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Politeness - RSS Avvisi Corsi di Laurea

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Politeness - RSS Avvisi Corsi di Laurea
Linguistica applicata
Semantica e pragmatica in
prospettiva interculturale
Parte ottava – La pragmatica
interculturale: le nozioni di cortesia e
faccia
La politeness theory
--- Nella definizione della nozione di cortesia (politeness)
dobbiamo tenere ben distinte una dimensione “non-tecnica”,
che è quella sulla base della quale valutiamo, in maniera
impressionistica, un enunciato o un comportamento come
cortese/scortese, e una dimensione tecnica, che è alla base di
un approccio alla pragmatica interculturale che va sotto il
nome di politeness theory.
--- La politeness theory trova le sue prime formulazioni in
diversi lavori degli anni ‘70 di linguisti come Robin Lakoff,
Penelope Brown, Geoffrey Leech, Stephen C. Levinson, che
miravano all’estrapolazione di una nozione teorica astratta di
politeness, valida per lingue e culture diverse.
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
--- R. Lakoff (1973): la politeness come
“conflict avoidance” e come dimensione
“parallela” al principio di cooperazione di
Grice, in grado di spiegare molte delle
violazioni delle massime di Grice. Si articola
in tre regole: (i)‘don’t impose’; (ii) ‘give
options’; (iii) ‘make the other person feel
good, be friendly’.
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
--- Leech (1983): il principio di cooperazione ha un suo parallelo nel
principio di cortesia, articolato in quattro massime: tact maxim,
generosity maxim, approbation maxim, modesty maxim, agreement
maxim, sympathy maxim.
Tact maxim: ‘Minimize the expression of beliefs which imply cost to
other; maximize the expression of beliefs which imply benefit to other.’
You know, I really do think you ought to sell that old car. It’s costing more
and more money in repairs and it uses up far too much fuel
Generosity maxim: ‘Minimize benefit to self; maximize cost to self.’
You relax and let me do the dishes!
It’s none of my business really, but you look so much nicer in the green hat
than in the pink one. If I were you, I’d buy that one.
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
Approbation maxim: Minimize the expression of beliefs which
express dispraise of other; maximize the expression of beliefs
which express approval of other.
Gideon, I know you’re a genius - would you know how to solve
this math problem here?
Dear Aunt Mabel, I want to thank you so much for the superb
Christmas present this year. It was so very thoughtful of you.
I wonder if you could keep the noise from your Saturday parties
down a bit. I’m finding it very hard to get enough sleep over the
weekends.
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
Modesty maxim: Minimize the expression of praise of self;
maximize the expression of dispraise of self.
Well done! What a wonderful performance! I wish I could
sing as well as that.
Agreement maxim: Minimize the expression of disagreement
between self and other; maximize the expression of
agreement between self and other.
A: I don’t want my daughter to do this, I want her to do that.
B: Yes, but ma’am, I thought we resolved this already on your
last visit.
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
Sympathy maxim: Minimize antipathy between self and
other; maximize sympathy between self and other.
Despite very serious disagreements with you on a technical
level, we have done our best to coordinate our efforts in
reaching an agreement, but have so far not been able to find
any common ground.
Un problema aperto:
--- le nozioni di “costo”, “beneficio”, “apprezzamento/lode”,
“simpatia” sono universalmente valide o cambiano da cultura
a cultura e da situazione a situazione?
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
--- Leech introduce anche diverse ‘scale’ di misurazione della
(im)politeness: la scala costi-benefici; la scala dell’autorità e della
distanza sociale; la scala di opzionalità e la scala di (in)directness:
1)
2)
3)
4)
la scala costi-benefici richiede che il parlante valuti i costi (per
se stesso) e i benefici (per l’ascoltatore) del suo enunciato;
la scala dell’autorità richiede che il parlante valuti il proprio
diritto a imporsi sull’ascoltatore e il grado di familiarità che lo
lega all’ascoltatore;
la scala di opzionalità richiede che il parlante valuti il grado di
“libertà di scelta” che il suo enunciato impone all’ascoltatore;
la scala di (in)directness richiede che il parlante valuti il grado
di sforzo interpretativo che il suo enunciato comporta per
l’ascoltatore.
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
--- L’idea di base di Leech è che “certain immediate
illocutionary goals can compete with (e.g., in ordering),
coincide with (e.g., in offering), conflict with (e.g., in
threatening), or be indifferent to (e.g., in asserting), the
long-term social goals of maintaining comity and
avoiding friction.”
--- Queste visioni della cortesia mirano a una
caratterizzazione “generale” della cortesia come
dimensione pragmatica, disgiunta da considerazioni
storiche, socio-culturali e interazionali specifiche.
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
--- Brown & Levinson (1978 1987) sviluppano il modello
probabilmente più completo della cortesia, che presenta
significative differenze rispetto ai modelli di R. Lakoff e di
Leech.
--- In particolare, B&L sostengono che il principio di cortesia
ha uno statuto diverso rispetto al principio di cooperazione
di Grice: mentre quest’ultimo è perennemente in funzione
negli scambi linguistici, e agisce, per così dire, in maniera
“silente”, il principio di cortesia ha bisogno di essere espresso
in maniera linguisticamente “visibile” e “riconoscibile”.
Politeness – Cortesia: diverse concezioni
--- Un limite dei modelli precedenti è la mancanza di una teoria
sociologica del perché sia socialmente importante mantenere rapporti di
affabilità tra persone. B&L rimediano a questa mancanza proponendo (non
per primi) una nozione che diventerà fondamentale nella pragmatica
interculturale, la nozione di “faccia”.
--- Per B&L la cortesia è un aspetto della comunicazione “razionale” e
governato da regole, che consente “deviazioni” rispetto all’obiettivo
dell’efficienza comunicativa mirate prevalentemente al mantenimento
della coesione sociale attraverso la salvaguardia della faccia pubblica
dei soggetti che comunicano.
--- Prima di introdurre la visione di B&L della cortesia, è quindi
necessario introdurre la nozione di faccia, nella sua formulazione classica
e nella sua reinterpretazione proposta da Brown & Levinson.
La nozione di faccia
--- Il primo teorico della nozione di faccia è stato un sociologo
statunitense, Erving Goffman (1922-1982). Nella visione di
Goffman, “mantenere la faccia” non è l’obiettivo individuale
della comunicazione, ma il risultato di un adeguamento dei
soggetti che interagiscono tra loro a una sorta di “ordine rituale” :
faccia = “the positive social value a person effectively claims for
himself by the line others assume he has taken during a particular
contact, where a ‘‘line’’ is the interactants’ self and others’
evaluation” (Goffman 1967: 23)
ordine rituale = “acts through whose symbolic component the
actor shows how worthy he is of respect or how worthy he feels
others are of it” (Goffman, 1967: 19)
La nozione di faccia
faccia = “the positive social value a person effectively claims for
himself by the line others assume he has taken during a particular
contact, where a ‘‘line’’ is the interactants’ self and others’
evaluation” (Goffman 1967: 23)
La nozione goffmaniana di faccia è quindi la concettualizzazione
del proprio “sé” a cui ciascuno di noi arriva valutando il modo in
cui il proprio “sé” è “costruito” gli altri partecipanti alla
conversazione (o ad altri tipi di interazione sociale).
Line deve intendersi come “a pattern of verbal and nonverbal acts
by which he (=the speaker) expresses his view of the situation and
through this his evaluation of the participants, especially himself”
(Watts 2006: 123).
La nozione di faccia
Face, then, is a socially attributed aspect of self that is
temporarily on loan for the duration of the interaction in
accordance with the line or lines that the individual has
adopted. It is not our personal construction of the self,
although the different faces we are required to adopt in
different interactions do contribute towards that
construction. In many cases face may coincide with our
interpretation of the ritual role to be played in the
ongoing interaction, but this is by no means always the
case. If our constructed role remains relatively stable
across interactions it will result in a form of
institutionalisation of the self. (Watts 2006: p. 125)
La nozione di faccia
Face work = “the actions taken by a person to make whatever he is doing
consistent with face. Face work serves to counteract ‘‘incidents” -- that is,
events whose effective symbolic implications threaten face.”
--- Secondo Goffman, il face work comporta sia atti difensivi (che mirano
alla salvaguardia della propria faccia) che atti protettivi (che mirano alla
salvaguardia della faccia degli altri), i quali vengono in genere compiuti
simultaneamente e coesistono in ogni scambio conversazionale.
--- B&L enfatizzano il carattere difensivo della nozione di faccia, che
consiste negli atti che il parlante compie per salvaguardare la propria
identità a scapito di quella degli altri: il concetto chiave su cui B&L
insistono è pertanto il concetto di “imposizione” sull’ascoltatore, che
guida, a loro avviso, il comportamento linguistico umano. Si tratta, quindi,
di una visione più individualistica che sociale della “faccia”.
La nozione di faccia
--- La definizione di “faccia” di B&L:
• “the want of every member that his wants be desirable to at least
some others”
• “the positive consistent self-image or ‘personality’ (crucially
including the desire that this self-image be appreciated and
approved of) claimed by interactants”.
Faccia negativa: “the want of every ‘competent adult member’ [of
a society] that his actions be unimpeded by others”, “the basic
claim to territories, personal preserves, rights to non-distraction-i.e. the freedom of action and freedom from imposition”.
Faccia positiva: “desires to be liked, admired, ratified, and related
to positively”.
La nozione di faccia
La nozione di faccia e i face-threatening
acts (FTAs)
Differenza cruciale: la “faccia” di Goffman è mutevole e non
precostituita, la “faccia” di B&L è precostituita e fissa:
The Goffmanian ‘member’ makes a claim for a positive social value which
is constrained by the ‘line’ others interpret him to be taking during the
course of the interaction. That social value is dependent on the other
‘members’, and it can change from one moment to the next. It is an image
of the self constructed in accordance with social attributes approved by
others, and it may be unstable and changeable. It is reproduced and
modified in every instance of social interaction. The Brown--Levinsonian
‘member’, on the other hand, appears to have already constructed, prior
to the interaction, a self-image that s/he wants to be upheld by society. So
although a member’s self-image might be changeable, it is far less so than
Goffman’s positive social value. (Watts, Politeness, 2006, pp. 104-105)
La nozione di faccia e i face-threatening
acts (FTAs)
In other words, Brown and Levinson work from the
concept of wants based on what they call ‘personality’,
which an individual has developed prior to the
interaction, whereas Goffman works from a notion of
the ongoing construction of the individual’s selfimage contingent on social factors. Brown and
Levinson seem to be thinking of the self as a stable
core of values lodged somewhere in the individual,
whereas for Goffman self is far less ‘real’ and is
constantly renegotiable. (Watts, ibidem)
La nozione di faccia e i face-threatening
acts (FTAs)
Secondo B&L la nozione di “faccia” è universale, e nella
conversazione la “faccia” è continuamente “minacciata” da
quelli che definiscono come face-threatening acts (FTAs): si
tratta di atti verbali o para-verbali (uso di intonazione, di
gesti, ecc.) che minacciano la faccia del parlante o
dell’ascoltatore, andando in direzione opposta ai suoi desideri
e alla sua volontà di essere apprezzato.
Il parlante deve valutare la natura face-threatening dell’atto
linguistico che sta per compiere e stabilire se è opportuno o
meno mitigare la componente face-threatening. Esistono,
ovviamente, diverse scelte possibili…
La nozione di faccia e i face-threatening
acts (FTAs)
La nozione di faccia e i face-threatening
acts (FTAs)
Come si calcola il grado di “minaccia” di un atto
linguistico?
La formula proposta da B&L stabilisce che il peso (W) di
una minaccia x è una funzione del potere (P) esercitato
dall’ascoltatore (H) sul parlante (S), della distanza
sociale (D) tra parlante e ascoltatore e della valutazione
del rango (R) della minaccia x in una data cultura.
La politeness secondo Brown & Levinson
Che cos’è la politeness secondo Brown & Levinson?
La politeness è un insieme di strategie utilizzate dagli
interlocutori nella conversazione per garantire:
1. il bisogno universale degli individui di essere rispettati
e apprezzati all’interno di un gruppo sociale e il bisogno
che l’immagine di sé che un parlante ha costruito sia
accettata e sostenuta dagli altri;
2. il bisogno, altrettanto universale, di libertà di pensiero
e di azione e il diritto al territorio, in senso sia letterale
sia metaforico.
La politeness secondo Brown & Levinson
Data la presenza di una “faccia positiva” e di una “faccia
negativa”, è possibile distinguere strategie di positive
politeness e strategie di negative politeness.
Strategie di positive politeness:
La politeness secondo Brown & Levinson
La politeness secondo Brown & Levinson
La politeness secondo Brown & Levinson
La politeness secondo Brown & Levinson
Strategie di negative politeness:
La politeness secondo Brown & Levinson
La nozione di faccia e i face-threatening
acts (FTAs)
Strategie off-record: consistono nella violazione di una
massima di Grice allo scopo di far intuire all’ascoltatore
il FTA che si intende compiere:
Maxim of Relation (Give hints; Give association clues;
Presuppose)
Maxim of Quantity (Understate; Overstate; Use
tautologies)
Maxim of Quality (Use contradictions; Be ironic; Use
metaphors; Use rhetorical questions)
Maxim of Manner (Be ambiguous; Be vague; Overgeneralise; Displace H; Be incomplete, use ellipsis)
Critiche al modello di B&L
Secondo B&L, esistono delle differenze tra le diverse
culture riguardanti il potenziale di minaccia dei singoli
atti e la gestione dei rapporti di potere e della distanza
tra parlante e ascoltatore, mentre i meccanismi che
portano alle scelte del parlante di mettere in atto un FTA
(ed eventualmente di mitigarlo) sono considerati
comportamenti universali.
Questo aspetto della teoria di B&L è stato oggetto, tra
gli altri, di forti critiche nella letteratura successiva.
Critiche al modello di B&L
The most conspicuous criticism – paradoxically, for a model
aspiring to pancultural validity – was perhaps the charge of
ethnocentrism: the individualistic and agentivistic conception of
Brown and Levinson’s ‘model person’ did not seem to fit
‘collectivistic’ patterns of social organization, whereas their
notion of ‘face’ seemed to serve an atomistic rather than
interrelated notion of self. Going one step further, some
criticized Brown and Levinson’s emphasis on the ‘calculable’
aspects of expressive choice (and the idea that individuals can
manipulate these ‘volitionally’), to the expense of the socially
constrained or conventionalized indexing of politeness in some
linguacultures (especially, though not exclusively, those with rich
honorific repertoires) (B. Pizziconi, Politeness, in K. Brown
(ed.), Encyclopedia of Languages and Linguistics, 2006).
Critiche al modello di B&L
Critiche frequenti al modello di B&L:
--- ‘an overly pessimistic, rather paranoid view of human
social interaction’ (Schmidt 1980)
--- ‘social interaction becomes an activity of continuous
mutual monitoring of potential threats to the faces of the
interactants, and of devising strategies for maintaining the
interactants’ faces -- a view that if always true, could rob
social interaction of all elements of pleasure’ (Nwoye
1992)
--- ‘to be polite is to be face-caring means that all FTAs
are not polite, since they do not care for but threaten face,
hence they are impolite acts’ (Gu 1990)
Critiche al modello di B&L
Il problema del concetto di “cultura”: una nozione vuota?
--- in the politeness literature the term ‘culture’ ranges
from national groupings, through languages, genderspecific differences, social classes, subcultures
determined by interest groups, age groups, in-groups,
etc. and back to broad, sweeping notions such as
‘western European and North American culture’, ‘Asian
culture’. The number of ways in which the term ‘culture’
is used in the literature, mostly without any attempt to
define exactly what is meant by it, leads to the conclusion
that it is a vacuous notion (Watts 2006, p. 101)
Critiche al modello di B&L
Il problema del concetto di “cultura”:
--- la nozione di ‘faccia’ is not appropriate to ‘cultures’ in
which the individual is defined by virtue of her/his
membership in the social group. The criticism assumes that a
theory of politeness which stresses the choice of an individual
to use a politeness strategy is appropriate only to
individualistic societies but not to collectivist ones. If the
individual’s freedom of thought and action are constrained by
collectivist societies and his/her freedom to what one might
describe as ‘metaphorical territory’ is determined by the
social status that the individual has in the group, the notion of
negative face can have little or no meaning in those societies
(Watts, ibidem)
Critiche al modello di B&L
--- Un esempio: la ‘faccia’ cinese
--- ‘the Chinese negative face is threatened when self
cannot live up to what s/he has claimed, or when what
self has done is likely to incur ill fame or reputation’ (Gu
1990: 242).
--- ‘Chinese face encodes a reputable image that
individuals can claim for themselves as they interact with
others in a given community; it is intimately linked to
the views of the community and to the community’s
judgment and perception of the individual’s character
and behavior’ (Mao 1994: 460).
Critiche al modello di B&L
--- Un esempio: la ‘faccia’ giapponese
--- ‘preservation of face in Japanese culture is intimately
bound up with showing recognition of one’s relative position
in the communicative context and with the maintenance of the
social ranking order’ (Matsumoto 1988: 415).
--- ‘since Japanese interactants must always explicitly show in
the language they use how they view the social relationship, it
is possible to maintain that all utterances in Japanese can be
considered face-threatening’ (Matsumoto 1988: 419)
--- ‘the Japanese politeness system places a higher value on
recognition of the interpersonal relation than on mitigating
impositions on freedom of action’ (Matsumoto 1988: 421)
Critiche al modello di B&L
--- Un esempio: la ‘faccia’ giapponese
La parola giapponese che indica l’abilità di discernere la forma
corretta di comportamento in ciascuna situazione è wakimae
(discernimento). In Giappone, come in altre società orientali (Cina,
Thailandia, Corea) il livello di cortesia dipende da tratti specifici
dell’interazione sociale in corso, e non dallo status reciproco dei due
interlocutori o dal fatto che siano entrambi appartenenti allo stesso
network sociale.
Critiche al modello di B&L
--- In varie società asiatiche, inoltre, alcune delle strategie
individuate da B&L (o alcune delle massime individuate da Leech)
hanno una rilevanza maggiore rispetto ad altre: la modesty maxim,
ad esempio, ha la precedenza sulla agreement maxim, e questo fatto
spiega la tendenza a negare e rifiutare i complimenti:
Critiche al modello di B&L
--- Il concetto al centro delle critiche è sempre quello di negative
face!
--- La maggior parte dei critici di B&L propongono un ritorno al
concetto goffmaniano di ‘faccia’ e alla sua dimensione collettiva e
sociale.
--- O’ Driscoll (1996): la nozione di faccia di B&L può essere
mantenuta, perché riflette il dualismo proprio degli appartenenti alla
razza umana (e che si suppone essere biologicamente determinato)
tra il desiderio di ‘associarsi’ a un gruppo e il desiderio di
‘dissociarsene’. È però opportuno inserire una variabile culturedependent nel modello: il grado di ‘verticalità’ dei legami
interpersonali all’interno di una società. Nelle società a
prevalenza di legami verticali il desiderio di ‘associazione’ è più
forte che nelle società a prevalenza di legami orizzontali.
Critiche al modello di B&L
Questioni aperte (da Watts 2006):
--- Is Politeness Theory a production model, i.e.
given a set of social facts, how will the speaker
rationally select the ‘correct’ politeness
strategy?
--- Or is it a means to interpret polite behaviour
after the event, as it were?
--- Or is Politeness Theory in effect Face
Theory?
Critiche al modello di B&L
Politeness o qualcos’altro?
--- Immaginiamo che un docente rivolga a uno studente la frase in
(1) durante un ricevimento, o che un giudice rivolga a un testimone
la frase in (2):
(1) Would you mind taking your feet off my desk?
(2) Would you be so kind as to tell us where you were on the night of
the thirteenth of January last?
In entrambi i casi sono utilizzate delle formule tipiche della
politeness, ma i rapporti di potere, in entrambi i casi, sono
asimmetrici a vantaggio del parlante, che non avrebbe quindi
bisogno di utilizzare una formula di cortesia.
Necessità di tenere conto di altri fattori (ironia, linguaggio
ritualizzato)
Critiche al modello di B&L
Può la politeness theory essere ridotta a
una sorta di face theory?
--- Dal momento che nel modello di B&L le
strategie di politeness hanno lo scopo di
riparare ai FTAs, secondo alcuni critici una
teoria della politeness in quanto tale non
avrebbe necessità di esistere: è sufficiente
una teoria della faccia, in cui tutta l’attività
conversazionale si riduce al concetto
goffmaniano di face work.
Una tassonomia delle manifestazioni di
politeness
Una tassonomia delle manifestazioni di
politeness
Una tassonomia delle manifestazioni di
politeness
Una tassonomia delle manifestazioni di
politeness
Problemi della tassonomia: eterogeneità, analiticità;
non tutte le espressioni e le strategie elencate sono
necessariamente (interpretate dai parlanti come)
manifestazioni di politeness.
Necessità di modelli più complessi, meno analitici
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Il modello di Werkhofer
--- Una visione più complessa della politeness, che mira a
superare il rischio di riduzione della politeness theory a una
face theory è quella introdotta da Werkhofer, che paragona la
politeness al denaro, e la definisce come “a mediating force
between the individual and courses of action that appear to be
sanctioned by social structures”.
--- Come strumento ‘simbolico’, la politeness deriva le sue funzioni
dall’associazione con qualcos’altro.
--- Come strumento costituito “storicamente”, i valori che essa
rappresenta e le funzioni che gioca nella prassi conversazionale sono
continuamente in evoluzione, e sono oggetto di negoziazione
continua.
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Il modello di Werkhofer
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
The institutionalised setting in which ‘exchanges’ can be
made and ‘currency’ can be converted is equivalent to
the marketplace, in which the respective values are
negotiated by the participants in the exchange. Some
goods will have a relatively low value in the market
while the value of others will be relatively high, and the
values that are symbolically placed on those goods
(including money) can fluctuate considerably over time.
(Watts 2003, p. 151)
La politeness è vista, in questo modello, come una
parte del linguistic capital.
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Il modello di Werkhofer è ulteriormente
rielaborato da Watts, che propone la nozione
chiave di politic behaviour, che è alla base sia
della politeness che della impoliteness:
Politic behaviour accounts for the knowledge
of which linguistic structures are expectable in
a specific type of interaction in a specific
social field.
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
As long as the exchange proceeds within the framework of
politic behaviour, the ‘payment’ will go largely unnoticed, but
if it is not ‘paid’ it will almost certainly be noticed. Linguistic
‘payment’ in excess of what is required is open to interpretation
as ‘polite’.
--- Behaviour which is not part of the politic behaviour of an
interaction type is ‘inappropriate’ and open to classification as
‘impolite’.
--- Any linguistic behaviour which goes beyond the bounds of
politic behaviour is open to potential classification as ‘polite’.
The imputation of politeness to a linguistic structure, however,
does not automatically mean that it will be given a positive
evaluation. The opposite might easily occur. (Watts 2003: 161)
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Conseguenze:
--- nessuna espressione linguistica è in sé polite;
--- la politeness di un’espressione linguistica
deriva unicamente dallo scambio conversazionale
in corso: un’espressione è polite se va, per così
dire, ‘oltre’ il politic behavior,
--- la politeness non implica necessariamente una
valutazione positiva da parte dell’interlocutore.
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Watts: due tipi di espressioni
linguistiche; il secondo è più passibile del
primo di essere interpretato come polite
--- espressioni formulari
--- espressioni semi-formulari
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Espressioni formulari:
Esempi:
--- terms of address, inclusi i nomi propri, gli appellativi e i titoli
come sir, dr., dott., le strutture composte da titolo + cognome
--- espressioni connesse ad atti linguistici specifici come
ringraziare (very many thanks, thank you, thank you very much
indeed) o scusarsi (excuse me)
--- espressioni ritualizzate di saluto (bye, bye bye).
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Espressioni semi-formulari:
Esempi:
--- hedges, espressioni che indeboliscono la forza illocutiva di
un’affermazione (I think, I don’t think, I mean, actually);
--- marche di solidarietà, e altre espressioni che fanno appello alla
conoscenza condivisa tra parlante e ascoltatore (you know);
--- espressioni che rafforzano la forza illocutiva di un’affermazione
(of course, clearly);
--- strutture frasali che contengono verbi modali (may I ask you).
Modelli complessi: Werkhofer, Watts
Nell’ambito della conversazione, le espressioni semi-formulari non
sono in genere percepite come manifestazioni esplicite di politeness,
anche se la loro mancanza porta automaticamente a classificare il
comportamento linguistico di un individuo come impolite.
Nel caso non marcato, quindi, le espressioni semi-formulari sono
parte del politic behavior. Soltanto un eccesso di espressioni semiformulari (ossia un loro uso oltre quanto è strettamente necessario
per mantenere il politic behavior) rappresenta una marca esplicita di
comportamento polite.
Resta però il problema di definire chiaramente, sulla base del
contesto conversazionale, il politic behavior, ossia il livello minimo
necessario a garantire che il comportamento linguistico di uno dei
due interlocutori non risulti impolite. Il modello di Watts rischia di
cambiare semplicemente le etichette e chiamare politic behavior ciò
che B&L chiamano politeness.
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