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ciamo altrettanto e, se desidera che siamo istruite, siamo pronte ad

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ciamo altrettanto e, se desidera che siamo istruite, siamo pronte ad
e g i t t o
m o d e r n o
il velo noi obbediamo. Se ci chiede di toglierlo, facciamo altrettanto e, se desidera che siamo istruite,
siamo pronte ad accontentarlo…”
La Nassef criticò aspramente la poligamia ed il ripudio, tristi realtà che conosceva da vicino: laureatasi
a ventuno anni, accettò il matrimonio combinato da
suo padre, uomo dotto ed amico di Muhammad
Abdu.
Dopo il matrimonio l’amara scoperta: suo marito
aveva già una moglie. Malak non protestò, tenendo
celato il dolore dentro di sé. Non voleva contrariare
suo padre e nemmeno la madre, invalida. Era, peraltro, conscia del fatto che un suo insuccesso nella
sfera personale sarebbe stato strumentalizzato per
negare il valore dell’istruzione femminile e dell’emancipazione.
La coraggiosa femminista egiziana elaborò le proprie teorie sull’emancipazione femminile partendo
dalla sua vita tormentata. Il bisogno di giustizia, di
riparare i torti è comune tra le donne musulmane
che lottarono (e lottano ancora) per la libertà. I loro
discorsi, dunque si ancoravano a situazioni concrete
e vissute in prima persona, non ad elucubrazioni
astratte, come nel caso delle opinioni degli uomini riguardo a questioni come il velo.
La Nassef morì all’età di trentadue anni, a causa di
un’epidemia di spagnola. Al suo funerale intervennero le femministe più in viste, che erano anche sue
amiche.
Il suo impegno a favore delle donne, però, non riguardò solo le conferenze o le lettere, ma fu anche
di natura politica; nel 1911, quando il parlamento egiziano si riunì per dibattere sulle necessità del Paese
la Nassef, facendo presente che non vi era alcun
cenno alla condizione della donna, stilò un lungo
elenco di problemi irrisolti, dalla difficoltà di accesso
femminile all’istruzione superiore fino alla possibilità
di avere uno spazio riservato in moschea.
Inoltre Ella fondò diversi enti di beneficenza e associazioni per permettere alle donne di incontrarsi.
Creò perfino una scuola per infermiere nella propria
casa e da lei finanziata.
Malak Hifni Nassef, come Hoda Sha’rawi, chiedeva
per le donne la possibilità di studiare liberamente,
affrontando qualunque scuola o grado di istruzione
decidessero di intraprendere. Solo attraverso la conoscenza queste ultime avrebbero potuto prendere
in mano le redini della loro esistenza e decidere da
sole. Per fare ciò occorreva anche estirpare le piaghe
del maschilismo e della misoginia della società.
Le differenze tra le due femministe, però, erano evi-
denti: Malak Hifni Nassef, proveniente da una famiglia alto-borghese, aveva ricevuto una educazione
tradizionale, attaccata ai modelli arabi. L’aristocratica Sha’rawi, invece, era stata allevata tra due
culture, quella francese, che finì per prendere il
sopravvento e quella araba.
Il valore di queste due donne e delle altre che si mobilitarono a favore dell’equilibrio culturale, giuridico
e sociale tra i sessi è indiscutibile. La loro era una
vera e propria vocazione, espressa in modo chiaro
e lucido dalla stessa Nassef, che giurò di “…Aiutare
le donne egiziane, un impegno per me importante,
sebbene arduo ed irto di difficoltà tali da farmi
disperare di poterlo assolvere”.
FRANCESCA ROSSI
B IB L IO G R A F IA :
• Leila Ahmed “Oltre il Velo. La Donna nell’Islam da
Maometto agli Ayatollah” ed. La Nuova Italia, 1992;
• Bahithat Al Badiya “Al-nisa’iyyat majmu’at maqalat fi
al-jarida fi maudu’ al mar’a al-misriyya, Al-maktaba altijariyya al-kubra, il Cairo 1925.
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