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APPROFONDIMENTO Tassazione all`uscita (Exit tax): i dubbi
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APPROFONDIMENTO
Tassazione all’uscita (Exit tax):
i dubbi interpretativi ancora irrisolti
di Giulio Tombesi (*) e Alessandro Dragonetti (**)
Con la rivisitazione del primo Decreto Ministeriale
del 2 agosto 2013 avente ad oggetto le disposizioni
attuative dell’art. 166, comma 2-quater, del Tuir il
Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 2 luglio 2014 ha apportato alcune modifiche e fornito alcuni chiarimenti in merito alla disciplina della tassazione all’uscita che, tuttavia, non hanno generato
l’effetto auspicato. Ancora oggi, infatti, persistono
importanti dubbi interpretativi, il principale dei quali riguarda la corretta individuazione del momento
in cui avviene il trasferimento della residenza all’estero ai fini fiscali. Sebbene sia pacifico che le norme
convenzionali non impongono ma dirimono tassazione, l’introduzione dell’art. 2 nel testo del nuovo
Decreto sembrerebbe far propendere per un’interpretazione secondo la quale tale evento coinciderebbe con la data di trasferimento della residenza
ai fini civilistici.
1. Premessa
Il D.M. 2 agosto 2013 emanato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze ha introdotto nell’or(*)
Dottore commercialista e revisore legale in Milano, Bernoni
Grant Thornton.
(*)
Dottore commercialista e revisore legale in Milano, Bernoni
Grant Thornton.
1
I paesi appartenenti allo Spazio Economico Europeo che
garantiscono un adeguato scambio di informazioni ai fini
tributari sono l’Islanda e la Norvegia.
2
Quando, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L.
dinamento italiano le disposizioni attuative del
comma 2-quater dell’art. 166 del Tuir. Le disposizioni in oggetto riguardano la sospensione della
riscossione dell’imposta sui redditi dovuta sulle
plusvalenze realizzate in occasione del trasferimento della residenza verso uno Stato appartenente all’Unione europea o aderente all’Accordo
sullo Spazio economico europeo 1. Tale imposta è
meglio nota come ‘‘Exit tax’’.
A distanza di undici mesi il D.M. 2 agosto 2013
(primo Decreto), che si attendeva dal 24 gennaio
2012 2, è stato integralmente sostituito dal D.M.
2 luglio 2014 (secondo Decreto), pubblicato in
Gazzetta Ufficiale l’8 luglio 2014.
Da tale data il primo Decreto perde di efficacia e
per tutti i trasferimenti di residenza effettuati nel
periodo d’imposta successivo all’8 luglio 2014 si
applicheranno le disposizioni del secondo Decreto.
Al secondo Decreto ha fatto poi seguito in data 10
luglio 2014 il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 2014/92134 avente ad oggetto gli aspetti applicativi della disciplina 3.
A tali documenti di legge e di prassi ha fatto seguito Assonime con le circolari n. 5 del 20 febbraio 2014, che ha approfondito i nove commi
dell’unico articolo del primo Decreto 4, e n. 33
n. 1/2012, è entrata in vigore la normativa che disciplina la
sospensione della riscossione.
3
Il provvedimento ha fornito importanti indicazioni in merito agli aspetti pratici e, in particolare, alle modalità ed i termini per l’opzione, al regime delle garanzie ed al controllo
delle plusvalenze sospese.
4
All’unico articolo del primo Decreto, composto da nove
commi, con il D.M. 2 luglio 2014 si aggiungono due articoli:
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APPROFONDIMENTO – Fiscalità internazionale
del 17 dicembre 2014, che ha evidenziato le principali differenze del nuovo Decreto rispetto al Decreto originario e ha commentato i profili procedurali disciplinati dal provvedimento.
Nelle more dell’emanazione di una specifica prassi da parte dell’Amministrazione Finanziaria, in
quanto anche lo stesso secondo Decreto non ha
avuto modo di far luce su aspetti rilevanti in merito alle modalità applicative della disciplina di
cui all’art. 166, all’interno del presente documento vengono trattati alcuni aspetti che hanno fatto
sorgere nel corso degli ultimi mesi numerosi dubbi interpretativi tra gli operatori del settore.
Tra i molti argomenti ancora in attesa di certezze
vi sono: (i) l’applicabilità della disciplina alle operazioni straordinarie transfrontaliere; (ii) la commercialità quale requisito per la continuazione
dell’attività in una stabile organizzazione; (iii)
l’individuazione del momento impositivo in cui
si verifica la perdita della residenza fiscale e, conseguentemente, il calcolo dell’onere tributario
eventualmente sospeso; (iv) l’impatto dell’Exit
tax sul socio e, infine; (v) la riportabilità e l’utilizzabilità delle perdite fiscali in seguito al trasferimento della residenza.
2. La genesi della disciplina
La funzione assunta dalla tassazione all’uscita,
cosı̀ come nelle intenzioni del legislatore italiano,
è quella di chiusura del sistema fiscale nazionale.
La norma impone infatti l’assoggettamento a tassazione dei plusvalori latenti dei componenti dell’azienda nell’ultimo momento utile, oltre il quale
viene meno la potestà impositiva dello Stato a
causa del trasferimento all’estero della residenza
dell’imprenditore.
Introdotta dal D.L. n. 41 del 23 febbraio 1995,
l’Exit tax è stata da ultimo novellata con il D.L.
n. 1/2012 che ha recepito, per la prima volta all’interno del ordinamento legislativo tributario, un
espresso riferimento ad una sentenza della Corte
di Giustizia Europea, la National Grid Indus del
29 novembre 2011, causa C-371/10, riconoscendo
cosı̀ in toto le considerazioni e conclusioni raggiunte dalla Corte di Giustizia Europea.
Tale riferimento specifico sı̀ è reso necessario in
quanto all’epoca dei fatti vi era necessità, da parte
dello Stato Italiano, di evitare il completamento
di una procedura d’infrazione avviata dalla Commissione Europea nel 2010 5. A tale richiamo avevano fatto seguito le osservazioni ufficiali del Governo Italiano a sostegno della tesi secondo la
quale la disciplina domestica in materia di Exit
tax non costituiva una violazione del principio
di libertà di stabilimento di cui all’art. 49 del Trattato. Argomentazioni che, però, non avevano sortito alcun effetto. In tale contesto, la Corte di Giustizia Europea ha emesso la sentenza National
Grid Indus, che il legislatore italiano ha fatto propria introducendone l’espresso riferimento all’interno del Tuir e demandando le modalità applicative ad un successivo Decreto 6.
Con la sentenza National Grid Indus i Giudici del
Lussemburgo hanno statuito due principi che hanno avuto un notevole impatto nella rimodulazione
della normativa nazionale. Il primo è quello di proporzionalità impositiva tra i due paesi coinvolti (di
origine e di destinazione), secondo il quale la determinazione della plusvalenza e il calcolo dell’ammontare delle imposte deve essere effettuato, in
via definitiva, nel momento in cui la società cessa
di essere assoggettata alla potestà impositiva dello
Stato di origine. Il secondo è il principio del differimento della riscossione, secondo il quale una disposizione che imponga alla società di dover pagare
le imposte all’atto del trasferimento, ossia prima
dell’effettivo realizzo, è eccessiva rispetto al fine di
tutelare la potestà impositiva dello Stato di origine.
Questi due principi hanno sancito l’introduzione
del cosiddetto tax deferral nella disciplina italiana
dell’Exit tax. Ciò ha dunque conferito al contribuente nazionale la facoltà di scegliere se, alternativamente, (i) differire il pagamento al momento dell’effettivo realizzo 7; (ii) rateizzare il pagamento delle imposte dovute in un arco temporale
di 6 anni 8; (iii) liquidare immediatamente le imal differimento dell’imposizione, con il secondo decreto è
stato posto il limite temporale di 10 anni. Entro tale data
si dovrà pagare l’Exit tax, anche se non è stato conseguito
un effettivo realizzo.
l’art. 2, avente ad oggetto l’applicazione delle Convenzioni, e
l’art. 3, avente ad oggetto la disciplina transitoria.
5
Procedura d’infrazione che ancora oggi non è stata chiusa
dall’Unione Europea. Alla luce dell’emanazione del provvedimento attuativo la procedura di infrazione verrà probabilmente meno.
6
Decreto emanato il 2 agosto 2013 e poi rivisitato in data 2
luglio 2014.
7
Mentre il primo Decreto non poneva alcun limite temporale
8
Nel primo Decreto la rateizzazione poteva essere effettuata
lungo un arco temporale massimo di 10 anni; con il Decreto
del 2 luglio 2014 il periodo di rateizzazione è stato ridotto a
6 annualità.
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poste dovute, sempre conteggiandole sulla plusvalenza latente esistente al momento in cui la società residente viene a perdere la propria residenza fiscale.
3. Operazioni straordinarie
transfrontaliere
vamente con riferimento alla discipline dell’Exit
tax non ravvisando alcuna infrazione nella disciplina fiscale sulle operazioni straordinarie cui alla
Direttiva 2009/133/CE 10. Da ciò consegue che, ancor prima del legislatore Italiano, sia lo stesso legislatore Europeo a dover intervenire per eliminare tale anomalia riconoscendo il differimento della tassazione anche per le operazioni straordinarie intracomunitarie.
L’estendibilità dell’effetto tax deferral alle operazioni straordinarie transfrontaliere, di cui all’art.
178 del Tuir, viene di fatto esclusa dal testo dei
due decreti ministeriali che non prevedono alcuna estensione applicativa della normativa di favore dell’art. 166 del Tuir alle operazioni straordinarie intracomunitarie.
A tal proposito è importante evidenziare che già il
primo Decreto 9 non prevedeva alcuna specifica
previsione in merito e, quindi, si ritiene che il regime di favore della sospensione della tassazione,
espressamente introdotto per la specifica disciplina dell’Exit tax di cui all’art. 166 del Tuir, non possa trovare applicazione in presenza di operazioni
straordinarie, quali fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo e scambi di azioni a carattere transfrontaliero.
Il mancato riconoscimento di tale possibilità all’interno del Decreto è principalmente dipeso dall’assenza di detto principio all’interno della sentenza della Corte di Giustizia Europea National
Grid Indus, nella quale veniva esclusivamente
trattata la fattispecie del ‘‘trasferimento di residenza’’.
Il legislatore italiano si è di fatto adagiato sul testo della sentenza della Corte di giustizia senza
andare oltre; non favorendo, quindi, la possibile
applicazione del tax deferral anche alle operazioni
straordinarie transfrontaliere.
Sulla base di un’interpretazione logico-sistematica si dovrebbe condividere il principio in base al
quale il regime di favore del differimento della
tassazione di cui all’art. 166 sia da estendere anche alle operazioni straordinarie.
La stessa Commissione Europea, tuttavia, nelle
procedure di infrazione aperte nei confronti delle
numerose normative nazionali sulle Exit tax dei
singoli Stati Membri, si è limitata a contestare
la violazione della libertà di stabilimento esclusi-
La tassazione all’uscita è una disciplina fiscale
che trova origine nel contesto Europeo anche
con riferimento alle persone fisiche. Pioniera in
tal senso è la Francia che, con la sentenza della
Corte di Giustizia De Lasteyrie du Saillant Causa
C-9/02 dell’11 marzo 2004, è stata la prima ad essere condannata per la violazione del principio di
libertà di stabilimento applicato alle persone fisiche. All’interno dell’ordinamento domestico l’applicazione della Exit tax viene circoscritta a coloro che svolgono attività commerciale. In tale categoria rientrano non solo le società di capitali e gli
enti commerciali, ma anche le persone fisiche e le
società di persone che esercitano attività commerciale.
Proprio il requisito della commercialità è uno dei
requisiti essenziali al fine di valutare l’applicabilità di tale regime alle holding. A tal proposito è bene precisare che, sebbene non debba sussistere alcun dubbio in merito all’applicabilità dell’effetto
tax deferral alle holding dinamiche, ossia a quelle
società che assieme alla detenzione di partecipazioni svolgono una vera e propria attività di direzione e coordinamento 11, qualche dubbio in più
si dovrebbe porre con riferimento alle c.d. holding
statiche, ossia quelle società che si limitano a gestire la tipica posizione di socio senza aggiungere
un vero e proprio quid pluris 12.
Tale dubbio applicativo dovrebbe essere risolto in
modo favorevole facendo leva sul principio di libertà di stabilimento primario. Tale principio
tutela soggettivamente l’ente che intende stabilirsi
e integrarsi in un altro Stato per svolgervi attività
economiche effettive, anche se di natura non
commerciale, quali le attività di detenzione e/o
9
Neppure il secondo Decreto prevede qualcosa di specifico in
merito.
11
L’attività di direzione e coordinamento è disciplinata dall’art. 2497 e seguenti del Codice Civile.
10
La Direttiva n. 2009/133/CE, fa seguito alla direttiva 2005/
19/CE e alla prima direttiva in ambito di operazioni straordinarie transfrontaliere n. 90/434/CEE.
12
Cassazioni n. 1576 del 2009 e n. 1593 del 2009, riguardanti la
configurabilità dell’esercizio di impresa da parte di una holding ai fini dell’assoggettamento a procedura concorsuale.
4. Requisito della commercialità
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di gestione di immobili o altri singoli beni. Alla luce del principio di libertà di stabilimento primario si dovrebbe ritenere quindi estendibile l’applicabilità della Exit tax anche alle holding statiche,
in quanto queste sono state costituite come tali,
quindi anche in assenza di una vera e propria attività d’impresa.
Nonostante questo principio non risulti ancora
del tutto pacifico, un ulteriore elemento a supporto della tesi secondo cui risulterebbe applicabile il
regime dell’Exit tax anche alle società senza impresa è insito proprio nei fatti della sentenza National Grid Indus. La Corte di Giustizia Europea
ha infatti ritenuto meritevole del regime di favore
del tax deferral una società, che si è trasferita dall’Olanda al Regno Unito, il cui unico asset era rappresentato da un credito vantato verso un’altra società del gruppo.
Ulteriori implicazioni del requisito
commerciale
Proprio la necessità di avere un’attività commerciale ha due importanti implicazioni in ambito
di tassazione all’uscita. La prima riguarda la possibile non applicazione dell’effetto tax deferral alle
stabili organizzazioni, o a singoli beni delle stesse, che vogliono trasferire la propria residenza all’estero e che per poter beneficiare del regime devono obbligatoriamente costituire un’universalità di beni idonei a svolgere un’attività commerciale 13. Condizione essenziale è altresı̀ che
l’attività svolta in Italia continui nel paese di trasferimento, ossia che il trasferimento non abbia
alcuna finalità liquidatoria.
La seconda implicazione riguarda l’impossibilità
di qualificare come stabile organizzazione ai fini
della disciplina della ‘‘continuità fiscale’’, di cui
al primo comma dell’art. 166, la società holding
statica che, trasferendo la propria residenza all’estero, decide di evitare la tassazione all’uscita lasciando in Italia una stabile organizzazione
che andrebbe a svolgere esclusivamente attività di detenzione di partecipazioni, beneficiando del regime di continuità fiscale.
13
14
Un’universalità di beni appartenenti ad una stabile organizzazione, seppur non rappresentativi dell’intero patrimonio
della stabile organizzazione, dovrebbero poter beneficiare
dell’effetto tax deferral.
Diversamente dal principio di libertà di stabilimento primario, la libertà di stabilimento secondaria esprime il diritto di
un’impresa di installare in uno Stato diverso da quello in cui
mantiene la residenza, ‘‘filiali, succursali o agenzie’’ che richiedono la rappresentazione di una vera e propria azienda.
La stabile organizzazione che svolge attività di
holding statica, diversamente da una società,
non sembrerebbe poter far appello al principio
di libertà di stabilimento primario, ossia del riconoscimento della stabile organizzazione che svolge attività di holding statica semplicemente perché è stata costituita come tale 14. Conseguentemente, essendo la commercialità un requisito essenziale per poter operare attraverso una stabile
organizzazione in Italia, la stessa Assonime ribadisce il concetto secondo cui i singoli beni che
non costituiscono un’azienda, pur se presenti in
Italia, sono da considerarsi come confluiti direttamente nel patrimonio estero della società trasferita. Tali beni sarebbero quindi potenzialmente assoggettabili a tassazione immediata in assenza di differimento (che rimarrebbe comunque
possibile).
A tal proposito, la stessa Amministrazione Finanziaria, con la ris. n. 21/E del 27 gennaio 2009, ha
già avuto modo di precisare che, per poter godere
della ‘‘continuità fiscale’’ all’interno di un’operazione straordinaria transfrontaliera ai sensi dell’art. 179 del Tuir, deve continuare ad esistere in
Italia una stabile organizzazione riconosciuta ai
sensi dell’art. 162 del Tuir.
Al fine di ovviare a tale dubbio interpretativo sembrerebbe quindi opportuno consigliare al contribuente, che decide di trasferire la propria residenza fiscale all’estero lasciando in Italia una stabile
organizzazione, di interpellare preventivamente l’Amministrazione Finanziaria attraverso lo
strumento del ruling internazionale. Tale strumento, introdotto dal D.L. Destinazione Italia n.
145/2013, è infatti mirato ad individuare l’effettiva presenza in Italia di una stabile organizzazione.
La conferma dell’esistenza di una stabile organizzazione in Italia da parte dell’Amministrazione
Finanziaria a seguito del trasferimento della residenza all’estero di una società holding statica che
decide di mantenere in Italia una stabile organizzazione eliminerebbe ogni dubbio in merito alla
possibilità di beneficiare della continuità fiscale
ex art. 166, primo comma 15.
Tale principio, a differenza di quello primario, risulta quindi
applicabile alle Stabili Organizzazioni.
15
È bene precisare che anche nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria dovesse disconoscere la presenza di una stabile organizzazione in Italia ai sensi dell’art. 162 del Tuir
e, quindi, dovesse considerare come trasferita all’estero l’intera società, risulterebbe comunque possibile beneficiare
dell’effetto tax deferral per i plusvalori degli asset trasferiti.
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Infine, si segnala che l’effetto tax deferral non dovrebbe applicarsi al trasferimento di un’universalità di beni appartenenti alla società 16.
5. Momento impositivo (tra normativa
domestica e convenzionale)
La corretta individuazione del momento in cui
avviene il trasferimento della residenza all’estero
ai fini fiscali è fondamentale per identificare la
data di riferimento per valorizzare l’ammontare
delle plusvalenze (o minusvalenze) latenti dell’universalità di beni che vengono trasferiti.
Nonostante la norma sembri affermare che il momento impositivo in cui si verifica il trasferimento all’estero della residenza ai fini civilistici sia altresı̀ il momento rilevante fiscalmente, determinando cosı̀ un perfetto allineamento tra la disciplina fiscale e quella civilistica, non si può non
considerare che il trasferimento della residenza
ai fini fiscali debba coincidere con il giorno in
cui il contribuente nazionale perde la propria
residenza in virtù della particolare normativa fiscale domestica.
La normativa fiscale italiana prevede che al fine
di considerare residente in Italia una persona fisica, ai sensi dell’art. 2 del Tuir, una società di persone, ai sensi dell’art. 5 del Tuir, o una società di
capitali, ai sensi dell’art. 73 del Tuir, si renda necessaria la presenza nel territorio dello Stato per
un lasso di tempo almeno pari a 183 giorni nel
medesimo periodo d’imposta (in ipotesi di periodo d’imposta normale, i.e. di 12 mesi).
Le difficoltà nell’individuare con precisione la data in cui avviene il trasferimento fiscale della residenza deriva proprio dal disallineamento tra la disciplina fiscale e quella civilistica.
Da qui emergono due possibili scenari: il trasferimento della residenza nella prima parte dell’esercizio e il trasferimento della residenza nella seconda parte dello stesso.
Il trasferimento civilistico della residenza che si
verifica nella prima parte dell’esercizio fa sı̀ che
il momento impositivo fiscalmente rilevante coin16
Per poter beneficiare dell’effetto tax deferral si rende quindi
necessario il trasferimento dell’intera società.
17
Questo è uno dei principali chiarimenti contenuti nel secondo Decreto. Al comma 3 dell’art. 1 del secondo Decreto si
precisa che ‘‘Le imposte sui redditi, relative alla plusvalenza
di cui al comma 1, sono determinate in via definitiva alla fine dell’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia o di
esistenza in Italia della stabile organizzazione oggetto di trasferimento, senza tener conto delle minusvalenze e/o delle
cida con l’ultimo giorno dell’anno fiscale precedente a quello in cui avviene il trasferimento 17.
È infatti a partire da tale data che la norma domestica fa decorrere formalmente la perdita della residenza fiscale, facendola retroagire alla fine dell’esercizio precedente in quanto non risultano
maturati i 183 giorni nell’esercizio in cui avviene
il trasferimento.
In virtù della particolare disciplina nazionale sulla residenza, il disallineamento civilistico-fiscale
creerebbe nel territorio nazionale una stabile organizzazione di un soggetto residente per tutti i
beni riconducibili alla stessa 18. Conseguentemente, per il periodo di tempo che intercorre tra il primo giorno dell’anno fiscale in cui avviene il trasferimento della residenza e il giorno del trasferimento, la società in uscita non verrà considerata
fiscalmente residente in Italia ai sensi dell’art.
73 del Tuir, quindi tassata per tutti i beni universalmente prodotti, ma verrà assoggetta a tassazione ai sensi all’art. 23 del Tuir. Tale articolo disciplina, infatti, la tassazione dei soggetti non residenti per i redditi d’impresa derivanti da attività
esercitate nel territorio dello Stato mediante una
stabile organizzazione.
Conseguenza di tale interpretazione è il differimento della tassazione della plusvalenza latente
riferibile ai beni che sono direttamente riconducibili alla stabile organizzazione italiana al momento del trasferimento della residenza civilistica 19.
Ciò è dato dal fatto che da tale momento verrà
meno la stabile organizzazione iniziale. Riguardo
ai beni non riferibili alla stabile organizzazione
iniziale del soggetto non residente, il momento
impositivo della plusvalenza è, invece, l’ultimo
giorno dell’esercizio precedente, ossia il giorno
in cui i beni perdono la residenza fiscale italiana
non essendo riconducibili alla stabile organizzazione.
Qualora il trasferimento della residenza dovesse
avvenire nella seconda parte del periodo d’imposta, la residenza fiscale verrebbe mantenuta sino all’ultimo giorno dell’esercizio in cui avviene il
trasferimento, momento in cui viene determinata
la plusvalenza latente.
plusvalenze realizzate successivamente al trasferimento
stesso’’. Prima di tale chiarimento autorevole dottrina riteneva che tale momento coincidesse con il primo giorno dell’esercizio e non l’ultimo dell’esercizio precedente.
18
La stabile organizzazione cosı̀ qualificata viene definita in
dottrina come ‘‘stabile organizzazione iniziale’’.
19
Fattispecie a formazione progressiva.
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5.1. Implicazioni convenzionali
A corollario del disallineamento tra la data di trasferimento secondo la disciplina civilistica e la
data di perdita della residenza secondo la disciplina fiscale, il trattamento convenzionale tra il paese di origine e il paese di destinazione potrebbe
potenzialmente generare fenomeni di doppia imposizione o doppia non imposizione. Ciò sarebbe
infatti dovuto all’assenza all’interno dell’ordinamento nazionale della disposizione secondo cui
la residenza fiscale si trasferisce esattamente
nel momento in cui avviene il trasferimento
della residenza civilistica, a condizione che
con tale evento si verifichi il trasferimento del place of effective management della società. A livello
normativo in ambito convenzionale, il principio
dello split year è stato espressamente introdotto
dall’Italia esclusivamente nei trattati siglati con
Germania e Svizzera.
In tutti gli altri casi - in virtù del combinato disposto (i) della tie break rule di cui al paragrafo 3 dell’art. 4 del modello OCSE, secondo cui è dirimente la presenza nel territorio dello Stato del Place of
Effective Management della società per individuare l’effettiva residenza di una società, senza quindi imporre alcun requisito temporale, e (ii) dell’art. 73 del Tuir dove, invece, è condizione necessaria l’elemento temporale dei 183 giorni per individuare la residenza di una società - si potrebbero
verificare delle situazioni di non residenza assoluta o di doppia residenza.
Il primo caso, ovvero la non residenza in alcuno
dei due paesi coinvolti, si verificherebbe in presenza di un trasferimento della residenza avvenuto nel primo semestre dell’esercizio. Data l’assenza del requisito temporale dei 183 giorni, l’Italia
non potrebbe infatti assoggettare a tassazione tutti i redditi globalmente prodotti dall’inizio dell’anno sino alla data di trasferimento della residenza.
Dall’altro lato, il paese di destinazione inizierebbe
a tassare i redditi globalmente prodotti esclusivamente dal momento in cui la sede legale della società viene registrata presso il locale registro delle
imprese.
In un contesto di possibile doppia non residenza
su base mondiale, anche se limitato ad una sola
parte dell’anno, è bene quindi richiamare il monito della Commissione Europea C(2012)8806 in
ambito di situazioni che possono portare a ‘‘fenomeni di doppia non tassazione’’. Il principio secondo cui tali fenomeni non devono esistere in
un contesto bilaterale è stato fatto proprio dall’OCSE all’interno del progetto BEPS con l’azione
numero 6 dal titolo ‘‘Prevent treaty abuse’’, recente-
mente analizzata all’interno del documento dal titolo ‘‘Preventing of Treaty Benefits in Inappropriate
Cirustances’’, dove questo viene enfatizzato fino al
punto di proporre una variazione al titolo del modello Convenzionale in ‘‘Convention between (State A) and (State B) for the elimination of double taxation with respect to taxes on income and on capital and the prevention of tax evasion and avoidance’’.
Il secondo caso, ovvero la doppia residenza, si
verificherebbe in presenza di un trasferimento
della residenza avvenuto nel secondo semestre
dell’anno per il reddito generato dalla data di trasferimento civilistico sino alla fine dell’anno. Sebbene si possa qualificare la società in uscita come
fiscalmente residente in Italia per l’intero periodo
d’imposta, avendo questa maturato nel territorio
italiano il requisito temporale dei 183 giorni richiesto dalla normativa fiscale domestica, la prevalenza della disposizione pattizia su quella nazionale e, quindi, l’applicazione della tie break rule
convenzionale, farebbe sı̀ che, in virtù dell’avvenuto spostamento del Place of Effective Management nel paese di destinazione, quest’ultimo potrà
tassare il reddito ovunque prodotto in via esclusiva.
Anche in un contesto di possibile doppia residenza l’OCSE è intervenuto all’interno dell’azione numero 6 chiarendo che il miglior modo per dirimere la questione è quello di far dialogare le amministrazioni finanziarie dei paesi coinvolti attraverso una procedura amichevole.
5.2. Applicazione delle convenzioni
nel secondo Decreto
In merito alla difformità tra la disciplina fiscale
nazionale, la quale impone il requisito temporale
dei 183 giorni e quella degli altri pesi europei, ove
generalmente si diviene residente fiscalmente dal
giorno in cui il centro di direzione effettivo delle
società viene trasferito (in conformità alla previsione convenzionale del modello OCSE) il legislatore ha cercato di porre rimedio con l’introduzione nel D.M. 2 luglio 2014 dell’articolo 2, dal titolo
‘‘Applicazione delle Convenzioni’’.
In tale articolo si precisa che ai fini della disciplina sull’Exit tax il trasferimento della residenza è
determinato tenendo conto delle Convenzioni in
materia di doppia imposizione.
Non avendo il legislatore introdotto alcuna ulteriore previsione oltre alla semplice conferma dell’applicazione delle previsioni Convenzionali ai fini della disciplina di cui all’art. 166 del Tuir, sembrerebbe che sia stato ribadito un principio che
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era già presente nell’ordinamento nazionale, ossia
il principio della prevalenza della norma convenzionale su quella domestica, data la gerarchia delle fonti 20.
Se questa interpretazione venisse confermata, il
senso dell’art. 2 si ridurrebbe ad una mera conferma della tassazione su base mondiale del solo
paese di destinazione in caso di trasferimento
della residenza nella seconda parte dell’anno.
Ciò avverrebbe alla luce del fatto che il trasferimento del place of effective management(POEM),
ai sensi dell’art. 4 del modello OCSE, andrebbe a
prevalere sulla norma domestica. Diversamente,
in caso di trasferimento della residenza nella prima parte dell’anno tale chiarimento non sembrerebbe venire in aiuto all’amministrazione finanziaria italiana in quanto, per la tassazione in Italia del reddito ovunque prodotto dalla società sino alla data del trasferimento il requisito temporale dei 183 giorni verrebbe comunque richiesto 21.
Altra interpretazione della norma potrebbe essere
invece quella secondo cui, indipendentemente
dalla norma nazionale, ai fini della disciplina sull’Exit tax, il trasferimento della residenza dovrebbe guardare alla data di trasferimento del place of
effective management, ossia senza considerare il
requisito temporale. Pertanto, in caso di trasferimento della residenza nel corso del primo semestre, l’entità rimarrebbe fiscalmente residente
in Italia su base mondiale fino alla data del trasferimento civilistico. Allo stesso modo, in caso
di trasferimento della residenza nella seconda
parte dell’anno, la società perderebbe la propria
residenza fiscale e, quindi, il diritto a tassare su
base mondiale al momento del trasferimento della residenza civilistica, lasciando poi al paese di
destinazione tale diritto per la restante parte dell’anno.
Si ritiene che la seconda interpretazione risulti sicuramente più corretta e maggiormente coerente
con l’ordinamento nazionale sulla residenza fiscale degli altri paesi europei.
L’art. 2 del Decreto ha altresı̀ precisato che il trasferimento della residenza all’estero è determina20
21
Ai sensi dell’art. 169 del Tuir, le disposizioni dello stesso Testo Unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia
imposizione.
La funzione della convenzione è proprio quella di dirimere
la doppia imposizione e non imporre la tassazione in uno
specifico Stato. Conseguentemente, se la norma domestica
non prevede alcuna tassazione in Italia su base mondiale,
in virtù della carenza del requisito temporale dei 183 giorni,
to considerando le convenzioni stipulate tra gli
Stati appartenenti all’Unione Europea ovvero
aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo e gli Stati terzi, ove vigenti.
Tale previsione risulta ancora oggi poco chiara.
Tuttavia, autorevole dottrina ritiene che questo
passaggio della norma abbia una specifica valenza esclusivamente in ambito di decadenza della
riscossione.
Di fatto, costituendo il trasferimento della residenza in Stati terzi (diversi da quelli sopra elencati) causa di decadenza dall’effetto tax deferral, Assonime ritiene che in caso di successivo trasferimento di sede in un paese terzo il momento rilevante per la perdita dei benefici del tax deferral
coincida con quello di perdita della residenza cosı̀
come previsto dalle convenzioni contro le doppie
imposizioni in vigore tra questi due Stati.
Ad avviso degli autori tale interpretazione risulta
sicuramente corretta ed ha altresı̀ il merito di rafforzare l’ipotesi secondo la quale il legislatore italiano, con l’introduzione dell’articolo 2 nel testo
del secondo Decreto, ha voluto chiarire che il trasferimento della residenza fiscale (dall’Italia al
paese appartenente all’Unione Europea ovvero
aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo) sia da determinarsi sulla base delle regole
temporali dettate dalle previsioni convenzionali
in essere tra i due paesi coinvolti, ossia guardando esclusivamente alla data di trasferimento del
place of effective management, senza, quindi, considerare la normativa nazionale 22.
Sul punto è sicuramente auspicabile un intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione finanziaria.
6. Tassazione del socio non residente
Altro tema interessante afferente la disciplina dell’Exit tax è l’impatto in capo ai soci del trasferimento della società in applicazione della normativa nazionale e convenzionale.
All’interno di tale analisi si debbono fare due distinguo. Il primo è relativo alla residenza del soquesta non può essere automaticamente imposta dalla norma convenzionale.
22
Questo, in quanto, non si capirebbe come il riferimento alle
norme pattizie possa (pre)valere esclusivamente in ambito
di trasferimento tra due paesi terzi (paese appartenente all’Unione Europea ovvero aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo e paese terzo) e non anche in ambito ‘‘domestico’’ (Italia e paese appartenente all’Unione Europea ovvero
aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo).
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cio, se residente in Italia o meno. Il secondo è relativo alla natura del reddito: se reddito diverso
derivante dalla plusvalenza/minusvalenza registrata in seguito alla cessione della partecipazione
trasferita, ovvero se reddito di capitale derivante
dagli utili (dividendi) dalla partecipata trasferita
all’estero.
In presenza di un socio residente, tassato in Italia per il reddito ovunque prodotto, l’amministrazione Italiana dovrebbe mantenere la propria potestà impositiva in via esclusiva con riferimento
alla plusvalenza. La potestà sarebbe infatti mantenuta in virtù dell’applicazione del comma 5 dell’art. 13 del modello OCSE che prevede la tassazione esclusiva della plusvalenza nel paese di residenza. Diversamente, con riferimento agli utili
d’impresa (dividendi), la potestà impositiva verrebbe mantenuta in via concorrenziale, data l’applicazione dell’art. 10 del modello OCSE, che prevede anche la tassazione del paese fonte seppure
in maniera limitata 23.
In presenza di un socio non residente, tassato
in Italia per i redditi ivi prodotti, che detiene
una partecipazione Italiana trasferita all’estero,
l’amministrazione Italiana non avrà più alcun
diritto impositivo venendo meno le condizioni
di cui alla lettera b) del primo comma dell’art.
23 del Tuir, per i redditi di capitale, e di cui alla
lettera f), per i redditi diversi.
Al fine di ovviare a tale possibile limitazione impositiva dello Stato Italiano sui futuri redditi generati in capo ai soci, sia residenti che non, Assonime ipotizza come l’Amministrazione finanziaria del paese di origine possa applicare una tassazione all’uscita (eventualmente soggetta a differimento) anche in capo ai soci non residenti per gli
utili di loro pertinenza. In tale scenario, oltre alla
tassazione all’uscita pari al 27,5% sulle plusvalenze latenti 24 si aggiungerebbe una tassazione sugli
utili sottostanti spettanti ai soci e tassati ai sensi
dell’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973.
In merito a quest’ultima previsione è comunque
essenziale precisare come sia lo stesso art. 166
del Tuir, al comma 2-ter, ad escludere la tassazione dei soci della società trasferita al momento del
trasferimento della residenza della società.
7. Perdite fiscali
23
In caso di non applicazione della direttiva Madre–Figlia da
parte del nuovo paese fonte.
26
24
Questa non dovrebbe essere soggetta ad Irap in quanto ‘‘operazione straordinaria’’ che, quindi, esula dalla base imponibile di cui al D.Lgs. n. 446/1997.
25
Risoluzione n. 63/E del 17 giugno 2014.
L’utilizzo delle perdite fiscali residue al momento del trasferimento della residenza fiscale Italiana è disciplinato dal comma 4 dell’art. 1 del Decreto. Questo regola il loro utilizzo in via prioritaria con il reddito generato dall’attività svolta
nell’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia.
Successivamente, in presenza di un’eventuale
perdita residua, potenzialmente aumentata anche dall’eventuale perdita generata nell’ultimo
periodo d’imposta, le perdite fiscali dovranno
essere utilizzate ad abbattimento della plusvalenza latente quantificata in sede di applicazione della Exit tax. In seguito a tale compensazione, le eventuali perdite residue verranno perse
nel caso in cui la società dovesse trasferire la
propria residenza senza lasciare in Italia una
stabile organizzazione o, in caso contrario, potranno essere trasferite alla stabile organizzazione Italiana.
In merito alla decisione di lasciare in Italia una
stabile organizzazione in seguito al trasferimento della residenza con relativo riporto delle perdite fiscali, la Relazione Governativa al D.Lgs.
n. 199/2007 ha previsto che le disposizioni antielusive di cui al comma 7 dell’art. 172 del Tuir, afferenti il test di vitalità in sede di riporto delle
perdite fiscali in caso di operazione fusione, siano applicabile anche al trasferimento della sede
legale.
A tal proposito è bene precisare come l’amministrazione finanziaria abbia recentemente fornito
alcuni chiarimenti in merito alla determinazione
contabile del fondo di dotazione di una stabile organizzazione ai fini del conteggio del test di vitalità di cui al comma 7 dell’art. 172 del Tuir 25.
All’interno della disciplina del trasferimento della
residenza all’estero è bene sottolineare come
autorevole dottrina 26 ritenga applicabile l’integrale utilizzo delle perdite fiscali sulla plusvalenza quantificata alla data di trasferimento della residenza.
Diversamente, in presenza di una stabile organizzazione, le perdite fiscali potranno essere utilizzate senza alcun limite quantitativo, ovvero fino al
Secondo Assonime la limitazione dell’utilizzo delle perdite
fiscali di cui all’art. 84 del Tuir, i.e. nel limite dell’80% del
reddito imponibile con esclusione di quelle generate nei primi tre periodi fiscali, non risulterebbe applicabile in caso di
una situazione liquidatoria assimilabile al trasferimento della residenza all’estero.
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100% del reddito imponibile, esclusivamente con
riferimento a quei beni che non verranno lasciati
al suo interno 27.
8. Conclusioni
La possibilità di beneficiare del differimento dell’imposizione fiscale al momento del trasferimento della residenza in un altro paese Europeo rappresenta sicuramente una novità di notevole importanza di cui potranno beneficiare tutte le società o stabili organizzazioni italiane che vorranno trasferire la propria residenza civilistica e,
quindi, fiscale in un altro paese Europeo, senza
dover obbligatoriamente assolvere l’imposta
all’uscita all’atto del trasferimento.
Tale possibilità dovrà necessariamente essere accompagnata, nel corso dei prossimi anni in seguito ad opportuni interventi normativi all’interno
dell’Unione Europea, dalla facoltà di trasferire
una società, cosı̀ come costituita sotto la legge
di uno Stato membro, all’interno di un altro Stato
membro senza ulteriori oneri formali e sostanziali. Tale soluzione farebbe venire meno la necessità per la società oggetto di trasferimento di dover27
Sempre in seguito al prioritario utilizzo, nel limite dell’80%,
ad abbattimento del reddito riferibile all’ultimo esercizio.
28
L’art. 12, comma 1, lettera b), della L. n. 23/2014, ‘‘delega fi-
si costituire sotto una nuova veste legale, in quanto, quella dello Stato membro di origine non è tipicamente riconosciuta dallo Stato membro di
destinazione.
Facendo invece un passo indietro e soffermandoci sui dubbi interpretativi che ancora oggi esistono, nonostante il testo del Decreto sia stato rivisitato, si ritiene auspicabile che il legislatore Europeo, ancor prima di quello Italiano, introduca la
possibilità di differire la tassazione in uscita anche in presenza di operazioni straordinarie
transfrontaliere.
Parimenti, guardando al solo contesto domestico,
risulterebbe altresı̀ auspicabile che l’amministrazione finanziaria fornisca dei chiarimenti in merito all’individuazione del momento impositivo rilevante ai fini del trasferimento della residenza fiscale, ossia alla perdita della residenza fiscale italiana e, quindi, alla quantificazione della plusvalenza/minusvalenza latente.
In tal senso risulterebbe opportuna una integrale
revisione della norma nazionale in ambito di residenza fiscale, al fine di adeguarla a quella tipicamente prevista negli altri ordinamenti nazionali,
ove il requisito temporale è genericamente assente 28.
scale’’, dovrebbe variare i criteri di definizione della residenza fiscale.
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