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Circolazione di titoli di debito e responsabilità degli investitori

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Circolazione di titoli di debito e responsabilità degli investitori
From the SelectedWorks of Valerio Sangiovanni
January, 2014
Circolazione di titoli di debito e responsabilità
degli investitori professionali
Valerio Sangiovanni
Available at: http://works.bepress.com/valerio_sangiovanni/204/
Opinioni
Mercati finanziari
Responsabilità degli investitori
Circolazione di titoli di debito
e responsabilità degli investitori
professionali
di Valerio Sangiovanni (*)
Il diritto societario contiene diverse disposizioni in materia di responsabilità civile: quelle più significative e
“classiche” concernono la responsabilità degli amministratori. Esiste peraltro, nel contesto della s.r.l., una
norma del tutto particolare che sancisce la responsabilità di soggetti esterni all’organizzazione societaria, e
segnatamente degli investitori professionali che cedono i titoli di debito emessi dalla s.r.l. Il legislatore vuole evitare che, mediante la cessione di detti titoli a soggetti non professionali, il rischio del finanziamento
d’impresa venga trasferito dalla società a terzi poco consapevoli dei pericoli che corrono.
Inquadramento sistematico
della fattispecie di responsabilità civile
fra il diritto societario e il diritto dei mercati
finanziari
L’art. 2483 c.c. prevede un’interessante fattispecie di
responsabilità civile, stabilendo che la s.r.l. possa
emettere titoli di debito (che possono essere sottoscritti solo da investitori professionali) e che - in caso di circolazione di detti titoli - chi li trasferisce risponde della solvenza della società (1). In questo articolo, premessi cenni sulla disciplina in generale
dei titoli di debito, ci soffermeremo in particolare in conformità alle caratteristiche di questa rivista
dedicata alla responsabilità civile - sulla disposizione
che statuisce la responsabilità degli investitori che
cedono tali titoli (2). Dal punto di vista sistematico
la norma si colloca sulla linea di confine fra le norme che disciplinano la responsabilità civile all’interno del diritto societario e le regole che disciplinano
la responsabilità civile nel contesto dell’intermediazione finanziaria.
Con riferimento alla responsabilità civile in ambito
“diritto societario”, non è questa certo la sede per
analizzare in dettaglio il complessivo regime di responsabilità all’interno della s.r.l. In via d’introduzione può però essere utile ricordare le principali disposizioni che, all’interno della disciplina di tale tipo societario, regolano fattispecie di responsabilità.
La s.r.l. è costellata di disposizioni che sanciscono
ipotesi di responsabilità civile. Già dalla definizione
di s.r.l. si ricava un’esclusione di responsabilità a
Danno e responsabilità 1/2014
vantaggio dei soci, nel senso che per le obbligazioni
sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio (art. 2462, comma 1, c.c.). L’altra grande teNote:
(*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee.
(1) Sui titoli di debito nella s.r.l. cfr. il volume di S. Patriarca, I titoli di debito nella s.r.l. tra opportunità e problemi interpretativi,
Milano, 2005. V. inoltre i contributi di P. Casali, I titoli di debito
nella società a responsabilità limitata, in Società, 2005, 1489 ss.;
A. Dalmartello, Sottoscrizione e circolazione dei titoli di debito di
società a responsabilità limitata, in Riv. dir. civ., 2011, II, 125 ss.;
I. Demuro, Alcune osservazioni sui titoli di debito nelle società a
responsabilità limitata, in Giust. civ., 2004, II, 519 ss.; D. Fico, Riflessioni sui titoli di debito emessi dalla s.r.l., in Società, 2010,
144 ss.; G. Guerrieri, I titoli di debito, in La nuova società a responsabilità limitata, a cura di M. Bione, R. Guidotti, E. Pederzini, Padova, 2012, 543 ss.; S. Luoni, Obbligazioni. Strumenti finanziari. Titoli di debito, Bologna, 2010, 415 ss.; M. B. Portale,
L’emissione dei titoli di debito e la rilevanza delle vicende sociali, in S.r.l. commentario, a cura di A. A. Dolmetta, G. Presti, Milano, 2011, 1001 ss.; S. Patriarca, Commento all’art. 2483, in Codice civile commentato, a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C.
Granelli, 4a ed., Milano, 2012, 6200 ss.; M. Stella Richter, Commento all’art. 2483, in Codice commentato delle società, a cura
di N. Abriani, M. Stella Richter, Torino, 2010, 2112 ss.; F. Tassinari, I titoli di debito nella società a responsabilità limitata, in Le
operazioni di finanziamento alle imprese, a cura di I. Demuro, Torino, 2010, 435; T. Tomasi, Commento all’art. 2483, in Commentario breve al diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, 2a
ed., Padova, 2011, 1321 ss.; G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, 2° vol., Milano, 2010, 1765.
(2) Specificamente sulla responsabilità in caso di circolazione di
titoli di debito cfr. V. Santoro, Garanzia della solvenza della società a responsabilità limitata in caso di circolazione di titoli di debito, in Dir. banca mer. fin., 2004, 507 ss.; D. Tommasini, La garanzia per la solvenza nel trasferimento dei titoli di debito della
società a responsabilità limitata, in Riv. dir. civ., 2007, II, 209 ss.
7
Opinioni
Mercati finanziari
matica di responsabilità è ovviamente quella che investe gli amministratori, i quali sono solidalmente
responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri a essi imposti dalla legge e
dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società (art. 2476, comma 1, c.c.) (3). Nella disciplina
della s.r.l. non viene peraltro risparmiato nemmeno
ai soci il rischio di rispondere civilmente, esistendo
una specifica disposizione che statuisce come sono
solidalmente responsabili con gli amministratori i
soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi (art. 2476, comma 7, c.c.) (4). Infine si
statuisce espressamente la responsabilità dei liquidatori, i quali debbono adempiere i loro doveri con la
professionalità e la diligenza richieste dalla natura
dell’incarico e la loro responsabilità per i danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri è disciplinata
secondo le norme in tema di responsabilità degli
amministratori (art. 2489, comma 2, c.c.) (5).
Tutte le norme che abbiamo elencato riguardano però la responsabilità della società (o dei soci o dei
componenti gli organi societari). L’art. 2483 c.c. si
caratterizza invece per disciplinare la responsabilità
di soggetti, gli investitori professionali, che si collocano al di fuori della società. Sotto questo profilo la
norma si avvicina più alle disposizioni concernenti la
responsabilità degli intermediari finanziari. Come è
noto, la regola cardine sulla responsabilità degli intermediari è l’art. 21 t.u.f.: la giurisprudenza ha affermato frequentemente la loro responsabilità - negli
ultimi anni - sulla base dell’inosservanza di tale disposizione, che contiene le c.d. “norme di comportamento”. Paradossalmente l’art. 21 t.u.f. non prevede
espressamente quale debba essere la conseguenza della violazione di dette regole di condotta. Non è dunque, quantomeno in modo diretto, una disposizione
sulla responsabilità, anche se la sua violazione determina senz’altro responsabilità civile nei confronti
degli investitori, come è stato statuito - dopo significativi disorientamenti giurisprudenziali - da un importante intervento della Corte di cassazione (6).
Ratio della disposizione
Dobbiamo interrogarci sulle ragioni di una disposizione che prevede la responsabilità del cedente in
caso di circolazione di titoli di debito. Per comprendere il senso della norma bisogna riflettere sul fatto
che la s.r.l. è un tipo societario tendenzialmente destinato a compagini sociali limitate numericamente,
in cui vi è frequentemente coincidenza fra soci e
amministratori, con meno obblighi di trasparenza
8
nei confronti del pubblico di quanto avvenga nella
s.p.a.
Gli obblighi informativi verso il pubblico sono particolarmente stringenti nel caso di società quotate e in
quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (art. 2325-bis c.c.). Già in una “comune” s.p.a.
vi è meno trasparenza e la stessa emissione di obbligazioni in detto tipo societario è soggetta ad alcune
Note:
(3) In materia di responsabilità degli amministratori di s.r.l. cfr. in
particolare i volumi di R. Mangano, La responsabilità degli amministratori di srl, Milano, 2011; M. Mozzarelli, Responsabilità
degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., Torino, 2007.
(4) Fra i più recenti contributi concernenti la responsabilità dei
soci gestori nella s.r.l. v. R. Colombo, Prime pronunce in tema di
responsabilità del socio ex art. 2476, comma settimo, c.c., in
Giur. comm., 2011, II, 162 ss.; G. Giuffrida, La responsabilità dei
soci nella s.r.l., in Società, 2011, 405 ss.; C. Limatola, Note sulla
responsabilità del socio ex art. 2476, 7° comma, c.c., in Riv. dir.
soc., 2011, II, 897 ss.; V. Meli, La responsabilità dei soci nella
s.r.l.: ambito di applicazione e presupposti di azionabilità, in Società, 2010, 1455 ss.; C. Pecoraro, Dal titolo al regime della responsabilità deliberativa del socio di s.r.l.: brevi note di commento ad una pronuncia giurisprudenziale, in Giur. comm., 2011,
II, 1454 ss.; V. Sangiovanni, La responsabilità del socio di s.r.l., in
Resp. civ., 2011, 531 ss.; D. Scarpa, Responsabilità di amministratori e soci nella s.r.l. tra concorrenza gestionale e informazione endosocietaria, in questa Rivista, 2010, 5 ss.; O. Sepe, La responsabilità dei soci di s.r.l. per gli atti di gestione, in Notariato,
2011, 429 ss.; A. Zanardo, L’estensione della responsabilità degli amministratori di s.r.l. per mala gestio ai soci “cogestori”: luci e ombre della disposizione dell’art. 2476, comma 7, c.c., in
Riv. soc., 2009, 498 ss.
(5) Sulla responsabilità dei liquidatori cfr. M. P. Ferrari, Responsabilità del liquidatore di una società a r.l. per omessa considerazione di un debito, in Società, 2009, 1045 ss.; F. Moietta, Responsabilità del liquidatore e tutela risarcitoria del terzo direttamente danneggiato, in Giur. comm., 2008, II, 445 ss.; V. Sangiovanni, Cancellazione delle società di capitali e responsabilità di
soci e liquidatori, in questa Rivista, 2011, 1133 ss.; V. Vitale, Cancellazione di società di capitali, creditori sociali insoddisfatti e responsabilità dei liquidatori, in Dir. giur., 2009, 619 ss.; A. Zagarese, Sopravvenienze passive e responsabilità del liquidatore ex
art. 2456 c.c., in Giur. comm., 2002, II, 379 ss.
(6) Si tratta di Cass., 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725, in
questa Rivista, 2008, 525 ss., con note di V. Roppo e di F. Bonaccorsi; in Contratti, 2008, 221 ss., con nota di V. Sangiovanni;
in Corr. giur., 2008, 223 ss., con nota di V. Mariconda; in Dir.
banca merc. fin., 2008, 691 ss., con nota di F. Mazzini; in Dir.
giur., 2008, 407 ss., con nota di A. Russo; in Giur. comm., 2008,
II, 604 ss., con nota di F. Bruno, A. Rozzi; in Giust. civ., 2008, I,
2775 ss., con nota di T. Febbrajo; in Società, 2008, 449 ss., con
nota di V. Scognamiglio. Più precisamente tali decisioni hanno
affermato il principio di diritto per cui la violazione dei doveri
d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d’investimento finanziario può dar luogo a
responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni avvengano nella fase
precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d’intermediazione finanziaria destinato a regolare i successivi rapporti fra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto
contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d’intermediazione finanziaria.
Danno e responsabilità 1/2014
Opinioni
Mercati finanziari
limitazioni. Si pensi al rapporto fra valore delle obbligazioni, da un lato, e capitale e riserve, dall’altro,
che deve essere rispettato, salvo - appunto - il caso di
sottoscrizione da parte di investitori professionali
(art. 2412 c.c.). Il tipo societario s.r.l. accentua questi problemi di mancanza di trasparenza e acuisce
dunque la necessità che il soggetto che si interfaccia
con la società, al fine di effettuare un investimento,
sia in grado di valutare preventivamente tutti i profili di rischiosità connessi con il medesimo. Di qui una
maggiore severità rispetto a quanto avviene nel caso
di emissione di obbligazioni nella s.p.a., prevedendosi nella s.r.l. necessariamente una prima sottoscrizione a opera di investitori professionali.
Le emissioni di titoli di debito nella s.r.l. difficilmente possono raggiungere somme economiche ingenti. È vero che la delibera CICR del 2005 prevede, all’art. 3, una soglia minima di valore all’emissione di titoli di debito (50.000 euro) (7). Essendo
tuttavia le s.r.l. destinate tipicamente ad attività imprenditoriali piccole (o al più medie), difficilmente
l’ammontare dell’emissione potrà raggiungere livelli
elevati. In un’altra prospettiva va considerato che
l’investitore professionale, nel fare credito alla società, esige una determinata patrimonializzazione
della società (e adeguate garanzie di rimborso), con
l’effetto che - in definitiva - la possibilità di emettere con successo titoli di debito rimane riservato a
s.r.l. di una certa dimensione.
Se è vero che difficilmente le emissioni di titoli di
debito nella s.r.l. possono raggiungere somme elevate, ne consegue altresì che è difficile che si crei un
mercato liquido di tali titoli. L’investitore non professionale che li avesse acquistati potrebbe pertanto
trovarsi in difficoltà a cedere i titoli. Il legislatore
non vuole che si realizzi una situazione del genere:
considerata la scarsa competenza ed esperienza in
materia di mercati finanziari, l’investitore non professionale potrebbe acquistare i titoli senza reale consapevolezza dei rischi connessi rimanendo “imprigionato” nel ruolo di creditore della s.r.l. La funzione di
garanzia dell’investitore professionale nei confronti
di quello non professionale statuita dall’art. 2483 c.c.
è in definitiva un meccanismo che agevola la circolazione e dunque il disinvestimento (8).
Cenni all’emissione dei titoli di debito
Prima di occuparci in dettaglio dei problemi di responsabilità posti dalla circolazione dei titoli di debito, è utile accennare alle regole dettate dal codice
civile per la loro emissione.
La s.r.l. non conosce l’istituto delle obbligazioni so-
Danno e responsabilità 1/2014
cietarie, ma la diversa fattispecie dei titoli di debito.
Nella s.p.a. vengono invece disciplinate, anche in
dettaglio, le obbligazioni (art. 2410 ss. c.c.). Non è
questa la sede per analizzare le differenze fra i due istituti, anche se ad alcune di esse faremo riferimento
nel prosieguo dell’esposizione. Basterà qui rilevare
che sia le obbligazioni sia i titoli di debito perseguono un identico obiettivo: offrire uno strumento di finanziamento dell’impresa societaria. I canali classici
di finanziamento sono i soci (mediante aumenti di
capitale oppure finanziamenti) oppure le banche
(mediante l’erogazione di credito in tutte le sue forme). Il legislatore desidera però che le società possano rivolgersi direttamente al mercato dei capitali e
ha esteso tale possibilità dalla s.p.a. (dove esisteva
già prima della riforma del 2003, sotto forma di emissione di obbligazioni) alle s.r.l. Prima della riforma la
s.r.l. che avesse voluto avere accesso a finanziamenti
di terzi diversi da quelli di tipo bancario doveva prima trasformarsi in s.p.a., con un passaggio che implicava dei costi, sia per la trasformazione in sé sia per i
maggiori oneri che la gestione di un tipo societario
più complesso come la s.p.a. implica (9).
Che l’emissione di titoli di debito costituisca una
modalità di finanziamento della società è fuori di
dubbio: la società assume il ruolo di debitore nei
confronti dei creditori (i soggetti che sottoscrivono
i titoli di debito) e si impegna, alla scadenza, a restituire la somma originariamente prestata. Dal carattere di “finanziamento” (si usa qui il termine in senso atecnico rispetto alla fattispecie del finanziamento soci disciplinata nell’art. 2467 c.c.) consegue che
l’emissione di titoli di debito configura un’ipotesi di
raccolta del risparmio, con applicazione della menzionata delibera CICR del 2005. L’art. 3 delibera
CICR statuisce espressamente che costituiscono
strumenti finanziari di raccolta del risparmio le obbligazioni, i titoli di debito e gli altri strumenti finanziari che, comunque denominati, contengono
un obbligo di rimborso.
Note:
(7) L’emissione di titoli di debito, configurando raccolta di risparmio da parte di soggetti diversi dalle banche, è disciplinata anche
da CICR, Deliberazione 19 luglio 2005. Raccolta del risparmio da
parte di soggetti diversi dalle banche, in www.bancaditalia.it.
(8) Sulla finalità d’incentivare la creazione di un mercato secondario composto da investitori professionali, sulla illiquidità delle
emissioni di titoli di debito e sulla funzione di agevolatore del disinvestimento affidata all’investitore professionale garante cfr.
A. Dalmartello, op. cit., 145.
(9) Il vantaggio consistente nell’evitare di dover procedere a una
trasformazione è sottolineato da Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 5957/I. Titoli di debito: regime di responsabilità e limiti nella circolazione, 12 novembre 2005, in www.notariato.it, 9.
9
Opinioni
Mercati finanziari
Diversamente da quanto avviene nella s.p.a., nel
contesto delle s.r.l. la legge stabilisce che - se l’atto
costitutivo lo prevede - la società può emettere titoli di debito (art. 2483, comma 1, c.c.). Occorre dunque, anzitutto, una previsione espressa nell’atto costitutivo. Bisogna peraltro rilevare che, nella quasi
totalità dei casi, gli atti costitutivi contengono
un’apposita clausola che consente l’emissione di titoli di debito. Il notaio che assiste le parti nella costituzione della società utilizza quasi sempre dei modelli che prevedono tale facoltà: in questo modo si
consente fin dall’inizio alla società d’indebitarsi con
il meccanismo che stiamo analizzando; altrimenti
sarebbe necessario procedere prima a una modificazione dell’atto costitutivo. Più in generale si può affermare che, salvo particolari esigenze dei soci, un
atto costitutivo “standard” dovrebbe consentire fin
dall’inizio l’esercizio delle principali facoltà che la
legge riconosce subordinatamente a previsioni statutarie (10).
La legge prevede altresì che l’atto costitutivo attribuisce la competenza a emettere titoli di debito ai
soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie
per la decisione (art. 2483, comma 1, periodo 2,
c.c.). La disposizione si caratterizza per flessibilità,
prevedendo che la decisione relativa all’emissione
possa essere rimessa ai soci oppure agli amministratori. In linea di principio è sensato attribuire la competenza ai soci, considerato che - essendo i titolari
delle partecipazioni sociali - sono coloro che reggono il rischio d’impresa. La scelta statutaria di attribuire agli amministratori la possibilità di emettere
titoli di debito significa, per i soci, delegare un significativo potere in merito al futuro finanziamento
della società. Bisogna peraltro rilevare che, nella
s.r.l., la distinzione fra soci e amministratori ha meno importanza che nella s.p.a., in quanto le s.r.l.
vengono frequentemente utilizzate per attività imprenditoriali piccole: si tratta di società in cui soci e
amministratori spesso sono le stesse persone (11).
Per il resto l’atto costitutivo può determinare i dettagli delle future emissioni. Ad esempio possono essere fissate le maggioranze per la decisione. Sotto
questo profilo si può limitare l’eventuale potere degli amministratori, affidando sì a questi il potere di
emettere titoli di debito, ma - ad esempio - prevedendo contestualmente che la decisione debba essere assunta all’unanimità.
L’atto costitutivo ha altresì il potere di determinare,
come si esprime letteralmente la legge, gli eventuali
“limiti” all’emissione. Forse il testo legislativo intende con tale espressione le limitazioni di ordine quan-
10
titativo all’emissione. Al riguardo si può evidenziare, nel confronto con il regime delle obbligazioni
nella s.p.a., una significativa differenza. Per le obbligazioni sussistono difatti dei limiti quantitativi alle
emissioni: deve trattarsi di somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili (art. 2412,
comma 1, c.c.). Tale limite (o un limite simile) non
è riprodotto nel contesto del titoli di debito della
s.r.l., con la conseguenza che una s.r.l. potrebbe teoricamente indebitarsi senza limiti. L’effetto rischio
per i creditori è peraltro attenuato dal fatto che i titoli di debito possono essere sottoscritti solo da investitori professionali, tanto è vero che i limiti previsti nella s.p.a. per le obbligazioni possono essere
superati nell’analogo caso di obbligazioni destinate a
investitori professionali (art. 2412, comma 2, c.c.).
In assenza di un limite “legislativo” al valore dei titoli di debito emettibili, è auspicabile che qualche
forma di limite “pattizio” sia inserita - se non nell’atto costitutivo - quantomeno nella decisione di
emissione (12).
Una volta che l’atto costitutivo legittima in generale l’emissione di titoli di debito, si tratta poi - all’occorrenza - di procedere alle singole emissioni. Per la
decisione di emissione non è richiesto l’atto notarile, diversamente da quanto avviene per la deliberazione di emissione delle obbligazioni nella s.p.a., la
quale deve risultare da verbale redatto da notaio
(art. 2410, comma 2, c.c.).
Alcune regole sono dettate con riferimento alle
operazioni di emissione. La legge stabilisce in particolare che la decisione di emissione dei titoli prevede le condizioni del prestito e le modalità del rimborso (art. 2483, comma 3, periodo 1, c.c.). Congiuntamente le condizioni del prestito e le modalità
del rimborso costituiscono il c.d. “regolamento di
emissione”, ossia il complesso di regole che discipliNote:
(10) Potrebbe però accadere che l’atto costitutivo sia “silente in
merito all’emissione di titoli di debito. Se si procede ciò nonostante all’emissione (senza prima procedere a una modificazione
dell’atto costitutivo, come sarebbe corretto fare), si ha l’effettuazione di un’operazione che non è autorizzata dagli strumenti
statutari. In questo caso la decisione, sia essa assunta dai soci o
degli amministratori, è impugnabile: in questo senso T. Tomasi,
op. cit., 1322.
(11) Può capitare che l’atto costitutivo preveda l’emissione di titoli di debito, ma non specifichi se la competenza per la decisione di emissione sia in capo ai soci oppure agli amministratori. In
questo caso vi è stata un’omissione del notaio, il quale avrebbe
dovuto segnalare ai soci la necessità di determinare tale competenza. Si può allora pensare di procedere a una modificazione
dell’atto costitutivo.
(12) Così S. Patriarca, Commento all’art. 2483, cit., 6202.
Danno e responsabilità 1/2014
Opinioni
Mercati finanziari
nano tutti i dettagli di quella specifica operazione di
finanziamento. Le condizioni del prestito sono in realtà determinate più che altro dalle condizioni di
mercato e non sono dunque rimesse alla discrezionalità dei soci (o degli amministratori) chiamati a
prendere la decisione. Ciò è ancora più vero in
quanto i titoli di debito vengono sottoscritti da investitori professionali, i quali sono disponibili a concedere il finanziamento solo se vengono applicate le
condizioni di mercato di volta in volta esistenti. Il
testo del regolamento di emissione deve anzitutto
prevedere l’ammontare del finanziamento. Al riguardo va tenuto presente che la delibera CICR stabilisce che i titoli di debito sono emessi con un taglio minimo unitario non inferiore a euro 50.000
(art. 5, comma 1, delibera CICR). Il regolamento di
emissione specifica inoltre i dettagli dell’obbligo di
restituzione del capitale e degli interessi così come
pattuiti fra le parti sulla base delle condizioni di
mercato. Gli interessi possono essere calcolati con le
modalità più diverse (in particolare si può optare per
un tasso fisso oppure variabile). Per quanto riguarda
le modalità di rimborso dei titoli di debito, si può
prevedere una restituzione a rate oppure una restituzione di tutto il capitale alla scadenza.
La riserva di sottoscrizione agli investitori
professionali
La prima importante disposizione rilevante ai fini
della responsabilità civile degli investitori professionali consiste in una riserva di legge: il testo legislativo prevede difatti che i titoli di debito possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali
soggetti a vigilanza prudenziale (art. 2483, comma 2,
periodo 1, c.c.). La ratio della disposizione è quella di
assicurare che solo persone in grado di comprendere
i rischi connessi all’investimento procedano al compimento dell’operazione. Viceversa gli investitori
non professionali devono essere esclusi per legge
dall’investimento, almeno nella fase iniziale della
sottoscrizione, in quanto esso può comportare rischi
troppo elevati.
Bisogna comprendere cosa intenda la legge con
l’espressione di “investitori professionali”. I principali testi normativi a disciplina della materia degli
investimenti non contengono riferimenti a detta
nozione: né il t.u.f. né il regolamento emittenti né il
regolamento intermediari regolano la figura dell’“investitore professionale”. Si è correttamente osservato che, sotto questo profilo, il testo normativo
è ambiguo (13) o - verrebbe da aggiungere - quantomeno scarsamente coordinato con gli altri testi nor-
Danno e responsabilità 1/2014
mativi. Del resto, la materia degli investimenti è stata oggetto di numerose modificazioni nel corso degli
ultimi anni e non è sempre facile assicurare il perfetto coordinamento fra tutti i testi vigenti (14).
Allo stato attuale della nostra normativa la definizione più vicina a quella di “investitore professionale” pare essere quella di “cliente professionale” di cui
all’art. 26 reg. intermediari, il quale rinvia al suo allegato n. 3. Secondo detto allegato per cliente professionale si intende un cliente che possiede l’esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per
prendere consapevolmente le proprie decisioni in
materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume. Dal momento che questa definizione è connotata da una certa indeterminatezza,
il regolamento intermediari si premura d’introdurre
alcune specificazioni, distinguendo in particolare fra
i clienti professionali di diritto e i clienti professionali su richiesta.
Per quanto concerne i clienti professionali di diritto, il regolamento intermediari ne prevede una tripartizione, considerando come tali: i soggetti che
sono tenuti a essere autorizzati o regolamentati per
operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o
stranieri (15); le imprese che presentano a livello
di singola società determinati (significativi) requisiti dimensionali (16); gli investitori istituzionali la
cui attività principale è investire in strumenti finanziari.
Per quanto riguarda i clienti professionali su richiesta, il regolamento intermediari esige che soddisfino
almeno due dei seguenti tre requisiti: il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul
mercato con una frequenza media di 10 operazioni al
trimestre nei quattro trimestri precedenti; il valore
del portafoglio di strumenti finanziari del cliente,
inclusi i depositi in contante, deve superare 500.000
Note:
(13) G. Guerrieri, op. cit., 557.
(14) In particolar modo va segnalato che l’art. 15 d.lgs. n.
164/2007 ha sostituito, nell’art. 100-bis t.u.f., l’espressione “investitori professionali” con quella di “investitori qualificati”.
(15) Si tratta di banche, imprese di investimento, altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati, imprese di assicurazione, organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi, fondi pensione e società di gestione di tali fondi, negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci,
soggetti che svolgono esclusivamente la negoziazione per conto proprio su mercati di strumenti finanziari e che aderiscono indirettamente al servizio di liquidazione nonché al sistema di
compensazione e garanzia, altri investitori istituzionali, agenti di
cambio.
(16) Devono essere soddisfatti almeno due dei seguenti tre requisiti: totale di bilancio 20 milioni di euro; fatturato netto 40 milioni di euro; fondi propri 2 milioni di euro.
11
Opinioni
Mercati finanziari
euro; il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti.
Gli investitori professionali devono essere soggetti a
vigilanza prudenziale. Il testo unico bancario specifica che, a fini di tutela del risparmio, gli investitori
professionali che ai sensi del codice civile rispondono della solvenza della società per le obbligazioni e i
titoli di debito devono rispettare idonei requisiti patrimoniali stabiliti dalle competenti autorità di vigilanza (art. 11, comma 4-quinquies, t.u.b.).
La circolazione dei titoli di debito
La disposizione su cui vogliamo concentrare la nostra attenzione è quella secondo cui, in caso di successiva circolazione dei titoli di debito, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima (art.
2483, comma 2, periodo 2, c.c.).
Anzitutto va tenuta distinta la originaria “sottoscrizione” dei titoli di debito dalla successiva “circolazione”. Come abbiamo visto, la sottoscrizione è riservata agli investitori professionali. Una volta che
è avvenuta tale sottoscrizione, non esiste un divieto
di circolazione dei titoli di debito; al contrario la
legge, pur non statuendo espressamente un vero e
proprio diritto in capo ai primi sottoscrittori di far
circolare i titoli di debito, va interpretata nel senso
che essi possano essere trasferiti (ferma restando la
responsabilità del cedente).
Dal momento che la “sottoscrizione” è riservata a investitori professionali, ci si deve chiedere quale sia
l’effetto di una sottoscrizione effettuata da soggetti
diversi. Tali soggetti diversi possono essere i soci della società oppure investitori non professionali. Per
quanto riguarda i soci, l’operazione di sottoscrizione
dei titoli deve reputarsi nulla in quanto posta in essere in violazione di un divieto di legge. Tuttavia la dazione di danaro nei confronti della società potrebbe
rimanere in forza se venisse qualificata in altro modo,
e segnatamente come finanziamento dei soci ai sensi
dell’art. 2467 c.c. Ad analoga conclusione si può
giungere per quanto riguarda gli investitori non professionali: anche in questo caso l’operazione di sottoscrizione deve reputarsi nulla per violazione di legge.
In altre parole bisogna distinguere fra il mercato primario (riservato necessariamente a investitori professionali) e il mercato secondario (in cui è consentito che intervengano investitori non professionali)
dei titoli di debito. Sul mercato primario non è pos-
12
sibile collocare i titoli direttamente a investitori
non professionali, in quanto la legge reputa troppo
rischiosa tale operazione. Il legislatore disciplina invece espressamente la circolazione dei titoli di debito sul mercato secondario, senza vietarla, ma ponendovi dei limiti in termini di responsabilità dei soggetti cedenti.
Se è nulla la sottoscrizione originaria dei titoli di debito (in quanto non effettuata da investitori professionali), devono considerarsi nulle anche le successive cessioni.
Per quanto riguarda l’identificazione dei soggetti a
cui possono essere venduti i titoli di debito, si tratta
di altri investitori professionali oppure dei soci della
società oppure di terzi. Nel caso di trasferimento dei
titoli ad altri investitori professionali, non si pongono particolari problemi. A un primo gruppo di investitori professionali si sostituisce un secondo gruppo
di investitori professionali: sia i primi sia i secondi
presentano le stesse caratteristiche di competenza e
non necessitano di particolare tutela.
Il caso particolare del trasferimento
dei titoli ai soci
Anche nel caso di trasferimento dei titoli di debito ai
soci della società non si pongono, in linea di principio, particolari problemi. Il socio diventa titolare del
titolo di debito e assume pertanto la posizione di creditore della società alla restituzione della somma incorporata nel titolo di debito. La ratio di tutela che
sta alla base della garanzia per la solvenza nel caso di
circolazione di titoli di debito (e cioè la protezione
del soggetto scarsamente informato rispetto ai rischi
di un indebitamento) non sussiste nel caso di specie,
almeno in linea di principio, in quanto il socio si può
presumere informato sui rischi che assume finanziando la società. A ben vedere non è tanto il socio quanto piuttosto l’amministratore a disporre di accurate
informazioni sulla situazione economica, finanziaria
e patrimoniale della società. Abbiamo però già rilevato sopra come frequentemente, nella s.r.l., vi sia
coincidenza personale fra soci e amministratori. Nel
caso in cui il socio non sia amministratore, esso vanta comunque un ampio diritto di controllo e informazione (art. 2476, comma 2, c.c.) (17). Mediante
Nota:
(17) Sui diritti di informazione e controllo del socio nella s.r.l. cfr.
le opere di G. Fernandez, I poteri individuali di controllo del socio
non amministratore nella “nuova” s.r.l., Padova, 2010; R. Guidotti, I diritti di controllo del socio nella s.r.l., Milano, 2007; C.
Montagnani, Informazioni e controlli nelle nuove società a responsabilità limitata, Padova, 2008; D. Scarpa, Processi decisionali, controllo e tutela dei soci nella s.r.l., Padova, 2011.
Danno e responsabilità 1/2014
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l’esercizio di tale diritto, il quotista può raccogliere
quei dati che gli consentono di valutare la convenienza dell’operazione. A seconda delle sue valutazioni potrà decidere di investire (ulteriormente) nella società, rilevando i titoli, oppure di non investire.
Nella s.r.l. i soci sono dunque esclusi dalla copertura
della garanzia per la solvenza della società nel caso
acquistino i titoli di debito: l’investitore professionale che ha trasferito loro i titoli cessa di rispondere.
Questa scelta legislativa è stata invero oggetto di
qualche critica in dottrina, essendosi sottolineato
come sarebbe stato opportuno distinguere in relazione alle caratteristiche dei singoli soci (18). I quotisti
che non sono amministratori e che detengono una
partecipazione del tutto minoritaria sono, per certi
versi, assimilabili ai terzi: nel sottoscrivere i titoli di
debito si espongono a un rischio di cui, generalmente, non hanno una reale consapevolezza; non sarebbe pertanto incongruo - secondo questa impostazione - estendere loro la garanzia di tutela per il caso
d’insolvenza della società. L’argomento è degno di
attenzione, ma nella sua portata pratica va ridimensionato considerando che, generalmente, il socio del
tutto minoritario non avrà alcuna intenzione di sottoscrivere titoli di debito e, se lo farà, si limiterà a
una sottoscrizione proporzionale alla sua partecipazione sociale. Il rischio però sussiste e si potrebbe
avere l’ipotesi estrema di un socio che, pur detenendo una quota del tutto minoritaria, acquista per
somma ingente titoli di debito, finendo così - di fatto - per reggere il rischio d’impresa.
Il fatto che, a un certo punto, i titoli di debito - dopo
essere passati da investitori professionali - “giungano” nelle mani degli stessi soci della s.r.l. pone qualche problema di coordinamento con la disposizione
dell’art. 2467 c.c. I soci che rilevano i titoli di debito
assumono la posizione di creditori della società, come se avessero effettuato un finanziamento alla medesima; essi pertanto vantano un diritto di credito
nei confronti della società alla restituzione del capitale e degli interessi (19). Come è noto, l’art. 2467
c.c. consente i finanziamenti dei soci alla società, ma
li vede con una certa diffidenza, statuendo che il diritto alla restituzione delle somme è postergato alla
soddisfazione degli altri creditori. Nel caso dei titoli
di debito non esiste invece una disposizione che statuisce espressamente tale effetto. Ne consegue che i
soci che vogliono finanziare la società evitando l’applicazione dell’art. 2467 c.c. potrebbero strutturare
l’operazione nel modo che segue: emettere titoli di
debito che vengono sottoscritti da investitori professionali e successivamente rilevare tali titoli.
Formalmente l’operazione illustrata appare corretta.
Danno e responsabilità 1/2014
L’operazione potrebbe tuttavia essere ritenuta in frode alla legge, e - più precisamente - in frode all’art.
2467 c.c. Al riguardo si potrebbe peraltro ritenere
che, nella nozione di “finanziamento” di cui all’art.
2467 c.c., rientri anche l’emissione di titoli di debito, nella misura in cui sono sottoscritti dai soci.
D’altra parte il comma 2 dell’art. 2467 c.c., nel dare
la nozione di finanziamento, afferma che essi possono essere effettuati “in qualsiasi forma”. In caso di
emissione di titoli di debito, che giungono infine ai
soci, si può pertanto sostenere la tesi che il diritto alla restituzione delle somme in essi indicate è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori
della società.
Non va peraltro dimenticato che l’applicabilità dell’art. 2467, comma 1, c.c., con il suo effetto di postergazione, dipende dal fatto che si realizzi un “finanziamento” ai sensi del comma 2 del medesimo
articolo. Si deve trattare di finanziamenti dei soci
che sono stati concessi in un momento in cui risulta
un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto
al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento. Il problema dunque si pone
solo nei casi in cui la situazione finanziaria della società è già squilibrata. Si tratta peraltro proprio delle situazioni in cui vi è un incentivo ad aggirare la
disposizione dell’art. 2467 c.c. mediante l’emissione
di titoli di debito e vi è un rischio maggiore d’insolvenza della società.
Per quanto riguarda il momento rilevante per valutare la situazione di precarietà della società, esso
può essere astrattamente identificato nel momento
in cui vengono sottoscritti i titoli di debito dagli investitori professionali oppure nel successivo momento in cui vengono rilevati dai soci. Secondo
una prima tesi sarebbe rilevante il momento della
sottoscrizione da parte degli investitori professionali, almeno nei casi in cui vi sia fin dall’inizio l’intenzione di trasferire i titoli ai soci (20). In questo
Note:
(18) A. Dalmartello, op. cit., 153.
(19) In materia di finanziamenti dei soci cfr. i volumi di M. Maugeri, Finanziamenti anomali dei soci e tutela del patrimonio nelle
società di capitali, Milano, 2005; M. Tronti, Finanziamenti dei soci alla società: problemi e prospettive, Torino, 2007. V. altresì, fra
i più recenti contributi, N. Abriani, Finanziamenti “anomali” e postergazione: sui presupposti di applicazione dell’art. 2467, in Fallimento, 2011, 1353 ss.; R. Drisaldi, Indici di anormalità ex art.
2467 c.c. dei finanziamenti soci, in Società, 2012, 21 ss.; M. Prestipino, Finanziamenti dei soci nella s.r.l.: i presupposti di applicazione dell’art. 2467 c.c., in Giur. comm., 2012, II, 126 ss.
(20) In questo senso, anche se in forma dubitativa, G. Guerrieri,
op. cit., 559.
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Mercati finanziari
momento, peraltro, non sussiste un vero e proprio
finanziamento dei soci, in quanto i titoli sono in capo agli investitori professionali. Pare pertanto preferibile ritenere che si abbia un finanziamento dei
soci quando i titoli di debito finiscono nelle mani
dei soci medesimi. È in questo momento che va valutata la situazione finanziaria della società: laddove fosse riconducibile alle ipotesi di precarietà indicate nell’art. 2467, comma 2, c.c. dovrebbe realizzarsi l’effetto di postergazione previsto dal comma 1
del medesimo articolo.
Il trasferimento dei titoli a investitori
non professionali e l’individuazione
del soggetto responsabile
La fattispecie maggiormente problematica, e oggetto pertanto di apposita disciplina legislativa, è quella dei titoli di debito che vengono infine venduti a
investitori non professionali. Gli investitori non
professionali generalmente non dispongono di
competenze tali da metterli in grado di valutare i rischi connessi all’investimento: il pericolo è che finiscano con il finanziare la s.r.l. e perdano l’investimento effettuato nel caso subentri l’insolvenza della società (21).
In via preliminare va stabilito “chi” risponde per la
solvenza della società in caso di circolazione dei titoli di debito. Il problema è difatti che i titoli possono circolare più volte, venendo trasferiti dall’originario investitore professionale a un secondo soggetto e, poi, da questo secondo soggetto a un terzo (si
può ovviamente anche procedere oltre, ma - per
non complicare troppo i ragionamenti che andiamo
a svolgere - ci limiteremo al caso del doppio passaggio). Letteralmente la legge afferma che risponde
“chi li trasferisce”. Al riguardo si possono sostenere
in sostanza tre tesi: responsabilità solo del primo sottoscrittore; responsabilità solo dell’ultimo investitore professionale (quello che cede all’investitore non
professionale); responsabilità di ambedue gli investitori professionali.
Secondo una prima tesi, la responsabilità è sempre
in capo al primo investitore professionale (cioè al
sottoscrittore originario dei titoli di debito). Questi,
pur non essendo assoggettato a un divieto di cessione, è “responsabilizzato” a vita a fronte di qualsiasi
successiva cessione dei titoli. Secondo questo approccio, anche se il primo investitore professionale
cede i titoli a un secondo investitore professionale,
rimane ferma la responsabilità del primo, nel caso il
secondo investitore professionale li ceda a un terzo
non investitore professionale.
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Questa tesi, nell’identificare il responsabile nell’originario sottoscrittore, presenta significativi svantaggi per detto investitore professionale. Bisogna difatti considerare che il sottoscrittore originario, una
volta ceduto il titolo, perde ogni controllo sulla circolazione del medesimo, e potrebbe essere chiamato
- anche a distanza di anni - a rispondere della solvenza della società. Si immagini il caso di una sottoscrizione dei titoli che avvenga nel 2013 da parte di
un investitore professionale, titoli che vengono ceduti una prima volta nel 2014 a un secondo investitore professionale e una seconda volta nel 2015 a un
investitore non professionale. Si supponga altresì
che la società, nel 2023, venga dichiarata insolvente e l’investitore non professionale non riesca a ottenere soddisfazione direttamente dalla società. Secondo la tesi che si sta illustrando, l’investitore non
professionale si dovrebbe rivolgere al primo investitore professionale chiedendo di escutere una garanzia veramente lontana nel tempo e concernente un
investimento ormai abbandonato. La tesi che vuole
la responsabilità solo in capo al primo sottoscrittore
presenta altresì lo svantaggio che il secondo investitore professionale potrebbe adottare comportamenti
di azzardo morale: potrebbe vendere i titoli di debito
“con leggerezza” a un investitore non professionale,
sapendo di andare esente da responsabilità (rispondendo solo il primo).
Si può peraltro sostenere una seconda tesi, che prevede la responsabilità solidale sia del primo sottoscrittore sia del secondo investitore professionale
che trasferisce il titolo all’investitore non professionale (22). Dal punto di vista della tutela del soggetto non professionale si tratta, evidentemente, di
un’interpretazione particolarmente vantaggiosa. Il
meccanismo della solidarietà consente difatti all’investitore non professionale di fare affidamento
su ben tre patrimoni: quello della società (verosimilmente però non capiente, altrimenti non ci sarebbe necessità di far valere la garanzia), quello del
primo sottoscrittore e quello del secondo investitoNote:
(21) In merito alla disciplina dei titoli di debito in caso di fallimento della società la disposizione di riferimento è l’art. 58 l.fall., secondo cui i crediti derivanti dai titoli di debito sono ammessi al
passivo per il loro valore nominale detratti i rimborsi già effettuati. Sul trattamento dei titoli di debito nel fallimento cfr. F. Di Girolamo, Le obbligazioni e gli altri titoli di debito nel fallimento dell’emittente, con uno sguardo alla riforma del diritto societario, in
Giur. comm., 2008, I, 1109 ss.; V. Sangiovanni, Obbligazioni e titoli di debito nel fallimento delle società, in Fallimento, 2010,
1229 ss.
(22) A favore di una responsabilità solidale si esprime in particolare A. Dalmartello, op. cit., 150.
Danno e responsabilità 1/2014
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re professionale. Nei rapporti interni fra i due investitori professionali, il sottoscrittore potrebbe rivalersi nei confronti dell’investitore professionale
che ha, per la prima volta, venduto i titoli a un investitore non professionale, creando così i presupposti per il sorgere della responsabilità da garanzia.
Secondo una terza tesi, la responsabilità sussiste in
capo a quell’investitore professionale (sia che si tratti del primo sottoscrittore sia che si tratti di un successivo) che ha, infine, ceduto i titoli a un investitore non professionale (23). Si tratta del soggetto
che rompe il cerchio degli investitori professionali,
vendendo uno strumento finanziario potenzialmente pericolo a un soggetto che non è in grado di valutare in modo appropriato i rischi connessi. Dal punto di vista del “quantum” della tutela, si tratta di un
livello di protezione simile a quello che sussiste secondo la prima tesi: in ambedue i casi vi è un garante, sempre con natura di investitore professionale,
che risponde della solvenza della società. Evidentemente vi è meno tutela rispetto alla seconda tesi,
che prevede una responsabilità solidale sia del primo
sia dell’ultimo investitore professionale.
Tutte le opinioni illustrate presentano senz’altro argomenti a proprio favore e a proprio sfavore. A vantaggio della prima tesi (secondo cui è responsabile il
primo sottoscrittore) militano alcuni considerazioni. Bisogna difatti rilevare che la delibera CICR prevede che l’identità del garante deve essere indicata
sugli strumenti finanziari di raccolta (art. 5, comma
2, delibera CICR). E tale indicazione viene apposta
nel momento di prima cessione dei titoli a un investitore professionale. A questo dato testuale, che peraltro non pare dirimente, si può aggiungere che il
primo sottoscrittore è il soggetto che ha originariamente dato adito all’operazione di emissione di titoli di debito ed è dunque colui il quale ha potuto valutare fin dall’inizio la situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società. Il primo sottoscrittore, alla luce delle sue valutazioni sul merito di
credito della società da finanziarsi, sceglie originariamente se finanziare oppure se non finanziare.
Laddove la scelta sia positiva, il primo sottoscrittore
negozia con la società le condizioni del finanziamento. Per questa ragione si potrebbe ascrivere la
responsabilità al primo sottoscrittore, indipendentemente dalle successive vicende del titolo.
favore a carico dell’investitore professionale cedente e a beneficio degli investitori non professionali
che acquistano i titoli di debito: chi li ha ceduti continua a rispondere per la solvenza della società. Secondo i ragionamenti che abbiamo cercato di svolgere (e pur tenendo conto della mancanza di chiarezza della disposizione e della possibilità di un’interpretazione giurisprudenziale in senso diverso), la
responsabilità per la successiva circolazione dei titoli di debito potrebbe far capo al primo sottoscrittore
dei medesimi. Bisogna allora comprendere se esistano dei meccanismi che consentano di limitare la responsabilità del primo sottoscrittore. In astratto
vengono in considerazione due tecniche: previsione
della incedibilità dei titoli oppure esclusione contrattuale della responsabilità del cedente.
Una via perseguibile per limitare la responsabilità
del cedente potrebbe essere quella, radicale, di
escludere contrattualmente la circolazione dei titoli.
Al riguardo bisogna dire che il primo investitore
non ha un interesse “giuridico” a cedere i titoli a un
investitore non professionale, in quanto - in questa
ipotesi - risponde per la solvenza della società. Può
tuttavia avere un interesse “economico” alla cessione, quando ritenga l’investimento non più vantaggioso. L’interesse economico alla cessione coincide
peraltro proprio con i casi in cui la cessione diventa
pericolosa per gli acquirenti: si tratta della situazione in cui le condizioni economiche, finanziarie e patrimoniali della società si sono deteriorate al punto
da mettere in dubbio la capacità di soddisfare le obbligazioni assunte. Per evitare la responsabilità connessa alla circolazione dei titoli di debito, si potrebbe prevedere nell’atto costitutivo che i titoli sono
incedibili. Si tratta tuttavia di una scelta caratterizzata da rigidità, che vincola totalmente il primo sottoscrittore alla società, obbligandolo a rimanere creditore della medesima fino alla completa restituzione del finanziamento, assumendosi in pieno il rischio futuro d’insolvenza della s.r.l.
A seconda dei casi si potrebbe ipotizzare un’incedibilità dei titoli di debito assoluta (anche nei confronti di investitori professionali) oppure relativa
(solo a investitori non professionali). La previsione
di una incedibilità assoluta rende la posizione del
primo sottoscrittore particolarmente gravosa, in
quanto non ha alcuna possibilità di cedere il suo credito a terzi. Si trova nella necessità di mantenere in
portafoglio i titoli e attendere fino a quando la so-
Tecniche di tutela dell’investitore
professionale: divieto di cessione
e derogabilità della garanzia legale
Nota:
L’art. 2483, comma 2, c.c. stabilisce una garanzia a
(23) In questo senso cfr. in particolare Consiglio Nazionale del
Notariato, op. cit., 8.
Danno e responsabilità 1/2014
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Mercati finanziari
cietà li rimborserà, confidando che - nel frattempo non si verifichi un peggioramento della situazione
tale da portare all’insolvenza. Bisogna altresì segnalare che la previsione di una totale incedibilità dei
titoli mal si concilia con la finalità, cui è preposto
l’art. 2483 c.c., di creare - se possibile - un mercato
secondario ragionevolmente liquido dei titoli di debito. Forse più praticabile è la seconda scelta, quella
di consentire in linea di principio la circolazione dei
titoli di debito, vietando statutariamente solo la cessione agli investitori non professionali (incedibilità
relativa). In questo modo i titoli di debito rimangono liberi di essere trasferiti fra investitori professionali, ma si evita il rischio di una cessione ai non professionali (con le conseguenze in termini di responsabilità).
Al fine di tutelare l’investitore professionale, in alternativa alla previsione d’incedibilità dei titoli di
debito, si potrebbe prevedere statutariamente una
sua esenzione da responsabilità. Anche sotto questo
profilo si può distinguere fra un’esenzione totale e
un’esenzione parziale. Si avrebbe esenzione totale
nel caso in cui l’atto costitutivo prevedesse espressamente che l’investitore professionale non risponde
della solvenza della società. Una clausola del genere, tuttavia, appare in contrasto con il testo della
legge e dunque nulla. Si potrebbe invece prevedere
un’esenzione parziale, nel senso di distinguere fra la
cessione a investitori professionali e quella a non
professionali e prevedere l’esclusione di responsabilità solo nel primo caso. La clausola dovrebbe dunque prevedere che, in caso di cessione dei titoli di
debito ad altro investitore professionale, cessa la
funzione di garanzia del primo sottoscrittore che
verrebbe invece assunta dall’investitore professionale che cede i titoli all’investitore non professionale.
Una clausola del genere non è apertamente in contrasto con la legge, in quanto non fa venire meno la
garanzia per la solvenza, anche se la trasferisce dal
sottoscrittore originario a un successivo investitore
professionale (potenzialmente meno capiente).
Caratteristiche della responsabilità civile
dell’investitore professionale
La responsabilità dell’investitore professionale non
è esclusiva, ma si aggiunge a quella dell’emittente.
Non si deve difatti dimenticare che, in primis, la responsabilità è della società che - pur avendo emesso
i titoli di debito (e promesso dunque di restituire il
capitale e di corrispondere gli interessi nella misura
pattuita) - non riesce a onorare i propri debiti. La
s.r.l. può però diventare insolvente, non garantendo
16
una soddisfazione piena dei suoi creditori (fra cui
vanno annoverati gli acquirenti dei titoli di debito).
I compratori dei titoli di debito possono domandare
di essere ammessi al passivo della società, ma otterranno verosimilmente una soddisfazione solo parziale. Di qui la necessità di attivare la responsabilità
dell’investitore professionale quando la società non
è in grado di pagare quanto dovuto. L’investitore
professionale, nel momento in cui cede i titoli di debito della s.r.l., assume un ruolo di intermediario fra
la società e l’acquirente finale e il nostro legislatore
ritiene che la sua responsabilità si debba aggiungere
a quella dell’emittente. La responsabilità dell’emittente e quella dell’intermediario sono solidali: si
tratta di due patrimoni che vanno a garantire la soddisfazione dell’investitore non professionale finanziatore della s.r.l. Il primo patrimonio (quello della
società) è certamente indebolito, perché la società si
trova ora in difficoltà finanziarie che non consentono un’immediata soddisfazione dei creditori. Il secondo patrimonio (quello dell’investitore professionale) dovrebbe invece essere più solido di quello
della s.r.l., in quanto si tratta di entità soggetta a vigilanza prudenziale.
Passando ad analizzare le caratteristiche della responsabilità civile dell’investitore professionale, la
legge afferma che l’investitore professionale che trasferisce i titoli “risponde”. Alla luce di questo tenore letterale, si può affermare che la responsabilità è
di tipo oggettivo (24).
Definendo come “oggettiva” la responsabilità ci si
vuole anzitutto riferire al fatto che non vi è alcun legame fra le difficoltà finanziarie della società e il
ruolo svolto dall’investitore professionale. Del resto
il sottoscrittore dei titoli di debito rimane estraneo
alla gestione della società, limitandosi ad assumere
la posizione di creditore della medesima. Secondo
un’opinione sarebbe impossibile attribuire al sottoscrittore qualsiasi diritto di partecipare all’attività
sociale, in quanto incompatibile con il principio
cardine della legge delega della centralità della figura del socio (25).
La responsabilità può inoltre considerarsi di caratteNote:
(24) Sulla responsabilità oggettiva cfr. le opere di F. Basile, La colpa in attività illecita: un’indagine di diritto comparato sul superamento della responsabilità oggettiva, Milano, 2005; M. Franzoni,
La responsabilità oggettiva, Padova, 1988; G. Levi, Responsabilità civile e responsabilità oggettiva: diversi modi di introduzione
della responsabilità oggettiva e loro influenza sulla legislazione
italiana, Milano, 1986; P. Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961; A. Violante, Responsabilità oggettiva e
causalità flessibile, Napoli, 1999.
(25) Consiglio Nazionale del Notariato, op. cit., 6.
Danno e responsabilità 1/2014
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Mercati finanziari
re “oggettivo” per il fatto che non rileva nemmeno
l’elemento soggettivo in capo all’investitore professionale. Non si può dunque dare peso alla consapevolezza o meno dello stato di difficoltà finanziaria
della società in cui si trovasse il primo sottoscrittore.
Del resto bisogna considerare che il primo sottoscrittore ha aderito volontariamente all’emissione di
titoli di debito. Salvo il caso estremo in cui sia stato
ingannato dalla s.r.l. (ad esempio in presenza di bilanci falsi che hanno condotto a concedere un finanziamento che altrimenti non sarebbe stato concesso), l’investitore professionale valuta il merito di
credito della società e, se decide di finanziarla, si assume il rischio che il debitore sia insolvente. Laddove ceda i titoli, assume - per espressa previsione di
legge - una funzione “oggettiva” di garante. E semmai lo stato di consapevolezza dell’investitore professionale può essere interpretato a suo sfavore.
La legge afferma che la responsabilità sussiste per la
“solvenza” della società. Il termine non è particolarmente specifico e si tratta di comprendere se con esso si intenda l’ipotesi in cui la società sia tecnicamente insolvente oppure se con esso si intendano
anche i casi in cui la società non paga il debito pur
potendolo fare. Verosimilmente va preferita, anche
alla luce del dato letterale, la seconda ipotesi: la garanzia per la solvenza sussiste per il mero fatto che la
società non adempie l’obbligazione risultante dal titolo di debito.
Il credito deve però essere esigibile: occorre dunque
che sia decorso il termine, previsto nella delibera di
emissione, fino al quale la società non è obbligata alla restituzione. Del resto, trattandosi di un finanziamento, si prevede sempre un lasso di tempo entro
cui - a favore del debitore - non può essere chiesta la
restituzione. Una volta scaduto il termine previsto
per il rimborso, il creditore può esigere dalla società
il pagamento della somma dovuta in base al titolo di
debito. Laddove la società non adempia spontaneamente, il creditore può rivolgersi all’investitore professionale che gli ha ceduto il titolo, chiamandolo in
garanzia.
Bisogna infine comprendere se la garanzia copra
l’intero credito vantato nei confronti della società o
possa in qualche modo essere ridotto. Si pone, in altre parole, la questione della possibile applicazione
analogica dell’art. 1267, comma 1, c.c. dettato per le
ordinarie cessioni del credito. Secondo detta disposizione il cedente che abbia assunto la garanzia della
solvenza risponde nei limiti di quanto ha ricevuto.
Può pertanto capitare, per fare un esempio numerico, che i titoli di debito siano stati emessi originariamente per il valore, si supponga, di 100.000 euro,
Danno e responsabilità 1/2014
ma vengano poi ceduti dall’investitore professionale
a quello non professionale per 80.000 euro. Se, successivamente, subentra l’insolvenza della società, la
questione è se l’investitore professionale risponde
per la somma corrispondente all’originaria sottoscrizione o per la somma inferiore per la quale ha ceduto i titoli.
La fattispecie dell’art. 1267 c.c. e quella dell’art.
2483 c.c. non paiono però completamente assimilabili, in quanto la prima disposizione prevede una garanzia convenzionale, mentre la seconda una garanzia che trova la propria fonte nella legge. Inoltre il
testo della legge indica come chi trasferisce i titoli di
debito risponde della solvenza “della società”: il riferimento pare effettuato all’intero debito della società. Così argomentando si può ritenere che, anche se
l’investitore professionale cede il proprio titolo di
debito a un prezzo inferiore al suo valore nominale,
ciò nondimeno rimane ferma la responsabilità del
cedente per l’intero. Questa soluzione pare preferibile anche al fine di preservare quelle ragioni di tutela
dell’investitore non professionale che sono alla base
della disciplina della circolazione dei titoli di debito.
In alcuni casi, peraltro, la garanzia potrebbe cessare
di operare. Bisogna difatti considerare che il garantito (nel nostro caso l’investitore non professionale)
deve cooperare con il garante (nel nostro caso l’investitore professionale) al fine di assicurare la realizzazione del credito nei confronti del debitore (la società). Potrebbe in altre parole capitare che la negligenza dell’attuale titolare dei titoli di debito abbia
prodotto l’effetto di rendere irrecuperabile il credito. In ipotesi del genere potrebbe trovare applicazione analogica il dettato in materia di cessione dei
crediti secondo cui, quando il cedente ha garantito
la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell’iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore
stesso (art. 1267, comma 2, c.c.).
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