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TENDA, SACERDOZIO, SACRIFICI

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TENDA, SACERDOZIO, SACRIFICI
TENDA, SACERDOZIO, SACRIFICI
Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda p iù
grande e più perfetta, non costruita da m ano d’uomo, cioè non appartenente a que sta
creazio ne. Egl i entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue
di capr i e di vitelli, ma in virtù del propri o sangue, ottenendo così una redenzione
eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vi te lli e la cenere di una giovenca, sparsa su que lli
che son o contami nati, li santificano puri fi ca ndoli nella carne, quanto più il sangue di
Cristo – il quale, mosso dallo Spirit o et er no, offrì se stesso senza macchia a Dio –
purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vive nte ?
(Eb rei 9, 11-14)
Ha tut to il tono di un’omelia ( si a ut odefinisce, infatti, «discorso di esortazio ne» )
o di un piccolo ma denso trattato teo logico . È la cosiddetta Lettera agli Ebrei che n on
appartiene ag li scrit ti paolini, anche se r ivela non pochi contatti col pensiero dell’Apostolo .
La solennità del Corpo e del Sangu e del Signore attinge per la seconda lettura d e lla
Liturgia della P arol a a un paragrafo d i questo scritto raffinato (9, 11-15). Noi ora ci
sofferm erem o sul la sostanza di questo p asso che inizia con una comparazione tanto cara
all’autore. Egli, infatti, mette a confront o l’ant ico sacerdozio ebraico con quello che Cristo
ha incarnato in se stesso, soprattutto at tr ave rso la sua morte e risurrezione.
Ora, il si mbolo con cui si pr esent a questo perfetto sacerdozio è ben noto
all’Antico Testament o: è la tenda del co nve gn o che custodiva l’arca dell’alleanza, o ssia
il tem pio mob il e di I sraele in marcia nel desert o. Ebbene, Cristo è la tenda vivente, « n on
costruita da mano d’uomo», in cui Dio r isie de in pienezza. L’immagine affiorava già ne i
Vangeli. Dur ante il processo giudaico a Gesù uno degli accusatori aveva detto: «Noi lo
abbiamo udito di re: Io distruggerò que sto te mpio fatto da mani d’uomo e in tre giorn i ne
edificherò un altro non fatto da mani d’uom o» ( Marco 14, 58).
Il ri cordo non poteva che a nd ar e a quel giorno in cui, liberato il tempio d ai
mercanti, Gesù aveva sorprendentem en te dichiarato: «Distruggete questo tempio e in tre
giorni lo farò risorgere». E l’evangelist a G io vanni aveva commentato: «Egli parlava d el
tempio del suo corpo» (2, 13-22). Anche ne l celebre inno che apre il quarto Vangelo si
dice letteralmente che «il Verbo si fece ca rne e pose la sua tenda in mezzo a noi» (1,1 4 ).
Il corpo pasquale di Cristo è, dunque, la «t en da più grande e perfetta», il tempio vive n te
in cui si offre un sacrificio altrettanto n uo vo, gr ande e perfetto.
Infatti, l a Lettera agli Ebrei sub it o dopo delinea il sacerdozio sacrificale d i
Cristo e lo fa ancora una volta attrave rso una comparazione con l’antico rituale ebra ico.
Esso si affida va al «sangue dei capri e de i vit elli e alla cenere di una giovenca», secon d o
le varie norme sacrificali descritte nella legislazione sacra dell’Antico Testamento. Cristo,
invece, nel santuario vivente del suo corp o com pie, col suo sangue, il perfetto sacrificio
che «purifica la nostra coscienza dalle o pe re di morte, perché serviamo al Dio viven te».
In modo molto originale l’autore di que sta le tte ra presenta Cristo come tempio, sacerd o te
e sacrificio, facendone così il «mediat or e di u n’alleanza nuova tra noi e Dio» (9, 15).
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