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Documento PDF - Università degli Studi di Padova
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
FACOLTA’ DI SCIENZE MM.FF.NN.
DIPARTIMENTO DI SCIENZE CHIMICHE
TESI DI LAUREA SPECIALISTICA IN CHIMICA
USO DELLA TEORIA DI MARCUS E DELLA
SIMULAZIONE DIGITALE PER L’OTTENIMENTO DI
PROPRIETA’ TERMODINAMICHE, CINETICHE E DI
ELETTROCHEMILUMINESCENZA DI AMMINE
ALIFATICHE TERZIARIE
RELATORE: PROF. PAOLO PASTORE
CONTRORELATORE: DOTT.SSA RAFFAELLA SIGNORINI
LAUREANDO: LUCA CASTAMAN
ANNO ACCADEMICO 2007/2008
Alla mia famiglia
INDICE
1. Introduzione
1.1 Proprietà redox della Tripropilammina
Bibliografia
1.2 L’elettrochemiluminescenza
Bibliografia
1.3 Elettrodi e materiali elettrodici
Bibliografia
1
8
10
15
16
23
2. Scopo della tesi
Scopo della tesi
25
3. Parte sperimentale, materiali, strumentazione, tecniche
3.1 Misure elettrochimiche
27
3.2 Misure di elettrochemiluminescenza
29
3.3 Preparazione degli elettrodi Carbon Paste e Carbon Nanotubes Paste
32
Bibliografia
33
4. Risultati e discussione
4.1 Calcolo di parametri cinetici e termodinamici per la Tripropilammina
Bibliografia
4.2 Evidenze sperimentali di emissione ECL di ammine terziarie in
assenza di luminofori tradizionali. Caratterizzazione e proposte di
meccanismo
Bibliografia
35
48
49
64
5. Conclusioni
Conclusioni
65
Capitolo 1
CAPITOLO 1: Introduzione
1.1 Proprietà redox della Tripropilammina
1.1.1 Introduzione
Nei primi anni ’70 sono stati pubblicati studi estensivi sull’ossidazione di
alchilammine1-5 che comprendono vari approcci alla caratterizzazione del fenomeno.
Ad un livello analitico vengono utilizzate direttamente voltammetrie cicliche4a,5a
oppure ossidazioni in fase omogenea con vari ossidanti inorganici3,4 ed enzimatici6 .
Da questi dati si è cercato di correlare la struttura e l’attività di differenti ammine con
le velocità di reazione e con parametri termodinamici già disponibili come la pKa ed
il potenziale di ionizzazione.
Questi studi supportano un meccanismo che coinvolge trasferimenti
elettronici e stadi di deprotonazione in accordo con lo schema 1.1 piuttosto che
l’estrazione di un atomo di idrogeno durante l’ossidazione della trialchilammina.
Nello schema 1.1, 1 è il radicale catione della trialchilammina e 2 è il radicale libero
che risulta della deprotonazione di 1.
Schema 1. 1 Meccanismo di ossidazione delle trialchilammine.
Approfondimenti sul meccanismo di ossidazione delle trialchilammine sono
importanti
in
quanto
queste
7-10
l’elettrochemiluminescenza
ammine
sono
utili
co-reagenti
11,12
(ECL) o per la chemiluminescenza
1
(CL).
per
Introduzione
L’interesse per le ammine come co-reagenti risale ai primi lavori in questo
campo
13
ed attualmente tra i tanti co-reagenti utilizzati in ECL la tripropilammina
(TPrA) sembra produrre i più alti livelli di emissione di luce. La differenza
nell’efficienza ECL per diverse ammine terziarie viene interpretata in termini di
correlazioni di struttura-attività attraverso le differenze nell’energia di ionizzazione
del co-reagente12.
1.1.2 Ossidazione in fase omogenea di TPrA con ossidanti elettrogenerati
L’ossidazione in fase omogenea della TPrA avviene secondo il seguente
meccanismo:
Schema 1.2 Ossidazione in fase omogenea della TPrA con mediatore redox inorganico.
Attraverso l’utilizzo di catalizzatori redox abbiamo potuto ottenere
informazioni riguardanti la cinetica di questo sistema. Il metodo scelto consiste nel
comparare la variazione della corrente limite misurata con un microelettrodo di Pt
per l’ossidazione di un mediatore redox, R, in assenza (is0) ed in presenza (is)
dell’ammina. In presenza di un eccesso di substrato, TPrA, l’efficienza catalitica
varia con la concentrazione del substrato secondo14-16
i s / is 0 = 1 +
0
πa  k 4 [T Pr A] 
4 
D


1/ 2
(1.8)
dove a è il raggio dell’elettrodo, k4 la costante di velocità del primo trasferimento
elettronico omogeneo (reazione 1.5), [TPrA]0 è la concentrazione analitica
2
Capitolo 1
dell’ammina e D il coefficiente di diffusione del mediatore redox. Per studiare
l’ossidazione dell’ammine sono stati utilizzati 4 mediatori redox inorganici con
potenziali di ossidazione compresi tra 0.9 V e 1.3 V. Conoscendo il valore di pKa
dell’ammina la costante di velocità k è stata calcolata dalla variazione dell’efficienza
catalitica dei mediatori per vari valori di pH in accordo con14
(
k = k 4.obs 1 + 10 − pH + pKa
)
(1.9)
dove k4,obs è la costante di velocità osservata ad un determinato pH e k è il valore
intrinseco della costante di velocità per il substrato con costante di acidità, pKa, pari a
10.4 per TPrA.
L’analisi dei risultati ottenuti è stata eseguita seguendo la teoria di Marcus ed
il seguente set di equazioni:
1 / k = 1 / k m + 1 / k diff
(1.10)
dove kdiff è la costante di velocità in diffusione limite16 presa come 3·109 M-1s-1 e km
la costante di velocità del trasferimento elettronico omogeneo data dalla teoria di
Marcus:
RT  k m
−
ln 
F  ν n
in cui
n
E A0 − E R0 / Q + w p 
‡ 

 = ∆G 0 1 +

‡
4∆G 0



2
(1.11)
è una frequenza vibrazionale assunta pari a 1011 s-1, E°A e E°R/Q
rappresentano i potenziali di ossidazione standard dell’ammina e del mediatore redox
rispettivamente e wp è il termine di repulsione elettrostatica tra i prodotti
dell’ossidazione dato dall’equazione di Fuoss-Eigen17. G0‡ è invece l’energia libera
intrinseca di attivazione definita come G0‡ = /4. coinvolge il contributo di due
termini: l’energia di riorganizzazione interna, i, solitamente piccola, e l’energia di
riorganizzazione di solvatazione, o.
Quest’ultima può essere calcolata da equazioni empiriche della forma
λ o = A(1 / a R / Q + 1 / a A − 2 / σ )
3
(1.12)
Introduzione
dove A è una costante compresa tra 3.2 e 3.8 eV Å18, aR/Q e aA sono il raggio del
mediatore e dell’ammina rispettivamente e
aR/Q + aA. Con una prima
approssimazione aR/Q può essere preso come costante a 6.8 Å e aA viene calcolato,
conoscendo la densità della TPrA ( A), la sua massa molecolare (MA) ed il numero di
Avogadro (N), dalla seguente relazione:
a A = 10 8 (3 M A / 4πN ρ A )
1/ 3
(1.13)
che porta ad un valore per la nostra ammina di 4.2 Å. Con questi parametri si ottiene
un G0‡ = 0.19 eV (assumendo o).
Il valore dell’energia libera intrinseca di attivazione appena calcolato verrà
quindi utilizzato nella parte sperimentale come variabile da ottimizzare per il fitting
dell’equazione di Marcus. Questa procedura ci fornirà il valore del potenziale
standard di ossidoriduzione dell’ammina, E°A.
1.1.3 La Teoria di Marcus
La teoria di Marcus fornisce la più facile rappresentazione di un trasferimento
elettronico tra due specie, siano esse due specie solubili che una specie solubile ed un
elettrodo19,20.
Essa si basa sull’approssimazione di Born-Oppenheimer e quindi correla le
barriere di attivazione alla riorganizzazione nucleare che accompagna il
trasferimento dell’elettrone. Nel trasferimento elettronico vale il principio di FrankCondon per cui i nuclei in questa scala dei tempi sono immobili: il moto nucleare
avviene in 10-13-10-14 s, il trasferimento elettronico in 10-16 s.
In questa trattazione si usa l’approssimazione armonica per descrivere lo
spostamento dei sistemi reagente e prodotto dalle loro posizioni di equilibrio e si
calcola l’energia che i due sistemi possiedono all’intersezione tra le due superfici di
energia potenziale. In questa zona abbiamo due superfici equi-energetiche e quindi
un’energia di risonanza, HRP, tra reagenti e prodotti. Ora il trasferimento elettronico
può seguire due strade: se HRP è abbastanza grande (ma trascurabile rispetto
all’energia della barriera da superare), la probabilità di avere trasferimento
elettronico è unitaria ( ~ 1) ed il trasferimento elettronico viene detto di tipo
4
Capitolo 1
adiabatico; se invece l’accoppiamento tra reagenti e prodotti è sfavorito, HRP risulta
piccola con conseguente riduzione della probabilità di trasferimento ( << 1), in
questo caso si parla di trasferimento elettronico non adiabatico. Solitamente nel
modello di Marcus è considerato unitario.
La costante di velocità del trasferimento elettronico, kET, assume una forma di
tipo Arrhenius:
 − ∆G 
= κν n exp 

 k bT 
‡
k ET
in cui
n
(1.14)
è la frequenza del passaggio dallo stato di transizione (~ 1013 s-1),
G‡
l’energia libera di attivazione del processo di trasferimento elettronico, il già citato
coefficiente di trasmissione elettronica, kb la costante di Boltzmann e T la
temperatura.
Per arrivare ad una forma esplicita di
G‡ vengono utilizzate espressioni
armoniche per descrivere come le energie libere di reagenti e prodotti dipendono
dallo spostamento delle diverse coordinate interne ed esterne dal loro valore di
equilibrio. Minimizzando l’energia libera per ricavare la via di minor energia che
porti i reagenti a prodotti, seguendo cioè quella che sarà la coordinata nucleare di
trasferimento elettronico, si arriva all’equazione di Marcus che lega l’energia libera
di attivazione G‡ all’energia libera del processo G°:

∆G °
∆G = ∆G0 1 +
 4 ∆G ‡
0

‡
‡




2
(1.15)
dove si può notare la dipendenza quadratica dell’energia libera di attivazione dalla
termodinamica della reazione indicata da G°.
G0‡ rappresenta l’energia libera di attivazione quando l’energia libera del
processo è nulla ed è chiamata barriera intrinseca. Essa è esprimibile come somma
dei due contributi di riorganizzazione interna, i, ed esterna, o:
∆G0 = (λi + λo ) / 4
‡
5
(1.16)
Introduzione
i è di solito un termine piccolo che, assumendo l’approssimazione armonica, è dato
da19a, 19f:
λi = ∑
j
f jR f jP
f jR + f jP
∆q 2j
(1.17)
L’energia di riorganizzazione interna è quindi la somma di tutti i 3N-6 modi
vibrazionali della molecola, fjR e fjP sono le costanti di forza dei reagenti e dei
prodotti e qj è il cambiamento della lunghezza dei legami, qj= qjP-qjR .
o invece costituisce la parte più importante dell’energia necessaria ad attivare il
sistema reagente e portarlo allo stato di transizione; nel modello di Marcus viene
calcolato da un’equazione che segue il modello di Born della solvatazione e, espresso
in kcal/mol, è dato da:
e 2 N A 10 7  1
1 1

λo =
− 
4πε 0 4.184  ε ot ε s  4r
(1.18)
ot e s sono le costanti dielettriche ottica (quadrato dell’indice di rifrazione) e
statica del solvente, e la carica dell’elettrone, NA il numero di Avogadro, 0 la
dove
permittività del vuoto ed r il raggio del substrato.
L’espressione completa della costante di velocità per il trasferimento
elettronico diventa quindi:
k ET
 ∆G ‡
0
= κν n exp −
 RT

2

 
∆
G
°
1 +
 
 4∆G ‡  

0  
(1.19)
Nella fig. 1.1 vengono riportate le superfici di energia potenziale di reagenti e
prodotti per un sistema di trasferimento elettronico in cui vengono evidenziati i
parametri citati nella trattazione matematica.
6
Capitolo 1
b.
a.
Figura 1.1 a) Determinazione dell’energia di risonanza, HRP, utilizzata per discriminare tra un
processo adiabatico e non-adiabatico. b) Rappresentazione visiva dei restanti parametri citati nella
teoria di Marcus.
7
Introduzione
BIBLIOGRAFIA
1) Per una review sull’ossidazione di ammine aromatiche: Chow Y. L., Danen W.
C., Nelsen, S. F., Rosenblatt, D. H., Chem. Rev., 1978, 78, 243.
2) (a) Mann C. K., Anal. Chem., 1964, 36, 2424. (b) Smith P. J., Mann C. K., J. Org.
Chem., 1969, 34, 1821.
3) (a) Lindsay-Smith J. R., Masheder D., J. Chem. Soc., Perkin Trans. 2, 1976, 47.
(b) Lindsay-Smith J. R., Mead L. A. V., J. Chem. Soc., Perkin Trans. 2, 1976,
1172. (c) Audeh C. A., Lindsay-Smith J. R., J. Chem. Soc. B, 1971, 1741. (d)
Audeh C. A., Lindsay-Smith J. R., J. Chem. Soc. B, 1971, 1746. (e) Audeh C. A.,
Lindsay-Smith, J. R., J. Chem. Soc. B, 1970, 1280.
4) (a) Hull L. A., Davis G. T., Rosenblatt D. H., Mann C. K., J. Phys. Chem., 1969,
73, 2142. (b) Hull L. A., Davis G. T., Rosenblatt D.H., J. Am. Chem. Soc., 1969,
91, 6247. (c) Rosenblatt D. H., Hull L. A., DeLuca D. C., Davis R. C., Weglein R.
C., Williams H. K. R., J. Am. Chem. Soc., 1967, 89, 1158.
5) (a) Masui M., Sayo H., Tsuda Y., J. Chem. Soc. B, 1968, 973. (b) Masui M., Sayo
H., J. Chem. Soc. B, 1971, 1593.
6) (a) Lindsay-Smith J. R., Mortimer D. N., J. Chem. Soc., Perkin Trans. 2, 1986,
1743. (b) Wang F., Sayre L. M., J. Am. Chem. Soc., 1992, 114, 248.
7) Leland J. K., Powell M. J., J. Electrochem. Soc., 1990, 137, 3127.
8) (a) Shultz L. L. Stoyanoff, J. S., Nieman T. A. ,Anal. Chem. 1996, 68, 349. (b)
Downey T. M., Nieman T. A., Anal. Chem., 1992, 64, 261.
9) (a) Xu X.-H., Bard A. J., Langmuir, 1994, 10, 2409. (b) Richter M. M., Debad J.
D., Striplin D. R., Crosby G. A., Bard A. J., Anal. Chem., 1996, 68, 4370. (c) Fan
F.-R. F., Cliffel D., Bard A. J., Anal. Chem., 1998, 70, 2941. (d) Richards T. C.,
Bard A. J., Anal. Chem., 1995, 34, 3140.
10) Uchikura K., Kirisawa M., Anal. Sci., 1991, 7, 803.
11) Lee W.-Y., Nieman T. A., Anal. Chem., 1995, 67, 1789.
12) Noffsinger J. B., Danielson N. D., Anal. Chem., 1987, 59, 865.
13) Lytle F. E., Hercules D. M., Photochem. Photobiol., 1971, 13, 123.
14) Kanoufi F., Bard A. J., J. Phys. Chem. B, 1999, 103, 10469.
15) (a) Delmastro J. R., Smith D. E., J. Phys. Chem., 1967, 71, 2138
(b) Fleischmann M., Lasserre F., Robinson J., Swan D., J. Electroanal. Chem.,
1984, 177, 97.
8
Capitolo 1
16) Kanoufi F.; Zu Y.; Bard A. J., J. Phys. Chem. B, 2001, 105, 210
17) Fuoss R. M., J. Am. Chem. Soc., 1958, 80, 5059.
18) (a) Sutin N., Creutz C., Adv. Chem. Ser., 1978, 168, 1. (b) Eberson L. E. In
Reactivity and Structure, Concepts in Organic Chemistry; Hafner K., Lehn J.-M.,
Rees C. W., von Rague´ Schleyer, P., Trost B. M., Zahradný´k R.; Eds.,
Springer-Verlag Press: Berlin, 1987, Vol. 25.
19) (a) Marcus R. A., J. Chem. Phys., 1956, 24, 966. (b) Marcus R. A., Discuss.
Faraday Soc., 1960, 29, 21. (c) Marcus R. A., Ann. Rev. Phys. Chem., 1964, 15,
155. (d) Marcus R. A., J. Chem. Phys., 1965, 43, 679. (e) Marcus R. A., in
Special Topics in Electrochemistry; Rock, P. A., Ed.; Elsevier: New York, 1977.
(f) Marcus R. A., Sutin, N., Biochem. Biophys. Acta., 1985, 811, 265.
20) Hush N. S., Trans. Faraday Soc., 1961, 57, 557.
9
Introduzione
1.2 L’ Elettrochemiluminescenza
1.2.1 Cenni storici ed applicazioni
L’elettrochemiluminescenza (ECL) è il fenomeno in cui reagenti generati
elettrochimicamente si combinano in fase omogenea per produrre luce1. L’ECL
permette quindi di convertire l’energia elettrica in energia radioattiva. Partendo da
precursori stabili, sulla superficie dell’elettrodo vengono prodotti intermedi reattivi
che possono reagire in varie condizioni portando a stati eccitati in grado di emettere
luce in seguito al diseccitamento.
L’importanza della tecnica ECL è cresciuta enormemente negli ultimi anni
nell’ambito delle scienze chimiche, biologiche e farmacologiche e le sue applicazioni
analitiche vanno dalle analisi biochimiche per il rilevamento di sostanze chimiche
pericolose nelle acque di scarico alla produzione di dispositivi in grado di emettere
luce2, a saggi diagnostici clinici utilizzati per la “mappatura” del DNA3 o per la
ricerca contro il cancro4.
Storicamente l’elettrochemiluminescenza è stata osservata per la prima volta
negli anni ’60 del secolo scorso su policiclici aromatici come il rubrene, l’antracene,
il 9,10-difenilantracene (DPA, fig. 1.2b) e molecole correlate5,6, ma già dalla fine
degli anni venti si sapeva dell’emissione di luce in seguito all’elettrolisi di
determinati composti. Nel 1927 Dufford osserva l’emissione anodica di una
soluzione contenente un composto di Grignard in condizioni di reazione molto
drastiche; due anni più tardi Harvey pubblica degli esperimenti sull’elettrolisi del
luminolo (5-ammino-2,3-diedro-1,4-ftalazinadione, fig. 1.2a) in soluzione acquosa
alcalina.
Grazie a Feldberg7 nel 1966 vengono poste le basi teoriche dell’ECL e quindi
del suo impiego analitico. Negli anni ’70 lo studio fu esteso ad altri sistemi quali i
composti chelati del rutenio (rutenio(II)tris(2,2’-bipiridile), Ru(bpy)32+, fig. 1.2c) ed i
suoi derivati polimerici.
Gli esperimenti venivano finora condotti in solventi non acquosi come la
N,N-dimetilformammide o l’acetonitrile ma, verso la fine degli anni ’70, si ottenne
l’ECL in soluzione acquosa attraverso l’ossidazione elettrochimica del Ru(bpy)32+ in
presenza di acido ossalico, H2C2O4.
10
Capitolo 1
Nell’ultimo ventennio la tecnica ECL viene utilizzata per lo sviluppo di
biosensori e, grazie all’impiego di ultramicroelettrodi (UME) e di elettrodi
interdigitati che permettono di perturbare i sistemi elettrochimici con frequenze
molto elevate, sono state studiate cinetiche di reazioni molto veloci.
a. luminolo
b. 9,10-difenilantracene
c. rutenio(II)tris(2,2’-bipiridile)
Figura 1.2 Struttura dei luminofori più studiati.
Le specie chimiche che portano all’elettrochemiluminescenza sono generate
principalmente attraverso due meccanismi: l’annichilazione e l’uso di co-reagenti.
Ognuno di questi meccanismi offre diversi vantaggi e segue un cammino differente
per generare lo stato eccitato che successivamente emetterà la luce.
Secondo la fotochimica tradizionale l’annichilazione può essere definita come
l’evento in cui “due atomi o molecole, entrambi in uno stato elettronico eccitato,
interagiscono (solitamente con una collisione) per produrre un atomo o molecola in
uno stato elettronico eccitato e l’altra nel suo stato elettronico fondamentale”8,9. Nel
nostro caso i due precursori molecolari non sono solitamente in uno stato
fotochimico eccitato ma piuttosto in uno stato elettronico differente dal loro stato
elettronico fondamentale.
Lo schema di annichilazione ECL prevede di solito due stadi di potenziale:
uno ossidativo ed uno riduttivo. Un esempio di luminoforo che segue il meccanismo
di annichilazione è il 9,10-difenilantracene (DPA) per cui sia il catione che l’anione
sono prodotti alla superficie dell’elettrodo: questi due poi si ricombinano per formare
una molecola di DPA nello stato fondamentale ed una nello stato eccitato 1DPA*.
11
Introduzione
Schema 1.3
DPA – e–
DPA•+
(1.20)
DPA + e–
DPA•–
(1.21)
DPA•+ + DPA•–
1
DPA*
DPA + 1DPA*
(1.22)
DPA + hν
(1.23)
Il massimo di emissione per DPA cade alla lunghezza d’onda di 512 nm (
max).
Un
voltammogramma tipico del processo appena descritto è riportato in fig. 1.3.
Figura 1.3 Voltammetria ciclica del luminoforo 9,10-difenilantracene. Onde di ossidazione, a destra,
e di riduzione a sinistra.
Lo stato di singoletto 1DPA* può anche essere popolato per annichilazione di due
molecole di DPA nello stato di tripletto attraverso una seconda via chiamata T-route.
3
DPA* + 3DPA* → DPA + 1DPA*
(1.22’)
Un vantaggio di questo meccanismo consiste nel fatto che esso richiede la
presenza in soluzione della sola specie elettrochemiluminescente, più naturalmente il
solvente e l’elettrolita di supporto necessari all’esperimento elettrochimico. Nello
stesso tempo, però, il solvente e l’elettrolita di supporto devono avere una finestra di
potenziale abbastanza ampia per permettere sia l’ossidazione che la riduzione del
DPA. Molti solventi organici tra cui principalmente la N,N-dimetilformammide e
l’acetonitrile possiedono questa caratteristica, mentre l’acqua in questo caso risulta
un solvente non adatto.
12
Capitolo 1
La difficoltà di condurre esperimenti ECL in acqua attraverso il meccanismo
di annichilazione ha aperto la strada all’uso di co-reagenti. In questa pratica un’altra
specie, ad esempio la tripropilammina10,11, è presente in soluzione e viene ossidata o
ridotta nello stesso step di potenziale della specie emittente; il co-reagente quindi
produce una nuova specie che reagisce con il luminoforo per creare uno stato
eccitato. Ci sono molti tipi di co-reagenti2,12, i più citati sono le ammine terziarie, lo
ione persolfato e lo ione ossalato.
Solitamente il meccanismo richiede uno step di potenziale oppure una
scansione in una sola direzione. Nel caso dell’ossidazione il co-reagente viene
ossidato e produce un agente riducente che agisce come donor di elettroni verso la
forma ossidata del luminoforo ECL, che si è formata contemporaneamente: questo
meccanismo è chiamato “ossidativo-riduttivo”. In alternativa, il meccanismo
“riduttivo-ossidativo” richiede la riduzione elettrochimica del co-reagente che
successivamente forma una specie ossidante e ossida la forma ridotta del luminoforo.
La TPrA è stata il co-reagente più studiato e più largamente utilizzato e
rimane la specie che fornisce il più alto livello di emissione di luce se utilizzata con il
rutenio(II)tris(2,2’-bipiridile) come luminoforo ECL. Il meccanismo di questo
processo comprende vari schemi di reazione, il più conosciuto è lo schema 1.4.
Schema 1.4
Ru(bpy)32+
TPrA
Ru(bpy)33+ + e-
TPrA•+ + e-
TPrA•+
Ru(bpy)32+
(1.25)
TPrA• + H+
Ru(bpy)33+ + TPrA•
∗
(1.24)
(1.26)
∗
Ru(bpy)32+ + prodotti
Ru(bpy)32+ + hν
(1.27)
(1.28)
Il massimo di emissione per Ru(bpy)32+ cade a 610 nm (λmax).
Naturalmente misure ECL che utilizzano co-reagenti possono essere condotte anche
in solventi non acquosi come l’acetonitrile.
Riassumendo, i principali sistemi ECL sono riportati di seguito:
13
Introduzione
PRINCIPALI SISTEMI ECL
COMPOSTI ORGANICI
COMPOSTI
INORGANICI
COMPOSTI CL
USATI PER ECL
9,10-difenilantracene
Sistema Ru(bpy)32+-ossalato
Sistema Ru(bpy)32+-TPA
Luminolo
(3-amminoftalidrazide)
Pirene
(in soluzioni fredde di DMSO)
Sistema Ru(bpy)32+-persolfato
Lucigenina
Fenantrene
Ru(bpz)32+
bpz = bipirazina
Idrazidi cicliche in mezzi
micellari
Rubrene-TMPD
(tetrametil-p-fenilendiammina)
Os(bpy)32+
bis(2,4,6-triclorofenil)
perossiossalato
Sistema persolfato – idrocarburi
aromatici
Os(bpz)32+
Tetracene – TMPD
Pt2(difosfonato)44-
Derivati arilici della
N,N –dimetilanilina
Pd e Pt (terafenilporfirine)
Derivati arilici di
Isobenzofurani e indoli.
Mo6Cl142-
Fluorantrene-10-metilfenotiazina
Cr(bpy)32+
In conclusione, la tecnica ECL è già molto utilizzata in chimica, biologia e
fisica ma, attraverso la scoperta di nuove specie emittenti, di nuovi co-reagenti e di
nuovi metodi di utilizzo che ne aumentino la selettività e la sensibilità, la ricerca in
quest’area rimane in continuo fermento.
14
Capitolo 1
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2) Electrogenerated Chemiluminescence, ed. A. J. Bard, Marcel Dekker, New York,
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11) Leland J. K., Powell M. J., J. Electrochem. Soc., 1990, 137, 3127
12) Richter M. M., Chem. Rev., 2004, 104, 3003
15
Introduzione
1.3 Elettrodi e materiali elettrodici
1.3.1 Elettrodi di materiali carboniosi
Le applicazioni dei vari tipi di elettrodi a base di carbonio (elettrodi a grafite
pirolitica, PGE, elettrodi glassy carbon, GCE, o elettrodi a pasta di carbonio, carbon
paste electrodes) sono state sviluppate non senza qualche problema di carattere
tecnico come la formazione di composti superficiali, che ha sempre preoccupato i
chimici analitici e gli elettrochimici che usano vari tipi di elettrodi al carbonio1. La
loro popolarità deriva dal fatto che hanno buone proprietà elettrocatalitiche e, ancora,
sono meno suscettibili alla contaminazione superficiale rispetto a materiali come il
platino e l’oro che vengono facilmente ossidati alla superficie2.
Risultati anomali ottenuti con questi elettrodi sono stati attribuiti alla
formazione di film superficiali, dovuti a specie chemisorbite o all’ossidazione del
carbonio3-6. Inoltre, alcune tecniche di rigenerazione della superficie possono portare
a risultati non riproducibili6,7.
Tutto ciò porta a considerare il fatto che sia la struttura, sia il trattamento
della superficie carboniosa influenzano le caratteristiche ed il comportamento
dell’elettrodo.
1.3.2 Rigenerazione della superficie elettrodica carboniosa e formazione di
composti superficiali
Ci sono due modi principali per preparare la superficie di un elettrodo a base
di carbonio: l’abrasione della superficie attraverso lo sfregamento su del
Carborundum (carta a base di SiC), oppure il taglio degli ultimi strati di carbonio in
modo tale da esporne di nuovi. La seconda tecnica porta ad una superficie più
riproducibile perché l’abrasione rompe un maggior numero di legami tra atomi
adiacenti e tra piani adiacenti. L’energia della rottura dei legami, inoltre, viene in
parte dissipata come calore e, se lo sfregamento viene condotto all’aria, la
combinazione del calore con l’energia della superficie trattata porta all’ossidazione
del carbonio per mezzo dell’ossigeno atmosferico e forma vari composti carbonioossigeno.
16
Capitolo 1
Il comportamento di questi elettrodi è associato alla presenza di composti di
varia natura e complessità prodotti durante la loro preparazione oppure durante il
loro utilizzo in condizioni elettrolitiche. Ad esempio è noto come l’interazione di gas
contenenti ossigeno con superfici carboniose porti alla formazione di stabili specie
superficiali ossigenate e anche di prodotti gassosi.
Anche se è difficile definire precisamente i composti superficiali sul carbonio
si può predire un 20% o meno8 di ossigeno presente, dal momento che i composti
superficiali più importanti sono quelli inizialmente prodotti dall’interazione
dell’ossigeno con il carbonio aromatico della superficie.
Henning9 ha postulato l’esistenza di vari tipi di ossidi superficiali (fig. 1.4). Si
pensa che il tipo B sia il più reattivo nel formare specie volatili, mentre il tipo C non
è presente in alte concentrazioni. Dal momento che l’ossigeno è legato ad un
carbonio che faceva parte di un sistema di anelli aromatici è logico aspettarsi che
dall’ossidazione superficiale si generino funzionalità di tipo organico.
Figura 1.4 Struttura degli ossidi superficiali della grafite ipotizzata da Henning.
Lyng10, che ottenne la prova della presenza di gruppi idrossilici, carbonilici e
carbossilici, evidenziò come gruppi carbonilici e fenolici tra loro prossimi e con
un’orientazione favorevole possano formare legami ad idrogeno.
Oltre a quelli già citati vennero rilevati altri quattro gruppi funzionali, questa
volta di tipo acido11. Il Gruppo I comprende i gruppi carbossilici più forti, il Gruppo
II vede la presenza di gruppi carbossilici più deboli che formano lattoni con
l’adiacente Gruppo IV. Il Gruppo IV, il meno acido, consiste di carbonili,
probabilmente aldeidi; il Gruppo III è identificato da gruppi fenolici e/o idrossilici.
17
Introduzione
Evidenze elettrochimiche della presenza di coppie redox chinone-idrochinone
sono state riportate da molti autori3,6,12-15.
Figura 1.5 Gruppi funzionali organici acidi rilevati sulle superfici grafitiche.
1.3.3 L’elettrodo Glassy Carbon
Il glassy carbon viene attualmente molto utilizzato in elettrochimica come
materiale elettrodico per analisi in tracce di sostanze elettroattive e come base per
elettrodi modificati superficialmente. Le proprietà che hanno permesso la diffusione
di questo materiale sono l’ampia finestra di potenziale utilizzabile, la sua
impermeabilità a gas e liquidi e la facilità con cui la sua superficie può appunto
venire modificata16.
Il GC viene solitamente sintetizzato attraverso uno speciale trattamento
termico di resine polimeriche fenolo-formaldeide. La carbonizzazione in fase solida,
in cui i componenti aromatici sono piuttosto fissi nelle loro posizioni e quindi poco
mobili, permette di ottenere il maggior disordine possibile nell’impacchettamento del
carbone prodotto. Il processo di carbonizzazione viene condotto molto lentamente in
un range di temperature che va da 300 a 1200 °C per assicurare l’eliminazione di
ossigeno, azoto e idrogeno. Polimeri termoindurenti o materiali simili a pece
stabilizzati o solidificati nei primi stadi della carbonizzazione producono il glassy
carbon prevenendo la crescita di cataste aromatiche o esagonali ed il loro
allineamento17. Il materiale ottenuto ha una struttura molto compatta, con un alto
grado di casualità nell’impacchettamento dei piani grafitici.
18
Capitolo 1
Figura 1.6 Processo di carbonizzazione a partire da composti aromatici. Si ottengono prodotti diversi
modificando gli stadi del processo.
La superficie è quindi irregolare, formata da moltissimi interstizi tra un layer
grafitico e l’altro e dipende molto dalla struttura fisica del materiale carbonioso
utilizzato. In particolare sperimentalmente è stato trovato che più alta è la
compattezza del materiale, minore è l’attività superficiale, soprattutto nella
formazione delle funzionalità carbonio-ossigeno2. In questo caso, infatti, è minore il
numero di carboni superficiali con valenze libere disponibili alla formazione di
legami con l’ossigeno.
Per migliorare le proprietà elettrochimiche dell’elettrodo, procedura chiamata
attivazione, vengono utilizzati vari metodi che possono essere di tipo elettrochimico
(applicazione di un potenziale di pre-condizionamento), di tipo chimico (ambiente di
lavoro, pH) o di tipo fisico (pulizia della superficie).
L’attivazione per ossidazione della superficie a potenziali di circa 1.8 V vs.
Ag/AgCl in acido solforico, ad esempio, porta ad un incremento della concentrazione
di ossigeno superficiale rispetto all’elettrodo non trattato riscontrato attraverso
misure XPS (X-ray Photoelectron Spectroscopy). I gruppi funzionali ossigenati
rilevati dalle analisi XPS sono gli stessi citati in precedenza. Inoltre, se lo stesso
elettrodo ossidato viene successivamente trattato a potenziali riduttivi, -0.20 V vs.
Ag/AgCl, si nota la rimozione di parte dell’ossigeno introdotto durante lo stadio di
ossidazione18.
19
Introduzione
Figura 1.7 Rappresentazione schematica della superficie dell’elettrodo GC dopo la procedura di
attivazione.
Anche il pH di lavoro svolge un ruolo importante nell’ossidazione della
superficie; in ambienti sempre più alcalini il grado di ossidazione decresce forse
perché l’elettrolisi ad alti pH è in grado di ossidare solo le funzionalità già presenti
sulla superficie e non la struttura grafitica sottostante19.
Concludendo, risulta facile capire quanto le proprietà della superficie
elettrodica dipendano dal pre-condizionamento scelto, si possono cioè ottenere
superfici chimicamente diverse a seconda del potenziale applicato e del pH a cui si
opera. Questa pratica è molto utile per ottimizzare la risposta del GCE in base al
lavoro sperimentale che si sta svolgendo.
1.3.4 Microelettrodi
Con il termine microelettrodo si intende un elettrodo con almeno una
dimensione non maggiore di 25 µm. Tra i vari vantaggi di questi tipi di elettrodi si
segnala nel nostro caso l’alta velocità del trasporto di massa delle specie elettroattive
ai bordi del microelettrodo, aumentata dalla diffusione radiale (non planare). Questo
“effetto bordo” contribuisce enormemente alla corrente di diffusione totale e la
velocità del trasporto di massa da e verso l’elettrodo aumenta al diminuire della
20
Capitolo 1
dimensione dell’elettrodo. Conseguentemente all’aumento della velocità del
trasporto di massa e alla riduzione della corrente di carica i microelettrodi mostrano
ottime caratteristiche per quanto riguarda il rapporto tra il segnale analitico ed il
fondo della misura. Inoltre correnti limite stazionarie o quasi stazionarie sono
raggiunte rapidamente ed il contributo del trasporto convettivo è trascurabile.
Importante risulta essere il fatto che reazioni redox limitate dal trasporto di massa nel
caso di macroelettrodi diventano limitate dal trasferimento elettronico utilizzando
microelettrodi e aprono molte prospettive per studi cinetici in tal proposito.
La corrente totale di diffusione limite è composta dal flusso della componente
radiale e dal flusso della componente planare:
itotale = i planare + iradiale
(1.29)
Per geometrie a disco, sferiche ed emisferiche, l’espressione generale per la
componente radiale è data da:
iradiale = arnFDC
(1.30)
dove r è il raggio dell’elettrodo, n il numero di elettroni scambiati durante il processo
redox, F la costante di Faraday, D e C sono il coefficiente di diffusione e la
concentrazione analitica della specie elettroattiva. Il parametro a, invece, è funzione
della geometria dell’elettrodo; per dischi, sfere ed emisfere esso è uguale a 4, 4 , e
2 , rispettivamente. La diffusione radiale porta ad un flusso più grande al perimetro
dell’elettrodo piuttosto che al centro, e quindi ad una densità di corrente non
uniforme20.
Il grado in cui domina la componente radiale o planare dipende dalle
dimensioni relative dell’elettrodo e dello strato di diffusione, come espresso dal
parametro adimensionale Dt/r02 dove t è il tempo dell’esperimento ed r0 il minor
raggio dell’elettrodo21. Per valori del rapporto maggiori di 1 la corrente raggiunge
uno stato stazionario (diffusione radiale) e si osservano voltammogrammi a forma di
sigmoide. La diffusione planare predomina invece per valori piccoli (< 1) di Dt/r02,
portando alla classica forma a picco. Di conseguenza risulta essenziale lavorare con
21
Introduzione
velocità di scansione basse per dilatare la scala dei tempi ed essere sicuri di ottenere
misure in diffusione radiale.
22
Capitolo 1
BIBLIOGRAFIA
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19) Kozlowski C., Sherwood P. M. A., J. Chem. Soc., Faraday Trans. 1, 1985, 81,
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20) Wang J., Analytical Electrochemistry, 2nd edition; Wiley-VCH Ed.; New York,
2000
21) Heinze J., Angew. Chem. (Eng. Ed.), 1993, 32, 1268
23
Introduzione
24
Capitolo 2
CAPITOLO 2: Scopo della tesi
Le caratteristiche chimiche delle ammine terziarie le rendono molto
importanti sia nella sintesi organica che in biochimica. La grande varietà di reazioni
a cui sono in grado di sottostare le ha viste impiegare in moltissimi contesti, non
ultimo nella visualizzazione del DNA ed il monitoraggio della presenza di patogeni
molto pericolosi come l’antrace. Questo è stato possibile per le caratteristiche redox
di tali ammine che le eleggono a privilegiati co-reagenti nelle reazioni di
elettrochemiluminescenza di diversi complessi di metalli di transizione tra cui il più
noto è il rutenio(II)tris(2,2’-bipiridile), Ru(bpy)32+.
Per questi motivi è importante conoscere quanto più possibile sulla loro natura e sulla
loro reattività chimica.
In questa tesi ci si prefiggono due scopi:
1) la messa a punto di un metodo sperimentale per la determinazione del
potenziale di ossidoriduzione della tripropilammina, basato sulla teoria di Marcus,
sfruttando proprio le proprietà redox della tripropilammina come co-reagente nella
reazione con diversi mediatori redox inorganici. Con l’ausilio della simulazione
digitale, si cercherà di ottenere parametri cinetici e termodinamici;
2) lo studio delle proprietà elettrochemiluminescenti della tripropilammina da
sola, in assenza di tradizionali luminofori come il Ru(bpy)32+. Il sistema verrà
caratterizzato
e
sarà
proposto
L’elettrochemiluminescenza delle
un
meccanismo
ammine terziarie è
di
reazione.
stata rarissimamente
menzionata in letteratura e mai approfondita, almeno per quanto ci è dato di sapere,
pertanto si intende dare anche in questo contesto un contributo al completamento
delle conoscenze su questi importanti composti.
25
Scopo della tesi
26
Capitolo 3
CAPITOLO 3: Parte sperimentale, materiali,
strumentazione, tecniche
3.1 Misure elettrochimiche
Le misure elettrochimiche vengono condotte utilizzando la tipica cella a tre
elettrodi costituita da un elettrodo lavorante (WE), nel nostro caso un microelettrodo
di Pt con diametro 20 µm e, per alcune misure, un elettrodo rotante GC del diametro
di 3 mm, da un elettrodo di riferimento (RE) Ag/AgCl, ed infine da un
controelettrodo (CE) di platino. Il sistema di misura viene completato da
un’ancoretta magnetica per l’agitazione della soluzione elettrolitica e da un
gorgogliatore per il degasaggio con azoto. Il tutto viene posto all’interno di una
gabbia di Faraday.
Figura 3.1 Rappresentazione della cella per le misure elettrochimiche. Gli elettrodi e le
apparecchiature ausiliarie (gorgogliatori, pH-metri, termometri, etc.) vengono solitamente inseriti
nella soluzione attraverso un coperchio a cinque fori.
L’elettrodo lavorante è l’elettrodo su cui avviene la reazione di interesse
mentre l’elettrodo di riferimento fornisce un potenziale stabile, riproducibile ed
indipendente dalla composizione della soluzione elettrolitica. Quest’ultimo è
27
Parte sperimentale, materiali, strumentazione, tecniche
posizionato il più vicino possibile all’elettrodo lavorante ed ha la peculiarità di non
essere polarizzato; infatti esso è connesso allo strumento di misura attraverso un
circuito ad alta resistenza che non permette il flusso di corrente. Per questo motivo
un terzo elettrodo viene immerso nella soluzione in modo tale che la corrente possa
fluire tra il lavorante e l’elettrodo ausiliario (CE). Il RE viene utilizzato per avere un
potenziale noto verso cui comparare il potenziale effettivamente applicato
all’elettrodo di lavoro.
3.1.1 Determinazione dell’area del microelettrodo di Pt
Per calcolare il raggio del microelettrodo da noi utilizzato nelle misure
sperimentali ci siamo riferiti all’equazione 1.30, assumendo come parametro a quello
relativo a geometrie a disco. Viene riportata in grafico la corrente limite di diffusione
radiale di soluzioni a concentrazione crescente di K4Fe(CN)6 e dalla pendenza della
retta di regressione è stato calcolato il raggio del nostro elettrodo.
8
6.0
6
I (nA)
I (nA)
4.5
4
3.0
2
1.5
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.0
0.5
0
a.
1
2
3
[K4Fe(CN)6] (mM)
E (V) vs Ag/AgCl
b.
Figura 3.2 a) Scansioni lineari di K4Fe(CN)6; b) retta di regressione ottenuta per il calcolo del raggio
del microelettrodo. Condizioni sperimentali: elettrolita di supporto KCl 0.2 M, K4Fe(CN)6 da 0.5 mM
a 3 mM, microelettrodo di Pt, riferimento Ag/AgCl, controelettrodo di Pt, misure in atmosfera di N2.
La fig. 3.2b mostra l’ottima retta ottenuta (R = 0.99995) dal fitting dei dati
sperimentali. Con una pendenza di 2.24·10-9 e assumendo un coefficiente di
diffusione D per il K4Fe(CN)6 pari a 6.3·10-6 cm2/s, 1 si ricava un raggio r = 9.2 µm,
leggermente inferiore a quello dichiarato (10 µm).
28
Capitolo 3
3.1.2 Reagenti e strumentazione
-
Rutenio(II)tris(2,2’-bipiridile)dicloruro esaidrato (C30H24Cl2N6Ru·6H2O,
Aldrich, 99.95%)
-
Potassio esacianorutenio(II) idrato (K4Ru(CN)6·xH2O, Aldrich)
-
Ferro(II)tris(2,2’-bipiridile)solfato (C30H24O4N6SFe, sintetizzato in
laboratorio2)
-
Rutenio(II)tris(1,10-fenantrolina)metilsolfato (C38H26O8N6S2Ru, sintetizzato
in laboratorio3)
-
Potassio esacloroiridato(IV) (K2IrCl6, Sigma-Aldrich, 99.99%)
-
Tripropilammina (C9H21N, Aldrich, 98%)
-
Sodio diidrogenofosfato (NaH2PO4, Carlo Erba, 98%)
-
Potassio ferrocianuro triidrato (K4Fe(CN)6·3H2O, Carlo Erba, 99.5%)
-
Potassio cloruro (KCl, Prolabo, 99.5%)
-
Sodio idrossido (NaOH, Aldrich, 97+ %)
-
Acido ortofosforico (H3PO4, Carlo Erba, 85%)
-
Acqua milli-Q
Lo
strumento
utilizzato
per
le
misure
voltammetriche
è
stato
un
potenziostato/galvanostato AUTOLAB PGSTAT100 interfacciato al PC e pilotato con
il software GPES MANAGER. Per le misure di pH si è invece utilizzato un pH-metro
CRISON GLP 21, dotato di elettrodo a vetro INGOLD mod. 405-57/120; la
calibrazione dello strumento è stata eseguita con soluzioni tampone a pH = 4 e
pH = 7 una volta alla settimana. Il software utilizzato per le simulazioni è il DigiSim
3.03.
3.2 Misure di elettrochemiluminescenza
La cella utilizzata negli esperimenti di elettrochemiluminescenza è stata
realizzata nei nostri laboratori e consiste di un corpo centrale di Teflon
(politetrafluoroetilene) che nel piano inferiore è caratterizzato dalla presenza di una
finestra ottica intercambiabile di plexiglass o di vetro fissata grazie ad una
29
Parte sperimentale, materiali, strumentazione, tecniche
guarnizione anch’essa di Teflon. La guarnizione, a sua volta, è dotata di un
alloggiamento che ospita dal basso un fotomoltiplicatore (PMT) per la cattura delle
radiazioni emesse. La cella viene chiusa ad incastro da un coperchio in Teflon nero
dotato di cinque fori per l’inserimento degli elettrodi e di sonde ausiliarie. La scelta è
ricaduta su questo materiale per la sua resistenza a solventi organici, per rendere
minimo l’effetto della luce proveniente dall’esterno e per minimizzare effetti di
riflessione all’interno.
La configurazione elettrochimica è a tre elettrodi come nel caso precedente,
ma il WE questa volta è un elettrodo rotante a punta intercambiabile posizionato nel
foro centrale in asse con il fotomoltiplicatore. Vengono utilizzati vari tipi di materiali
elettrodici (principalmente il GC, ma si effettuano prove anche con Pt, Au, Ti,
Carbon Paste e Carbon Nanotubes, come descritto in seguito) tutti con un diametro
di 3 mm e posizionati a 0.5 mm dalla finestra ottica in modo da raccogliere il
massimo cono di emissione luminosa; la geometria della cella è tale da mantenere
fissa la posizione del PMT e dell’elettrodo rotante e massimizzare la riproducibilità
dei dati. L’elettrodo di riferimento è sempre Ag/AgCl, mentre il controelettrodo è
una barra di platino. Nella cella trovano posto anche un gorgogliatore per misure in
atmosfera di ossigeno e di azoto e un pH-metro per il controllo del pH di lavoro.
1. Alloggiamento
fotomoltiplicatore
2. Finestra ottica
3. Contenitore soluzioni
elettrolitiche
4. Coperchio forato
5. Alloggiamento elettrodo
rotante
6. Fori per elettrodi e
strumentazione ausiliaria
Figura 3.3 Schema della cella per misure ECL.
30
Capitolo 3
Il sistema cella-PMT è posto all’interno di una gabbia di Faraday, un cubo di
lamiera di ferro interamente verniciato di nero che oltre a funzionare come gabbia di
Faraday impedisce l’ingresso di luce dall’ambiente esterno; la gabbia è dotata di
apertura frontale e appositi collegamenti per la strumentazione elettronica.
3.2.1 Reagenti e strumentazione
-
Tripropilammina (C9H21N, Aldrich, 98%; Aldrich, 99+ %; Fluka, 98%)
-
Trietilammina (C6H15N, Janssen Chimica, 99+ %)
-
Tributilammina (C12H27N, Aldrich, 98.5+ %)
-
Tripentilammina, miscela di isomeri (C15H33N, Aldrich, 98+ %)
-
N-Metildipropilammina (C7H17N, Aldrich, 98%)
-
N, N-Dietilidrossilammina (C4H11NO, Aldrich, 98+ %)
-
Triallilammina (C9H15N, Aldrich, 99%)
-
N-Metilpiperidina (C6H13N, Aldrich, 99%)
-
N-Etilpiperidina (C7H15N, Aldrich, 99%)
-
Tropina idrata (C8H15NO·xH2O, Aldrich, 98+ %)
-
Tropinone (C8H13NO, Aldrich, 99%)
-
1,4-Diazobiciclo-[2.2.2]ottano (C6H12N2, Sigma, 99.9%)
-
Acido 4-amminobenzoico (C7H7NO2, 99.5%)
-
Sodio diidrogenofosfato (NaH2PO4, Carlo Erba, 98%)
-
Sodio idrossido (NaOH, Aldrich, 97+ %)
-
Acido ortofosforico (H3PO4, Carlo Erba, 85%)
-
Acetonitrile (CH3CN, Aldrich, 99.8%)
-
Tetraidrofurano (C4H8O, Carlo Erba, 99.5%)
-
Metanolo (CH3OH, Carlo Erba, 99.9%)
-
N,N-Dimetilformammide (C3H6NO, distillata in laboratorio)
-
Ferro(II)ammonio solfato esaidrato ((NH4)2Fe(SO4)2·6H2O, Prolabo, 99.5%)
-
Acqua ossigenata (H2O2, BDH, 30%)
-
Acqua milli-Q
La strumentazione utilizzata per le voltammetrie e le misure di pH è la stessa
descritta nella sezione 3.1.2. Per quanto riguarda le misure ECL, il fotomoltiplicatore
è un mod. R7400U-20 della HAMAMATSU, l’oscilloscopio è un LECROY a due
31
Parte sperimentale, materiali, strumentazione, tecniche
canali, mod. 9350, 500 MHz, che registra i segnali di potenziale e di luce emessa e
collegato al software Scope Explorer per la rielaborazione dei segnali, infine
l’elettrodo lavorante rotante è fornito dalla TACUSSEL, mod. EDI 78212.
3.3 Preparazione degli elettrodi Carbon Paste e Carbon Nanotubes
Paste
Gli elettrodi a pasta di grafite e a pasta di nanotubi di carbonio sono preparati
in laboratorio mescolando polvere di grafite (CP) oppure nanotubi di carbonio a
parete singola (SWNT) con olio minerale nel rapporto 60/40 (% w/w) in un mortaio
fino ad ottenere un prodotto omogeneo. La pasta viene quindi impaccata in una
cavità del diametro di 3 mm e di profondità di 2 mm all’estremità di un supporto in
Teflon. Il contatto elettrico è fornito da un filo conduttore di rame connesso alla pasta
all’interno della cavità del supporto in Teflon. La superficie così ottenuta viene
quindi lucidata su carta Carborundum e lavata con acqua milli-Q prima di ogni
misura4.
32
Capitolo 3
BIBLIOGRAFIA
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33
Parte sperimentale, materiali, strumentazione, tecniche
34
Capitolo 4
CAPITOLO 4: Risultati e discussione
4.1 Calcolo di parametri cinetici e termodinamici per la
Tripropilammina
In questa sezione viene discussa la parte di elettrochimica rivolta alla
determinazione del potenziale di ossidoriduzione della TPrA e di alcuni parametri
calcolabili utilizzando la trattazione di Marcus.
4.1.1 Ossidazione in fase omogenea della TPrA
I mediatori redox utilizzati nella nostra esperienza sono stati scelti per la loro
stabilità in ambiente acquoso ai vari pH di lavoro e per il loro potenziale di
ossidazione compreso in una finestra di valori opportuni tali da consentire
l’ossidazione in fase omogenea dell’ammina. Le loro caratteristiche vengono
riassunte nella tabella 4.1.
Tabella
4.1
Parametri
termodinamici
dei
mediatori
utilizzati.
Bpy
=
2,2’-bipiridile;
phen = 1,10-fenantrolina
Mediatore (R)
Ru(CN)64Fe(bpy)32+
Ru(bpy)32+
Ru(phen)32+
E°R/Q vs NHE
0.93
1.07
1.28
1.30
wp
-0.03
+0.01
+0.01
+0.01
Per aumentare il numero di mediatori e rendere più consistente il calcolo di
E°TPrA e G0 con la teoria di Marcus sono stati sintetizzati in laboratorio altri due
complessi di Fe2+ che però si sono rivelati non adatti per l’impiego in questa
esperienza a causa della loro insolubilità in ambiente acquoso, Fe(dpphen)32+
(dpphen = 4,7-difenil 1,10-fenantrolina), oppure per la loro ossidazione di carattere
irreversibile, Fe(dcphen)32+ (dcphen = 4,7-dicloro 1,10-fenantrolina).
35
Risultati e discussione
Nella fig. 4.1 sono invece riportate le voltammetrie cicliche (CV) ottenute per
i vari complessi ed utilizzate per il calcolo del loro potenziale di ossidazione secondo
la seguente formula valida per sistemi reversibili:
 E p ,a + E p ,c
E R0 / Q = 
2




(4.1)
Per una più facile interpretazione visiva i voltammogrammi sono stati normalizzati.
1.2
4-
Ru(CN)6
Inormalizzata (a.u.)
2+
Fe(bpy)3
0.8
2+
Ru(bpy)3
2+
Ru(phen)3
0.4
0.0
-0.4
-0.8
0.4
0.6
0.8
1.0
1.2
E (V)
a.
1.2
2+
Inormalizzata (a.u.)
Fe(dpphen)3
2+
Fe(dcphen)3
0.8
0.4
2+
Coppia redox Fe /Fe
non reagito
3+
0.0
-0.4
0.0
0.3
0.6
0.9
1.2
1.5
E (V)
b.
Figura 4.1 a) CV dei complessi utilizzati, b) CV dei complessi sintetizzati e scartati. Condizioni
sperimentali: elettrodo lavorante GCE, 3 mm di diametro, elettrodo di riferimento Ag/AgCl,,
controelettrodo di Pt, velocità di scansione
= 0.1 V/s. a) misure effettuate in PBS 0.1 M; b) misure
effettuate in KCl 0.1 M.
36
Capitolo 4
4.1.2 Calcolo di km, E°TPrA e G0 per i diversi sistemi mediatore-TPrA
La valutazione di km, E°TPrA e G0 può essere ottenuta dalla conoscenza della
costante cinetica k4,obs che si può a sua volta ricavare misurando l’intensità della
corrente limite che deriva dall’ossidazione del solo mediatore (is0) e la corrente limite
del mediatore in presenza di TPrA a concentrazioni via via maggiori (is). Plottando in
grafico il rapporto di queste due correnti contro la concentrazione di TPrA aggiunta
si ottiene, per regressione, una retta con pendenza proporzionale alla k4,obs (eq. 1.8).
Successivamente si ottiene il valore di k, costante di velocità intrinseca per l’ammina,
che richiede il calcolo di k4,obs a vari valori di pH (eq. 1.9). L’eq. 1.9 viene riscritta
nella più comoda forma:
log k 4 , obs = log k − pK a + pH
(4.2)
in cui viene operata l’eliminazione del fattore 1 che risulta trascurabile rispetto
all’esponenziale per pH di lavoro minori di 8.5. In questo modo si può ricavare la
costante k dall’intercetta della regressione di log k4,obs contro il pH. A questo punto
dall’eq. 1.10 otteniamo facilmente il valore di km da inserire poi nell’equazione di
Marcus. L’equazione 1.9 descrive il piano della fig. 4.2 che permette di ottenere i
risultati appena descritti. Le curve teoriche1,2 verranno opportunamente simulate ed i
parametri di simulazione verranno usati come “monitor” per i dati sperimentali.
Le simulazioni si basano su un modello di meccanismo di reazione che viene
usato per simulare e fittare il dato sperimentale. Una volta ottenuto il “fitting”, si
cercherà di riprodurre la curva teorica rappresentata dell’equazione 1.9. Questo
permetterà di verificare la validità del meccanismo proposto e di capire a cosa sono
dovute le eventuali deviazioni dei dati sperimentali. Il meccanismo considerato
coinvolge
molti
stadi rappresentati da
equilibri
acido-base
ed
equilibri
ossidoriduttivi. Prima di tutto devono essere tenuti in considerazione gli equilibri
acido-base del tampone fosfato, che funge anche da elettrolita di supporto, e della
TPrA:
H2PO4-
HPO42- + H+
Pr2N+HCH2Et + HPO42-
(4.3)
Pr2NCH2Et + H2PO4-
37
(4.4)
Risultati e discussione
Questi equilibri sussistono a prescindere dalla applicazione di un potenziale
all’elettrodo. In seguito all’applicazione di una scansione lineare di potenziale si
verifica l’ossidazione del mediatore, R, che dà il via ad una serie di reazioni in fase
omogenea coinvolgendo l’ammina terziaria. Tra questi passaggi si trovano anche
delle reazioni non ossidoriduttive come la deprotonazione del radicale catione
dell’ammina (eq. 4.7), oppure l’idrolisi dell’enammina intermedia e che porta alla
formazione di un’ammina secondaria (eq. 4.9).
R
Q+e
(4.5)
Q + Pr2NCH2Et
Pr2N•+CH2Et
R + Pr2N•+CH2Et
Pr2N• = CHEt + H+
Q + Pr2N• = CHEt
Pr2N+ = CHEt + H2O
Q + Pr2NH
Pr2N•+H
(4.6)
(4.7)
R + Pr2N+ = CHEt
(4.8)
Pr2NH + P1
(4.9)
R + Pr2N•+H
(4.10)
P2
Dato
(4.11)
che
anche
la
TPrA
può
essere
direttamente
ossidata
elettrochimicamente, sono state tenute in considerazione anche quelle reazioni redox
che la vedono coinvolta come tale o come radicale:
Pr2NCH2Et
Pr2N• = CHEt
Pr2N•+CH2Et + e
(4.12)
Pr2N+ = CHEt + e
(4.13)
I parametri termodinamici e cinetici divisi per mediatore e utilizzati per le
simulazioni al computer sono raccolti nella tabella 4.2. I dati riportati si riferiscono
alle specie su cui si sono poi effettuate le misure sperimentali.
38
Capitolo 4
Tabella 4.2 Riassunto dei parametri utilizzati nelle simulazioni e divisi per mediatore
n° reazione
Comune
4.4
4.7
4.9
4.11
4.12
4.13
Ru(CN)64-
4.5
D = 5.9·10-6 cm2/s
4.6
4.8
4.10
Fe(bpy)32+
4.5
D = 4.3·10-6 cm2/s
4.6
4.8
4.10
Ru(bpy)32+
4.5
D = 5.9·10-6 cm2/s
4.6
4.8
4.10
Ru(phen)32+
4.5
D = 5.7·10-6 cm2/s
4.6
4.8
4.10
Keq
5.75·10-4
1·108
10
0.1
E° (V vs NHE)
1.1
-0.2
E° (V vs NHE)
0.93
Keq
2.92·10-3
1.25·1019
1·10-4
E° (V vs NHE)
1.07
Keq
6.78·10-1
2.097·1021
1·10-4
E° (V vs NHE)
1.28
Keq
2.4·103
3.17·1025
1·10-4
E° (V vs NHE)
1.30
Keq
5.23·103
2.24·1025
1·10-4
39
kf
1·105
1·103
1·108
1·107
0.5
0.5
0.5
kf
8.6·104
1·107
1·107
0.5
kf
9.8·105
1·107
1·107
0.5
kf
3.0·107
1·107
1·107
0.5
kf
5.0·107
1·107
1·107
kb
1.58·1012
1·10-5
1·107
1·108
ks (cm/s)
0
1
ks (cm/s)
7.4·10-3
kb
2.95·107
6.37·10-20
1·108
ks (cm/s)
9·10-3
kb
1.45·106
6.37·10-20
1·108
ks (cm/s)
3.5·10-2
kb
1.25·104
6.37·10-20
1·108
ks (cm/s)
2.1·10-2
kb
9.57·103
6.37·10-20
1·108
Risultati e discussione
8
log k4,obs
6
4
2
Modello teorico
Simulazioni
0
4
6
8
10
12
pH
Figura 4.2 Individuazione della zona di lavoro ottimale per il calcolo di km, E°TPrA e G0 riferito alla
TPrA.
Nella fig. 4.2 sono evidenti le zone di pH dove i dati provenienti dalla
simulazione ricoprono esattamente i dati teorici. In particolare, le curve superiore ed
inferiore sono ottenute con valori limite dell’E° del mediatore (1.28 V e 0.95 V,
rispettivamente). Oltre tali limiti il modello fallisce. Sono state inoltre tracciate due
curve trasversali che definiscono l’area in cui si potrà lavorare in condizioni ottimali,
in modo da ottenere i dati più accurati. La curva tracciata in orizzontale tra pH 4.8 e
7.2 è stata ottenuta da dati sperimentali (spiegazione nel prossimo paragrafo), mentre
la linea obliqua superiore (tra pH 8.7 e 9.2) segna l’inizio della deviazione dal
modello teorico. Il limite superiore viene individuato non solo per deviazioni dalla
linearità imputabili alla termodinamica del processo (potenziale di ossidazione del
mediatore, causa invece del limite di lavoro inferiore) ma soprattutto perché la
scarica del solvente al di sopra di 1.3 V copre completamente l’onda di ossidazione
del mediatore.
Si è notato che per mediatori con E° molto diversi rispetto a quello della
TPrA la distanza tra modello teorico e simulazioni diventa sempre maggiore e di
conseguenza non trascurabile. Tutto ciò conforta la nostra scelta di mediatori per le
misure sperimentali in quanto essi sono quelli che subiscono una minore deviazione
dal modello. Dal momento che le nostre misure come già detto si basano
essenzialmente sulla differenza di segnale prodotta dall’ossidazione dell’ammina in
40
Capitolo 4
fase omogenea rispetto alla sola ossidazione del mediatore all’elettrodo, dobbiamo
essere sicuri che essa sia più grande dell’errore strumentale commesso. Per avere una
stima di quest’ultimo si è calcolato l’errore standard della regressione dei dati
sperimentali; successivamente il limite di quantificazione è fissato a 10 volte tale
valore. A questo punto attraverso il programma di simulazione si è ottenuto il valore
di pH al di sotto del quale l’incremento della corrente limite dovuto all’aggiunta di
TPrA in concentrazione 20 mM è minore del limite di quantificazione. Il valore di
20 mM è stato scelto arbitrariamente in modo tale da avere poi la possibilità di
tracciare una retta con almeno 5 valori di concentrazione prima di raggiungere il
limite di solubilità dell’ammina (circa 100 mM a pH maggiori di 10). La stessa
procedura viene ripetuta per ogni mediatore.
Per il calcolo dei parametri km, E°TPrA e G0 è stato possibile lavorare anche
leggermente all’esterno della zona tracciata in fig. 4.2, grazie a delle correzioni che
saranno discusse in seguito, con E° di mediatori leggermente al di sopra ed al di sotto
dei limiti discussi in precedenza. Un esempio dei voltammogrammi ottenuti ed i
grafici utilizzati per l’elaborazione dei dati sperimentali sono riportati in fig. 4.3 e
fig. 4.4.
4
7.5
TPrA 78 mM
3
(iS/iS0)-1
I (nA)
6.0
2
TPrA 10 mM
1
4.5
+
3.0
2+
Ru(bpy)3 0,2 mM
0
0.9
1.0
1.1
1.2
0.10
1.3
a.
0.15
0.20
1/2
E (V)
0.25
0.30
1/2
(CTPrA) (M)
b.
Figura 4.3 a) Voltammetrie di Ru(bpy)32+ in presenza di TPrA, b) Plot utilizzato per il calcolo di
k4,obs. Condizioni sperimentali: misure condotte in PBS 0.1 M a pH 7.0 in presenza di Ru(bpy)32+
0.2 mM e TPrA in concentrazione crescente da 10 a 78 mM; microelettrodo lavorante di Pt, 18.4 µm
di diametro, riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt.
41
Risultati e discussione
2+
Ru(phen)3
8
2+
log k4,obs
Ru(bpy)3
6
2+
Fe(bpy)3
4-
Ru(CN)6
4
2
0
4
6
8
10
12
pH
Figura 4.4 Plot di log k4,obs vs pH per il calcolo di k. Il grafico riassume i dati sperimentali ottenuti e li
confronta con il modello teorico. Simboli: , = dati sperimentali; linea = teorico.
La fig. 4.3a mostra le voltammetrie di soluzioni di Ru(bpy)32+ addizionate di
quantità crescenti di TPrA che evidenziano l’effetto catalitico sul complesso. La fig.
4.3b riporta il grafico che consente di ottenere il valore di k4 da usare nei calcoli
successivi. La fig. 4.4 mostra come le misure sperimentali siano in buon accordo con
il modello teorico fino a pH di circa 8. Al di sopra di tale valore la deviazione dalla
curva di riferimento è notevole come nel caso del Ru(bpy)32+. Kanoufi e Bard2
spiegano questo comportamento con l’ossidazione diretta all’elettrodo di Pt della
TPrA non protonata, sottraendola ai processi di ossidazione in fase omogenea. La
concentrazione di TPrA libera, infatti, aumenta all’aumentare del pH (pKa=10.4). Nel
nostro caso però non si sono riscontrate evidenze sperimentali di ossidazione diretta
dell’ammina neanche a pH maggiori di 8, pensiamo quindi che la flessione sia da
imputare ad una parziale passivazione dell’elettrodo che diminuisce la quantità di
mediatore ossidato prodotto all’elettrodo. I valori di pH e le concentrazioni scelte
sono riassunte nella tabella 4.3 assieme alle costanti di velocità di trasferimento
elettronico omogeneo ricavate dall’elaborazione dei dati sperimentali.
42
Capitolo 4
Tabella 4.3 Parametri utilizzati per le misure sperimentali e costanti di velocità di ossidazione in fase
omogenea per vari ossidanti elettrogenerati.
Mediatore (R)
Ru(CN)64Fe(bpy)32+
Ru(bpy)32+
Ru(phen)32+
Cmediatore
0.6 mM
0.6 mM
0.2 mM
0.6 mM
pH
7.1-8.0
7.0-7.4
5.0-8.0
6.0-6.5
km
8.6·104
9.8·105
3.0·107
5.0·107
I valori di km calcolati sperimentalmente sono leggermente diversi da quelli
forniti dalla simulazione. Assumendo la nostra simulazione come più accurata
rispetto all’approccio approssimato di Bard1,2 nel descrivere i reali processi che
accadono durante l’esperimento elettrochimico, le costanti di velocità della tabella
4.3 vengono corrette secondo un modello matematico che può essere facilmente
compreso analizzando la fig. 4.5. In essa vengono confrontati i valori di km ottenuti
dalla simulazione e dai dati sperimentali ricavate usando le equazioni di Bard. Una
perfetta identità risulterebbe da una pendenza unitaria. Diversamente agli estremi si
osserva una deviazione. La curva dei dai sperimentali è “fittata” accuratamente con
una cubica (R2 = 0.99969) la cui equazione è riportata in fig. 4.5. Questa funzione
viene usata per la correzione dei dati. La correzione produce i risultati di tabella 4.4.
log km simulazioni
9
8
7
6
5
4
3
2
y = -5.867+4.05098 x-0.53087 x +0.03065 x
3
4
5
6
7
8
3
9
log k m modello teorico
Figura 4.5 Correlazione tra le costanti di velocità calcolate con i metodi descritti. La linea tratteggiata
ha pendenza unitaria e rappresenta l’equivalenza dei due metodi.
43
Risultati e discussione
Tabella 4.4 Costanti di velocità corrette per il trasferimento elettronico in fase omogenea della TPrA
Mediatore (R)
Ru(CN)64Fe(bpy)32+
Ru(bpy)32+
Ru(phen)32+
km
7.6·104
8.7·105
3.6·107
6.9·107
L’equazione di Marcus viene ora utilizzata per calcolare il potenziale di
ossidazione dell’ammina, E°TPrA e l’energia libera intrinseca di attivazione
G0
dall’eq. 1.11 attraverso un fitting non lineare dei punti sperimentali corretti come
sopra. L’operazione viene eseguita con il programma di calcolo Origin. Plottando il
log km contro il potenziale di ossidazione dei mediatori redox a cui viene sottratto il
termine elettrostatico, si ottiene il seguente grafico:
8
log km
7
6
Equation: y = 11-P2*(1+(P1-x)/(4*P2))^2/0.059
Chi^2/DoF
= 0.00629
R^2
= 0.99785
5
P1
P2
4
1.0
1.15365
0.25323
1.1
1.2
±0.03246
±0.01688
1.3
E°R/Q - w p (V vs NHE)
Figura 4.6 Plot di Marcus. Le curve tratteggiate rappresentano le bande di confidenza al 95% (più
strette) e le bande di predizione, sempre al 95% (più larghe).
Il “fitting” dei dati sperimentali è buono con una funzione di secondo grado
(R2 = 0.998) ed i valori ottenuti sono 1.15 V e 0.25 eV per il potenziale di
ossidoriduzione e l’energia libera intrinseca di attivazione, rispettivamente.
Alcuni autori2 calcolano per la TPrA dei valori di E°TPrA e di G0 di poco
diversi da quelli appena descritti (1.12 V e 0.26 eV), forse perché le misure sono
effettuate in condizioni leggermente diverse (differenze nella scelta dei mediatori
44
Capitolo 4
redox e nella forza ionica della soluzione elettrolitica). La discrepanza rientra
comunque nei limiti dell’errore ottenuto dal fitting e riportato nel grafico di fig. 4.6.
4.1.3 Ossidazione diretta della TPrA in ambiente alcalino.
Per valutare alcuni parametri cinetici dell’ossidazione della TPrA abbiamo
studiato la sua ossidazione diretta ad un elettrodo GC. Savéant e coautori3 hanno
dimostrato come si possano ottenere informazioni cinetiche e termodinamiche dalla
variazione delle onde voltammetriche caratteristiche in funzione di v, la velocità di
scansione. L’ossidazione è caratterizzata da due picchi di trasferimento elettronico
irreversibili, come descritto nello schema 1.1, in cui il secondo picco viene attribuito
all’ossidazione della dialchilammina corrispondente4,5.
0.15
0.90
0.12
Ep (V) vs NHE
I (mA)
0.87
0.09
0.06
0.03
0.84
0.81
0.78
0.00
0.0
0.3
0.6
0.9
1.2
1.5
-2.0
E (V) vs Ag/AgCl
-1.6
-1.2
-0.8
-0.4
log v
a.
b.
Figura 4.7 a) Voltammetrie cicliche di TPrA in ambiente basico; b) plot di Ep vs. log v. Condizioni
sperimentali: TPrA 2 mM in PBS 0.1 M a pH=11.5, elettrodo lavorante GCE diametro 3 mm,
riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt, la velocità di scansione varia da 0.01 a 0.2 V/s.
Il potenziale di picco, Ep, varia linearmente con il logaritmo della velocità di
scansione secondo l’equazione
δE p
δ log v
= 1.15
45
RT
αF
(4.14)
Risultati e discussione
La pendenza di 75.5 mV ottenuta permette di calcolare un valore del fattore
di simmetria
= 0.39 per il primo trasferimento elettronico. Dal momento che
non
è molto differente da 0.5 il processo di ossidazione avviene con un meccanismo ECE
(elettrochimico-chimico-elettrochimico), come già riportato in letteratura6, piuttosto
che con un meccanismo dissociativo per cui ci sia aspetta un valore di
< 0.35. La
variazione del potenziale di picco con la velocità di scansione indica che il processo
al GCE è cineticamente controllato dalla competizione tra il primo trasferimento
elettronico (eq 1.0) e lo step chimico di deprotonazione (eq 1.1). In questo caso il
potenziale di picco, Ep, varia con la velocità di scansione, v, con la costante di
velocità della reazione chimica, k1, ed il potenziale standard di ossidazione, E°, in
accordo con la seguente equazione:
 RT   RT 
 RT 
E p = E° − 
 ln  k1
 + 0.78

 2 F   Fv 
 F 
(4.15)
La costante di velocità per il trasferimento elettronico eterogeneo è stata
stimata attraverso una simulazione al computer del processo di ossidazione condotto
in CV a pH 11.5. Il valore di ks ottenuto risulta essere 0.2 cm/s, dello stesso ordine di
grandezza di quanto riportato in letteratura2. La fig. 4.8 mostra la CV sperimentale e
quella simulata. Il meccanismo di ossidazione utilizzato per la simulazione si rifà allo
schema 1.1. Comunque, deve essere segnalato che la curva simulata mostrata in fig.
4.8 è stata ottenuta usando per la simulazione un potenziale di ossidoriduzione
dell’ammina di 1.05 V vs. NHE e una costante di velocità per la deprotonazione del
radicale catione di 1010 s-1 invece di 1.15 V e 103 s-1, come è noto da lavori di
letteratura7. Una possibile spiegazione di questo anticipo dell’ossidazione nella
voltammetria sperimentale può essere la presenza di una reazione molto veloce che
sequestra il radicale catione e ne precede la deprotonazione. Probabilmente il
radicale catione viene coinvolto nella formazione di una coppia ionica con la specie
monoacida del tampone fosfato presente in soluzione8; se questo equilibrio avesse
una costante di velocità estremamente alta avremmo l’effetto di anticipo osservato
nell’ossidazione dell’ammina.
46
Capitolo 4
60
Curva sperimentale
Curva simulata
I (µA)
40
20
0
0.0
0.4
0.8
1.2
E (V)
Figura 4.8 Simulazione della CV di TPrA. Condizioni sperimentali: TPrA 2 mM a pH 11.5 in PBS
0.1 M, elettrodo GCE diametro 3 mm, elettrodo di riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt, velocità
di scansione 0.1 V/s.
47
Risultati e discussione
BIBLIOGRAFIA
1) Kanoufi F., Bard A. J., J. Phys. Chem. B, 1999, 103, 10469
2) Kanoufi F., Zu Y., Bard A. J., J. Phys. Chem. B, 2001, 105, 210
3) (a) Nadjo L., Savéant J.-M., J. Electroanal. Chem., 1973, 48, 113. (b) Andrieux
C. P., Savéant J.-M. In Electrochemical Reactions in Investigation of Rates and
Mechanisms of Reactions, Techniques of Chemistry, Bernasconi C. F., Ed. Wiley:
New York, 1990, pag. 305
4) Hull, L. A., Davis, G. T., Rosenblatt, D. H., Mann, C. K., J. Phys. Chem., 1969,
73, 2142
5) Masui, M., Sayo, H., Tsuda, Y. J. Chem. Soc. B 1968, 973
6) Chow Y. L., Danen W. C., Nelsen S. F., Rosenblatt D. H., Chem. Rev., 1978, 78,
243
7) Wightman R. M., Forry S. P., Maus R., Badocco D., Pastore P., J. Phys. Chem. B,
2004, 108, 19119
8) Pastore P. , Badocco D., Zanon F., Electrochimica Acta, 2006, 51, 5394
48
Capitolo 4
4.2 Evidenze sperimentali di emissione ECL di ammine terziarie in
assenza di luminofori tradizionali. Caratterizzazione e proposte di
meccanismo
Dati di letteratura1-4 hanno segnalato la capacità delle ammine terziarie di
produrre una debole ECL anche in assenza del luminoforo (per esempio Ru(bpy)32+).
L’emissione del fondo risulta rilevante quando viene utilizzato l’elettrodo GC
trattato con un opportuno pre-condizionamento a potenziali negativi. Ad oggi non
esiste nessuno studio che riguardi la caratterizzazione del fenomeno e, a riguardo, la
maggior parte degli autori si limita ad osservare nei loro esperimenti una debole
emissione di fondo, senza preoccuparsi di darne un’appropriata interpretazione.
Questo capitolo è dedicato ad uno studio sistematico di questo fenomeno e vuole
iniziare la sua razionalizzazione.
4.2.1 Dipendenza dell’intensità di ECL in funzione del tipo di ammina utilizzata
L’emissione dell’ammina è stata ottenuta con impulsi rettangolari di
potenziale del tipo riportato in fig.4.9a. In fig 4.9b è riportata la corrispondente
emissione.
1
1.5
2
0.5
Intensità ECL (V)
1.0
E (V)
0.5
0.0
-0.5
0.3
0.2
0.1
0.0
-1.0
0
a.
0.4
2
4
6
8
10
0
2
4
6
8
0
10
b.
Tempo (s)
2
4
6
8
10
Tempo (s)
Figura 4.9 a) Impulsi rettangolari di potenziale; b) Emissione ECL corrispondente per TPrA 10 mM.
Condizioni sperimentali: le misure vengono condotte all’aria in una soluzione di tampone fosfato
0.1 M a pH 7.0, la concentrazione di ammina terziaria, in questo caso TPrA, varia da 0.5 mM a 50
mM. Programma d’impulsi: 1. pre-condizionamento di 5 s a -0.5 V seguito da 10 step di potenziale di
1 s ciascuno alternati tra -0.5 V e 1.3 V, 2. pre-condizionamento di 5 s a -1 V seguito da 10 step di
potenziale di 1 s ciascuno alternati tra -1 V e 1.3 V.
49
Risultati e discussione
L’applicazione di un potenziale di -1 V durante il pre-condizionamento
favorisce l’emissione luminosa del sistema in esame che mostra un picco il cui
massimo si posiziona vicino all’inizio dell’impulso di potenziale in ossidazione.
AECL/Carica (Vs/C)
800
pre-condizionamento -1 V
pre-condizionamento -0.5 V
600
400
200
0
0
15
30
45
C TPrA (mM)
Figura 4.10 Grafico riassuntivo dell’emissione ECL in funzione del potenziale di precondizionamento dell’elettrodo e della concentrazione di TPrA. Sull’asse delle ordinate troviamo il
rapporto tra l’area del picco di emissione ECL e la carica effettivamente passata sull’elettrodo durante
l’ossidazione dell’ammina.
La
fig.
4.10
mostra
l’andamento
dell’emissione
al
variare
della
concentrazione dell’ammina con le due tipologie di impulsi impiegate. Per entrambe
le serie di misure si ottiene un massimo di emissione per concentrazioni vicine a
10 mM. Per concentrazioni più alte l’emissione cala drasticamente.
La troppo semplice spiegazione che potrebbe imputare l’emissione ad un
inquinamento da Ru(bpy)32+ comunemente utilizzato nel nostro laboratorio è stata
scartata eseguendo misure su TPrA di diversa marca e purezza con vetreria e apparati
completamente nuovi e addirittura facendo eseguire le misure in laboratori esterni
(Università di Bordeaux con cui il gruppo di ricerca collabora). La contaminazione
può essere completamente esclusa dato che i risultati sono sempre riottenuti. Alcuni
confronti sono riportati in fig. 4.11.
50
Capitolo 4
99+ % Aldrich
98 % Aldrich
>98 % Fluka
Corrente (mA)
0.24
0.18
0.12
0.06
0.00
-1.0
-0.5
0.0
0.5
1.0
E (V)
a.
0 .4
A
(Vs)
ECL
0 .3
75%
75%
50%
0 .2
7 5%
5 0%
25%
2 5%
50%
25%
0 .1
0 .0
98 % A ld ric h
99+% A ld ric h
>9 8% Fluka
T P rA
b.
Figura 4.11 Confronto tra TPrA di diversa marca e purezza. a) Voltammetrie cicliche delle ammine e
del fondo; b) rappresentazione statistica delle aree di emissione ECL ottenute. Condizioni
sperimentali: soluzione 10 mM di TPrA in PBS 0.1 M a pH 7.0, elettrodo GCE 3 mm, riferimento
Ag/AgCl, controelettrodo Pt. CV con 5 s di pre-condizionamento a -1 V, potenziale di inizio fissato a
-1 V, potenziale di inversione 1.3 V, potenziale di fine ancora -1 V, velocità di scansione 0.2 V/s.
Il passo successivo nel processo di caratterizzazione è stato quello studiare il
comportamento emissivo di varie ammine terziarie per determinare se si trattava di
un fenomeno comune a tutta la classe in questione oppure se caratteristico di alcune
singole ammine. L’indagine viene quindi svolta su un paniere di 12 ammine terziarie
differenti a disposizione del nostro laboratorio di ricerca, tra cui troviamo ammine
alifatiche sature ed insature, ammine cicliche ed idrossilammine. In questo caso
l’ossidazione e l’emissione ECL viene studiata con scansioni di potenziale in modo
da controllare accuratamente il potenziale a cui i fenomeni avvengono. La fig. 4.12
evidenzia come, a pH 7, il maggiore rapporto fotoni/elettroni si ottiene con la
trietilammina ed, in generale con le ammine alifatiche sature o cicliche. Non si
51
Risultati e discussione
ottengono risultati apprezzabili invece per idrossilammine, con ammine alifatiche
insature o con ammine cicliche con una geometria altamente rigida.
1-Tripropilammina (TPrA)
2-Trietilammina (TEtA)
3-Tributilammina (TBuA)
4-Tripentilammina (TPeA)
5-Metildipropilammina (MeDPrA)
6-Dietilidrossilammina (DEtIdrA)
7-Triallilammina (TAA)
8-Metilpiperidina (MePip)
9-Etilpiperidina (EtPip)
10-Tropina
11-Tropinone
12-Diazobicicloottano (DABCO)
AECL/Carica (Vs/C)
800
600
400
200
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12
Figura 4.12 Confronto tra l’emissione di varie ammine. Condizioni sperimentali: la concentrazione di
ogni ammina è 2.5 mM ottenuta in PBS 0.1 M a pH 7.0, elettrodo GCE 3 mm, riferimento Ag/AgCl,
controelettrodo Pt. CV condotte con un’agitazione della soluzione per 5 s a 500 rpm a cui segue un
pre-condizionamento di 5 s dell’elettrodo a -0.5 V, scansione da -0.5 V a 1.3 V, velocità di scansione
0.2 V/s.
Durante le misure voltammetriche si è anche notato che tutte le ammine, in
maniera più o meno accentuata, producono una passivazione dell’elettrodo se
sottoposte a scansioni consecutive senza operare una pulizia meccanica
dell’elettrodo. Questo comporta una progressiva diminuzione della corrente di
ossidazione e dell’intensità dell’emissione luminosa; il fenomeno di passivazione è
probabilmente dovuto all’adsorbimento superficiale dei prodotti di ossidazione delle
ammine terziarie (aldeidi, ammine secondarie, ioni ammonio, enammine, ecc.5) che
sono molto affini alla natura organica della superficie dell’elettrodo GC. Le intensità
iniziali vengono ripristinate infatti non appena l’elettrodo viene lavato e la superficie
elettrodica rigenerata per abrasione su carta di SiC come già descritto nel terzo
capitolo. Da questo momento in poi si è scelto di lavorare con la TPrA sia perché
essa è il co-reagente più utilizzato nelle misure di ECL e di cui alcuni autori
52
Capitolo 4
riportano un’emissione di fondo, sia perché fornisce risultati più riproducibili rispetto
alle altre ammine indagate.
4.2.2 Dipendenza dell’intensità di ECL in funzione del materiale elettrodico e
dalla presenza di ossigeno
A questo punto la nostra attenzione si è spostata sul tipo di materiale
elettrodico utilizzato come lavorante. La tabella 4.5 mostra che solo su elettrodi di
Au e di GC è possibile osservare l’emissione.
Tabella 4.5 Materiali elettrodici testati.
Elettrodo
Comportamento
Motivazione
GC
Emissione ECL intensa
----
Au
Emissione ECL moderata
----
Pt
Nessuna emissione ECL
Ti
Nessuna emissione ECL
Carbon Paste (CP)
Nessuna emissione ECL
Carbon Nanotubes Paste
(CNTP)
Nessuna emissione ECL
Mancata ossidazione della
TPA
Mancata ossidazione della
TPA
Mancata ossidazione della
TPA
Mancata ossidazione della
TPA
Oltre alle solite misure condotte all’aria si è operato in atmosfera di O2 e di N2
con entrambi i tipi di elettrodi. La soluzione viene degasata per 15 minuti con un
flusso del gas d’interesse prima di cominciare gli esperimenti. Per ogni atmosfera di
lavoro si sono utilizzati tre programmi di impulsi rettangolari:
1. precondizionamento di 5 s a 0 V seguito da 10 step di potenziale di 1 s
ciascuno alternati tra 0 V e 1.3 V;
2. precondizionamento di 5 s a -0.5 V seguito da 10 step di potenziale di 1 s
ciascuno alternati tra -0.5 V e 1.3 V;
3. precondizionamento di 5 s a -1 V seguito da 10 step di potenziale di 1 s
ciascuno alternati tra -1 V e 1.3 V.
53
Risultati e discussione
In fig. 4.13 e 4.14 vengono riportati i risultati ottenuti con quest’ultima procedura
divisi per tipo di materiale elettrodico, per il condizionamento dell’elettrodo e per
l’atmosfera di lavoro.
AECL/Carica (Vs/C)
Au
4.5x10
3
3.0x10
3
1.5x10
3
O2
GC
N2
Aria
O2
Aria
N2
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0.0
Condizionamento
Figura 4.13 Rappresentazione statistica dell’emissione ECL su elettrodi di Au e CG. Condizioni
sperimentali: misure effettuate su una soluzione di TPrA 10 mM in tampone fosfato 0.1 M a pH 7.0,
elettrodo GCE 3 mm, riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt.
La fig. 4.13 mostra come un pre-condizionamento a potenziali più negativi
faccia aumentare l’emissione ECL sia per l’elettrodo d’oro sia per il GC: è probabile
che sulla superficie degli elettrodi vengano adsorbite delle specie che si generano a
potenziali negativi e che siano successivamente coinvolte nel meccanismo di
emissione luminosa. Si nota inoltre come l’assenza di ossigeno sia favorevole al
processo di emissione quando l’elettrodo lavorante è il GC indicando che la reazione
tra O2 e l’intermedio radicale TPrA• ha un ruolo importante. Infatti, con il suo
potenziale di ossidazione di circa -1.7 V vs. SCE, TPrA• è un forte riducente per
l’ossigeno molecolare6:
TPrA• + O2
Pr2NC+HCH2CH3 + P2
(4.16)
dove P2 rappresentano i prodotti di riduzione dell’O2. Si nota anche come le misure
condotte in soluzione esposta all’aria producano dei risultati del tutto simili a quelle
54
Capitolo 4
condotte in soluzione arricchita di O2: la quantità di intermedio responsabile della
luminescenza prodotta è talmente bassa che già all’aria si è in condizioni di eccesso
di ossigeno (il ruolo dell’ossigeno verrà ripreso in considerazione in seguito).
GC
5x10
-2
4x10
-2
3x10
-2
2x10
-2
1x10
-2
O2
Aria
N2
O2
Aria
N2
2
Carica/Aelettrodo (mC/mm )
Au
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0V
-0.5 V
-1 V
0
Condizionamento
Figura 4.14 Rappresentazione statistica della carica passata sull’elettrodo durante il processo di
ossidazione. Condizioni sperimentali: misure effettuate su una soluzione di TPrA 10 mM in tampone
fosfato 0.1 M a pH 7.0, elettrodo GCE 3 mm, riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt.
La fig. 4.14 mostra invece come l’ossidazione dell’ammina al GC sia molto
più marcata rispetto all’Au ma non dipenda né dal potenziale di pre-condizionamento
né dall’atmosfera in cui vengono effettuate le misure.
Anche la forma dei profili di emissione ECL in funzione dell’elettrodo e della
concentrazione di ammina ottenuti da voltammetria ciclica è stata oggetto di studio.
Si è quindi registrata la forma delle emissioni rilevate dal fotomoltiplicatore per varie
concentrazioni di TPrA e si sono notate delle differenze tra l’elettrodo di Au ed il
GC. Innanzitutto il tipico profilo di emissione è costituito da due picchi: un pre-picco
situato in prossimità dell’ossidazione dell’ammina ed un altro più intenso a potenziali
maggiori, quando si è già in presenza della scarica del solvente. La differenza tra i
due elettrodi sta nel fatto che, mentre con il GC il pre-picco è presente anche a
concentrazioni di ammina molto basse, con l’elettrodo di Au la sua comparsa si ha
solo quando la TPrA raggiunge i 10 mM. Le fig. 4.15 e 4.16 sono esplicative di
quanto detto finora.
55
Risultati e discussione
45
A
Intensità ECL (mV)
Corrente (µA)
90
60
30
0
30
15
0
0.6
0.8
1.0
1.2
0.6
1.4
60
0.8
1.0
1.2
1.4
1.0
1.2
1.4
20
Intensità ECL (mV)
C
45
Corrente (µA)
B
30
15
0
D
15
10
5
0
0.6
0.8
1.0
1.2
1.4
0.6
0.8
E (V)
E (V)
Figura 4.15 Voltammetrie cicliche e profili di emissione ECL per elettrodi GC e Au. Condizioni
sperimentali: a) e b) elettrodo GC, riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt, concentrazioni di ammina
0, 0.3, 1.0, 2.5 mM; c) e d) elettrodo di Au, riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt, concentrazione
di ammina 0, 2.5, 9.1, 40 mM. Tutte le misure sono condotte in atmosfera di N2, PBS 0.5 mM, pH 7.0,
60
Intensità ECL (mV)
Intensità ECL (mV)
velocità di scansione 0.2 V/s.
40
20
0
0
10
20
30
40
15
10
5
0
0
50
10
20
30
40
50
CTPrA (mM)
CTPrA (mM)
a.
20
b.
Figura 4.16 Intensità ECL del pre-picco ( , 0.9 V) e del secondo picco ( , 1.2 V). a) elettrodo GC, b)
elettrodo Au.
56
Capitolo 4
Per quanto riguarda l’elettrodo di Au si è notato che il potenziale dei massimi
di emissione varia al variare della concentrazione: si sposta a potenziali sempre più
positivi all’aumentare della concentrazione di ammina.
1.4
E (V)
1.3
1.2
1.1
pre-picco
secondo picco
1.0
0
10
20
30
40
50
CTPrA (mM)
Figura 4.17 Andamento del potenziale di picco in funzione della concentrazione di ammina per
l’elettrodo di Au.
4.2.3 Dipendenza dell’intensità di ECL in funzione del pH e del solvente
Ulteriori prove preliminari condotte in questo caso con l’elettrodo GC
riguardano lo studio della risposta del sistema a seguito della variazione della
composizione del solvente e del pH di lavoro.
La composizione del solvente è stata variata utilizzando quattro solventi
organici tra i più comuni (metanolo, MeOH, acetonitrile, MeCN, tetraidrofurano,
THF, e N,N-dimetilformammide, DMF). Essi sono stati aggiunti alla soluzione di
PBS 0.1 M a pH 7 in concentrazioni crescenti tra 5 e 100 mM e per ogni aggiunta si
è misurata l’ECL.
57
Risultati e discussione
AECL/Carica (Vs/C)
400
300
200
DMF
MeOH
THF
MeCN
100
0
0
20
40
60
80
100
Aggiunte Solvente (mM)
Figura 4.18 Effetto del solvente sull’emissione ECL. Condizioni sperimentali: elettrodo GCE 3 mm,
riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt, concentrazione di TPrA 5 mM, aggiunte di solvente
successive; le misure elettrochimiche vengono condotte con un’agitazione della soluzione per 5 s a
500 rpm a cui segue un pre-condizionamento di 5 s dell’elettrodo a -0.5 V, scansione CV da -0.5 V a
1.3 V, velocità di scansione 0.2 V/s.
Dal grafico di fig. 4.18 si nota come l’aggiunta di un solvente porti ad un
incremento dell’emissione di luce fino al raggiungimento di un plateau quando la
concentrazione del solvente arriva intorno a 100 mM. Questo fenomeno è molto
marcato per l’acetonitrile, il tetraidrofurano ed il metanolo, mentre l’entità
dell’incremento osservato con la dimetilformammide è minore.
Possibili spiegazioni possono essere la variazione delle proprietà dielettriche
della soluzione in seguito alle aggiunte, la stabilizzazione di un intermedio di
reazione coinvolto nel processo di luminescenza ad opera del solvente organico
oppure il coinvolgimento nel processo di luminescenza dei radicali ottenuti durante
l’ossidazione del solvente organico, prima che esso stesso raggiunga una
concentrazione tale da spegnere completamente lo stato eccitato7,8.
Anche variando il pH di lavoro non otteniamo una risposta lineare dal sistema
in esame ma piuttosto un andamento a campana con un massimo situato a pH 7.5.
58
Capitolo 4
AECL (mVs)
22.5
15.0
7.5
0.0
4
6
8
10
pH
Figura 4.19 Dipendenza dell’emissione ECL dal pH. Condizioni sperimentali: elettrodo GCE 3 mm,
riferimento Ag/AgCl, controelettrodo Pt, concentrazione di TPrA 2.5 mM, il pH varia da 5.0 a 9.5 con
un aumento di 0.5 unità alla volta. Il pH viene aggiustato con aggiunte di NaOH e controllato con un
elettrodo a vetro. Le misure elettrochimiche vengono condotte come descritto in fig. 4.18.
Lo stesso andamento a campana lo si è riscontrato in un lavoro di letteratura9
che monitorava lo sviluppo di acqua ossigenata, H2O2, in funzione del pH durante
l’ossidazione
di
ammine
terziarie.
L’ -ammino
radicale
che
si
genera
dall’ossidazione delle ammine terziarie può reagire rapidamente con l’ossigeno
molecolare
disciolto
producendo
radicali
perossidici
molto
instabili
che
decompongono velocemente in specie cationiche producendo anche ione
superossido. Dalla dismutazione dello ione superossido si ottiene H2O2 e di nuovo
ossigeno molecolare. Possiamo quindi pensare che le specie acqua ossigenata o ione
superossido siano coinvolte nel meccanismo di generazione della molecola emittente.
Da quanto visto finora sappiamo per certo che per ottenere una risposta
emissiva dal sistema in esame è necessaria l’ossidazione dell’ammina terziaria. Ci
siamo quindi chiesti se era fondamentale che l’ossidazione avvenisse sulla superficie
di un elettrodo o se si poteva ottenere luminescenza anche con ossidazioni in fase
omogenea. Per fare questo abbiamo scelto come ossidante il radicale ossidrile,
generato in situ utilizzando il reagente di Fenton10,11, una miscela di acqua ossigenata
e ioni ferrosi. Il radicale ossidrile ha un elevato potenziale standard
(E° [•OH/H2O] = 2.56 V vs SCE) e perciò è dotato di uno straordinario potere
59
Risultati e discussione
ossidante; esso è inoltre conosciuto per essere in grado di attaccare una grande
varietà di substrati organici, caratteristica necessaria per i nostri scopi.
Il meccanismo che porta alla generazione dei radicali ossidrile comincia con
la seguente reazione:
Fe2+ + H2O2
Fe3+ + •OH + OH-
(4.17)
Il Fe(II) catalizza la decomposizione dell’acqua ossigenata generando il
radicale ossidrile. Non tutti i radicali generati reagiscono con il substrato organico a
causa della loro reazione diretta con gli ioni ferrosi e l’acqua ossigenata:
Fe2+ + •OH
H2O2 + •OH
Fe3+ + OH-
(4.18)
O2• - + OH- + 2 H+
(4.19)
Per avere un meccanismo catalitico, e quindi la propagazione della reazione
di Fenton, è necessaria la rigenerazione dello ione Fe2+:
Fe3+ + H2O2
Fe3+ + O2• -
O2• - + Fe2+ + 2 H+
(4.20)
Fe2+ + O2
(4.21)
A seguito dell’ossidazione in fase omogenea si è riscontrata l’emissione di
radiazione luminosa: ciò indica come il meccanismo che porta alla luminescenza non
sia un fenomeno riscontrabile solamente sulla superficie dell’elettrodo, ma coinvolga
delle specie transienti in grado di diffondere liberamente in soluzione.
60
Capitolo 4
Intensità ECL (mV)
28
21
14
7
0
-3
0
3
6
9
Tempo (s)
Figura 4.20 Emissione della TPrA in presenza del reattivo di Fenton. L’esperimento è stato condotto
facendo gocciolare una soluzione di (NH4)2Fe(SO4)2 in una cella contenente una soluzione di TPrA e
H2O2 in PBS 0.1 M a pH 7.0. Concentrazioni: (NH4)2Fe(SO4)2 50 mM ca., TPrA 10 mM, H2O2 5 mM
Queste ultime evidenze sperimentali suggeriscono un meccanismo di emissione ECL
che coinvolge proprio l’ossigeno molecolare (vedi paragrafo successivo).
4.2.4 Ipotesi di meccanismo
Il meccanismo proposto è basato su alcune evidenze sperimentali riscontrate durante
le misure di caratterizzazione del sistema e su alcune informazioni ottenute dalla
letteratura.
•
Ossidazione elettrochimica o da parte di radicali ossidrile con generazione di
ossigeno singoletto:
- H+
Pr3N +
OH
H2
C
Pr2N
C
H
O2
CH3
H2
C
Pr2N
CH
O
O
61
CH3
(4.22)
Risultati e discussione
H2
C
Pr2N
+
O2 -
H+
+
(4.23)
CH3
C
H
CH3
CH
H
C
Pr2N
O
O
O2 -
+
O2 -
+
2 H+
H2 O 2
1
+
O2
(4.24)
Nella reazione 4.22 i radicali ossidrile generati dal reattivo di Fenton (o
l’elettrodo) ossidano l’ammina terziaria e, in seguito alla deprotonazione, si ottiene
l’alchil radicale in all’azoto. Successivamente il radicale può reagire con l’ossigeno
molecolare presente in soluzione per dare l’enammina corrispondente e lo ione
superossido. Si sa che i radicali centrati sul carbonio reagiscono con l’ossigeno
molecolare per dare radicali perossidici. Nel nostro caso, il radicale in
all’azoto
(elettron donatore) rende instabile il perossido che decompone rapidamente
producendo ione superossido9.
L’anione superossido esiste in equilibrio con il suo acido coniugato, HOO•
(pKa,2 = 4.8) e dismuta in H2O2 e O2 sia in maniera catalizzata con superossido
dismutasi, SOD, generando 3O2, che non catalizzata, generando 1O2.12
•
Addizione dell’ossigeno singoletto al doppio legame:
Pr2N
H
C
Pr2N
+
CH3
C
H
O2
O
Pr2N
CH3
H
Pr2N
CH CH
O
CH3
CH CH
1
C
O
O
62
+
(4.25)
O
H3C
H
C
O*
(4.26)
Capitolo 4
H3C
H
H3 C
H
C
C
O*
O
+
hν
(4.27)
L’ossigeno nello stato di singoletto può reagire con alcuni doppi legami per
formare 1,2 diossietani. La reazione richiede alcheni specialmente attivati con gruppi
amminici o alcossilici. Si è osservato che i diossietani decompongono a carbonili con
chemilunescenza13 di due specie eccitate: l’emissione dell’eccimero dell’ossigeno
singoletto a 634 e 703 nm e la fosforescenza blu-verde del carbonile nello stato di
tripletto (tra 450 e 550 nm)14.
Inoltre è possibile che al momento dell’addizione dell’ossigeno si formino specie
dimeriche o polimeriche in grado a loro volta di decomporre come sopra15.
Il meccanismo descritto è coerente con alcune evidenze sperimentali, in
particolare con l’aumento di emissione riscontrato quando si pre-condiziona
l’elettrodo a potenziali negativi e con l’andamento a campana che caratterizza
l’emissione in funzione del pH del sistema.
Nel primo caso l’intensità di emissione aumenta al diminuire del potenziale di
pre-condizionamento nell’ordine 0 V < -0.5 V < -1 V. Ciò può essere spiegato dal
fatto che il processo elettrochimico di produzione dello ione superossido a partire
dall’ossigeno avviene a pH = 7 con un E° = -0.33 V. Sappiamo poi come la
dismutazione dell’anione conduca alla formazione di
1
O2, che rientra nel
meccanismo di reazione sia come specie emittente, sia come specie in grado generare
un carbonile eccitato in seguito ad un attacco all’enammina.
Per quanto riguarda il pH, invece, abbiamo già detto come il comportamento
del sistema sia del tutto simile a quello ottenuto monitorando i livelli di H2O2
prodotta in soluzione. L’acqua ossigenata è una specie direttamente legata
all’ossigeno di singoletto perché entrambe sono generate dalla reazione di
dismutazione dello ione superossido (eq. 4.24). Con l’arricchimento di 1O2 in
soluzione quindi abbiamo anche una maggiore quantità di luce prodotta.
63
Risultati e discussione
BIBLIOGRAFIA
1) Xu X.-H., Bard A. J., Langmuir, 1994, 10, 2409
2) Zu Y., Bard A. J., Anal. Chem., 2000, 72, 3223
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4) Wightman R. M., Forry S. P., Maus R., Badocco D., Pastore P., J. Phys. Chem. B,
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5) Smith P. J., Mann C. K., J. Org. Chem., 1969, 34(6), 1821
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15) Foote C. S., Lin J. W., Tetrahedron Lett., 1968, 29, 3267
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Capitolo 5
CAPITOLO 5: Conclusioni
Il lavoro svolto nella prima parte di questa tesi ha portato alla messa a punto
di un metodo sperimentale per la determinazione del potenziale di ossidoriduzione
della tripropilammina basato sulla teoria di Marcus. Lavorando in condizioni
sperimentali individuate attraverso un lavoro di simulazione al computer, siamo
riusciti ad ottenere importanti parametri cinetici e termodinamici attraverso
l’ossidazione in fase omogenea dell’ammina stessa ad opera di mediatori inorganici.
Le simulazioni ci hanno permesso di evidenziare una zona di lavoro in cui
acquisire dei dati sperimentali in accordo al modello teorico proposto. Dati
sperimentali attendibili possono essere comunque raccolti anche al di fuori di questa
zona in quanto è stato possibile determinare una curva di correzione che tiene conto
della deviazione dal modello teorico. L’approccio usato ha permesso di completare le
informazioni date da Bard in importanti lavori sull’argomento e giustificare le scelte
di pH necessarie per l’ottenimento di risultati accurati.
Un potenziale di ossidoriduzione della TPrA di 1.15 V ed un’energia libera
intrinseca di attivazione del processo di ossidazione di 0.25 eV sono valori vicini a
quanto già riportato in letteratura da altri autori. Sperimentalmente, inoltre, abbiamo
ottenuto il valore del fattore di simmetria
per l’ossidazione eterogenea della TPrA
che risulta essere 0.39 a riprova di un meccanismo di ossidazione di tipo ECE,
mentre dalle simulazioni si è ricavata la costante di trasferimento elettronico
eterogeneo ks pari a 0.2 cm/s.
Il metodo sperimentale utilizzato risulta essere abbastanza semplice, fornisce
dei buoni risultati e può essere esteso alla determinazione del potenziale di riduzione
di altre ammine terziarie, in modo tale da avere una panoramica di tutta la classe di
composti. Questo era uno degli obiettivi che ci eravamo prefissati ma che purtroppo
non siamo stati in grado di perseguire nel periodo di internato.
La TPrA è stata anche studiata anche come label luminescente in misure di
elettrochemiluminescenza in assenza di tradizionali luminofori come il Ru(bpy)32+ .
Sorprendentemente, infatti, si è riscontrata un’emissione di radiazione luminosa
durante misure di ossidazione della tripropilammina da sola.
65
Conclusioni
Il sistema è stato caratterizzato per varie condizioni di lavoro alla ricerca delle
evidenze sperimentali necessarie alla formulazione di un meccanismo di reazione. Il
meccanismo proposto coinvolge una specie di ossigeno molecolare poco comune,
l’ossigeno di singoletto 1O2, che viene ipotizzata essere specie emittente oltre che
responsabile di una seconda specie eccitata.
Per convalidare il meccanismo proposto sono necessari studi più approfonditi,
in particolare sarebbe importante registrare uno spettro delle lunghezze d’onda della
radiazione luminosa emessa e si dovrebbe fare uso di quencher di ossigeno di
singoletto. Per quanto riguarda l’ottenimento dello spettro di emissione è stato fatto
un tentativo con una camera a CCD (Charge Coupled Device, Dispositivo ad
Accoppiamento di Carica), ma non si è riusciti ad ottenere dei risultati definitivi a
causa dell’intensità di emissione troppo bassa. Sarà quindi necessario in primo luogo
riuscire a massimizzare la quantità di luce ottenibile da questi esperimenti trovando
le condizioni di lavoro più adatte. Supportati da uno spettro delle lunghezze d’onda
di emissione risulterebbe quindi più facile scoprire la vera natura delle specie
emittenti e programmare ulteriori caratterizzazioni.
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Ringraziamenti
Vorrei ringraziare in primis il Prof. Paolo Pastore e il Dott. Denis Badocco
per la pazienza ed il sostegno di questi mesi: non mi hanno fatto mancare nulla,
curando addirittura il calo di zuccheri a metà pomeriggio! E poi il gruppetto del V
piano, Moreno, Andrea e Alberto per le chiacchiere, e non solo, tra una
voltammetria ed un’altra… Un grazie a Vane e Clau che si preoccupano per me, a
Nick per la pazienza di aspettarci per pranzo, a Andy che mi sopporta a scuola e
anche a casa, alle mie coinquiline Carlotta e Luana per non addormentarsi mai
davanti ai film e per le forcine che ancora girano per casa!
Grazie di cuore a chi condivide con me le serate e a chi mi ricorda sempre quanto
sono “vecchio”: Ale, Luchi, Pino, i corvi che gracchiano “rivoluzione”, Diego,
Vale, Rik, Jeji, Peggy, Sack…
Manca ancora la mia famiglia: mamma Tina e papà Attilio, vi voglio un mondo di
bene; Erika, Cristian e i miei nipotini Giada e Nicolò, siete fantastici; la nonna Lina
che oltre alla benzina mi regala sempre tanto affetto.
Grazie mille a tutti!
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