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LE ORIGINI DEL CEMENTO ARMATO

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LE ORIGINI DEL CEMENTO ARMATO
LE ORIGINI DEL CEMENTO ARMATO: una breve rassegna storica
A. Brencich - DISEG Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica
Un primo tipo di calcestruzzo, avente per legante la pozzolana mista a calce, fu
impiegato dai romani con il nome di "betunium"; dal nome latino deriva quello di
"beton" usato oggi da francesi e tedeschi.
Si trattava di un conglomerato impiegato
per fondazioni, per murature di grande spessore e, qualche volta, per riempire i
cassettoni delle cupole compresi tra i costoloni di muratura di mattoni disposti secondo
i meridiani e i paralleli ovvero per realizzare delle cupole. La cupola del Pantheon a
Roma è un chiaro esempio dell’impiego di questo conglomerato, al cui interno si
ritrovano cocci di laterizio e di altro materiale, in quanto il confezionamento del
betunium era anche l’occasione per smaltire notevoli quantità di materiali di risulta.
L’inserimento di armature metalliche nel calcestruzzo è un’operazione remota
perché già nei conglomerati di epoca romana sono state trovate barre e grate di ferro.
Tuttavia non vi si può tuttavia ravvisare un sia pur primitivo calcestruzzo armato perché
l'associazione dei due materiali appare casuale e priva dello scopo di sfruttarne la
collaborazione statica.
Ancora una volta è più aderente alla realtà l’ipotesi di uno
smaltimento di materiale di risulta, secondo una prassi che è proseguita fino al secolo
scorso e si è estesa anche ad altre tipologie costruttive. Alcuni esempi di costruzione
in
muratura
armata
possono
essere
ritrovati
nelle
chiese
seicentesche
e
settecentesche, in cui era prassi inserire delle armature metalliche, usualmente dei
piatti di acciaio, nel corpo delle cupole. Tuttavia i criteri con cui venivano inseriti questi
rinforzi metallici e con quale scopo sono ancora oggi poco conosciuti.
In realtà il cemento armato nacque nella seconda metà del secolo scorso,
preceduto da circa un secolo di ricerche sui leganti (calce e cemento) iniziate da
Smeaton (1756) e da Parker (1796) ai quali si deve la scoperta delle proprietà di presa
e di indurimento dei calcari argillosi convenientemente calcinati. Seguirono gli studi di
Lesage (1800) e di Vicat (1818), di cui si impiega ancora oggi l’ago di Vicat per la
misura della consistenza della pasta cementizia, che consentirono il sorgere delle
prime fabbriche di cemento a Portland (1824) ed a Boulogne sur Mer (1840). Furono
proprio le ricerche e le conoscenze scientifiche sui leganti, seguite dalla produzione
industriale del cemento, a permettere lo sviluppo del cemento armato come sistema
costruttivo.
Il cemento oggi noto come cemento Portland deve il suo nome alla
collocazione geografica della prima fabbrica di cemento; oggi s’individua con questo
nome un cemento, di origine artificiale come tutti i cementi moderni, con composizione
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chimica analoga a quella prodotta a Portland mediante la calcinazione dei calcari
argillosi della zona.
Secondo l'opinione più diffusa l'esempio più antico di costruzione in cui sia
possibile riconoscere principi abbastanza prossimi a quelli dell'odierno cemento armato
è il canotto eseguito nel 1850 dal francese Lambot e presentato all'Esposizione
Universale di Parigi nel 1855.
E’ curioso osservare che negli anni ’50 vennero
riproposti scafi in cemento armato realizzati con spessori ridotti facendo ricorso alle
moderne tecniche di vibrazione e compattazione dei getti e alle tecniche per rendere
impermeabile il calcestruzzo. Anche questi scafi, come il canotto di Lambot, rimasero
al livello sperimentale.
Nel 1861 l'ing. Francesco Coignet, nel volume "Béton agglomerés appliqués à l'art
de construire" pubblicava i risultati ottenuti sperimentando travi, solette e volte nelle
quali aveva incorporato profilati di acciaio, primo esempio di applicazione del cemento
armato a quello che ne sarebbe divenuto il settore principe: le costruzioni civili. Il
maggior contributo allo sviluppo del cemento armato, però, lo si deve al giardiniere
parigino Giuseppe Monier il quale brevettò nel 1867 il procedimento per costruire vasi
in malta di cemento rinforzata con un'ossatura di fili di ferro, primo vero esempio di
conglomerato cementizio rinforzato con armature metalliche per sopperire all’intrinseca
debolezza a trazione del materiale.
Monier estese, poi, il sistema al campo delle
costruzioni vere e proprie depositando una lunga serie di brevetti riguardanti
inizialmente la sua attività, tubi e serbatoi (1868), ma subito dopo anche le costruzioni:
solettoni (1869), ponti (1873), scale e volte (1875). In questi brevetti sono contenuti
elementi e principi sulla disposizione delle armature i quali, anche se basati su concetti
empirici che spesso tradiscono l’origine empirica ed applicativa delle conoscenze del
Monier, testimoniano la sua larghezza di vedute e consentono di ritenere che egli sia
stato il vero ideatore del cemento armato.
Nonostante i brevetti di Monier arrivino tutti prima del 1875, si dovranno attendere
ancora circa 30 anni per assistere alla diffusione senza più sosta del cemento armato
come tecnica costruttiva in quanto i precursori del nuovo mezzo costruttivo cercavano
intuitivamente di conferire al calcestruzzo la necessaria resistenza a flessione e, pur
basandosi sui suggerimenti dell'esperienza, non sempre riuscivano a darne la
giustificazione statica.
A questo modo riuscivano a ottenere valide soluzioni per
specifici problemi, ma non riuscirono a fornire le indicazioni di validità generale
necessarie per l’applicazione su vasta scala della nuova tecnologia.
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Quasi contemporaneamente a Monier, l'americano Taddeo Hyatt eseguiva prove
su travi armate con ferri piatti; i risultati, pubblicati nel 1877, risultarono assai importanti
perché fissarono un accettabile rapporto (n = 20) tra i moduli d'elasticità dell'acciaio e
del calcestruzzo e stabilirono l'uguaglianza dei coefficienti di dilatazione termica dei
due materiali.
La disposizione delle armature nei due tipi di trave sperimentati da
Hyatt, l'una con barre correnti al lembo inferiore che si rialzavano verso le estremità,
l'altra con armatura rettilinea collegata al lembo compresso con ferri verticali, preludeva
alle future corrette posizioni.
Nel 1884 i brevetti Monier si diffusero in Germania e, soprattutto per merito
dell'ing. Gustav Adolf Wayss e della ditta Freytag, i laboratori e gli ingegneri
cominciarono ad interessarsi attivamente del nuovo materiale. Ed è proprio alla scuola
tedesca, a cui, per altro, risale la più tarda ma non meno feconda scuola italiana, che si
deve l’organizzazione sistematica delle conoscenze sul cemento armato, come noi le
conosciamo oggi, e la sua applicazione su vasta scala.
L'ing. Wayss ed il prof.
Bauschinger di Monaco, sulla base di una serie di esperienze sperimentali, fissarono i
principi fondamentali del sistema: l'aderenza acciaio-calcestruzzo impone ai due
materiali di agire staticamente assieme ed il posizionamento delle armature in
prossimità del lembo teso. I risultati furono pubblicati nel 1887 da Wayss nel volume
"Das System Monier. Eisengrippe mit Zementumhúllung" ed in questa pubblicazione,
con enorme anticipo sui tempi, viene già posto e affrontato il problema della protezione
del ferro.
A partire dalla pubblicazione delle esperienze di Wayss e Bauschinger divenne
evidente l'eccezionale importanza tecnica del cemento armato: le ricerche teoriche e
sperimentali ne ebbero un impulso che avrebbe fornito la spinta propulsiva per i 90
anni seguenti.
I primi fondamenti del calcolo furono pubblicati da Mattias Könen nel "Zentralblatt
der Bauverwaltung" del 1886.
Approfondite ricerche teorico-sperimentali furono
compiute in Germania anche da Mörsch (cui si deve il fondamentale traliccio di
Mörsch, prima ed insuperata intuizione sul funzionamento meccanico interno delle
strutture in cemento armato, cui ancora oggi, con opportuni adeguamenti, si
richiamano i ricercatori), Back e Kleinloghel (cui siamo tutti debitori di tabelle ancora
oggi in uso per il calcolo del cemento armato). Le prime norme sul calcolo e sulla
esecuzione delle strutture in cemento armato non a caso furono tedesche e giunsero
nel 1904.
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La nuova tecnologia si era ormai diffusa in tutta l’Europa centrale, cosicché in
questi anni si ritrovano diversi studi eseguiti in tutta Europa:
♦ in Austria lavoravano Neumann, Melan (si ricordino le centine Melan per la
costruzione dei ponti) ed Empergher;
♦ in Svizzera si occuparono di cemento armato Richter (che elaborò il metodo delle
sezioni canoniche o metodo di Richter per la soluzione delle strutture reticolari
isostatiche insegnato ancora oggi) e Schüle;
♦ negli Stati Uniti, sulla strada indicata da Hyatt, si affermarono i nuovi sistemi
costruttivi Ransome e Wilson;
♦ in Italia si ebbero numerose, anche se ignorate, applicazioni nell'ultimo decennio
deIl'800; le costruzioni in cemento armato furono più frequenti in regioni soggette a
movimenti tellurici e fu il terremoto di Messina del 1908 a metterne in evidenza la
resistenza alle azioni sismiche.
La Francia continuò ad essere un polo di sviluppo della nuova tecnologia:
all'Esposizione Universale di Parigi del 1889 furono presentati i sistemi Bordenave e
Cottancin, mentre solo tre anni più tardi e fino al 1895 pubblicò i risultati, basati su un
buon rigore scientifico, delle proprie esperienze Edoardo Coignet (figlio di Francesco) e
del belga Francesco Hennebique, di formazione più empirica.
Nel 1896 si ebbero le prime rilevanti realizzazioni in cemento armato ad opera di
Emperger e Thacher che costruirono, col sistema Melan, il primo ponte ad arco
secondo uno schema statico introdotto dallo stesso Emperger.
Una grande influenza sugli sviluppi delle costruzioni in cemento armato fu
esercitata soprattutto in Francia ed in Italia dal belga Francesco Hennebique il quale,
con il suo eccezionale intuito statico e con il suo raro senso costruttivo che
sopperivano alla sua non profonda preparazione teorica, seppe diffondere un sistema
che portava il proprio nome.
L'inizio del XX secolo segnò la grande diffusione del cemento armato in Italia; il
merito fu soprattutto della Società Ing. Porcheddu di Torino che introdusse il sistema
Hennebique e costruì importanti opere pubbliche. Ad essa va il merito dell'esecuzìone,
nel 1910, su progetto dell’intuitivo Hennebique, del ponte Risorgimento di Roma, ponte
di oltre 100 m di luce. L'opera, di risonanza mondiale per il suo ardimento, fu oggetto di
studio (e di polemiche) per molti anni dopo la sua costruzione in quanto il ponte
presenta un diffuso e rilevante stato di fessurazione che si manifestò a breve dalla sua
costruzione.
L’interesse che suscitò la costruzione del ponte è dovuta in parte
all’assenza di una rigorosa procedura di calcolo nel procedimento della sua
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progettazione, e al suo disarmo precoce, pare ordinato da Hennebique a soli due giorni
dal getto ed eseguito nottetempo per superare le perplessità dei tecnici che erano
coinvolti nell’esecuzione dell’opera. Oggi, a distanza di 90 anni il ponte gode di ottima
salute, ma forse proprio per l’intervento dei Hennebique che, ordinando un disarmo
precoce, da un lato favorì la fessurazione della struttura, ma dall’altro favorì anche la
redistribuzione delle tensioni all’interno della struttura verso l’assetto statico che ha
consentito al ponte di giungere fino a noi pressoché intatto.
In Italia le ricerche furono condotte da numerosi studiosi, ma la diffusione della
teoria del cemento armato è da attribuirsi ai professori Silvio Canevazzi e Camillo Guidi
che, con le loro originali ricerche scientifiche, arricchirono le conoscenze del sistema
costruttivo.
Sostanzialmente, quindi, il cemento armato è nato nell'ultimo decennio del secolo
scorso con lo scopo di produrre elementi prefabbricati di solai e scale da inserire in
costruzioni a prevalente struttura muraria.
Un caratteristico esempio genovese é offerto dall'Hotel Miramare. L'edificio,
costruito negli anni 1906-1908, su progetto dell'arch. Luigi Coppedè e dell'ing. A.
Bringolf di Lucerna, è formato da una struttura portante muraria e da solai costruiti con
travetti prefabbricati in conglomerato armato a sezione quadrata cava tra loro
affiancati.
Successivamente la tecnica costruttiva preferì i getti in opera che, per il loro
elevato grado d’iperstaticità, dimostrarono agevolmente di offrire maggiore sicurezza.
Le prime strutture "monolitiche" furono limitate ai solai portati da murature: a
Genova un tipico esempio è costituito dagli edifici universitari di S. Martino, secondo
una tecnica che sarebbe stata impiegata in modo piuttosto vasto anche per edifici
borghesi di civile abitazione di modesto livello (alcuni si ritrovano nella zona di Sturla). I
primi esempi di struttura portante interamente in cemento armato compaiono intorno al
1910. Un rilevante esempio genovese è costituito dal Silos Hennebique, dal nome del
suo progettista, costruito nel recinto portuale in prossimità della Stazione Marittima e di
cui oggi si parla come nuova sede dei Dipartimenti elettronici ed elettrotecnici della
Facoltà di Ingegneria.
La tecnica costruttiva nel frattempo era in continua evoluzione, spinta dai progressi
nelle altre discipline, quali l’analisi matematica che sviluppò in quegli anni efficaci
metodologie per la soluzione di sistemi di equazioni differenziali, e dalla diffusione della
cultura tecnica sotto forma di formuIari e tavole di progettazione. La struttura portante,
così, poté perseguire schemi statici sempre più sofisticati, orientandosi spesso su telai
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spaziali per i fabbricati civili e su travate continue, solidali o meno con i ritti, e ad arco
per i ponti.
(b)
(a)
Figura 1. Edificio costruito nel ventennio fascista: a) prospetto principale; b) particolare dello spigolo
indicato dalla freccia di colore chiaro.
In ambito italiano, e quindi anche a Genova, l’impiego di strutture portanti
interamente in cemento armato si diffonde nel ventennio fascista in cui si assiste a due
diversi tipi di edificazione: l’edilizia ministeriale di Piacentini e della sua scuola (Piazza
della Vittoria, viale Brigate Partigiane, Palazzo della Questura e del Liceo D’Oria) e
un’edilizia dall’apparenza tradizionale ma con tutti i nuovi contenuti tecnologici.
In
figura 1 è raffigurato un edificio economico per civile abitazione costruito nel ventennio
fascista secondo un’impostazione architettonica classica e tipica degli edifici in
muratura portante: finestre di limitata larghezza e adeguatamente distanziate, decori in
rilievo e cornici alle finestre. Tuttavia il distacco di una parte dell’intonaco (freccia gialla
in figura 1.a) evidenzia la vera struttura portante costituita da travi e pilastri in cemento
armato.
In figura 1.b si evidenzia la presenza dei ganci d’ancoraggio ed il
tamponamento, eseguito in mattoni pieni, con inserimenti di pietra, accuratamente
accostato all’intelaiatura in cemento armato. In generale la presenza di un’ossatura in
cemento armato al di sotto di un’impostazione architettonica classica, o almeno di
orizzontamenti in cemento armato, è denunciata dalla presenza di poggioli con
struttura non tradizionale, priva di travi metalliche e lastre di marmo.
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Le riserve di resistenza derivanti dalla monoliticità e dall'elevata iperstaticità delle
strutture gettate in opera emersero in occasione di eventi sismici e bellici, dimostrando
straordinarie e sorprendenti capacità di sopportare azioni eccezionali ed impreviste.
Unica eccezione in questo panorama è fornito dalle fortificazioni tedesche predisposte
sulla costa francese per arrestare un eventuale sbarco alleato. Molti di questi bunker
vennero distrutti dall’artiglieria navale alleata in quanto l’economia di guerra del terzo
Reich, ormai allo stremo, impose l’impiego, negli impasti, di quantità di cemento
insufficienti.
Il ritorno alle primigenie tecniche di prefabbricazione fu imposto dalla necessità di
ridurre sia i tempi di costruzione sia l'impiego di mano d'opera. Favorita dal progredire
dei mezzi di sollevamento e trasporto, la nuova prefabbricazione cercò inizialmente di
non perdere quelle caratteristiche di rigidezza e di resistenza proprie delle strutture
monolìtiche; le connessioni fra i vari elementi furono ottenute con la saldatura delle
armature e con getti di sigillatura. Questa tecnica ebbe, in Italia, come precursore,
l'ing. Mantelli, del quale, fino a pochi anni or sono, esisteva ancora l’impresa di
costruzioni che, adeguati ai tempi, continuava a seguire le linee tracciate dal proprio
fondatore.
Successivamente, sempre per ridurre i tempi di costruzione, si decise di rinunciare
alle connessioni rigide e di accettare di conseguenza un riduzione del grado di
íperstaticità. I risultati furono soddisfacenti nella costruzione dei ponti soprattutto per i
progressi delle tecniche di precompressione le quali, pur provocando la dolorosa
scomparsa dell'arco (struttura che possiede insospettabili riserve di resistenza),
consentirono rilevanti progresso nei mezzi di varo delle travi e nelle costruzioni a conci.
Ma questa nuova fase di prefabbricazione conduce direttamente alla tecnica del
cemento armato precompresso, la cui nascita può essere fatta risalire al 1888 (poco
dopo la diffusione in Germania dei brevetti Monier) quando Döring propose un
procedimento per mettere in tensione le armature con l’obiettivo d’imporre stati di
presollecitazione nel cemento armato. Döring però non affrontò lo studio del sistema
costruttivo, né poteva avrebbe potuto ottenere risultati significativi in quanto l’acciaio di
cui poteva disporre aveva un limite di snervamento troppo basso per poter apportare
significativi contributi di precompressione, contributi che avrebbe comunque perso
entro breve tempo per l’elevata caduta di precompressione per rilassamento cui erano
soggetti gli acciai dell’epoca.
Occorre attendere il 1907 per avere notizie sulle esperienze compiute da Könen, il
cui scopo era unicamente quello di ridurre le tensioni di trazione nel conglomerato per
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impedirne la fessurazione e proteggere l'armatura. Egli impose all'acciaio pretensioni
dello stesso ordine di grandezza di quelle d'esercizio (allora intorno ai 100 MPa), ma le
esperienze ebbero risultato negativo perché il ritiro e le deformazioni viscose del
calcestruzzo ne annullarono quasi del tutto lo stato di coazione.
Solo nel 1928 si ha notizia degli importanti studi teorico-sperimentali compiuti da
Freyssinet, il quale è uno dei pochi esempi d’Ingegnere con una solida preparazione
tecnica e scientifica e un altrettanto, se non superiore, intuito commerciale. Egli giunse
ad industrializzare l'idea della precompressione ideando innumerevoli dispositivi per la
sua realizzazione pratica (si pensi solo ai cunei Freyssinet per ancorare le testate dei
cavi di precompressione, oggi il sistema più diffuso di blocco delle testate dei tiranti
anche in ambito geotecnico). Poiché Freyssinet protesse i suoi ritrovati con numerosi
brevetti, furono proprio i brevetti Freyssinet a costituire il maggiore ostacolo ad
un’ampia diffusione della tecnica del cemento armato precompresso. E infatti la sua
diffusione si ebbe quando i brevetti Freyssinet vennero a scadere.
Il successo del cemento armato precompresso fu dovuto alla disponibilità di
calcestruzzi ad alta resistenza e di acciaio con elevato limite elastico e bassa
sensibilità al rilassamento. Tra i ricercatori che più contribuirono alla diffusione della
tecnica si devono ricordare:
♦ in Francia; Lossier, Lebelle e Guyon (di cui si ricorda il fuso di Guyon, ancora oggi
ampiamente insegnato nelle Accademie) solo per citare i più illustri;
♦ in Belgio: Magnel, progettista d’importanti opere, che ideò un efficace sistema
d'ancoraggio;
♦ in Germania: Hoyer usò fili di acciaio vincolati per aderenza al calcestruzzo per
trasmettere la precompressione all’elemento strutturale, eliminando così il costo
degli apparecchi di ancoraggio e introducendo una tecnologia che oggi ha
praticamente monopolizzato il mercato delle costruzioni prefabbricate (a partire dai
travetti precompressi per solai, dalle lastre predalles e alveolari per solai industriali
fino alle travi da ponte);
♦ in Germania: Mörsch, Dischinger e Finsterwalder applicarono, con nuovi indirizzi, la
tecnica della presollecitazione ai ponti.
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Figura 2. Trave Finsterwalder in cemento armato precompressa con cavi esterni.
Mentre i sistemi Freyssinet (armatura post-tesa con cavi scorrevoli iniettati dopo la
tesatura) e Hoyer (armatura pre-tesa con cavi aderenti) hanno le armature contenute
nell'interno della trave, nei sistemi Finsterwalder e Dischinger le armature per la
coazione, formate da grosse barre di acciaio filettate alle estremità, sono disposte
all'esterno. La caratteristica delle travi Finsterwalder, figura 2, era la velocità di
esecuzione in quanto il sistema costruttivo consentiva di prefabbricare a piè d’opera le
due metà di ciascuna trave e di congiungerle in opera. Tipico esempio del sistema
Dischinger é il ponte autostradale a schema Gerber costruito presso Aue in Sassonia
(1936) in cui la trave di accoppiamento ha l’aspetto della classica trave armata a due
contraffissi, figura 3 e 4. Questa tecnica di precompressione venne largamente usata
per costruire i ponti sul fiume Reno, di cui oggi non rimane traccia in quanto vennero
distrutti dalla Wermacht per rallentare l’avanzata delle truppe anglo/americane nel
corso della ritirata finale del 1945.
Il sistema Dischinger può essere efficacemente impiegato anche per presollecitare
le strutture di acciaio nonché per recuperare elementi strutturali lignei parzialmente
degradati.
Un esempio di struttura metallica presollecitata è la copertura del
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I'Aerostazione Merci dell'Aeroporto di Genova costruita nel 1972. Le travi di acciaio, di
oltre 32 m di luce, con interesse di circa 16 m, sono state poste in stato di coazione
mediante 2 cavi di acciaio armonico. (v. Costruzioni Metalliche n. 6-73). Inoltre, non si
dimentichi l’importanza ancora attuale del sistema di presollecitazione a cavi esterni,
oggi efficacemente usato per il recupero e adeguamento di strutture in legno esistenti.
(a)
(b)
(c)
Figura 3. Ponte Dischinger ad Aue – Sassonia (1936). Sezione longitudinale della travata a schema Gerber
in cemento armato precompresso con cavi esterni: a) cavi di precompressione in
corrispondenza dell’appoggio; b) mensola, cerniera Gerber e campata centrale; c)
campata, mensola e cerniera Gerber con il relativo sistema di precompressione.
Tra le prime opere in cemento armato precompresso eseguite in Italia, deve
essere ricordato il ponte sul Po a Casalmaggiore progettato, col sistema Freyssinet,
dal prof. Borzani e costruito dalla Fincosit.
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Tra i ricercatori moderni menzione particolare merita Fritz Leonhardt sia per le sue
pregevoli pubblicazioni, sia per le geniali soluzioni tecniche contenute nei suoi progetti,
oltre ad Emperger in Austria, Harris in Inghilterra e, per l'Italia, Colonnetti, Morandi,
Levi, Mattiazzo, Franciosi, Giangreco e Pozzati. Di Riccardo Morandi si ricorda il ponte
autostradale sul fiume Polcevera (noto anche come ponte delle Condotte, dalla società
che lo costruì), replicato diverse volte con piccole varianti in molte parti del mondo, la
cui modernità forse non venne compresa appieno da suoi contemporanei ed il cui
schema strutturale fu prematuramente abbandonato dopo il drammatico incidente
occorso al ponte sulla baia di Maracaibo in Venezuela. Ma, a questo punto, usciamo
dalla storia del cemento armato per entrare nei tempi contemporanei.
Figura 4. Ponte Dischinger ad Aue – Sassonia (1936): sezione trasversale.
Per quanto riguarda i metodi di analisi dello stato di sollecitazione e di verifica della
resistenza, si può affermare che tutti gli studiosi citati ed altri hanno contribuito a
costruire quel metodo detto oggi "delle tensioni ammissibili" che ha consentito di
progettare opere grandiose ed ardite.
L'ipotesi fondamentale del metodo consiste nel supporre il conglomerato un solido
elastico, isotropo ed omogeneo. Purtroppo il calcestruzzo non possiede nessuna delle
caratteristiche elencate; da questa constatazione e dalla considerazione che le
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resistenze dei materiali e le azioni sono variabili aleatorie è nata la necessità di
analizzare il comportamento delle strutture secondo criteri probabilistici.
L'analisi della resistenza della sezione allo stato limite ultimo può dirsi ormai
definita per mezzo dello schema dei campi di rottura (per le sollecitazioni che generano
tensioni normali) attraverso il traliccio di Richter-Mörsch, per il taglio, e con l'elementare
trattazione di Bredt per la torsione. L'analisi strutturale è invece più complessa; basti
pensare che la non linearità tra azioni e sollecitazioni impedisce ad esempio l'uso del
principio della sovrapposizione degli effetti e, di conseguenza, delle linee d'influenza.
La difficoltà del l'analisi non lineare è del resto confermata dalla vigente
normativa quando consente ".... convenzionalmente di raggiungere lo stato limite
mediante un unico accrescimento proporzionale delle azioni applicate…….” e quando
accetta in sostituzione della non linearità un "calcolo elastico lineare" oppure un
"calcolo elastico lineare con redistribuzioni".
Il problema diventa più arduo per quelle strutture, come ad esempio le lastre
caricate nel loro piano, le mensole di grande altezza e le travi parete, per le quali lo
stato di sollecitazione non è definibile in termini di caratteristiche di sollecitazione.
Il campo della ricerca è ancora assai vasto ed essendo le soluzioni analitiche
spesso impossibili, gli studi dovranno essere compiuti per via numerica.
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