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Politeness - RSS Avvisi Corsi di Laurea
Linguistica applicata Semantica e pragmatica in prospettiva interculturale Parte ottava – La pragmatica interculturale: le nozioni di cortesia e faccia La politeness theory --- Nella definizione della nozione di cortesia (politeness) dobbiamo tenere ben distinte una dimensione “non-tecnica”, che è quella sulla base della quale valutiamo, in maniera impressionistica, un enunciato o un comportamento come cortese/scortese, e una dimensione tecnica, che è alla base di un approccio alla pragmatica interculturale che va sotto il nome di politeness theory. --- La politeness theory trova le sue prime formulazioni in diversi lavori degli anni ‘70 di linguisti come Robin Lakoff, Penelope Brown, Geoffrey Leech, Stephen C. Levinson, che miravano all’estrapolazione di una nozione teorica astratta di politeness, valida per lingue e culture diverse. Politeness – Cortesia: diverse concezioni --- R. Lakoff (1973): la politeness come “conflict avoidance” e come dimensione “parallela” al principio di cooperazione di Grice, in grado di spiegare molte delle violazioni delle massime di Grice. Si articola in tre regole: (i)‘don’t impose’; (ii) ‘give options’; (iii) ‘make the other person feel good, be friendly’. Politeness – Cortesia: diverse concezioni Politeness – Cortesia: diverse concezioni --- Leech (1983): il principio di cooperazione ha un suo parallelo nel principio di cortesia, articolato in quattro massime: tact maxim, generosity maxim, approbation maxim, modesty maxim, agreement maxim, sympathy maxim. Tact maxim: ‘Minimize the expression of beliefs which imply cost to other; maximize the expression of beliefs which imply benefit to other.’ You know, I really do think you ought to sell that old car. It’s costing more and more money in repairs and it uses up far too much fuel Generosity maxim: ‘Minimize benefit to self; maximize cost to self.’ You relax and let me do the dishes! It’s none of my business really, but you look so much nicer in the green hat than in the pink one. If I were you, I’d buy that one. Politeness – Cortesia: diverse concezioni Approbation maxim: Minimize the expression of beliefs which express dispraise of other; maximize the expression of beliefs which express approval of other. Gideon, I know you’re a genius - would you know how to solve this math problem here? Dear Aunt Mabel, I want to thank you so much for the superb Christmas present this year. It was so very thoughtful of you. I wonder if you could keep the noise from your Saturday parties down a bit. I’m finding it very hard to get enough sleep over the weekends. Politeness – Cortesia: diverse concezioni Modesty maxim: Minimize the expression of praise of self; maximize the expression of dispraise of self. Well done! What a wonderful performance! I wish I could sing as well as that. Agreement maxim: Minimize the expression of disagreement between self and other; maximize the expression of agreement between self and other. A: I don’t want my daughter to do this, I want her to do that. B: Yes, but ma’am, I thought we resolved this already on your last visit. Politeness – Cortesia: diverse concezioni Sympathy maxim: Minimize antipathy between self and other; maximize sympathy between self and other. Despite very serious disagreements with you on a technical level, we have done our best to coordinate our efforts in reaching an agreement, but have so far not been able to find any common ground. Un problema aperto: --- le nozioni di “costo”, “beneficio”, “apprezzamento/lode”, “simpatia” sono universalmente valide o cambiano da cultura a cultura e da situazione a situazione? Politeness – Cortesia: diverse concezioni --- Leech introduce anche diverse ‘scale’ di misurazione della (im)politeness: la scala costi-benefici; la scala dell’autorità e della distanza sociale; la scala di opzionalità e la scala di (in)directness: 1) 2) 3) 4) la scala costi-benefici richiede che il parlante valuti i costi (per se stesso) e i benefici (per l’ascoltatore) del suo enunciato; la scala dell’autorità richiede che il parlante valuti il proprio diritto a imporsi sull’ascoltatore e il grado di familiarità che lo lega all’ascoltatore; la scala di opzionalità richiede che il parlante valuti il grado di “libertà di scelta” che il suo enunciato impone all’ascoltatore; la scala di (in)directness richiede che il parlante valuti il grado di sforzo interpretativo che il suo enunciato comporta per l’ascoltatore. Politeness – Cortesia: diverse concezioni --- L’idea di base di Leech è che “certain immediate illocutionary goals can compete with (e.g., in ordering), coincide with (e.g., in offering), conflict with (e.g., in threatening), or be indifferent to (e.g., in asserting), the long-term social goals of maintaining comity and avoiding friction.” --- Queste visioni della cortesia mirano a una caratterizzazione “generale” della cortesia come dimensione pragmatica, disgiunta da considerazioni storiche, socio-culturali e interazionali specifiche. Politeness – Cortesia: diverse concezioni --- Brown & Levinson (1978 1987) sviluppano il modello probabilmente più completo della cortesia, che presenta significative differenze rispetto ai modelli di R. Lakoff e di Leech. --- In particolare, B&L sostengono che il principio di cortesia ha uno statuto diverso rispetto al principio di cooperazione di Grice: mentre quest’ultimo è perennemente in funzione negli scambi linguistici, e agisce, per così dire, in maniera “silente”, il principio di cortesia ha bisogno di essere espresso in maniera linguisticamente “visibile” e “riconoscibile”. Politeness – Cortesia: diverse concezioni --- Un limite dei modelli precedenti è la mancanza di una teoria sociologica del perché sia socialmente importante mantenere rapporti di affabilità tra persone. B&L rimediano a questa mancanza proponendo (non per primi) una nozione che diventerà fondamentale nella pragmatica interculturale, la nozione di “faccia”. --- Per B&L la cortesia è un aspetto della comunicazione “razionale” e governato da regole, che consente “deviazioni” rispetto all’obiettivo dell’efficienza comunicativa mirate prevalentemente al mantenimento della coesione sociale attraverso la salvaguardia della faccia pubblica dei soggetti che comunicano. --- Prima di introdurre la visione di B&L della cortesia, è quindi necessario introdurre la nozione di faccia, nella sua formulazione classica e nella sua reinterpretazione proposta da Brown & Levinson. La nozione di faccia --- Il primo teorico della nozione di faccia è stato un sociologo statunitense, Erving Goffman (1922-1982). Nella visione di Goffman, “mantenere la faccia” non è l’obiettivo individuale della comunicazione, ma il risultato di un adeguamento dei soggetti che interagiscono tra loro a una sorta di “ordine rituale” : faccia = “the positive social value a person effectively claims for himself by the line others assume he has taken during a particular contact, where a ‘‘line’’ is the interactants’ self and others’ evaluation” (Goffman 1967: 23) ordine rituale = “acts through whose symbolic component the actor shows how worthy he is of respect or how worthy he feels others are of it” (Goffman, 1967: 19) La nozione di faccia faccia = “the positive social value a person effectively claims for himself by the line others assume he has taken during a particular contact, where a ‘‘line’’ is the interactants’ self and others’ evaluation” (Goffman 1967: 23) La nozione goffmaniana di faccia è quindi la concettualizzazione del proprio “sé” a cui ciascuno di noi arriva valutando il modo in cui il proprio “sé” è “costruito” gli altri partecipanti alla conversazione (o ad altri tipi di interazione sociale). Line deve intendersi come “a pattern of verbal and nonverbal acts by which he (=the speaker) expresses his view of the situation and through this his evaluation of the participants, especially himself” (Watts 2006: 123). La nozione di faccia Face, then, is a socially attributed aspect of self that is temporarily on loan for the duration of the interaction in accordance with the line or lines that the individual has adopted. It is not our personal construction of the self, although the different faces we are required to adopt in different interactions do contribute towards that construction. In many cases face may coincide with our interpretation of the ritual role to be played in the ongoing interaction, but this is by no means always the case. If our constructed role remains relatively stable across interactions it will result in a form of institutionalisation of the self. (Watts 2006: p. 125) La nozione di faccia Face work = “the actions taken by a person to make whatever he is doing consistent with face. Face work serves to counteract ‘‘incidents” -- that is, events whose effective symbolic implications threaten face.” --- Secondo Goffman, il face work comporta sia atti difensivi (che mirano alla salvaguardia della propria faccia) che atti protettivi (che mirano alla salvaguardia della faccia degli altri), i quali vengono in genere compiuti simultaneamente e coesistono in ogni scambio conversazionale. --- B&L enfatizzano il carattere difensivo della nozione di faccia, che consiste negli atti che il parlante compie per salvaguardare la propria identità a scapito di quella degli altri: il concetto chiave su cui B&L insistono è pertanto il concetto di “imposizione” sull’ascoltatore, che guida, a loro avviso, il comportamento linguistico umano. Si tratta, quindi, di una visione più individualistica che sociale della “faccia”. La nozione di faccia --- La definizione di “faccia” di B&L: • “the want of every member that his wants be desirable to at least some others” • “the positive consistent self-image or ‘personality’ (crucially including the desire that this self-image be appreciated and approved of) claimed by interactants”. Faccia negativa: “the want of every ‘competent adult member’ [of a society] that his actions be unimpeded by others”, “the basic claim to territories, personal preserves, rights to non-distraction-i.e. the freedom of action and freedom from imposition”. Faccia positiva: “desires to be liked, admired, ratified, and related to positively”. La nozione di faccia La nozione di faccia e i face-threatening acts (FTAs) Differenza cruciale: la “faccia” di Goffman è mutevole e non precostituita, la “faccia” di B&L è precostituita e fissa: The Goffmanian ‘member’ makes a claim for a positive social value which is constrained by the ‘line’ others interpret him to be taking during the course of the interaction. That social value is dependent on the other ‘members’, and it can change from one moment to the next. It is an image of the self constructed in accordance with social attributes approved by others, and it may be unstable and changeable. It is reproduced and modified in every instance of social interaction. The Brown--Levinsonian ‘member’, on the other hand, appears to have already constructed, prior to the interaction, a self-image that s/he wants to be upheld by society. So although a member’s self-image might be changeable, it is far less so than Goffman’s positive social value. (Watts, Politeness, 2006, pp. 104-105) La nozione di faccia e i face-threatening acts (FTAs) In other words, Brown and Levinson work from the concept of wants based on what they call ‘personality’, which an individual has developed prior to the interaction, whereas Goffman works from a notion of the ongoing construction of the individual’s selfimage contingent on social factors. Brown and Levinson seem to be thinking of the self as a stable core of values lodged somewhere in the individual, whereas for Goffman self is far less ‘real’ and is constantly renegotiable. (Watts, ibidem) La nozione di faccia e i face-threatening acts (FTAs) Secondo B&L la nozione di “faccia” è universale, e nella conversazione la “faccia” è continuamente “minacciata” da quelli che definiscono come face-threatening acts (FTAs): si tratta di atti verbali o para-verbali (uso di intonazione, di gesti, ecc.) che minacciano la faccia del parlante o dell’ascoltatore, andando in direzione opposta ai suoi desideri e alla sua volontà di essere apprezzato. Il parlante deve valutare la natura face-threatening dell’atto linguistico che sta per compiere e stabilire se è opportuno o meno mitigare la componente face-threatening. Esistono, ovviamente, diverse scelte possibili… La nozione di faccia e i face-threatening acts (FTAs) La nozione di faccia e i face-threatening acts (FTAs) Come si calcola il grado di “minaccia” di un atto linguistico? La formula proposta da B&L stabilisce che il peso (W) di una minaccia x è una funzione del potere (P) esercitato dall’ascoltatore (H) sul parlante (S), della distanza sociale (D) tra parlante e ascoltatore e della valutazione del rango (R) della minaccia x in una data cultura. La politeness secondo Brown & Levinson Che cos’è la politeness secondo Brown & Levinson? La politeness è un insieme di strategie utilizzate dagli interlocutori nella conversazione per garantire: 1. il bisogno universale degli individui di essere rispettati e apprezzati all’interno di un gruppo sociale e il bisogno che l’immagine di sé che un parlante ha costruito sia accettata e sostenuta dagli altri; 2. il bisogno, altrettanto universale, di libertà di pensiero e di azione e il diritto al territorio, in senso sia letterale sia metaforico. La politeness secondo Brown & Levinson Data la presenza di una “faccia positiva” e di una “faccia negativa”, è possibile distinguere strategie di positive politeness e strategie di negative politeness. Strategie di positive politeness: La politeness secondo Brown & Levinson La politeness secondo Brown & Levinson La politeness secondo Brown & Levinson La politeness secondo Brown & Levinson Strategie di negative politeness: La politeness secondo Brown & Levinson La nozione di faccia e i face-threatening acts (FTAs) Strategie off-record: consistono nella violazione di una massima di Grice allo scopo di far intuire all’ascoltatore il FTA che si intende compiere: Maxim of Relation (Give hints; Give association clues; Presuppose) Maxim of Quantity (Understate; Overstate; Use tautologies) Maxim of Quality (Use contradictions; Be ironic; Use metaphors; Use rhetorical questions) Maxim of Manner (Be ambiguous; Be vague; Overgeneralise; Displace H; Be incomplete, use ellipsis) Critiche al modello di B&L Secondo B&L, esistono delle differenze tra le diverse culture riguardanti il potenziale di minaccia dei singoli atti e la gestione dei rapporti di potere e della distanza tra parlante e ascoltatore, mentre i meccanismi che portano alle scelte del parlante di mettere in atto un FTA (ed eventualmente di mitigarlo) sono considerati comportamenti universali. Questo aspetto della teoria di B&L è stato oggetto, tra gli altri, di forti critiche nella letteratura successiva. Critiche al modello di B&L The most conspicuous criticism – paradoxically, for a model aspiring to pancultural validity – was perhaps the charge of ethnocentrism: the individualistic and agentivistic conception of Brown and Levinson’s ‘model person’ did not seem to fit ‘collectivistic’ patterns of social organization, whereas their notion of ‘face’ seemed to serve an atomistic rather than interrelated notion of self. Going one step further, some criticized Brown and Levinson’s emphasis on the ‘calculable’ aspects of expressive choice (and the idea that individuals can manipulate these ‘volitionally’), to the expense of the socially constrained or conventionalized indexing of politeness in some linguacultures (especially, though not exclusively, those with rich honorific repertoires) (B. Pizziconi, Politeness, in K. Brown (ed.), Encyclopedia of Languages and Linguistics, 2006). Critiche al modello di B&L Critiche frequenti al modello di B&L: --- ‘an overly pessimistic, rather paranoid view of human social interaction’ (Schmidt 1980) --- ‘social interaction becomes an activity of continuous mutual monitoring of potential threats to the faces of the interactants, and of devising strategies for maintaining the interactants’ faces -- a view that if always true, could rob social interaction of all elements of pleasure’ (Nwoye 1992) --- ‘to be polite is to be face-caring means that all FTAs are not polite, since they do not care for but threaten face, hence they are impolite acts’ (Gu 1990) Critiche al modello di B&L Il problema del concetto di “cultura”: una nozione vuota? --- in the politeness literature the term ‘culture’ ranges from national groupings, through languages, genderspecific differences, social classes, subcultures determined by interest groups, age groups, in-groups, etc. and back to broad, sweeping notions such as ‘western European and North American culture’, ‘Asian culture’. The number of ways in which the term ‘culture’ is used in the literature, mostly without any attempt to define exactly what is meant by it, leads to the conclusion that it is a vacuous notion (Watts 2006, p. 101) Critiche al modello di B&L Il problema del concetto di “cultura”: --- la nozione di ‘faccia’ is not appropriate to ‘cultures’ in which the individual is defined by virtue of her/his membership in the social group. The criticism assumes that a theory of politeness which stresses the choice of an individual to use a politeness strategy is appropriate only to individualistic societies but not to collectivist ones. If the individual’s freedom of thought and action are constrained by collectivist societies and his/her freedom to what one might describe as ‘metaphorical territory’ is determined by the social status that the individual has in the group, the notion of negative face can have little or no meaning in those societies (Watts, ibidem) Critiche al modello di B&L --- Un esempio: la ‘faccia’ cinese --- ‘the Chinese negative face is threatened when self cannot live up to what s/he has claimed, or when what self has done is likely to incur ill fame or reputation’ (Gu 1990: 242). --- ‘Chinese face encodes a reputable image that individuals can claim for themselves as they interact with others in a given community; it is intimately linked to the views of the community and to the community’s judgment and perception of the individual’s character and behavior’ (Mao 1994: 460). Critiche al modello di B&L --- Un esempio: la ‘faccia’ giapponese --- ‘preservation of face in Japanese culture is intimately bound up with showing recognition of one’s relative position in the communicative context and with the maintenance of the social ranking order’ (Matsumoto 1988: 415). --- ‘since Japanese interactants must always explicitly show in the language they use how they view the social relationship, it is possible to maintain that all utterances in Japanese can be considered face-threatening’ (Matsumoto 1988: 419) --- ‘the Japanese politeness system places a higher value on recognition of the interpersonal relation than on mitigating impositions on freedom of action’ (Matsumoto 1988: 421) Critiche al modello di B&L --- Un esempio: la ‘faccia’ giapponese La parola giapponese che indica l’abilità di discernere la forma corretta di comportamento in ciascuna situazione è wakimae (discernimento). In Giappone, come in altre società orientali (Cina, Thailandia, Corea) il livello di cortesia dipende da tratti specifici dell’interazione sociale in corso, e non dallo status reciproco dei due interlocutori o dal fatto che siano entrambi appartenenti allo stesso network sociale. Critiche al modello di B&L --- In varie società asiatiche, inoltre, alcune delle strategie individuate da B&L (o alcune delle massime individuate da Leech) hanno una rilevanza maggiore rispetto ad altre: la modesty maxim, ad esempio, ha la precedenza sulla agreement maxim, e questo fatto spiega la tendenza a negare e rifiutare i complimenti: Critiche al modello di B&L --- Il concetto al centro delle critiche è sempre quello di negative face! --- La maggior parte dei critici di B&L propongono un ritorno al concetto goffmaniano di ‘faccia’ e alla sua dimensione collettiva e sociale. --- O’ Driscoll (1996): la nozione di faccia di B&L può essere mantenuta, perché riflette il dualismo proprio degli appartenenti alla razza umana (e che si suppone essere biologicamente determinato) tra il desiderio di ‘associarsi’ a un gruppo e il desiderio di ‘dissociarsene’. È però opportuno inserire una variabile culturedependent nel modello: il grado di ‘verticalità’ dei legami interpersonali all’interno di una società. Nelle società a prevalenza di legami verticali il desiderio di ‘associazione’ è più forte che nelle società a prevalenza di legami orizzontali. Critiche al modello di B&L Questioni aperte (da Watts 2006): --- Is Politeness Theory a production model, i.e. given a set of social facts, how will the speaker rationally select the ‘correct’ politeness strategy? --- Or is it a means to interpret polite behaviour after the event, as it were? --- Or is Politeness Theory in effect Face Theory? Critiche al modello di B&L Politeness o qualcos’altro? --- Immaginiamo che un docente rivolga a uno studente la frase in (1) durante un ricevimento, o che un giudice rivolga a un testimone la frase in (2): (1) Would you mind taking your feet off my desk? (2) Would you be so kind as to tell us where you were on the night of the thirteenth of January last? In entrambi i casi sono utilizzate delle formule tipiche della politeness, ma i rapporti di potere, in entrambi i casi, sono asimmetrici a vantaggio del parlante, che non avrebbe quindi bisogno di utilizzare una formula di cortesia. Necessità di tenere conto di altri fattori (ironia, linguaggio ritualizzato) Critiche al modello di B&L Può la politeness theory essere ridotta a una sorta di face theory? --- Dal momento che nel modello di B&L le strategie di politeness hanno lo scopo di riparare ai FTAs, secondo alcuni critici una teoria della politeness in quanto tale non avrebbe necessità di esistere: è sufficiente una teoria della faccia, in cui tutta l’attività conversazionale si riduce al concetto goffmaniano di face work. Una tassonomia delle manifestazioni di politeness Una tassonomia delle manifestazioni di politeness Una tassonomia delle manifestazioni di politeness Una tassonomia delle manifestazioni di politeness Problemi della tassonomia: eterogeneità, analiticità; non tutte le espressioni e le strategie elencate sono necessariamente (interpretate dai parlanti come) manifestazioni di politeness. Necessità di modelli più complessi, meno analitici Modelli complessi: Werkhofer, Watts Il modello di Werkhofer --- Una visione più complessa della politeness, che mira a superare il rischio di riduzione della politeness theory a una face theory è quella introdotta da Werkhofer, che paragona la politeness al denaro, e la definisce come “a mediating force between the individual and courses of action that appear to be sanctioned by social structures”. --- Come strumento ‘simbolico’, la politeness deriva le sue funzioni dall’associazione con qualcos’altro. --- Come strumento costituito “storicamente”, i valori che essa rappresenta e le funzioni che gioca nella prassi conversazionale sono continuamente in evoluzione, e sono oggetto di negoziazione continua. Modelli complessi: Werkhofer, Watts Il modello di Werkhofer Modelli complessi: Werkhofer, Watts The institutionalised setting in which ‘exchanges’ can be made and ‘currency’ can be converted is equivalent to the marketplace, in which the respective values are negotiated by the participants in the exchange. Some goods will have a relatively low value in the market while the value of others will be relatively high, and the values that are symbolically placed on those goods (including money) can fluctuate considerably over time. (Watts 2003, p. 151) La politeness è vista, in questo modello, come una parte del linguistic capital. Modelli complessi: Werkhofer, Watts Il modello di Werkhofer è ulteriormente rielaborato da Watts, che propone la nozione chiave di politic behaviour, che è alla base sia della politeness che della impoliteness: Politic behaviour accounts for the knowledge of which linguistic structures are expectable in a specific type of interaction in a specific social field. Modelli complessi: Werkhofer, Watts As long as the exchange proceeds within the framework of politic behaviour, the ‘payment’ will go largely unnoticed, but if it is not ‘paid’ it will almost certainly be noticed. Linguistic ‘payment’ in excess of what is required is open to interpretation as ‘polite’. --- Behaviour which is not part of the politic behaviour of an interaction type is ‘inappropriate’ and open to classification as ‘impolite’. --- Any linguistic behaviour which goes beyond the bounds of politic behaviour is open to potential classification as ‘polite’. The imputation of politeness to a linguistic structure, however, does not automatically mean that it will be given a positive evaluation. The opposite might easily occur. (Watts 2003: 161) Modelli complessi: Werkhofer, Watts Modelli complessi: Werkhofer, Watts Conseguenze: --- nessuna espressione linguistica è in sé polite; --- la politeness di un’espressione linguistica deriva unicamente dallo scambio conversazionale in corso: un’espressione è polite se va, per così dire, ‘oltre’ il politic behavior, --- la politeness non implica necessariamente una valutazione positiva da parte dell’interlocutore. Modelli complessi: Werkhofer, Watts Watts: due tipi di espressioni linguistiche; il secondo è più passibile del primo di essere interpretato come polite --- espressioni formulari --- espressioni semi-formulari Modelli complessi: Werkhofer, Watts Espressioni formulari: Esempi: --- terms of address, inclusi i nomi propri, gli appellativi e i titoli come sir, dr., dott., le strutture composte da titolo + cognome --- espressioni connesse ad atti linguistici specifici come ringraziare (very many thanks, thank you, thank you very much indeed) o scusarsi (excuse me) --- espressioni ritualizzate di saluto (bye, bye bye). Modelli complessi: Werkhofer, Watts Espressioni semi-formulari: Esempi: --- hedges, espressioni che indeboliscono la forza illocutiva di un’affermazione (I think, I don’t think, I mean, actually); --- marche di solidarietà, e altre espressioni che fanno appello alla conoscenza condivisa tra parlante e ascoltatore (you know); --- espressioni che rafforzano la forza illocutiva di un’affermazione (of course, clearly); --- strutture frasali che contengono verbi modali (may I ask you). Modelli complessi: Werkhofer, Watts Nell’ambito della conversazione, le espressioni semi-formulari non sono in genere percepite come manifestazioni esplicite di politeness, anche se la loro mancanza porta automaticamente a classificare il comportamento linguistico di un individuo come impolite. Nel caso non marcato, quindi, le espressioni semi-formulari sono parte del politic behavior. Soltanto un eccesso di espressioni semiformulari (ossia un loro uso oltre quanto è strettamente necessario per mantenere il politic behavior) rappresenta una marca esplicita di comportamento polite. Resta però il problema di definire chiaramente, sulla base del contesto conversazionale, il politic behavior, ossia il livello minimo necessario a garantire che il comportamento linguistico di uno dei due interlocutori non risulti impolite. Il modello di Watts rischia di cambiare semplicemente le etichette e chiamare politic behavior ciò che B&L chiamano politeness.