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cosa ha spinto noi ,suore della carità ,ad aprire nel cuore della

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cosa ha spinto noi ,suore della carità ,ad aprire nel cuore della
CG 2015 – 03/5
NEL CUORE DELLA CONGREGAZIONE UNA “CASA PER RIFUGIATE POLITICHE”
Suor Vincenza Morelli
Una breve premessa per cogliere che cosa ha spinto noi, Suore della Carità, ad aprire, nel
cuore della congregazione, un servizio così particolare.
Da molto tempo si coltivava, a più livelli, un sogno: offrire, nel cuore di questo grande
complesso che è la Casa Generalizia, un’attenzione agli ultimi in una città come Roma. Nel
novembre 2013 la superiora generale Sr Nunzia e il suo consiglio esprimono a due suore della carità,
già coinvolte in qualche modo nel servizio a persone in difficoltà, il desiderio di “creare un piccolo
segno per i poveri all’interno della curia generalizia” e le invitano a fare una ricerca sui bisogni
emergenti in questa zona. Avete capito che una delle due suore ero io e l’altra era Sr Gianna Baratta,
allora impegnata in questa struttura , oggi con me c’è Sr Ines Tiberti.
Sebbene molto contente, che fare? Da dove cominciare?
Si accende una lampadina, senza indugio andiamo dai Gesuiti di via degli Astalli. Il 15
novembre 2013 incontriamo padre Giovanni La Manna, allora direttore del “Centro Astalli” (oggi il
responsabile del Centro è padre Camillo Ripamonti), per condividergli il desiderio di suor Nunzia e
del Consiglio.
L’idea iniziale era quella di realizzare in Casa Generalizia una piccola mensa familiare (circa
15 pasti quotidiani) riorganizzando una struttura indipendente all’interno della casa, per dare modo
alle giovani suore di fare un servizio diretto ai poveri.
Padre Giovanni ci ascolta e con franchezza dice: “molto bella l’idea, ma a Roma ci sono
molte mense, per quanto paradossale, di fame non muore nessuno…” e condivide con noi una
sua preoccupazione e necessità, ossia l’urgenza di “aprire a Roma una CASA per le seconde
accoglienze dei rifugiati”. Con grande passione, propone a noi Suore della Carità, di rispondere a
questa emergenza sociale a cui non si riesce a dare risposta, e aggiunge sicuro “chi meglio di voi?”.
Ci spiazza, noi eravamo portatrici di un altro progetto.
Vista la nostra perplessità, padre Giovanni continua a spiegare che molti rifugiati restano
bloccati nei centri di prima accoglienza perché non sono in grado di affittare un appartamento
(vengono richieste tre mensilità anticipate) né di sostenere le spese delle utenze con i lavori che sono
per lo più saltuari. Nei centri di prima accoglienza poi ci sono scadenze da rispettare: dopo un anno,
si deve lasciare il posto ad altri… dove andare? Dove collocarli, anche se temporaneamente? Come
completare il processo verso la piena autonomia?
Bella e coraggiosa proposta!
Grande passo per noi!!! È un forte richiamo al nostro Carisma! Chi più delle Suore della
Carità è abilitato a porre segni a favore di coloro che in fuga, cercano dignità, pace, rifugio,
protezione, difesa, troppo spesso segnati da profonde ferite psicologiche e troppo spesso vittime di
tremende violenze.
Questo appello non può cadere nel vuoto. Vediamo sempre di più gente che fugge dai paesi di
origine, non possiamo far finta di nulla.
Padre Giovanni ci ha lasciato dicendo: “non temete di aprire le porte della vostra casa a coloro
che hanno lasciato tutto, che sono giunti nel nostro paese dopo viaggi indescrivibili e che chiedono
solo di poter iniziare e vivere dignitosamente una nuova vita”.
Il desiderio prende forma, si rafforza la certezza che stiamo percorrendo la giusta strada,
senza voler minimizzare e nascondere paure, perplessità, preoccupazioni, difficoltà.
Risuona forte l’appello di papa Francesco “… vorrei invitare gli Istituti religiosi a leggere
seriamente e con responsabilità questo segno dei tempi. Il Signore ci chiama a vivere con più
coraggio e generosità l’accoglienza nelle comunità, nelle case, nei conventi vuoti … Certo non è
semplice, ci vuole criterio, responsabilità, ma ci vuole anche coraggio, abbiamo bisogno nella
chiesa di comunità solidali che vivano l’amore in modo concreto”.
Le paure cadono, si rafforza la consapevolezza che la risposta positiva da parte nostra a
questo appello fosse giusta e che anche Giovanna Antida profuga, straniera, mendicante… avrebbe
fatto lo stesso.
Come non sentirsi interpellate? La riflessione porta il consiglio Generale a fare discernimento
sulla fattibilità del progetto. Arriva il via a procedere: si sceglie un luogo che per la posizione
logistica possa rispettare la totale autonomia: ingresso indipendente, libertà nella gestione degli orari .
Iniziano i lavori nei garage situati nel piccolo cortile antistante il refettorio. Durante i lavori
gli operai chiedevano: “Ma che ci fate qui?”. Spontanea è venuta la risposta: “mettiamo fuori le
macchine per mettere dentro le persone”.
Con chi iniziamo la nostra avventura?
Naturalmente con chi da tempo lavora nel campo dei rifugiati e i Padri gesuiti lo fanno dal
1981 per desiderio di Padre Arrupe, allora preposito generale.
Il 17 giugno 2014, finiti i lavori, viene firmato l’accordo in cui si stabilisce il tipo di rapporto tra
noi Suore della Carità e i padri gesuiti.
Vorrei sottolineare alcuni passaggi di questo accordo:
1.
Il Centro Astalli individuerà le donne rifugiate che verranno inviate presso la casa di via
S. Maria in Cosmedin 9, per un periodo (6 mesi + 6).
2.
Il Centro Astalli offrirà tutto il supporto necessario per le pratiche legali e il percorso
verso l’autonomia delle donne rifugiate.
3.
Periodicamente, si farà una verifica del progetto di inserimento delle giovani rifugiate.
Il primo luglio 2014 viene ufficialmente aperta la casa esattamente un anno fa. Sembra ieri,
ma il tempo corre velocemente.
Le giovani ricevono le chiavi di casa atto di grande fiducia reciproca, un gesto che aiuta il
processo di responsabilizzazione delle giovani donne in vista del futuro; la casa ospitante diventa
come la loro casa futura.
Firmano il regolamento interno Iniziano il percorso di accompagnamento con noi Suore e due
Tutor indicate dal direttore del centro.
Oggi le ragazze che abitano nella casa sono tre più un bambino :
ALMAJO 23 anni viene dalla Costa D’Avorio, infermiera professionale, attraverso internet,
inviando i curricula, ai diversi Ospedali del Belgio, facendo colloqui via Skype ha trovato lavoro.
Attualmente è a Bruxelles, sta facendo uno stage retribuito per due mesi, sicuramente avrà un futuro
in questo paese.
MERY 43 anni con il suo bimbo viene dalla Nigeria: è sarta. Ha fatto uno stage retribuito di 4
mesi, ha il suo diploma e lavora in casa come sarta. È seguita dal servizio Sociale di zona, con lei si è
fatto un progetto mirato alla sua professione. Il Servizio Sociale le ha dato un bonus per comprare
due macchine da cucire e avviare la sua attività. Il bambino è inserito a tempo pieno nella scuola
materna multietnica “Cielo azzurro” a San Gregorio al Celio, proprio qui vicino.
AWA 34 anni, viene dal Senegal , è direttore di sala, professione a lungo esercitata nel suo paese. A
Roma per un anno ha lavorato presso una ditta di cibi precotti, fino a dicembre scorso, poi come tanti
è stata licenziata per mancanza di lavoro. Attualmente è all’IKEA per uno stage di 4 mesi retribuito.
Per la consegna del rapporto annuale 2014 sugli immigrati, il Centro Astalli ha coinvolto
ALMAJO, nel saluto iniziale ha detto, molto emozionata, a noi Italiani e all’Europa :
“… Mi piacerebbe che gli italiani provassero a guardarci in modo diverso, non soffermandosi sempre e
solo sugli aspetti negativi, così come noi immigrati dovremmo sforzarci di guardare agli aspetti postivi
della cultura italiana… Infine voglio chiedere all’Europa di guardare a tutte queste vite umane che
intraprendono il viaggio per cercare salvezza per loro e per i loro figli, di guardare i bambini che sono
su queste barche e non girarsi dall’altra parte, perché anche noi abbiamo il diritto di essere salvati. Il
diritto di vivere. Il diritto di sognare un futuro. Per questi diritti non è necessario essere nati qui”.
La gestione della casa è ripartita tra loro, collaborano al buon andamento e buon uso dei beni
loro affidati.
Quale affiancamento da parte di noi suore e delle tutor?
Il nostro ruolo è quello di essere un punto di riferimento e un appoggio, nei momenti difficili
e bui in cui non si intravvedono risposte alla ricerca di lavoro, alcune volte si accompagnano anche
fisicamente a cercare lavoro. Si incontra di tutto,.e le proposte sono le più svariate ed assurde. Siamo
di supporto per le pratiche burocratiche, per le necessarie domande nei vari Uffici di riferimento. Le
giovani donne sanno di poter contare e fare affidamento su noi. Non ci sostituiamo a loro,
camminiamo insieme , siamo alleate capaci di accettarle così come sono e di volere loro bene. Non
facciamo domande sul loro passato, lasciamo che la confidenza nasca liberamente. Possiamo dire di
essere “sorelle maggiori”, qualche volta “mamme” altre volte amiche, alleate, complici. Anche il
richiamo fatto con amore ed autorevolezza fa mantenere sempre aperta la porta del cuore e la
fiducia reciproca.
Lo stile dell’accoglienza è semplice, concreto, discreto, non invadente. Costruiamo con loro
relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà, rispettando la loro cultura, i tempi di
maturazione. Soprattutto ci impegniamo perché tornino a sorridere e a sperare. Vogliamo che si
sentano a casa .
Collaborando con i Padri Gesuiti, abbiamo fatto nostre tre parole:
Servire, Accompagnare, Difendere. Tre parole che sono il programma di lavoro dei Gesuiti
e dei loro collaboratori, ma sono valide anche per le noi della Carità.
A distanza di un anno possiamo dire di aver vissuto una bella e ricca esperienza Non
nascondiamo che non sono mancati e non mancano momenti di sconforto: le ragazze si rendono
conto che il tempo corre velocemente, i progetti iniziali faticano a decollare… a volte crollano, ma la
speranza in queste giovani non viene meno, hanno fiducia nel futuro, che noi auguriamo migliore per
ciascuna.
Cristo che a. Certo non è semplice,
ci vogliono criterio, responsabili
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