Tempio-cattedrale a Pozzuoli 10 Alessandro Pergoli Campanelli
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Tempio-cattedrale a Pozzuoli 10 Alessandro Pergoli Campanelli
Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia (in carica per il biennio 2001/2003) Presidente Amedeo Schiattarella Vice Presidenti Andrea Mazzoli Silvio Luigi Riccobelli Segretario Pietro Ranucci ANNO XL LUGLIO-AGOSTO 2005 60/05 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA Tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Piero Albisinni Giovanni Bulian Lucio Carbonara Rolando De Stefanis Valter Macchi Mauro Mancini Maria Letizia Mancuso Fabrizio Pistolesi Luciano Spera Benedetto Todaro Direttore Lucio Carbonara Direttore Responsabile Amedeo Schiattarella Hanno collaborato a questo numero i redattori: Valeria Caramagno, Luisa Chiumenti, Claudia Mattogno, Alessandro Pergoli Campanelli, Christian Rocchi Segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio Edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Responsabile: Claudio Presta www.edpr.it - [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 http://www.rm.archiworld.it [email protected] [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto/ Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 EDITORIALE Oltre la Casa dell’architettura Amedeo Schiattarella a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli - 6 R E S TA U R O Tempio-cattedrale a Pozzuoli 10 Alessandro Pergoli Campanelli Esito del Concorso internazionale per il restauro: Gruppo Marco Dezzi Bardeschi (1° premio) Gruppo Guido Batocchioni (2° premio) Gruppo Luca Zevi (3° premio) Gruppi invitati: Alessandro Anselmi Corrado Bozzoni Stella Casiello David Chipperfield Vincenzo Corvino Pasquale Culotta Donatella Fiorani Paolo Marconi Tobia Scarpa Stampa Ditta Grafiche Chicca s.n.c. Villa Greci - 00019 Tivoli Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. a cura di Lucio Carbonara e Barbara Pizzo - PA E S A G G I O Premio Scarpa per il giardino 38 Valeria Caramagno Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB - Roma Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967 BUGA a Monaco di Baviera 41 Luisa Chiumenti In copertina: Tempio-cattedrale di Pozzuoli (foto di Luciano Romano) Tiratura: 13.000 copie Chiuso in tipografia il 26 settembre 2005 segue U R B A N I S T I C A - a cura di Claudia Mattogno 41 Rione Monti: salvato dalla rete? Carlo Cellamare 44 Un sottovia a San Pietro Alberto Gatti C I T T À I N 50 C O N T R O L U C E - a cura di Claudia Mattogno Sao Paulo e il Minhocao Elio Trusiani S P O R T E L L O G I O V A N I 55 - a cura di Christian Rocchi Leonardo unpacked Daniele Mancini, Irene Rinaldi R U B R I C H E 57 LIBRI 58 NORMATIVA Trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà delle aree 167/62, di Eugenio Burgio Editoriale di Amedeo Schiattarella T Oltre la Casa dell’architettura utti noi, guardando alla realtà europea ed internazionale, percepiamo i gravi ritardi che l’Italia ha oramai accumulato nell’affermazione dei valori della contemporaneità nel campo dell’architettura. Di fronte alla straordinaria eredità che ci deriva dalla nostra storia sembra, infatti, che il nostro Paese stia oggi, con lucida follia, rinunciando al tema dell’architettura. Mentre nel mondo si assiste ad un rilancio della nostra disciplina, divenuta immagine simbolo nel processo di rinnovamento globale, noi abbiamo ancora un sistema legislativo che, nella pratica, marginalizza il progetto e riduce la trasformazione del territorio ad un fatto puramente “immobiliare”. Riconquistare la centralità dell’architettura è una necessità civile, ma anche un compito che responsabilmente non possiamo delegare ad altri. Per questa ragione, in questi anni, ci siamo impegnati per far crescere significativamente, attraverso la vitalità e la capacità di iniziativa, il ruolo dell’Ordine nel dibattito nazionale ed internazionale sulla nostra professione. Un’azione corale che ha visto, al fianco del Consiglio, la partecipazione attiva di centinaia di colleghi impegnati con passione e spirito di sacrificio personale, ed ha permesso all’Ordine di Roma di raggiungere una credibilità ed una autorevolezza, ritengo, senza precedenti. I rapporti di collaborazione continua con l’Università, l’Inu, l’Inarch, gli Enti Locali, frutto di una lucida volontà di tutti noi di riunire le forze, stanno consolidando intorno ad un progetto comune, l’intera nostra categoria. La Casa dell’architettura, infine, realizzata dopo decenni di attesa, è un luogo, accreditato a livello internazionale, in grado di moltiplicare le occasioni di confronto. Guai, però, a sentirci appagati da questi risultati. Dobbiamo infatti mettere quanto conquistato a servizio della nostra categoria per poter rilanciare il nostro mestiere e promuovere i valori di cui siamo portatori. La Casa dell’architettura deve divenire, sempre più, lo strumento per amplificare la nostra voce: la nostra cassa di risonanza per responsabilizzare la classe politica e sensibilizzare i cittadini sui temi dell’architettura. Dobbiamo proseguire, infatti, una incisiva azione politica perché gli organismi che ci rappresentano a livello nazionale si impegnino su una profonda revisione della legislazione, dai lavori pubblici alle competenze, dalla formazione all’accesso alla professione. Dobbiamo pretendere dalle istituzioni locali e nazionali risposte adeguate ai problemi concreti della professione, dall’emergenza finanziaria alla sottoccupazione giovanile, dalla trasparenza degli incarichi alle diverse aberrazioni presenti nel mercato della progettazione. Il lavoro da fare è indubbiamente lungo ed il ritardo accumulato dal nostro Paese enorme. Sarà, penso, la generazione che oggi si affaccia nella professione a poter cogliere i frutti dell’ambiziosa sfida che abbiamo iniziato, se, e solo se, chi guiderà l’Ordine nei prossimi anni avrà la consapevolezza e l’ostinazione di proseguire per questa strada. Oggi possiamo solo consegnare quanto abbiamo costruito in questi anni nelle mani degli architetti romani indicando quella che crediamo sia la direzione giusta. 7 60/05 R E S T A U R O a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli Tempio-cattedrale a Pozzuoli Alessandro Pergoli Campanelli Gli esiti di un concorso internazionale per il restauro di un importante complesso monumentale. Un confronto esemplare anche per la contemporanea presenza di quasi tutti gli esponenti dei principali orientamenti attuali, teorici e operativi, del restauro in Italia. I n questo numero della rubrica si è scelto di presentare ai colleghi romani gli esiti di un importante concorso internazionale di progettazione, promosso dalla Regione Campania nel 2003, per il restauro del complesso monumentale tempio-cattedrale dell’acropoli di Pozzuoli, meglio nota come Rione Terra. S’è ritenuto, infatti, di voler dare particolare risalto a questa iniziativa che, per una serie fortunata di circostanze, rappresenta 8 60/05 un evento eccezionale nel variegato panorama del restauro architettonico italiano. La stessa volontà della Regione Campania di procedere ad una competizione internazionale per trovare la migliore soluzione di restauro e, al tempo stesso, di valorizzazione, che restituisse all’uso quotidiano un importante complesso monumentale, rappresenta di per sé una circostanza singolare e meritevole di nota. L’Ordine di Roma si è da lungo tempo R E S T A U R O battuto, infatti, per promuovere un sempre maggiore ricorso ai concorsi di progettazione. L’alta qualità delle proposte presentate ha dimostrato, in questo caso, se mai ve ne fosse bisogno, come anche nel progettare un delicato intervento di restauro si possa ricorrere con vantaggio a tale sistema. Gran parte del merito va al committente (oltre che, ovviamente, ai singoli partecipanti) il quale, attraverso un bando rigorosamente attento alle complesse problematiche del monumento, ha selezionato, in due successive fasi, i gruppi invitati alla seconda fase privilegiando criteri autenticamente culturali e non economici né di mero fatturato. La speranza è che questo modello virtuoso serva di stimolo e d’esempio per altri futuri interventi analoghi. Il tema stesso del concorso già in sé meriterebbe di essere attentamente studiato, anche solo per la grande complessità dello stato attuale del monumento (una cattedrale barocca costruita su di un antico tempio romano, con consistenti parti di restauro realizzate negli scorsi anni Sessanta e Settanta dall’architetto Ezio De Felice, all’interno di una ricca area ar- cheologica) e per l’apparente incompatibilità delle richieste di progetto individuate nel bando (la cattedrale, in parte demolita, dovrà tornare a svolgere le proprie funzioni di culto e contemporaneamente è richiesta la valorizzazione del tempio antico che, reso nuovamente leggibile, sarà fruibile all’interno dei percorsi archeologici). Se tutto questo non bastasse ad esprimere un compendio di quanto di più difficile possa presentarsi in un progetto di restauro architettonico basti ricordare che tutta l’area è soggetta a frequenti e pericolosi fenomeni sismici e bradisismici. Il carattere esemplare di questo concorso è poi completato dalla contemporanea presenza, all’interno dei gruppi invitati a partecipare alla fase finale del concorso, di quasi tutti gli esponenti dei principali orientamenti attuali, teorici e operativi, del restauro in Italia. Se infatti, nella relazione introduttiva al bando, curata da Giovanni Carbonara, sono espressi con chiarezza i principi dell’attuale approccio “critico-conservativo” al tema del restauro, allo stesso tempo, ovviamente, si è garantita la massima apertura ai più diversi e autorevoli orientamenti in materia. Da qui, ad esempio, la partecipazione, da una parte, di Marco Dezzi Bardeschi, assertore di una linea rigorosamente conservativa, dunque di assoluto rispetto della ‘materia’ antica dell’opera e della sua complessa stratificazione storica, dall’altra di Paolo Marconi, fautore d’una linea di restauro definibile in termini di “manutenzione-ripristino” che, in qualche modo, privilegia l’apprezzamento estetico del monumento e la sua formulazione architettonica originaria. Partendo da tali precedenti lo scopo è qui di dimostrare, grazie all’esame d’un caso reale di studio, come ogni intervento di restauro, pur dovendo necessariamente sottostare ad una serie di precise limitazioni (che, seppur particolari, possono sempre ricomprendersi fra le premesse di lavoro d’ogni progetto) e contare sull’indispensabile presenza d’operatori dotati di specifiche competenze (come del resto è sempre richiesto in ogni altro tipo d’intervento architettonico dotato d’una pur minima complessità) non sia altro, alla fine dei conti, che sempre un tema di vera e propria progettazione architettonica, anche se di natura molto ardua e complessa. Ne deriva come anche ogni intervento 9 60/05 R E S T A U R O ascrivibile alla sfera della tutela e della conservazione dei beni architettonici, proprio per il suo fondamentale carattere “progettuale” rappresenti, nel migliore dei casi, una fra le tante ipotesi possibili e corrette e non mai l’unica inequivocabilmente ‘giusta’, come troppo spesso si vorrebbe far credere nel tentativo di ricondurre l’intervento sui monumenti, o più in generale sui cosiddetti beni culturali, sotto l’egida ‘scientifica’ ed esclusiva di pretesi specialismi. Un rapido esame delle proposte presentate, che fra loro sono molto diverse, nonostante siano tutte espressione del lavoro di gruppi interdisciplinari composti da eminenti studiosi della disciplina e da professionisti che hanno al loro attivo numerosi lavori riconducibili al settore del restauro, ne dovrebbe costituire la dimostrazione più evidente. Una simile esposizione è necessariamente estesa, perché rivolta a documentare non il solo progetto vincitore che ha, come s’è detto, numerose valide alternative ma, in sostanza, lo stato complessivo del restauro architettonico in Italia, proprio attraverso 10 60/05 il confronto diretto fra i progetti dei dodici gruppi ammessi alla seconda fase. In sintesi il monumento è composto, come s’è accennato, da un tempio romano d’età augustea sul quale, a seguito di successivi adattamenti e stratificazioni, è sorta un’importante cattedrale barocca. Il tempio antico, adattato a chiesa (in forma sostanzialmente rispettosa) almeno sin dal medioevo, rimase visibile sino al 1632 quando la nuova sistemazione della cattedrale inglobò l’antica struttura sotto decori e stucchi barocchi. Il tempio romano tuttavia sopravvisse, almeno parzialmente, all’interno delle nuove strutture ma tornò alla vista solo nel 1964 quando, un violento incendio causò il crollo di alcune murature, la distruzione del tetto e di buona parte dei rivestimenti della chiesa barocca. L’intera costruzione si leva su di un alto podio identificato con un primitivo capitolium di età repubblicana. Il successivo intervento di restauro, inoltre, si diresse principalmente in senso archeologico, anche a scapito di molte porzioni residue dell’insieme barocco che vennero demolite. Si procedette quindi ad un primo consolidamento del tempio con l’inserimento di elementi in ferro (nelle basi, nelle colonne, nei capitelli e nella trabeazione) e la realizzazione di una soletta d’appoggio in cemento armato su micropali. Particolarmente interessanti, anche sotto il profilo estetico, sono le reintegrazioni in cemento dei fusti delle colonne. Per la temporanea protezione del tempio fu poi realizzata una copertura metallica. I lavori furono sospesi nel 1972. Successivamente, nuovi scavi archeologici hanno restituito numerosi frammenti riconducibili al tempio romano; ma di essi non sempre si è riusciti ad individuare con assoluta certezza la loro collocazione originaria. Il concorso, e quindi l’intero intervento di restauro, è stato motivato, oltre che dall’urgenza di porre fine a un pericoloso stato di abbandono del complesso, anche dalla volontà, insieme culturale e politica, di ripopolare e valorizzare il Rione Terra, quasi interamente abbandonato dopo il terremoto degli anni Settanta. Una prima fase di opere già realizzate a tal proposito è R E S T A U R O visibile nei percorsi archeologici progettati dal gruppo Gnosis e illustrate da Alessandro Castagnaro nel numero 53 di “AR” proprio all’interno di questa rubrica. In considerazione di tanto numerose e complesse problematiche il concorso richiedeva, come requisito principale, la composizione di un ampio e qualificato gruppo interdisciplinare costituito almeno da un archeologo, uno storico dell’architettura rinascimentale e barocca, un liturgista, un architetto specializzato in restauro dei monumenti, uno strutturista, un impiantista, oltre ovviamente al capogruppo architetto insieme con gli altri eventuali progettisti. In particolare, poi, la relazione d’apertura del bando ricapitola, sinteticamente, quei basilari princìpiguida dell’intervento che dovrebbero ormai considerarsi generalmente acquisiti, almeno in Italia, nella moderna teoria del restauro scientifico, quali la subordinazione dell’intera opera alla migliore conservazione del monumento, il criterio del “minimo intervento” e del rispetto dell’autenticità dell’opera; la reversibilità, al- meno potenziale, la distinguibilità, l’attualità espressiva e la compatibilità fisicochimica e figurativa, delle nuove aggiunte; il rispetto delle stratificazioni, come anche delle testimonianze cosiddette “minori”. Orientata in modo leggermente diverso si presenta invece la relazione archeologica di Giuliana Cavalieri Manasse, anch’essa parte integrante del bando, quando suggerisce un “ripristino” per “linee essenziali della costruzione antica”, immaginato, in qualche modo, come indipendente dalle complesse stratificazioni successive, sovente di qualità e, comunque, d’indubbio valore storico. Si tratta di un tema, insomma, difficile, il quale evidenzia la difficoltà di operare scelte coerenti e guidate da principi ispiratori spesso in conflitto fra loro. Il primo premio (consistente in 100.000 euro e nell’incarico di predisporre il progetto definitivo) è stato assegnato al gruppo Elogio del palinsesto, capogruppo Marco Dezzi Bardeschi; il secondo premio (consistente in 60.000 euro) è stato aggiudicato al gruppo avente come motto In cielo e in terra, capogruppo Guido Batocchioni; il terzo premio (di 45.000 euro) è stato assegnato al gruppo avente per motto Est modus in rebus, capogruppo Luca Zevi. Gli altri nove gruppi invitati alla seconda fase del concorso sono, in semplice ordine alfabetico, quelli aventi per motto: Genius loci capogruppo Alessandro Anselmi, Dulce ad summas emergere opes capogruppo Corrado Bozzoni, Facemmo ali al folle volo capogruppo Stella Casiello, Tertium quid capogruppo David Chipperfield, Vino nuovo in otri nuovi capogruppo Vincenzo Corvino, Ludus absentiae et presentiae capogruppo Pasquale Culotta, Retenta ad memoriam vetustatis capogruppo Donatella Fiorani, Tempio e cattedrale Compositio oppositorum capogruppo Paolo Marconi, Avendo cura capogruppo Tobia Scarpa. Nelle pagine seguenti la parola ai singoli gruppi, preceduti dal bando di concorso. 11 60/05 R E S T A U R O IL BANDO DI CONCORSO RIONE TERRA DI POZZUOLI. PROGETTAZIONE DEL RESTAURO DEL TEMPIO-DUOMO (Stralci) Art. 1 - Ente banditore Presidente della Regione Campania (omissis) tanto interna quanto esterna. Ciò per mezzo di un’attenta opera di restauro e di un accorto ripensamento degli spazi, dei livelli e degli accessi. Particolare attenzione sarà riservata agli accorgimenti per il superamento delle barriere architettoniche e per la piena fruizione, in sicurezza, del monumento; inoltre alle relazioni ed alle modalità di collegamento del monumento stesso con gli ambienti edificati circostanti e sottostanti e con l’ambiente urbano ed archeologico nel cui tessuto esso insiste. Informazioni generali ed immagini sul tema di progetto, sul luogo e sul monumento sono pubblicate sul sito www.acmaweb.com/concorso-pozzuoli/ e www.regione.campania.it Art. 2 - Responsabile del procedimento e segreteria Responsabile del procedimento: arch. Anna Gianfrano, funzionario Regione Campania. Segreteria tecnica e amministrativa: presso la Struttura dell’Ente Banditore. Società di supporto ai servizi: ACMA Centro Italiano di Architettura - Milano. Art. 3 - Programmatore Prof. Giovanni Carbonara, Direttore della Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza. Art. 4 - Oggetto del concorso Progettazione preliminare del restauro del tempio romano sito sull’acropoli di Pozzuoli denominata Rione Terra, costituente, a seguito di adattamenti successivi, la Chiesa Cattedrale di Pozzuoli; il monumento è ubicato in area di particolarissimo interesse storico-archeologico, oggetto di complessivo recupero in atto, in regime di concessione, ad opera del Consorzio Rione Terra di Pozzuoli. (omissis) Art. 5 - Esigenze della stazione banditrice Restauro del monumento, nel rispetto della sua duplice odierna valenza e funzione: archeologica e di culto; sua valorizzazione nella cornice storico-archeologica e paesaggistica in cui è inserito; individuazione e progettazione dei percorsi di accesso e di visita; il tutto in coerenza con gli studi preliminari e con la documentazione preprogettuale che sarà fornita ai progettisti prequalificati. L’intento è quello di restituire il monumento alla sua storia ed alla città, rendendolo comprensibile e fruibile, incrementandone la conoscenza e agendo sulla sua conformazione e presentazione, 12 60/05 Art. 6 - Tipo di concorso Concorso ad inviti per la progettazione preliminare del Restauro del Tempio-Cattedrale del Rione Terra di Pozzuoli, con spunti ed approfondimenti verso il livello progettuale definitivo; al vincitore sarà affidato l’incarico di elaborazione del progetto definitivo, comprensivo del controllo della rispondenza artistica dei lavori al progetto esecutivo, che sarà redatto dal concessionario di costruzione. Art. 7 - Procedura di aggiudicazione e principali riferimenti normativi Procedura ristretta di licitazione privata previa preselezione dei concorrenti da invitare (omissis) Art. 8 - Soggetti ammissibili alla fase di prequalificazione Professionisti cittadini dell’Unione Europea in possesso dei titoli contenuti nella Direttiva 85/384/CEE (omissis). I professionisti che intendono partecipare dovranno formare un gruppo interdisciplinare altamente specializzato sul tema; in particolare, il gruppo, oltre al professionista architetto capogruppo, dovrà comprendere almeno le seguenti figure: - un archeologo o uno storico dell’architettura antica e medioevale con curriculum scientifico comprendente studi su comples- si di età greco-romana (anche come consulente); - uno storico dell’architettura rinascimentale e barocca oppure uno storico dell’architettura religiosa dell’Occidente cristiano (anche come consulente); - un liturgista (anche come consulente); - un architetto che abbia conseguito il diploma post-universitario di Specialista in restauro dei Monumenti; - un ingegnere o architetto strutturista con esperienze pluriennali nel campo del consolidamento dei beni architettonici (anche come consulente); - un ingegnere o architetto impiantista con esperienza pluriennale nel settore dei beni architettonici (anche come consulente); - un restauratore, specializzato in marmi e affreschi, formatosi presso istituti superiori di restauro (anche come consulente). A tutti i componenti del gruppo interdisciplinare è riconosciuta la paternità del progetto; nella domanda di partecipazione, dovrà essere sottoscritta espressa delega al capogruppo a rappresentare nei confronti dell’ente banditore; in caso di vittoria il capogruppo sarà destinatario dell’incarico di direttore artistico dei lavori. Art. 9 - Incompatibilità (omissis) Art. 10 - Termine e modalità di presentazione delle domande di partecipazione alla prequalificazione (omissis) Art. 11 - Quesiti e chiarimenti (omissis) Art. 12 - Contenuto della domanda, dichiarazioni obbligatorie, documentazione (omissis) Art. 13 - Commissione di prequalificazione Componenti effettivi: Presidente della Commissione giudicatrice: Prof. Arch. Dieter Mertens, Direttore dell’Isti- R E S T A U R O tuto Archeologico Germanico Roma. Componenti: Programmatore: Prof. Arch. Giovanni Carbonara, Direttore della Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti dell’Università degli studi di Roma La Sapienza; Rappresentante Regionale: Prof. Arch. Benedetto Gravagnuolo, Preside della Facoltà di architettura dell’Università degli Studi Federico II Napoli; Soprintendente per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta Arch. Fausto Zevi; Soprintendente per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico di Napoli e Provincia, Arch. Enrico Guglielmo. (omissis) Art. 14 - Criteri e termini di selezione per la prequalificazione - natura e competenze specifiche del gruppo interdisciplinare; - sua qualificazione scientifica; - esperienze pregresse nello specifico campo del restauro architettonico e archeologico, ed in riferimento ai temi di archeologia urbana e dell’adeguamento liturgico di beni culturali ecclesiastici. - valutazione della relazione di intenti di cui all’art.12. La commissione concluderà i suoi lavori entro il 15 (quindici) dicembre 2003. Art. 15 - Numero massimo di concorrenti prequalificabili Dodici (12). Art. 16 - Validità dei requisiti (omissis) Art. 17 - Documentazione di base per il progetto (omissis) Art. 18 - Anonimato dei concorrenti (omissis) Art. 19 - Elaborati richiesti (omissis) Art. 20 - Termine di presentazione (omissis) Art. 21 - Commissione giudicatrice Componenti effettivi: Presidente Prof. Arch. Cesare De Seta, Italia, Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi Federico II, Napoli. Componenti: Arch. Roberto Cecchi, Italia - Direttore della Direzione Generale Beni Architettonici e Paesaggio. Ministero Beni Culturali - Roma; Prof. Arch. Salvatore Di Pasquale, Italia Professore Ordinario in Scienze delle Costruzioni della Facoltà di Architettura di Firenze; Arch. Manolis Korre’s, Grecia - Direttore del cantiere di restauro dell’Acropoli di Atene; Prof. Arch. Dieter Mertens, Germania - Direttore dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma; Arch. Corrado Bucci Morichi, Italia - già Ispettore Generale del Ministero per i Beni Culturali - Roma; Prof. Arch. Mario Docci, Italia - (omissis) Art. 22 - Criteri e metodi di valutazione La valutazione terrà conto per il 15% del costo stimato per la realizzazione del progetto e per l’85% della qualità scientifica ed architettonica del progetto e della sua rispondenza ai principi del restauro. In particolare, saranno considerati i seguenti criteri progettuali, alla luce dell’intento esplicitato all’art. 5: - la distinguibilità, non ostentata ma riconoscibile a vista, del moderno intervento di restauro o di reintegrazione condotto sul monumento. Essa riguarda la scelta dei materiali e delle forme dell’intervento; - l’attenzione al senso del luogo, che si esprime nel riconoscere i caratteri culturali che connotano il monumento ed il sito sotto il profilo paesaggistico, simbolico, tipologico, morfologico, costruttivo ed urbanistico; - il pieno rispetto della preesistenza archeologica e rinascimentale-barocca, tramite l’accoglimento del criterio del “minimo intervento”, della “compatibilità” fisico-chimica e della, almeno potenziale, “reversibilità” delle opere conservative, tecnologiche, strutturali e di adeguamento funzionale, sì da garantire la minore invasività e la possibilità di correzioni o di modifiche future senza danno per l’antico monumento. Art. 23 - Aggiudicazione La commissione concluderà i suoi lavori entro il 17 (diciassette) luglio 2004. Al gruppo vincitore l’Ente banditore corrisponderà l’onorario per la progettazione preliminare nella misura di Euro 100.000, 00 (euro centomila/00). Al medesimo gruppo sarà conferito l’incarico dell’elaborazione del progetto definitivo comprensivo del controllo della rispondenza artistica dei lavori del progetto esecutivo. Detto incarico sarà remunerato in base alla vigente tariffa professionale degli Ingegneri ed Architetti, a cui si applica la decurtazione del 20% così come previsto dall’art. 12 bis della L. 155/89, in caso di lavori pubblici, per il progetto definitivo con la maggiorazione del 10%, sul compenso base, per la direzione artistica. Al secondo e al terzo classificato, saranno corrisposti i premi rispettivamente di Euro 60.000,00 (euro sessantamila/00) ed Euro 45.000,00 (euro quarantacinquemila/00). A titolo di rimborso spese sarà corrisposta la cifra di Euro 15.000,00 (euro quindicimila/00), ai rimanenti gruppi non premiati. Il giudizio della Commissione à vincolante per l’Ente banditore. Art. 24 - Pubblicazioni e menzioni (omissis) Art. 25 - Proprietà dei progetti - Ritiro di quelli non vincitori (omissis) 13 60/05 R E S T A U R O ELOGIO DEL PALINSESTO Capogruppo MARCO DEZZI BARDESCHI Progettisti FRANCESCO BUONFANTINO ALESSANDRO CASTAGNARO RENATO DE FUSCO ANTONIO DE MARTINO LAURA GIOENI ROSSELLA TRAVERSARI Consulenti ALESSANDRA G. ANGELONI MARIO BENCIVENNI FULVIO CAPTANO GIOVANNI COPPOLA SABINO GIOVANNONI MONSIGNOR U. GRAZIOSO GIAMPIERO MARTUSCELLI GIORGIO PICCONATO FURIO SACCHI DOMENICO TRISCIUOGLIO FERDINANDO ZACCHEO Collaboratori MARZIA DEZZI BARDESCHI CARLA CELESTINO FEDERICA DE STEFANO ROSANNA PANDOLFO IL PROGETTO Il progetto è stato sviluppato su un’approfondita analisi dei luoghi e delle preesistenze da cui è scaturita una prima sintesi conoscitiva che rispetta le istanze di tipo archeologico e liturgico. Tutto il problema della fabbrica ubicata nel Rione Terra di Pozzuoli ha presentato una catena di fenomeni dualistici: classicismo/barocco; tempio pagano/chiesa; isolamento/stratificazione; archeologia/liturgia; distinzione/separatezza; navata/presbiterio, ecc. Questi binomi sono la chiave che meglio illustra il nostro progetto. Non é da escludere che, fra i tanti e ben noti accorgimenti proporzionali e ottico-percettivi trovati in età classica, vi sia stata anche l’intuizione di estrema «trasparenza» quasi da vetro, pluridirezionalità e polivalenza esterna/interna generata dall’iterazione dell’elemento colonna. Cosicché possiamo dire che colonnato significa al tempo stesso apertura e chiusura, delimitazione ed invito, parte dell’invaso e parte dell’involucro. Planimetricamente lo spazio dell’antico pronao è stato annesso alla navata unica della chiesa che ha acquistato maggiore lunghezza, mentre i colonnati laterali sono stati chiusi con elementi in cristallo strutturale. Nel trasformare il tempio in navata di chiesa e nel ridurre al solo presbiterio la gran parte del rudere barocco, è stato necessario raccordare il piano della fabbrica classica al livello di quella moderna. Tale raccordo, comportando in buona parte l’elevazione del pavimento, è motivato altresì dal fatto che, al di sotto del tempio augusteo, sopravvivono i resti del podio dell’edificio di età repubblicana, identificato con il capitolium della colonia romana del 194 a.C. Così, da un lato si ottiene la valorizzazio- R E S T A U R O ne e la più adeguata fruizione del Capitolium, dall’altro viene dato maggiore spazio al percorso archeologico sottostante. Peraltro l’innalzamento del piano rispetto alla quota del precedente restauro curato da Ezio De Felice, fa sì che l’invaso interno del tempio riacquisti la sua originaria conformazione spaziale. Alla copertura, realizzata nel precedente restauro, consistente in un tetto a doppia falda sostenuto da capriate metalliche, è stato applicato un intradosso piano cassettonato che restituisce l’originaria soffittatura e l’intera volumetria dello spazio interno. È ben vero che un unico grande invaso è racchiuso da un unico grande involucro, ma quest’ultimo conserva per così dire delle preziose aggiunte. È il caso della ex sacrestia che cambia destinazione d’uso: al suo interno si prevede una scala per raggiungere i sottostanti percorsi archeologici ricchi di reperti e lungo la quale si possono collocare reperti museali liturgici. Nella nuova conformazione si è tentato di realizzare un segno forte che va individuato nel tentativo di isolare l’intero organismo descritto dalle costruzioni circostanti, così da far prevalere “l’atopia” del monumento più antico. Tuttavia il segno forte va meglio individuato nella conformazione stessa dell’organismo rinnovato. Il campanile, per una città che oggi è purtroppo ormai molto lontana dalla sua Cattedrale, deve essere alto ed ubicato nella posizione più emergente del contesto, affinché possa essere visto da lontano ed il suono delle sue tre storiche campane possa essere agevolmente udito dalla città bassa (e dalla Curia). R E S T A U R O IN CIELO E IN TERRA Capogruppo GUIDO BATOCCHIONI Progettazione LAURA ROMAGNOLI architetto, progettista esperta in tutela, conservazione, valorizzazione dei monumenti FILIPPO COARELLI archeologo, professore, esperto per l’architettura greco-romana MARCELLO FAGIOLO storico dell’arte, professore, esperto per l’architettura rinascimentale e barocca MONSIGNORE ALFREDO DI STEFANO liturgista, consulente per l’adeguamento liturgico ROSSANA MANCINI architetto, diplomata specialista in restauro dei monumenti GIUSEPPE TOSTI ingegnere, esperto in restauro e consolidamento delle murature FRANCESCO BIANCHI architetto, esperto per gli impianti tecnici di servizio MOHAMMAD MIRZABEYK TORKAMAN architetto, esperto nel restauro dei materiali FEDERICO MARAZZI archeologo, esperto in architettura medievale CARLO COPPOLA architetto, esperto in restauro e recupero urbano ANGELA IADEVAIA architetto, esperto in restauro e recupero urbano MARIA CEROVAZ architetto, consulente per la documentazione e valorizzazione delle strutture archeologiche Consulenti e collaboratori ANDREA MARCHI GIANCARLO MICHELI PAOLO CIANCIO GIOVANNA ESPOSITO GIAMPIERO BOLLETTI OSCAR SANTILLI CHRISTINE SIMET MARCO ANASTASI (sculture) MARCO GALOFARO (plastico) GIANCARLO VERZILLI (grafica tridimensionale) 16 60/05 IL PROGETTO Nel progettare il restauro del Tempio Duomo di Pozzuoli si è inteso recuperare, in linea prioritaria, la struttura di un racconto dal senso compiuto e trasmissibile; l’intervento, dunque, si propone di ristabilire l’unità d’immagine affidando alle forme e ai materiali delle integrazioni il compito di una nuova configurazione dell’intero complesso monumentale. La copertura è stata concepita e sviluppa- ta proprio per raccogliere il massimo sviluppo del volume edilizio sotto un’unica superficie continua. La sua morbida modellazione evoca le forme originali sottostanti: tetto a spioventi del tempio e volta barocca dell’abside, sono fusi in una superficie continua “sensibile” alla presenza delle architetture ad essa sottoposte, leggibili come impronte. In modo analogo, a terra, lungo tutto lo sviluppo longitudinale, piani di raccordo e corrugazioni col- legano i livelli di calpestio delle varie fasi di frequentazione consentendo, a queste stesse, di convivere in un percorso unitario che presenta, in metafora, il passaggio del tempo. Nella ricerca di un equilibrio tra il recupero della funzione religiosa e la conservazione e fruizione delle strutture antiche, il progetto propone una lettura il più possibile corretta ed estesa della spazialità e dei caratteri architettonici del tempio roma- no. Il pronao, ad esempio, è riproposto come spazio aperto e coperto, accessibile a tutti; luogo di musealizzazione in situ dei reperti più significativi, così ricontestualizzati, e, al tempo stesso, atrio e sagrato della chiesa. Una ricca articolazione degli spazi esterni e dei percorsi, infine, oltre a garantire una comoda accessibilità, propone la riconnessione del sito nel contesto urbano in chiave di una rinnovata centralità. R E S T A U R O EST MODUS IN REBUS Capogruppo ARCH. LUCA ZEVI Componenti ARCH. PATRIZIA BARUCCO, spec. PROF.ARCH. ARNALDO BRUSCHI storico dell’architettura ARCH. AGOSTINO BURECA restauratore PROF. ARCH.PAOLO FANCELLI sorico-restauratore DON VINCENZO GATTI liturgista DOTT. GIUSEPPE MESOLELLA archeologo PROF.ING. strutturista PROF. ANTONIO MARIA MICHETTI FRANCESCO NEGRI ARNOLDI storico dell’arte ING. ANTONINO PAPASERGIO impiantista DOTT. MARINA PENNINI DOTT. CLAUDIA VALERI restauratrice archeologa ARCH. FABRIZIO VESCOVO esperto in barriere architettoniche PROF. FAUSTO archeologo DOTT. ZEVI SAVERIO ZINZI scultore Collaboratori ARCH. FLAVIA BRENCI, spec. e dott.nda ARCH. VALERIA CASELLA, spec.nda ARCH. GIULIA CHEMOLLI, spec.nda ARCH. PIETRO DAVID, spec.ndo ARCH. LUCA DELLA SANTA, spec.ndo ARCH. ALESSANDRA INCARNATI, spec.nda ARCH. LORENZO MATTONE, spec.ndo 18 60/05 IL PROGETTO Riproposizione di un grande invaso unitario, da un lato e valorizzazione del carattere di sofferto palinsesto che presenta oggi il manufatto, dall’altro, sono i motivi ispiratori del progetto. La riunificazione è attuata attraverso l’introduzione di un piano di calpestio, che ripropone l’antica quota del Tempio, ma soltanto in corrispondenza del pronao, reso spazio chiesastico-museale interno da grandi pareti vitree, che arretrano rispetto alle colonne perimetrali, incurvandosi in ragione di queste. Al piano stesso si accede, superando i lacerti conservati della facciata della vecchia Cattedrale, attraverso una scalea, allusiva a quella templare, lungo la quale prendono forma, in negativo, le sagome delle colonne scomparse. A partire dalla linea di ingresso alla cella, il pavimento, a connessione fra i diversi livelli, antico (più alto) e moderno, presenta una leggera pendenza, in discesa, fino alla zona dell’altare, mantenuto e restaurato con i minimi adattamenti richiesti dalla liturgia post-conciliare. Un tetto a capriate che ripropone, in chiave contemporanea, l’antica spazialità, protegge l’area del tempio. Al di qua e al di là di questa – in corrispondenza della zona della facciata e della fascia di distacco fra Tempio e presbiterio – due brevi volumi più alti, con copertura piana, recepiscono e sottolineano drammaticamente le forti cesure fra i due grandi protagonisti della storia di questo manufatto. Conservazione scrupolosa delle tormentate testimonianze del tempo e dell’opera degli uomini, dunque. E, contemporaneamente, proposizione di un nuovo ciclo di vita per questo prezioso monumento. Il nuovo setto di facciata, realizzato in grandi lastre marmoree e distaccato dal prospetto preesistente (onde consentirne la percezione), rappresenta emblematicamente, assieme ai due “volumi-cerniera”, un originale approccio alla conservazione. Ove si coniuga il rispetto rigoroso dell’esistente con un’espressione misurata, ma schiettamente moderna, degli interventi necessari a prefigurare una nuova stagione dell’edificio. R E S T A U R O 60/05 19 R E S T A U R O GENIUS LOCI Capogruppo ARCH. ALESSANDRO ANSELMI MAURA MEDRI archeologa MARIO MANIERI ELIA storico dell’architettura rinascimentale e barocca STEFANO GIZZI architetto esperto in restauro dei monumenti CARLA GIOVANNONE restauratrice FRANCESCO CELLINI progettista LUDOVICA DI FALCO progettista GIOVANNI MANIERI ELIA progettista FRANCESCO MARINELLI progettista PAOLO MEZZALAMA progettista FABIO BRANCALEONI ingegnere strutturista MARIA MARGARITA SEGARRA LAGUNES restauratrice ALESSANDRA CENTRONI architetto specializzato in restauro dei monumenti Consulenti e collaboratori PADRE GIACOMO GRASSO liturgista, consulente JOSÉ LUIS GONZALEZ MORENO NAVARRO architetto strutturista, consulente BRUNO MACCHIAROLI ingegnere impiantista, consulente DANIELA MANACORDA consulente EUGENIA BENELLI collaboratore VALERIA MEROLA collaboratore 20 60/05 IL PROGETTO L’ affascinante palinsesto archeologico e architettonico del Duomo di Pozzuoli è il prezioso documento/monumento della storia di un luogo da sempre segnato da una condizione di instabilità, il cui genius loci è e resta quello del mutamento radicale e improvviso. Il luogo oggi ci offre la messa in scena dello scontro tra due mondi: quello del trilite e quello del continuo murario che raggiunge, con il manierismo e il barocco, la massima enfasi. Due mondi tra i quali i responsabili del restauro eseguito dopo l’incendio del 1964 hanno decisamente fatto la loro scelta antibarocca. La contemporaneità, invece, chiedendo il ritorno della Cattedrale, sembra suggerire il recupero dello spazio barocco. E l’idea formale/strutturale di un involucro architettonico esterno al tempio, posto in relazione con le preesistenze seicentesche, poteva considerarsi la più vicina al senso acquisito dal monumento nel suo processo evolutivo. Tale scelta ha proposto un unico involu- cro, costituito da una struttura bidimensionale avvolgente, piana, interrotta, aperta, di cui: la fiancata occidentale sorge dalle fondamenta storiche, richiamando il perimetro barocco a cappelle; il piano di copertura si stende a proteggere, in forma contemporanea, il palinsesto delle preesistenze, mantenendo lo scarto di quota che segna le due principali fasi epocali e, sporgendosi al di sopra della faccia orientale, lascia scoperto il colonnato marmoreo rimasto, da sempre, a dialogare con il contesto insediativo. A chiudere lo spazio cultuale alle spalle del colonnato, corre una vetrata portante, che scarica completamente su se stessa il peso della copertura. Le facce terminali, anteriore (verso il mare) e posteriore (absidale), mantengono, invece, per quanto possibile l’assetto barocco ripristinato e in particolare, nella prima viene proposto il tema della doppia facciata, inserendo una parete portante di marmo scuro che delimita il vano ecclesiale e fa da fondale alla facciata barocca restaurata ‘a rudere’. R E S T A U R O 60/05 21 R E S T A U R O DULCE AD SUMMAS EMERGERE OPES Capogruppo ARCH. CORRADO BOZZONI ARCH. AUGUSTA CYRILLO GOMES GAETANA CANTONE ING. LUIGI CONTE ARCH. FABRIZIO DE CESARIS ARCH. ALESSANDRO VISCOGLIOSI ARCH. ALBERTO WHITE ARCH. Consulenti PROF. EUGENIO LA ROCCA PROF. MANLIO SODI ARCH. LUCIA BARATA PAOLA COGHI (restauratrice) IL PROGETTO Il restauro è stato affrontato nell’ottica della duplice polarità, archeologica e religiosa, insita nel tema. La complessità delle fasi storiche presenti, incluse quelle rappresentate dall’incendio e dai lavori conseguenti, imponeva innanzitutto la valutazione della “qualità” dei singoli elementi ai fini della loro valorizzazione, rimozione o modificazione, nell’evidenza di trovarsi di fronte a un aggregato di parti ricche e meno ricche di valori artistici e storici, più o meno trasformate nel tempo. Da queste premesse discendono le opzioni che hanno orientato la proposta: prima tra queste, conseguente al riconoscimento del massimo valore storico e architettonico da attribuire oggi al tempio romano e al recupero della sua originaria spazialità, la ricostituzione del livello pavimentale augusteo e successivamente l’estensione della medesima quota di calpestio al “coro-presbiterio barocco” (forte- mente compromesso nei suoi originari valori architettonici anche riguardo alla copertura), allo scopo di ottenere la continuità spaziale e funzionale di aula e presbiterio e la continuità liturgica assemblea-altare-cattedra episcopale. Viceversa l’originaria “cappella maggiore” e l’altare barocco appaiono recuperabili con la reintegrazione delle parti mancanti, imponendo ovviamente di mantenere, per lo spazio relativo, il livello esistente; il vano, separato dal nuovo presbiterio, assumerà le funzioni di “cappella feriale”. Infine, allo scopo di restituire al tempio augusteo il valore simbolico e riassuntivo che gli è attribuito in tutte le rappresentazioni antiche, ma lungi dal riproporre una determinata fase storica del monumento, è sembrato opportuno frazionare i volumi presbiteriali, presentandone le singole coperture in forma estradossata, in modo da ottenere un nuovo, calibrato, inserimento del complesso nel contesto ambientale. R E S T A U R O FACEMMO ALI AL FOLLE VOLO Capogruppo PROF. ARCH. STELLA CASIELLO PROF. ARCH. FRANCESCO LA REGINA PROF. ARCH. EUGENIO VASSALLO PROF. ARCH. CARLO BLASI progettista, specializzato in restauro dei monumenti progettista, specializzato in restauro dei monumenti progettista strutturista ING. ANGELO PUORTO DON FRANCESCO IANNONE progettista impiantista liturgista, consulente PROF. ARCH. PAOLO MORACHIELLO storico dell’architettura, consulente PROF. OTTORINO NONFARMALE restauratore, consulente PROF. DOTT. PAUL ZANKER archeologo, consulente Con i progettisti ARCH. CLAUDIA GABRIELLA AMBRON ARCH. MARIACRISTINA BENETOLLO ARCH. FRANCESCA BLASI ARCH. CIRO BUONO ING. SUSANNA CARFAGNI ARCH. ALESSANDRO CASTELLANO ARCH. ANTONIO D’AURIA ARCH. GIANLUIGI DE MARTINO ARCH. RICCARDO DE MARTINO ARCH. ANDREA PIERO DONADELLO ARCH. FEDERICA GIULIANI ARCH. ARDUINO LOPEZ ARCH. MARCO RUSSIELLO ARCH. CARLO SARDO ARCH. SALVATORE SOLARO IL PROGETTO Il tempio/duomo di Pozzuoli presenta una stratificazione ricca di almeno 2200 anni di storia, testimoniata da elementi architettonici, apparati decorativi, semplici reperti materiali; è questa stratificazione costituita dal senso proprio di ogni elemento che la compone - il documento primo che si è inteso conservare e valorizzare. Tra i problemi più complessi è stato senza dubbio quello di far coesistere inoltre strutture archeologiche e spazi liturgici di particolare rilevanza, come quelli di una cattedrale. D’altro canto è noto che nel restauro il fine primario è la conservazione e la trasmissione al futuro di una eredità storico/artistica unica e irripetibile che non può essere subordinata ai temi d’uso e pratici. Si è quindi cercato di far coesistere e di conciliare interessi diversi, liturgici, culturali e turistici. D’altronde la dimensione celebrativa non esclude il riconoscimento dei caratteri culturali che connotano il monumento. Obiettivo del restauro è stato anche il rispetto dell’autenticità materica dell’opera e per i nuovi interventi grande attenzione è stata rivolta al valore espressivo delle parti nuove - riconoscibili a vista o dopo attenta osservazione rispetto alle antiche. Partendo dai vincoli che discendono direttamente dal rispetto per la storia del monumento si è cercato di enfatizzare il suo significato simbolico, tipologico, morfologico, religioso e ambientale e di conseguenza il progetto è stato redatto nel rispetto della ricca e complessa stratificazione. R E S T A U R O TERTIUM QUID Capogruppo ARCH. DAVID CHIPPERFIELD Progettisti ARCH. ALBERTO IZZO ARCH. FERRUCCIO IZZO ARCH. EVA SCHAD ARCH. MAURIZIO D’ANDREA Consulente progettista ARCH. ALEXANDER SCHWARZ Consulenti DOTT. GIUSEPPE MAGGI archeologo DOTT. DOMENICO CAMARDO archeologo ARCH. JOSEPH RYKWERT storico dell’architettura GIUSEPPE AROSIO liturgista ARCH. GIOVANNA TARASCO specialista in restauro dei monumenti ING. CLAUDIO MODENA ING. ANDREW SEDGWICK ING. ANIELLO CASTALDO strutturista impiantista elettrico impiantista meccanico LIVIA ALBERTI restauratrice specialista in marmi e affreschi IL PROGETTO La parte a nord della chiesa barocca rimane intatta nella sua volumetria, uniche modifiche sono il completamento (filologico, diversificando il materiale) della volta del presbiterio, con l’aggiunta dell’unghiatura mancante, e la riproposizione, sulla stessa zona, della copertura piana che già esisteva prima dell’incendio. Il dislivello di quota tra il Duomo e il Tempio romano è risolto con una piattaforma che si estende nella zona barocca; una scala disposta lungo uno dei fianchi della piattaforma collega i due piani. Un’altra scala, attraverso la demolizione di una parte di solaio barocco, raccorda la zona dedicata al culto con la sottostante area archeologica. La facciata e le due cappelle, sono incastonate nella nuova struttura, mentre la sacrestia si arricchisce di un volume sovrapposto a quello attuale, sul quale poggia il nuovo portale d’ingresso. Il volume del nuovo campanile, inserito nello spazio dietro la cappella di destra, media l’attacco del nuovo duomo con la cappella detta Coretto e il Vescovado. Avendo a che fare con un palinsesto di interventi diversi e spesso in cattivo stato di conservazione, il restauro che riguarderà le strutture antiche sarà di tipo archeologico e cercherà di consolidare l’immagine esistente. Ogni operazione pratica di integrazione o restauro rispetterà i criteri base del minimo intervento, della reversibilità, R E S T A U R O della compatibilità, della distinguibilità, della durabilità. Le parti che riguardano il tempio augusteo, in special modo i frammenti archeologici, dopo il loro restauro saranno conservati e ricollocati, con la collaborazione degli archeologi. Dal punto di vista strutturale, il consolidamento sarà attuato in modo da non snaturare ulteriormente il modello statico originale dell’edificio. Le soluzioni saranno congrue e rispetteranno il saggio criterio del minimo intervento e dove possibile, i criteri della distinguibilità e reversibilità delle operazioni. In ogni caso nel momento di una scelta si prediligerà l’istanza estetica. R E S T A U R O VINO NUOVO IN OTRI NUOVI Progetto CORVINO+MULTARI architetti con BERNARD ANDREAE archeologia ROSARIO PAONE restauro CARMEN DEL GROSSO metodologia del restauro Consulenti TERESA COLLETTA storia della città DON ANTONIO GIANNOTTI liturgista ING. GABRIELE SALVATONI ING. ALDO BOTTINI consolidamento statico strutture ALBERTO ZIMBELLI impianti GIUSEPPE GIORDANO restauro apparati decorativi RUGGERO MORICHI rilievo scientifico Design team G. CASTALDO, M. CRISCI, F. CAPRIO, M. NATALE, M. POLITO, M. VOCATURO IL PROGETTO Il tema è il Restauro del Tempio-Duomo di Pozzuoli, e più precisamente, la costruzione della sua Chiesa-Cattedrale. Un ragionamento ed una teorizzazione attorno alla “grande preesistenza” alla ricerca del significato teologico e liturgico contemporaneo. Disegnare la “casa di Dio” è pensare alla “casa dell’uomo”: la casa di Dio è una parte del paesaggio, del contesto, della città. L’ impegno parte dai “limiti finiti” di una funzione, raccogliere l’assemblea attorno al luogo di culto, e ci porta ad indagare i “limiti infiniti” della ricerca progettuale. Integrare la cultura contemporanea nel grande spazio archeologico e di tradizione cristiana, equivale anche a dare testimonianza del nostro tempo. La Cattedrale è densa di significati simbolici e metaforici ed il testo architettonico deve trovare corrispondenza tra lo spazio e lo spirito, tra l’esistente ed il nuovo. La Cattedrale fa ritornare il sistema Tempio-Duomo ad essere luogo di frequentazione spirituale e laica, il senso più profondo della “Grande Fabbrica”, testimonianza della vicenda spirituale ed umana. La nuova architettura prenderà forma nelle pareti di vetro extrachiaro, e nelle sottili strutture in cemento bianco che poggiano sul nuovo piano strutturale e sorreggono la nuova sagoma della Cattedrale, nella scena geografica del grande golfo. La Cattedrale si annuncia ai fedeli a partire dal Sagrato e dallo storico ingresso laterale. Il volume della Cattedrale è contenuto nella sagoma del tempio, si allunga fino alle strutture barocche e si compenetra nella tensione delle strutture del tempio illuminate di luce naturale che filtra dall’alto. Il vuoto viene raccolto per divenire spazio, comunità, edificio, un edificio che si allunga e misura la dilatazione barocca in un nuovo piano che prima è vestibolo, poi è navata, quindi presbiterio. Attorno il suo paesaggio è la sua storia, che con i reperti ed i pezzi autentici, partecipa alla costruzione della fabbrica contemporanea, dedicata a San Procolo, e lascia filtrare la luce verso lo spazio liturgico. 29 60/05 R E S T A U R O LUDUS ABSENTIAE ET PRAESENTIAE Capogruppo PROF. ARCH. PASQUALE CULOTTA studio Culotta Architetti - Palermo Progettisti ARCH. TANIA CULOTTA ARCH. ANDREA SCIASCIA unoaunoarchitetti - Napoli PROF. ARCH. RICCARDO FLORIO ARCH. GIUSEPPE VELE Componenti DOTT. FILIPPO DEMMA archeologo ARCH. TIZIANA CAPASSO restauratore PROF. ING. LUIGI strutturista PALIZZOLO Consulenti PROF. ARCH. MARIA GIUFFRÉ storico dell’architettura PROF. CONCETTA MILITELLO PROF. CRISPINO VALENZIANO liturgista liturgista PROF. ING. impiantista ANGELO MILONE CLAUDIA TEDESCHI specialista in marmi VALENTINA PIOVAN specialista in affreschi ARCH. GIUSEPPE BRUNO restauratore ARCH. PROF. VALERIA PROCACCINI PIETRO MARESCALCHI topografo Collaboratori ARCH. TERESA DELLA CORTE ARCH. CARMELA ACANFORA MARIA ANNA MARTIGNETTI ARCH. VINCENZO GUADAGNO IL PROGETTO Nel presentare il progetto si fa leva su due termini sintetici: conferme ed aperture. Le conferme riguardano: l’identità architettonica e l’unità culturale del TempioDuomo. Le aperture riguardano: le relazioni tra il Rione-Terra e il mare, i due livelli del Rione Terra: il suolo della città degli scavi e quello del Tempio-Duomo, le tecniche presenti nel cantiere di restauro, i numerosi frammenti del Tempio, le potenzialità di connessioni museali del tessuto urbano. Nelle interazioni fra i principi dell’architettura della storia, quelli dell’architettura della liturgia e quelli dell’architettura della città, il progetto si muove tra l’interno e l’esterno del Tempio Duomo riaffermando l’identità di ogni singola parte in un nuovo sistema di relazioni spaziali. Dalla scelta di demolire la sacrestia consegue la formazione del sagrato proporzionata ai rapporti fra il Duomo e città, favorendo il raccordo spaziale fra prospetto, gradinata e volume del lucernario del battistero. L’aula si distende dall’in- gresso sino al nuovo arco trionfale. Fra questi due limiti si distinguono, procedendo in direzione dell’altare: l’esonartece, la ricomposizione per anastilosi del frontone del tempio, la traccia sul pavimento del colonnato esastilo. I due percorsi vetrati a sbalzo sono funzionali all’aula. Le due navatelle creano anche le condizioni per attraversare l’intercolumnio del pronao augusteo. La riconfigurazione dell’area del presbiterio, nei suoi elementi costitutivi: altare, cattedra, coro del capitolo e coro dei cantori, trova regole nelle norme liturgiche del Concilio Vaticano II. Si è ipotizzata la traslazione della cappella per liberare l’angolo colonnato del tempio. La traslazione non implica mutamento funzionale, non arreca alterazione alla forma e la nuova posizione caratterizza il paesaggio urbano visto dal mare. Nella ricostruzione del volume diruto, in continuità funzionale con il presbiterio, sono stati previsti i locali destinati alla sagrestia e agli uffici parrocchiali. Al di sotto dell’area presbiteriale sono stati ricavati degli spazi espositivi del Tempio-Duomo. R E S T A U R O RETENTA AD MEMORIAM VENUSTATIS Capogruppo PROF. ARCH. DONATELLA FIORANI specialista in Restauro dei monumenti Componenti progettisti PROF. ARCH. DANIELA ESPOSITO esperta in Storia dell’Architettura e specialista in Restauro dei monumenti ARCH. ANDREA BRUSCHI ARCH. LAURA IERMANO ARCH. LORENZO IACCHIA ARCH. LUCA ARCH. SCALVEDI ALESSANDRA REGGIANI esperta in Illuminazione dei Beni Culturali ING. GIUSEPPE CARLUCCIO ING. MARIO BIRITOGNOLO ING. STEFANO DE VITO ING. FRANCESCO SALA strutturista strutturista strutturista impiantista ING. FABRIZIO impiantista ARCH. CUMO ALESSANDRO MICUCCI professionista abilitato da meno di 5 anni Consulenti DOTT.SSA PAOLA PALAZZO DOTT.SSA CRISTINA VAZIO archeologa restauratrice specialista in marmi ed affreschi MONS. ROBERTO CARRARA liturgista PROF. DOTT. archeologo DOTT. PATRIZIO PENSABENE DOMENICO POGGI geologo PAOLA DE GREGORIO artista Collaboratori ALESSIO TOMMASETTI dottore in architettura ARCH. ISABELLA SANPIETRO IL PROGETTO L’impostazione progettuale, derivata dallo studio e dalla lettura critica della preesistenza, ha cercato di integrare e riunificare, nella continuità figurativa delle pareti in elevato e delle coperture, le porzioni oggi disgiunte della fabbrica, in una volumetria esterna che raggiunge l’estensione della chiesa barocca, dal fronte meridionale al corpo della sala capitolare. Internamente, lo spazio appare invece articolato in una successione di ambienti distinti, semiaperti e dialoganti con l’esterno nella prima campata addossata alla facciata seicentesca e nel pronao, chiusi all’interno e principalmente rivolti allo svolgimento della funzione religiosa nella cella del tempio e nel presbiterio. La ricongiunzione di due spazialità alternative e contrapposte fra loro per modalità figurative, caratteristiche costruttive e scelte dimensionali ha richiesto l’impiego d’un nuovo linguaggio espressivo, con- temporaneo negli indirizzi tecnologici e formali ma al tempo stesso calibrato sull’architettura della preesistenza. La copertura metallica spaziale è stata studiata con l’obiettivo di migliorare la resistenza sismica dell’edificio, mentre il nuovo coronamento, differenziato nella zona templare e nella parte barocca, consente il raccordo figurativo fra l’integrazione e la preesistenza e gradua diversamente la luce, diurna all’interno dell’involucro della fabbrica, atmosferica nel sagrato, soffusa e omogenea nella navata, direzionata e gerarchica, per la presenza di aperture dirette, nel presbiterio. R E S T A U R O 60/05 33 R E S T A U R O TEMPIO/CATTEDRALE: COMPOSITO OPPOSITORIUM Capogruppo PROF. ARCH. PAOLO MARCONI Progettisti ARCH. GIANCARLO BATTISTA progettista architettonico e di restauro ING. ROBERTO BELLUCCI SESSA progettista degli impianti PROF. ARCH. EMMA BUONDONNO progettista architettonico ed ambientale ARCH. GIACOMO MARTINES MARIO ROSARIO MIGLIORE PROF. ING. progettista delle strutture PROF. ARCH. ALBERTO MARIA RACHELI specialista in restauro dei monumenti Consulenti DOTT.SSA GABRIELLA DE MONTE restauratrice PROF. ARCH. PIER NICOLA PAGLIARA storico dell’architettura rinascimentale e barocca PROF. FABRIZIO archeologo PESANDO MONS. GIOVANNI DI NAPOLI liturgista Collaboratori PROF. ARCH. CARLA CERALDI ARCH. RAFFAELLA BARTOLI GEOM. MARINA ELEFANTE ARCH. MARCO GRIMALDI ING. GIANCARLO MIGLIORE 34 60/05 IL PROGETTO I disegni in scala 1: 200 furono esposti nella Mostra tenuta quattro mesi prima della consegna del progetto, consentendo a chiunque di uniformarsi al nostro programma, il quale è il più fedele alle Indicazioni per la predisposizione delle linee guida per il ripristino delle strutture archeologiche della Committenza ed alle condizioni per l’Adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica (31 maggio 1996) che chiedono espressamente che l’assemblea dei fedeli sia collocata in piano al livello dell’Altare piuttosto che in pendenza, come se il rito fosse uno spettacolo profano. Il progetto ha tenuto anche conto della casisti- ca dei Templi antichi come la Maison Carée e l’Artemision di Magnesia, realizzando il pavimento marmoreo della Cattedrale in piano col livello seicentesco ma evidenziando lo spiccato interno del tempio romano grazie alle due gallerie laterali rialzate al livello antico, destinate, oltre che alla celebrazione liturgica, all’esame dei frammenti lapidei presentati sui muri della Cella. In tal modo l’accesso avviene dal Pronao ripristinato grazie al soffitto a lacunari come richiesto dalla Committenza, tramite una vetrata dall’aspetto esterno marmoreo che sostituisce la parete Sud della Cella. Il campanile viene ricollocato nella posizione originaria. R E S T A U R O 60/05 35 R E S T A U R O AVENDO CURA Capogruppo ARCH. TOBIA SCARPA TIZIANO MANNONI archeologo PROF. ROBERTO MASIERO DON ROBERTO TAGLIAFERRI ARCH. CARLA ARCOLAO ING. GIAN DOMENICO COCCO ARCH. ADRIANO LA GRECA COLONNA MAURO MATTEINI Consulenti e collaboratori ARCH. ALBERTO TORSELLO GEOL. ANTONIO SENATORE ARCH. BRUNO DOLCETTA ARCH. BENITO PAOLO TORSELLO ALBERTO CASCIANI ANTONIO RAVA ANNAMARIA GIUSTI MASSIMO D’ANTONIO ANNA GIANNETTI 36 60/05 IL PROGETTO All’inizio di tutto, c’è una bella metafora del restauro: basta ascoltare il primo pezzo di un album musicale, dove Jan Garbarek intreccia la voce del suo sassofono con il coro che esegue Officium defunctorum, di Christóbal de Morales (1500-1553). La base è quella cinquecentesca, eseguita con puntigliosa fedeltà al testo, ma un altro testo vi si sovrappone, mescolandosi al primo, dialogando, incuneandosi nelle sue pieghe musicali con la tipica libertà creativa del jazz: è quello moderno, dissacrante del sassofono. Il risultato è stupefacente, perché determinato da una contaminazione reciproca che produce un esito tutto dentro al nostro tempo, eppure colmo di antiche memorie. Agli strati archeologici del corale, tutti devotamente salvati, si aggiungono quelli di una nuova voce, anch’essa predisposta alla sacralità dell’armonia. Così, conservare e innovare delimitano lo spazio di un progetto che si apre (ci apre) all’enigma del tempo, palesando misteri impenetrabili, fonte di ricerca e di linguaggi. Questo è l’intento: all’idea di una spettacolarizzazione dell’architettura e della storia sostituire un’idea di “paesaggio”, di “racconto”, dove ogni parte costruita, in passato e oggi, abbia il ruolo di “strato”, proprio nel senso archeologico del termine. R E S T A U R O 60/05 37 P A E S A G G I O a cura di Lucio Carbonara e Barbara Pizzo Premio Scarpa per il giardino Valeria Caramagno Premiato Deir Abu Maqar, il monastero egiziano copto di San Macario, luogo in cui si inventa un’idea di paesaggio produttivo e innovativo insieme, ripensato e ridisegnato in chiave contemporanea, ma in continuità con la tradizione. L a Fondazione Benetton Studi e Ricerche, costituitasi nel 1987, ha avviato un settore di studio pertinente alla “questione del governo del paesaggio”, con iniziative varie tra cui l’istituzione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, a partire dal 1990, con l’intento di contribuire ad elevare e diffondere la cultura del paesaggio. La sedicesima edizione del Premio, presieduta da Lionello Puppi e coordinata da Domenico Luciani, direttore della Fondazione Benetton Studi e Ricerche, ha attribuito, il 14 maggio scorso a Treviso, il premio per l’edizione 2005 a Deir Abu Maqar, il monastero egiziano copto di San Macario, lungo la strada che, attraverso il deserto, collega Il Cairo con Alessandria. La giuria internazionale, composta da Lionello Puppi, Domenico Luciani, SvenIngvar Andersson, Carmen Anon, Monique Mosser e Ippolito Pizzetti, ha scelto questo luogo straordinario in cui il vuoto del deserto si condensa in uno spazio vitale, pieno di valori culturali e spirituali, ma anche luogo in cui si inventa un’idea di paesaggio produttivo e innovativo insieme. La scelta della giuria, puntando a far conoscere in Europa la vicenda di questo fulcro del monachesimo egiziano, ha inteso segnalare, ai soggetti interessati a pen- 38 60/05 sare e fare paesaggi, come un’utopia abbia saputo concretizzarsi e dare forma ad uno spazio fisico, la cui identità, capace di trasformarsi ed evolvere, trovi modi, stile, suoni, parole e misure di spazio e di tempo, che oggi possono avvolgere il visitatore con singolare, toccante sobrietà. Fondato nel 360 d.C., il monastero è sempre stato abitato da monaci cristiani copti. Nel 1969, il complesso versa in condizioni di declino e, per rivitalizzarlo, vi vengono inviati dodici monaci. Nell’arco di un ventennio, a partire dal 1969, viene aperto un cantiere che trasforma ogni aspetto del monastero, con grande energia di invenzioni e di realizzazioni. Il monastero consegnato dalla storia, costituito da un piccolo rettangolo murato e da celle sparse dentro e fuori, in stato di abbandono, viene reinventato. Si traccia un nuovo perimetro, molto più ampio, una 39 60/05 sorta di cordone perimetrale in forma curvilinea che ospita 150 celle individuali, articolate in più vani e servizi, tutte rivolte verso l’esterno, verso i campi coltivati e il deserto. Questo poderoso edificio ovoidale che circonda e protegge le testimonianze del passato del monastero, ripulite di tutte le superfetazioni che nel tempo si erano accumulate, accerchia le vestigia importanti di un patrimonio storico e artistico in parte sepolto e in parte degradato. Le tre chiese, la fortezza, i chiostri e i cortili, articolano uno spazio complesso fatto di ambiti diversi eppure dotato di una forte unitarietà, sottolineata dalla nettezza della geometria delle pavimentazioni e da una speciale qualità dell’insieme: il genius loci di un paesaggio unico. All’esterno del complesso costruito, il territorio viene inciso dall’orditura cartesiana di spazi quadrati protetti da alte siepi antivento, che trasformano il deserto in campi coltivati, orti, giardini, frutteti e pascoli. Fondamentale in quest’opera di coltivazione e trasformazione del deserto è il programma idraulico, elaborato a partire dal 1969, costituito da una nuova torre del monastero che diventa anche serbatoio d’acqua, mentre decine di pozzi vengono scavati per irrigare le colture con le tecnologie sperimentali in continua evoluzione, messe in campo dagli specialisti, tecnici e laureati di varie discipline presenti tra i monaci. Quest’opera di trasformazione ha 40 60/05 coinvolto un gran numero di persone della popolazione locale dando lavoro e sussistenza a circa settecento persone. Deir Abu Maqar appare pertanto anche il luogo nel quale la trasmissione di un corpus di valori da conservare del tempo può avvenire anche attraverso l’innovazione, con mutamenti radicali della dimensione della comunità, degli spazi conquistati al deserto, con nuove agricolture ed economie, con nuove relazioni e rapporti allargati con le popolazioni nei dintorni. L’attribuzione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino sottolinea, dunque, come Deir Abu Maqar offra – a quanti si occupano di salvaguardia e di valorizzazione di paesaggi, scienze, arti o del rapporto tra la condizione dei luoghi e la qualità della vita di chi abita tali luoghi – un terreno di riflessione come paesaggio ripensato e ridisegnato in chiave contemporanea, ma in continuità con la tradizione monastica, per farla vivere nella storia attuale. “Si avverte qui il gusto delle giornate piene, operose, il valore della meditazione solitaria e insieme la capacità di dialogo riflessivo e quieto, l’ironia leggera, quasi gioiosa, con cui le comunità dei monaci affrontano i temi ultimi dell’esistenza. Mentre stabiliscono relazioni fertili ed intense con molte altre e diverse realtà culturali, ecclesiali, monastiche di ogni continente. Mentre incalzano le aporie del nostro mondo e del nostro tempo”. a cura di Lucio Carbonara e Barbara Pizzo P A E S A G G I O BUGA a Monaco di Baviera Sostenibilità e cambio di prospettiva: questi i due fili conduttori della manifestazione dedicata a nuove proposte di design e architettura dei giardini. Luisa Chiumenti L’ Esposizione nazionale “Buga 2005” a Monaco di Baviera (dal 28 aprile al 9 ottobre 2005), chiaramente ispirata ai principi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 21 (sottoscritta a Rio de Janeiro nel 1992), ha presentato una serie di progetti di architetture dei giardini, fra cui spiccano quelli per il recupero e la riqualificazione, nella stessa città di Monaco, dell’area dell’ex aeroporto Riem. Alcuni di tali progetti è previsto infatti che siano mantenuti in essere al termine della manifestazione, integrando il Landschaftspark e andando a costituire parte integrante del parco del nascente quartiere Messestadt Riem. È quello che avverrà in particolare per: i Giardini Paralleli, con rose, arbusti e piante perenni, divisi da siepi, con splendidi giochi cromatici e il Giardino Verticale, con piante in vaso dalle dimensioni superiori all’usuale che permettono la visione affascinante e l’osservazione dettagliata di ogni più piccolo germoglio, foglia o ramo. Ed è significativo che sia stata proprio 41 60/05 Monaco di Baviera la città tedesca scelta per accogliere “Buga ‘05” trattandosi di una delle città che più fortemente, da sempre, ha dimostrato una grande sensibilità per l’architettura del verde, costellata com’è, nel suo assetto urbano, da tanti parchi e giardini, di ottimo livello qualitativo (si pensi anche soltanto al parco del Castello di Nymphenburg che, con il bellissimo Giardino Inglese, fu il primo giardino che, a Monaco, “fece confluire in uno spazio pubblico le idee della Rivoluzione francese, della libertà e dell’uguaglianza”). Hanno collaborato alla manifestazione (che è stata siglata in certo modo dal motto della Corporate Design della BU- 42 60/05 GA 05, con il lavoro realizzato su un “fiore computerizzato”, dall’artista Oliver Kosovsky) circa quaranta fra città, comuni e associazioni bavaresi, sottolineando così il vivo interesse nazionale per una tradizione più ampia, che vede la Germania impegnata storicamente (fin dai primi anni ’50), in molti progetti di recupero, riqualificazione e sensibilizzazione del territorio in ordine ai concetti di Ambiente e Sviluppo, che sempre più acquisiscono interesse sovranazionale. L’esperienza della BUGA 05 (diretta da Andrea Gebhard e presieduta da Susanne Porsche), appare così assai significativa ai fini di una possibile individuazione di idee, temi e problematiche di sicuro interesse per il futuro dell’architettura del paesaggio nelle nostre città. L’idea di una mostra nazionale di giardinaggio ed architettura era già stata formulata nell’ ambito della evoluzione del concorso per il parco paesaggistico della città fieristica di Riem. In quest’ambito si inquadra il progetto della città di Monaco per il recupero dell’area dove sorgeva il vecchio aeroporto di Monaco-Riem, che è stata suddivisa in 3 parti: una destinata alla fiera, una a zona residenziale e una a parco, il Landschaftspark, nel cui ambito spicca, ad esempio, la realizzazione di 170 km di percorsi ciclabili attorno al capoluogo bavarese e la “rinaturalizzazione” di fiumi e ruscelli. Il tema conduttore della concezione creativa, l’architetto del paesaggio monacense, Prof. Rainer Schmidt (che, con i colleghi del LAS Rainer Schmidt - Landschaftsarchitekten, München, è stato vincitore del concorso indetto su scala na- zionale per la BUGA 05), appare incentrato sugli schemi basilari della vita delle piante, con le loro affascinanti strutture: ne sono valido esempio sia la composizione cellulare, simboleggiata nel Giardino delle Cellule, che le complesse strutture del tessuto di una pianta rappresentate a forte ingrandimento nel Giardino Verticale e nel Giardino delle Foglie. In particolare, percorrendo il “Giardino delle Cellule” i 12 vasti ambienti tematici consentono ai visitatori di esplorare la natura e gli elementi aria, terra, acqua da un insolito punto di vista. Ed è così che in uno degli ambienti si può camminare fra canne alte dai 2 ai 3 metri; in un altro in mezzo a pietre giganti, scoprendo cosa si nasconde fra di esse; in un altro ancora si può vedere dal basso la tana di una talpa. Nella consapevolezza del fatto che “il futuro delle zone di concentrazione urbana e delle città” sia comunque affidato alla questione della “sostenibilità” e in un certo modo in opposizione al concetto per cui “sostenibilità ed ecologia” coincide- rebbero con “rinuncia, monotonia ed alti costi”, Buga 2005 vuole dimostrare come il tema della “sostenibilità“ possa essere “acclamato con allegria” sollecitando la creatività verso “emozionanti eventi artistici e culturali e progetti impostati su criteri ambientali”. Il padiglione “Biovision” rappresenta l’highlight nell’area meridionale della Buga e chi accede alla Buga servendosi da questo padiglione (ingresso meridionale), ha la possibilità di godersi, dalla scalinata esterna del padiglione stesso, una meravigliosa vista sui 190 ettari di superficie prima di iniziare il vero e proprio percorso fra i giardini. Ed è così che nella città fieristica di Riem, insieme con le tracce della strada medioevale, la pianura di pietrisco dell’era glaciale e la vecchia pista dell’aeroporto, si possono vedere oggi i minuscoli fiori delle colture dei prati magri, le concentrazioni boschive, i piccoli dettagli dei giardini paralleli, le Alpi con il Föhn, la silhouette della Frauenkirche di Monaco che si staglia all’orizzonte, i riflessi cromatici sul lago di Costanza, il gioco della topografia ed il tramonto dietro alla grande terrazza. È interessante inoltre sottolineare come le varie aree della Buga, ma in particolare i giardini tematici, dall’ interno dei vari padiglioni, si aprano gradualmente e dolcemente verso lo spazio aperto all’esterno. E poiché “lo spazio non ha né limiti né tempo” (come afferma giustamente l’architetto del paesaggio Vexlard), tutte le aree di esposizione consentono ai visitatori di ogni padiglione l’accesso diretto ai giardini all’aperto, dove in particolare essi possono conoscere più direttamente da vicino le piante inerenti al determinato tema esposto all’interno del padiglione stesso: dalle erbe medicamentose fino alle viti e possono ammirare altresì alcune vecchie specie di verdure, già quasi dimenticate, accanto a colture nuovissime come le piante tessili, medicinali e coloranti. Ed è importante, per comprendere meglio l’attuale edizione della Buga, nei confronti del paesaggio e del modo con cui esso deve essere “guardato”, nel giusto rapporto con uno spazio a cielo aperto, pressoché illimitato come questo, quanto afferma ancora l’architetto Vexlard: “… è necessario recuperare gli elementi di tipicità di un luogo, metterli in evidenza e liberarli da tutti i fattori ad essi estranei… che in qualche modo possano impedire la visibilità del suo paesaggio e della sua tipicità”. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Catalogo della Buga 2005 (per ora soltanto in lingua tedesca). www.buga2005.de U R B A N I S T I C A a cura di Claudia Mattogno Rione Monti: salvato dalla rete? Carlo Cellamare* Progetti, attività culturali, rafforzamento dell’identità sociale: il contributo della rete locale per la riqualificazione del rione Monti. L a Rete Sociale Monti e la riqualificazione del rione Il rione Monti si era “salvato” per molto tempo dalle trasformazioni, anche radicali, che hanno investito il centro storico di Roma, quel fenomeno che sinteticamente viene ormai usualmente chiamato “trasteverizzazione”, ma che rimanda ad analoghi fenomeni, spesso ben più accentuati e stravolgenti, che hanno colpito centri storici come quelli di Venezia e Firenze. A Roma il fenomeno non ha ancora cambiato completamente il volto del centro storico e, in particolare, Monti ne era rimasto ai margini, luogo non ambito dal mercato immobiliare per il suo carattere popolano e storicamente considerato malfamato (la suburra). Da alcuni anni proprio questi caratteri (la dimensione umana delle relazioni e della vita loca- 44 60/05 le, un tessuto sociale che “tiene”, un’identità locale e una qualità del contesto di vita significative) sono particolarmente ambiti, unitamente ad alcune convenienze (oltre alla vicinanza ai più importanti poli urbani, la presenza della metropolitana), determinando un forte aumento della pressione trasformativa: sviluppo ed espansione di alcuni grandi sedi terziarie e direzionali (Ministero dell’Interno e servizi connessi; servizi segreti, Banca d’Italia, Università, ecc.) che determinano vere e proprie isole urbane inaccessibili; vertiginoso aumento del mercato immobiliare; una massiccia ondata di sfratti e ristrutturazioni (con sviluppo del fenomeno dell’illegalità); gentrification; espulsione degli artigiani e dei ceti meno abbienti; ecc. All’interno di questa realtà ha preso corpo una rete locale, la Rete Sociale Monti, tra le diverse realtà presenti sul territorio (associazioni locali, Ong e terzo settore, artigiani, commercianti, università, case editrici, Banca Etica, singoli cittadini) con l’obiettivo di contrastare i fenomeni di stravolgimento dell’identità rionale e di occuparsi della riqualificazione del contesto urbano. Si tratta di un esempio di un fenomeno, quello delle reti locali impegnate nella riqualificazione urbana, che si sta moltiplicando in diverse realtà italiane. La Rete Monti agisce, anche in rapporto (più o meno conflittuale, a seconda delle situazioni) con le istituzioni municipali e comunali, attraverso iniziative e proposte progettuali (e non solo proteste) sia relative ad attività culturali e sociali sia relative al campo vero e proprio della riqualificazione urbana. U R B A N I S T I C A Nella pagina a fianco: • Alcune immagini di Piazza Madonna dei Monti: la “piazzetta” è il cuore del rione, unico spazio pubblico reale, luogo d’incontro di tutti, delle manifestazioni pubbliche, degli eventi culturali, del gioco dei bambini. E sempre più minacciata dall’invasione dei tavolini, ben noti nel centro storico. In questa pagina, dall’alto: • L’ex istituto “Angelo Mai” dall’alto, all’interno del tessuto urbano del rione. Difficilmente visibile dall’esterno, è un complesso molto esteso che racchiude al suo interno una delle poche aree verdi residue del rione, resti di quello che era la situazione nel ‘700. • Il cortile interno dell’ex istituto “Angelo Mai”, con il porticato, la terrazza e il giardino. Il complesso sarà destinato a sede della scuola media “Viscontino” e di un progetto integrato scuolarione. • L’ex istituto “Angelo Mai” visto da via del Boschetto, all’altezza di piazza Madonna dei Monti. Il complesso domina dall’alto, su via degli Zingari, con una scalinata scenografica. In prospettiva dovrà essere studiato un sistema di spazi pubblici e di percorsi pedonali protetti che connettono tutti questi elementi del rione. L’ex Istituto “Angelo Mai” L’iniziativa più importante di riqualificazione del rione ha riguardato l’ex Istituto “Angelo Mai” complesso edilizio di particolare importanza sito a poca distanza da piazza Madonna dei Monti. Si tratta di un ex istituto scolastico privato, di grande importanza sia dal punto di vista dell’identità locale, sia dal punto di vista degli spazi disponibili, tra cui una grande area verde interna, ultimo residuo di questo tipo all’interno del rione. Le decisioni del Ministero dell’Economia e l’accordo “Campidoglio 2” ne prevedevano la cartolarizzazione, con destinazione commerciale e residenza. Le iniziative e le proposte progettuali della Rete Monti hanno permesso, dopo lo sviluppo di un percorso collaborativo con l’assessorato comunale al Patrimonio, di tutelarne la funzione pubblica e di destinare il complesso a sede della scuola media “Viscontino” (che deve lasciare l’attuale sede non più adeguata alle norme di sicurezza) e di un progetto integrato scuola-rione. Il progetto di recupero del complesso elaborato dagli uffici tecnici dell’assessorato ai Lavori Pubblici (di cui si sta attualmente espletando il bando di appalto) ha ampiamente considerato le indicazioni progettuali proposte dalla Rete, con il supporto della Facoltà di Architettura di Roma Tre. Il percorso partecipativo sviluppato con il Comune e gli altri soggetti interessati sta ora approfondendo gli aspetti funzionali e le modalità di gestione. Pedonalizzazioni La pedonalizzazione di Piazza Madonna dei Monti, il cuore della vita e dell’identità del rione, è stata il frutto di una mobilitazione e di un lavoro durato più di una decina d’anni e conclusosi con i lavori di rifacimento nei primi anni ’90. In un rione così densamente costruito e dove mancano quasi completamente non solo spazi pubblici, ma anche spazi verdi o ge- 45 60/05 Da sinistra: • Via degli Ibernesi, un luogo altamente simbolico per il rione. Uno degli ambienti più caratteristici ed emblematici del rione, ma anche luogo di una delle più complicate e dolorose vicende di sfratti che sono il segno dei cambiamenti in atto nel rione. • Via del Boschetto durante la pedonalizzazione sperimentale. Una delle strade di riferimento del rione, difficile da vivere per il parcheggio e per il passaggio delle auto, è stata completamente “riappropriata” dagli abitanti. Se ne sta studiando la pedonalizzazione per il futuro. nericamente spazi liberi dalle auto, il tema delle pedonalizzazioni è una questione molto sentita. Soprattutto se si tiene conto di due aspetti fortemente conflittuali: in primo luogo, che molta parte della mobilità all’interno del rione è pedonale (i rilevamenti effettuati confermano flussi pedonali fortemente consistenti) in strade per lo più mancanti di marciapiedi (e dove non ha senso inserirli) e dove quindi i percorsi a piedi avvengono all’interno della strada; in secondo luogo, che attualmente il rione è interessato da forti flussi veicolari quasi esclusivamente di attraversamento per andare da via Nazionale a via Cavour e viceversa. Rendere pedonali alcuni tratti stradali e alcuni spazi pubblici, ma più in generale rivedere la circolazione interna al rione, è diventata quindi non solo un’esigenza, ma una necessità. Già nel passato sono stati effettuati alcuni studi per la pedonalizzazione parziale dello slargo Argiletum, ovvero dello slargo antistante la chiesa della Madonna dei Monti e la facoltà di Architettura di Roma Tre. Più recentemente, nell’ambito del Maggio 46 60/05 Monti 2005, è stata sperimentata con successo per quattro venerdì successivi la pedonalizzazione di via del Boschetto. È chiaro che sorgono alcuni problemi che dovranno essere risolti, come il carico e lo scarico delle merci e i parcheggi, ma alcune iniziative essenziali potrebbero essere: la revisione della circolazione nell’area, il passaggio della navetta elettrica 117 anche nelle aree pedonalizzate, il mantenimento delle occupazioni di suolo pubblico allo stato attuale ovvero una loro revisione complessiva, l’individuazione delle aree di parcheggio adeguate, la definizione delle modalità specifiche di carico e scarico delle merci, la realizzazione del progetto per fasi successive. Alcune di queste proposte sono state avanzate al Primo Municipio, per essere realizzate nell’ambito dell’iniziativa “Piano degli interventi partecipativo”. Obiettivo generale è l’organizzazione di un sistema di spazi pubblici e pedonali protetti secondo gli assi di via del Boschetto e piazza degli Zingari - Angelo Mai - piazza Madonna dei Monti - slargo Argiletum. Tavolino selvaggio Piazza Madonna dei Monti è emblematica anche di un altro ordine di problemi, quello connesso al fenomeno del “tavolino selvaggio” ovvero allo sviluppo enorme (abusivo e non) e spesso sconsiderato, delle occupazioni di suolo pubblico, fenomeno che condiziona pesantemente tutto il centro storico e che ha portato recentemente alla revisione della normativa vigente (la cosiddetta delibera sui “salotti di Roma”), sotto la forte pressione di tutte le LA RETE SOCIALE MONTI La Rete Sociale Monti (nata nell’estate 2001) è una rete auto organizzata tra artigiani, associazioni (locali o nazionali con sede nel Rione), università (Ingegneria de “La Sapienza” e Architettura di Roma3) e altri ricercatori, singoli cittadini che si pone come obiettivo fondamentale la riqualificazione del proprio rione, anche attraverso la ricostruzione del legame sociale tra gli abitanti. Opera attraverso attività di proposta e di progettazione partecipata, iniziative culturali (in particolare, l’appuntamento annuale del Maggio Monti) e di formazione, eventi sul territorio e forme di comunicazione (tra cui MontiTV, giornale). Attualmente è organizzata in alcuni gruppi di lavoro: sfratti, comunicazione, Angelo Mai, mobilità, Maggio Monti, ecc.. Tutti i materiali informativi ed eventuali spazi di discussione possono essere trovati sul sito: www.rione-monti.it. La Rete lavora con queste logiche: è fortemente presente una componente propositiva e progettuale; non si intende essere “rappresentativi” del rione, ma di svolgere un ruolo “politico” in senso innovativo; si opera attraverso un’organizzazione a rete; si è sempre scelto di non “istituzionalizzarsi”, e di mantenere una completa autonomia rispetto alle istituzioni. associazioni locali del centro (riunite nel Laboratorio sulle scelte urbanistiche nel Primo Municipio), ma anche del Primo Municipio stesso, impossibilitato ad affrontare adeguatamente i problemi della gestione ordinaria. Il recente ulteriore sviluppo delle aree invase dai tavolini in piazza Madonna dei Monti ha dato origine ad una serie di iniziative pubbliche della Rete e delle altre associazioni del centro storico, a favore della revisione della delibera, dell’introduzione di criteri per la definizione della massima occupabilità (proposta oggetto di uno specifico documento elaborato dal Laboratorio) e, nello specifico, della riprogettazione delle occupazioni di suolo pubblico nella piazza. Il sindaco Veltroni ha deciso la costituzione a questo scopo di un “tavolo” di progettazione partecipata (tra associazioni locali, tecnici e commercianti) che lavorerà sulla base di una proposta dell’Ufficio Città Storica che mira a ridurre al 7% le occupazioni consentite e a riorganizzarle complessivamente. * Docente di Ingegneria del Territorio, Dipartimento di Architettura e Urbanistica Università “La Sapienza” di Roma a cura di Claudia Mattogno U R B A N I S T I C A Un dettaglio del prospetto di S. Pietro Un sottovia a San Pietro Per evitare il ripetersi del caos di traffico in occasione di eventi eccezionali nella zona, la proposta consiste nel fare un sottopasso, che come è giusto, passi sotto e non sopra all’incrocio. Alberto Gatti A l concludersi di una giornata di fortissima emozione, ci si viene a porre una domanda; è sulla assurdità di quanto sentiamo che sta accadendo. Sul come, sul perché, i sentimenti e i comportamenti umani, individuali e collettivi, possano subire un così inatteso, rapido e totale rovesciamento di segno. Dalla coinvolgente sublimità della elevazione mistica, alla degradante prepotenza ed intolleranza, proprie dei peggiori stati del nostro percorso quotidiano. Il momento è quello estrema- mente solenne, permeato di partecipe devozione, di intensa religiosità, di reciproca fraterna colleganza, in cui il “grande Pastore” ci lascia per tornare alla “casa del Padre”. Quindi l’onda lunga della massa enorme dei fedeli si va sospingendo nell’esodo per abbandonare, infine la platea della sacralità. E avviene qualcosa di inimmaginabile: suoni e clangori improvvisi, voci di mille clacson adirati, rumori diversi ed opposti si odono subentrare e poi prevalere alla TV, che ci inchioda, in tutto il mondo; ur- la blasfeme prodotte dall’odio e dalla rabbia, che invano le regie mediatiche tentano generosamente di arginare o di mascherare. Finalmente l’evento manifesta la causa che lo ha prodotto. È l’impatto di due esausti, ma travolgenti flussi, tra loro perpendicolari, un impatto dalle conseguenze devastanti, seppur provocato da un piccolo errore in un disegno tecnico, invero facilmente rilevabile nella elaborazione e poi nella approvazione del progetto; però non rilevato, forse per la fretta giubilare. 47 60/05 U R B A N I S T I C A 1. Soglia d’inizio della galleria attuale - 2. Punto di imbocco della galleria proposta - 3. Soglia d’ inizio della galleria proposta 4. Punto di separazione dei traffici locale e veloce - 5.Riduzione passaggio pedonale e adeguamento percorso auto. Comunque è un avvenimento eccezionale, che mai più si sarebbe verificato, per la irripetibile grandezza delle circostanze. Ma invece no; il carisma del Pastore, anziché lasciare il vuoto dopo la sua scomparsa, si è riversato tutto sul Successore, investendo ed esaltando all’inizio il ruolo, più della persona, che poi tuttavia è emersa, dimostrando una confrontabile potenzialità di attrazione; pertanto è da presumere che l’accaduto abbia a replicarsi ancora, ogni volta. La segnalazione quindi non può essere archiviata, perché l’errore continuerà a causare la trasformazione dell’amore in odio, nel luogo sacro e prestigioso, annullandone la mistica suggestività. Si conferma dunque l’opportunità della proposta qui presentata e la imprescindibilità di un intervento e della conseguente adeguata risoluzione del problema. Questa consiste nel realizzare una rampa stradale che si interra prima dell’incrocio, nella fattispecie eccezionale, e non già dopo di esso, restando così del tutto inutile. Ciò, affinché ciascuno dei flussi di traffico abbia, senza reciproche prevaricazioni, lo spazio ad esso riservato; cioè, sede propria e percorso libero e non sede comune, quindi inevitabile conflitto. Ovviamente. Vediamo ora in forma di brevi didascalie, 48 60/05 le previsioni del progetto realizzato e .le conseguenze, le opportunità e i problemi che ne derivano e vediamo infine la proposta; questa, non molto impegnativa, tuttavia sufficiente a garantire un adeguamento del sistema. Ciò richiede un discorso un po’ dettagliato, perciò “venia”. È da rilevare, intanto, come non sempre le esigenze da cui nasce un progetto, in particolare di opere infrastrutturali di questo genere, trovino infine soddisfacente risposta, anche perché nel processo di approvazione vengono sovente variate o eliminate componenti anche di rilievo, attraverso decisioni, che sono autonome e non coordinate, in quanto derivano da giudizi singoli di distinti e autorevoli soggetti. In tal modo si altera la logica complessiva del progetto, che è spesso da recuperare a posteriori. Nella fattispecie, il progetto ha subito dall’inizio tagli cospicui e modifiche, non sempre controllati nel loro insieme e nel loro esito, tra essi per esempio, oltre la rilevante riduzione iniziale dell’opera, la soppressione di una molto utile linea radiale primaria del sistema tranviario veloce, quella tra piazza dei Giureconsulti e viale Trastevere, sulla cui utile realizzazione sarebbe giusto ritornare. Analizziamo, qui di seguito, nel paragrafo “A”, per tratti, lo stato dell’opera come attuata e con i suoi problemi; e nel paragrafo “B” la soluzione proposta; i numeri a margine rinviano alle relative planimetrie. A. LO STATO ATTUALE 1.2. Percorso precedente al Giubileo del 2000 per S. Pietro. Oggi purtroppo abbandonato al mercato di strada, benché il tratto via Ulpiano Ponte Vittorio costituisca parte integrante e significativa nella continuità della grande direttrice N/S, formata dal duplice viale dei Lungotevere, caratterizzato dalla bellissima volta delle fronde dei platani centenari. 1.3.2. Percorso attuale, di lunghezza pressoché raddoppiata, prospetticamente deviante, non più marginale rispetto all’afflusso dei fedeli e basato sul senso unidirezionale esclusivo; esso è finalizzato, oltre che all’accesso alla Basilica, al collegamento rapido, nella sua prosecuzione, tra S. Pietro e le zone dell’ ovest (n.5) e del sud (n.6); comunque la sua funzionalità è automaticamente recuperabile. 2.6. Traffico locale, nel canale superiore a cielo libero sul Lungotevere, afferente, in particolare, al servizio dell’ospedale, anche in funzione specifica delle esigenze dell’affollamento; esso è destinato princi- U R B A N I S T I C A • Una nuova porta sulla facciata palmente ai mezzi di servizio turistico, a bassa velocità. 4.5.6. Tratto in galleria, nel sistema basato su percorsi riservati ai traffici selezionati, quivi si ha un flusso rapido a quota inferiore, destinato all’attraversamento urbano a grande scala, nelle direzioni dell’1.3.2., con uscite sul Lungotevere e verso via Gregorio VII. 7. Inizio del percorso sottostante al preesistente traforo Principe Amedeo, oggi a due livelli entrambi sotterranei; con traffici in senso opposto e parzialmente doppio nel superiore, in quanto dotato di corsia preferenziale per i mezzi pubblici. 7.8. Rampa di raccordo tra il Lungotevere a traffico locale e il sottovia veloce, destinato alla direttrice ovest; essa costituisce replica del 1.4.5., utile al cambio di programma durante il tragitto intrapreso. 9. Piazzale di Porta Cavalleggeri: essendo privato dell’attraversamento N/S per piazza S. Pietro e del flusso E/O, posto in galleria ed essendo dotato di sottopasso pedonale (n.15), anch’esso per S. Pietro, risulta disponibile per altre funzioni, per esempio come capolinea dei tanti pullman turistici, in sosta di attesa al parcheggio ad essi riservato di via Gregorio VII (n.16), che oggi però è del tutto inutilizzato. 10.11. Via della Conciliazione, percorso naturale di accesso e di evacuazione della Piazza e di agevole collegamento tra S. Pietro ed il Centro Storico; progettata, aperta, sistemata ed arredata in occasione del Giubileo del 1950, ma oggi funzionalmente alquanto declassata dal formarsi della strozzatura, di cui appresso. 12. Punto di conflitto e, a volte, barriera di ostruzione, rispetto all’esodo delle masse dei fedeli, al termine delle cerimonie rituali; esso è conseguenza del nuovo ed intenso flusso di traffico veicolare, che da esterno e tangenziale è divenuto perpendicolare e quindi ostativo rispetto alla linea di smaltimento. 13. Soluzione presunta del problema, di cui al n.12: regolazione semaforica della alternanza temporale dei due percorsi, veicolare N/S e pedonale O/E; essa, però, risulta pressoché vanificata, nelle fasi di punta, a causa della forte pressione prodotta nell’esodo, dai gruppi retrostanti, che sospingono all’impatto i fronti di entrambi i flussi ortogonali. 14. Parcheggio per mezzi pubblici, collocato nello spazio di accesso dei fedeli; esso rappresenta un ingombro non necessario, da sostituire molto vantaggiosamente con il servizio, di cui al punto n.9 15. Ampio sottopasso pedonale per Piazza S. Pietro, Sud/Nord. 16. Parcheggio per pullman turistici in via Gregorio VII. 17. Barriera di interrompimento. B. LA SOLUZIONE PROPOSTA Soluzione esigua, tuttavia risolutiva, che prevede un intervento sul punto di conflitto -indicato in planimetria “A” n.12, quale incrocio tra i percorsi, veicolare n.3/2 e pedonale n.10/17 - inteso a sciogliere il nodo su due quote, rendendo in tal modo efficace la semaforizzazione del residuo, non rilevante, flusso locale. Tale risultato è ottenibile mediante un breve avanzamento verso nord della soglia di accesso alla rampa del sottovia, da posizionare presso i fornici del “Corridore di Borgo”, alla distanza minima per avere lo sfalsamento sufficiente; ivi ha inizio la separazione dei due traffici, locale e veloce. Con tale intervento, di impegno non rilevante, è possibile conseguire il libero e sereno percorso dei fedeli dalla grande Piazza ai giardini del Mausoleo, all’affaccio sul Fiume, alla Città. In conclusione, la proposta consiste nel portare l’imbocco della galleria dal punto n.4 del disegno “ A” al n.2 del “B” ; cioè nel fare un sottopasso, che come è giusto, passi sotto e non sopra all’incrocio. 49 60/05 C O N T R O L U C E a cura di Claudia Mattogno Sao Paulo e il Minhocao C I T T À I N Un semplice viadotto, ma un segno forte della città e del rapporto con i cittadini, un protagonista discusso dell’immagine della metropoli contemporanea, uno spaccato di paesaggio urbano identitario. Elio Trusiani* Q uesto breve articolo è dedicato ad Haroldo Lodi, ingegnere civile paulistano in pensione: un giorno del dicembre 2003 mi ha raccontato la storia del Minhocao, fino a dirmi la dimensione dei bulloni presenti!! Un racconto fatto di dati tecnici frammisti a ricordi e sensazioni durante il quale, attraverso le lenti dei suoi occhiali, ho visto scorrere lacrime di saudade e … tutte le automobili di trentacinque anni di storia del viadotto! COME CAMBIA LA RUBRICA L’ immagine della città ha sempre esercitato un grande fascino nell’immaginario dando luogo a varie forme di rappresentazione cui gli architetti hanno spesso attinto come fonte inesauribile di suggestioni progettuali ed evocative. Leggere la città attraverso testi letterari, fotografie, filmati, è sempre stato un esercizio fertile e assai praticato, anche se a volte si corre il rischio di riproporre acritiche interpretazioni e consolanti stereotipi. Scopo della rubrica è quello di 50 60/05 disvelare aspetti inconsueti, di rovesciare luoghi comuni, di far emergere il significato dello spazio fisico e dei suoi molteplici usi, di mettere in luce contraddizioni e inedite bellezze che connotano città e paesaggi contemporanei. Attraverso brevi descrizioni e rapide riflessioni, che non vogliono presentarsi come stralci da una guida di architettura, la rubrica si propone di far conoscere in controluce luoghi e sensazioni dei tanti tipi di spazio che abitano la nostra vita, da quelli più domesti- ci vicino casa a quelli di lontane dimensioni metropolitane. ta dai 3000 ai 5000 caratteri (spazi compresi). Note per gli autori Premesso che la pubblicazione degli articoli, come consuetudine, avverrà ad insindacabile giudizio del Comitato di redazione della rivista si forniscono di seguito alcuni dati utili. Specifiche delle immagini: foto, diapositive, schizzi e disegni, immagini digitali ad alta risoluzione (minimo 300 dpi calcolati nella dimensione reale dell’immagine), corredate da opportune didascalie e numerate progressivamente. Specifiche dei testi: il ruolo sostanziale sarà svolto dalle immagini, per questo la lunghezza dei testi sarà contenu- Consegna testi e immagini: su Cd alla “Redazione rivista AR” – Piazza Manfredo Fanti, 47 – Roma. C I T T À I N C O N T R O L U C E Atterrando all’aeroporto nazionale di Congonhas si ha la sensazione di atterrare su qualche terrazza di copertura dei grattacieli della città; decollando dallo stesso si ha la sensazione di un brevissimo percorso a zig zag tra gli stessi grattacieli, prima di riuscire a dominare con lo sguardo la città. Dominare con lo sguardo … vuol dire riuscire a vederla al di sopra dei suoi grattacieli, cogliendone il senso smisurato di una metropoli contemporanea senza fine. Infatti è difficile dominarla con l’intento di percepirne un ipotetico confine con gli spazi extraurbani o perlomeno non urbanizzati nella medesima maniera. San Paolo può spaventare, ma può anche attrarre infinitamente: e questo riesce a farlo esaltando tutte le contraddizioni di una metropoli contemporanea. Tanto di tutto, in una grande città con appena cinque secoli di vita: costruzioni del 1554 opera dei gesuiti portoghesi sovrastate dall’architettura moderna e contemporanea, un rione italiano-Bexiga, un rione giapponese-Liberdade, grandi settori industriali-Sao Caetano, Sao Bernardo, Santo Andre’, un quartiere di affari arabo- C O N T R O L U C E I N C I T T À 25 de Maio, un quartiere di affari ebreoBom Retiro, ricchi quartieri residenzialiJardins e Morumbi, il parco Anhembi, il parco Ibirapuera, le favelas. Musei di tutti i tipi: il museo d’arte di San Paolo (Masp), che conserva una delle più grandi collezioni dell’America Latina, il Museo Brasiliano di Arte, il Museo ed Istituto Preistorico, il Museo di Arte Sacra, il Museo Lazar Segall, il Museo di Arte Contempora- 52 60/05 nea, sede della famosa Biennale, il Museo dell’Aeronautica, la Galleria d’Arte dello Stato di San Paolo, il Museo di Mineralogia, il Museo del folclore, il Museo Zoologico, il Museo dell’immigrazione Giapponese e il Museo del Telefono. Lina Bo Bardi, Burle Marx, Oscar Niemeyer e molti altri ancora; l’autodromo di Ibirapuera con le gare del campionato mondiale di Formula Uno e la grande passione brasiliana, il calcio, con i loro templi: Morumbi e Pacaembú, che vogliono dire San Paolo, Corinthias, Santos e Palmeiras. Tanto altro ancora. Ed infine loro: 18.000.000 di paulistanos che riempiono ed animano la scena ventiquattro ore su ventiquattro, vivono e si spostano tra autostrade urbane, viadotti e ponti scandendo i ritmi della città. Proprio l’immagine delle infrastrutture, forse, definisce più della verticalità degli edifici, il vero paesaggio urbano della città: la vera anima. Una di queste è il Minhocao: un semplice viadotto. Non un’opera di architettura ma un segno forte della città e della sua sto- ria più recente, un protagonista discusso dell’immagine più vera della metropoli contemporanea, di quella che non compare nelle guide turistiche e neppure nelle guide di architettura, ma appartiene alla vita quotidiana della città e ne racconta tutta la storia tra spazi di degrado e momenti di gloria. Pensato da Faria Lima, durante il suo governo (1965 – 1969), il progetto del Minhocao fu abbandonato molto presto a causa della reazione negativa dei tecnici e della popolazione. L’idea fu ripresa da Paulo Maluf durante il suo primo mandato amministrativo nel 1971 e la sua realizzazione provocò un impatto innegabile nel paesaggio urbano della regione centrale di San Paolo provocando gravi problemi di inquinamento acustico ed atmosferico, nonché il relativo deprezzamento del valore immobiliare degli edifici presenti nell’area. Il viadotto passa a cinque metri di altezza, si sviluppa per una lunghezza di circa 3,4 km e connette la regione centrale di San Paolo alla zona ovest della città. C I T T À I N C O N T R O L U C E Numerose furono le critiche alla realizzazione dell’opera; fu chiamato “scenario di architettura crudele” e “un’aberrazione architettonica”. A tutt’oggi non è ben visto dalla popolazione della regione centrale e, cinque anni dopo la sua inaugurazione (1976), fu interdetta la circolazione nelle ore notturne a causa del numero elevato di incidenti, accaduti anche a causa di alcune curve particolarmente pericolose, tanto che, molti anni dopo, furono modificate e riprogettate. La storia trentennale del Minhocao racconta dei tentativi, succedutisi nel tempo, di farne un’arteria anche per il trasporto pubblico e del loro fallimento a causa degli elevati costi di gestione. Nel ‘98 furono dipinti e decorati circa 2.725 metri del viadotto con opere di artisti plastici; si trattò di un tentativo di migliorare la presenza e l’immagine della polemica costruzione che connette le regioni di oriente della città di San Paolo. Il progetto, battezzato il Viadotto dell’arte, fu creato dalla Funarte (Fondazione Na- zionale dell’Arte) legata al Ministero della cultura. Le pitture laterali del Minhocao sono di artisti plastici quali Mauricio Nogueira Lima e Sônia von Brüsky. Nei pilastri del tratto tra l’Avendia Sao Joao e Venral Olimpio da Silveira sarà ricostruito il lavoro dell’architetto Flavio Motta che risale alla decade degli anni Settanta. Il viadotto è stato anche scenario di film come “Terra estrangeira” di Hector Babenco e “As Meninas” di Emiliano Ribeiro tratto dal romanzo di Lygia Fagundes Telles, testimoniando in tal senso la propria appartenenza alla città, il proprio ruolo strutturale, funzionale ma anche rappresentativo di un’immagine della capitale, ponendosi come riferimento nell’immaginario collettivo degli stessi abitanti e, inevitabilmente, di tutti coloro che attraversano la metropoli. Nonostante non sia stato incluso, in passato, nei programmi e nei piani di riqualificazione e recupero urbano, il viadotto sta vivendo, da alcuni anni, un periodo di rinnovata amicizia con la popolazione in seguito alla realizzazione del progetto Domenica nel Minhocao; in sostanza lo spazio carrabile del viadotto viene chiuso al traffico delle auto per circa un chilometro e si rivela ai cittadini come uno spazio pubblico adibito allo svago, al tempo libero ed allo sport ponendosi, provocatoriamente, come una delle maggiori aree di piacere e tempo libero ubicate nel centro di San Paolo. La novità del progetto realizzato 53 60/05 C O N T R O L U C E I N C I T T À dalla prefettura di San Paolo è stata quella di ripensare questo spazio, nei giorni festivi, come una risorsa per l’area centrale e con una destinazione del tutto differente da quella funzionale e attinente alla viabilità metropolitana (che nelle ore di punta registra un traffico di circa 6.000 veicoli/ora in entrambi i sensi); lo spazio centrale, infatti, è suddiviso in viali che ospitano strutture temporanee e rimovibili 54 60/05 adibite alla vendita di prodotti di artigianato e gastronomici, alla presentazione di progetti di natura sociale, ai punti di informazione di carattere sanitario, nonché agli spazi attrezzati per il gioco dei bambini e per la sosta. Arricchiscono il paesaggio del “Minhocao festivo” i ciclisti, gli atleti, i pattinatori, i ragazzi con lo skate che, insieme a bimbi e genitori, approfittano delle domeniche di sole per riappropriarsi di uno spazio urbano contestato e vissuto, quasi sempre, con grande diffidenza e mal sopportazione. Attualmente è in corso un progetto di recupero che include anche le aree limitrofe al viadotto e prevede la creazione di servizi ed attrezzature di carattere culturale negli spazi urbani contermini come per esempio nella Praça Marechal Deodoro dove verrà realizzato un nuovo spazio culturale per le arti e lo spettacolo con la creazione di strutture dedicate all’insegnamento e a laboratori di sperimentazione di carattere teatrale, cinematografico, fotografico. Il progetto volto al persegui- mento di una migliore qualità di vita prevede la partecipazione dell’associazione Amigos dos Minhocao, a testimonianza di un valore simbolico riconosciuto e posto come fondamento del rapporto nuovo tra cittadini e Minhocao; un rapporto che non si limita alla sua fruizione nei giorni di festa ma va oltre, avviando azioni di recupero e riqualificazione intesi a promuovere ed avviare processi più ampi di riqualificazione attorno ad una delle opere infrastrutturali maggiormente discusse e criticate nel corso degli anni ma che, al contempo, hanno segnato l’immagine, la storia e la vita della città tanto da costituirne, oggi, più che uno spaccato di paesaggio urbano quasi un paesaggio urbano identitario da cui partire per ripensare e riprogettare la zona centrale della città. *architetto, professore a contratto presso l’Università “La Sapienza” di Roma Le fotografie che illustrano questo articolo sono di André Feliciano, architetto, urbanista e fotografo d’architettura, vive e lavora tra Sao Paulo e gli USA. S P O R T E L L O G I O VA N I Leonardo unpacked “AAA 14 ARCHITETTI UNPACKED appena tornati da una esperienza di lavoro internazionale a Parigi, Barcellona e Madrid, cercano committenti coraggiosi disposti ad assecondarne l’audacia e ad alimentarne l’incrollabile ottimismo. Vi facciamo proposte che sfidano l’impossibile, elaboriamo per voi progetti innovativi, promuoviamo idee che non s’erano mai sentite prima: contattateci al numero di LEONARDO UNPACKED 3383425248 oppure veniteci a trovare dal 20 al 26 gennaio all’Acquario Romano dove ci metteremo in mostra e vi racconteremo cosa abbiamo per la testa!”(*) D unque immaginateci trentenni o giù di lì, generazione erasmus o interrail se rende meglio l’idea. Europei irrequieti fino al midollo insomma. Oggi con i polpi galiziani nello stomaco, domani con il Kiasma Museum negli occhi. Ieri già stufi di fare il progetto di composizione uno sui tavolini scomodi della nostra facoltà, adesso a passar notti in bianco per realizzare la nostra prima architettura a Pamplona o a progettare furiosamente con Odile Decq tra Parigi e Roma. Già lo sappiamo che voi sapete tutto del programma europeo di mobilità e formazione LEONARDO da cui abbiamo preso il nome. Se vi sfuggono alcuni dettagli, bene lo stesso, è un’occasione per andare a sbirciare il sito dello sportello giovani dove è spiegata ogni cosa: in pratica siamo stati ospitati in studi d’architettura a Barcellona, Madrid e Parigi per un periodo di alcuni mesi. A fare cosa? Mah, a pensare spazi e realizzare modelli, a disegnare dettagli o a seguire cantieri, a realizzare installazioni, a fare video, a scrivere articoli, ad andar per mostre; a fare i turisti per scoprire la città, ad allontanarci da fidanzati/e noiosi per ritrovarci innamorati dei colleghi/e di studio più simpatici ed intriganti... Qualcuno di noi poi si è portato il gatto e la fidanzata, alcuni al- 55 60/05 a cura di Christian Rocchi Daniele Mancini, Irene Rinaldi S P O R T E L L O G I O VA N I tri si sono portati macchine fotografiche e registratori, altri si sono trasferiti in India o sono diventati papà... maledettamente i soliti architetti ! Detto questo, cosa succede quando torniamo a Roma? Facile, proponiamo di allestire una mostra breve di tre giorni nello spazio Monitor dell’Acquario Romano, per mettere in scena ciò che abbiamo fatto nei mesi di permanenza all’estero. La metafora la troviamo subito: sarà quella dello “spacchettamento”, unpacking, cioè del disfare e raccontare i pacchetti di memoria che ci siamo portati appresso in valigia. Così decidiamo di realizzare delle installazioni evocative con cui il visitatore può interagire seguendo il filo della nostra memoria. Per una questione di flessibilità concordiamo un set minimo di elementi espositivi comune a tutti. Ognuno di noi ne avrà uno. Lo chiamiamo kit: una luce al neon colorata da appendere in verticale, una o più piattaforme circolari in polistirolo bianco, un cavo d’acciaio come supporto per uno spot luminoso. Per il resto liberi. Ognuno poi declina la propria isola espositiva a suo piacimento, con elementi leggeri per lo più appesi. Il giorno prima dell’inaugurazione dell’evento si decidono le posizioni e si monta tutto. Et voilà, I giochi son fatti ... I visitatori arrivano e cominciano a frugare come dentro 14 valigie da viaggio appena aperte: ognuna racconta, con un pizzico di magia, una storia, un sogno, un ricordo, una passione che ognuno di noi ha portato con sé da Parigi, Barcellona o Madrid. E noi ci sentiamo un po’ come Mary Poppins a cui in effetti è dedicata la mostra ... Ma lasciateci raccontare brevemente e con ordine quello che abbiamo fatto ... Per prima viene Eleonora Barone che ha lavorato a Barcellona presso lo studio Xavier Tragant Mestres de la Torre e che ora si è trasferita lì per il suo dottorato. Eleonora realizza una installazione cilindrica in acetato trasparente dal titolo Ciudades rendendo esplicita la pluralità degli aspetti della città percepiti da una moltitudine di persone che la vivono. Poi c’è Maddalena Cannarsa, che tuttora lavo- ra a Madrid presso lo studio Lamela, lei appende frammenti di architetture che quotidianamente attraversa, individuandoli sulla mappa della linea metropolitana. A seguire Francesca Canu, anche lei a Barcellona da Xavier Tragant Mestres de la Torre, che costruisce un cilindro opaco mobile, all’interno del quale si possono ricostruire le contraddizioni delle trasformazioni della città. Più complessa l’installazione di Irene Dall’Aglio, che ha lavorato a Madrid presso lo studio di De Lapuerta y Asencio. Irene affronta un tema colto, tipico della cultura spagnola da Calderón de la Barca a Cervantes passando per Borges: quello della finzione, del rapporto tra realtà e immaginazione, usando gli immaginari popolari del cinema. Stesso punto di vista ce l’ha Cinzia di Renzo, a Barcellona da Emili Donato Folch, che popola il suo spazio di una serie di specchi appesi che riflettono immagini di architettura: dove inizia l’illusione, dove finisce il vero? Ancora con gli specchi gioca Daniele Mancini, il quale ha lavorato a Parigi da Jakob+MacFarlane. Lascia il suo kit spoglio, aggiunge solo uno specchio sulla base bianca di polistirolo, titolo: Vanità, alludendo alla tendenza narcisistica del visitatore di specchiarsi. Tra tutti Manuela Minzi, che ha lavorato a Madrid presso lo studio Lamela, realizza l’installazione più interattiva: il visitatore compone e scompone una serie di immagini interscambiabili appese a dei fili. Poi viene Andrea Pavia, che dopo un breve soggiorno a Parigi ha trascorso alcuni mesi in India per l’organizzazione Architecture & Dévelopement. Andrea ricostruisce in alluminio un Mandap, una piattaforma di incontro e interscambio tipica dei villaggi rurali indiani e ci da la possibilità di navigare in un ipertesto sull’architettura spontanea locale che ha mappato e studiato. Proseguendo, Irene Picardo, a Barcellona presso lo studio di Magí Gual Valverde, allestisce uno spazio intitolato Abriendo Puertas e appende immagini di porte e tante chiavi per aprirle e poterci sbirciare dietro. Ancora, Irene Rinaldi, che ha lavorato a Ma- drid presso lo studio De Lapuerta y Asencio, costruisce una storia e offre la possibilità di seguire le tracce di un killer immaginario attraverso indizi sottovuoto che non sono altro che frammenti di memoria. In questo sistema, fatto di installazioni concettuali e sofisticate, Giuseppe Savarese, che ha lavorato e continua a lavorare a Parigi presso lo studio di Odile Decq, ci spedisce una lettera in cui racconta il suo progetto più importante: un figlio. Auguri a Giuseppe. Giulia Scaglietta invece, che ha lavorato a Parigi presso il Secteur Développement Urbain dell’Unesco, trafigge la base di polistirolo con mille schegge: sono “frammenti visivi, squarci di città e di volti, per giocare toccare saltare ridere guardare racchiudere raccogliere… sperimentare”. Massimo Sodini, che ha lavorato a Barcellona da Helio Piñón e continua a frequentarla per un dottorato in progettazione, per il suo spazio propone una installazione multimediale intitolata E_SENS dove esplora il concetto di mutazione della percezione visiva prendendo come pretesto una sua installazione a Barcellona. Infine Fabio Surrentino, a Madrid presso lo studio di Lahao Lopez, lascia fluttuare in aria un planisfero gonfiabile ed una palla di vetro sfaccettata, indicando come le rotte dell’anima siano importanti tanto quanto le migrazioni fisiche tra una città e l’altra sul globo terrestre. Ok, per questo giro è tutto. Non dimenticatevi di dare un’occhiata al nostro sito dove potrete vedere le video interviste che raccontano le nostre installazioni e la galleria delle immagini della serata inaugurale. http://www.sportellogiovani.it/unpacked/ (*) Che ci crediate o no, l’annuncio all’inzio dell’articolo l’abbiamo fatto pubblicare su Portaportese per davvero. Come dire che era l’unica maniera per far circolare rapidamente e gratis la notizia dell’evento in giro per Roma. E comunque, non siete curiosi di sapere se il numero funziona ancora? Abbiamo la certezza che LEONARDO vi risponderà ma non sapremmo dire da dove ... Leonardo è mobile e continua il suo viaggio per l’Europa ... semmai lasciategli un SMS! Trattato di restauro architettonico vol. VIII - Atlante (in due tomi) diretto da Giovanni Carbonara Utet Torino - Euro 220 come punto di concentrazione del potere, delle attività produttive non agricole e del surplus alimentare, costituendosi come nodo di centralità, sede amministrativa, luogo di scambi, epicentro di cultura e di informazioni, in un sistema territoriale di tipo reticolare. Oggi il processo di urbanizzazione procede a ritmi rapidi, e poiché l’economia mondiale si caratterizza per la globalizzazione dei mercati, con una accentuata terziarizzazione, le città riorganizzano su nuove basi i propri meccanismi di funzionamento, per attrarre investimenti, attivare risorse, ottenere funzioni privilegiate. Il volume raccoglie una serie di brevi saggi suddivisi in due sezioni tematiche relative a reti ed aree metropolitane europee, la prima, ad alcune città globali, la seconda. Le città prese in considerazione sono Berlino, Londra, Barcellona, Dublino, Lisbona e Helsinki, che rappresentano situazioni paradigmatiche della trasformazione urbana in corso nel territorio europeo. un arco temporale quanto mai vario. L’autore accompagna il lettore attraverso percorsi dove vicende storiche e quotidianità si alternano con disinvoltura, puntando solidamente verso quel finale sorprendente quanto portentoso. In sostanza, co-protagonista l’architettura del Seicento romano, e con essa figure della nostra storia tra cui spicca, per forza religiosa e di ingegno creatore, il Borromini, il romanzo si propone come thriller, in equilibrio tra verità e verosimiglianza, con radici solide nella letteratura italiana, esprimendosi con sintomi di modernità che si manifestano nei ritmi e nei sorprendenti passaggi improvvisi. Un’isola del tesoro quindi, che coinvolgerà il personaggio Aurelio in un’indagine -ricerca dal connotati gaglioffi. Ma che dall’isola si snoderà tra le segretezze di un’epoca tra le più misteriose. Gli intrighi, la religiosità, l’architettura del Barocco, entreranno di forza nella sua esistenza a segnare una svolta nell’indole, se non nel carattere antieroico del protagonista. L’opera si avvale di una copertina originale, redatta appositamente dall’artista Rosy Danieilo, foggiana, che ha interpretato con spirito barocco il dualismo territoriale, Italia e Albania, teatro dell’opera. Carmelo G. Severino Soveria Mannelli Città d’Europa Rubbettino editore, 2004 Pubblicato nel Bollettino dell’AISU L’Europa si è urbanizzata in non più di un millennio secondo una dinamica che ha presentato periodi di rapido sviluppo alternati a periodi di stagnazione e di declino, in situazioni che hanno ora favorito ora ostacolato il processo di crescita delle città, le quali, infine, si sono affermate Pietro Cimino L ‘Isola Edizioni Sovera Il romanzo del nostro collega, architetto Pietro Cimino abbraccia 57 60/05 LIBRI Recentemente Giovanni Carbonara ha curato l’Atlante del restauro, sezione conclusiva del noto Trattato di restauro architettonico, apprezzato da studenti e specialisti del settore in quanto affronta con grande competenza l’intero corpus delle problematiche inerenti la specifica materia. Il piano dell’opera è composto dai primi quattro volumi del Trattato, editi per la prima volta nel 1996, dai tre volumi (in quattro tomi) dedicati al rapporto fra Restauro architettonico e impianti aggiuntisi nel 2001 e dall’attuale ottavo volume (in due tomi) dell’Atlante, per un totale complessivo di dieci libri. La sua mole imponente è diretta conseguenza del rigore impiegato nell’affrontare la complessità del variegato mondo della conservazione, sempre intesa come riflessione teorica e operatività. Ciò in perfetta sintonia con i fondamenti stessi del fare architettura, dove la teoria è sempre una potenziale prassi e, viceversa, la migliore operatività, in quanto esempio di eccellenza, diviene la base di ulteriori affinamenti teorici. Giovanni Carbonara, infatti, come curatore dell’opera e nel delicato ruolo di coordinatore e revisore dei contributi di molti autori (scelti con grande attenzione all’interno delle Università, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e fra i professionisti del settore) mantiene sempre vivo il rapporto fra teoria e prassi (in questo memore di un’altra analoga e importantissima opera pubblicata dal padre, Pasquale Carbonara, Architettura pratica, Utet Torino, pubblicata a partire dal 1954). Tutto ciò nonostante l’inevitabile, e propedeuticamente necessaria, divisione per argomenti, imponga che una prima parte di trattazione metodologica preceda logicamente quella dedicata alle pratiche di cantiere, conclusa poi da una ricca appendice normativa. In questo panorama i due tomi dell’Atlante si caratterizzano in maniera propria all’interno del piano generale dell’opera perché privilegiano una comunicazione ‘visiva’, svolta cioè con grande ricchezza di immagini e schemi, pur ricalcando nei contenuti e nell’indice gli stessi argomenti che nei primi quattro volumi del Trattato erano stati, invece, affrontati seguendo modalità eminentemente ‘discorsive’. I molti esempi sono spesso presentati e commentati dagli stessi responsabili, o autori, degli interventi di restauro, facendo del volume un vero e proprio repertorio critico in sé autonomo. Si tratta di un testo che vale come riferimento nel campo del restauro architettonico e che non dovrebbe, quindi, mancare nella biblioteca di ogni architetto che voglia affrontare, o solo conoscere con compiutezza, questo difficile argomento. Da segnalare, infine, l’ottima qualità grafica dell’Atlante, ricco di numerose immagini a colori. Alessandro Pergoli Campanelli N O R M AT I VA Trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà delle aree 167/62 Eugenio Burgio Diritto di superficie Il diritto di superficie,ovvero la facoltà di edificare su altrui aree, nasce come deroga al consolidato principio della accessione (regolato dall’art.938 del c.c.),in base al quale tutto ciò che sta sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario del terreno, costruito o piantato che sia. L’inibizione del principio dell’accessione permette la concessione a privati di suoli pubblici per l’edificazione, con conseguente trasferimento del diritto reale della proprietà del costruito a soggetti diversi dal titolare del terreno; in pratica viene ceduto lo jus aedificandi, mantenendo nel contempo inalterata la titolarità del suolo. L’art. 952 del c.c. sancisce che il proprietario di un’area può concedere a terzi il diritto di edificare e di mantenere al di sopra del suolo una costruzione, configurando di fatto una dicotomia dell’assetto dominicale con due proprietari distinti, uno del suolo e l’altro del costruito. Nel caso in specie gli assegnatari di edifici residenziali costruiti su aree destinate all’Edilizia Economica e Popolare sono i proprietari della costruzione, mentre il Comune concedente resta il dominus soli. Per quanto di lunga durata, 60 o 99 anni, la concessione del diritto di superficie è a tempo determinato; ai sensi dell’art. 953 del c.c. “ allo scadere del termine,il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione.“, pertanto i Comuni che hanno ceduto in diritto temporaneo di superficie le aree, su cui altri hanno edificato, entrerebbero in possesso delle costruzioni, se non provvedessero a cederle in proprietà. 58 60/05 Legge 167/62 L’edilizia residenziale su suolo pubblico trae spunto dalla legge 167 del 18 aprile 1962, laddove prevede, all’art. 1 co.1, che “I Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti o che siano capoluoghi di Provincia sono tenuti a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare nonché alle opere e servizi complementari urbani e sociali, ivi comprese la aree a verde pubblico“. A tale scopo vengono acquisiti terreni da privati, mediante esproprio, qualora già non fossero nella disponibilità delle Amministrazioni e trasferiti in temporaneo diritto a cooperative o ad imprese. Legge 865/71 L’acquisizione delle aree avviene a norma dell’art. 35 della legge 865 del 22 ottobre 1971, che recita “…Le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962 n. 167, sono espropriate dai Comuni o dai loro consorzi. Le aree di cui al precedente comma…vanno a far parte del patrimonio indisponibile del Comune o del consorzio. Su tali aree il Comune o il consorzio concede il diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico…“. L’attuazione del Programma di Edilizia Economica e Popolare passa pertanto attraverso l’esproprio da parte dei Comuni o dei loro consorzi delle aree necessarie e attraverso la costituzione su di esse di un diritto reale a favore di soggetti che si impegnino ad attuare le previsioni del piano. Tali soggetti, ottenuta la concessione delle aree in diritto temporaneo di superficie, mediante la stipula di una convenzione con il Comune e previo pagamento di un corrispettivo, anticipo compensativo dei costi di esproprio, procedono all’edificazione con la consapevolezza che al termine l’edificio passerà al patrimonio del Concedente. All’estinzione del diritto di superficie, in caso di mancato rinnovo, riprenderebbe vigore il principio dell’accessione, con conseguente acquisizione della costruzione a favore del proprietario dell’area, a meno che non si provveda alla trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà. Trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà La normativa a cui viene data attuazione per la trasformazione in diritto di proprietà è quella contenuta nella Legge Finanziaria 23 dicembre 1998 n. 448 art. 31 commi 45-50,che disciplina le modalità di cessione in piena proprietà delle aree già concesse in diritto temporaneo di superficie e fissa i criteri per la valutazione dei sedimi edificati. Tale legge presenta, rispetto alle pregresse finanziarie che avevano già affrontato il tema, alcune significative novità, quali: la stima del corrispettivo di trasformazione è determinata dal Comune, su parere dei propri uffici tecnici e non più dall’ Ufficio Tecnico Erariale; il singolo condomino può addivenire alla trasformazione per la propria unità immobiliare senza dover necessariamente attendere la collegialità di una scelta condominiale. I punti salienti della legge sono: - i Comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie; - i singoli proprietari degli alloggi hanno facoltà, non l’obbligo, di accettare la proposta del Comune, con pagamento di un corrispettivo per la quota millesimale di pertinenza; - il corrispettivo per la cessione delle aree è pari al valore commerciale dell’area sommato e mediato con il reddito domenicale, detratto il 40% e quanto a suo tempo versato per il diritto di superficie, rivalutato sulla base delle variazioni ISTAT dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi tra il mese di versamento e quello di stipula dell’atto di cessione delle aree. Adesione dei Comuni Molti Comuni italiani si sono avvalsi della facoltà di cedere le aree, concessa dalla legge 448/98, favorendo i propri cittadini e cogliendo nel contempo l’occasione di reperire risorse finanziarie aggiuntive per finanziarie attività gestionali ed amministrative. Le modalità ed i criteri operativi adottati differiscono alquanto nei vari Comuni, non fosse altro che per le differenti realtà urbanistiche e sociali in cui si opera e per lo stato delle procedure espropriative. Giova infatti ricordare che, agli assegnatari che dovessero accettare la proposta di trasformazione, il Comune farà pagare un corrispettivo,calcolato in base al valore venale dell’area,cui va detratto quanto già versato a compensazione degli espropri dei terreni. Naturalmente se le procedure espropriative non fossero concluse i Comuni non sarebbero in grado di calcolare quanto imputare ai superficiari né di procedere alla trasformazione. In tale situazione si trova il Comune di Roma che, con la Deliberazione 54/2003, ha concesso la facoltà di trasformare il diritto di superficie in diritto di proprietà a quei cittadini proprietari di alloggi ricadenti nei soli 9,su oltre 100 piani di zona 167/62,in cui le procedure espropriative sono concluse. L’Amministrazione Capitolina, stimate le aree,accertata la convenienza economica di procedere alla cessione in proprietà, ha avviato le procedure, tramite la soc. Gemma già affidataria di altri servizi quali il Condono Edilizio e il Fascicolo del Fabbricato, ed ha incentivato l’adesione con il ricorso a forme di credito agevolato con Istituti Bancari. Tra le diversità dei criteri operativi rientra anche la stima delle aree che ciascun Comune ritiene di adottare. Generalmente le procedure più accreditate sono due e dipendono dal grado di approssimazione che si vuole ottenere: una,la procedura statistico-mercuriale, basata sul rilevamento dei prezzi di mercato, l’altra, economico-estimale, basata sul valore di trasformazione delle aree in rapporto al volume che vi sarà edificato. In entrambi i casi sta alla sensibilità politica perseguire il giusto equilibrio tra l’esigenza di introitare somme da reinvestire e l’adozione di prezzi invitanti per assegnatari che potrebbero avere una certa ritrosia ad investire per il riscatto di un bene che rischiano di perdere soltanto dopo un lasso di tempo consistente. [email protected]