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Quando i funghi lavorano… - Fito
ARBORICOLTURA Quando i funghi lavorano… li appunto l’uso di L’uso dei funghi funghi degradatori che degradano il del legno, consente legno e le possibili quindi, attraverso applicazioni biosvariati processi, tecnologiche ad escon costi contenuti si connesse sono e ridotte emissioni, studiate da molto di ottenere prodotti tempo nel settore alternativi e di midell’industria dei gliore qualità; tanprodotti forestali. tissime sono le I funghi sono popossibili applicatenziali agenti di zioni e i filoni di rimodificazioni nelle cerca che si stanno caratteristiche del sviluppando. legno grazie ai loro Si sente spesso parenzimi che in malare di bioremedianiera specifica e in tion, termine con il particolari condiquale si indica zioni vanno a del’applicazione di gradare alcuni processi biologici componenti, come per il trattamento cellulosa e lignina. dell’inquinamento; I miceti sono già alcuni di questi utilizzati in alcuni processi si avvalgoprocessi industriali, no dei funghi per come il biopulping, Il prof. Francis Schwarze durante un seminario ristabilire l’equilitecnologia svilupda noi organizzato negli anni scorsi brio in habitat napata in Finlandia e turali contaminati da un ampio poi negli Stati Uniti alla fine degli biente di inquinanti. anni '80, che sfrutta i funghi cario- I funghi sono impiegati con succes- spettro di inquinanti; i funghi lignigeni presenti in natura per trasfor- so anche in processi di decolora- nolitici sono in grado di degradare, mare trucioli di legno in pasta di zione di componenti della pasta di oltre che lignina, cellulosa ed emicellulosa da cui poi ottenere la car- cellulosa che devono essere rimos- cellulosa, vari composti quali idrota; il processo consente di ottenere si per migliorare la luminosità della carburi aromatici, clorofenoli, amun prodotto di alta qualità, rispar- carta di alta qualità; inizialmente mine, coloranti sintetici e pesticidi, miando l’energia richiesta nelle questi processi venivano effettuati tutti inquinanti ambientali e sono metodologie tradizionali ed evitan- con gas di cloro, ora abbandonati quindi impiegati anche nella bioconversione dei rifiuti vegetali. Le do l’impiego di prodotti chimici per motivi ambientali. con conseguente rilascio nell’am- L’impiego delle biotecnologie, qua- piante e i loro associati sono utiliz8 zati per efficaci azioni di risanamento di suoli impoveriti o contaminati: nella rizosfera di una pianta crescono e vivono circa 1.000.000 di funghi per grammo di suolo – senza contare micorrize, batteri e protozoi –, la cui crescita è stimolata dalle radici delle piante stesse; con la bioremediation si può andare a stimolare la crescita delle popolazioni di funghi indigene oppure inserire in maniera controllata microrganismi selezionati che aumentano, senza sostituire, le popolazioni locali, in modo da favorire l’eliminazione o la trasformazione di inquinati presenti nell’ambiente di interesse. Le applicazioni biotecnologiche dei funghi che alterano il legno sono oggetto di studio anche nel settore dell’ingegneria forestale, sfruttando la capacità e specificità delle singole specie fungine nella degradazione del legname. I funghi vengono perciò usati come “armi selettive diagnostiche” e grazie all’interazione tra alberi e patogeni è possibile ottenere diversi prodotti in opera con determinate e apprezzate caratteristiche. Già negli anni ‘60 in Germania, erano coltivati industrialmente funghi agenti di carie bianca (Trametes sp.), utilizzati poi principalmente su legno di faggio per le produzione di matite e righelli. Il prof. dr. Francis Schwarze, scienziato tedesco molto conosciuto anche in Italia dove già negli anni 90 propose, con Fito-consult, alcuni seminari focalizzati sulla biologia dei funghi agenti di carie, e attualmente direttore del reparto di Biotecnologia Applicata dell’EMPA - il laboratorio federale svizzero per la tecnologia del legno - ha indagato le possibili applicazioni di alcuni funghi. Tra questi oggetto di studi è stato il basidiomicete Physisporinus vitreus, agente di carie bianca, impiegato per ottenere prodotti industriali con un maggiore valore aggiunto. Per capire l’importanza dei suoi studi si pensi che in Svizzera, il 65% dei boschi è composto da abete rosso e da abete bianco, il cui legno, prima di poter essere impiegato all’esterno, richiede trattamenti con sostanze chimiche per prevenire il decadimento del legno stesso e l’attacco da parte di funghi. Alcune specie, come gli abeti appunto, sono refrattarie a questo tipo di trattamenti, per cui il loro legno prima di ogni altra lavorazione deve essere inciso per aumentare la distribuzione di queste sostanze chimiche con evidenti effetti sui costi produttivi. Questa incisione può essere fatta in maniera meccanica oppure, con un processo studiato da Schwarze, con l’uso delle biotecnologie. Il processo utilizza appunto il fungo Physisporinus vitreus, incubato in condizioni controllate con il legname delle specie da trattare. Dai risultati ottenuti, si deduce che l’agente di carie è in grado di indurre notevoli cambiamenti nella permeabilità del legno con il considerevole vantaggio però di lasciare inalterate le caratteristiche meccaniche ed estetiche del materiale, garantendone tutto il valore ed il pregio. Vi avevamo già parlato in uno dei nostri articoli di un particolare studio effettuato da Schwarze basato sul ricorso a specifici funghi cariogeni al fine di modificare la densità, insieme a altre caratteristiche fisiche, del legno utilizzato per la costruzione di strumenti musicali a corde, come ad esempio i violini. Normalmente il legno utilizzato per costruire strumenti musicali è trattato con colle e vernici particolari che rinforzano l’adesione tra gli strati di cellule e aumentano la densità del legno, riducendo così la velocità del suono. Schwarze, supportato da ricerche e studi specifici e dalla volontà di tradurre la ricerca teorica in applicazioni industriali, ha tentato un approccio alternativo per migliorare le proprietà acustiche del legno: sfruttare i meccanismi selettivi con cui alcuni organismi fungini degradano il legno per ridurne la sua densità. In questo progetto, il ricercatore ha impiegato specie legnose solitamente utilizzate per fabbricare violini di qualità, e cioè abete norvegese – Picea abies – e acero di monte – Acer pseudoplatanus – inoculati con Physisporinus vitreus. Una significativa alterazione delle proprietà acustiche del legno era evidente dopo 12 e 20 settimane dall’inoculo e poteva essere attribuita proprio ad una riduzione di densità; i violini costruiti con questo legname “trattato” dal fungo hanno dimostrato avere una qualità acustica e tonalità pari ai migliori violini utilizzati in musica classica, come quelli fabbricati da Antonio Stradivari! Il successo di questo esperimento potrebbe essere una rivoluzione nell’ambito della industria liutaia, suscitando l’interesse dell’opinione pubblica, dei fabbricanti di strumenti e degli amanti di musica. Grazie ai continui studi sulla loro attività trofica si possono prospettare svariati usi di questi organismi, utili in diversi settori produttivi oltre che nel naturale ciclo biologico del legno. 9