa di San Giulio
tra la fine del V e gli inizi del VI secolo.
Probabilmente posteriore al primo impianto è
lo sviluppo delle sepolture che andarono progressivamente occupando tutto lo spazio disponibile, ad
eccezione dell’area dell’altare, solo parzialmente
intaccata sul fronte occidentale. Lo sviluppo del
cimitero appare ordinato per file, senza sovrapposizione delle strutture. Le tombe sono tutte a cassa
in muratura, oppure rivestite con grandi elementi
lapidei di recupero, tra i quali una stele e altri
frammenti iscritti di età romana. Il fondo era
quasi sempre rivestito di laterizi o di lastre lapidee
e ancora lastre costituivano la copertura, come si è
potuto osservare nei pochi casi in cui era conservata. I materiali edilizi impiegati nelle pareti comprendono ciottoli, scapoli di pietra, frammenti di
laterizi ed emisesquipedali, legati da argilla o da
calce, talvolta utilizzata solo per la stilatura dei
giunti sulle superfici interne della tomba. Resti di
finitura a intonaco sono stati inoltre osservati in
pochi casi, tra i quali spicca la T 45, posta davanti
all’ingresso, per il rivestimento con intonaco rosso
delle pareti e del fondo.
I defunti erano regolarmente deposti con il
91Devo alla cortesia di Elena Bedini le anticipazioni sui risul-
tati delle analisi antropologiche.
92GAMBARI 1998.
93Si tratta di una bottiglia frammentaria con bocca imbutifor-
capo a ovest. Di norma le tombe furono riutilizzate
più volte e poi manomesse o interamente svuotate
già in antico, con qualche eccezione nell’area del
presbiterio, meno disturbata. Si segnalano casi di
cassette di riduzione ricavate al tempo della
seconda inumazione (ad esempio T 13/16, T 17/20).
Lo studio in corso dei resti scheletrici 91, purtroppo mal conservati, va delineando le caratteristiche di un gruppo umano selezionato per sesso ed
età di morte: sono infatti nettamente prevalenti
gli individui maschili adulti (oltre il 53%), spesso
di età avanzata, come si è riscontrato per le tombe
dell’atrio del San Gervasio di Centallo. D’altra
parte non stupisce che l’area interna alla chiesa
abbia attratto le sepolture privilegiate dei capofamiglia adulti o anziani, mentre è possibile che gli
altri membri della comunità – donne e bambini –
siano stati inumati all’esterno.
Soltanto sette tombe hanno restituito oggetti di
corredo e in ogni caso le rideposizioni e le violazioni hanno sicuramente causato l’impoverimento o
la perdita completa dei corredi, benchè probabilmente questi fossero già in origine di tipo ridotto.
La sola tomba quasi integra, salvo un limitato
disturbo all’estremità orientale, è la numero 2,
posta a nord dell’altare e ancora coperta da una
grande lastra lapidea sigillata con malta lungo i
margini: questa reca incisa un’importante epigrafe leponzia della fine del III- prima metà del II
secolo a.C.92. All’interno dell’ampia cassa in muratura era sepolto un uomo di oltre 50 anni, con una
bottiglia di vetro, deposta all’altezza delle ginocchia, quale unico dono funebre, la cui tipologia
trova confronti in contesti databili dalla fine del VI
a tutto il VII secolo93 (fig. 36).
In asse con l’ingresso della chiesa, in una posizione privilegiata che più volte si è evidenziata
come tale anche negli esempi precedenti, la T 63,
estesamente distrutta, conteneva i resti sconvolti
di un individuo maschile di età matura o senile e di
un altro adulto forse femminile. Apparteneva sicuramente al primo una ricca cintura multipla per la
sospensione del sax con guarnizioni in ferro ageminato in argento e ottone su pseudo-placcatura in
argento dei campi decorativi (fig. 37). Si conservano: la fibbia a placca fissa, con anello e ardiglione
decorati a tratteggio in argento e ottone e decorazione di II Stile animalistico “armonioso” sulla
placca; due placche a forma di U, sempre con animali anguiformi intrecciati con schemi diversi,
compresi in un bordo perlato a punti alternati d’ottone e d’argento, e altre due placche più allungate
e articolate, di cui una con decorazione tripartita,
di tipologia già attestata nella cintura multipla
della T 4 di Trezzo, e ricorrente nelle cinture sucme, alto collo cilindrico, corpo globulare e fondo concavo, in
vetro verde chiaro con numerose bolle, decorata con un filamento applicato di colore bianco opaco, avvolto a spirale a partire dalla base del collo su quasi tutto il corpo. Appartiene alla
forma B5 della classificazione di STIAFFINI 1985, pp. 680-682.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
47
Fig. 37) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, guarnizioni di cintura provenienti dalla T 63.
Fig. 38) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, fibbia e puntale di cintura provenienti dalla T 16 (scala 1 : 2).
cessive alla metà del VII secolo, tra le quali pare
inserirsi il caso in esame94.
Nell’ambito del VII secolo si collocano anche gli
altri oggetti di corredo ritrovati nelle tombe 47, 60,
56, 54, tra i quali due fibbie in ferro di cinture reggiarmi a placca mobile triangolare, confermano la
predominanza delle inumazioni maschili.
Infine nella cassetta di riduzione T 16, connessa alla T 13, contenente i resti di un uomo molto
robusto, di elevata statura (cm 177,5 circa) e di età
avanzata, si sono raccolti la fibbia e il puntale
frammentario di una cintura “a cinque pezzi” in
ferro di forma allungata, assegnabile alla fine del
VII secolo-inizi dell’VIII95 (fig. 38).
94A restauro concluso sarà possibile approfondire la studio
in una maglia passante, spezzata. Il bordo è sagomato, la decorazione è limitata a quattro borchie in ottone con corona di base
zigrinata. Sul retro è presente un occhiello di fissaggio spezzato. Il puntale, frammentario, aveva probabilmente in origine
borchie di fissaggio in metallo diverso (argento e ottone) ai lati,
mentre quella centrale fu sostituita in antico con una borchia
emisferica in ferro. Per la forma e per la terminazione traforata, la fibbia si confronta con esemplari decorati provenienti da:
Calvisano, Santi di Sopra, T 12; Giengen, T
degli schemi decorativi per una valutazione più precisa dei confronti; per il momento si rimanda in generale al gruppo delle
cinture multiple ageminate, con motivi di II Stile animalistico
“armonioso” e agli sviluppi più maturi di queste decorazioni, da
ultimo analizzati da GIOSTRA 2000, pp. 88-102.
95PEJRANI BARICCO 1998, p. 96, fig. 29 a, b. La fibbia è priva di
ardiglione, con placca mobile triangolare allungata terminante
48
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
In sintesi, la chiesa paleocristiana, sorta in
relazione alla sepoltura venerata, verosimilmente
identificabile con il diacono Giuliano della tradizione agiografica, si connota in funzione funeraria
nel corso del VII secolo per opera di un gruppo, cui
appartengono personaggi di ceto elevato di ambito
longobardo96. La vitalità del luogo di culto sembra
tuttavia declinare nel corso dell’VIII secolo in concomitanza con l’arrestarsi dello sviluppo del cimitero, che riprenderà soltanto molto più tardi, dopo
la ricostruzione romanica, con sepolture del XIIIXV secolo.
Ai due santuari di Giulio e Giuliano tocca quindi una diversa sorte: il castrum sull’isola, probabile residenza del vescovo di Novara e poi del duca,
contribuisce a mantenere inalterato il prestigio
della chiesa, che nei secoli successivi conferma il
suo ruolo divenendo pieve, mentre la chiesa di San
Lorenzo tra VIII e X secolo subisce la concorrenza
di una nuova chiesa plebana, costruita sull’altura
dominante l’abitato e poi inclusa nel castrum di
Gozzano, attestato per la prima volta nel 101597.
(L.P.B.)
Conclusioni
Se per le chiese battesimali di età paleocristiana, documentate archeologicamente, è stata tentata una sintesi regionale98, manca ancora un quadro riassuntivo che integri questa categoria di edifici in un panorama complessivo sulle strutture
materiali finora note, relative alla prima cristianizzazione delle campagne dell’Italia nord occidentale99, anche se non mancano approfondimenti
su singole diocesi o su ambiti territoriali più circoscritti100. Di conseguenza non è agevole distinguere le linee di tendenza dell’evolvere delle tipologie
e della distribuzione delle chiese, della loro funzione e del loro rapporto con gli insediamenti nei secoli VII e VIII, che cercheremo quindi di abbozzare
partendo in primo luogo dalle esemplificazioni
illustrate nelle schede.
Continuità di vita degli edifici, nuove fondazioni e abbandoni risultano in buona parte condizionati dallo stato giuridico iniziale delle strutture
religiose, quando non intervengono importanti fattori politici o radicali modificazioni dell’assetto
territoriale e insediativo a complicare le dinamiche dell’organizzazione ecclesiastica101.
96Valgono naturalmente per questo gruppo tutte le cautele
invocate dal dibattito storiografico recente sull’attribuzione
“etnica” dei corredi di età longobarda, come è emerso ad esempio nel Convegno di Ascoli Piceno del 1995 ( Atti di Ascoli).
Come nel caso di Centallo, le analisi antropologiche potranno
forse contribuire alla definizione delle caratteristiche del campione umano rappresentato.
97 ANDENNA 1987.
98 PEJRANI BARICCO in corso di stampa.
99 Può valere come esempio il lavoro svolto per la Lombardia:
SANNAZARO 1990.
Partendo dalle chiese battesimali, sorte per
diretta iniziativa del centro episcopale e finalizzate alla cura pastorale delle popolazioni rurali, non
emergono incrementi durante l’età longobarda:
pur nella limitata casistica oggi disponibile, tutti i
battisteri preromanici individuati hanno rivelato
origini più antiche, databili tra V e VI secolo, in
accordo con il panorama offerto dalle fonti scritte e
archeologiche del resto della penisola per il V secolo e in particolare a partire dalla seconda metà102.
Per contro non si verificano nemmeno abbandoni e le strutture paleocristiane reggono i periodi
di crisi, legati alla guerra greco-gotica e alla conquista longobarda, proseguendo nella loro funzione fino a consolidarla nel successivo ordinamento
plebano, salvo tardivi trasferimenti di alcune sedi
per attrazione del centro abitato. Potrebbe essere
questo il caso della chiesa di San Giovanni ai
Campi a Piobesi e di San Giovanni in Montorfano
di Mergozzo, dove gli edifici vengono restaurati o
ricostruiti durante l’altomedioevo e i fonti battesimali rimangono in funzione fino all’età romanica,
quando i documenti segnalano però una diversa
ubicazione della pieve.
Ancora, il battistero di Cureggio conosce un
periodo di temporanea crisi a partire dal VI secolo,
ma l’edificio sopravvive fino alla ricostruzione del
complesso plebano tra la fine dell’IX e la prima
metà del XII secolo103.
Sull’interpretazione delle due fasi edilizie della
grande chiesa di Dorzano mancano ancora elementi dirimenti, che forse potranno essere acquisiti con il proseguire delle indagini. Il sedime non
risulta occupato in età romana e dunque non ci
sono prove del suo inserimento in una villa e dell’iniziativa privata di un possidente laico all’origine
della sua fondazione. Le dimensioni straordinariamente ampie per gli standard regionali, raggiunte
soprattutto nella seconda fase, depongono a favore
dell’antichità e dell’importanza dell’istituzione
religiosa: forse davvero una chiesa battesimale a
servizio di un centro demico “quasi urbano” come
Victimulae, che di questo seguì le sorti scomparendo definitivamente tra IX e X secolo. La tomba privilegiata di fine VIII-inizi IX secolo davanti all’ingresso è comunque indizio significativo di continuità d’uso dell’edificio fino all’età carolingia, se
non addirittura di qualche intervento evergetico
in suo favore.
100 Sarebbe arduo e superfluo raccogliere in questa sede una
esauriente rassegna bibliografica; ci si limita a segnalare tra i
contributi più recenti CANTINO WATAGHIN 1997; CANTINO WATAGHIN 1998; CANTINO WATAGHIN 1999; LIZZI TESTA, CRACCO RUGGINI 1998.
101 Su questi temi si farà riferimento in particolare a VIOLANTE
1982 e a SETTIA 1991, pp. 3-45.
102 Si rimanda al contributo di S. Gelichi e di V. Fiocchi Nicolai
in L’edificio battesimale in Italia, in corso di stampa.
103 PEJRANI BARICCO in corso di stampa, DI GIOVANNI 1980, pp.
182-184.
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
49
Ritornando agli inizi dell’evangelizzazione
delle campagne, i dati archeologici sembrano confermare che in un primo tempo la costruzione degli
edifici di culto non fu promossa tanto dai vescovi,
ancora impegnati nel consolidamento della loro
sede cittadina, quanto dai grandi possidenti terrieri, ai quali fu delegato il compito di convertire i
rustici alle loro dipendenze104. Accanto all’azione
missionaria spontanea di chierici e predicatori non
inquadrati nelle gerarchie diocesane, che traspare
nell’epigrafia105 e dalla quale originano rari santuari, come quelli di Giulio e Giuliano sull’Isola
d’Orta e a Gozzano, ben più evidente risulta nella
documentazione archeologica il precoce impegno
dei possessores nel dotare di edifici di culto le loro
residenze rurali.
All’esempio di Sizzano si può aggiungere quello di Ticineto 106 dove alcuni ambienti di una villa
furono trasformati in oratorio privato intorno al
quale, più tardi, si sviluppò un cimitero attribuito
al periodo compreso tra la fine del V e il VII secolo.
La funzione funeraria pare esclusiva per l’edificio,
privo di resti di un eventuale altare o di fonte battesimale, mentre la vasta diffusione delle sepolture nell’area circostante può riferirsi alla popolazione ancora insediata sulle terre della villa, dopo
l’abbandono delle sue strutture residenziali, avvenuto tra V e VI secolo.
Anche qui, come a Sizzano, la ristrutturazione
territoriale seguita alla fine del sistema di gestione fondiaria incentrato sulle ville, non favorì di
certo la promozione a chiesa pubblica degli oratori
privati – comunque improbabile in quei secoli – e
finì per determinarne il definitivo declino, quando
il consolidarsi delle prerogative delle chiese battesimali impedì loro di esercitare anche la funzione
funeraria.
Sempre all’iniziativa privata di un latifondista
pare da riferire la trasformazione in chiesa delle
strutture tardo romane scoperte a Centallo, che si
distingue per l’eccezionale presenza del battistero,
probabilmente dovuta proprio all’istituzione precoce di questa chiesa, entro la metà del V secolo,
prima che la diffidenza dei vescovi e del papa nei
confronti delle fondazioni private sfociasse, per
queste, nella rigorosa interdizione di possedere il
fonte battesimale, come emerge verso la metà del
VI secolo nei testi di papa Pelagio I107.
Non a caso a Centallo la sequenza stratigrafica
colloca proprio nel VI secolo la soppressione del
fonte. Ma a scongiurare un destino avverso a questa chiesa intervengono nuovi proprietari: una
comunità abbastanza consistente che vi si stabilisce il proprio luogo di sepoltura e che poi investe le
sue disponibilità economiche nella ricostruzione
dell’edificio.
È difficile non leggere in questo intervento di
mecenatismo una manifestazione del radicamento
fondiario dell’aristocrazia longobarda avvenuto
nel VII secolo, in concomitanza con la sua conversione al cattolicesimo e con il processo di osmosi
tra la popolazione romana e quella immigrata,
avviatosi dopo le prime fasi di stanziamento separato dei conquistatori108.
La chiesa di Mombello è per ora l’unica attestazione archeologica di un oratorio privato, a carattere funerario, costruito ex novo dai membri di una
famiglia che il corredo d’armi e la facoltà di indossare vesti decorate di broccato d’oro permettono di
identificare come appartenenti alla nobiltà longobarda, forse investita di responsabilità amministrative nell’ambito della iudiciaria. Per una volta
è chiaro il rapporto tra la chiesa e il nucleo abitato
di riferimento, in posizione assai ravvicinata, nonché il contrasto tra il rango elevato degli abitanti e
la qualità molto semplificata del loro modo di abitare.
La vicinanza tra capanne, oratorio e cimitero
emerge anche dall’indagine dei siti individuati
presso Settime di Desana, appartenente a una
fase insediativa un po’più attardata nell’VIII secolo, ma destinata comunque a mutare e scomparire
nel corso del successivo.
L’appropriazione a scopo funerario, da parte di
un gruppo egemone, probabilmente longobardo,
del San Lorenzo di Gozzano ripete per certi aspetti la situazione emersa a Centallo, ma qui la stretta correlazione con il San Giulio d’Orta e la conseguente disponibilità di un maggior numero di fonti
storiche, ci permette di seguire meglio in filigrana
l’evoluzione dei due santuari tra età gota e longobarda in ambito sì rurale, ma connotato dalla presenza senz’altro eccezionale del vescovo e del duca.
In ogni caso l’avvento dei Longobardi non risulta determinare discontinuità, almeno per l’Italia
nord occidentale, nell’utilizzo degli edifici di culto
precedenti, semmai restaurati o ricostruiti con
funzione funeraria.
Segni di crisi ricorrono invece durante l’VIII
secolo con la sospensione, a volte brusca, delle
sepolture nelle chiese non battesimali, anche
quando gli edifici perdurano fino all’età romanica e
oltre. In alcuni casi la fine del cimitero sembra
pesare in modo determinante tra le cause di
abbandono degli oratori. Infatti, anche se soltanto
con la legislazione carolingia l’organizzazione plebana riceve il suo assetto definitivo, non va dimenticato che il passo si compie dopo una lunga fase di
104 Nell’ampia bibliografia sul ruolo dei possessores nella cri-
106 NEGRO PONZI MANCINI 1980b, NEGRO PONZI MANCINI 1982,
NEGRO PONZI MANCINI 1983, Z ANDA 1996b.
107 VIOLANTE 1982, pp. 992-1000.
108 Per la situazione piemontese: MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997.
stianizzazione delle campagne si segnalano: L IZZI 1989 e S ANNAZARO 1990, per il riferimento alla documentazione storica e
archeologica di aree limitrofe al Piemonte o che lo comprendono.
105 MENNELLA 1998.
50
LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE
gestazione, che progressivamente conferisce alle
chiese battesimali le funzioni sacramentali, la
base economica derivata dalle decime e la giurisdizione su un preciso territorio, determinando la
crisi delle chiese private. Né questa tendenza fu
bilanciata in modo apprezzabile nell’Italia nordoccidentale dalla diffusione delle chiese nei centri
curtensi dell’VIII-IX secolo, data la struttura
dispersa dei beni fondiari delle corti di questa
regione, e in generale dell’Italia centro-settentrionale, che non consentì lo sviluppo di funzioni parrocchiali per i dipendenti dell’azienda agraria109.
Tra gli altri, l’esercizio del diritto di sepoltura,
codificato nella prima metà del IX secolo110, trova
particolare riscontro nella documentazione
archeologica proprio nella discontinuità delle
sepolture presso le chiese non plebane per i secoli
centrali del medioevo.
109 SETTIA 1991, in particolare pp. 9-10. Gli scavi condotti a
ruolo dell’edificio religioso in rapporto al castrum e alla curtis:
BOUGARD 1991.
110 V I O L A N T E 1982, pp. 11 3 9 - 1143. Il quadro più sfumato e
aperto alle eccezioni tracciato da Settia a proposito del diritto
di sepoltura delle pievi risente delle conoscenze parziali raggiunte dalla ricerca archeologica agli inizi degli anni Ottanta,
quando egli scrisse il suo articolo Pievi, cappelle e popolamento
nell’alto medioevo, riedito in SETTIA 1991, pp. 10-17.
Frugarolo, nella cascina La Torre, dove si sarebbe localizzato il
centro della curtis regia carolingia di Orba, coincidente con il
castrum del X secolo, non modificano, per ora, il quadro tracciato. L’individuazione di una chiesa nel castrum, identificabile
con la chiesa plebana citata nel X secolo o, più probabilmente,
con la cappella di San Vigilio, nota alla fine del IX secolo in villa
Urbe, lascia ancora aperti molti problemi interpretativi sul
Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco
51
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