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Il male che mi fai - Provincia di Udine

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Il male che mi fai - Provincia di Udine
Provincia di Udine
Provincie di Udin
Associazione culturale TINA in collaborazione
con l’Assessorato alle Pari Opportunità della Provincia di Udine
IL MALE
CHE MI FAI
Quando la violenza sulle donne diventa cronaca
Sintesi del reading svoltosi in occasione della
GIORNATA INTERNAZIONALE
CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
25 novembre 2014
Un particolare ringraziamento per la loro disponibilità nel selezionare testi e contribuire al successo dell’iniziativa và a Cristina Pozzo, vicepresidente dell’associazione
Giudici, Marta Lant, Cristina Mattiussi per i testi. A Flavio Gallizia per le foto
e Alessia Petrelli per il supporto informatico. Inoltre si ringrazia in particolar modo
l’Assessora della Provincia di Udine Elisa Asia Battaglia che ha condiviso e consentito il progetto che è stato reso possibile dalla partecipazione di oltre un centinaio di
lettrici e lettori disponibili quanto sensibili.
BASTA
CON IL
SILENZIO
di
Elisa Asia Battaglia
¶ sconfortante
trovarsi nel 2015, in Italia, a dover parlare di un tema come
quello della violenza di genere, quasi non fossero trascorsi secoli di storia di
evoluzione dei diritti umani. Sono del 4 marzo scorso gli ultimi dati del Ministero
dell’Interno, che, pur evidenziando un lieve calo rispetto ai due anni precedenti
nei numeri di violenze e omicidi che hanno per vittime le donne, riporta dati
ancora allarmanti: 102 donne hanno perso la vita in ambito familiare in un anno;
quasi 60mila donne hanno subito lesioni dolose, oltre 3600 violenze sessuali,
oltre 10mila atti persecutori. Numeri impressionanti, solo lievemente mitigati
dall’intervento delle istituzioni, come quello attivato a seguito della legge
119/2013 (detta “legge sul femminicidio”).
Questa trasparenza sui numeri degli atti criminosi e delle donne coinvolte è storia
recente. Per molto tempo, infatti, la violenza di genere e il femminicidio sono stati
negati come fenomeni. Solo il grande interessamento di tante associazioni e
movimenti femminili, di varie istituzioni, di una parte della stampa, è riuscita a
smuovere l’opinione pubblica e la politica.
In questa direzione vogliamo procedere. Sensibilizzare, parlare, far conoscere, in
modo che il dramma della violenza diventi una realtà di cui tutta la collettività
debba farsi carico. È una rivoluzione culturale ciò di cui abbiamo bisogno, che
scardini alla radice la mentalità della femmina sottomessa al maschio e crei l’idea
di una parità costruttiva e rispettosa, in cui sia la donna che l’uomo trovino una
rinnovata comune dignità.
Ringrazio allora l’Associazione Tina per avere voluto la pubblicazione di questo
testo, che raccoglie fatti di cronaca vera depurata dai riferimenti personali. Solo un
impegno costante alla narrazione, alla ricostruzione di fatti, alla diffusione di
notizie, alla condivisione di riflessioni, può aiutarci a prendere coscienza vera di un
dramma, a comprenderlo nella sua ampiezza e nella sua complessità. La storia ci
insegna che spesso sono le idee contenute nei libri, più che le guerre, a modificare
la direzione dell’umanità.
Il silenzio è al contrario il peggior nemico delle donne che soffrono, violentate da
uomini – nella maggior parte dei casi compagni, mariti, fidanzati – che si fanno forti
proprio di quel silenzio, di quella incapacità di reagire.
Aiutiamo queste donne a trovare la voce, facciamo in modo di essere la loro voce,
una voce così forte da far scappare il lupo.
Questo libro sia un grido. Un urlo di dolore che si trasformerà in esclamazione di
gioia quando non dovremo più piangere per una donna uccisa o tormentata dalle
mani di chi dovrebbe amarla.
Vi sono momenti, nella Vita,
in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo,
un dovere civile, una sfida morale,
un imperativo categorico
al quale non ci può sottrarre.
(Oriana Fallaci)
Assessore alle Pari Opportunità della Provincia di Udine
Marzo 2015
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Maria Bruna Pustetto
Presidente dell’Associazione culturale TINA
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La Procura ha sottoposto a indagine 23 ragazzi, tra cui alcuni
maggiorenni, che per un anno, avrebbero abusato sessualmente di una
ragazzina non ancora 14enne; violenze che sarebbero proseguite anche
dopo il compimento dei 14 anni da parte della vittima. In origine la
Procura aveva sospettato di violenza sessuale sulla ragazzina ben 80
giovanissimi. L'inchiesta è partita quando i carabinieri hanno trovato la
14enne seminuda in un'automobile con quattro adolescenti. La piccola
vittima ha scritto una lettera alla madre, che ha denunciato i fatti,
dando il via alle indagini. Sono così emersi dieci mesi di abusi. In
almeno quindici episodi, la giovane sarebbe stata violentata da cinquesei coetanei alla volta. In occasione del primo stupro di gruppo, i
ragazzi l'avevano filmata e utilizzato il video per ricattarla. Ai
carabinieri, la maggior parte degli indagati avrebbero risposto che la
14enne era consenziente.
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Dopo aver ucciso nella notte la moglie di 71 anni ha confessato tutto ai
carabinieri. L’assassino ha strangolato la donna con un laccio per le
scarpe al termine di una furiosa lite. Ai militari l'uomo ha indicato il
corpo della moglie ed è stato portato in caserma e arrestato per
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omicidio. La donna è stata trovata sul letto priva di vita, con i segni
dello strangolamento. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, la
coppia era in fase di separazione.
Le forze dell'ordine sono state avvisate dal figlio della coppia che
aveva ricevuto una telefonata dal padre.
L'uomo gli aveva detto di aver litigato con la moglie, aggiungendo che
la donna si era poi sentita male. Il figlio non era più riuscito a mettersi
in contatto con il padre e ha così chiamato i carabinieri che sono
intervenuti arrestando l'uomo.
Dopo aver ucciso la moglie l’uomo intendeva suicidarsi ma il gesto gli
è stato impedito proprio dall'arrivo dei militari che hanno verificato
che l'anziano aveva predisposto un cappio, collegato a un avvolgibile
di una finestra dell'abitazione, per impiccarsi.
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Le donne, ha raccontato un sopravvissuto al naufragio a Lampedusa,
venivano separate e usate come oggetti. Ogni volta che cambiavano i
carcerieri, e nella traversata dall’Eritrea alla Libia, la storia si ripeteva.
Qualcuna non è neppure arrivata fino al mare: se la sono tenuta nel
deserto, per farne oggetto di abusi sessuali continuati. La maggior
parte non è arrivata neppure a Lampedusa: il mare le ha inghiottite
nella notte in cui in 400 persero la vita. La testimonianza di un
sopravvissuto eritreo raccontano la tragedia nella tragedia.
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I soprusi e le sofferenze di un viaggio durato più di un mese e
concluso, per qualcuno con la salvezza, per altri con la morte, al largo
della costa siciliana. Un viaggio costellato da abusi, di violenze e di
riscatti pagati. Tanti riscatti, uno per ogni gruppo etnico a cui i
disgraziati in fuga vengono di volta in volta venduti. È facile morire
durante la traversata: Eritrea, Sudan, Libia, migliaia di chilometri nelle
mani di carcerieri senza scrupoli. «Ci lasciavano nudi e ci colpivano a
calci o con le cinghie - racconta il profugo eritreo -, se cercavamo di
scappare ci riprendevano e ci picchiavano. Non ci ammazzavano solo
per non perdere i loro soldi». Le donne venivano selezionate. «Se le
scambiavano tra di loro, come fossero oggetti. Ci facevano tutto
quello che volevano. Non le lasciavano più per giorni. Noi non
potevamo parlare: eravamo nudi, e loro armati. Nel Sahara non puoi
reagire perché rischi di essere abbandonato in mezzo al deserto». Non
riesce a capacitarsi di quello che ha visto: «Cosa hanno fatto alle
ragazze non lo posso nemmeno dire». I carcerieri sono somali,
sudanesi, del Ciad, della Libia. Ma anche dell’Eritrea. Ognuno compie
la sua dose di abusi.
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Ancora un caso di violenza sulle donne: un uomo pregiudicato,
ubriaco, ha aggredito la moglie con un grosso coltellacco a
serramanico. Fortunatamente la donna è riuscita a divincolarsi e
scappare in strada mentre i due figli della coppia tentavano di fermare
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il padre. All'arrivo dei carabinieri l'uomo ha tentato di aggredire anche
i militari procurando una contusione alla gamba per uno di loro,
guaribile in 5 giorni.
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Prima l'ha colpita ripetutamente al volto e all'addome, poi le ha
puntato un machete alla gola tagliandole un folta ciocca di capelli, il
tutto davanti agli occhi della figlia minorenne. Un altro episodio di
violenza sulle donne che ha visto protagonista un uomo di 43 anni,
cittadino dello Sri Lanka. L'uomo sarebbe tornato a casa ubriaco. La
moglie è riuscita a fuggire e ha denunciare alla polizia il marito,
segnalando che, negli oltre 15 anni di matrimonio, l’avrebbe più volte
picchiata. L'uomo è stato bloccato dagli agenti mentre usciva di casa
con la figlia ed è stato arrestato per maltrattamenti in famiglia e lesioni
personali.
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E’ stato arrestato l’aggressore della donna che è stata accoltellata
mentre si trovava nella sua auto. L’uomo non sopportava la fine della
loro relazione e ha pensato di ucciderla mentre era a bordo della sua
auto. L’episodio è avvenuto sotto lo sguardo terrorizzato dei passanti,
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che non hanno potuto impedire il gesto dell’uomo, vista la rapidità con
cui si è consumata la vicenda. L’uomo si è introdotto nell’auto della
donna con in mano un coltello da cucina, e l’ha colpita per tre volte,
alla schiena, al braccio e allo stomaco, lasciandola gravemente ferita e
riversa a terra. Sono stati i passanti ad assistere la donna chiamando i
soccorsi che l’hanno trasportata all’ospedale. Durante il tragitto è stata
proprio la donna a fare il nome del suo aggressore, che non si
rassegnava per la fine della loro relazione. Dalla ricostruzione
dell’accaduto, la donna era uscita dal bar dove era solita prendere il
caffè e si stava dirigendo in auto al panificio di proprietà della sua
famiglia quando è stata fermata dall’ex fidanzato. Al suo rifiuto di
discutere l’uomo l’aveva sorpresa nell’auto e accoltellata. L’uomo,
dopo l’aggressione, ha anche inviato degli sms alla famiglia della
donna, in cui diceva di avere accoltellato la donna ed autoaccusandosi.
Adesso la donna è ricoverata ma non è in condizioni di pericolo di
vita, nonostante le ferite inferte dal coltello siano state profonde e in
organi vitali come fegato, stomaco e milza. L’uomo è in stato di fermo
e dovrà essere interrogato dalla polizia.
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Condanna a 6 anni di reclusione, provvisionale di 30 mila euro per le
parti civili, interdizione perpetua dai pubblici uffici e risarcimento da
quantificarsi in sede civile. Questa la condanna inflitta a un ultra
70enne accusato di aver violentato una bambina di appena 6 anni.
L’uomo, dipendente del compagno della madre della ragazzina,
conviveva con la famiglia per ragioni lavorative e il suo avvocato si è
visto respingere l’istanza di sottoporre l’imputato a perizia psichiatrica.
A denunciarlo è stata la madre della piccola che si è costituita parte
civile a nome suo e della figlia chiedendo un cospicuo risarcimento
danni. Una storia di abusi e degrado quella della bambina, che
sarebbe stata violentata per sei anni dall’uomo. A svelare il suo
dramma, alcuni disturbi fisici che hanno indotto i genitori a farla
visitare. Gli accertamenti hanno portato ad una diagnosi inquietante: la
ragazzina aveva contratto una malattia venerea. E’ stata quindi
sottoposta ad una visita ginecologica, dalla quale è emerso che aveva
già avuto rapporti sessuali. Davanti ai medici la 12enne ha trovato il
coraggio di raccontare ciò a cui era stata costretta a subire per oltre
sei anni. Assieme alla madre è stata trasferita in una comunità
protetta.
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Dopo le denunce di violenza lanciate su Facebook da una donna, il
tema degli abusi è esploso in un confronto piuttosto teso sui media e in
rete. Ci si è interrogati sulla veridicità dell'accaduto, analizzando
l'autenticità delle foto.
Eppure, al di là del caso specifico, l'episodio sembra aver riaperto una
ferita. Molte vittime di maltrattamenti sono intervenute nella
discussione. Un elemento comune, nelle loro testimonianze, è stata
l'obiezione di come, nell'affrontare l'intera vicenda, sembrasse sotto
accusa più la vittima degli abusi che non l'autore degli stessi. Una
distorsione molto pericolosa. Motivo che ha spinto alcune di loro a
parlare.
LA STORIA DI GIANNA
Ha 52 anni ed è una donna forte, indipendente, autonoma. Laureata,
lavora come libera professionista. È cresciuta in una famiglia sana,
dove tutti rispettavano tutti. Dopo una separazione e un figlio, la donna
inizia una relazione con un amico d'infanzia. Quando l'uomo le chiede
di sposarsi, non ricambiando i sentimenti, rifiuta e interrompe la storia.
È il principio dell'inferno. Lui irrompe in casa sua, puntandole un
coltello alla gola, e minaccia di uccidere lei e suo figlio. Lei riesce a
farlo ragionare, afferra le chiavi dell'auto e scappa in macchina dal
fratello per chiedere aiuto. Nel frattempo l'uomo le distrugge la casa,
incidendo sulla porta d'ingresso "troia".
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I vicini chiamano i carabinieri per calmarlo e la donna sporge
denuncia. L'uomo, con un passato da alcolista, vessava anche la
precedente compagna.
"Dopo la denuncia è stata emessa un'ordinanza restrittiva", spiega la
donna, "che gli vieta di avvicinarsi a casa mia, ma non è stato possibile
impedirgli di minacciarmi dalla strada prospiciente. Perché ero
diventata, nel suo immaginario, 'la donna della sua vita', la bambina
conosciuta nell'infanzia e con cui aveva favoleggiato di sposarsi". E’
fortunata: una rete fatta di familiari, amici e vicini di casa l'ha finora
protetta. Ma i carabinieri le hanno spiegato che se non vi sono altri
episodi di violenza non si può fare niente. "Si guardi sempre alle
spalle", è la regola che le hanno suggerito.
Nel New Jersey e nel Michigan, dove ha vissuto per qualche anno, è in
vigore la famosa legge federale, la "Megan's Law" (dal nome di una
bimba stuprata e assassinata da un pedofilo), che autorizza le forze
dell'ordine locali a informare la comunità sui soggetti che risiedono
nelle vicinanze e si sono macchiati di reati sessuali. "Ciò che più mi
addolora – confessa la donna - è che in Italia, pervasa da una cultura
profondamente sessista, quando scoppiano episodi di violenza, nel
dibattito pubblico ci s'interroga, prima di tutto, sulla donna che prende
le botte. Sui motivi che la inducono a non separarsi dal suo carnefice.
E, spesso, sono le altre donne che puntano l'indice contro. Ma una
donna è, innanzitutto, una vittima. Non ha colpe, anche nel caso fosse
debole o folle: nessuno uomo deve sentirsi autorizzato a picchiarla".
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LA STORIA DI MICHELA
Ha poco più di 30 anni e oggi lavora all’estero. È cresciuta in una
famiglia "disfunzionale", con un fratello più grande di lei, e un padre
violento. "Ha riempito di botte me, mia madre e mio fratello.
Detestava le donne e le considerava delle poco di buono e delle
"facili". Ci ha sempre ricoperto di insulti e isolato". La violenza è
esplosa subito dopo il matrimonio. "Ha costretto mia madre a lasciare
il lavoro e le amicizie. L'ha resa economicamente dipendente da lui. Le
urlava 'grassa', 'lesbica', 'puttana' tutti i giorni. Ci ha messo sempre
l'uno contro l'altro. Mia madre ha chiesto aiuto ai suoi genitori, ma la
mentalità, all'epoca, era quella di difendere il matrimonio in ogni
caso". Michela non aveva amici, doveva nascondere i segni delle botte
a scuola. A 13 anni ha tentato il suicidio. "Dopo una denuncia senza
seguito, mio padre ha continuato. Un giorno ho preso la borsa e sono
uscita di casa, senza tornare più". Nel frattempo, la madre si è
ammalata di tumore, ed è morta. "Anche durante la malattia - ricorda la violenza è continuata. Quando mia madre ha minacciato di lasciarlo,
lui le ha giurato che avrebbe ucciso me e mio fratello". Oggi Federica
è in terapia da uno psichiatra: le è stata diagnosticata una neurosi con
disturbi d'ansia e attacchi di panico. Dopo la morte di sua madre ha
interrotto del tutto i rapporti col padre.
LA STORIA DI MARIA
Di famiglia benestante e colta, a 22 anni ha conosciuto il suo ex
marito, 29 anni, tossicodipendente e con precedenti penali per rapina a
mano armata.
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Dopo un anno e mezzo di convivenza si sono sposati. Lui non era mai
stato violento. Un giorno è tornato a casa ubriaco e imbottito di
cocaina e ha iniziato a picchiarla. È stato l'inizio di una lunga
quotidianità di botte e abusi. Poi sono nati due gemelli, un maschio e
una femmina. Dopo un breve periodo di tregua, la violenza è ripresa. E
anche il consumo di droga. Maria si è rifugiata coi figli dai genitori.
Lo ha denunciato e si è trovata un lavoro. Il tribunale ha tolto all'uomo
la patria potestà e ha emesso un ordine restrittivo verso la donna e i
bambini. Dopo il divorzio, è stato di nuovo arrestato ed è finito in una
comunità per tossici. "Ogni tanto - racconta Maria - gli portavo i figli
per farglieli vedere. Lui ha minacciato più volte di uccidersi se non lo
avessi fatto. Ha promesso di cambiare molte volte, ma non lo ha mai
fatto. Ai miei figli ho raccontato che il padre era in carcere e non
poteva occuparsi di loro".
LA STORIA DI TATIANA
"Essere costrette all'anonimato, doverci ancora tutelare, avere paura è
una forma per metterci un tappo in bocca: un'ulteriore violenza".
Tatiana, con un figlio, è passata anche lei attraverso l'inferno.
Psicologico e fisico. Ma la sensazione d'essere ancora sotto scacco, a
distanza di anni, non si è esaurita. "Ho alle spalle una lunga storia di
violenza familiare che di certo non mi ha aiutata, quando ho
conosciuto mio marito", ricorda oggi. "Sono cresciuta in una famiglia
alto borghese. Mio padre è un chirurgo, riconosciuto socialmente in
città. Mia madre una libera professionista che ha sempre lavorato.
L'ambiente familiare è sempre stato molto collerico.
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Botte, violenze e un'educazione rigida. Ma la cosa che mi ha sempre
ferita più di tutto è stata l'ostinata negazione del problema, da parte dei
miei genitori". A 30 anni Tatiana conosce il marito, un nigeriano.
Informatico, dice: la prima di una lunga serie di menzogne. In città
vivono anche le due sorelle di lui, con cui Tatiana non ha rapporti. Sa
solo che lui ha avuto due figlie da una precedente relazione. "Questa
donna era sempre presente nel nostro matrimonio - racconta Chiamava in continuazione, col pretesto delle bimbe. Sono iniziati i
litigi, lui ha smesso di lavorare, lo mantenevo io. Spariva per lunghi
periodi senza dirmi dove andasse. La quotidianità è diventata insulti e
violenza". La donna non poteva neppure rivolgersi alla famiglia, con
cui non intratteneva buoni rapporti. "Dopo tre mesi che era sparito in
Africa dalla precedente compagna, senza dirmi dove fosse, è tornato prosegue - Mi ha rubato le carte di credito e mi ha lasciato un debito di
oltre 50mila euro che ho dovuto estinguere. Ma ho continuato a tentare
di salvare il matrimonio. A un certo punto sono rimasta incinta. Lui,
che non voleva questo bambino, mi ha buttata giù dalle scale,
rischiando di farmelo perdere. Poi è sparito ancora". Nel frattempo, si
sono separati. Quando è nato il bambino, l'uomo è tornato: voleva
portarlo con sé a Barlino, per farlo lavorare in pubblicità, e potersi
mantenere. Ma Tatiana ha ottenuto il divorzio, e poi l'affido esclusivo.
Oggi vive nel terrore che il padre possa tornare a riprendersi il figlio,
come ha spesso minacciato. "Il giudice della separazione - racconta mi ha detto con chiarezza di non farglielo vedere se non in presenza di
più persone. Perché una volta rapito, spesso accade che sia semplice
produrre documenti falsi e sparire per sempre col minore".
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"Mi sono rivolta più volte a centri di mediazione familiare, ma la
risposta è stata che non c'erano risorse per potermi assistere. Anche la
Polizia, quando vai a denunciare, ti accusa del fatto che, in fondo, la
colpa è tua. 'Che si aspettava, signora?' - mi hanno detto - è lei che lo
ha sposato". Oggi il bambino ha sei anni anni e chiede in
continuazione del padre: "È nero, vuole conoscere il padre, le sue
origini, la sua identità. E alle sue domande non ho risposte. Non so
neanche dove sia il mio ex marito".
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Le operaie agricole straniere che lavorano nei terreni della zona,
sono sfruttate, segregate, abusate e ricattate dai loro padroni. Quella
che sta emergendo è una storia di donne in schiavitù. A disposizione
dei padroni che usano i figli e l’acqua potabile (in quelle zona
l’acqua del rubinetti è avvelenata) in cambio di sesso per sé e per gli
amici. Di festini a cui non ci si può sottrarre, pena il licenziamento.
Sono donne che hanno scelto il lavoro in campagna perché
impossibilitate a fare altro o perché erano già contadine nei loro
paesi di origine. Sono violenze che non fanno notizia perché avvengono
in piccolissime proprietà sparse nelle campagne del sud d’Italia, dove
le culture stagionali sono state sostituite da quelle intensive nelle
serre. Le abitazioni sono catapecchie di pietra o legno e plastica di cui
spesso si paga l’affitto e che il padrone detrae dalla paga giornaliera di
15-20 rendendo le donne merce di scambio per prestazioni sessuali. I
“festini agricoli”, denunciati da un parroco e dai sindacato avevano
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dato anche altri risultati: la zona è tra le prime in Italia per il numero
di richieste di interruzioni di gravidanze in proporzione al numero di
abitanti. I medici della zona sono tutti obiettori mentre in ospedale,
dove sarebbe possibile effettuarle, la lista di attesa rende impossibile
l’aborto nei primi tre mesi. Una ricercatrice universitaria ha
raccontato questa esperienza a seguito delle confidenze fattele da
una donna che lavora nei campi: «La scuola è lontana dalla serra,
difficile e pericolosa da raggiungere a piedi e spesso i bimbi
approfittano del passaggio offerto dal datore di lavoro. In cambio
di questo “favore”, e per mantenere il lavoro e l’alloggio, la loro
madre asseconda le richieste sessuali di quest’uomo la cui
abitazione, dove vive con la moglie e un figlio, è all’interno della
serra. La donna è esasperata da questa situazione e terrorizzata
dalle continue minacce, teme soprattutto eventuali ritorsioni sui
bimbi. Una notte riesce a raccogliere tutte le sue cose e a
scappare con i suoi figli. La molla che ha fatto scattare la
ribellione è stata la minaccia di non portare più i ragazzi a
scuola».
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Con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una disabile, un
cittadino straniero è stato condannato a sei anni di reclusione e 30 mila
euro di risarcimento, che non sconterà essendo fuggito nel suo paese di
provenienza. La squallida vicenda è stata raccontata dalla stessa
vittima, che soffre di un handicap mentale, in Tribunale. Dal suo
racconto risulta che l’uomo l’abbia fatta salire sul suo furgone e
portata in un luogo appartato dove ha abusato di lei minacciandola poi
di morte nel caso in cui avesse raccontato quanto avvenuto. E’ stato il
suo comportamento ad allarmare I famigliari che si sono rivolti ai
carabinieri ai quali hanno sporto denuncia. Da qui il processo e la
condanna a un uomo che nel frattempo ha fatto perdere le sue tracce.
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Arriva dall’Australia una raccapricciante notizia di cronaca che
racconta l’ennesimo episodio di femminicidio. Uno chef di ventotto
anni, ha infatti ucciso e cucinato la sua fidanzata, prima di tagliarsi la
gola durante la fuga dalla polizia, chiamata dai vicini del suo
appartamento per investigare su un odore putrido che si era diffuso nel
palazzo. La polizia è arrivata nell’edificio dopo che molti residenti
avevano chiamato per segnalare uno strano odore pungente che durava
da un paio di giorni.
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Pare che l’uomo abbia risposto quando la polizia ha suonato il
campanello dell’appartamento in cui conviveva con la sua ragazza e
che sia poi scappato da una finestra. Gli ufficiali hanno scoperto una
parte di un corpo umano, appartenente alla sua ragazza indonesiana, in
una pentola che si trovava nel forno, oltre a molte altre parti mutilate
sparse nell’appartamento al piano terra. L’uomo è fuggito a e il suo
cadavere è stato poi trovato all’interno di un bidone in una strada
vicina con una ferita fatale auto inflitta alla gola. Sua madre ha detto ai
giornalisti di aver parlato con il figlio una settimana prima e che
sembrava felice. Il ragazzo era recentemente tornato in Australia dopo
aver lavorato all’estero su alcune navi. Lui e la sua ragazza si erano
conosciuti proprio a bordo di una nave da crociera, nella quale
lavoravano entrambi come chef. La polizia australiana che sta
indagando la vicenda conferma che l’ipotesi più probabile è quella
dell’omicidio-suicidio, corroborata dalle testimonianza dei vicini, che
raccontano di un violento litigio che hanno sentito nell’appartamento
la sera del delitto.
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Con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una disabile, un
cittadino straniero è stato condannato a sei anni di reclusione e 30 mila
euro di risarcimento, che non sconterà essendo fuggito nel suo paese
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di provenienza. La squallida vicenda è stata raccontata dalla stessa
vittima, che soffre di un handicap mentale, in Tribunale. Dal suo
racconto risulta che l’uomo l’abbia fatta salire sul suo furgone e portata
in un luogo appartato dove ha abusato di lei minacciandola poi di
morte nel caso in cui avesse raccontato quanto avvenuto. E’ stato il suo
comportamento ad allarmare I famigliari che si sono rivolti ai
carabinieri ai quali hanno sporto denuncia. Da qui il processo e la
condanna a un uomo che nel frattempo ha fatto perdere le sue tracce.
‘†ƒ‡Ž‹‡˜‹’‡”‰Ž‹•–—’”ƒ–‘”‹†‹—ƒͳ͵‡‡•—‹…‹†ƒ
Il tribunale ha condannato due giovani uomini per lo stupro della
ragazzina 13enne che si suicidò gettandosi dal balcone di un palazzo.
L’adolescente non riusciva più a sopportare il peso delle violenze
sessuali che aveva subito. I due violentatori sono stati condannati
rispettivamente a 10 e a 9 anni di reclusione mentre un terzo è stato
assolto. La decisione dei giudici non ha soddisfatto al famiglia della
ragazza che per anni si è battuta per dare giustizia alla povera ragazza.
«Dopo 7 interminabili anni – si legge in un documento redatto da un
Movimento sorto a tutela della ragazza – si è concluso il processo per
stupro una ragazzina di appena 13 anni stuprata da 6 uomini di cui 3
minorenni all’epoca dei fatti, che con una sentenza oscena di messa in
prova ai servizi sociali, non farà fare neanche un giorno di carcere e li
rende liberi. Oggi – prosegue la nota– la sentenza riguarda tre uomini:
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due condannati rispettivamente a 9 anni e 6 mesi e 10 anni mentre il
più anziano di 54 anni è stato assolto con formula dubitativa”. La
ragazzina, che era stata affidata temporaneamente a un istituto per
minori disagiati, si uccise cinque mesi dopo aver subito gli abusi.
24
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16 gennaio
La
donna è stata trovata morta lungo una strada. Ad ucciderla il
compagno che, costituitosi ai carabinieri, ha raccontato di aver perso
la testa ed uccisa in seguito a una lite causata da futili motivi.
18 gennaio
Ad ucciderla è stato l’ex marito che aveva ancora le chiavi del suo
appartamento e che continuava a comportarsi come fosse ancora il
padrone di casa esigendo che l’ex moglie “gli portasse rispetto”.
17 gennaio
Con un solo colpo di pistola vicino all’orecchio, è stata praticamente
giustiziata dal padre dei suoi quattro figli che non sopportava che lei si
fosse rifatta una vita con un nuovo compagno.
27 febbraio
Uccisa dal compagno a colpi di mattarello, prima alla testa, poi
all’addome. Questa la fine di una 38enne macedone residente a Rieti.
Dopo averla uccisa, l’uomo ha avvertito la polizia.
24 febbraio
Una giovane marocchina è stata massacrata a coltellate da suo marito
connazionale al termine di un furioso litigio.
25
L’uomo è poi scappato con i figli.
11 febbraio
È morta dopo tre giorni di agonia la donna aggredita dal marito che,
dopo averla investita con l’auto, le ha dato fuoco. L’uomo non ha
fornito alcuna spiegazione se non che ha agito in preda a un raptus
improvviso.
3 febbraio
Una anziana di 87 anni è stata ritrovata dai carabinieri in un mare di
sangue dopo che il marito l’aveva colpita ripetutamente con un
martello prima di tentare di suicidarsi con il gas.
13 febbraio
Una giovane nigeriana è rimasta indirettamente vittima della violenza
di un uomo che, per vendicarsi dell’ex fidanzata coinquilina della
nigeriana, ha dato fuoco alla loro abitazione.
27 marzo
Ha ucciso la moglie, al culmine di una lite, fracassandole la testa
contro a un tavolo.
2 marzo
Straniera, ma da tempo residente in Italia, è stata uccisa dal marito,
preso da un raptus di gelosia, che l’ha colpita ripetutamente alla testa
con un bastone.
26
18 aprile
L’ex moglie l’aveva denunciato inutilmente per ben tre volte per
minacce. Lui l’ha assassinata.
16 aprile
La ragazza aveva messo fine alla loro storia e non era bastata una
pagina di affettuosità comprata su un giornale a convincerla a
riprendersi il compagno che l’ha freddata con un colpo di pistola alla
nuca prima di togliersi la vita.
7 aprile
Era arrivata dalla Romania per fare la prostituta. È stata ritrovata senza
vita nel suo appartamento con diverse le ferite da arma da taglio sul
corpo.
16 aprile
Non sopportava più le loro richieste di denaro e così ha ucciso a
coltellate l’ex moglie e la figlia di lei. Ha confessato.
21 aprile
È stata ritrovata sul letto della sua abitazione accanto al marito che
l’aveva appena strangolata.
20 maggio
I carabinieri hanno subito sospettato il fidanzato della 16enne
il cui corpo carbonizzato è stato trovato nelle campagne.
27
Messo alle strette il giovane ha confessato di aver accoltellato la
ragazza e di aver dato fuoco al cadavere.
24 maggio
L’ha aspettata fuori dalla casa dove lavorava e trascinata in un
giardino pubblico. Questi gli ultimi istanti di vita della rumena uccisa a
coltellate dall’ex convivente, un italiano che la perseguitava da un
anno.
26 maggio
Uccisa nel sonno dal marito, che non sopportava la crisi del loro
rapporto, con un colpo di pistola alla nuca. Il marito si è poi si è tolto
la vita con la stessa arma.
15 maggio
Hanno trovato le due donne trovate stese sul letto: una aveva ancora un
sacchetto di plastica stretto attorno al collo mentre la coinquilina era
stata accoltellata. Dopo il duplice delitto, l’ex marito di quest’ultima
si è gettato sotto un treno.
3 maggio
Il marito, mentre loro figlio era a scuola, ha sparato un colpo di pistola
alla nuca della moglie e poi si è suicidato.
2 maggio
L’ha uccisa dopo l’ennesima lite per gelosia e abbandonata in un lago
di sangue sotto al motorino. L’assassino non tollerava la fine della loro
28
relazione.
2 maggio
A 19 anni è stata strangolata a mani nude e abbandonata in un bosco:
l’hanno ritrovata svestita e con ecchimosi sul corpo. Ad ucciderla
uno straniero senza permesso di soggiorno e conosciuto come persona
violenta e con precedenti per lesioni, furto e danneggiamento.
30 giugno
Davanti al rifiuto dell’ex moglie a parlargli, l’uomo le ha sferrato un
pugno prima di allontanarsi. Dopo un po’ è ritornato armato di pistola
e ha ucciso la donna che già in passato aveva più volte minacciato.
25 giugno
Il cadavere della sessantenne è stato trovato lungo la strada, nella zona
dello stadio. E’ stato fermato il marito della vittima che le aveva
sparato al mercato e quindi sparato contro la folla, ferendo un
passante, prima di fuggire.
25 giugno
Il corpo della cinquantenne ucraina 50 anni è stato trovato all'interno
di un'abitazione andata a fuoco nel centro storico di Polla. Il cadavere
aveva alcune ferite di arma da taglio alla gola.
21 giugno
Una donna di 41 anni, è stata uccisa dal marito: con il suo Suv ha
29
tagliato la strada all'auto della moglie, è sceso dalla vettura e le ha
sparato un colpo attraverso il finestrino. Poi si è suicidato.
18 giugno
Accoltellata ferocemente davanti alle figlie. È morta così la giovane
donna albanese vittima di un uomo che negli ultimi anni l'aveva ridotta
a vivere nel terrore.
14 giugno
Una cittadina rumena di 35 anni, è stata sgozzata in strada dal
convivente. Dopo averla abbandonata in una pozza di sangue, l'uomo
è fuggito in auto: braccato dai carabinieri, si è fermato e si è suicidato
con una coltellata al cuore.
29 luglio
Una donna di 43 anni è stata uccisa dall'ex marito a colpi di arma da
fuoco: erano separati da un mese e mezzo. L'uomo poi si è suicidato.
28 luglio
Una donna è stata uccisa dall'ex marito mentre stava lavorando in un
ristorante. L'uomo, dopo aver sparato al compagno della donna, si è
tolto la vita.
21 luglio
A 46 anni è stata uccisa con quattro colpi di pistola al volto dal
convivente.
30
L'uomo, che dopo il delitto si è suicidato, temeva di essere tradito.
10 luglio
Una donna di 26 anni è stata uccisa in casa dal convivente. L'uomo l'ha
accoltellata a morte al culmine di un litigio. Era già stato denunciato
sei volte per stalking.
9 luglio
Una donna di 36 anni è stata accoltellata alla gola, durante una lite, da
suo marito: in casa c'era anche il figlio di due anni e mezzo.
1 luglio
Un albanese di 30 anni ha ucciso la moglie gettandola dal balcone
durante una lite. La 31enne è morta dopo un volo di nove piani.
31 agosto
Il cadavere di una donna brasiliana di 29 anni è stato rinvenuto
nell'ufficio in cui lavorava. Per l'omicidio è stato fermato il suo datore
di lavoro, padre del bambino che la giovane portava in grembo.
25 agosto
Una donna di 62 anni è stata uccisa nel sonno dal marito allevatore
che poi ha tentato di suicidarsi.
17 agosto
Il suo compagno ha colpito sino alla morte, con una bottiglia, la sua
donna di 38 anni.
31
13 agosto
Una donna di 48 anni, è stata uccisa dal marito con un colpo di fucile.
L'uomo si è poi tolto la vita. La coppia si stava separando.
12 agosto
Una donna impiegata in un centro benessere era sparita dopo
una cena con l'ex fidanzato. Il cadavere
è stato
trovato in un
garage. Fermato l’uomo, noto professionista di 44 anni.
sETTEMBRE
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Uccisa a coltellate dal marito nel cuore della notte. L'omicidio della
donna, 64 anni, è avvenuto al culmine di un litigio: "Stava male,
soffriva di crisi nervose", ha detto l'uomo all'arrivo dei Carabinieri.
͸͹•‡––‡„”‡
È deceduta dopo una settimana di agonia la 20enne che era stata
ferita da colpi di pistola esplosi dal convivente: in passato era stata
vittima di frequenti violenze da parte dell'uomo, ma non aveva avuto
la forza di denunciarlo.
͸͹•‡––‡„”‡
Il suo corpo è stato trovato dai carabinieri a bordo di un'auto
abbandonata nelle campagne intorno a Villacidro. La giovane donna
è stata uccisa -dall’ex fidanzato che dopo il delitto ha telefonato al
112 dicendo di aver fatto una cavolata e di volersi suicidare. È stato
arrestatoǤ
32
͸Ͷ•‡––‡„”‡
Uccisa sulla spiaggia mentre prendeva il sole. La donna è stata
avvicinata da un balordo che l’ha violentata e uccisa dopo averla
colpita più volte con un sasso. L'uomo ha poi bruciato il cadavere.
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Uccisa a coltellate mentre faceva jogging: il cadavere di una giovane
professionista di 28 anni, è stato ritrovato lungo una via di campagna
ͷͽ•‡––‡„”‡
Uccisa a coltellate per strada dall'ex marito. L'assassino l'ha aspettata
mentre andava a lavoro, colpendola al volto e al corpo con numerosi
fendenti.
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Ha abusato di lei, poi l'ha strangolata e abbandonata nuda nelle
campagne: questa l'atroce fine di una ragazza straniera di 18 anni per
mano di un uomo conosciuto su internet.
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E’ stata uccisa con decine di coltellate una psichiatra cinquantenne da
un paziente che aveva in cura.
33
26 ottobre
P.M. viene uccisa a coltellate nella casa in cui viveva. Arrestato il
compagno di 62 anni. All'origine del gesto la crisi della relazione tra i
due. L'uomo, ritrovato gravemente ferito sul luogo dell'omicidio, è
accusato di omicidio volontario.
26 ottobre
Un anziano di 84 anni, ha accoltellato e ucciso la moglie 82enne.
Ferito anche il nipote dell'uomo intervenuto in difesa della donna.
L'anziano, che è stato poi fermato dai carabinieri, ha aggredito la
moglie al culmine di una lite.
25 ottobre
E' in stato di fermo il compagno italiano di I.M., di cui si erano perse
le tracce. Il suo corpo è stato trovato in un dirupo. Per l'omicidio è
stato fermato il compagno: è accusato di omicidio volontario e
occultamento di cadavere.
16 ottobre
Era stato allontanato dalla moglie perché accusato di molestie sessuali
e violenza nei confronti della figlia. Invaso dal rancore V.Y. ha ucciso
a colpi di pistola la moglie e la figlia. Fermato, ha confessato.
12 ottobre
Un 65enne ha ucciso con un grosso coltello da cucina la convivente
52enne. L'uomo poi si è consegnato ai carabinieri.
34
11 ottobre
Un uomo di 55 anni ha ucciso con un colpo di pistola la moglie di 49
anni. Il 55enne ha poi rivolto l'arma contro se stesso.
9 ottobre
Un 28enne colombiano ha ucciso la moglie 29enne soffocandola e poi
si è suicidato buttandosi sotto a un treno.
2 ottobre
Un uomo di 67 anni ha ucciso la moglie 63enne con un colpo di
pistola, dopo avere ferito un figlio di 44 anni in modo grave, e
mancato la figlia di un anno più grande. Il 67enne si è poi tolto la vita
suicidandosi con un altro colpo di fucile.
35
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Un muratore è stato arrestato dai carabinieri per avere violentemente
picchiato la convivente, ricoverata in ospedale con una prognosi di 25
giorni. Un altro episodio analogo si è verificato in un paese vicino ed
ha visto sempre l’intervento dei carabinieri. Anche in questo caso la
vicenda si è risolta con l’arresto dell’aggressore. La prima violenza si
è consumata in nell’abitazione di una trentacinquenne originaria
dell’Est che è stata trovata dai militari con il volto tumefatto e le
gambe insanguinate. Ai carabinieri ha riferito di essere stata colpita
con calci e pugni dal compagno. La casa è stata trovata a soqquadro,
con macchie di sangue sui pavimenti e una porta scardinata.
Ascoltando alcuni testimoni, i carabinieri hanno scoperto che le
aggressioni andavano avanti da tempo sebbene la donna non le avesse
mai denunciate. La vittima ha poi confermato come non fosse la prima
volta che veniva violentemente picchiata dal compagno. L’uomo è
stato quindi arrestato per maltrattamenti in famiglia, lesioni personale
aggravate e minaccia. Nel paese accanto, invece, una donna stanca dei
maltrattamenti del marito ha chiamato il 112. L’ultimo episodio di
aggressione è avvenuto quando, all’interno dell’abitazione familiare,
l’uomo l’ha minacciata e malmenata, costringendola a ricorrere alle
cure mediche. Questa volta sono intervenuti i carabinieri che lo hanno
arrestato in flagranza. L’uomo dovrà ora rispondere del reato di
maltrattamenti in famiglia.
36
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Sono passati quasi 14 anni da quando la donna è stata trovata
strangolata ma il suo assassino è ancora libero. Da qualche mese il
pubblico ministero ha riaperto le indagini e ha individuato il nome del
possibile assassino di cui si è anche parlato nel corso di una
trasmissione televisiva. L’unico elemento in mano agli inquirenti è
l’autopsia della vittima da cui si ricava che chi l’ha uccisa ha lasciato
le sue impronte sul collo della vittima. Non solo. La perizia rivela che
la donna è stata prima tramortita con un colpo alla testa impedendole
così di difendersi. Dopo anni di indagini si è arrivati agli esami del
Dna su una quarantina di persone in qualche modo collegate
all’omicidio. Da qui l’individuazione di una persona e finalmente un
nome e cognome su cui indagare più approfonditamente. La
testardaggine e la puntigliosità degli inquirenti forse porteranno ad una
svolta su un omicidio di cui si hanno ben pochi elementi. La giovane
donna era andata in auto come ogni giorno a lavorare, aveva
parcheggiato la sua auto e si era allontanata. Aveva quindi dato
appuntamento con una persona per vedersi dopo qualche ora. Da quel
momento nessuno l’aveva più rivista sino al ritrovamento del
cadavere, avvolto in un lenzuolo, il giorno dopo.
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Due 17enni sono stati sottoposti a fermo dalla Polizia per violenza
sessuale nei confronti di una coetanea. La polizia si è recata
all’ospedale dove il medico di turno aveva segnalato alla sala operativa
113 l’arrivo di una ragazza vittima, a suo dire, di uno stupro. Ricevute
tutte le cure del caso, la minorenne è stata accompagnata dai genitori
negli uffici della Questura.
La 17enne in Questura ha raccontato quanto accaduto con l’aiuto di
personale specializzato. In particolare, la giovane ha riferito agli
investigatori che la sera precedente, appena scesa di casa per
raggiungere poco lontano i suoi amici di comitiva, era stata avvicinata
da due conoscenti. Questi ultimi, dopo averle strappato dalle mani il
cellulare, l’avrebbero costretta a salire a bordo di uno scooter guidato
da uno dei due e condotta in una zona poco distante, buia e isolata,
seguiti a breve distanza dall’altro ragazzo in sella a una bicicletta. Qui
i due aggressori avrebbero stuprato la ragazza, dopo aver vinto le sue
resistenze per poi dileguarsi e abbandonarla in lacrime. Solo dopo
diverse ore la ragazza è riuscita a confidarsi con la madre e a
presentare denuncia. I due ragazzi sono stati fermati e condotti al
Centro di Prima accoglienza per i minorenni.
38
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“Trent'anni fa fui violentata da un conoscente e anni dopo molestata da
un deputato in Parlamento”. A rivelare la violenza è stata una
importante donna politica straniera dopo il caso di molestie sessuali
subite da alcune deputate in una delle capitali del suo paese. In una
lettera a un settimanale, l'ex politico ha raccontato di essere stata "
violentata da un conoscente 30 anni fa" e poi, a 28 anni, di essere
stata molestata da un deputato in Parlamento. La donna denunciò il
suo stupratore, ma all'epoca le fu detto che era "impossibile" ottenere
un "verdetto di colpevolezza" contro di lui e che l'unica cosa che
poteva ottenere era un divieto di avvicinarsi alla sua persona. La
donna ha raccontato la sua esperienza dopo il caso di un conduttore
di un programma radiofonico, accusato di stupro da almeno 9 donne
che secondo lui erano consenzienti. Se in un primo tempo la donna
ex parlamentare lo aveva difeso, ora fa mea culpa, ammettendo che
non avrebbe dovuto giudicare senza prima ascoltare l'altra versione.
Questa testimonianza si è aggiunta a quelle di altre donne che hanno
denunciato di essere state molestate in Parlamento.
39
di Elena Commessatti, edizioni Bebert, 2013 (pag. 195/197)
È stravagante come in una citta di praticamente 100.000
abitanti, più e molto meno, dopo 14 anni e quanti? forse dieci
delitti, avvenuti a Udine e dintorni, di cui almeno sei,
compreso questo, con arma da taglio, certamente tre con la
stessa tipologia, be' è stravagante che non succeda mai nulla
di fondamentale.
Stravagante che la macchina usata dall'assassino venga sempre
lavata non-si-sa-dove, dopo l'omicidio.
Stravagante che tutti si prestino a segnalare auto dai colorimodelli-targhe del tu1tto improbabili. Si va dalla Simca verde
pisello alla Peugeot amaranto alla Fiat blu elettrico. Stravagante
che nessuno abbia mai notato uno che gira nelle vie della
prostituzione (sono ben poche in centro) e nelle zone
periferiche dei guardoni (dove catapulta le vittime dal sedile
della macchina), con l'assiduità che gli permette di poter
scegliere con oculatezza le sue vittime. Devono essere deboli,
stanche, menomate. Siano esse tossiche o alcolizzate o
psicologicamente instabili. Come mai questo orrido Mostro ci
azzecca sempre?
40
Non può essere casuale l'incontro con loro.
No, non può essere così fortunato. E invece lo è, pensa ora il
lettore.
Nessuno lo trova, nessuno lo segnala. Nemmeno un
particolare. Almeno a Firenze, a causa del Mostro delle
coppiette, si costruivano squadre anti mostro. Almeno questo:
un po' di spirito di squadra . Se a Udine, come in tutta la
penisola, si sa di Firenze, a Firenze, come in tutta la penisola,
non si sa di Udine.
Ma i friulani sono strani. L'assassino in solitaria uccide
(indisturbato) soltanto vittime sole. E la città, dorme?
Nei salotti alti di questo non si parlerà, ma della visita del
ministro Altissimo all'Associazione Industriali di Udine, del
dollaro in ripresa e dei 27 in carcere a Roma per brogli
elettorali.
41
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“T’amo! Mi amerai? Amiamoci. E solo per te che vivo”. Sono
cartoline d’amore spedite tra un paese e il fronte di guerra fra il 1915 e
il 1918 rintracciabili fra le carte dei processi penali depositati presso
l’Archivio di Stato e che sono stati oggetto di una piccola mostra
allestita nella hall dello stesso Archivio. Chiusa in una teca, una scarpa
rossa è rimasta al centro della sala. E’ l’oggetto icona, esposto come
segno e denuncia di quel fenomeno di violenza contro le donne che ha
preso il nome di femminicidio. Perché la storia degli amori finiti nel
sangue ha i suoi giacimenti culturali fra le carte depositate dai tribunali
negli archivi processuali, sui quali lavora, schedando e riordinando,
una attenta ricercatrice. I cartoncini colorati, poggiati accanto ai fogli
sbiaditi di dibattimenti penali, di testimonianze e interrogatori,
assomigliano a piccoli teatrini di amorosi sensi: lui e lei che si
guardano rapiti fra mazzi di fiori e tralci di edera. O si sfiorano, si
stringono, si baciano. Fra i tanti, un soldato solitario legge il
messaggio «t’amo» fra sospiri di puntini sospensivi «ritornerai
valoroso…». «Arrivederci…», «un bacio». Sono di un calzolaio che
nel 1907 ha sposato una casalinga. Una vita tranquilla – così dicono in
paese - fino al richiamo alle armi nel novembre del 1915. L’uomo
lascia la famiglia, il lavoro, quattro figli, gli amici. Lui sa leggere e
scrivere, la moglie è semianalfabeta, ma nelle botteghe del paese trova
quelle cartoline con le frasi già stampate che i tipografi attingono dai
vari «Segretari galanti» in circolazione per l’Italia, veri e propri
42
repertori in cui sono contemplate tutte le sfumature sentimentali
adattabili alle infinite circostanze della vita. Naturalmente l’uomo non
è il solo a partire. «Nel congedarmi da mia moglie costei mi baciò e
mi abbracciò in modo che nessun dubbio ebbi della sua fedeltà». Al
fronte ci va anche l’amico e compare di battesimo sottotenente degli
arditi. La giovane moglie ha tentato in tutti i modi di trovare tutti i
modi affinché il marito non parta ma tutti i tentativi, compreso quello
di spendere due mila lire per ottenere che venisse riformato, sono
andati a vuoto. La prima licenza arriva soltanto ad agosto del 1917.
«Maria si gettò fra le mie braccia baciandomi ripetutamente». Ma in
quei giorni il dubbio che qualcosa di inafferrabile stesse avvenendo
nella sua casa inizia a insinuarsi nel soldato: u n a strana panciera usata
da Maria, uno spazzolino da denti regalatole dall’amico e compare
sempre più spesso in licenza nel suo paese, qualche insinuazione
bisbigliata fra i parenti. Ma è soprattutto lo spazzolino da denti,
oggetto fino a quel momento in casa sconosciuto, a destare certi
sospetti soprattutto quando la maggiore delle bambine gli confida che
l’ha portato il compare aggiungendo che prima lui si pulisce i denti e
poi li fa pulire alla mamma. Non mancano le confidenze di sua madre,
meravigliata di aver ricevuto la visita della nuora accompagnata da
quell’uomo e sua sorella.
Arriva la partenza.
«Anche in q u e s t a
occasione mia moglie stringendomi mi abbracciò, mi baciò tanto che
io me ne andai contento e ripartii per prestare la mia modesta opera
alla grandezza della Patria ». Mentre si trovava sul fronte Dolomiti, nel
febbraio del 1918 la moglie scrive al marito di aver partorito un
bambino al settimo mese, bellissimo e tale e quale al padre.
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I conti della gravidanza però non tornano. A marzo l’uomo è di nuovo
a casa. Anche se l’atteggiamento della moglie di è sempre
appassionato, quel bambino lo insospettisce. Voci di strada, lettere
anonime sull’infedeltà della moglie, quel figlio nato non a sette ma a
cinque mesi, non gli davano pace. Interrogata la levatrice, nessuna
ammissione, salvo che il piccolo settimino era nato un po’ grosso. Mi
torturava il dubbio del disonore, affermerà l’uomo, ma «i giuramenti di
mia moglie, le sue carezze e i suoi baci, mi fecero dimenticare i miei
propositi di vendetta, rimandandoli a quando l’avrei sorpresa col
drudo». Ritornato sul fronte di guerra. Carlo sembra aver abbandonato
i sospetti di infedeltà. Nell’ ultima cartolina spedita dal fronte
campeggia un mazzo di rose rosse fra le parole a stampa «Fede e
speranza mia, ho immensa fede nell’amor tuo, e spero non vorrai
inutilmente illudere chi hai incontrato nel tuo cammino. Pensandoti
sempre, ti porgo mille bacioni». La moglie gli scrive appena in paese
arrivano le notizie su Trento e Trieste: «Caro marito, non puoi
figurarti la consolazione della presa di Trieste e Trento che dopo
quattro anni di guerra e sofferenza siamo riuscite a prenderle. Ora
aspettiamo la fine con molta anzietà e si aspetta il giorno della santa
pace e così speriamo di stare contente ognuno colle loro famiglie.
Oggi caro marito si parla della pace che lastria à fatto con litaglia e
ora si aspetta la Germania e speriamo che sia quando prima. E tu
fammi sapere qualche cosa se ti sei trovato a quella presa…Non altro
tanti saluti dalle sorelle e tanti baci dai bambini e da me tanti baci di
vero cuore e sono per sempre la tua moglie».
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E l’amico che compare sempre più spesso in licenza nel suo paese?
Anche lui era partito per il fronte come semplice caporale, aveva
combattuto in prima linea, promosso sottotenente degli arditi per
meriti di guerra. Coraggioso, impavido, aveva assunto
volontariamente un’azione assai rischiosa salvando il proprio
comandante di compagnia per passare il Tagliamento a nuoto; ferito,
oltre la promozione il 24 maggio aveva ottenuto la Croce, ma racconterà in udienza - non aveva saputo vincere la passione per quella
donna che lo soggiogava.
L’ultima, fatale licenza a marzo del 1919. Allo scadere dei giorni, il
marito finge di partire ma a mezzanotte è di nuovo in paese. Entra in
casa, trova «alletto e all’ignuto» l’amico accanto alla moglie.
Spara. La donna muore sul colpo. Il sottotenente degli arditi è ferito,
tenta di disarmare il rivale, fugge dalla finestra. L’arresto di entrambi,
il processo. Il marito confessa il tormento vissuto, l’offesa nell’onore,
l’amore incondizionato fatto di giuramenti, baci e carezze per la
moglie, come dimostrano le ventitré cartoline, scambiate negli anni
della guerra. E sono proprie queste, negli atti del processo, la
rappresentazione figurata della storia di un tradimento mascherato, di
una vendetta finita nel sangue.
45
‡‹‹…‹†‹‘ǣ——‘‘•–”ƒ‰‘ŽƒŽƒˆ‹†ƒœƒ–ƒ
Il fenomeno del femminicidio sembra al momento non arginabile.
Esiste una legge sullo stalking, esistono i provvedimenti restrittivi,
esiste un’opinione pubblica sempre più sensibile al problema, ma le
notizie di donne uccise dai loro compagni si susseguono
quotidianamente e sempre più spesso riguardano vittime già note per
essere state picchiate o minacciate dai loro compagni. L’ennesimo
caso riguarda un uomo che ha strangolato la fidanzata.
I vicini di casa raccontano di frequenti litigi le cui urla si sentivano dal
loro appartamento e l’uomo aveva precedenti penali per lesioni e
minacce. Circa due mesi fa l’ennesimo litigio, era stato fermato per
avere picchiato la fidanzata che allora si era salvata per l’intervento dei
vicini. L’uomo ha strangolato la fidanzata e poi è uscito di casa. I due
vivevano in una mansarda sopra l’appartamento dei genitori e
l’assassino, dopo essere uscito, è sceso al piano di sotto invitando i
genitori a salire per controllare come stava la fidanzata, poi è uscito. Il
padre, salito nella mansarda, ha trovato Sonia già morta. L’assassino
era stato chiamato al telefono dalla madre che lo ha avvertito che la
ragazza era morta e poi un’altra da un amico a cui ha raccontato della
lite precisando che Sonia era morta ma che non se ne era accorto.
L’uomo, sconvolto, ha chiamato la Polizia che lo ha rintracciato nelle
vicinanze. Dopo un lungo interrogatorio ha infine confessato il delitto
agli uomini della Squadra Mobile e al pm, rivelando di aver
strangolato la donna con un elastico da pacchi. L’ennesima tragedia
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che ha coinvolto una donna uccisa dal proprio uomo si sarebbe potuta
evitare se due mesi fa, quando l’uomo è stato fermato, si fosse
allontanato la donna dal suo aguzzino. Le leggi attuali, pur avendo
fatto passi avanti rispetto al passato, sono ancora insufficienti. Nei casi
di violenza domestica, infatti, si crea una sorta di dipendenza fra la
vittima e il suo compagno-aguzzino che paralizza ogni capacità di
reazione e mette la vittima nella condizione di credere di meritare in
qualche modo le “punizioni” inflitte dal compagno fino ad arrivare a
subire e negare anche lesioni gravi. In questi casi, quando si arriva ad
una denuncia è necessario un adeguato supporto psicologico per la
vittima e per il compagno violento e un allontanamento anche coatto,
se serve, della donna in modo da creare un cuscinetto temporale che
permetta alla situazione di decantare e alla vittima e al suo carnefice di
trovare il modo di uscirne con l’aiuto degli esperti.
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ˆ‡”‹•…‡Žƒ…‘‰ƒ–ƒ
Ancora un caso di violenza domestica. Un uomo ha rotto il naso alla
figlia dopo un litigio e poi, dopo aver visto che la ragazza ha provato a
chiedere aiuto su Facebook per l'ennesima violenza, ha tentato di
nuovo di aggredirla. La giovane e la cognata sono scappate in strada,
lui è salito a bordo di un’auto ed ha investito la parente, costretta al
ricovero in ospedale. Secondo quanto accertato dai vigili urbani
l'uomo sottoponeva moglie e figlia a continui pestaggi, provocando
loro lesioni in diverse occasioni. Prima di investire la cognata, il
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marito violento aveva rotto il naso alla figlia. La ragazza aveva
pubblicato una disperata richiesta di aiuto su Facebook per liberarsi da
questo incubo. La richiesta non aveva dato i risultati sperati ma
scatenato la furia dell'uomo. Le due donne, nel tentativo di sfuggire
all'ennesimo pestaggio, sono scappate chiedendo aiuto ai parenti, ma
l'uomo le ha raggiunte in auto cercando di investirle. Dopo alcuni
tentativi andati a vuoto, ha preso in pieno la cognata, che è rimasta
esanime sull'asfalto fino all'arrivo del 118. La donna ha riportato un
trauma cranico, ed ha voluto lasciare l'ospedale nel quale era stata
ricoverata. Il cognato, invece, è stato arrestato dagli agenti della
polizia municipale, che lo hanno rintracciato a casa dove si era
barricato minacciando il suicidio. E’ stato poi portato, su disposizione
del pm di turno, in carcere con l'accusa di tentato omicidio.
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Il nome dell’uomo non è nuovo alle procure avendo ventun
procedimenti penali aperti per tentata violenza sessuale o stalking,
oltre a una condanna a due anni per violenza e resistenza a pubblico
ufficiale. L’uomo, che ha ottenuto i domiciliari, ha un processo anche
di fronte ai giudici di di una città del nord: facendo ricorso alle sue
abilità di hacker, era entrato nel sistema informatico dell’ospedale, si
era qualificato come ginecologo e aveva abusato di una giovane
paziente e molestato telefonicamente anche un’altra giovane che si era
sottoposta ad alcuni esami ginecologici nello stesso ospedale.
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Sono dovuti intervenire i carabinieri per sedare l'ultima violenta
discussione nata in una famiglia. E' stata la donna, vittima di soprusi, a
chiamare il 112 per fermare il marito violento, che si era accanito su di
lei con calci, pugni e schiaffi. E non era la prima volta, dato che
secondo le ricostruzioni, episodi del genere sarebbero avvenuti almeno
altre quattro volte negli ultimi due mesi. Tutto era causato dalla gelosia
e ai carabinieri non era mai arrivata nessuna segnalazione di disagio.
Il marito era convinto che la moglie, sua coetanea, lo tradisse. Sospetti
che secondo lui erano suffragati dal fatto che lei rientrava a casa ogni
sera alle 21e 30, anche se il suo turno finiva oltre un’ora prima. La
reazione verso la donna consisteva in sfuriate accompagnate con
graffi, schiaffi e pugni fino a quando la donna non ha chiamato i
carabinieri che quando sono giunti nell’abitazione hanno trovato i due
figli piccoli in lacrime e la moglie disperata e con qualche livido.
Negli ospedali della zona era già comparsa un paio di volte, per
escoriazioni e contusioni dovute alla “discussioni” violente con il
marito. Motivo dell’ultima lite sarebbe stata la lettera di divorzio che
sarebbe stata recapitata all’uomo dall’avvocato della moglie.
Questa volta ai polsi dell’uomo sono scattate le manette ed è stato
rinchiuso in cella data la flagranza di reato. I militari giunti
nell’abitazione dove si era scatenata l’ennesima lite violenta, hanno
proceduto all’arresto in applicazione delle nuove norme per il
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contrasto della violenza di genere, che intendono prevenire il
femminicidio e proteggere le vittime. La Convenzione del Consiglio
d’Europa ha reso infatti più incisivi gli strumenti della repressione
penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e
di atti persecutori (stalking). Queste norme prevedono l’arresto qualora
il delitto di maltrattamenti in famiglia sia perpetrato in presenza di
minorenni: i carabinieri, alla vista dei figli terrorizzati davanti
all’ennesima lite violenta della coppia, non hanno esitato ad
ammanettare il padre. L’uomo è stato poi scarcerato in attesa della
prossima udienza ma non potrà fare ritorno a casa da moglie e figli.
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Il prezzo da pagare per uno stupro di gruppo l'ha fissato il Tribunale
dei minori ratificando l'accordo stretto tra Procura e difensori degli
imputati: un anno e mezzo di lavori di pubblica utilità per saldare il
debito con la giustizia. Forse assisteranno gli anziani di una casa
riposo o i pazienti di qualche ospedale della zona. Se vorranno,
potranno dare una mano in qualche comunità o accompagnare i
disabili. Di sicuro, non faranno neppure un giorno di carcere i
componenti del terzetto che cinque anni fa abusarono di una
compagna di scuola. A casa di uno di loro erano saliti con una
scusa. E lì, tra i fumi dell'alcool, nell'appartamento lasciato vuoto
dai genitori s'era consumata la violenza. Al padre che era andata a
riprenderla prima di mezzanotte la ragazzina non aveva avuto il
coraggio di dire nulla. Poi, vinta la vergogna, la confessione, le
medicazioni in ospedale, la denuncia in questura. Quindi le
indagini, l'identificazione dei tre, la denuncia a piede libero con
l'accusa di violenza sessuale di gruppo. Le testimonianze raccolte
avevano trovato conferma davanti al magistrato nell'incidente
probatorio durante il quale la ragazza, aveva raccontato tra le
lacrime i dettagli degli eventi d'una serata da incubo. Ma per
conoscere il finale della storia non è stato neppure necessario
attendere la sentenza. Ci si è fermati prima, con un patteggiamento
che consentirà al trio, qualora il periodo di affidamento in prova
dovesse filar liscio, di sentir dichiarare estinta la pena e lasciarsi
tutto alle spalle, come se nulla fosse mai successo.
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E come loro, gli 8 adolescenti che anni prima, a turno, stuprarono
una quattordicenne: il pm aveva chiesto complessivamente 32 anni
di reclusione, ma a luglio il Tribunale dei minori li ha mandati ai
lavori socialmente utili, in nome della rieducazione che salva i
carnefici e spedisce all'inferno le vittime. Così, nel mondo che va
alla rovescia, sul banco degli imputati finiscono le donne: se lo
stupro riguarda una ragazza non più vergine «il trauma sarà da
ritenersi più lieve» e il maschio assalitore «avrà diritto ad una
condanna più lieve», ha stabilito nel 2006 la Terza sezione della
Cassazione. La stessa che un paio d'anni fa ha ribadito: quando lo
stupro è di gruppo, in attesa di giudizio è lecito adottare misure
alternative alla carcerazione. Successivamente un'altra pronuncia da
manuale: se i violentatori sono più d’uno «va riconosciuto uno
sconto di pena a chi non abbia partecipato a indurre la vittima a
soggiacere alle richieste sessuali del gruppo, ma si sia limitato a
consumare l'atto». Nessuna meraviglia, allora, se la Suprema Corte
ha abolito la condanna a 5 anni inflitta in Appello a un sessantenne
che aveva allacciato una relazione con una bimba di 11 anni,
affidata alle sue cure di operatore dei servizi sociali: processo da
rifare perché, secondo i giudici, non s'era tenuto conto del fatto che
i due «fossero innamorati e che ciò costituisce un'attenuante».
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Quando l’ex fidanzato, che dopo averla accoltellata le diede fuoco
mentre era ancora in vita, la ragazza non aveva ancora 17 anni.
Proprio come Prima Florenzia, gettata nel Tevere da suo marito Orfeo.
Un tragico destino che accomuna due adolescenti separate fra loro da
quasi duemila anni.
Di Prima Florenzia, vissuta al tempo della Roma imperiale, non si sa
praticamente nulla. L’unica cosa rimasta della sua triste sorte sono le
poche righe fatte incidere dalla famiglia in una iscrizione funeraria
ritrovata nella necropoli del paese dove abitava: “Restuto Piscinese e
Prima Restuta posero a Prima Florenzia, figlia carissima, che fu
gettata nel Tevere dal marito Orfeo. Il cognato Dicembre pose. Ella
visse sedici anni e mezzo”.
A riportare alla luce questa storia una docente di Antichità romane.
Analizzando lo sterminato corpus di epigrafi latine ritrovate nei
territori dell’impero, l’archeologa ha ricostruito una serie di casi di
femminicidio dell’antica Roma.
Un’ indagine che mostra come la nostra società - in tema di violenza
sulle donne - non sia poi così cambiata nel tempo.
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GIULIA, PONZIA E LE ALTRE
Dai secoli è riemersa anche la vicenda di Giulia Maiana, che viveva
nell’odierna Lione. “Donna specchiatissima uccisa dalla mano di un
marito crudelissimo”, la definisce l’epitaffio commissionato dal
fratello Giulio Maggiore e da suo figlio Ingenuinio Gennaro. Anche di
lei si sa poco, se non che fu sposata per 28 anni ed ebbe due figli che,
quando fu ammazzata, avevano 18 e 19 anni. Una lunga casistica che
contempla anche casi di rapine finite nel sangue, come la piccola e
“sfortunatissima Giulia Restuta, uccisa a dieci anni a causa dei
gioielli” che indossava. «Si tratta di tutte donne della classe media, le
cui famiglie potevano permettersi almeno una piccola epigrafe»
spiega la studiosa. «Possiamo presumere tuttavia che nelle fasce più
povere della società la situazione fosse ancora peggiore, visto che
storicamente i comportamenti degli strati superiori si riflettono
sempre all’ennesima potenza in quelli inferiori».
Non mancano nemmeno casi di femminicidio che vedono protagonisti
personaggi celebri o donne ricche, tanto da essere citati perfino dagli
autori classici. E se nelle sue Confessioni Agostino di Ippona riferisce
delle numerose donne che addosso “portavano segni di percosse che
ne sfiguravano addirittura l’aspetto”, lo storico Tacito racconta negli
Annali la storia di Ponzia Postumina, vissuta al tempo di Nerone,
indotta “con ricchi doni all’adulterio” dal tribuno della plebe Ottavio
Sagitta e poi ammazzata al termine di una notte di passione trascorsa
fra “litigi, preghiere, rimproveri, scuse ed effusioni”. Riconosciuto
colpevole, Sagitta fu condannato per omicidio all’esilio su un’isola e
dopo 13 anni - nel 70 dopo Cristo - poté rientrare a Roma grazie alla
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revoca del bando emesso nei suoi confronti. Chi invece scampò del
tutto alla condanna - probabilmente grazie agli agganci politici - fu il
retore Erode Attico (la vicenda è raccontata da Filostrato nelle Vite dei
sofisti), che fece picchiare dal proprio liberto Alcimedonte la moglie
Annia Regilla, colpevole ai suoi occhi di chissà quale mancanza. La
donna, all’ottavo mese di gravidanza, morì a causa di parto prematuro
indotto dalle percosse ma Erode, portato in giudizio dal cognato
Bradua, fu assolto per insufficienza di prove.
Una storia che ricorda da vicino quella di Poppea, moglie di Nerone,
anche lei morta durante la gravidanza a causa di un calcio in ventre
sferratole dall’imperatore, che peraltro aveva già fatto uccidere la
madre Agrippina e la prima moglie Ottavia.
DIVORZIO E STALKING AL TEMPO DELL’IMPERO
Su alcuni aspetti, però, la società romana era assai più avanzata della
nostra: nell’antica Roma bastava che uno dei due coniugi dichiarasse
conclusa la “affectio maritalis” (la volontà di essere sposati) perché il
matrimonio venisse sciolto. Circostanza ricorrente nelle classi agiate,
come mostrano i casi di molte donne cantate da poeti - dalla Lesbia di
Catullo alla Cinzia di Properzio. Le donne ricche infatti non avevano
peso politico né diritto di voto ma dal punto di vista economico erano
abbastanza privilegiate: potevano ricevere eredità proprio come gli
uomini e possedere beni in proprio, anche se avevano bisogno di un
tutore maschio.
Insomma, una società in cui la violenza era incomparabile rispetto ai
nostri standard ma anche così evoluta da prevedere - a partire dal II
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secolo avanti Cristo - una legge per perseguire il corteggiamento
troppo insistente: si chiamava edictum de adtemptata pudicitia e a suo
modo può essere considerato l’antenato dello stalking. Un reato meno
grave, però, se la vittima era una schiava, vestiva come tale o come
una prostituta (a prescindere se lo fosse effettivamente). Segno che già
in epoca romana la presunta provocazione femminile dovuta
all’abbigliamento costituiva per l’uomo quella discolpa che ancora
oggi viene invocata (e a volte riconosciuta) nei tribunali.
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E' stato fermato con l'accusa di triplice omicidio il marito della donna
trovata uccisa con i suoi due figli nella sua abitazione. Dopo una notte
di interrogatori, l'uomo ha confessato: ha ammazzato moglie e i figli
perché travolto dalla passione per una collega di lavoro. Dopo la
strage, hanno rivelato gli investigatori, l’assassino è andato a vedere la
partita come se nulla fosse accaduto.
La miccia che ha scatenato la furia omicida dell’uomo contro i suoi
familiari è stata probabilmente accesa dal rifiuto della collega, che ha
confermato ai carabinieri le intenzioni dell'uomo, che le si era da poco
dichiarato. La moglie, ignara di tutto, è stata colta di spalle, davanti al
televisore.
In caserma, l’uomo è stato sentito per ore, con gli investigatori che
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non hanno mai smesso di confrontare le sue dichiarazioni con quelle
di parenti e testimoni, richiamandolo più volte in caserma. Da qui la
decisione di arrestarlo con l'accusa di triplice omicidio.
Nella casa dell'orrore la scena ai soccorritori era apparsa drammatica:
sangue ovunque e i corpi della bambina nella sua cameretta, del
piccolo nel letto matrimoniale e della donna, in soggiorno, martoriati.
La cassaforte aperta e i contanti, una cifra di non particolare entità,
spariti, ma senza segni di effrazioni evidenti sul forziere o sulla porta.
Forse una messinscena. I militari, pur in una pluralità di ipotesi, hanno
cominciato a previlegiare la pista familiare subito dopo le prime fasi
di indagine. Il fatto stesso che nella strage non fosse stato risparmiato
nemmeno il più piccolo dei due bambini rendeva meno credibile la
pista esterna. L’uomo, ascoltato più volte, non aveva convinto gli
inquirenti con la sua versione, e soprattutto erano emerse possibili
gravi tensioni nella coppia.
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Tredici schiaffoni fino a farla sanguinare. Siete al cento percento
«gangsta», ovvero: dei veri duri. Ma anche: 100 per cento stupidi. Si
chiama «Hit the bitch», letteralmente «colpisci la sgualdrina», la
discutibile campagna sociale contro la violenza domestica e sulle
donne lanciata nel web in Danimarca. Il gioco interattivo è semplice,
quanto offensivo: si accede a un portale e da sinistra del monitor
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appare una ragazza bruna. In sottofondo si sente musica da discoteca.
La giovane si rivolge a chi sta davanti allo schermo e dice: «Non sta a
te decidere se io ballo o no»; «Voglio ballare con chi mi pare e piace».
L'utente a questo punto può scegliere se usare il mouse o la webcam
per simulare lo schiaffo con una grossa mano virtuale. In alto c'è una
scala: si parte da «100 per cento pussy» (femminuccia) per arrivare al
«100 per cento gangsta», a seconda del numero di manrovesci che la
giovane deve supplire. Finito il gioco delirante, la ragazza si accascia
a terra in lacrime, con la faccia gonfia e piena di lividi. Una voce
fuoricampo afferma: «Cosa stai facendo? Non puoi nemmeno
controllare la tua femmina. Un paio di schiaffi possono aiutare...». Il
messaggio finale è chiaro: «Non è stato da duri colpirla. Hai perso il
gioco quando hai alzato le mani la prima volta. Non ci sono scuse.
Nessuna!». E’ una campagna rivolta ai teenager che colpisce al cuore
ed allo stomaco. Ma se le intenzioni appaiono buone, le critiche non
mancano. La confusione che lo spot genera nell'utente-giocatore è tale
che la gravità del problema non sembra venir colta. La campagna
vorrebbe sensibilizzare in qualche modo su un problema crescente nel
Paese: «In Danimarca una ragazza su tre subisce abusi», fa sapere
l'organizzazione danese che si batte contro la violenza domestica e sui
bambini.
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La violenza domestica è un problema che tormenta la Spagna dove
solo quest'anno sono state uccise ben 63 donne dai loro partner e
quattordici tra queste avevano presentato denuncia alla polizia.
Mensilmente il centro di sorveglianza nazionale è contattato in media
da 1200 donne che hanno subito gravi abusi. Per arginare questo
fenomeno le autorità spagnole hanno imposto a molte persone
implicate in violenze domestiche di portare con sé un dispositivo Gps:
sia le vittime sia gli aggressori saranno controllate ventiquattro ore su
ventiquattro e gli uomini che hanno commesso violenze dovranno
rimanere lontano almeno 700 metri dalle loro ex compagne. Un
quotidiano ha raccontato la storia di una delle 450 donne che vivono
giorno e notte con il navigatore satellitare in tasca. La donna è stata
messa sotto protezione e frequenta un centro per donne maltrattate.
Mostra l'apparecchio satellitare, poco più grande di un telefonino, che
le ha ridato una po’ di tranquillità. Ogni volta che esce deve portare
con sé il Gps. Il giudice che ha seguito la sua vicenda ha deciso di
rilasciare suo marito anche se l'aveva quasi uccisa di botte. L’uomo ha
fatto cinque mesi di carcere preventivo e il suo processo inizierà a
breve. Adesso è libero, ma deve sempre indossare su una caviglia il
dispositivo satellitare, altrimenti torna in galera. Se la batteria si
scarica o se si tenta di rimuoverlo, suona un allarme presso il centro
nazionale di sorveglianza, così come se l'aggressore si avvicina troppo
alla vittima. La donna ha raccontato con terrore la prima volta che il
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sistema suonò: “Mi hanno telefonato per dirmi che lui era a 700 metri
da me. Sono rimasta al telefono fino alla più vicina stazione di polizia
da dove un agente mi ha accompagnata per il resto del tragitto». La
donna racconta che suo marito, dopo una lite, la picchiò a sangue
scaraventandola poi dalle scale procurandole gravissime ferite alla
testa.
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Nell’intervallo tra le lezioni, i bambini e le bambine sudafricani di 7
anni non giocano spesso a «stuprami, stuprami», fingendosi autori o
vittime di abusi sessuali come conseguenza di violenze subite spesso
proprio a scuola. «Questo gioco dimostra il livello raggiunto nella
brutalizzazione dei bambini e come sia diventata endemica la violenza
sessuale in Sudafrica», denuncia un rapporto della Commissione per i
diritti umani sudafricana. Circa 50.000 stupri vengono denunciati ogni
anno nel Paese, che ha uno dei più alti tassi di criminalità al mondo.
Considerato che moltissime donne non denunciano i violentatori è
possibile che le vittime siano un milione all’anno. Il rapporto sostiene
che le scuole sono il principale luogo in cui avvengono crimini e
violenze fisiche e psicologiche contro i bambini, e un quinto delle
violenze sessuali sulle giovani. A volte i colpevoli sono i compagni, in
altri casi gli insegnanti. Un sondaggio su 1.227 studentesse, vittime di
violenze sessuali, ha mostrato che nel 9% dei casi erano stati gli
insegnanti ad aggredirle e le amministrazioni scolastiche non sempre
rispondono prontamente a questi crimini. La commissione osserva
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anche che sempre più comune è lo "stupro correttivo" di ragazze
lesbiche. I ragazzi si giustificano sostenendo che volevano "renderle
eterosessuali". Un altro studio condotto dal un’organizzazione
umanitaria sostiene che uno su quattro studenti delle scuole
secondarie in Sudafrica crede che costringere qualcuno ad avere
rapporti sessuali non costituisca necessariamente uno stupro. A
Johannesburg, centinaia di donne hanno manifestato dopo che una
giovane era stata assalita in una stazione di taxi perché indossava una
minigonna. La ragazza ha accusato i tassisti di averla palpeggiata e di
averle strappato i vestiti, mentre le versavano alcolici sul viso. Un
tassista ventenne ha spiegato che se una donna indossa una minigonna
è perché vuole essere stuprata. Una nota presentatrice radiofonica, lei
stessa in passato vittima di abusi da parte di un tassista, ha detto: «Le
bambine vengono stuprate, le nonne vengono stuprate. Quando è
successo a me avevo 13 anni e indossavo la divisa della scuola».
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La prima donna, capita la drammaticità della situazione gli ha
detto che la loro storia era finita. Lui non si è rassegnato e per
cinque mesi l’ha seguita e minacciata (di morte), perseguitata e
malmenata. Fino a intimarle, l’ultima volta che l’ha incontrata in
pieno centro, di togliersi i pantaloni. Terrorizzata, è scappata in
casa e ha chiamato il 112. Si è tranquillizzata solo quando ha
sentito il campanello suonare ed è corsa ad aprire. Peccato fosse
ancora lui che, prima dell’arrivo dei carabinieri, ha avuto il
tempo di picchiarla e mandarla in ospedale prima di essere
fermato. La seconda donna invece ha resistito anni prima di
fuggire, picchiata persino mentre era al nono mese di
gravidanza. Insultata, umiliata e obbligata a vestire sempre più
castigata, perché il marito l’ha presa a cinghiate e le ha fatto
anche assaggiare pentole bollenti prima di finire, una volta vinta
la paura, denunciato per maltrattamenti. La terza donna quel
coraggio non lo ha mai trovato nonostante per un anno e mezzo,
lui ha continuato a picchiarla prendendola a sediate perché la
voleva andarsene dopo averlo scoperto con l’amante. Ogni volta
che finiva all’ospedale per una frattura o una ferita, accampava
improbabili scuse: una caduta, un incidente in cucina,
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un’aggressione e persino una rapina, per giustificare i tagli alla
testa a colpi di mattone. Fino a quando le sue urla – la stava
prendendo a bottigliate – non hanno richiamato l’attenzione di
un vicino e i carabinieri non l’hanno trovata, in casa,
sanguinante. Prendete una città da anni modello di integrazione,
e ambientateci queste tre storie, che si collocano sul baratro del
femminicidio, e capirete il grado di integrazione che conosce
oggi, in Italia, la violenza sulla donna. La prima donna di queste
storie è moglie di un italiano. La seconda di un marocchino. La
terza, di un cinese. La regione è la stessa dove lo scorso anno un
uomo strangolò la “sua” compagna mentre nella stanza vicina
dormiva il loro bimbo di undici mesi: un caso che è tornato a far
parlare e indignare perché il reo-confesso è appena uscito di
galera per decorrenza dei termini. E dove, l’anno prima, un
marocchino, condannato a trent’anni in primo grado, uccise a
martellate la moglie che lo voleva lasciare. Tutto questo
succede in una città dove, prima della crisi, i numeri mostravano
ancora un benessere diffuso: a partire dal tasso di occupazione
più alto d’Italia con più di 8mila imprenditori stranieri presenti
sul territorio, per finire alle scuole, realtà educative di cui la
città ha sempre menato vanto. Ebbene, dall’inizio dell’anno,
sono già sette i casi di uomini di nazionalità diversa, italiana
compresa, denunciati o arrestati per aver menato le mani e
aggredito le “loro” donne colpite con calci alla testa,
imprigionate col fil di ferro, prese a morsi. Nel frattempo sono
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arrivate a quota 697 le richieste di aiuto da parte di donne che
hanno subito violenza. Come a dire che non c’è più alcuna terra
protetta (da stalking e paura, pestaggi e morte) oggi in Italia,
dove tinelli e camere da letto possono diventare labirinti
infernali per le donne che vogliono uscirne.
La Cassazione: se lo stupro è completo la pena
viene ridotta
Secondo la corte di Cassazione esistono stupro e stupro.
Traducendo il consueto faldone di motivazioni risultano i
motivi che hanno portato la Terza sezione penale della Suprema
Corte ad accogliere il ricorso di uno stupratore già condannato
in appello. L'uomo era stato condannato per maltrattamenti in
famiglia e violenza sessuale sulla moglie costringendola, in
preda ai fumi dell'alcool, ad avere rapporti sessuali completi
contro la sua volontà. I suoi avvocati hanno richiesto
l'attenuante alla pena richiesta dai gip e confermata in appello.
Secondo i legali per valutare la gravità di uno stupro, deve
"assumere rilevanza la qualità dell'atto compiuto (e
segnatamente il grado di coartazione, il danno arrecato e l'entità
della compressione) più che la quantità di violenza fisica
esercitata".
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A questo funambolismo verbale e legale i magistrati hanno
risposto accogliendo le ragioni dello stupratore, annullando così
la sentenza dei giudici. La decisione è stata così motivata: "ai
fini della concedibilità dell'attenuante di minore gravità,
assumono rilievo una serie di indici, segnatamente riconducibili,
attesa la 'ratio' della previsione normativa, al grado di
coartazione esercitato sulla vittima, alle condizioni fisiche e
mentali di quest'ultima, alle caratteristiche psicologiche,
valutate in relazione all'età, all'entità della compressione della
libertà sessuale e al danno arrecato alla vittima anche in termini
psichici".
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Stanca della sua gelosia, che spesso sfociava in aggressioni,
aveva deciso di troncare la relazione sentimentale con il suo
uomo. Ma è stato solo l'inizio del suo calvario, fatto di
violenza e di cure mediche al pronto soccorso. Ai sanitari
mentiva dichiarando di essere rimasta vittima di incidenti
stradali. Ma poi non ha retto più e si è rivolta alla Polizia. Le
indagini degli agenti hanno portato alla formulazione delle
accuse nei confronti dell'ex partner, sfociate nella misura
cautelare disposta dalla Procura.
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L'uomo, un 38enne, incensurato, è finito agli arresti
domiciliari con le accuse di atti persecutori, stalking, violenza
privata e porto di armi o oggetti da offesa. Grazie ai racconti
della donna, stanca di subire, gli agenti hanno ricostruito
numerosi episodi. In un caso, ha riferito la vittima, lo
stalker avrebbe impedito alla donna di accudire la figlia
ammalata, costringendola a trascorrere la notte con lui.
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Voleva ucciderla accoltellandola e ci sarebbe riuscito senza
l’intervento dei soccorsi. Alcuni addetti alla sicurezza della
discoteca l’hanno letteralmente staccato dalla fidanzata,
colpita alla gola da un coltello da cucina. Secondo le
ricostruzioni iniziali l’uomo si era portato da casa quella
lama. Per questo è accusato di tentato omicidio aggravato
dalla premeditazione. La vittima, come spesso accade, è
stata una “ex”. Come nel caso del professionista che la
scorsa estate ammazzò la propria fidanzata con diversi
fendenti al torace. Per un tragico scherzo del destino, è poi
emerso che i due uomini violenti si conoscono essendo stati
compagni di tennis. L’uomo ha avuto una discussione
furibonda con la sua ex fidanzata, culminata con un
accoltellamento alla gola all’interno di un locale pubblico
dove la donna stava cenando.
Le aveva chiesto bruscamente di uscire per parlare poco
distante dalla zona fumatori, ma l’incontro è rapidamente
degenerato. Urla sempre più forti e poi le mani addosso.
All’arrivo della security la ragazza era già stata raggiunta al
collo da una coltellata. Lui è stato disarmato e
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immobilizzato dal personale della sicurezza mentre la
quantità di sangue
perso dalla donna aveva fatto temere il peggio. Gli uomini
le hanno tamponato la ferita in attesa del 118 e della
polizia. La ragazza è stata ricoverata all’ospedale dove le
sono stati curati anche i tagli riportati a mani e braccia nel
tentativo di parare e schivare alcuni colpi. Guarirà in 60
giorni. Per l’uomo si sono invece aperte le porte del
carcere. Il movente che l'ha spinto a cercare le fidanzata per
ucciderla, sarebbe stato la fine della loro relazione.
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L’uomo ha confessato, dopo molte ore di interrogatorio, di
aver strangolato la donna con la quale aveva una relazione.
Una donna sposata e madre di due figlie. La donna era
scomparsa da un paio di giorni e immediatamente erano
scattate le ricerche da parte dei carabinieri. I sospetti erano
ricaduti subito sull'uomo che, interrogato per tutta la notte,
ha confessato facendo ritrovare il cadavere nelle campagne
a qualche chilometro di distanza. L'uomo ha raccontato di
averla uccisa per gelosia. Secondo una prima ricostruzione,
sembra che lei si fosse da poco iscritta, con un falso nome,
a Facebook e questa cosa non avesse fatto piacere al suo
68
amante. I due si sono incontrati, la sera della sua
scomparsa,
davanti a un locale della zona. Nell'auto di lei hanno
cominciato a litigare e lui ha perso la testa e l'ha
strangolata. Dopodiché ha deciso di nascondere il cadavere
in un campo nei pressi di un laghetto artificiale dove - ha
spiegato l'assassino - spesso andava a fare pic-nic. Si tratta
del terzo femminicidio nella zona nel giro di due mesi.
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«Morirai». Quasi ogni notte qualcuno al telefono le
annuncia «te vas a morir» o le fa ascoltare una canzone che
in Messico accompagna i funerali. Ne ha passate di
peggiori da quando, sei anni fa, hanno rapito sua figlia di16
anni, e l'hanno fatta ritrovare cadavere nel deserto al
confine con gli Usa, un mese dopo. Da allora il marito si è
ammalato di nervi, il figlio ha dovuto cambiare scuola
perché un'auto senza targa continuava a passare davanti alla
sua aula, e la donna ha smesso di lavorare, da 15 anni per 4
69
euro al giorno, nella fabbrica elettrodomestici per dedicarsi
all'associazione «Justicia para nuestras hijas». «Quando
ritrovammo il corpo di mia figlia i giornalisti continuavano
a chiedermi: che cosa cerca ora? Io rispondevo: giustizia
per mia figlia».
La donna prosegue: «L'ho promesso a Paloma». Non
succede solo nella sua cittadina. La figlia di un’altra donna
è scomparsa nel centro di una città 350 km più a Sud: solito
copione, pieno giorno, neanche un testimone. Analoghe
segnalazioni di ragazze scomparse arrivano da tutta la zona.
Accompagnate, ogni tanto, dai ritrovamenti: lo scorso
novembre sono apparsi i resti di una quattordicenne nuda e
sgozzata. «Femminicidio», una storia di violenza dai
numeri impressionanti. Il primato resta agli Stati
settentrionali: almeno 20 morti al giorno nel Chihuahua. Il
giornalista Sergio González Rodríguez, (Ossa nel deserto,
Adelphi) parla di «frontierizzazione»: al confine è stato
dimostrato che si possono compiere i crimini più atroci
nella sostanziale impunità, spiega, e questo ha consentito
alla violenza di propagarsi senza ostacoli a tutto il Paese.
«Le organizzazioni internazionali hanno calcolato che in
Messico il 99% dei reati resta senza responsabili. Da anni
segnaliamo che l'assenza di pena avrebbe fatto da
afrodisiaco per i criminali: così è stato». È come se tutti gli
70
stupratori e gli assassini di ragazzine si fossero dati
appuntamento in questo lembo di deserto.
Il fenomeno degli omicidi seriali, cominciato nel '93, si
muoveva al ritmo di una trentina di casi l'anno. Con tutte le
difficoltà a fare i calcoli e le desaparecidas che non
vengono conteggiate, le violenze che non recano il marchio
dei clan,
ma che comunque sono incoraggiate dal clima di impunità
e machismo. «Da gennaio, però, le segnalazioni sono
almeno 130: il livello più alto mai registrato» ha detto
un’insegnante attiva nell’organizzazione, che ha perso
molte allieve all'uscita della scuola o al rientro dal turno
alla fabbrica. In questa storia c'entrano il narcotraffico e il
riciclaggio di denaro, con un giro enorme di soldi che
comprano e corrompono, e una rete di pesanti agganci fin
dentro lo Stato. Per provare a uscirne l'unica via è il
sostegno internazionale.
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Per due donne di origine marocchina quella passata è
stata la settimana in cui si è svolto un processo che
comunque non riuscirà a liberarle dall’incubo che hanno
71
vissuto. Le donne, di cui una madre di un bambino avuto
da altra relazione, per lungo tempo hanno subito una serie
inaudita di abusi e maltrattamenti dopo essersi unite
sentimentalmente ad un agente di polizia, attualmente agli
arresti domiciliari, accusato di reati contro la persona e di
violenza sessuale. Nel processo l’agente ha dovuto
rispondere di atti persecutori, violenza privata, minacce,
ingiurie, offese verbali. Uno stalker con la divisa che ha
trasformato la vita delle due donne in un inferno,
terrorizzandole al punto da minacciarle anche di morte in
caso di una loro denuncia. Una pressione psicologica che ha
portato il poliziotto a fermare un’ambulanza del 118 per
verificare se a bordo ci fosse una delle due donne con la
quale intratteneva la relazione. A bordo di quell'ambulanza
c'era invece un paziente cardiopatico in gravi condizioni,
tanto che poliziotto deve rispondere anche di interruzione
di pubblico servizio. Nelle pieghe del processo sono
emersi episodi inquietanti, violenze «fotocopia» e
sistematiche sulle due donne: dalle minacce di rapimento di
un figlio («ho amicizie pericolose, lo faccio andare a
prendere a scuola»), a quelle di morte per un parente; alle
offese verbali continue, al sesso violento contro la volontà
delle donne costrette a pronunciare frasi di compiacimento
che ha registrato per fabbricarsi una difesa. Uno stillicidio
72
durato fino a quando le due donne hanno trovato il
coraggio di denunciare il calvario subìto.
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Madre e figlia sono state uccise ieri a colpi di arma da
fuoco davanti a un supermercato. E’ stato fermato dai
carabinieri l’ex marito e padre. L’uomo ha confessato:
avrebbe ucciso le due donne dopo essere stato allontanato
dalla moglie perché
accusato di molestie sessuali e violenza nei confronti della
figlia. Le due donne lavoravano entrambe in un’ azienda
agricola. Sono state uccise, con una pistola o un fucile,
davanti a molte persone. Alcuni testimoni, dipendenti e
clienti del locale, sono stati interrogati dai militari. Subito
dopo gli spari, il presunto omicida sarebbe fuggito, ancora
armato, a bordo della sua auto ma sarebbe stato bloccato
dalle forze dell’ordine poco dopo, mentre rientrava a casa.
All’interno del veicolo è stata ritrovata una pistola.
L’uomo, di origine straniera, era appena rientrato dalla
Germania dove aveva trovato lavoro dopo la separazione
dalla moglie. La coppia aveva 7 figli.
73
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I carabinieri hanno allontanato dalla sua abitazione un
31enne con l’accusa di maltrattamenti e lesioni personali
per aver picchiato in più occasioni la moglie fino a
procurarle ferite giudicate guaribili in 30 giorni. I militari
dell’Arma hanno accertato che l’uomo aveva ripetutamente
insultato, minacciato di morte, percosso, afferrata per il
collo, spintonato e aggredito la donna, a causa del suo
carattere violento e per i problemi economici che la coppia
viveva da quando aveva iniziato la convivenza. I
carabinieri, nel corso delle indagini seguite alla denuncia
della donna, hanno acquisito gravi indizi delle messa in
opera, da parte dell’uomo, di una condotta sistematica e
abituale di vessazione, sopraffazione e umiliazione della
compagna, realizzata con soprusi di ogni genere. Dalle
semplici ingiurie ad aggressioni verbali e fisiche, a
minacce. Spesso tutto avveniva alla presenza del loro figlio
di due anni e mezzo.
In un'occasione l’uomo, dopo aver litigato con la vittima
all’interno della loro autovettura, era sceso dal mezzo e
aveva mandato in frantumi i vetri dell’auto. Già prima della
nascita del figlio l’uomo aveva percosso in due circostanze
la donna, sua coetanea. La donna non aveva mai denunciato
74
il compagno. Aveva anche deciso di abbandonare
temporaneamente il domicilio domestico ma alla prima
richiesta di denaro per acquistare generi di prima necessità
per il loro figlio, l’aveva spintonata violentemente. In
ospedale aveva avuto dapprima tre, poi quindici e poi
nuovamente quindici giorni di prognosi a causa delle
percosse ricevute dal compagno. Solo a quel punto la
donna ha deciso di raccontare quanto stava accadendo e
denunciare il compagno. Il giudice per le indagini
preliminari ha emesso per l’uomo la misura
dell’allontanamento dalla casa familiare prescrivendo di
non farvi rientro e non accedervi senza autorizzazione.
75
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76
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Ha reso piena confessione l’extracomunitario che ha
massacrato a coltellate l’ex fidanzata, italiana, che non
voleva riprendere la relazione, andata avanti con
difficoltà per un anno e mezzo, con lui. L’uomo, che
stato arrestato per omicidio volontario premeditato,
aveva chiesto alla donna un incontro chiarificatore. Lei
si è presentata sotto la casa di lui in auto e dopo pochi
minuti lui è sceso. Appena salito in macchina è iniziato
un violento litigio al culmine del quale l’uomo ha
estratto un coltello con il quale ha colpito ripetutamente
l’ex fidanzata fino a ucciderla.
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Prima urla e ingiurie, poi spintoni e minacce, fino
all’epilogo con un uomo in manette e una donna in stato di
choc. Si è sfiorata la tragedia quando un uomo, armato di
fucile, è stato bloccato dai carabinieri poco prima di
mettere in atto il suo intento omicida nei confronti della
fidanzata. Sarebbe potuto essere il racconto dell’ennesimo
femminicidio se solo la donna, dopo essere stata minacciata
di morte dal suo compagno, non avesse tempestivamente
77
avvertito i carabinieri di quanto stava accadendo. Subito
dopo la concitata telefonata, giunta alla centrale operativa
dei carabinieri, da parte della vittima, i militari si sono
recati sul luogo da dove proveniva la segnalazione.
Nel corso della telefonata la donna, sentendosi in pericolo,
aveva lasciato il suo indirizzo chiedendo un intervento
immediato perché il suo fidanzato l’aveva appena avvertita
che l’avrebbe uccisa, sparandole con un fucile.
‘Ž‡•–ƒ–‡†ƒŽŽ‘’•‹…‘Ž‘‰‘
In Tribunale è tornato il caso dello psicologo accusato di
violenza sessuale nei confronti di due sue pazienti. Nel
racconto delle due giovani donne, chiamate a testimoniare e
a spiegare la vicenda in aula, si leggeva effettivamente
ancora forte l'imbarazzo: «Mi baciava il collo, il viso e le
spalle, poi mi sfiorava in molte parti del corpo, il ventre, i
seni, le cosce. Ero imbarazzata ma mi fidavo di lui che mi
diceva: vedrai che così ti liberi dai tuoi problemi, ti rilassi e
starai meglio». Termini anche spinti, proferiti per necessità
legale, che per lo psicologo erano solo "metodi terapeutici".
Non dello stesso parere gli inquirenti, specie dopo aver
visionato le immagini registrate dalle telecamere che, come
78
ha raccontato anche il marito di una delle donne, erano state
posizionate all'interno dello studio medico dove avvenivano
gli incontri, in accordo con i carabinieri a cui le donne si
erano rivolte. Il professionista è ora accusato di violenza
sessuale anche se non vi sarebbero stati rapporti fisici
completi. La vicenda risale a quando le due donne si
affidarono alle sue cure. Le terapie sarebbero dapprima
avvenute a domicilio salvo interrompersi improvvisamente
quando le due donne decisero di rivolgersi ai carabinieri per
denunciare alcuni atteggiamenti che non avevano gradito da
parte del professionista. L'imputato si è sempre dichiarato
estraneo ai fatti spiegando che quegli atteggiamenti
rientravano semplicemente nella terapia anche se una delle
imputate ha sottolineato che, tra l’altro, l’uomo le
telefonava decine di volte al giorno per chiederle il parere
sulla terapia.
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Un'anziana di 100 anni e stata violentata in una cittadina del Kansas, negli
Stati Uniti, da un uomo di 35 anni che aveva fatto irruzione nell'abitazione
della donna con altri delinquenti. La notizia e stata resa nota solo nelle ultime
ore. L'uomo ha prima forzato la porta dell'appartamento, ha svaligiato la
casa, poi ha aggredito la donna che vive in casa da sola. Secondo quanto
ricostruito dagli investigatori era con più complici che sono rimasti
nell’abitazione per molte ore saccheggiandola. L’uomo è stato arrestato
con l’accusa di furto e stupro e rinchiuso in carcere.
‡ŽʹͲͳ͵ǣ—ƒ˜‹––‹ƒ‘‰‹ †—‡‰‹‘”‹
Secondo il secondo rapporto dell’Eures sul femminicidio in Italia, che
contiene i dati riguardanti gli omicidi volontari che hanno donne come
vittime, il 2013 è stato un anno nero per i femminicidi, con 179 donne
uccise, in pratica una vittima ogni due giorni. Rispetto alle 157 del 2012,
le donne ammazzate sono aumentate del 14%. Aumentano i delitti in
ambito familiare, +16,2%, passando da 105 a 122, così come pure nei
contesti di prossimità, rapporti di vicinato, amicizia o lavoro, da 14 a 22.
Rientrano nel computo anche le donne uccise dalla criminalità, 28 nel
2013: si tratta di omicidi a seguito di rapina, dei quali sono vittima
soprattutto donne anziane. Anche nel 2013, in 7 casi su 10 (68,2%, pari a
122 in valori assoluti) i femminicidi si sono consumati all'interno del
contesto familiare o affettivo, in linea con il dato relativo al periodo 20002013 (70,5%).
83
Con questi numeri il 2013 rivela la più elevata percentuale di donne tra le
vittime di omicidio mai registrata in Italia, pari al 35,7% dei morti
ammazzati (179 sui 502), "consolidando - sottolinea il dossier - un
processo di femminilizzazione nella vittimologia dell'omicidio
particolarmente accelerato negli ultimi 25 anni, considerando che le
donne rappresentavano nel 1990 appena l'11,1% delle vittime. Se per 10
anni quasi la metà dei femminicidi è avvenuto al Nord, nel 2013 c'è stata
un'inversione di tendenza sotto il profilo territoriale, divenendo il Sud
l'area a più alto rischio con 75 vittime e una crescita del 27,1% sull'anno
precedente, anche a causa del decremento registrato nelle regioni del Nord
(-21% e 60 vittime). Si registra anche un raddoppio delle vittime al Centro
Italia, dalle 22 nel 2012 a 44. Il Lazio e la Campania, con 20 donne
uccise, presentano nel 2013 il più alto numero di femminicidi tra le
regioni italiane, seguite da Lombardia (19) e Puglia (15). Ma è l'Umbria a
registrare l'indice più alto (12,9 femminicidi per milione di donne
residenti). Nella graduatoria provinciale ai primi posti c’è Roma (con 11
femminicidi nel 2013), Torino (9 vittime) e Bari (8). Il femminicidio,
nelle regioni del Nord, si configura essenzialmente come fenomeno
familiare, con 46 vittime su 60, pari al 76,7% del totale; mentre sono il
68,2% dei casi al Centro e il 61,3% al Sud (con 46 donne uccise in
famiglia sulle 75 vittime censite nell'area). Qui, al contrario, è più alta
l'incidenza delle donne uccise all'interno di rapporti di lavoro o di vicinato
(14,7% a fronte del 5% al Nord) e dalla criminalità (18,7% contro l'11,4%
del Centro e l'11,7% del Nord). A "mani nude", per le percosse,
strangolamento o soffocamento: così nel 2013 è morta ammazzata una
donna su tre evidenziando un "più alto grado di violenza e rancore". Se le
armi da fuoco si confermano come strumento principale nei casi di
femminicidio (45,1% dei casi, seguite, con il 25,1%, dalle armi da taglio),
la gerarchia degli strumenti si va modificando: le "mani nude" sono il
mezzo più ricorrente, 51 vittime, pari al 28,5% dei casi; in particolare, le
percosse hanno riguardato il 5,6% dei casi, lo strangolamento il 10,6% e il
soffocamento il 12,3%.
84
Di poco inferiore la percentuale dei femminicidi con armi da fuoco (49,
pari al 27,4% del totale) e con armi da taglio (45 vittime, pari al 25,1%).
Collegato alla modalità di esecuzione è il movente. Quello 'passionale o
del “possesso” continua ad essere il più frequente (504 casi tra il 2000 e il
2013, il 31,7% del totale): "Generalmente - dice lo studio dell’Eures - è la
reazione dell'uomo alla decisione della donna di interrompere/chiudere un
legame, più o meno formalizzato, o comunque di non volerlo ricostruire".
Il secondo gruppo riguarda la sfera del "conflitto quotidiano", della
litigiosità anche banale, della gestione della casa, ed è alla base del 20,8%
dei femminicidi familiari censiti (331 in valori assoluti). A questi possono
essere aggiunti gli omicidi causati da questioni di interesse o denaro, 19
nel 2013, il 16%, e si tratta prevalentemente di matricidi. Ottantuno
donne, il 66,4% delle vittime dei femminicidi in ambito familiare, hanno
trovato la morte per mano del coniuge, del partner o dell'ex partner; la
maggior parte per mano del marito o convivente (55, pari al 45,1%), cui
seguono gli ex coniugi/ex partner (18 vittime, pari al 14,8%) e i partner
non conviventi (8 vittime, pari al 6,6%). I dati relativi al 2013 sono
sostanzialmente sovrapponibili a quelli complessivamente censiti a partire
dal 2000. Lo 2013 si è avuto, "anche per effetto del perdurare della crisi",
un forte aumento dei matricidi, spesso compiuti per ragioni di denaro o
per un’esasperazione dei rapporti derivanti da convivenze imposte dalla
necessità: sono infatti 23 le madri uccise nell'ultimo anno, pari al 18,9%
dei femminicidi familiari, a fronte del 15,2% rilevato nel 2012 e del
12,7% censito nell'intero periodo 2000-2013 (215 matricidi). Ad uccidere
sono nel 91,7% dei casi i figli maschi e nell'8,3% le figlie femmine. Il
2013 ha registrato una significativa crescita dell'età media delle vittime di
femminicidio, passata da 50 anni nel 2012, a 53,4 (da 46,5 a 51,5 anni nei
soli femminicidi familiari). Sono invece diminuite le vittime con meno di
35 anni (da 48 a 37), e aumentate quelle nelle fasce 45-54 anni (+72,2%
passando da 18 a 31) e 55-64 anni (+73,3%, da 15 a 26) e, in quella 35-44
anni (+26,1%, passando da 23 a 29 vittime) e tra le over 64 (da 51 a 56,
pari a +9,8%).
85
Oltre 330 donne sono state uccise, dal 2000 alla fine del 2013, per aver
lasciato il proprio compagno: quasi la metà nei primi 90 giorni dalla
separazione. Il rapporto Eures li definisce i 'femminicidi del possesso', e
sono la conseguenza della decisione della vittima di uscire da una
relazione di coppia; a questa dinamica sono da attribuire almeno 213
femminicidi tra le coppie separate, e 121 casi in quelle in cui la
separazione era ancora alla fase di intenzione. Il 45,9% sono avvenuti nei
primi tre mesi dalla rottura (il 21,6% nel primo mese e il 24,3% tra il
primo e il terzo mese). Ma il "tarlo dell'abbandono", segnala il dossier, ha
una forte capacità di persistenza e di riattivazione nei casi di un nuovo
partner della ex, della separazione legale o dell'affidamento dei figli.
Tanto che il 3,2% dei femminicidi nelle coppie separate avviene dopo 5
anni dalla separazione. Il femminicidio è spesso un'escalation di violenze
e/o vessazioni di carattere fisico. I dati disponibili indicano un'elevata
frequenza di maltrattamenti pregressi a danno delle vittime, censiti nel
33,3% dei femminicidi di coppia nel 2013 (27 in valori assoluti) e nel
22,5% tra il 2000-2013 (193 in valori assoluti). L’Eures sottolinea
"l'inefficacia/inadeguatezza della risposta istituzionale alla richiesta
d'aiuto delle donne vittime di violenza all'interno della coppia, visto che
nel 2013 ben il 51,9% delle future vittime di omicidio (17 in valori
assoluti) aveva segnalato/denunciato alle Istituzioni le violenze subite.
86
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Una ragazza originaria dei paesi dell’Est è stata soccorsa la notte scorsa
dall'ospedale dopo aver subito una violenza sessuale, come ha detto alla
polizia, da parte un uomo che conosce. L’episodio si sarebbe verificato in un
appartamento. A chiamare aiuto è stato un vicino di casa, spaventato dalle
urla della giovane. La donna è stata portata al pronto soccorso, e, dopo
qualche ora, è stata dimessa. Si tratta del secondo caso di stupro in poche ore
nella stessa città.
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Ha strangolato con una corda l’amante e si è tolto la vita impiccandosi.
L’omicida-suicida era stato accusato, in passato, dell’omicidio della
moglie avvenuto negli anni '80. L’uomo, secondo una prima
ricostruzione dei fatti, si era appartato con la compagna, una casalinga
49enne separata e con un figlio. A quanto pare i due si erano isolati in
auto, davanti a un casolare, e non è chiaro se abbiano avuto o meno un
rapporto sessuale. Improvvisamente il dramma. Forse al culmine di un
litigio, il 49enne ha preso una corda e ha strangolato la donna,
tagliandole la gola. Subito dopo si è tolto la vita. Per farlo è salito su
un tavolino che si trovava nel porticato dietro il casolare e ha legato a
una trave una corda. A dare l’allarme è stato un residente della zona.
L’uomo ha spiegato ai Carabinieri che l’auto era parcheggiata dalla
domenica precedente. Avvicinandosi ha visto un corpo penzolare. Sul
posto gli inquirenti hanno fatto i conti con il macabro rinvenimento. Il
cadavere della donna era steso sul sedile anteriore reclinato. Il 49enne,
attualmente disoccupato, era stato coinvolto in un pesante processo per
l'omicidio della moglie che fu ritrovata morta in un garage.
Inizialmente gli investigatori pensarono al suicidio ma la famiglia non
credette a questa versione chiedendo e ottenendo la riesumazione del
cadavere. L'uomo venne accusato di uxoricidio, ma dopo un anno e
mezzo di carcere fu assolto per insufficienza e rimesso in libertà. La
Corte d'Appello lo condannò a 21 anni di carcere, verdetto che fu
annullato dalla Cassazione. L’uomo fu coinvolto anche in un incidente
stradale nel quale persero la vita nel 1999 due donne.
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Era al volante di un camper e invase la corsia opposta mentre
sopraggiungevano due auto. La prima donna morì sul colpo, mentre la
seconda dopo alcuni giorni di agonia.
––ƒ–‡‡—……‹†‡Žƒ‘‰Ž‹‡ǣƒ””‡•–ƒ–‘
Ancora un femminicidio. Un uomo di 80 anni in pensione, ha ucciso la
moglie di 78 anni, colpendola ripetutamente con un bastone
appendiabiti. A chiamare i carabinieri è stato un vicino di casa della
coppia. Secondo le prime ricostruzioni i militari dell’Arma avrebbero
fermato l’aggressore, che, sotto choc, e davanti al corpo della moglie,
ha confessato il delitto. I vicini raccontano che la coppia aveva
continui e violenti litigi e che l’uomo soffriva di demenza senile.
L’ultima lite, quella fatale, sarebbe legata alla gestione della pensione.
L’uomo era un ex autista e godeva di una pensione legata al suo
precedente lavoro. La gestione del piccolo reddito era una delle tante
occasioni di litigio nella coppia. Il corpo della vittima è stato trovato
dai carabinieri riverso per terra, nel corridoio, in una pozza di sangue.
Agli inquirenti l’uomo ha confessato tutto. La coppia aveva un figlio
morto qualche anno fa.
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––‘ƒ”œ‘†‹•ƒ‰—‡ǣ–”‡ˆ‡‹‹…‹†‹
Otto marzo di sangue. Nella giornata Internazionale della Donna,
salgono a 16 le vittime del femminicidio dall'inizio del 2014. Un uomo
di 71 anni ha massacrato la compagna nel bar che gestivano insieme:
"Ero geloso" avrebbe detto ai carabinieri il reo confesso. In una città
vicina invece, è stata trovata senza vita una donna di origini romene,
uccisa da un connazionale che ha poi tentato il suicidio. E arriva la
confessione dell'uxoricida di qualche giorno fa: venerdì ha lasciato
morire la moglie mentre lui era tornato a dormire a letto.
"Il sessismo è un virus da estirpare" ha detto il presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la cerimonia al Quirinale dal
titolo "basta".
Nel primo caso, intorno a mezzogiorno, un 71enne ha ucciso a
coltellate la compagna di una vita, con la quale ha avuto due figlie.
L'uomo è stato bloccato davanti alla caserma dove stava andando a
costituirsi. La loro unione sarebbe stata interrotta dalla donna che
secondo aveva iniziato una nuova relazione e se n'era andata di casa da
pochi giorni. Intanto, un'altra donna è stata uccisa dal compagno che
poi ha tentato il suicidio. Ed emergono nuovi particolari sull'omicidio
dello scorso venerdì. La vittima è stata colpita ripetutamente con
un'asta di ferro e spinta per le scale dal marito. L'uomo si è poi
addormentato, lasciandola agonizzante.
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‡”•‡‰—‹–ƒŽƒ‡š‡–‡–ƒ†‹‹˜‡•–‹”‡‹Ž—‘˜‘…‘’ƒ‰‘
È stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio e stalking il giovane
che ha investito due volte il fidanzato dell'ex ragazza con l'auto, poi,
con la vittima a terra, è sceso dalla vettura e lo ha colpito con calci e
pugni. Secondo l'accusa il ragazzo aveva tentato di investire il nuovo
fidanzato della ex una prima volta nel febbraio scorso. In quella
occasione, però, il ragazzo era riuscito a scansarsi. La seconda volta,
invece, secondo la ricostruzione degli investigatori è riuscito nel suo
intento. Dopo avere pedinato il giovane, lo ha travolto due volte con
l'auto e poi si è scagliato contro la vittima, ormai riversa in terra,
colpendolo.
‹……Š‹ƒ‡‹•—Ž–ƒŽƒ‘‰Ž‹‡’‡”‡•‹ǡ’‘‹Žƒ˜‹‘Ž‡–ƒ
Ha patteggiato due anni di reclusione e la pena sarà sospesa.
Sull’uomo avevano pesato le accuse di maltrattamenti, insulti e
umiliazioni nei confronti della moglie che doveva sopportare ogni
genere di sfuriate e che aveva confessato di essere stata violentata
brutalmente. Il coniuge l'avrebbe aggredita una notte e a nulla
sarebbero servite e preghiere, le implorazioni della vittima. Dopo mesi
di soprusi è stata lei stessa a denunciarlo.
Secondo quanto emerso, le mani del marito violento si alzavano per
qualunque sciocchezza. Molte delle aggressioni feroci avvenivano per
soldi: lui non accettava di mantenere lei e i figli.
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Anzi, era l'uomo stesso a chiedere denaro. L’ apostrofava chiamandola
"prostituta, matta, bestia". L’ anno scorso la donna fu presa a schiaffi e
ginocchiate sulla schiena mentre era a terra. Per l’uomo evidentemente
i pugni non bastavano e arrivò il momento in cui brandì un coltello,
puntandolo contro la moglie e minacciandola di morte. Dopo la
denuncia era stato arrestato.
‹……Š‹ƒ‹•–”ƒ†ƒŽƒ…‘˜‹˜‡–‡
E' stato fermato da una pattuglia della Guardia di Finanza mentre stava
picchiando la compagna, una sua connazionale, in strada. Un
marocchino è stato arrestato con le accuse di lesioni personali
aggravate e violenza sessuale. A dare l'allarme sono stati alcuni
residenti, che hanno avvertito le grida della donna. I primi a giungere
sul posto sono stati i militari delle Fiamme Gialle che hanno
immediatamente bloccato l'extracomunitario. La donna, che perdeva
sangue dal volto, è stata portata al pronto soccorso, dove i medici le
hanno riscontrato la frattura del setto nasale. Ascoltata dagli inquirenti,
ha riferito che prima dell'aggressione era stata costretta a subire un
rapporto sessuale nell'abitazione di Forlì. L'uomo ora è in carcere a
disposizione del pm.
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‹……Š‹ƒ‡š‘‰Ž‹‡‹•–”ƒ†ƒ
Calci, schiaffi e pugni alla ex moglie incontrata per strada e l’uomo
finisce in carcere. L’aggressione alla donna, medicata in ospedale per
lesioni guaribili in 4 giorni, è arrivata al culmine di una lite. Tra l’altro
l’uomo era sottoposto alla misura cautelare di divieto di
frequentazione ed incontro con la ex moglie. Dopo la separazione,
infatti, aveva attuato confronti dell’ex coniuge comportamenti
ossessivi, violenti e vessatori, generando in lei uno stato d’ansia e
paura. Inoltre per ben tre volte era stato arrestato, rispettivamente dai
carabinieri e dalla polizia, per analoghi fatti.
‹……Š‹ƒŽƒ…‘’ƒ‰ƒ‹…‹–ƒ•‘––‘Žǯ‡ˆˆ‡––‘†‡ŽŽƒ…‘…ƒ‹ƒ
Un uomo è stato arrestato per aver picchiato la compagna incinta,
tirandole forti colpi sulla pancia e scagliandole addosso vari oggetti
presenti nella casa. La donna si trova adesso in ospedale dove le è stato
diagnosticato un trauma cranico e varie contusioni. Tra le tante cose
che il compagno, sotto l’effetto della cocaina, le ha scagliato contro, vi
è anche una bottiglia di acido muriatico che avrebbe potuto ferire
pesantemente la donna.
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Nonostante le contusioni e il trauma la donna sembra in discrete
condizioni di salute e per fortuna non rischia di perdere il bambino. I
carabinieri sono stati avvisati da alcuni vicini che avevano sentito
gridare e si erano spaventati dalla forte lite che stava avvenendo tra i
due. Immediatamente i carabinieri sono corsi sul posto e hanno
faticato a placare l’ira dell’uomo, che è stato portato in carcere con
l’accusa di rapina aggravata, lesioni gravi e maltrattamenti. Dalle
dichiarazioni della donna, è emerso che a provocare la scintilla e a far
scoppiare la lite furibonda era stata la richiesta da parte dell’uomo di
una somma di denaro con cui comprare la cocaina. A quanto sembra la
donna aveva inizialmente opposto resistenza, ma poi l’uomo l’ha
costretta a dargli il denaro con la forza. La furia e l’ira del compagno
sono poi esplose con improperi e minacce mentre la colpiva in viso e
in tutto il corpo lanciandole tutto ciò che gli capitava tra le mani,
compresa la bottiglia di acido muriatico. Adesso l’uomo dovrà anche
rispondere di resistenza a pubblico ufficiale. Inoltre, passerà anche altri
guai per aver picchiato la sua compagna in attesa di un bambino e per
averla obbligata a consegnargli il denaro picchiandola selvaggiamente.
‹……Š‹ƒŽƒ‘‰Ž‹‡‡Žƒ‹•‡‰—‡ǣ—‘‘ƒ””‡•–ƒ–‘’‡”
ƒŽ–”ƒ––ƒ‡–‹
L'ha inseguita in strada, dopo averla picchiata. Un uomo è stato
bloccato dai carabinieri nella piazza del paese mentre minacciava di
morte la moglie. E' stato arrestato per maltrattamenti in famiglia. La
donna ha riportato lesioni guaribili in quindici giorni per trauma
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contusivo e diverse ferite. E non è l'unico caso di violenza sulle
donne. Sempre i carabinieri hanno arrestato uno stalker di 39 anni.
L'uomo è stato fermato mentre minacciava l'ex convivente che non
voleva riprendere la relazione sentimentale. Le molestie, più volte
denunciate dalla donna, duravano da circa due anni.
‹……Š‹ƒŽƒ‘‰Ž‹‡†ƒ˜ƒ–‹ƒŽŽƒˆ‹‰Ž‹ƒ
Da anni picchiava la moglie, anche davanti alla figlia piccola, l'uomo
arrestato dai carabinieri che sono intervenuti dopo una segnalazione
giunta al 112: sul posto hanno bloccato il giovane che poco prima
aveva preso a calci e pugni la moglie.
La donna è stata portata in ospedale dove i medici le hanno riscontrato
«lesioni da strangolamento al collo, contusioni al braccio sinistro e
dietro l'orecchio destro, un ematoma al gluteo sinistro».
Al momento della visita in ospedale, la donna era ancora fortemente
dolorante a causa delle percosse al capo ricevute. Quando ha
denunciato l'episodio, la vittima ha anche confessato che da anni
subiva analoghi episodi di violenza, spesso anche in presenza della
figlia minorenne. Il marito è stato chiuso in carcere.
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‹……Š‹ƒ–ƒ†ƒŽƒ”‹–‘ǡ…Š‹ƒƒ‰Ž‹ƒ‰‡–‹‡Ž—‹Ž‹ƒ†ƒ
ƒŽŽ̵‘•’‡†ƒŽ‡
Picchia la moglie e manda in ospedale anche gli agenti delle volanti
arrivati sul posto per difenderla. Ieri sera una donna disperata ha
chiamato il 113 denunciando di essere stata maltrattata dal marito. Gli
uomini dell’ufficio prevenzione generale si precipitano sul posto e già
sotto le finestre dell’abitazione notano masserizie di ogni genere e
pezzi di mobili. In casa trovano la donna contusa e terrorizzata. «Mio
marito è un tossicodipendente - racconta la malcapitata - chiede
continuamente soldi per la droga e quando non glieli do mi picchia.
Poco fa mi ha minacciato con il coltello e poi, visto che io non avevo
un euro da consegnargli, ha distrutto la casa. E non è la prima volta
che accade, da quando è uscito dal carcere la mia vita è diventata un
inferno». A questo punto si è affacciata alla finestra per mostrare i resti
della sua abitazione distrutta dal marito e si rende conto che sta
rientrando. Gli agenti lo bloccano ma lui reagisce e li manda in
ospedale dove vengono giudicati guaribili in cinque giorni.
‹……Š‹ƒ–ƒ•‹‘ƒˆƒ”Ž‡’‡”†‡”‡‹Ž„ƒ„‹‘
La giovane donna straniera non immaginava che il suo sogno di essere
madre sarebbe stato distrutto da un colpo all’addome inferto con un
attizzatoio dal padre del bambino che aspettava. Ora è ricoverata nel
reparto di Ginecologia dell’ospedale vittima dell’ennesimo atto di
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brutale violenza contro una donna, cercando di capire cosa possa aver
armato la mano del suo compagno che con pugni, calci e colpi di
attizzatoio le ha fatto perdere il bambino da poco concepito. A
raccontare il fatto è una dirigente dell’ospedale convinta che riferire
questa storia, l’ennesima, possa servire ad altre donne, a dare coraggio
a chi ancora subisce in silenzio. Stavolta la donna è stata costretta a
chiedere aiuto. Troppe le botte subite, troppo grande il dolore per
nascondere una violenza della quale, forse, altre volte si era
vergognata, preferendo non lasciar trapelare nulla. Il paese dove si è
verificata la tragedia è piccolo ed è facile risalire ai protagonisti del
fatto di cronaca. Dell’arresto dell’uomo si è avuta notizia dai
carabinieri. La donna era arrivata nel paese qualche anno prima e
prima dell’ultimo compagno, di qualche anno più giovane di lei, aveva
avuto un’altra relazione. Per un periodo il suo compagno era stato in
un’altra città per lavoro dove si era reso protagonista di un’altra
aggressione ai danni di una donna anziana alla quale aveva tentato di
scippare la borsetta. Qualche mese dopo, la procura di quella città lo
aveva fatto allontanare e inflitto gli arresti domiciliari per scontare la
sua condanna. Tornato nel paese, aveva portato nella casa in cui era
costretto la sua ragazza che i vicini dicono non uscisse mai. I vicini
sentivano però frasi concitate, risse, grida e invocazioni di aiuto che si
sono fatte più acute quando la ragazza stessa ha chiamato i carabinieri
che, dopo averla portata in ospedale per essere soccorsa, sono tornati
in quella casa per arrestare l’uomo e portarlo in carcere in manette.
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Nel vicolo in cui si trova la casa tutti dicono di non aver mai visto o
sentito niente e non è escluso che quando la ragazza tornerà per
prendere le sue cose forse lo farà per andarsene per sempre.
”‘ˆ‡••‹‘‹•–ƒƒ……‘Ž–‡ŽŽƒŽƒˆ‹†ƒœƒ–ƒ
Voleva ucciderla e ci sarebbe riuscito senza l’intervento di alcuni
soccorritori. Gli addetti alla sicurezza del locale l’hanno letteralmente
staccato dalla fidanzata, colpita alla gola da un coltello da cucina.
Secondo le ricostruzioni, quella lama se l’era portata da casa. E per
questo è accusato di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione.
A rimetterci, ancora una volta, è stata una “ex”. Come nel caso del
commerciante che la scorsa estate ammazzò la propria fidanzata con
diversi fendenti al torace. E per un tragico scherzo del destino, è
emerso che i due uomini violenti si conoscono: sono stati compagni di
tennis, hanno giocato assieme. Lui ha avuto una discussione furibonda
con la sua ex fidanzata. L’uomo l’ha colpita alla gola, al culmine di
una lite fuori da un noto locale Non è ancora chiaro se l’uomo fosse
sotto l’effetto dell’alcol. Fatto sta che aveva raggiunto la fidanzata al
tavolo dove stava cenando con alcuni amici. Le aveva chiesto
bruscamente di uscire per parlare ma la chiacchierata è degenerata ben
presto. Urla, sempre più forti e poi le mani addosso. All’arrivo degli
uomini della sicurezza la ragazza era già stata raggiunta al collo da una
coltellata con una lama da cucina. Lui è stato disarmato e
immobilizzato.
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Il tanto sangue perso ha fatto temere il peggio ma gli uomini le hanno
tamponato la ferita in attesa del 118 e della polizia. L’ambulanza è
partita a sirene spiegate per l’ospedale dove la 25enne è ricoverata.
Non sarebbe in pericolo di vita. I medici le hanno dovuto curare anche
i tagli riportati a mani e braccia perché aveva tentato di parare e
schivare alcuni colpi. Guarirà in 60 giorni. Per l’uomo si sono invece
aperte le porte del carcere. Il movente, il motivo che l'ha spinto a
cercare l’ex fidanzata per ucciderla, sarebbe stata la fine della loro
relazione.
”‘•‡‰—‡Ž‘•–ƒŽ‹‰‘‘•–ƒ–‡Ž‡…‘†ƒ‡
Il rapporto era da tempo difficile e la vittima, intimidita, nei mesi
scorsi aveva deciso di troncare definitivamente scatenando però le
ire dell’ormai ex compagno che non riusciva a rassegnarsi a perdere
ciò riteneva “suo”. Ed allora, come accertato dalle indagini dei
carabinieri, via a pedinamenti, messaggi minatori e minacce, anche
di morte. Fino agli arresti domiciliari per stalking e maltrattamenti
in famiglia. Una misura cautelare giunta al culmine di una situazione
divenuta insostenibile che di recente aveva portato l’ex convivente a
rivolgersi ai carabinieri denunciando passo dopo passo i
comportamenti dell’uomo, sempre più opprimenti e minacciosi tanto
da farle temere per la sua stessa vita. Lo scorso anno, per un’eredità
contesa, l’uomo e suo figlio furono protagonisti di un violento
litigio con il cognato che finì accoltellato.
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Una vicenda che portò padre e figlio in manette con l’accusa di
tentato omicidio. Reato poi derubricato in lesioni gravi agli inizi
dello scorso luglio quando furono condannati a tre anni di detenzione
domiciliare senza possibilità di usufruire del beneficio della libertà e
con divieto di mettere piede nel comune di residenza della donna.
Divieto caduto dopo qualche settimana: a fine luglio tornarono il
libertà con il solo obbligo di firma. In concomitanza col ritorno in
paese dell’uomo la sua ex compagna abbandonò definitivamente la casa
che un tempo i due dividevano e dove lui si era ristabilito: quel
rapporto sentimentale, per anni travagliato e ormai deteriorato da
tempo, anche a causa di comportamenti violenti, per lei era finito.
Così non era per l’uomo che avrebbe provato in ogni modo a far
tornare la donna sui propri passi. Andando ben oltre il consentito,
considerate le circostanze denunciate ai carabinieri dalla
malcapitata. Una denuncia dietro l’altra, senza riuscire a fermare
quello che, fuori di sé, era a tutti gli effetti diventato uno stalker.
‹˜‡—–‹ƒŽ–”‹”‡•–‹†‡Ž…‘”’‘†‡ŽŽƒ†‘ƒ•…‘’ƒ”•ƒ
Continuano, da parte dei carabinieri, i macabri ritrovamenti di parti del
corpo della donna scomparsa, senza nessuna apparente ragione, dalla
propria abitazione che condivideva con i figli e il marito. Quest’ultimo
è stato indagato per omicidio e occultamento di cadavere. Il corpo
della donna è stato ritrovato mutilato in un corso d’acqua dal quale
100
sono riemerse altre parti del corpo che sono state via via inviate
all’ufficio di medicina legale per essere esaminate. L’autopsia, in un
primo momento, non aveva rilevato tracce di violenza per cui le cause
della morte erano rimaste avvolte nel mistero. Altrettanto misteriosa
era la causa della scomparsa della donna che non aveva lasciato alcun
biglietto o spiegazione e che soprattutto aveva lasciato tutto a casa,
compreso il cellulare, mentre gli abiti erano nell’auto parcheggiata nel
proprio giardino. Le indagini hanno appurato che la coppia era ben
diversa da quella che appariva agli occhi dei vicini e dei compaesani:
lui era maniaco dell’ordine e consentiva ben poco spazio alla moglie
che praticamente non poteva disporre né di denaro né di spazi propri.
L’uomo voleva tenerla sotto il suo stretto controllo e quando ha saputo
che aveva un’amicizia su un social network ha letteralmente perso la
testa andando addirittura dal parroco presso il quale la moglie si era
confessata, per sapere quello che gli aveva detto. La moglie gli era
apparsa definitivamente estranea e pericolosa perché andava ad
intaccare il suo mondo di padre- padrone sul quale aveva costruito la
sua relazione. Agli inquirenti è apparso sconvolgente che, pur
trovandosi accusato di assassinio, mandasse sms ad altre donne come
se la moglie non fosse mai esistita. Dalla ricostruzione del delitto
risulta che la donna sia stata strangolata nella camera da letto e quindi
il corpo sia stato portato in un luogo dove l’assassino pensava che non
sarebbe stata ritrovata.
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…ƒ”ƒ˜‡–ƒŽǯ‡šˆ‹†ƒœƒ–ƒˆ—‘”‹†ƒŽŽǯƒ—–‘‡…‡”…ƒ†‹
‹˜‡•–‹”Žƒ
Sono storie che si ripetono. Racconti che trovano la conferma
nell’incubo vissuto dalle donne perseguitate. Stalker maniacali,
violenti. L’ennesimo episodio ha per protagonisti una donna del posto
e uno stalker. Si tratta addirittura di un tentato omicidio per motivi di
gelosia e continui rifiuti. La storia durava da oltre due anni durante i
quali il compagno più volte l’avrebbe minacciata di ucciderla. Secondo
una prima ricostruzione degli inquirenti, l’uomo aveva problemi legati
al gioco d’azzardo e all’alcool. Dopo circa 4 anni di convivenza, la
coppia aveva iniziato ad avere dei problemi. Lui avrebbe picchiato più
volte la donna procurandole, in un’occasione, anche una lesione al
timpano. Lei, come spesso accade, intimorita dalla violenza del
compagno, non aveva mai trovato la forza per denunciarlo finché lo ha
cacciato da casa, ma lui non si è arreso. La seguiva, la minacciava e la
scorsa notte, al termine dell’ultima lite, ha buttato la donna fuori dalla
propria automobile in corsa, rischiando di investirla.
La vittima è stata trascinata per qualche decina di metri e solo
l’intervento di alcune persone ha scongiurato il peggio. L’uomo è stato
trovato in possesso anche di alcuni fucili. I carabinieri lo hanno
denunciato e davanti al giudice dovrà rispondere di tentato omicidio,
lesioni personali e stalking. I militari gli hanno ritirato il porto d’armi e
sequestrato i fucili. La donna è ancora in stato di choc.
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‡‡‰ƒŽ‡•‡—……‹†‡‡šˆ‹†ƒœƒ–ƒƒ…‘Ž–‡ŽŽƒ–‡‹ƒ—–‘
Si è consumato ieri un altro femminicidio. A soccombere sotto i colpi
mortali di un coltello è una donna di 30 anni uccisa dall’ex fidanzato
perché si rifiutava di tornare con lui. La donna per qualche tempo aveva
avuto una relazione con l’uomo ma la loro storia era terminata da due
mesi. L’uomo non si dava pace e insisteva per farla tornare con lui.
L’ultima spiegazione, o almeno quella doveva essere, domenica sera, ma
invece di un chiarimento i due hanno litigato con violenza, fino a
quando l’uomo, impazzito per il rifiuto, non l’ha uccisa con un coltello
che ha affondato più volte nel petto della giovane. La tragedia si è
consumata in auto parcheggiata in una zona buia della città, in
prossimità della stazione ferroviaria. L’uomo dopo il delitto è fuggito e
ha vagato nella notte senza meta. Il corpo della donna è stato scoperto
dalla Polizia, chiamata dai residenti di quella via spaventati dalle urla
della ragazza che lottava con il suo assassino. La Polizia ha iniziato
immediatamente le ricerche in varie zone della città e nei pressi del
lungomare ha trovato l’uomo ancora sconvolto e sotto choc. Arrestato, il
giovane ha confessato l’omicidio. Dalle prime ricostruzioni il magistrato
ha dichiarato che potrebbe trattarsi di omicidio premeditato. Lo
conferma il fatto che il coltello con cui l’uomo ha ucciso la fidanzata
l’aveva portato con sé. E anche la confessione fatta dall’uomo conferma
questa ipotesi. Adesso l’uomo è accusato di omicidio volontario
premeditato. La Polizia ora indaga per verificare se l’uomo è in possesso
del permesso di soggiorno o se invece è un immigrato irregolare.
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Sfigurata con l'acido, fermato l'ex
Una donna è stata aggredita nell'androne di casa sua da un uomo con il
volto coperto che le ha gettato sul viso dell'acido. La donna ha aperto il
portone di casa e vi ha trovato il suo aggressore. Prima di essere
trasportata in ospedale, in gravissime condizioni, è riuscita a
pronunciarne il nome. Nel pomeriggio è stato fermato un uomo che
ora è in stato di fermo per concorso in lesioni volontarie gravissime.
Avrebbe mandato un uomo incappucciato a gettare dell'acido in faccia
alla donna, che rischia di perdere la vista, con la quale aveva avuto una
relazione. La donna, pur tra dolori lancinanti provocati probabilmente
da vetriolo, è riuscita a chiedere aiuto e a mettere gli inquirenti sulla
pista giusta nonostante all’inizio fosse stata esclusa la vendetta di un
ex non rassegnato alla fine di una relazione.
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Una ragazza diciasettenne canadese è morta dopo aver tentato il
suicidio. Era caduta in depressione dopo un episodio di violenza
sessuale e cyber-bullismo. Quando aveva 15 anni aveva subito una
violenza di gruppo. Le foto dell'episodio erano circolate a scuola e
finite sul web. Da allora era perseguitata attraverso messaggi o
direttamente. Dopo il suo suicidio i genitori della ragazza avevano
iniziato una battaglia contro il bullismo e il cyberbullismo nelle scuole.
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Per ricordare la ragazza erano nati anche alcuni gruppi su Facebook.
Ma gli abusi sulla giovane non sono finiti con la sua morte. I genitori
della ragazza hanno infatti denunciato che la Il caso è emerso quando un
amico di famiglia ha notato l'annuncio, riconosciuto la ragazza e
avvisato il padre. Dopo alcuni giorni Facebook si è accorta
dell'accaduto e ha divulgato un comunicato di «scuse» in cui ha
annunciato di aver bannato il sito di incontri per «gravi violazioni»
delle politiche della società. Un passo falso per il social network che
sta lanciando in Usa, Canada e Gran Bretagna, una campagna per
prevenire i suicidi, in occasione del «World Suicide Prevention
Month». Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, un
milione di persone ogni anno si tolgono la vita in tutto il mondo.
’‹–ƒ‰‹î’‡”Ž‡•…ƒŽ‡†‘’‘—ƒŽ‹–‡
Drammatica vigilia della festa dell'8 marzo dove oggi si è consumato
l'ennesimo, tragico, femminicidio. Al termine di una lite, un uomo ha
ucciso la moglie scaraventandola nella tromba delle scale, poi ha
cercato di nascondere l'omicidio simulando l'incidente domestico. Per
tre volte, in passato, era stato denunciato dalla moglie per violenza. I
carabinieri hanno ricostruito la dinamica e lo hanno arrestato con
l'accusa di omicidio volontario. Per tre ore ha provato a difendersi
davanti ai magistrati, poi la drammatica confessione. La tragedia si è
consumata la notte scorsa al termine dell'ennesima lite tra marito e
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moglie, una coppia in crisi già lacerata dal dolore per la scomparsa del
loro unico figlio morto per una malattia genetica. Da una piccola
discussione si è passati presto alle mani, ancora una volta. Già in
passato, infatti, il marito aveva picchiato la moglie e per quegli episodi
era stato tre volte denunciato. Tutti sapevano dei dissidi tra i due, tanto
che i litigi ormai avevano assunto una frequenza pressoché
quotidiana. Nella loro abitazione la lite si è questa volta trasformata in
tragedia: l'uomo afferra la moglie e la scaraventa sulle scale che
portano in taverna. La donna batte violentemente sui nove gradini
perdendo i sensi. Il suo corpo esanime, in un lago di sangue, giace al
suolo per ore. Il tempo impiegato dall'omicida per provare ad
inscenare l'incidente domestico, tanto da chiamare addirittura anche
l'impresa di pompe funebri. I carabinieri non credono alla
ricostruzione del marito e pensano subito all'omicidio. I rilievi tecnici
daranno loro ragione. Per questo l'uomo viene fermato e condotto in
caserma, dove continuerà a negare anche di fronte ai magistrati. Solo
tre ore dopo, arriverà l'epilogo con la confessione e l'arresto per
omicidio volontario. Nei prossimi giorni sarà eseguita l'autopsia sulla
donna, che - secondo le prime informazioni - non sarebbe morta sul
colpo ma solo a distanza di qualche ora. Elementi che potrebbero
aggravare ancor più la posizione dell'omicida.
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–”ƒ‰‘ŽƒŽǯƒƒ–‡‡•‹•—‹…‹†ƒ
Ha strangolato con una corda l’amante e si è tolto la vita impiccandosi.
L’omicida-suicida è un uomo accusato in passato dell’omicidio della
moglie avvenuto negli anni '80. L’uomo, secondo una prima
ricostruzione dei fatti effettuata dai Carabinieri, si era appartato con la
compagna, una casalinga separata e con un figlio. A quanto pare i due
si erano appartati in auto. Improvvisamente il dramma. Forse al
culmine di un litigio, l’uomo ha preso una corda ed ha strangolato la
donna, tagliandole la gola. Subito dopo si è tolto la vita. Per farlo è
salito su un tavolino che si trovava sotto il porticato dietro il casolare
ed ha legato ad una trave una corda diversa da quella usata per
uccidere la donna. A dare l’allarme è stato un residente della zona.
L’uomo ha spiegato ai Carabinieri, che la un’auto era parcheggiata già
dalla domenica precedente. Avvicinandosi ha visto un corpo penzolare.
Sul posto gli inquirenti hanno fatto il macabro rinvenimento. Il
cadavere della donna era steso sul sedile anteriore reclinato. L’uomo,
attualmente disoccupato, era stato coinvolto in un pesante processo per
l'omicidio della moglie. La giovane donna fu trovata morta in un
garage. Inizialmente gli investigatori pensarono al suicidio con il gas
di scarico della vettura. Ma la famiglia non credette a questa versione
chiedendo e ottenendo la riesumazione del cadavere. L'uomo fu
accusato di uxoricidio, ma dopo un anno e mezzo di carcere fu assolto
per insufficienza di prove e rimesso in libertà. Si arrivò così davanti
alla Corte d'Appello dove i giudici lo condannarono a 21 anni di
carcere. In seguito la Cassazione annullò la condanna.
107
L’uomo fu coinvolto anche in un incidente stradale nel quale persero
la vita due donne. Allora si trovava al volante di un camper ed invase
la corsia opposta mentre sopraggiungevano due auto. Delle due donne
la prima morì sul colpo, mentre la seconda dopo nove giorni di agonia.
–”ƒ‰‘Žƒ–ƒ‡—……‹•ƒ†ƒŽŽǯ‡šˆ‹†ƒœƒ–‘
Doveva cominciare a lavorare qualche giorno dopo in un centro
benessere. A quell'appuntamento di lavoro, però, non è mai arrivata.
lei si erano perse le notizie da un paio di giorni ed erano subito scattate
le ricerche dei carabinieri. Il giallo si è risolto con il rinvenimento, da
parte dei vigili del fuoco, del suo cadavere. La donna sarebbe stata
strangolata e pugnalata a morte: due i fendenti che si sono rivelati
fatali. Ad ucciderla sarebbe stato il suo ex fidanzato, noto
professionista, con il quale aveva avuto una relazione di un paio di
anni.
L'uomo è stato catturato dai carabinieri che lo hanno trovato in
evidente stato confusionale. Alla loro vista l’uomo ha cercato di
scappare ma è stato acciuffato. Aveva lasciato alcuni messaggi in cui
chiedeva perdono. Il corpo della donna, coperto con un telo, è stato
trovato sul sedile del passeggero dell’auto dell'ex fidanzato che
avrebbe tentato inutilmente di spostarlo nel bagagliaio. Alla fine
l'avrebbe lasciato sul sedile a fianco dopo aver viaggiato per centinaia
di chilometri. Pare che la giovane vittima avesse recentemente
presentato una denuncia per stalking.
108
Da tre giorni era calato il mistero sulla scomparsa della donna che,
secondo quanto accertato dai carabinieri, si sarebbe incontrata con l'ex
fidanzato. Secondo le ultime testimonianze, i due si erano allontanati a
bordo dell’auto dell’uomo, la stessa dove la donna è stata ritrovata in
un lago di sangue.
–—’”‘†‹‰”—’’‘ǡƒ””‡•–ƒ–‹‘––‘‹‘”‹
Otto ragazzini hanno abusato, dandosi il cambio, di una ragazza da
mezzanotte alle tre, lasciandola a terra seminuda e piena di graffi. Alla
fine, il più spavaldo ha preso il telefonino e ha scattato una fotoricordo al luogo dello stupro, poi ha scritto un sms con i dettagli più
scabrosi e l'ha memorizzato. Dopo quasi due mesi d' indagini, sono
stati tutti arrestati dagli agenti della Squadra Mobile: il più giovane ha
14 anni e mezzo, il più grande quasi 17: tutti ora agli arresti
domiciliari. Quando i poliziotti hanno bussato alle loro case non hanno
versato neppure una lacrima. Hanno pianto solo i genitori. Lei, invece,
la ragazzina, 15 anni, quando ha saputo degli arresti ha detto: «Sì, sono
contenta, ma il male che m' hanno fatto ormai non si cancella». Dopo
lo stupro l'avevano minacciata: «Guai a te se parli». In preda al terrore
aveva ubbidito. Non una parola in famiglia. Nel frattempo a scuola,
dov' era sempre stata la prima della classe, aveva manifestato un
clamoroso cambio di atteggiamento piangendo spesso. Gli insegnanti,
perciò, avevano allertato i servizi sociali che hanno chiesto aiuto alla
polizia di Viterbo, che ha una squadra specializzata negli abusi ai
minori.
109
Ai poliziotti, con l'aiuto di una psicologa, la ragazzina alla fine ha
raccontato tutto. Il mese precedente c'era stata una festa di compleanno
in un paese non lontano dal suo, con più di cento invitati. Tutti
giovanissimi. Poi un suo amico l'aveva presentata a un gruppo di
ragazzi e con uno di loro, in particolare, sembrava nata una simpatia:
«Mi ha chiesto di fare una passeggiata, poi però ha allungato le mani,
io l'ho allontanato e allora sono spuntati fuori tutti gli altri che mi
hanno immobilizzata”. Dopo la violenza il gruppo si era dileguato. Lei
voleva denunciarli ma ricordava solo pochi particolari non
conoscendoli personalmente: solamente due nomi di battesimo. Dopo
numerosi pedinamenti e appostamenti, i poliziotti sono riusciti a
scattare almeno 60 foto di ragazzi del paese, finché la vittima non ha
riconosciuto proprio quegli otto. Gli arrestati si sono difesi: «Non è
vero, lei ci stava...». Solo uno ha ammesso davanti ai genitori: «Ho
sbagliato». Nel bar-ritrovo del paese dei ragazzi, anche i loro amici, tra
cui inaspettatamente parecchie ragazze, non hanno fatto altro se non
condannare la vittima: «Lei aveva la minigonna nera, era ubriaca e li
ha provocati: sotto a chi tocca, diceva. E il giorno dopo stava di nuovo
qua in comitiva, rideva e scherzava...». Difficile da credere. La ragazza
da quel giorno è sotto choc e ai poliziotti ha chiesto di non dire ancora
nulla ai genitori.
110
‘……ƒ—ƒ”ƒ‰ƒœœƒ‹„‹„Ž‹‘–‡…ƒ
Ha importunato a parole una ragazza in biblioteca, poi ha allungato le
mani per toccarle le parti intime. Un romeno, senza fissa dimora e già
con precedenti, è stato arrestato per violenza sessuale dai carabinieri. Il
fatto è accaduto nella biblioteca comunale dove la vittima, che abita
nella zona, stava utilizzando una postazione internet. L'uomo l'ha
avvicinata, ha tentato un approccio e, nonostante i ripetuti rifiuti della
giovane, l'ha palpeggiata. Lei a quel punto si è messa a urlare e a
chiedere aiuto facendo fuggire l’uomo che è stato rintracciato poco
dopo per strada mentre cercava di allontanarsi dalla biblioteca.
”ƒ‰‡†‹ƒˆƒ‹Ž‹ƒ”‡ǣ—……‹†‡Žƒ‘‰Ž‹‡‡•‹‹’‹……ƒ
Ennesima tragedia familiare: due anziani coniugi sono stati trovati
morti all’interno della loro abitazione. Dalle indagini degli
investigatori si ipotizza che si sia trattato di un omicidio-suicidio
seguito a una furiosa lite. L’anziano sembra abbia ucciso la moglie
scagliandosi contro di lei con un’arma da taglio. Dopo averla uccisa
l’uomo si è impiccato. I corpi dei due coniugi sono stati trovati dalla
loro figlia che era andata a trovarli e che si è trovata davanti la terribile
scena dei cadaveri dei due genitori: la madre era riversa sul pavimento
in una pozza di sangue, mentre il padre era impiccato a una trave in
una stanza.
111
La tragedia sarebbe avvenuta poche ore prima, si presume nella
mattinata, secondo le testimonianze dei vicini che hanno sentito le urla
dei due coniugi. La famiglia conosceva bene il carattere violento
dell’uomo, in quanto le liti erano frequenti e un figlio della coppia
aveva anche interrotto i rapporti con il padre proprio per questo
motivo. L’uomo era un muratore in pensione, ed era conosciuto come
padre e marito-padrone, che alzava spesso le mani sulla moglie e sui
figli, su cui sfogava la sua collera. Le figlie avevano anche invitato la
madre ad andarsene da quella casa e di andare a vivere con loro per
non sottostare più alle angherie del marito. La donna aveva rifiutato e
le aveva tranquillizzate dicendo che non le sarebbe successo nulla di
grave. Quando la figlia ha scoperto i cadaveri è scappata in strada
urlando. Sul luogo del delitto sono arrivati i carabinieri, i sanitari del
118 e la polizia municipale.
—”…Š‹ƒǣ–”‡†‹…‡‡•–—’”ƒ–ƒ†ƒʹͻ—‘‹‹
In Turchia, 29 persone fra cui un poliziotto sono state arrestate con
l'accusa di avere violentato una tredicenne a poche settimane da un
caso analogo quando una bambina di 12 anni era stata stuprata da 26
uomini. I reati di natura sessuale sono aumentati in quel Paese del
400% negli ultimi 10 anni. La vicenda della tredicenne è stata scoperta
grazie a un insegnante che aveva notato un comportamento insolito
nella ragazzina che non osava parlare delle violenze subite perché
ricattata e minacciata dai violentatori.
112
Il caso della dodicenne aveva suscitato violente polemiche. Dopo la
denuncia degli stupri, 23 dei 26 accusati erano stati arrestati ma tutti
erano stati rimessi in libertà alla prima udienza del processo. In primo
grado una corte ha condannato i 23 imputati a pene fra uno e 6 anni di
carcere accogliendo in parte la tesi dei difensori secondo i quali la
bambina sarebbe stata «consenziente». La sentenza è stata annullata
dalla Corte Suprema d'Appello che ha ordinato la ripetizione del
processo.
—”…Š‹ƒǡͳͷ‡‡‹…‹–ƒ†‘’‘Ž‘•–—’”‘ †‡‹…—‰‹‹ǣ‹Ž
…ŽƒŽƒ—……‹†‡
L’episodio è accaduto in una località del Mar Nero due anni fa ma solo
ora è stato rivelato: una giovane donna è stata uccisa per difendere
l’onore della famiglia. La ragazzina di 15 anni era stata violentata da
due cugini più grandi e, quando si è accorta di essere incinta, la
famiglia, per salvare l’onore l’ha fatta strangolare abbandonando poi il
corpo in una cava di sabbia. Quando la ragazzina ha scoperto di
essere rimasta incinta, non e stato possibile risalire all'identità del
padre per "riparare" l'accaduto. Per questo ben 12 membri del clan,
tra cui i nonni, tre zie e i due cugini hanno emesso la sentenza di
morte per cancellare il disonore. Uno zio e stato incaricato di
portare la ragazza in una cava di sabbia, strangolarla e abbandonare
il corpo sul posto. I dodici membri del clan sono stati incriminati
per istigazione all’omicidio e per l’omicidio per motivi tribali e
rischiano l’ergastolo.
113
Nessuna pena, invece, per gli autori dello stupro. La Turchia non è
nuova a casi di abusi e l'opposizione accusa il governo di non fare
abbastanza per contrastare la violenza sulle donne. Secondo dati resi
pubblici dal ministero della giustizia di Ankara, in risposta a una
interpellanza dell'opposizione, in Turchia si registrano ogni mese
650 casi di abusi su minori.
……‹†‡Žƒ…‘’ƒ‰ƒ‡Žƒ˜‡‰Ž‹ƒ’‡”ʹͶ‘”‡
Un altro femminicidio, ancora una donna vittima delle violenze di un
compagno: un uomo ha ucciso la compagna di 59 anni a calci e pugni.
L’omicidio è avvenuto dopo l’ennesima lite tra i due conviventi, e
dopo averla uccisa l’uomo ha vegliato il cadavere per 24 ore, forse
anche lui incredulo per ciò che era successo. Il compagno della donna,
spesso aveva forti litigi con la convivente, di cui erano a conoscenza
anche i vicini.
Forse questa volta l’ira ha sopraffatto l’uomo e la lite è finita in
tragedia. E’ stato lui stesso a chiamare il 118 e ad ammettere tutto ai
carabinieri, raccontando di essere il responsabile dell’omicidio. In
passato i carabinieri erano intervenuti diverse volte per placare le
furiose scenate tra la coppia. L’uomo aveva cercato inizialmente di
nascondere la verità e quando aveva chiamato il 118 aveva detto ai
sanitari che la compagna non respirava bene e che stava male.
114
Ma al loro arrivo la situazione era evidente poiché la donna aveva il
volto pestato dai calci e dai pugni ed era già deceduta diverse ore
prima. L’uomo è stato fermato dai carabinieri, ai quali non ha opposto
resistenza. I carabinieri e il magistrato stanno facendo indagini per
ricostruire la dinamica della tragedia e capire il movente dell’omicidio.
L’uomo era disoccupato, e spesso litigavano perché abusava di
alcol diventando irascibile. L’accanimento dell’uomo verso la donna è
stato bestiale e lo confermano le condizioni del corpo riportate dai
sanitari: lesioni, ecchimosi, polsi spezzati.
……‹†‡Žƒ‘‰Ž‹‡ƒ…‘Ž–‡ŽŽƒ–‡ǣDz‹–”ƒ†‹˜ƒdz
Un operaio edile ha colpito la moglie sette volte, mentre i loro figli
dormivano nella stanza accanto. Accecato dalla gelosia, terrorizzato
dalla possibilità di perdere moglie e figli, si è ubriacato e quando la
moglie gli ha rimproverato di aver bevuto l’ha colpita all’addome e al
torace con due coltelli per sette volte. Una lama le è rimasta conficcata
nel petto. È l’ennesimo femminicidio a conclusione di una notte di
follia con paure e preoccupazioni esasperate dall’alcool. Lei lo
accusava di bere, lui di tradirlo. La vittima aveva avuto dall’uomo un
maschio e una femmina di quattro e tre anni e non si sono accorti di
nulla. L’uomo si è poi costituito e i figli sono stati affidati a degli
assistenti sociali prima dell’arrivo di alcuni parenti.
I vicini di casa hanno spiegato che la coppia era «tranquilla», e fino
115
alla tragedia «non c’era stato alcun segnale che facesse presagire un
simile dramma». L’uomo, che era anche tormentato per la precarietà
del suo lavoro, aveva avuto qualche guaio con la giustizia legato agli
stupefacenti e alla guida in stato di ebbrezza. Precedentemente era
stato sposato con una donna alla quale, dopo il divorzio, era stata
affidata la figlia. E’ in carcere ora con l’accusa di omicidio volontario.
……‹†‡Žƒ‘‰Ž‹‡ƒ…‘Ž–‡ŽŽƒ–‡’‡”‰‡Ž‘•‹ƒ
Un delitto d’impeto: una serie di fendenti mortali e non colpi di
piccone come si era inizialmente sospettato, inferti con un coltello da
cucina sotto la furia di una immotivata gelosia. E’ questa l’ipotesi dei
carabinieri sull’uccisione di una donna romena di 36 anni. Il principale
sospettato è il marito della vittima, suo connazionale. La coppia, che ha
due figli, si era trasferita da poco da un’altra cittadina proprio a causa
del sospetto, privo per gli investigatori di ogni riscontro, che la moglie
avesse una relazione. Dopo una prima ammissione l’uomo ha scelto il
silenzio e si rifiuta di rispondere alle domande degli inquirenti. La casa
è stata sequestrata.
……‹†‡Žƒ‘‰Ž‹‡ƒ…‘Ž–‡ŽŽƒ–‡
Accecato dalla gelosia, terrorizzato di perdere moglie e figli, ha bevuto
grappa, ha litigato con la madre dei suoi bambini che gli ha
rimproverato di essere ubriaco e l’ha colpita all’addome e al torace con
116
due coltelli per sette volte. Una lama le è rimasta conficcata nel petto.
È l’ennesimo femminicidio al termine di una notte di follia, esasperata
dall’alcool, che coinvolto ha un operaio albanese. La vittima è una
connazionale con la quale aveva avuto due bambini che dormivano
mentre il padre, nella camera da letto accanto, stava infierendo sulla
mamma. Quando si è costituito, chiamando i carabinieri a casa, il
primo pensiero è stato per i figli. I piccoli sono stati prima accuditi da
un gruppo di assistenti sociali, poi sono stati affidati a parenti. Lei lo
accusava di bere, lui di tradirlo. I vicini di casa hanno spiegato che la
coppia era «tranquilla», e fino a ieri sera «non c’era stato alcun segnale
che facesse presagire una tragedia del genere». La paura di essere
tradito e i tormenti per un lavoro precario hanno travolto l’uomo che
aveva avuto qualche guaio con la giustizia legato agli stupefacenti e
alla guida in stato di ebbrezza. Ma soprattutto ha temuto di perdere i
figli. Come gli era accaduto nel precedente matrimonio quando l’ex
moglie si era ripresa la figlia che l’uomo aveva cresciuto per nove
anni. Ora è in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Interrogato
in procura ha dato al magistrato la sua versione dell’accaduto. «Lei era
arrabbiata perché ero ubriaco e bevevo. Abbiamo litigato ed ha
minacciato di lasciarmi e di non farmi più vedere i bambini. Ho perso
la testa. Non mi ricordo quante volte l’ho colpita, una di sicuro, poi
non so».
117
……‹†‡Žƒ‘‰Ž‹‡‡•…ƒ’’ƒ
Un altro caso di femminicidio: una 31enne è stata ammazzata dal
marito con un colpo di fucile, dopo l’ennesima lite, ed è fuggito. La
scoperta del corpo senza vita della madre è stata fatta dalla figlia di 10
anni, la maggiore dei quattro figli. Da quanto è emerso dalle indagini i
rapporti tra marito e moglie negli ultimi tempi erano burrascosi, tanto
che il marito aveva lasciato la casa dove viveva. Lunedì era tornato a
casa e il dialogo è sfociato in una violenta lite, e l’uomo ha ucciso la
moglie prima che potessero intervenire i carabinieri chiamati dai
vicini. L’uomo aveva già esploso un colpo d’arma da fuoco verso la
moglie ed era scappato. Quando è arrivata l’ambulanza la donna era
già deceduta. E’ subito scattata la ricerca dell’uomo anche con un
elicottero. L’auto dell’uomo è stata trovata, con le chiavi ancora
inserite nel cruscotto e il portafogli sul sedile, vicino al negozio dove
la coppia lavorava. Dell’uomo non è stata trovata ancora nessuna
traccia.
……‹†‡Žƒ‘‰Ž‹‡‡•̵‹’‹……ƒ
Altro femminicidio. Un marocchino ha ucciso la moglie, un'italiana, e
poi si è suicidato, impiccandosi. La tragedia è avvenuta nella loro
abitazione. Non si conosce ancora il movente, ma i due avevano avuto
un violento litigio. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della
compagnia e del reparto operativo.
118
La vittima aveva 37 anni. A ucciderla a coltellate nella veranda della
loro abitazione, è stato il marito marocchino, suo coetaneo, che si è
impiccato all'interno della casa. Nell'abitazione non c'era il loro figlio
di sei anni, che era andato a trovare i nonni. I carabinieri sono
intervenuti dopo le telefonate dei vicini di casa al 112 allarmati per le
urla che arrivano dall'abitazione della coppia.
……‹†‡Žƒ‘‰Ž‹‡’‘‹–‡–ƒ‹Ž•—‹…‹†‹‘
Problemi di lavoro, forse disagi economici e una lite finita male. Una
donna è stata uccisa dall’ex marito, che l’ha colpita con un coltello
durante un litigio. A scatenare la violenza una lite per motivi
economici. La coppia aveva due figli, era separata, ma viveva nella
stessa abitazione.
Il dramma familiare si è consumato nella loro casa dove i due hanno
improvvisamente cominciato a litigare e, secondo le prime indagini,
l’ex marito avrebbe preso un coltello colpendo la donna. Quando sono
arrivati i sanitari del 118, per la donna non c’era più nulla da
fare. L’uomo, con la stessa arma ha poi tentato di suicidarsi,
provocandosi gravi ferite. Soccorso dal personale del 118 è stato
trasferito in ospedale in serie condizioni.
119
……‹†‡‘‰Ž‹‡ǡ•—‘…‡”ƒ‡ˆ‹‰Ž‹ƒǤ‘‹•‹•—‹…‹†ƒ Potrebbero essere molteplici i motivi che hanno spinto un uomo da
poco disoccupato ad uccidere la suocera, la moglie e la figlia, per poi
spararsi. L’uomo ha sparato alle tre donne con una pistola prima di
uccidersi a c c o l t e l l a n d o s i al cuore. Dall’analisi dei cadaveri è
emerso che non ci sarebbe stata nessuna lite prima dell’esplosione di
violenza. L’uomo avrebbe agito all’improvviso sorprendendo le
familiari in due stanze diverse. La prima a morire è stata la suocera
che l’uomo ha centrato in fronte con la pistola. Dopo ha fatto fuoco
sulla moglie e ha infierito quasi contemporaneamente sulla figlia. La
moglie è stata colpita da un solo proiettile, la figlia invece da due o tre
colpi. L’uomo infine preso un coltello da cucina e si è inflitto sette
colpi al torace seguiti da altri tre, più profondi e mortali, al cuore. Né
padre né figlia sono morti subito ma i soccorsi non sono serviti. Era
stato lui a dare l’allarme telefonando al 112. «Era una famiglia
modello», è la descrizione emersa dalle prime testimonianze anche se
pare che l’uomo avesse ultimamente cambiato umore: era diventato
anche più ansioso nei confronti della figlia Giulia. Non voleva che
uscisse con il fidanzatino, voleva che rientrasse a casa prima di
mezzanotte. In ogni caso i vicini di casa non si spiegano come sia
potuto accadere un fatto del genere.
120
……‹•ƒƒ…ƒŽ…‹ǡ’—‰‹‡„ƒ•–‘ƒ–‡
Ha ucciso la convivente di 18 anni più anziana di lui a calci, pugni e
forse anche bastonate. Poi ha atteso quasi un giorno prima di
telefonare al 118 e far scoprire il corpo tentando di nascondere la
verità: «venite, c’è la mia compagna che sta male, non respira». Al
medico del 118 è bastata un’occhiata per capire che la donna era morta
ormai da parecchie ore. Lui è stato fermato dai carabinieri pochi istanti
dopo e non ha opposto resistenza. La donna, sposata e separata, ha un
figlio adulto e da una quindicina d’anni conviveva con l’uomo che
sarebbe diventato il suo assassino. Il rapporto era sempre stato
burrascoso, con liti, complicate anche dall’abuso di alcol, che avevano
più volte richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Il corpo della
donna è stato trovato nel soggiorno-zona notte dell’appartamento.
Secondo una prima valutazione la morte dev’essere fatta risalire alle 2,
alle 3 al massimo della notte precedente mentre l’uomo ha chiamato il
118 intorno alle 20. Nel pomeriggio era stato visto aggirarsi in un
quartiere vicino. Si può ritenere che, dopo aver picchiato la convivente
fino a ucciderla, potrebbe essersi addormentato, stordito dall’alcol e,
dopo essersi svegliato, essere uscito forse senza rendersi conto di ciò
che aveva fatto. Oppure può aver vegliato il corpo prima di decidersi a
dare l’allarme. Alla donna sono stati trovati i polsi spezzati, lesioni alle
caviglie e alla testa oltre a una croce su petto tracciata con un oggetto
appuntito. Un tale accanimento può essere spiegato da crudeltà gratuita
ma anche da un raptus di violenza.
121
Lesioni gravi e un accanimento sul corpo che può essere spiegato in
più modi: crudeltà gratuita, ma anche un raptus di folle violenza. Sarà
l’autopsia a stabilire con esattezza che cosa ha ucciso la donna.
……‹•ƒ…‘–”‡…‘Ž’‹†‹’‹•–‘Žƒ
Una donna è stata assassinata mercoledì sera nella sua abitazione.
Responsabile dell’omicidio è, da quello che si è appreso, l’ex marito.
Adesso l’uomo è in fuga e carabinieri e polizia stanno cercando di
rintracciarlo. La donna è stata colpita con tre colpi di pistola, che sono
andati tutti a segno, ma quando è stata soccorsa ancora respirava. La
donna è deceduta mentre i soccorsi la stavano trasportando in
ospedale. Il marito, forse per paura di essere catturato, è scappato a
bordo di un’auto scura, portando presumibilmente con sé l’arma del
delitto. In casa accanto al cadavere, infatti, non è stata trovata. La
polizia ha intrapreso le ricerche a largo raggio, nella speranza di
acciuffare l’uomo. Da una prima ricostruzione della vicenda, l’uomo
ha commesso l’omicidio attorno alle 23, nella casa dove abitava la
donna, forse al culmine di un litigio o a seguito di un raptus
improvviso che ha portato l’ex marito ad uccidere la donna a sangue
freddo. Un ennesimo femminicidio che continua a spargere sangue,
ogni giorno senza tregua, di donne indifese che si trovano a combattere
la gelosia e gli attacchi d’ira dei propri compagni.
122
……‹•ƒ‡–”‘˜ƒ–ƒ‡Žˆ”‡‡œ‡”ǣ͵Ͳƒ‹ƒŽ…‘’ƒ‰‘
E’ stata inflitta una condanna di trent’anni all’uomo che ha ucciso la
sua compagna nascondendone il corpo in un freezer a pozzetto in casa.
L’uomo aveva iniziato una nuova relazione con una donna che, stante
alle accuse, era punteggiata da molestie, vessazioni, intrusioni nella
vita della donna, controlli ossessivi: in una parola, stalking. La lite, al
culmine della quale la donna è stata uccisa con un corpo contundente,
sarebbe nata dalla decisione della donna di rompere la relazione.
Quando è stata uccisa nel suo appartamento, la donna era sola e
solamente dopo alcuni giorni parenti e amici ne avevano denunciato la
scomparsa. Non li tranquillizzavano infatti gli strani sms che
arrivavano dal suo telefono. Non era il suo tono, non era il suo
linguaggio. C’erano errori di grammatica che la donna non avrebbe
fatto. Dopo alcuni giorni di ricerche la squadra mobile della polizia
entrò in casa. C’era un congelatore a pozzetto. Aprendolo, la macabra
scoperta: dentro sacchi del pattume il corpo congelato della donna. Lui
diventò subito un ricercato. Fu arrestato due giorni dopo. Negò, fin da
subito, come ancora fa oggi, ogni addebito. La sentenza, per la
procura, «spazza via tutte le insopportabili bugie dette dall’imputato».
Le indagini successive avrebbero poi messo in luce quello che i parenti
sospettavano: dai conti della donna erano spariti 104.000 euro per far
ristrutturare al suo compagno due bagni. Per le “spese di casa” verso il
conto del ragazzo in un anno e mezzo erano transitati 125.000 euro.
Sulle buste in cui era stato infilato il corpo della donna c’erano le sue
impronte, come anche sul freezer.
123
La squadra Mobile rintracciò poi un venditore che riconobbe l’uomo
che aveva scambiato un materasso sporco di sangue con quello nuovo
trovato nella camera della ragazza. Fu rintracciato anche il
commerciante che gli consegnò il congelatore. Oggi in aula la difesa
ha annunciato appello sul fatto che ci sia stato stalking. Ma oggi
idealmente al fianco della donna in aula, oltre ai suoi parenti, c’erano
anche l’Udi, l’Unione delle donne italiane, e soprattutto c’era il
Comune, che per la prima volta ha deciso di essere parte civile in un
caso di femminicidio. La provvisionale ottenuta sarà devoluta al
sostegno di politiche contro la violenza di genere. «La lotta contro la
violenza alle donne è la lotta di tutta la nostra città», ha detto il
sindaco.
……‹•‡Žƒ‘‰Ž‹‡‡‡‘……—Ž–Ö‹Ž…ƒ†ƒ˜‡”‡’‡”ʹ͹ƒ‹
Un femminicidio ante litteram, commesso da un marito presunto
mafioso, scoperto dopo ventisette anni. È la storia ricostruita dagli
inquirenti che hanno fatto luce sulla scomparsa di una donna e che,
con l’accusa di omicidio premeditato e aggravato, hanno arrestato il
suo ex marito. Quando scomparve, aveva 22 anni, ed era madre di un
bambino di 6 anni. Il femminicidio, «maturato - come ha detto il
procuratore, - in un ambiente di notevole spessore criminale, di
omertà, paura e di rilevante degrado morale», è emerso dopo tanto
tempo solo perché il figlio della vittima si è deciso a chiedere la
dichiarazione della morte presunta della madre, per poterne ereditare
una vecchia proprietà.
124
Dalle indagini dei carabinieri è emerso che l’uomo aveva una relazione
con la cugina della moglie, scoperta casualmente dalla donna tradita da
una lettera dell’amante e a un gioiello trovato nelle tasche del marito,
che pensava destinato a lei ma che poi vide addosso alla cugina. Con la
inevitabile reazione di gelosia la donna avrebbe firmato la sua
condanna a morte. Il marito, rimasto col figlio, parlò di fuga della
moglie con un inesistente amante assicurando di averne denunciato la
scomparsa. L’uomo andò poi a vivere con la cugina della moglie, da
cui ha poi avuto un figlio.
…ƒ†ƒ˜‡”‡…ƒ”„‘‹œœƒ–‘‡—ƒ†‘ƒƒ……‘Ž–‡ŽŽƒ–ƒ
Macabra scoperta per gli operatori del 118 intervenuti in un
appartamento dove era scoppiato un incendio e che si sono trovati di
fronte un cadavere carbonizzato e una donna sanguinante a terra. Si
tratterebbe di un dramma della gelosia: i due erano una coppia
siciliana di ex conviventi in via di separazione.
Entrambi sono morti. Secondo le prime ricostruzioni la donna sarebbe
stata aggredita dal compagno, il quale poi si sarebbe dato fuoco. La
coppia era sul punto di lasciarsi. Secondo gli inquirenti la donna
avrebbe cercato di difendersi e di fuggire alla violenta aggressione
dell'uomo gettandosi dalla finestra del primo piano e arrancando per
alcuni metri. I soccorritori del 118 l'hanno sul marciapiede, con ferite
gravissime da coltello alla guancia, al torace e a una spalla. L'uomo a
quel punto si sarebbe tolto la vita dandosi fuoco: si sarebbe cosparso di
benzina con una tanica che conservava in casa.
125
Il cadavere trovato carbonizzato era in casa. Le fiamme avevano
avvolto il suo corpo ma non il resto dell'appartamento da cui usciva
soltanto del fumo. L'intervento nello stabile era partito dalla
segnalazione di una pattuglia dei carabinieri che avevano visto del
fumo uscire da una finestra. La donna è stata portata in gravi
condizioni e con ferite da arma da taglio e alcune fratture in ospedale
ma non ce l'ha fatta. La ragazza era tornata a casa per prendere le sue
ultime cose dopo la decisione di lasciare l’uomo. Forse per il timore
della sua reazione dell'uomo si era fatta accompagnare da un'amica che
l’uomo non aveva lasciato entrare. In casa c'era una seconda tanica di
gasolio che fortunatamente non è esplosa.
’‘Ž‹œ‹‘––‘ƒƒ‡––ƒŽƒˆ‹†ƒœƒ–ƒ’‡”•–”ƒ†ƒ‡Žƒ
—……‹†‡
Un caso di femminicidio è avvenuto in Brasile: dopo aver sparato alla
giovane fidanzata, un uomo ha rivolto l'arma contro se stesso cercando
di suicidarsi. Ora è ricoverato in gravissime condizioni
Un poliziotto ha aggredito, ammanettato in strada e ucciso la fidanzata
di 23 anni. L'episodio, avvenuto in una strada del centro di una città
dello Stato di Paranà, è stato ripreso da una persona sul posto con un
cellulare. L'uomo, dopo aver sparato un colpo fatale alla giovane, ha
rivolto l'arma contro se stesso, cercando di suicidarsi.
126
ƒƒ†”‡ƒ……‘Ž–‡ŽŽƒ–ƒ†ƒŽ…‘’ƒ‰‘
E' ancora la gelosia il movente di un omicidio che ha per vittima una
donna. Attorno a mezzanotte un uomo ha assassinato la compagna con
una coltellata al fianco. La donna è stata trovata sanguinante sul
terrazzo di casa con la lama ancora conficcata in corpo. La coppia
viveva nel paese da circa quattro anni. I due hanno un figlio di quattro
anni che era ospite dei nonni quando è stato compiuto il delitto.
L'uomo, che ha confessato, è accusato di omicidio volontario e ora si
trova rinchiuso nella camera di sicurezza della caserma dei
Carabinieri. Le liti tra i due erano frequenti, come riferiscono i vicini
di casa. Sembra che la donna volesse sposarsi e ottenere la cittadinanza
italiana, ma il suo compagno non era d’accordo. La donna aveva
un’altra relazione e l’uomo lo sapeva. Temeva di perdere tutto e
soprattutto non accettava l’idea di vedere andar via di casa il proprio
figlio. Nei giorni scorsi la donna è uscita di casa impaurita e con le sue
urla ha richiamato l'attenzione dei passanti: "Mi ha messo le mani a
addosso", gridava. L'omicidio è avvenuto nella casa della coppia. La
sera scorsa i vicini hanno sentito provenire dall'abitazione un grido
d'aiuto, poi il silenzio. Il dubbio che qualcosa di grave fosse accaduto è
stato confermato dall'arrivo dei carabinieri chiamati dallo stesso
assassino. L'uomo ha raccontato ai militari come sono andati i fatti: ha
riferito del litigio, dello scoppio d'ira e della coltellata. L’assassino che
ora si trova rinchiuso in carcere, è accusato di omicidio volontario.
127
L’imputazione è stata formalizzata ufficialmente dal procuratore della
Repubblica. Meno di un’ora più tardi, mentre gli investigatori
tornavano nell’abitazione dell’assassinio a compiere nuovi
accertamenti, e all’ospedale iniziava l’autopsia sul cadavere della
donna, l’uomo diventato killer per gelosia ha varcato la soglia del
carcere. L’uomo, guardato a vista da un agente della polizia
penitenziaria, sarà presumibilmente interrogato domani. Amante del
bodybuilding, dovrà ripercorrere i momenti che lo hanno spinto ad
ammazzare la compagna e madre di suo figlio.
ƒ‘”–‡ƒ—…‹ƒ–ƒ†ƒ—ƒ‘”‡…”‹‹ƒŽ‡
Il viso ed il torace pieno di lividi, una croce sul petto fatta con un
oggetto, contundente, lesioni alla testa e alle caviglie ed i polsi
spezzati. E così che se ne andata la donna morta nella notte tra
domenica e lunedì a causa delle botte ricevute dal compagno.
Solo l'autopsia potrà aiutare gli inquirenti a stabilire le cause certe del
decesso. Il corpo della donna presentava infatti delle grosse echimosi e
dei graffi: l'ipotesi più probabile è che sia morta a causa di un trauma
da schiacciamento dovuto ai colpi ricevuti.
Sinora l’uomo ha fornito delle dichiarazioni contrastanti: ha detto di
aver parlato con la donna ieri, quando lei era già morta e di averla
tentata di rianimare. Una storia difficile la loro, punteggiata da litigi e
scenate, spesso sotto l'abuso di alcol, che avevano già visto l'intervento
dei Carabinieri.
128
Nella notte della tragedia i due litigano, l’uomo, ubriaco e forse
drogato, la colpisce fino a ucciderla. Un litigio per futili motivi, i
vicini sentono le urla e poi più nulla. L’uomo ha vegliato tutto il
giorno il corpo della donna: solo alle 20 di lunedì sera ha chiamato il
118, dicendo che la donna stava male, non respirava. Poi il fermo dei
Carabinieri e l'interrogatorio al a seguito del quale il Pm ha emesso un
provvedimento con l'accusa di omicidio volontario aggravato.
ƒ•–‘”‹ƒ†‹•–ƒŽ‹‰
L’ossessione nei confronti di una persona è il contrario dell’amore ed
è per questo che Sabrina Rondinelli ha scelto di intitolare così il suo
romanzo “Una storia di stalking”.
A dominare tutto il racconto è proprio la paura. La paura che
attanaglia la protagonista nell’uscire di casa, nell’andare a fare la
spesa, nell’accendere il cellulare, nell’usare i social network. Il
contatto virtuale, in chat o messaggini, permette un’ossessione
costante, sfibrante, ed è una delle forme più diffuse in quello che, va
ricordato, è un reato punibile con pene fino a cinque anni di
reclusione. La storia che racconta Sabrina è quella di una ragazza
madre che resta intrappolata proprio in una storia nata da internet. Il
resto è paura. Qualche cifra, fornita dal Ministero della Giustizia
(“Stalking. Indagine statistica attraverso la lettura dei fascicoli dei
procedimenti definiti con sentenze di primo grado, a cura della
129
Direzione generale di statistica del Ministero”): il 91,1% dei reati di
stalking è commesso da maschi, l’età media dell’autore è di 42 anni
contro i 38 della vittima e quasi un terzo degli stalker è disoccupato o
ha lavoro saltuario. Nel 33,2% dei casi, vittima e autore hanno figli
in comune e il movente più ricorrente che spinge l’imputato alle
pressioni è quello di ricomporre il rapporto (30,4%), seguito dalla
“gelosia” (11,1%) e dall’ossessione sessuale o psicologica (3,3%).
L’ANTICIPAZIONE: Il contrario dell’amore di Sabrina Rondinelli
…Avevo l’angoscia che mi batteva nel cuore a cento all’ora, quando sono
uscita dal lavoro, il lunedì dopo l’Ikea. Me lo aspettavo, di trovarmelo
davanti da un momento all’altro. I miei occhi lo cercavano dappertutto, mi
guardavo intorno, a destra, a sinistra, dietro, forse mi stava già seguendo,
tanto lo sapevo che veniva a beccarmi.
Tenevo le orecchie tese: aspettavo di sentire i suoi passi dietro di me, quelle
scarpe cigolanti da vecchio, mi sentivo addosso la sua ombra, mi sembrava di
sentire il suo odore pungente di pino silvestre, mi aspettavo di vederlo dopo
ogni angolo: nel riflesso delle vetrine, in mezzo alla gente per la strada, sopra il
ponte dove l’avevo visto la prima volta che mi aveva seguita, me l’aspettavo, la
sua mano rabbiosa che mi prendeva da dietro le spalle e mi costringeva a
girarmi.
Ho camminato svelta fino alla fermata della metropolitana, sono scesa ad
aspettare il treno sulla banchina, seduta, rannicchiata, più nascosta che
potevo, con la bocca asciutta: non vedevo l’ora di arrivare a casa, guardavo
l’orologio sul cartellone luminoso, contavo i minuti, i secondi, senza neanche
più pregare: tanto l’avevo già capito che Dio se ne fregava altamente dei miei
problemi.
130
Avevo pensato tutta la notte, fino a spremermi il cervello: come potevo fare, per
uscire da quell’incubo, se dovevo dirlo a Sergio. Potevo chiedergli se veniva
lui, a prendermi al lavoro. E però non volevo metterlo nei casini: avevo paura
che poi scoppiava una bomba, che veramente quel bastardo lo poteva insultare
o picchiare, o non so che altro: cioè, io davvero non lo sapevo fino a che punto
poteva arrivare. E che cosa gli potevo dire a Sergio? Che ero andata a letto
quattro o cinque volte con uno squilibrato conosciuto in chat che adesso non
mi voleva più lasciare in pace? E come glielo spiegavo che avevamo continuato
a sentirci, ma che io lo avevo fatto soltanto per tenerlo buono, mica per
malizia: perché avevo paura che mi poteva fare del male?
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Nelle sue intenzioni doveva andare con delle amiche a festeggiare in
discoteca il suo 18esimo compleanno ma, per una serie di contrattempi,
queste non avevano potuto accompagnarla. Nonostante ciò è andata da
sola in discoteca dove ha conosciuto un giovane straniero che,
all’uscita dal locale, le ha chiesto di andare a casa sua. Lì si è appartata
con il ragazzo che si è poi addormentato. A quel punto è entrato in
scena un amico del giovane che, minacciandola di picchiarla, l’ha
violentata. La mattina seguente la ragazza si è recata in un consultorio
familiare dove ha raccontato la drammatica avventura e dove le sono
state prestate le prime cure. Nel frattempo il consultorio ha informato
la Questura che ha mandato sul posto alcuni agenti.
Le indagini si sono dimostrate difficili perché la ragazza non ricordava
131
dove si trovasse esattamente l’abitazione in cui aveva subito la
violenza. Dopo numerosi tentativi, il ragazzo conosciuto in discoteca
ha risposto al numero che aveva lasciato alla ragazza che è riuscita a
convincerlo ad andare ad un appuntamento. Il ragazzo si è presentato la
mattina successiva ed ha incontrato gli agenti che con lui sono andati
nella sua abitazione dove hanno scoperto che l’amico, suo
connazionale, aveva dei precedenti con la giustizia. Il giovane è stato
arrestato presso una stazione dei carabinieri dove si recava per
assolvere agli obblighi di firma.
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Si è consumato nella grande città del Nord l’ennesimo femminicidio:
una donna uccisa per mano del suo fidanzato. E’ solo l’ultimo episodio
in ordine di tempo se pensiamo che sono più di 90 le donne uccise dai
loro uomini o compagni dall’inizio di quest’anno. Come in quest’
ultimo caso la tragedia è arrivata dopo svariati tentativi di denuncia da
parte della donna che come spesso è stato sottovalutato, anche perché
la legislazione in merito è ancora troppo accomodante. Queste tragedie
maturano in un clima di omertà sociale e familiare, dove la donna è
spesso sola con il proprio dramma e per questo psicologicamente
debole ed incline a sopportare, senza denunciare violenze fisiche,
psicologiche e sessuali, nella speranza vana che l’uomo che le è vicino
possa cambiare. Spesso è proprio nei piccoli centri della provincia, tra
132
ignoranza, solitudine e omertà, che si consuma una violenza subdola: il
dramma si consuma quotidianamente tra le mura domestiche tra
piccoli e grandi soprusi che logorano la donna e i figli che vivono da
vittime passive e difficilmente si arriva alla denuncia. Come donne
organizzate, portiamo avanti da tempo la battaglia contro la violenza e
la discriminazione delle donne, all’interno dei luoghi di lavoro, dove
una “certa cultura” maschilista, particolarmente accentuata nelle
regioni del sud del paese, ancora permane. E’ necessario un maggiore
investimento da parte del Governo regionale e locale su politiche
sociali attive di sostegno, attraverso la promozione e la diffusione di
centri per l’ascolto e di sostegno per portare avanti azioni di denuncia,
dando magari, anche a chi non se lo può permettere, un aiuto e
sostegno legale oltre che psicologico. Promuovere a livello regionale e
in tutti i comuni della regione, con l’aiuto delle associazioni, campagne
educative nelle scuole e nei luoghi di lavoro, perché solo attraverso un
cambiamento culturale e attraverso l’ascolto e la denuncia si può
combattere questa tremenda piaga.
”‘ˆ‡••‹‘‹•–ƒƒ……‘Ž–‡ŽŽƒŽƒˆ‹†ƒœƒ–ƒ
Voleva ucciderla e ci sarebbe riuscito senza l’intervento di alcuni
soccorritori. Gli addetti alla sicurezza del locale l’hanno letteralmente
staccato dalla fidanzata, colpita alla gola da un coltello da cucina.
Secondo le ricostruzioni, quella lama se l’era portata da casa. E per
questo è accusato di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione.
A rimetterci, ancora una volta, è stata una “ex”.
133
Come nel caso del commerciante che la scorsa estate ammazzò la
propria fidanzata con diversi fendenti al torace. E per un tragico
scherzo del destino, è emerso che i due uomini violenti si conoscono:
sono stati compagni di tennis, hanno giocato assieme. Lui ha avuto una
discussione furibonda con la sua ex fidanzata. L’uomo l’ha colpita alla
gola, al culmine di una lite fuori da un noto locale Non è ancora chiaro
se l’uomo fosse sotto l’effetto dell’alcol. Fatto sta che aveva raggiunto
la fidanzata al tavolo dove stava cenando con alcuni amici. Le aveva
chiesto bruscamente di uscire per parlare ma la chiacchierata è
degenerata ben presto. Urla, sempre più forti e poi le mani addosso.
All’arrivo degli uomini della sicurezza la ragazza era già stata
raggiunta al collo da una coltellata con una lama da cucina. Lui è stato
disarmato e immobilizzato. Il tanto sangue perso ha fatto temere il
peggio ma gli uomini le hanno tamponato la ferita in attesa del 118 e
della polizia. L’ambulanza è partita a sirene spiegate per l’ospedale
dove la 25enne è ricoverata. Non sarebbe in pericolo di vita. I medici
le hanno dovuto curare anche i tagli riportati a mani e braccia perché
aveva tentato di parare e schivare alcuni colpi. Guarirà in 60 giorni.
Per l’uomo si sono invece aperte le porte del carcere. Il movente, il
motivo che l'ha spinto a cercare l’ex fidanzata per ucciderla, sarebbe
stata la fine della loro relazione.
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‘†ƒƒ–‘Žǯ‹•–”—––‘”‡’‡”˜‹‘Ž‡œƒ•‡••—ƒŽ‡•—ŽŽ‡
•‘Ž†ƒ–‡••‡
Sono stati inflitti 10 mesi di reclusione (pena sospesa) a un ex
istruttore militare accusato di abuso d’ufficio continuato, violenza
sessuale aggravata. Denunciato dalle stesse soldatesse, il militare è
stato processato con rito abbreviato. La sentenza ha accolto le richieste
del pm che aveva chiesto la derubricazione del reato di violenza
sessuale in violenza privata. Secondo l’accusa il militare avrebbe
abusato dei poteri derivanti dal ruolo di istruttore costringendo le
soldatesse a subire atti sessuali. Una giovane sarebbe stata costretta a
mimare un rapporto sessuale orale con un animale di peluche. A
un’altra l’istruttore avrebbe fatto pesanti allusioni a sfondo sessuale.
L’uomo dovrà rispondere anche di frasi pesanti rivolte alle sue allieve
durante l’addestramento con umiliazioni, vessazioni fisiche e verbali,
anche a sfondo sessuale. Le avrebbe colpite durante l’addestramento
con calci, pugni, pizzicotti, schiaffi alla nuca.
‡˜‹œ‹ƒ–ƒ‡˜‹‘Ž‡–ƒ–ƒ†ƒ–”‡‹†‹˜‹†—‹
Uno stupro di gruppo, maturato nell’ambiente dei voyeur e degli
scambi di coppia, si è verificato alcuni giorni fa e farne le spese una
ragazza di 20 anni attirata in macchina con una banale scusa, condotta
con forza in una casa abbandonata e violentata. Era da poco passata la
mezzanotte quando un uomo, conosciuto nell’ambiente dei guardoni e
135
degli scambisti, con il pretesto di chiedere informazioni ha attirato la
20enne nella sua macchina. Una volta chiuse le sicure, l’ha riempita di
botte e l’ha condotta in una casa abbandonata dove ha commesso abusi
sessuali di ogni tipo. Ha quindi chiamato altre due persone che l’hanno
a loro volta stuprata. Terminata la lunga serie di violenze, i tre se ne
sono andati, abbandonando la ragazza che è riuscita a chiedere aiuto.
Dopo i primi soccorsi, la giovane è stata accompagnata a casa e il
giorno dopo si è recata alla polizia per denunciare i suoi aggressori.
L’indagine si è sviluppata sui pochi elementi forniti dalla vittima: un
numero di targa incompleto e la descrizione dello sconosciuto che per
primo l’ha avvicinata. I poliziotti si sono infiltrati nell’ambiente degli
scambisti e hanno iniziato a raccogliere informazioni. Partendo dalla
descrizione del violentatore, è venuto fuori il nome di un uomo. Una
volta identificato il primo stupratore, il numero di targa della sua auto
è stato confrontato con quello incompleto fornito dalla vittima. A
incastrare l’aggressore è stato il riconoscimento fotografico. Per lui
sono scattate le manette mentre gli altri due, anche loro riconosciuti
dalle foto, sono stati denunciati a piede libero.
ƒ˜‹‘Ž‡œƒ‡•‡‹ƒ‹•‡œƒ‰‹—•–‹œ‹ƒ
Sono passati quasi sei anni da quella brutta storia di cui ormai quasi
nessuno si occupa più. Sembra che non importi neanche alla giustizia
che in questi giorni ha apposto al caso l’ennesimo stop. Sei anni fa
furono arrestati 8 ragazzini per stupro su una 14enne nel corso di una
festa di compleanno. A 500 metri dalla festa, un’adolescente viene
136
stuprata da otto ragazzi. Uno dopo l’altro. «Era ubriaca fradicia e si
divertiva a provocare» furono i commenti degli amici dei giovani
arrestati due mesi dopo. Alla violenza si aggiungono le malelingue e le
cattiverie. C’è persino il sindaco di allora che all’epoca dei fatti decise
di stanziare una somma di denaro per le famiglie degli otto ragazzi
«gravate da una condizione di profondo disagio economico».
I concittadini si affrettano a commentare in tv l’accaduto: «Era lei che
faceva la zozza», «Si è divertita pure lei», «Una ragazzata» dice il
padre di uno dei presunti stupratori. Sono passati quasi sei anni, l’ex
primo cittadino è stato condannato per “uso distorto di fondi pubblici”.
Ma quell’adolescente, oggi maggiorenne, che ha cambiato due volte
città nel tentativo di rifarsi una vita, è stata lasciata sola da tutti,
compresi quei deputati che nel clamore della vicenda si affollarono a
promettere aiuto e assistenza in tutte le trasmissioni tv, sostenuta solo
dalla famiglia e dal suo legale. Ma lasciata sola anche dalla giustizia
che ha deciso che il momento della sentenza non è ancora arrivato. Il
tribunale dei minori di ha infatti accolto la richiesta di una nuova
“messa in prova” verificare la condotta e l’eventuale «pentimento»
degli otto ragazzi accusati della violenza. Eppure già quattro anni fa
era stato concesso il periodo di riabilitazione agli otto giovani, al
tempo dei fatti poco più che adolescenti. Periodo poi annullato dalla
Cassazione perché a giudizio della suprema Corte non ce ne erano i
presupposti. La messa in prova verrà discussa prossimamente
singolarmente per ognuno di loro nonostante si sia preso atto della
“veridicità del racconto della ragazza”.
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ƒ‘”–‡ƒ—…‹ƒ–ƒ†ƒ—ƒ‘”‡…”‹‹ƒŽ‡
Il viso ed il torace pieno di lividi, una croce sul petto fatta con un
oggetto, contundente, lesioni alla testa e alle caviglie ed i polsi
spezzati. E così che se ne andata la donna morta nella notte tra
domenica e lunedì a causa delle botte ricevute dal compagno.
Solo l'autopsia potrà aiutare gli inquirenti a stabilire le cause certe del
decesso. Il corpo della donna presentava infatti delle grosse ecchimosi
e dei graffi: l'ipotesi più probabile è che sia morta a causa di un trauma
da schiacciamento dovuto ai colpi ricevuti.
Sinora l’uomo ha fornito delle dichiarazioni contrastanti: ha detto di
aver parlato con la donna ieri, quando lei era già morta e di averla
tentata di rianimare. Una storia difficile la loro, punteggiata da litigi e
scenate, spesso sotto l'abuso di alcol, che avevano già visto l'intervento
dei Carabinieri. Nella notte della tragedia i due litigano, l’uomo,
ubriaco e forse drogato, la colpisce fino a ucciderla. Un litigio per
futili motivi, i vicini sentono le urla e poi più nulla. L’uomo ha
vegliato tutto il giorno il corpo della donna: solo alle 20 di lunedì sera
ha chiamato il 118, dicendo che la donna stava male, non respirava.
Poi il fermo dei Carabinieri e l'interrogatorio al a seguito del quale il
Pm ha emesso un provvedimento con l'accusa di omicidio volontario
aggravato.
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‘†ƒƒ–‘ƒ•‡‹ƒ‹‡‘––‘‡•‹’‡”˜‹‘Ž‡œƒ‡
•–—’”‘
Ieri il tribunale ha condannato a sei anni e otto mesi di reclusione per
violenza sessuale un uomo per aver abusato di due colf. I fatti
contestati risalgono a due anni fa e i soprusi sarebbero durati per oltre
un anno. L’uomo avrebbe picchiato e minacciato due donne
umiliandole e maltrattandole. Le avrebbe costrette a vestire con abiti
particolarmente osé, che lasciavano esposte diverse parti del corpo e
ad avere rapporti sessuali completi con lui contro la loro volontà.
Le ragazze hanno spiegato agli inquirenti di essere state costrette a
dormire in posizioni scomode, appoggiate alle sedie. Una di loro era
addirittura finita al Pronto soccorso per essere stata colpita al volto e
alla testa dal datore di lavoro durante una lite. Lesioni per fortuna
giudicate lievi – era stata dimessa con pochi giorni di prognosi – ma
che avevano poi spinto la giovane a raccontare alle forze dell’ordine
quanto successo, seguita dalla collega. L’uomo ha precedenti per
maltrattamenti in famiglia: nel 2010 era infatti stato condannato in
secondo grado a dieci mesi in affidamento ai servizi sociali. Lo scorso
anno il Tribunale gli aveva tolto con decreto provvisorio l’affidamento
dei tre figli, che all’epoca avevano 7, 9 e 12 anni. Aveva riottenuto la
patria potestà dopo 159 giorni.
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ƒƒƒ‰‰”‡†‹–ƒ…‘„‹„‘‹„”ƒ……‹‘
“Ho chiesto aiuto, ma nessuno è venuto in mio soccorso, nonostante
avessi mio figlio di quattro anni in braccio”. E’ ancora sotto choc la
donna, vittima di una brutale aggressione. La donna aveva in braccio, a
destra, il figlioletto mentre dall’altra reggeva la borsa. “Avevo appena
parcheggiato l’auto — racconta —, ed ero scesa dalla macchina per
andare in un negozio. Terminati gli acquisti, mi sono diretta, in tutta
fretta perché stava piovendo, verso la mia auto tenendo sempre al collo
mio figlio, quando ho avvertito una presenza alle spalle”.
E’ stata una questione di attimi. “Mi sono sentita afferrare dai capelli.
Poi mi è arrivata una violenta spinta che mi ha buttato a terra. Ho
piegato le ginocchia e stavo schiacciando mio figlio. Il bambino si è
messo ad urlare dal terrore. In pochi istanti uno dei malviventi mi ha
strappato la borsa che avevo sulla spalla sinistra mentre un suo
complice, forse con una mazza, distruggeva, con un colpo secco, il
finestrino della mia auto alla ricerca di qualcosa d’altro da rubare”.
In pochi secondi i due, che avevano il cappuccio della felpa sulla testa,
afferrata la borsa della donna, si sono dati alla fuga. “Mi sono messa
ad urlare, a chiedere aiuto, aiuto — continua la mamma —, ma
nessuno, dico nessuno, è venuto in mio soccorso. Sono rientrata
nell’edicola da dove ero uscita, ma anche loro hanno detto di non aver
né visto né sentito niente”.
La donna ha immediatamente chiamato la Polizia, ma dei due
aggressori per ora nessuna traccia. “E’ impensabile che alle 18 di
140
pomeriggio, in città, una madre con un bimbo in braccio — spiega
ancora la donna —, non possa andare a fare degli acquisti senza
rischiare di essere aggredita. Mi ha sconvolto il fatto che nessuno, dico
nessuno, mi abbia aiutata. Nessuno è uscito dai negozi, da casa.
Omertà totale. Questi banditi non hanno avuto neanche il rispetto di un
bambino. In famiglia nessuno ha dormito questa notte. Sa cosa mi ha
detto mio figlio? “Mamma, da grande farò il poliziotto, così ti
difenderò”.
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Violentata nei pressi di una chiesetta. E’ successo due anni fa, ma solo
dopo molto tempo una quattordicenne ha trovato il coraggio di
raccontare tutto alla polizia, rompendo il muro del silenzio costruito
anche dai genitori. In manette sono finiti due minorenni che dovranno
rispondere di violenza sessuale aggravata. La quattordicenne ha
raccontato la terribile storia di abusi. Ha così spiegato di essere stata
costretta, una sera, ad appartarsi dopo essere stata forzata a bere e,
dopo essere stata picchiata, è stata violentata da uno dei due mentre
l’altro la teneva ferma. Nonostante la ragazzina gridasse e chiedesse
pietà, i due hanno continuato ad abusare di lei. Poi i due hanno tentato
di darsi il cambio, ma le urla della ragazzina li hanno indotti a darsi
alla fuga. Prima di far perdere le loro tracce hanno però minacciato la
ragazzina e la sua famiglia costringendola a non rivelare niente a
141
nessuno. Dopo averla lasciata a terra fra le lacrime e senza abiti, i
ragazzi hanno fatto ritorno nel loro paese. “Dopo il tentativo di
rimuovere quanto accaduto - spiegano gli investigatori - la vittima
lentamente e dolorosamente ha trovato il coraggio di denunciare i fatti,
riferendo circostanze e particolari relativi alla violenza sessuale
subita”. Da lì sono partiti le verifiche e i riscontri sino all’emissione
dei provvedimenti restrittivi. Nel corso dell’arresto dei due
giovanissimi, gli agenti hanno eseguito alcune perquisizioni
domiciliari durante le quali a casa del primo hanno rinvenuto dello
stupefacente, hashish, già confezionato e suddiviso in dosi, per un peso
complessivo di circa 10 grammi, un bilancino di precisione, un
taglierino e un coltello, sottoposti a sequestro. Il minore è stato così
denunciato anche per detenzione di droga.
‹……Š‹ƒ–ƒ†ƒŽƒ”‹–‘…Š‹ƒƒ‰Ž‹ƒ‰‡–‹‡Ž—‹Ž‹ƒ†ƒ
ƒŽŽ̵‘•’‡†ƒŽ‡
Picchia la moglie e manda in ospedale anche gli agenti delle volanti
arrivati sul posto per difenderla. Ieri sera una donna disperata ha
chiamato il 113 denunciando di essere stata maltrattata dal marito. Gli
uomini dell’ufficio prevenzione generale si precipitano sul posto e già
sotto le finestre dell’abitazione notano masserizie di ogni genere e
pezzi di mobili. In casa trovano la donna contusa e terrorizzata. «Mio
marito è un tossicodipendente - racconta la malcapitata - chiede
continuamente soldi per la droga e quando non glieli do mi picchia.
Poco fa mi ha minacciato con il coltello e poi, visto che io non avevo
142
un euro da consegnargli, ha distrutto la casa. E non è la prima volta
che accade, da quando è uscito dal carcere la mia vita è diventata un
inferno». A questo punto si è affacciata alla finestra per mostrare i resti
della sua abitazione distrutta dal marito e si rende conto che sta
rientrando. Gli agenti lo bloccano ma lui reagisce e li manda in
ospedale dove vengono giudicati guaribili in cinque giorni.
””‡•–ƒ–‘‡–”‡’‹……Š‹ƒŽƒ‘‰Ž‹‡‹•–”ƒ†ƒ
Alla Polizia che lo ha arrestato ha detto di averla picchiata per motivi
personali e di famiglia. E’ stato fermato da un agente in borghese che
ha sentito le grida di aiuto della donna e che, notando la donna a terra e
l’uomo che la stava picchiando, prendendola a calci, è intervenuto e
l’ha bloccato. Avvisato il 113, sono intervenuti gli agenti del
Commissariato di zona e delle volanti che, dopo aver prestato i primi
soccorsi alla donna, hanno atteso l’arrivo dei sanitari del 118 che
l’hanno trasportata subito in ospedale. L’uomo è stato accompagnato
negli uffici di polizia e al termine degli accertamenti è stato arrestato.
Dovrà rispondere di lesioni personali aggravate. La donna, che a causa
delle “botte” ricevute ha riportato lesioni in diverse parti del corpo e la
frattura di una costola, ne avrà per parecchi giorni.
‹……Š‹ƒŽƒ‘‰Ž‹‡†ƒ˜ƒ–‹ƒŽŽƒˆ‹‰Ž‹ƒ
Da anni picchiava la moglie, anche davanti alla figlia piccola, l'uomo
arrestato dai carabinieri che sono intervenuti dopo una segnalazione
143
giunta al 112: sul posto hanno bloccato il giovane che poco prima
aveva preso a calci e pugni la moglie.
La donna è stata portata in ospedale dove i medici le hanno riscontrato
«lesioni da strangolamento al collo, contusioni al braccio sinistro e
dietro l'orecchio destro, un ematoma al gluteo sinistro».
Al momento della visita in ospedale, la donna era ancora fortemente
dolorante a causa delle percosse al capo ricevute. Quando ha
denunciato l'episodio, la vittima ha anche confessato che da anni
subiva analoghi episodi di violenza, spesso anche in presenza della
figlia minorenne. Il marito è stato chiuso in carcere.
ƒŽ’‡‰‰‹ƒ‡„ƒ…‹ƒ—ƒ„ƒ”‹•–ƒǣ‘––‘‡•‹†‹”‡…Ž—•‹‘‡
Una barista si era allontanata dal bancone per recarsi al bagno quando
un giovane straniero le si è avvicinato tentando di baciarla e
palpeggiarla violentemente. La donna ha tentato di svincolarsi in ogni
modo, ma l’uomo l’ha stretta con decisione esercitando una costrizione
fisica. La giovane ha iniziato a urlare, chiedendo aiuto ai clienti che in
quel momento si trovavano all’interno del locale. Alcuni di loro sono
corsi ad aiutare la ragazza, cercando di allontanare l’uomo che,
probabilmente sotto gli effetti dell’alcol, non si era rassegnato di non
essere riuscito nel suo intento. I clienti hanno dunque immediatamente
chiamato i carabinieri che, una volta arrivati sul posto, hanno subito
identificato l’uomo denunciandolo per tentata violenza sessuale. Ieri è
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arrivata la condanna, per tentata violenza, a 8 mesi di reclusione, pena
sospesa.
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Con la scusa di effettuare alcune visite in vista di un trattamento
medico, aveva palpeggiato nelle parti intime e sul seno una sua
paziente. I fatti erano avvenuti due volte nello stesso anno. Secondo le
contestazioni, l’insospettabile medico aveva anche baciato un
capezzolo della donna.
Quest'ultima dopo essere uscita dall’ambulatorio si era subito recata
dai carabinieri per sporgere denuncia. Ascoltata la sua versione, i
militari avevano chiesto e ottenuto il via libera per effettuare il test del
dna sulle tracce di saliva che ancora erano presenti sul seno della
presunta vittima delle molestie. Successivamente, dopo appena
mezz’ora dai fatti contestati, avevano raggiunto lo studio del medico di
base e gli avevano prelevato la saliva, che era risultata la stessa
rinvenuta sul seno della sua assistita. Il medico era così finito nel
registro degli indagati con la pesante accusa di violenza sessuale,
contestazione che gli è costata una condanna a 1 anno e 8 mesi con i
benefici della sospensione condizionale. La sentenza è stata
pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare al termine del
processo celebrato con l’abbreviato che, in caso di condanna, prevede
lo sconto di un terzo sulla pena finale. L’imputato ha sempre respinto
le accuse e ha spiegato di aver sempre agito correttamente, senza venir
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meno alla deontologia professionale. La vicenda era iniziata quando la
ragazza si reca dal medico di famiglia lamentando dei dolori
addominali. In quell’occasione il medico le tocca il seno, ma la donna
non dà un gran peso all’episodio.
Ben diverso quello che accade qualche mese dopo. Anche in quella
circostanza la donna si reca all’ambulatorio medico per dei forti dolori
addominali. Ma questa volta, secondo la sua denuncia, l’uomo, dopo
averle prospettato una terapia, le palpeggia le parti intime e le succhia
un capezzolo. La donna si riveste e si reca immediatamente dai
carabinieri. Che, grazie al Dna, incastrano il medico.
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Prima urla e ingiurie, poi spintoni e minacce, fino all’epilogo con un
uomo in manette e una donna in stato di choc. Si è sfiorata la tragedia
quando un uomo, armato di fucile, è stato bloccato dai carabinieri poco
prima di mettere in atto il suo intento omicida nei confronti della
fidanzata. Sarebbe potuto essere il racconto dell’ennesimo
femminicidio se solo la donna, dopo essere stata minacciata di morte
dal suo compagno, non avesse tempestivamente avvertito i carabinieri
di quanto stava accadendo. Subito dopo la concitata telefonata, giunta
alla centrale operativa dei carabinieri, da parte della vittima, i militari
si sono recati sul luogo da dove proveniva la segnalazione. Nel corso
della telefonata la donna, sentendosi in pericolo, aveva lasciato il suo
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indirizzo chiedendo un intervento immediato perché il suo fidanzato
l’aveva appena avvertita che l’avrebbe uccisa, sparandole con un
fucile.
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«Lei mi chiede cosa penso della continua esplosione di violenza nei
confronti delle donne? Credo che sia perché l’uomo, certi uomini, non
sopportano, non riescono ad accettare che la donna possa
sopravanzarli, nell’intelligenza come nella vita pratica quotidiana. La
donna si è stancata di essere sottomessa, la donna è molto più forte
dell’uomo e questo non viene più sopportato. Di qui, a mio parere,
scaturisce la violenza in famiglia cui assistiamo ormai ogni giorno».
A parlare è la studentessa universitaria che la brutalità del
femminicidio l’ha vissuta in prima persona quando sua madre è stata
ammazzata a colpi di pistola dal compagno poi uccisosi, e accetta di
rispondere ad alcune domande.
Dov’era quella mattina?
«Ero da un’amica. Ha squillato il cellulare e ho visto che era il numero
della mamma. ‘Ciao mamma, dimmi’, invece era la vicina di casa che
piangeva. “Mamma è morta” mi ha detto. E mi ha spiegato quello che
era successo.
Ho chiamato mia zia e le ho raccontato tutto. Non sono andata sul
posto, me lo hanno impedito».
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Quando aveva incontrato l’ultima volta il compagno di sua madre?
«Due giorni prima. Ero con la mamma. Ci ha infamate, ne ha dette di
tutti i colori».
Lei ha vissuto le liti, le minacce, le violenze, verbali e non solo, subite da sua
mamma. Ritiene che la tragedia potesse essere evitata?
«Assolutamente sì. Guardi, il gesto di quell’uomo è di un folle,
senz’altro, ma ovviamente ingiustificabile. Una persona ha il diritto di
togliersi la vita quando vuole, ma non ha il diritto di toglierla anche a
un altro. Detto questo ritengo che le autorità potessero fare di più e
meglio per evitare che quella situazione precipitasse e sfociasse
nell’uccisione di mia madre».
In che modo?
«Avevo chiamato le forze dell’ordine anche la sera prima del fatto.
C’era stata una lite fortissima fra mia madre e lui, al telefono. Dissi
che dovevano andare a casa di quell’uomo e dovevano ricoverarlo
perché era folle. Sa che cosa mi sono sentita rispondere? Che io
chiamavo un po’ troppo spesso e che dovevo moderare i termini. Ecco,
davanti a varie denunce e a questo episodio ritengo che sia mancato
qualcosa sul fronte della tutela di mia madre. Da quel giorno non ho
più fiducia nelle forze dell’ordine».
Lei parla di follia dell’assassino.
«Sì, quel doppio gesto non riesco a definirlo in altro modo. Ritengo
che quel suo folle disegno di morte abbia avuto per lui anche una
logica: io mi ammazzo, ma uccido anche te così siamo insieme anche
nella morte».
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Quanto le manca sua madre?
«Credo di essere una ragazza forte, ma ci sono momenti in cui
veramente avverto un vuoto immenso intorno a me. La ferita è troppo
grande e quando il mondo ti crolla addosso non è facile riprendersi in
fretta. Quando mi fermo un attimo a pensare, allora si apre il vuoto,
realizzo che la mamma non c’è più. E che è accaduto per mano di un
altro. Ma poteva essere evitato».
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L'ennesima tragedia familiare - che ha i contorni del femminicidio - è
stata per fortuna evitata grazie all'intervento dei carabinieri che hanno
arrestato un uomo da tempo residente in Italia che aveva minacciato di
uccidere la moglie e il figlioletto di appena due anni.
La 'colpa' della donna? Stavolta non c'entrano tradimento o gelosia: la
poveretta secondo il 'marito-padrone' aveva la colpa di volersi dare da
fare per tirare avanti la famiglia. Insomma, cercava lavoro.
Del resto, la famiglia avanti così non poteva andare visto che
quell'uomo era finito agli arresti domiciliari per essere stato trovato in
possesso di droga. L’immigrato però non sopportava l’idea che la
moglie potesse lavorare come badante e che il figlio fosse accudito
dalla suocera: è arrivato a minacciare con un coltello da cucina la
moglie mentre teneva tra le braccia il loro figlio e ha minacciato di
ammazzare il bimbo pur di non vederlo crescere dalla suocera e di non
farlo stare con la madre, qualora non avesse potuto crescerlo lui.
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«Non volevo violentarla, né tantomeno sequestrarla. Ero andato lì solo
per rubare qualche soldo per pagarmi una dose”. Sono state queste le
parole del giovane finito in carcere con le accuse di violenza sessuale e
sequestro di persona nei confronti di una giovane L’autore
dell’aggressione è comparso davanti al gip per l’interrogatorio di
garanzia. Nel lungo faccia a faccia con il giudice ha confermato di
essersi introdotto nella scuola per rubare e di aver avuto una
colluttazione con l’insegnante, ma ha negato l’intenzione di
violentarla. «Il mio assistito – ha spiegato il suo avvocato –, ha
problemi di droga ed era entrato nella scuola materna per rubare
qualche soldo con cui comprare l’eroina. Non si è trattato né di
violenza sessuale, né di un sequestro di persona, ma solo di un
tentativo di furto finito male. Il ragazzo è molto dispiaciuto e coglie
l’occasione per chiedere scusa pubblicamente. Pertanto chiederemo la
scarcerazione». La vittima era stata aggredita all’interno della scuola
materna dopo che era stata richiamata dai rumori provenienti dal
guardaroba dove erano custoditi gli abiti di genitori e bambini che si
trovavano nell’asilo per una festa. Lì ha incontrato il giovane che l’ha
subito aggredita tentando di violentarla. Nella concitata circostanza, la
giovane aveva tentato inutilmente di divincolarsi, andando a sbattere
violentemente con il capo contro la finestra. Dopo attimi di terrore, la
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vittima era stata salvata dall’intervento di una suora, che aveva udito le
sue grida. L’aggressore era riuscito però a fuggire e far perdere le
tracce. Soccorsa e trasportata al pronto soccorso, alla maestra erano
stati riscontrati una serie di policontusioni con ferite escoriate diffuse,
un forte trauma cranico e ferite alla regione occipitale, al collo e alle
braccia. L’immediato intervento dei carabinieri aveva consentito la
raccolta di importanti indizi per individuare l’aggressore.
Determinante era stata una telecamera installata nei pressi della scuola,
che aveva permesso di ricavare un’immagine del volto del giovane.
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Un 'colloquio' di lavoro è finito con l'arresto di un pensionato con
l'accusa di tentata estorsione e molestie a sfondo sessuale nei confronti
di una giovane donna. I due si erano conosciuti all'inizio di novembre
in una chat online, in cui lui, spacciandosi per medico, le aveva
proposto un impiego in ambito sanitario.
Dopo un appuntamento per un 'colloquio' in auto, durante il quale la
donna gli aveva consegnato il curriculum, lui ha iniziato a richiederle
prestazioni sessuali che lei ha sempre rifiutato. Poi sono arrivate le
minacce di pubblicare sul web, utilizzando la foto del curriculum,
fotomontaggi di lei in pose ambigue, se non avesse accettato di avere
rapporti con lui. Sono seguiti messaggi e telefonate in cui le aveva
anche detto di avere una pistola
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Nel frattempo, lei l'ha denunciato due volte nell'arco di tre giorni.
Quando l'uomo l'ha chiamata per l'ennesima volta, dicendole che si
trovava sotto casa e che stava salendo nel suo appartamento, ha
avvisato la polizia, che l'ha arrestato mentre bussava insistentemente
alla porta. L'uomo, incensurato, dovrà rispondere di tentata estorsione
e molestie a sfondo sessuale nei confronti della donna
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Due 17enni sono stati sottoposti a fermo dalla Polizia per violenza
sessuale nei confronti di una coetanea. La polizia si è recata
all’ospedale dove il medico di turno aveva segnalato alla sala operativa
113 l’arrivo di una ragazza vittima, a suo dire, di uno stupro. Ricevute
tutte le cure del caso, la minorenne è stata accompagnata dai genitori
negli uffici della Questura. La 17enne in Questura ha raccontato
quanto accaduto con l’aiuto di personale specializzato. In particolare,
la giovane ha riferito agli investigatori che la sera precedente, appena
scesa di casa per raggiungere poco lontano i suoi amici di comitiva, era
stata avvicinata da due conoscenti. Questi ultimi, dopo averle strappato
dalle mani il cellulare, l’avrebbero costretta a salire a bordo di uno
scooter guidato da uno dei due e condotta in una zona poco distante,
buia e isolata, seguiti a breve distanza dall’altro ragazzo in sella a una
bicicletta. Qui i due aggressori avrebbero stuprato la ragazza, dopo
aver vinto le sue resistenze per poi dileguarsi e abbandonarla in
lacrime. Solo dopo diverse ore la ragazza è riuscita a confidarsi con la
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madre e a presentare denuncia. I due ragazzi sono stati fermati e
condotti al Centro di Prima accoglienza per i minorenni.
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Era scappata con lui quando aveva 14 anni e dopo un anno aspettava
un bambino. Oggi ha tre figlie e le botte e i maltrattamenti, dell'ormai
ex marito, sono cominciati parecchi anni fa. Lunedì ha presentato la
denuncia numero 82 contro l'ex coniuge per violenza e stalking dopo
l'ennesima aggressione sotto casa nonostante fosse stato condannato
più volte senza arrivare mai a una sentenza definitiva. L'unico
provvedimento è stato un foglio di via non sono mai state applicate
altre misure di sicurezza come l'obbligo di dimora, di firma o
l'allontanamento.
"Non ho paura che mi uccida, io sono già morta" dice la donna che
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dietro: "No al femminicidio".
La donna è finita più volte all'ospedale, anni di botte, di scenate di
gelosia, di pentole d'acqua bollente tirate addosso.
"Minacce, percosse, una volta mi ha addirittura investita con l'auto.
Domenica mi ha aggredita di nuovo, sono svenuta e sono finita un'altra
volta in ospedale" dice. "Ho perso il conto -spiega- delle volte in cui ci
sono finita". Ad affiancarla nella sua battaglia sono stati i servizi
sociali e così se ne è andata di casa con i figli, portando via i vestiti di
notte nei sacchi di plastica. Ora vive in una casa popolare e l'ex marito
è sempre lì sotto.
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È stata la figlia sedicenne a telefonare alla polizia dicendo che il padre
stava picchiando la mamma
Un uomo di nazionalità straniera è stato arrestato dalla polizia per
percosse alla moglie. È’ stata la figlia minorenne a chiamare il 113
perché il padre picchiava la mamma. Sul posto è giunta subito una
volante. Gli agenti hanno trovato una donna sul letto dolorante accanto
al marito. Agli agenti ha detto di essere caduta da letto. Poco dopo al
personale del 118, subito fatto intervenire, la donna ha detto di essere
stata picchiata dal marito e pertanto l’uomo è stato portato in Questura
dove si è accertato, dalle testimonianze della figlia che aveva chiamato
la Polizia e quelle un altro figlio minorenne invalido, che aveva preso
violentemente a botte la moglie. La donna è stata giudicata guaribile in
15 giorni per trauma da aggressione al volto, lesioni compatibili con le
testimonianze e gli elementi acquisiti durante le prime indagini. La
Polizia ha accertato che l’uomo aveva già a carico procedimenti penali
per maltrattamenti in famiglia, fatti per il quale era stato disposto
l'allontanamento dalla casa familiare revocato sei medi dopo. Sulla
base di quanto emerso l'uomo è stato dichiarato in arresto ed
accompagnato in carcere.
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Ancora un caso di violenza sulle donne: un uomo pregiudicato,
ubriaco, ha aggredito la moglie con un grosso coltellaccio a
serramanico. Fortunatamente la donna è riuscita a divincolarsi e
scappare in strada mentre i due figli della coppia tentavano di fermare
il padre. All'arrivo dei carabinieri l'uomo ha tentato di aggredire anche
i militari procurando una contusione alla gamba per uno di loro,
guaribile in 5 giorni.
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I Pm della Procura hanno disposto il fermo, con l’accusa di omicidio
di un uomo, sospettato di avere assassinato la moglie incinta al nono
mese, spaccandole la testa e dandole fuoco. L’uomo, ha fornito
versioni, secondo gli inquirenti, poco credibili sulla scomparsa della
donna, che lui stesso aveva denunciato. In un primo momento ha
raccontato ai carabinieri di essersi trovato in auto, in campagna, con la
moglie e i tre figli adolescenti, e di essere sceso dalla macchina per
accompagnarli a fare pipì. Allontanatosi dal veicolo, avrebbe sentito lo
sportello della macchina richiudersi e, tornato dov’era parcheggiata,
non avrebbe più trovato né l’auto né la moglie. La versione
dell’uomo è stata smentita dai figli, che hanno raccontato che il padre
li aveva convinti a confermare il suo racconto, ma che, in realtà, loro
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non erano con i genitori al momento della scomparsa della madre. Di
fronte alla contestazione degli inquirenti, l’uomo ha cambiato versione
e ha detto di essere andato nella campagna con la moglie, che doveva
incontrare il suo amante per interrompere la relazione extraconiugale
che la donna aveva da tempo. L’ennesima menzogna, secondo gli
inquirenti, che hanno accertato che ad avere una storia parallela era
l’uomo, che da mesi aveva imposto alla moglie e ai figli la convivenza
con l'amante, che era andata a vivere nella loro casa. Secondo quanto
ricostruito dai pm l’assassino si sarebbe allontanato in auto con la
moglie e dopo l’ennesima lite l’avrebbe colpita verosimilmente con un
bastone alla testa, l’avrebbe tramortita e poi avrebbe dato fuoco al
corpo. Il cadavere è stato ritrovato ad una ventina di chilometri di
distanza dal luogo indicato dal fermato come quello dell’ultimo
incontro con la moglie. A confermare l’esistenza del rapporto
extraconiugale del presunto assassino è stata la stessa amante, sentita
dai carabinieri.
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E’ stato arrestato dopo poche ore l’aggressore della donna che è stata
accoltellata mentre si trovava nella sua auto. L’uomo, che non
sopportava la fine della relazione con la donna, ha pensato di ucciderla
mentre si trovava a bordo della sua auto. L’episodio è avvenuto sotto
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lo sguardo terrorizzato dei passanti, che non hanno potuto impedire il
gesto dell’uomo, vista la rapidità con cui si è consumata la vicenda.
L’uomo si è introdotto nell’auto della donna con in mano un coltello
da cucina, e l’ha colpita per tre volte, alla schiena, al braccio e allo
stomaco, lasciandola gravemente ferita e riversa a terra. Sono stati i
passanti e a soccorrere la donna chiamando i soccorsi, che l’hanno
immediatamente trasportata all’ospedale. Durante il tragitto è stata
proprio la donna a fare il nome del suo aggressore, che non si dava
pace per la fine della loro relazione. Dalla ricostruzione dell’accaduto,
la donna si stava dirigendo al panificio di proprietà della sua famiglia,
mentre ad un tratto era stata fermata dall’ex fidanzato. Al suo rifiuto di
discutere l’uomo l’aveva sorpresa dentro l’auto e l’aveva accoltellata.
L’uomo, dopo l’aggressione, ha anche inviato degli sms alla famiglia
della donna, in cui diceva di averla accoltellata, autoaccusandosi e
confermando la versione della donna che si trova ricoverata ma a
quanto sembra non versa in condizioni di pericolo di vita, nonostante
le ferite inferte dal coltello siano state profonde e in organi vitali come
fegato, stomaco e milza. L’uomo è in stato di fermo e dovrà essere
interrogato dalla polizia.
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Pietro Fontanini
Saluti del Presidente Pietro Fontanini
Annalisa Anastasi
Asia Battaglia
Cristina Pozzo & Nadia Pers in LIS
Elisabetta Pozzetto
Emanuela Cuccaroni
Fabrizia Miccino
Federico Simeoni
Fiorinda Beorchia
Gabriele Pitassi
Gianni Nistri
Ketty Brunetti
Leonardo Barberio
Lidia Driutti
Mara Del Bianco
Mauro Bordin
Giorgio Michelutti
Luciano Cicogna
Paola Ferraro
Pina Raso
Maria Bruna Pustetto & Cristina Pozzo
Marzio Strassoldo
Dario Zampa
Roberto Della Negra
Sonia Bortoluzzi
Beppino Govetto
Fabrizio Pitton
Paola Claucigh
Alessia Petrelli
Teresa Fioritto
Raffaella Ovan
Claudia Cecchetto
Domenico Ricci
Luisa Melchior
Rita Nadalin
Venusia Dominici
Patrizia Fiorini
Finito di stampare nel marzo 2015
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