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L`azione diretta del danneggiato nei confronti dell`
Consiglio Superiore della Magistratura *** Incontro di studio sul tema: “Il codice delle assicurazioni private” Roma, 12-14 marzo 2007 *** Marco Rossetti L’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’impresa assicuratrice per la RCA e di altri soggetti legittimati. La procedura stragiudiziale per la liquidazione dell’indennizzo. *** SOMMARIO: 1. Le azioni dirette nei confronti dell’assicuratore. Il dato normativo. - 2. L’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile. - 2.1. Le eccezioni opponibili. - 2.2. Il litisconsorzio necessario. - 2.3. Le condizioni di proponibilità della domanda contro l’assicuratore. - 2.4. Alcuni problemi posti dall’art. 145 cod. ass.. - 3. L’azione diretta nei confronti dell’UCI. - 4. L’azione diretta nei confronti dell’impresa designata. - 5. L’azione diretta del trasportato nei confronti dell’assicuratore del proprio vettore. - 6. L’azione diretta della vittima nei confronti del proprio assicuratore. - 6.1. L’ambito di applicazione. - 6.2. La legittimazione passiva. - 7. L’azione diretta nei confronti del commissario liquidatore dell’impresa in l.c.a.. - 8. L’azione diretta nei confronti del mandatario per la liquidazione dei sinistri. - 9. La procedura stragiudiziale di liquidazione del danno. - 9.1. Nelle ipotesi ordinarie. - 9.2. Nei casi di indennizzo diretto. *** 1. Le azioni dirette nei confronti dell’assicuratore. Il dato normativo. Pagina 1 di 54 L’abrogata legge 24.12.1969 n. 990 attribuiva alla vittima di un sinistro stradale tre diverse “azioni dirette”, aggiuntive a quella ordinaria che la vittima poteva proporre nei confronti del responsabile ex artt. 2043-2054 c.c.: (a) l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile, nel caso di sinistro causato da veicolo immatricolato ed assicurato in Italia (art. 18 l. 24.12.1969 n. 990); (b) l’azione diretta nei confronti dell’UCI, nell’ipotesi di sinistro causato da veicolo immatricolato all’estero (art. 6, comma 7, lettera (c), l. 990/69); (c) l’azione diretta nei confronti dell’impresa designata, nel caso di sinistro causato da veicolo sconosciuto, non assicurato od assicurato con impresa posta in l.c.a. (art. 19, comma 4, l. 990/69). Tale quadro normativo è significativamente mutato per effetto dell’entrata in vigore del codice delle assicurazioni private (d. lg. 7.9.2005 n. 209), il quale prevede ora: (a) l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile, nel caso di sinistro causato da veicolo immatricolato ed assicurato in Italia (art. 144 cod. ass.); (b) l’azione diretta nei confronti dell’UCI, nell’ipotesi di sinistro causato da veicolo immatricolato all’estero (art. 126, comma 3, lettera (c), cod. ass.); (c) l’azione diretta nei confronti dell’impresa designata, nel caso di sinistro causato da veicolo circolante prohibente domino, sconosciuto, non assicurato od assicurato con impresa posta in l.c.a. (art. 283 cod. ass.); (d) l’azione diretta del trasportato nei confronti del proprio vettore (art. 141 cod. ass.); (e) l’azione diretta della vittima nei confronti del proprio assicuratore della r.c.a., nei casi in cui trova applicazione la procedura di indennizzo diretto (art. 149 cod. ass.); (f) l’azione diretta nei confronti del commissario liquidatore dell’impresa del responsabile, posta in l.c.a., se autorizzato alla liquidazione dei sinistri (art. 284 cod. ass.); Pagina 2 di 54 (g) infine - ma, si anticipa, è ipotesi problematica - è parere di chi scrive che debba ammettersi, in virtù di una interpretazione conforme al diritto comunitario, una azione diretta anche nei confronti del mandatario per la liquidazione dei sinistri, nel caso di sinistri avvenuti all’estero e la cui vittima risieda in Italia (art. 152 cod. ass.). Esaminiamo ora partitamente queste singole ipotesi, ponendo l’accento principalmente sui problemi da esse posti. 2. L’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile. I primi due commi dell’art. 144 cod. ass. riproducono l’art. 18 l. 990/69; il terzo comma riproduce il primo periodo dell’art. 23 l. cit.; l’ultimo comma, infine, riproduce l’art. 26, comma 1, l. 990/69. A parte la diversa sistematica adottata dal codice rispetto alla legge 990, il contenuto precettivo delle norme è rimasto sostanzialmente immutato. Anche con riferimento all’azione diretta prevista dall’art. 144 cod. ass. troveranno perciò verosimilmente applicazione alcuni princìpi ormai consolidati in giurisprudenza, che vale la pena ricordare brevemente. In primo luogo, quanto alla fonte dell’obbligazione dell’assicuratore del responsabile, essa non è rappresentata dal fatto illecito, ma da una complessa fattispecie alla cui integrazione concorrono l'illecito, il contratto di assicurazione e la relazione diretta che la legge instaura tra il danneggiato e l'assicuratore, estendendo al primo gli effetti del contratto (Cass., 29-07-1983, n. 5218, in Assicurazioni, 1983, II, 2, 237, con nota di GERI; Cass., 29-07-1983, n. 5219, in Dir. e pratica assic., 1983, 316; dopo tali decisioni che costituirono le sentenze capostipite, nello stesso senso si vedano Cass. 7.7.1999 n. 7019; Cass. 2.6.1992, n. 6694; Cass. 16.8.1988, n. 4950; Cass. 1.6.1995, n. 6128, in Assicurazioni, 1995, II, 2, mass. 109; Cass. 3.5.1990, n. 3624; Cass. 28.11.1994, n. 10156, in Arch. circolaz. 1995, 986). È altresì pacifico in giurisprudenza che l’azione diretta si affianca, e non si sostituisce a quella ordinaria ex art. 2054 c.c. (Cass. 12.2.1998, n. 1471; Pagina 3 di 54 Cass. 13.3.1996, n. 2056; Cass. 1.6.1995, n. 6128, in Assicurazioni, 1995, II, 2, mass. 109; Cass. 10.5.1984, ibidem, 1984, II, 2, mass. 49), e che pertanto il danneggiato può proporre cumulativamente le due azioni (in tal senso, dopo alcuni iniziali contrasti, si vedano ex permultis Cass. 4.10.1996, n. 8717, in Assicurazioni, 1997, II, 2, mass. 18; Cass. 3.5.1990, n. 3624), e che l’obbligazione risarcitoria del danneggiante e quella indennitaria del suo assicuratore sono legate da un vincolo di solidarietà, ancorché atipico (c.d. solidarietà imperfetta o ad interesse unisoggettivo). Conseguenze di questa cumulabilità e del vincolo di solidarietà passiva, per quanto atipico, trattandosi di obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo, sono che: (a) sul piano sostanziale deve riconoscersi effetto liberatorio al pagamento effettuato da uno dei debitori (Cass. 28.11.1988, n. 6402; Cass. 27.11.1982, n. 6428, in Riv. giur. circolaz. trasp. 1983, 279; (b) l'azione esperita contro l'assicuratore contiene implicitamente la domanda di accertamento della responsabilità del conducente e del proprietario (Cass. 15.9.1982, n. 4887, in Resp. civ. prev. 1983, 448). 2.1. Le eccezioni opponibili. Anche l’art. 145, comma 2, cod. ass. (come il previgente art. 18 l. 990/69) statuisce che per l'intero massimale di polizza l'assicuratore non può opporre al danneggiato, che agisce direttamente nei suoi confronti, eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedano l'eventuale contributo dell'assicurato al risarcimento del danno. Per “eccezioni derivanti dal contratto” devono intendersi quelle relative all'invalidità ed all'inefficacia del contratto, mentre restano estranee al suddetto regime soltanto le ipotesi di nullità del contratto di assicurazione e di inesistenza del rapporto assicurativo. Sono state ritenute eccezioni inopponibili: Pagina 4 di 54 (a) le eccezioni di annullabilità del contratto, come nel caso di dichiarazioni inesatte o reticenti (art. 1892 e 1893 c.c.); b) l'eccezione di aggravamento del rischio (art. 1898 c.c.), come nel caso di trasporto anomalo (Cass. 20.2.1998, n. 1786; Cass. 14.3.1996, n. 2125); c) l'eccezione di mancata denunzia di vizio della cosa (art. 1906 c.c.); d) L'eccezione di inadempimento dell'obbligo di avviso e di salvataggio (art. 1915 c.c.), ossia nel caso di circolazione di veicolo, la mancata denunzia del sinistro, ferma restante la facoltà dell'assicuratore di rivalersi sull'assicurato in ragione del pregiudizio sofferto; e) l'eccezione di guida senza patente o di patente non regolare, nell'ipotesi che la polizza subordini l'operatività della copertura assicurativa al possesso da parte del conducente della patente richiesta (Cass., sez. III, 03-12-2003, n. 18467, Arch. circolaz., 2004, 383; Cass. 26.5.1999 n. 5110; Cass. 20.2.1998, n. 1786; Cass. 18.1.1994, n. 382); (f) l'eccezione di dolo, ossia che il fatto illecito ha carattere doloso (Cass. 18.2.1997, n. 1502); g) l'eccezione del mancato pagamento del premio o della prima rata di premio (art. 1901, 1o c.), se l'assicuratore ha rilasciato il certificato di assicurazione ed il contrassegno (Cass. 24.5.1993, n. 5834; Cass. 11.11.1995, n. 11723); h) la stipula del contratto da parte di impresa non autorizzata, in quanto ciò non dà luogo a nullità o annullabilità del contratto, ma solo a risoluzione ex nunc, su formale denuncia dell'interessato (Cass. 19.1.1995, n. 586); i) l'inosservanza dell'art. 98 cod. strad. che impone la presenza a bordo di autoveicoli con targa “prova” del titolare dell'autorizzazione a circolare con la targa prova o di un suo dipendente, poiché non incide sull'esistenza del rapporto assicurativo, salvo che tale circostanza risulti prevista quale elemento essenziale della copertura assicurativa (A Torino, 18.10.1982, in Riv. giur. circolaz. trasp. 1984, 692); Pagina 5 di 54 l) lo stato di ebbrezza del conducente (P. Piazza Armerina, in Arch. circolaz. 1978, 257); m) la clausola che preveda l'eventuale contributo dell'assicurato al risarcimento del danno; n) la mancata esposizione del contrassegno da parte del veicolo danneggiante, essendo prevista solo a tutela dell'affidamento del danneggiato la disposizione del secondo comma di detto articolo secondo la quale l'assicuratore è tenuto nei confronti dei terzi per il periodo di tempo indicato nel certificato (Cass. 23.2.1998, n. 1944). Sono, invece, state ritenute eccezioni opponibili: a) L'inesistenza o nullità assoluta del contratto assicurativo, per mancanza dei requisiti essenziali di cui all'art. 1325 c.c. (Cass. 17.10.1994, n. 8460); b) l'inesistenza del rischio, che comporta la nullità del contratto (art. 1895 c.c., Cass. 17.10.1994, n. 8460 cit.), con esclusione dell'ipotesi del dolo; c) il mancato pagamento delle rate del premio successive alla prima, dopo il decorso del periodo di tolleranza, se l'assicurato non sia in possesso del certificato (Cass. 6.6.1987, 4906); d) il limite del massimale (Cass. 23.1.1987, n. 646; Cass. 4.9.1985, n. 4611, con onere della prova del limite del massimale a carico dell'assicuratore); e) nel caso di danno provocato da rimorchio, in movimento perché agganciato alla motrice, l'assicuratore del solo rischio statico ben può opporre l'inoperatività del contratto, in quanto non si tratta di un'eccezione contrattuale, ma di inesistenza di garanzia connessa alla circolazione del rimorchio (se il rimorchio viene agganciato alla motrice, diviene componente di un unico veicolo a motore e perde la propria autonomia, con la conseguenza che nei confronti del terzo danneggiato non risponde l'assicuratore del solo rimorchio, non vertendosi in tema di limite della responsabilità dell'assicuratore, ma di identificazione del veicolo il cui Pagina 6 di 54 rischio è stato assicurato) (Cass. 18.12.1996, n. 11318; Cass. 25.7.1992, n. 8972; Cass. 30.1.1992, n. 950;); f) nel caso in cui trattasi non di responsabilità ex art. 2054 c.c., ma di colpa professionale, quando il sinistro è provocato per cause ascrivibile al soggetto che abbia effettuato la riparazione (Cass. 1.3.1983, n. 1538, relativamente al caso del distacco di una ruota, mentre alla guida vi era il meccanico che aveva provveduto a riparare la stessa); g) la mancanza di copertura assicurativa, nel qual caso è onere del danneggiato di provare, anche con testimoni, che tale danno si è verificato nel periodo di copertura assicurativa indicato nel contrassegno apposto sul veicolo investitore, ovvero nel periodo di tolleranza previsto dall'art. 1901, c. 2o, c.c., oppure che, essendosi verificato il sinistro nel periodo di sospensione assicurativa, ex art. 1901, c.c., il premio sia stato pagato dall'assicurato anteriormente al sinistro (Cass. 25.5.1998, n. 5194; Cass. 18.5.1999 n. 4803). L'assicuratore, che non abbia potuto opporre al danneggiato che agisce in via diretta, eccezioni derivanti dal contratto né le clausole di contributo a carico dell'assicurato, ha diritto di rivalsa nei confronti dell'assicurato nella misura in cui avrebbe avuto diritto contrattualmente di rifiutare o di ridurre la propria prestazione. In merito alla disciplina dell'azione di rivalsa, la giurisprudenza e la dottrina hanno enucleato i seguenti principi: a) l'azione di rivalsa è esperibile anche se il danneggiato sia stato tacitato stragiudizialmente; se però l'assicurato non ha consentito al pagamento o non sia stato fatto partecipe delle trattative, egli può contrastare la domanda di rimborso dell'assicuratore con eccezioni sia in ordine alla responsabilità sia in ordine all'ammontare del risarcimento pagato (Cass. 27.1.1995, n. 981); b) l'esercizio dell'azione di rivalsa si sostanzia in una vera e propria domanda e non in una semplice eccezione, sicché non è proponibile per la prima volta in appello (Cass. 24.7.1980, n. 4805); Pagina 7 di 54 c) tuttavia, se l'assicuratore, convenuto con azione diretta, faccia valere contro l'assicurato, anch'esso convenuto, la rivalsa di cui all'art. 143 cod. ass., introduce una pretesa strettamente connessa per comunanza di titolo con quella avanzata dall'attore e riconducibile tra i mezzi di difesa esperibili contro quest'ultima (Cass. 5.5.1980, n. 2940); d) conseguentemente, la procura al difensore rilasciata dall'assicuratore per contraddire in ordine alla domanda del danneggiato deve ritenersi comprensiva del potere di proporre la domanda di rivalsa nei confronti dell'assicurato (Cass. 5.5.1980, n. 2940, cit.); e) nel caso di circolazione prohibente domino la domanda di rivalsa può essere proposta solo contro il conducente e non contro il proprietario (Cass. 19.10.1981, in Giust. civ. 1982, I, 64). Controverso è il problema della legittimazione passiva rispetto all’azione di rivalsa. Secondo un primo orientamento, maggioritario e più risalente, l' “assicurato” nei confronti del quale l'assicuratore può esercitare l'azione di rivalsa si identifica non solo nel contraente della polizza, ma anche nel proprietario e/o conducente del veicolo responsabile del sinistro, soggetto titolare dell'interesse assicurato (Cass. 8.3.1993, n. 2764, in Giust. civ. 1994, I, 2015). Più di recente, invece, Cass., sez. III, 31-01-2006, n. 2130 ha ritenuto che l’azione di rivalsa di cui alla norma qui in commento spetta all’assicuratore esclusivamente nei confronti dell’assicurato e non nei confronti del terzo conducente del veicolo (conforme Cass., sez. III, 2905-2003, n. 8622, in Dir. e giustizia, 2003, fasc. 25, 55). Quest’ultimo orientamento tuttavia mi sembra palesemente erroneo, in quanto non considera che l’ass. della r.c.a. è una assicurazione ambulatoria, nella quale il titolare dell’interesse esposto al rischio (e cioè l’ “assicurato”, in senso tecnico) è chiunque si ponga, col consenso del proprietario, alla guida del veicolo. 2.2. Il litisconsorzio necessario. Pagina 8 di 54 Nel giudizio promosso contro l’assicuratore del responsabile, ai sensi dell’art. 144 cod. ass., è litisconsorte necessario il responsabile del danno, tradizionalmente identificato nel proprietario del veicolo che ha causato il danno. La ratio di detto litisconsorzio è individuata nell'esigenza di assicurare che l'esistenza della responsabilità sia accertata in contraddittorio con il responsabile del danno, sicché essa non può ritenersi applicabile se non quando, esperita dal danneggiante l'azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore ex art. 144 cod. ass., debba procedersi nel relativo giudizio all'accertamento della responsabilità, la cui esistenza costituisce il presupposto dell'obbligo incombente all'assicuratore in forza del contratto di assicurazione (Cass. S.U. 15.10.1982, n. 5350, in Assicurazioni 1983, II, 2, 84, in Giust. civ. 1983, I, 148). Mentre nel giudizio sull'an debeatur, promosso dal danneggiato contro l'assicuratore della responsabilità civile, è sempre necessaria la partecipazione al processo del responsabile del danno, nel giudizio sul quantum, qualora questo si svolga separatamente dal giudizio sull'an (perché instaurato successivamente alla pronuncia di condanna generica dell'assicuratore e del responsabile al risarcimento) detta partecipazione non è necessaria (Cass. 15.10.1982, n. 5350). L’obbligo del litisconsorzio non sussiste ovviamente nel caso di azione esperita contro il responsabile a norma dell'art. 2054 c.c. In questa ipotesi la partecipazione al giudizio dell'assicuratore può avvenire ad iniziativa dell'assicurato che lo chiami in causa a titolo di garanzia impropria, a norma dell'art. 106 c.p.c., senza che sussista in assenza di sua iniziativa, l'obbligo per il giudice di disporre l'integrazione del contraddittorio a norma dell'art. 102 c.p.c. (Cass. 30.5.1995, n. 6074). Il litisconsorzio necessario sussiste anche nel caso di domanda di accertamento negativo dell'operatività della garanzia assicurativa proposta dall'assicuratore, per cui tale domanda deve essere rivolta sia Pagina 9 di 54 nei confronti del danneggiato che dell'assicurato (Cass. 19.10.1981 n. 5461). Le conseguenze del suddetto litisconsorzio necessario sono che: a) deve essere disposta l'integrazione del contraddittorio ex art. 331, nel caso in cui la sentenza non sia stata impugnata nei confronti di tutti i litisconsorti (Cass. 17.5.1986, n. 3277; b) in caso di omesso adempimento di tale onere, deve essere dichiarata l'inammissibilità dell'impugnazione (Cass. 29.5.1986, n. 3648); c) il litisconsorte citato a seguito di ordine di integrazione del contraddittorio, potrà effettuare l'impugnazione in via incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c.; d) l'appello proposto dal solo assicuratore investe tutte le risultanze processuali, con facoltà del giudice di decidere sulla responsabilità del sinistro con accertamento valevole per tutte le parti, e quindi, anche nei confronti dell'assicurato (Cass. 14.1.1987, n. 198); e) l'impugnazione proposta da uno dei condebitori spiega i suoi effetti anche nei confronti dell'altro condebitore (Cass. 20.8.1984, n. 4661). Tuttavia se fu proposta l'azione ex art. 18 nei confronti dell'assicuratore e contemporaneamente e cumulativamente l'azione ex art. 2054 nei confronti del conducente e del proprietario dell'auto, il giudice d'appello chiamato a pronunciare sulla nullità della sentenza impugnata conseguente alla nullità insanabile della citazione nel giudizio di primo grado del proprietario del veicolo, nel dichiarare detta nullità deve, in conseguenza della non integrità del contraddittorio, rimettere al primo giudice la causa promossa nei confronti dell'assicuratore e del proprietario del veicolo e trattenere e decidere nel merito quella promossa nei confronti del conducente, atteso che solo il proprietario del veicolo è litisconsorte necessario nella azione diretta e che non è ipotizzabile, con riferimento al giudizio di appello, un litisconsorzio necessario dipendente dall'effettiva partecipazione anche del conducente del veicolo al giudizio di primo grado (Cass. 24.2.1998, n. 1976; Cass. 26.4.1995, n. 4622). Pagina 10 di 54 Egualmente, nel caso di confluenza nello stesso processo, dell'azione ex art. 2054 c.c. nei confronti del responsabile del danno e della causa di garanzia proposta da questi contro l'assicuratore, il danneggiato non è parte del rapporto processuale relativamente a questa seconda causa e non ha quindi interesse ad impugnare le statuizioni relative (Cass. 1.2.1995, n. 1134). Si ha in questo caso una semplice connessione di causa, con litisconsorzio passivo facoltativo, per cui la sentenza impugnata nei confronti di uno solo dei convenuti passa in giudicato per l'altro, nei cui confronti non può essere modificata dal giudice d'appello (Cass. 30.5.1995, n. 6074; Cass. 5.5.1987, n. 4684). 2.3. Le condizioni di proponibilità della domanda contro l’assicuratore. L’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile è soggetta all’onere di preventiva richiesta scritta di risarcimento all’assicuratore stesso, e del decorso dello spatium deliberandi previsto dalla legge. Tale onere è imposto dall’art. 145 cod. ass., il quale ha riprodotto , con modificazioni, l’art. 22 l. 990/69. Le principali novità introdotte dal codice sono: (a) l’introduzione di un diverso termine, al cui decorso è subordinata la procedibilità dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore, a seconda del tipo di danni dei quali si chiede il risarcimento: 60 gg. nel caso di sinistri con danni a cose, e 90 nel caso di sinistri con danni a persone; (b) la previsione di un termine diverso a seconda che la domanda sia proposta nei confronti di un assicuratore in bonis o dell’impresa designata: nel primo caso il termine è di 60 gg. (anche per i danni a persone); nel secondo caso sarà di sei mesi se il sinistro è stato causato da persona assicurata con impresa posta in l.c.a., di 60 gg. in tutti gli altri casi (art. 287 cod. ass.). Ne emerge un composito e non del tutto razionale quadro, che per semplicità può essere riassunto nella seguente tabella: Pagina 11 di 54 Danni a cose Danni a persone Sinistro causato da Sinistro causato da Sinistro causato da veicolo assicurato veicolo sconosciuto, veicolo assicurato non assicurato o con impresa in con impresa in circolate bonis l.c.a. prohibente domino 60 gg. 60 gg. 6 mesi 90 gg. 60 gg. 6 mesi Pacificamente la dottrina e la giurisprudenza ritengono che la funzione della richiesta scritta consiste nel costituire in mora l'assicuratore, una volta che sia decorso inutilmente il termine stabilito dalla legge. Quanto al dies a quo di detto termine, esso non è costituito dalla data di spedizione della raccomandata ma da quella di ricezione (Cass. 6.3.1982, n. 1423, Cass. 8.2.1986 n. 809), dovendo essere libero lo spatium deliberandi in favore dell'assicuratore. Oltre tale funzione strettamente giuridica, la richiesta scritta ha anche quella di politica giudiziaria di facilitare le procedure di risarcimento, restringere il contenzioso ed evitare l'aggravamento dei costi di gestione dei sinistri. Pertanto mentre il danneggiante è costituito in mora dalla data del fatto illecito, l'assicuratore lo diventa soltanto dal momento dell'inutile decorso dello spatium deliberandi dalla richiesta del danneggiante che rende operante un'accessoria e coordinata obbligazione avente ad oggetto, ai sensi dell'art. 1224 c.c., gli interessi moratori ed il maggior danno costituito dalla sopravvenuta svalutazione monetaria (Cass. 27.5.1991 n. 5996; Cass. 28.5.1991 n. 6014). 2.4. Alcuni problemi posti dall’art. 145 cod. ass.. Mentre l'art. 22 l. 990/69 non stabiliva quali fossero gli elementi che la richiesta doveva contenere per essere ritenuta completa, limitandosi a stabilire che la richiesta deve essere effettuata con raccomandata con ricevuta di ritorno, l’art. 145 cod. ass. prescrive che la richiesta abbia i contenuti di cui agli artt. 148, 149 e 150, a seconda del sistema di indennizzo applicabile. Pagina 12 di 54 Un primo problema posto dalla nuova norma è quindi stabilire se possa ritenersi improponibile l’azione diretta quando la richiesta scritta non possegga i suddetti contenuti. Riterrei che a tale quesito non possa darsi una risposta categorica. Se infatti è vero, per un verso, che l’assicuratore ha l’obbligo di attivarsi alla stregua dell’ordinaria diligenza professionale da lui esigibile (art. 1176, comma 2, c.c.) per accertare il danno e liquidare l’indennizzo, e quindi non può sottrarsi a tale obbligo opponendo fiscali obiezioni sullo scostamento tra il contenuto della richiesta concretamente inviata e quello imposto dall’art. 148 cod. ass., per altro verso è altresì vero che il danneggiato ha l’obbligo di uberrima bona fides nel corso delle trattative, e non può limitarsi ad inviare all’assicuratore richieste del tutto generiche e prove di adeguato corredato documentale, come tali assolutamente insufficienti per la stima del danno (e ciò a mente dell’art. 1206 c.c., alla stregua del quale il creditore deve compiere “quanto necessario” perché il debitore possa adempiere). Una adeguata soluzione al problema qui in esame mi sembra possa raggiungersi muovendo dalla ratio dell’art. 145 cod. ass., che è quella - lo si è detto - di favorire gli accordi stragiudiziali. Da ciò consegue che, abbia o non abbia il danneggiato rispettato alla lettera le prescrizioni dell’art. 148 cod. ass., la domanda sarà comunque procedibile se gli elementi inviati erano comunque sufficienti, con l’uso dell’ordinaria diligenza, per l’accertamento della responsabilità e la stima del danno. Per contro, la domanda andrà dichiarata improcedibile se nella richiesta scritta di risarcimento manchino gli elementi indispensabili per la stima del danno. Così, ad esempio, riterrei non ostativa alla procedibilità della domanda l’omessa indicazione, nella richiesta scritta di risarcimento, del codice fiscale del danneggiato (purché la persona sia inequivocabilmente individuabile attraverso i datai anagrafici), ovvero delle dichiarazioni dei redditi, quando la vittima non abbia patito (e quindi non domandi) alcun danno da perdita della capacità di guadagno. Pagina 13 di 54 Un secondo problema posto dagli artt. 144-145 cod. ass. (ma già sorto nel vigore della disciplina previgente) è se la richiesta dell’assicuratore di ulteriori informazioni nel caso di domanda incompleta, ai sensi dell’art. 148, comma 5, cod. ass., comporti l’interruzione, oltre che dei termini per la formulazione dell’offerta di cui ai commi 1 e 2 della norma ora citata, anche l’interruzione del termine di 60 o 90 giorni per il promovimento della azione diretta, di cui al comma 1 dell’art145 cod. ass.. A tale delicato problema, in assenza (sinora) di precedenti giurisprudenziali, mi sembra debba darsi risposta affermativa. Lo spatium deliberandi di cui all’art. 145, comma 1, cod. ass. è previsto dalla legge al fine di consentire all’assicuratore di valutare se e quanto offrire a titolo di indennizzo. Di tale termine l’assicuratore deve poter fruire interamente, tanto è vero che se la richiesta è incompleta il termine per l’offerta è differito: dunque la richiesta incompleta è inidonea a provocare la mora debendi dell’assicuratore (art. 148, comma 5, cod. ass.). Alla luce di tali considerazioni non mi sembra peregrino qualificare il termine di cui all’art. 145 cit. come un termine di adempimento a favore del debitore, imposto direttamente dalla legge: con la conseguenza che prima della scadenza di tale termine il credito è inesigibile (in virtù del principio secondo cui soltanto quod sine die debetur, statim debetur). Se, dunque, il termine di cui all’art. 148, comma 1 e 2 cod. ass., è prorogato per effetto della richiesta di chiarimenti avanzata dall’assicuratore dinanzi ad una richiesta incompleta, il credito sarà inesigibile fino alla scadenza del termine prorogato, e di conseguenza l’assicuratore non potrà essere convenuto in giudizio. Pertanto mi pare possa concludersi nel senso che la richiesta incompleta, là dove l’assicuratore si avvalga della facoltà di chiedere integrazioni, produca l’effetto di differire il termine per il promovimento dell’azione diretta di cui all’art. 145, comma 1, cod. ass.. Un terzo problema posto dal nuovo combinato disposto degli artt. 144 e 145 cod. ass. è se le nuove norme sulla procedibilità della domanda si applichino ai giudizi introdotti dopo il 1°.1.2006 (data di entrata in vigore Pagina 14 di 54 del codice delle assicurazioni), quando il sinsitro si sia verificato prima e la richiesta scritta di risarcimento sia stata inoltrata nel vigore dell’art. 22 l. 990/69. Tale problema è di agevole soluzione: infatti è pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che le norme le quali impongono condizioni di procedibilità della domanda sono disposizioni processuali, e come tali soggette al principio tempus regit actum (Cass., sez. III, 07-02-2006, n. 2527; Cass., sez. III, 13-04-2000, n. 4803; Cass., sez. III, 04-11-1996, n. 9544). Pertanto il rispetto delle condizioni di procedibilità va accertato in base alle norme vigenti al momento in cui la condizione di procedibilità è stata (o doveva essere) osservata, e non al momento dell’introduzione del giudizio, né a quello della sentenza. Se, dunque, il danneggiato ha inviato, prima del 1°.1.2006, una richiesta scritta di risarcimento difforme dai precetti di cui all’art. 148 cod. ass., ma conforme a quelli di cui all’art. 22 l. 990/69, la domanda sarà procedibile, anche se introdotta dopo il 1°.1.2006; non lo sarà, invece, se la richiesta scritta difforme dal dettato dell’art. 148 cod. ass. sia pervenuta all’assicuratore dopo l’entrata n vigore del codice, a nulla rilevando che il sinistro si sia verificato in precedenza. 3. L’azione diretta nei confronti dell’UCI. L’art. 126 cod. ass. ha riprodotto l’art. 6 l. 990/69 - per quanto qui rileva, e cioè il promovimento dell’azione diretta nei confronti dell’UCI - senza novità di rilievo, eccezion fatta per un “infortunio” nomopoietico in cui è incorso il legislatore. Il terzo comma dell’art. 126 cod. ass. stabilisce infatti che quando si cita l’UCI in giudizio con l’azione diretta, il termine a comparire fissato nell’atto di citazione dev’essere “aumentato del doppio, risultando perciò stabilito in centottanta giorni per il giudizio di fronte al tribunale e in novanta giorni per il giudizio di fronte al giudice di pace”. Pagina 15 di 54 Tale norma è destinata a suscitare seri problemi tra gli interpreti, in quanto per effetto delle modifiche apportate all’art. 163 bis c.p.c. dall'art. 2, comma 1, lettera (g), l. 28 dicembre 2005, n. 263, il termine a comparire nei giudizi ordinari di cognizione è stato elevato a 90 giorni dinanzi al tribunale, e 45 dinanzi al giudice di pace. Sicché, se si privilegia la prima parte della disposizione qui in esame (“il termine a comparire dev’essere aumentato del doppio”), tale termine dovrebbe essere di 270 giorni, mentre se si privilegia la seconda parte (“risultando perciò stabilito in centottanta giorni”) il termine in questione dovrebbe continuare ad essere di 180 giorni. Non essendo tale problema superabile in base alla lettera della norma, la soluzione preferibile mi sembra quella di ricorrere all’interpretazione costituzionalmente orientata e ritenere perciò che il termine a comparire nelle cause in cui sia convenuta l’UCI debba restare di 180 giorni, in quanto tale interpretazione è la sola conforme al disposto dell’art. 111 cost., nella parte in cui prescrive che il processo debba avere una durata “ragionevole”. Problemi analoghi sono sorti dall’estensione del rito del lavoro alle controversie in tema di sinistri stradali, disposta dall’art. 3 l. 21.2.2006 n. 102. Nel rito del lavoro, infatti, l’art. 415, comma 5, c.p.c., fissa in soli 30 giorni il termine a comparire, sicché sussiste un conflitto apparente di norme tra quest’ultima disposizione e l’art. 126 cod. ass. Per risolvere tale conflitto, mi sembra si debba muovere dal rilievo che le due norme appena citate si pongono in rapporto di specialità reciproca, in quanto hanno un nucleo comune (entrambe disciplinano l’azione di risarcimento di danni da lesioni o da morte causati da veicoli immatricolati all’estero), ed elementi di specialità: l’art. 3 l. 102/06 si applica anche nel caso di danni causati da veicoli immatricolati in Italia, ai quali è inapplicabile l’art. 126 cod. ass.; e quest’ultimo si applica anche ai danni causati da natanti ed ai danni a cose, ipotesi invece sottratte alla previsione dell’art. 3 l. 102/06. Di conseguenza, il conflitto apparente tra esse va risolto in base Pagina 16 di 54 al principio del c.d. bilanciamento di valori, ovvero individuando la norma assiologicamente prevalente sull’altra, in quanto espressione di valori superiori (Guastini, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano, 1998, 228 e ss.). Pertanto, poiché la finalità dell’art. 126 cod. ass., e del più lungo termine a comparire ivi previsto, è quella di consentire all’UCI di meglio difendersi, mentre la finalità dell’art. 3 l. 102/06 è quella di apprestare una più celere ed incisiva tutela a quelle vittime di sinistri stradali che abbiano patito gravi lesioni personali o degli affetti, l’art. 3 l. 102/06 deve prevalere sull’art. 126 cod. ass., e quindi la domanda di risarcimento del danno da lesioni o da morte, quand’anche proposta nei confronti dell’UCI, sarà soggetta alle previsioni dell’art. 415 c.p.c., ed il termine a comparire sarà di soli 30 giorni (sia benevolmente consentito, sul punto, il rinvio a Rossetti, Sinistri stradali e rito del lavoro, Milano, 2006, 219). 4. L’azione diretta nei confronti dell’impresa designata. L’art. 283 cod. ass. non ha introdotto novità di rilievo con riferimento all’ipotesi di sinistro causato da veicolo non assicurato, sconosciuto, od assicurato con impresa in l.c.a., ove si eccettui l’incongruenza già segnalata (rispetto all’art. 145 cod. ass.), consistita nell’avere previsto, quale condizione di procedibilità dell’azione diretta nei confronti dell’impresa designata il decorso di un termine di 60 gg. (anche per i danni a persone), salvo che il veicolo sia stato causato da veicolo assicurato con impresa posta in l.c.a., nel qual caso il termine suddetto è di sei mesi (art. 287 cod. ass.). Una novità assoluta è invece la previsione dell’intervento del fondo di garanzia, per il tramite dell’impresa designata, nel caso di veicolo “posto in circolazione contro la volontà del proprietario” o delle altre persone chiamate ex lege a rispondere dei danni causati dalla circolazione (art. 283, comma 1, lettera (d), cod. ass.). Con questa norma il legislatore parrebbe essersi avvalso della facoltà concessagli dall’art. 2, comma 2, della Direttiva del Consiglio 30-12-1983, Pagina 17 di 54 n. 84/5 (“Concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli”), secondo cui nel caso di veicoli “rubati o ottenuti con la violenza”, gli Stati membri possono prevedere che il fondo di garanzia intervenga in luogo e vece dell'assicuratore. E tuttavia non può non registrarsi un evidente iato tra la previsione comunitaria e quella codicistica: la prima parla infatti di “veicoli rubati o ottenuti con la violenza”, la seconda di “veicoli posti in circolazione contro la volontà del proprietario”, il che ovviamente può avvenire anche in assenza di furto o violenza. Tuttavia la norma codicistica può essere interpretata in senso conforme al diritto comunitario, ove si consideri che l’art. 122 cod. ass., il quale prevede l’esonero dell’assicuratore del veicolo nel caso di circolazione prohibente domino, stabilisce espressamente che l’assicurazione cessa a partire dalle ore 24.00 del giorno in cui è stata presentata la denuncia agli organi di polizia. Pertanto, leggendo unitariamente l’art. 2 Direttiva 84/5, l’art. 122 e l’art. 283 cod. ass., deve concludersi che l’azione diretta nei confronti del fondo va proposta non in qualunque ipotesi di circolazione contro la volontà del proprietario, ma solo nei casi in cui la circolazione sia frutto di furto o violenza. Qualche incertezza l’art. 283 cod. ass. può far sorgere, nel caso di sinistri causati da veicoli circolanti prohibente domino, anche per quanto attiene i danni risarcibili. La legge prevede infatti (comma 2) che il risarcimento è dovuto sia per i danni alla persona sia per i danni a cose, ma soltanto: (a) ai terzi non trasportati; (b) ai trasportati contro la propria volontà; (c) ai trasportati inconsapevoli della circolazione illegale. La lettera della norma lascia insoluti alcuni problemi, ed in particolare se ai trasportati consapevoli della circolazione illegale spetti da parte del Fondo solo il risarcimento del danno alla persona, anche il risarcimento Pagina 18 di 54 del danno a cose, nei limiti di cui alla prima parte del secondo comma dell’art. 283, oppure non spetti alcun risarcimento da parte del Fondo. Quest’ultima sembrerebbe l’opinione preferibile in base alla lettera della norma: la inconsapevolezza della circolazione illegale è infatti presupposto per l’intervento del Fondo in favore del trasportato, e dunque se manca la prima, non potrà avvenire il secondo. E tuttavia non può negarsi che in tal modo si crea un pericoloso vuoto di tutela: il terzo consapevole della circolazione illegale infatti non potrebbe proporre l’azione diretta nei confronti di alcuno: non nei confronti dell’impresa designata, perché lo esclude l’art. 283, comma 2, cod. ass.; non nei confronti dell’assicuratore del vettore, perché lo esclude l’art. 122, comma 3, cod. ass.. Questa conclusione è però insostenibile, perché in contrasto col diritto comunitario. stabilisce, infatti, l’art. 1, comma 1, Direttiva Consiglio 14-051990, n. 90/232 (“Relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli”) che l'assicurazione obbligatoria della r.c.a. deve coprire la responsabilità per i danni alla persona "di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente, derivanti dall'uso del veicolo”. Né. ovviamente, la mera consapevolezza della circolazione illegale del veicolo sembra costituire una giusta ragione per derogare a tale principio. In prima approssimazione, riterrei che la soluzione preferibile sia quella di disapplicare, per contrarietà insanabile col diritto comunitario, l’art. 283, comma 2, ult. parte, cod. ass., secondo l’insegnamento della Corte di giustizia (ex permultis, da ultimo, Corte giustizia Comunità europee, 2205-2003, n. 462/99, in Riv. dir. internaz. privato e proc., 2004, 748). 5. L’azione diretta del trasportato nei confronti dell’assicuratore del proprio vettore. L’art. 141 cod. ass. disciplina l’ipotesi di danni patiti dal terzo trasportato, e costituisce una previsione del tutto nuova. La norma non distingue tra le Pagina 19 di 54 varie ipotesi di trasporto, e dunque deve ritenersi applicabile sia nel caso di trasporto di cortesia, sia nel caso di trasporto gratuito, sia nel caso di trasporto oneroso. L’art. 141 cod. ass. è forse una delle norme meno felici dell’intero codice delle assicurazioni; sia per la tecnica con la quale è stato scritto, sia per il contenuto, che nella migliore delle ipotesi è ambiguo, e nella peggiore inutilmente peggiorativo rispetto all’attuale stato di cose. Affinché sia ben chiaro questo concetto, è opportuno brevemente ricordare di che tipo di tutela abbia goduto fino ad oggi, per diritto vivente, il trasportato su un veicolo a motore, che in conseguenza di un sinistro abbia patito danni alla persona. Nel caso di sinistro stradale senza urto tra veicoli, il trasportato a qualsiasi titolo poteva pretendere il risarcimento del danno, ex art. 2054, comma 1, c.c., dal proprio vettore e dall’assicuratore della r.c.a. di quest’ultimo. Nel caso di sinistro stradale con scontro tra due o più veicoli, il trasportato a qualsiasi titolo poteva pretendere l’intero risarcimento sia dal proprio vettore, sia dai conducenti degli altri veicoli, invocando nei confronti di ciascuno di essi la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2054, comma 1, c.c., e di conseguenza il beneficio della solidarietà di cui all’art. 2055 c.c. (ex permultis, Cass., sez. III, 20-04-2004, n. 7500, in Arch. circolaz., 2004, 982; Cass., sez. III, 26-02-2004, n. 3868, in Arch. circolaz., 2004, 742). Fino all’entrata in vigore del codice, quindi, il terzo trasportato aveva dinanzi a sé una nutrita platea di debitori solidali: i conducenti, i proprietari ed i rispettivi assicuratori. La colpa di tutti costoro era presunta. L’art. 141 cod. ass. stabilisce ora in modo tranchante che il danno subito dal trasportato “è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul Pagina 20 di 54 quale era a bordo [sic]1”, “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti”, e “salva l’ipotesi di caso fortuito”. Il terzo comma, altrettanto recisamente, afferma che “l’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo”. Il meccanismo previsto dalla norma, in sintesi, è il seguente: il terzo danneggiato domanda il risarcimento del danno all’assicuratore del vettore; quest’ultimo è tenuto al pagamento dell’indennizzo, salvo recuperare l’importo pagato nei confronti dell’assicuratore del terzo responsabile. Il trasportato non può agire nei confronti dell’assicuratore del veicolo antagonista, se non quando il massimale dell’assicuratore del vettore sia incapiente, e quello dell’assicuratore dell’altro corresponsabile sia superiore al minimo di legge. Il buon senso potrebbe indurre a ritenere che lo scopo avuto di mira dal legislatore con tale norma sia stato quello di garantire in ogni caso il risarcimento al trasportato, salva la rivalsa dell’assicuratore del vettore nei confronti dell’effettivo responsabile. Non saprei dire se sia stata davvero questa la finalità della norma; ma è certo che, per come essa è stata scritta, tale finalità non può dirsi raggiunta. Questi, in particolare, i problemi posti dalla norma in esame: (a) se essa preveda una ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del vettore; (b) se essa deroghi al principio secondo cui il creditore di più debitori in solido può convenirli tutti nel medesimo giudizio; (c) in caso di risposta affermativa al quesito (b), se l’azione del trasportato nei confronti dei corresponsabili diversi dal vettore sia esclusa in toto, ovvero semplicemente improponibile se è stata proposta l’azione diretta prevista dal comma 3 dell’art. 141 cod. ass.. 1 Si noti la evidente sgrammaticatura, posto che l’espressione “a bordo” dovrebbe reggere la preposizione “di”, e non “su”. Pagina 21 di 54 Al primo quesito mi pare che si debba necessariamente dare risposta negativa. Il primo comma dell’art. 141 cod. ass. esordisce affermando che l’assicuratore del vettore è tenuto ad indennizzare il terzo trasportato “salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito”. Il caso fortuito, secondo l’opinione condivisa dalla S.C. almeno da mezzo secolo, comprende anche il fatto del terzo (Cass., sez. III, 27-01-2005, n. 1655, inedita; Cass., sez. III, 30-03-2001, n. 4742, in Arch. civ., 2001, 977; Cass., sez. III, 22-02-2000, n. 1971, in Foro it. Rep. 2000, Responsabilità civile, n. 343). Pertanto la responsabilità dell’assicuratore del vettore è esclusa sia quando il sinistro è dovuto a cause naturali, sia quando è dovuto a colpa di altro conducente. Dunque l’art. 141, comma 1, cod. ass. non può che essere interpretato nel senso che l’assicuratore del vettore risponde nei confronti del trasportato quando vi sia una colpa almeno concorrente, ancorché presunta, del proprio assicurato. Ove, per contro, l’assicuratore dimostri che il sinistro è dovuto interamente a responsabilità di altro conducente, non sarà tenuto al risarcimento. Vi è dunque una larvata contraddizione tra l’affermare che l’assicuratore risponde “salvo il caso fortuito”, e l’aggiungere che tale responsabilità “prescinde dall’accertamento della responsabilità di altri conducenti”. Il caso fortuito, in materia di sinistri stradali, è infatti rappresentato proprio dalla responsabilità di altri conducenti, e dunque non è affatto vero che la condanna dell’assicuratore del vettore possa “prescindere” da tale accertamento. Il testo della norma pertanto va letto non nel senso che l’assicuratore del vettore sia tenuto al pagamento “a prescindere” dall’accertamento della responsabilità del conducente, ma piuttosto nel senso che quest’ultima responsabilità si presume fino a che l’assicuratore non dimostri il caso fortuito (ivi compresa la colpa del terzo). Pagina 22 di 54 Ma se così è - e le regole dell’ermeneutica non consentono altre ipotesi la norma è sotto questo profilo del tutto inutile, perché già oggi in base al combinato disposto dell’art. 2054, comma 1, c.c., l’assicuratore del vettore è tenuto a rifondere il danno del trasportato, a meno che non provi la colpa di un terzo. Il secondo problema posto dalla norma è se essa deroghi o meno al principio della solidarietà tra coautori di un fatto illecito, di cui all’art. 2055 c.c.. In virtù di tale norma, oggi il trasportato può convenire in giudizio simultaneamente sia il vettore, sia il conducente e/o proprietario del veicolo antagonista, sia i rispettivi assicuratori della r.c.a.. L’art. 141 cod. ass., per contro, afferma recisamente che “l’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro”, escludendo altre possibilità. L’impossibilità di convenire in giudizio simultaneamente l’assicuratore del vettore e quello del veicolo antagonista parrebbe indirettamente confermata dalla previsione del comma 3, ultima parte, ove si stabilisce che “l’impresa di assicurazione del responsabile civile [recte, del terzo responsabile] può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo [recte, del vettore], riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”: dal che potrebbe affrettatamente desumersi che il legislatore abbia inteso evitare la contemporanea pendenza di processi sia nei confronti dell’assicuratore del vettore che nei confronti dell’assicuratore dell’antagonista. Una simile conclusione, pur indubbiamente autorizzata dal testo normativo, non mi sembra però possa condividersi. Ricordiamo che dalla verificazione di un sinsitro stradale la vittima diviene creditore nell’ambito di due diversi rapporti giuridici: uno ex delicto col danneggiante, l’altro ex lege con l’assicuratore di quest’ultimo. Limitare l’azionabilità della pretesa al solo assicuratore del vettore significa Pagina 23 di 54 sopprimere l’azionabilità di un diritto di credito ex delicto, e ciò porrebbe seri problemi di conformità al dettato dell’art. 24 cost.. Inoltre, interpretando alla lettera l’art. 141 cod. ass., ne deriverebbe la soppressione della solidarietà tra i coautori del fatto illecito, di cui all’art. 2055 c.c.. E’ tuttavia noto che la solidarietà tra più condebitori costituisce un beneficio per il creditore, ed escluderla significherebbe creare un conflitto tra il codice e la legge delega (l. 29.7.2003 n. 229). Quest’ultima infatti, all’art. 4, comma 1, lettera (b), prevedeva quale criterio direttivo per la redazione del codice la “tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli (...), avendo riguardo anche alla correttezza (...) del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio”. Or bene, escludere il beneficio della solidarietà tra condebitori non mi sembra una misura intesa a tutelare “consumatori e contraenti più deboli”: riterrei pertanto non vietato dalla lettera, ed anzi consono alla ratio della legge, interpretare l’art. 141, comma 1, cod. ass. come si dicesse “l’assicuratore del vettore non può opporre al trasportato, ove quest’ultimo gli domandi il risarcimento, altre eccezioni che il caso fortuito”. Resta salva, però, la possibilità del danneggiato di domandare il risarcimento anche (o solo) all’assicuratore del corresponsabile. A questa conclusione non mi sembra osti il ricordato terzo comma dell’art. 141, ove si stabilisce che nella controversia pendente tra l’assicuratore del vettore ed il trasportato danneggiato può intervenire l’assicuratore del “responsabile civile”, che in questo caso “può estromettere [recte, “far estromettere”] l’impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”. Tale norma infatti non autorizza affatto a concludere che l’azione nei confronti dell’assicuratore del vettore sia necessariamente alternativa rispetto a quella nei confronti dell’assicuratore del terzo responsabile. Si consideri, a questo riguardo, che in pratica non possono darsi che tre possibilità: colpa esclusiva del vettore, colpa esclusiva del conducente il veicolo antagonista, colpa concorrente di entrambi. Pagina 24 di 54 Nel primo caso ovviamente il meccanismo dell’intervento e dell’estromissione non può operare. Nel secondo caso (colpa esclusiva del conducente il veicolo antagonista) l’intervento e l’estromissione costituiscono applicazione del generale principio di cui all’art. 108 c.p.c.: non v’è bisogno di coltivare il processo nei confronti della parte il cui debito sia assunto da altri. In questo caso, quindi, l’estromissione dell’assicuratore del vettore viene disposta non perché non possano pendere contemporaneamente l’azione nei confronti di questi e l’azione nei confronti di altri corresponsabili, ma semplicemente perché la confessione di responsabilità da parte dell’intervenuto rende superfluo l’accertamento della responsabilità dell’originario convenuto. Nel terzo caso (colpa concorrente) l’estromissione non potrà operare: infatti, anche se ciascuno dei corresponsabili risponde per l’intero nei confronti della vittima del danno (art. 2055 c.c.), l’art. 141 cit. subordina l’estromissione al “riconoscimento della responsabilità” da parte dell’interveniente. Pertanto, se quest’ultimo ammette solo una propria corresponsabilità, viene meno uno dei presupposti applicativi della norma. Infine, una osservazione di diritto intertemporale. L’art. 141 cod. ass. è entrato in vigore il 1°.1.2006, e non avrei dubbi che si tratti di norma processuale, in quanto stabilisce quale sia il soggetto passivamente legittimato rispetto alla pretesa risarcitoria del trasportato. Ne consegue che essa dovrà essere applicabile a tutti i giudizi introdotti dopo il 1°.1.2006, in virtù del principio di cui all’art. 11 disp. prel. c.c.. (tempus regit actum), a nulla rilevando che il sinsitro si sia verificato prima della data appena indicata. 6. L’azione diretta della vittima nei assicuratore. Pagina 25 di 54 confronti del proprio Tutta nuova è la procedura del c.d. “indennizzo diretto” (art. 149 cod. ass.). In virtù di essa, l’impresa che assicura la responsabilità civile della vittima indennizzerà dell’assicuratore del quest’ultima, responsabile. salvo La rivalsa norma nei attribuisce confronti perciò all’assicuratore della vittima il ruolo di mandatario ex lege dell’impresa assicuratrice del responsabile, con tutti gli obblighi e gli oneri gravanti su quest’ultimo per quanto attiene alla misura della responsabilità. L’eventuale azione per il risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 149, comma 6, cod. ass., va proposta nei confronti dell’assicuratore della r.c.a. della vittima. La stessa disposizione soggiunge che l'impresa di assicurazione del responsabile “può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l'altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”. Tale disposizione appare caratterizzata da una palese balbuzie giuridica. Che vi fosse bisogno di una norma espressa per consentire all’assicuratore del responsabile di intervenire nel giudizio tra il danneggiato ed il proprio assicuratore è da escludere. L’assicuratore del responsabile, in quanto soggetto sul quale grava il peso finale del risarcimento, anche in assenza della norma in esame avrebbe comunque avuto un sicuro interesse ex art. 100 c.p.c. ad intervenire nel giudizio. Ma se la prima parte della norma è inutile, la seconda parte è ambigua, là dove si legge che l’assicuratore del responsabile “può estromettere l’altra impresa”. Il provvedimento di estromissione dal giudizio esige infatti comunque un provvedimento del giudice, rimesso alla sua discrezionalità, mentre il presente indicativo adottato nel comma 6 dell’art. 149 cod. ass. parrebbe lasciare intendere che l’estromissione dipenda non da una valutazione del giudice, ma dal fatto stesso che l’assicuratore del responsabile sia intervenuto in giudizio. Non meno ambigua è l’ultima parte della norma, dove si precisa che l’assicuratore del responsabile può estromettere l’altra impresa “riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato”. Non è chiaro Pagina 26 di 54 infatti se l’estromissione possa avvenire solo quando l’assicuratore del responsabile, intervenendo, riconosca la totale responsabilità del proprio assicurato, ovvero sia possibile anche quando l’interveniente riconosca soltanto un concorso di colpa del proprio assicurato. 6.1. L’ambito di applicazione. Il promovimento dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore della vittima stessa è ovviamente subordinato alla sussistenza dei presupposti per l’operatività del sistema dell’indennizzo diretto, che non sono pochi né di agevole lettura. L’ambito di applicazione della nuova disciplina risulta infatti dal combinato disposto degli artt. 149, commi 1 e 2, cod. ass.; e dagli artt. 3 e 4 del relativo regolamento di attuazione (d.p.r. 254/2006). Si tratta di un ambito che incontra vari limiti, relativi: (a) al tipo di sinistro; (b) al tipo di veicoli coinvolti; (c) alla condizione soggettiva del danneggiato; (d) al tipo di danni dei quali si chiede l’indennizzo. Può essere utile in questa sede spendere qualche parola su tali limiti, dai quali dipende l’esperibilità dell’azione diretta. (A) Limiti applicativi relativi al tipo di sinistro. Per quanto attiene il tipo di sinistro, esso deve avere coinvolto due veicoli soltanto (art. 149 cod. ass.). Ci si potrebbe chiedere se l’aggettivo “soltanto” vada logicamente riferito al tipo di “enti” coinvolti nel sinsitro (soltanto veicoli), ovvero al numero di essi (soltanto due). Nel primo caso, l’indennizzo diretto non potrà trovare applicazione quando il veicolo abbia coinvolto, oltre due veicoli, anche - ad es. - un velocipede od un pedone (ad es., Tizio tampona Caio che, sull’abbrivio, investe un pedone in procinto di attraversare la strada). Nel secondo caso, invece, quel che rileva ai fini dell’applicabilità del sistema dell’indennizzo diretto è Pagina 27 di 54 unicamente il coinvolgimento di veicoli a motore in numero non superiore a due, quale che fosse il numero di altri “enti” coinvolti (pedoni, animali, veicoli non a motore). La prima soluzione appare tuttavia preferibile, per due ragioni. La prima è che il sistema dell’indennizzo si fonda sul presupposto che ciascuno degli assicuratori tenuto al pagamento (quello della vittima in prima battuta, e quello del responsabile in via di rivalsa) abbiano assicurato almeno un veicolo coinvolto nel sinistro, e che non vi siano altre “partite” di danno da sistemare. Diversamente, infatti, il sistema si complicherebbe paurosamente: se, ad es., si ammettesse la praticabilità dell’indennizzo diretto anche se nel sinistro sia coinvolto un pedone, l’assicuratore del responsabile si vedrebbe esposto a due azioni: l’una, in via diretta, da parte del pedone danneggiato; l’altra, in via recuperatoria, da parte dell’assicuratore dell’altro automobilista che abbia riportato danni, il che impedirebbe la unitaria e contestuale definizione di ogni rapporto tra danneggiati ed assicuratore del danneggiante. La seconda ragione è che l’art. 140, comma 4, cod. ass. ha introdotto l’obbligo del litisconsorzio necessario in tutti i sinistri con pluralità di danneggiati, al fine di consentire il riparto del massimale in misura proporzionale tra tutti, nel caso di incapienza. Se quindi fosse consentito all’automobilista danneggiato invocare le norme sull’indennizzo diretto anche quando in conseguenza del sinistro sia rimasto ferito - poniamo un pedone, nel giudizio promosso dal danneggiato contro il proprio assicuratore dovrebbe essere chiamato anche il pedone, il quale però non avrebbe azione nei confronti dell’assicuratore convenuto, ma solo nei confronti dell’assicuratore del responsabile. Verrebbe quindi vulnerata in tal caso la ratio sia delle norme sull’indennizzo diretto, sia di quelle sul litisconsorzio necessario. Né varrebbe obiettare che l’art. 140, comma 4, cod. ass. (norma assurda sotto più d’un profilo) potrebbe essere salvificamente interpretato ritenendo che il litisconsorzio necessario sussista solo nei casi di incapienza del massimale, che ben raramente Pagina 28 di 54 possono verificarsi nell’ipotesi di danni con esiti micropermanenti. Rarità non vuol dire infatti impossibilità, e non può in radice escludersi che una modesta lesione personale possa causare un rilevante danno patrimoniale da perdita del reddito, capace - unitamente agli altri danni causati dal sinistro - di esaurire il massimale. Il sinistro inoltre deve essere avvenuto in Italia (art. 1 regolamento). Nulla rileva pertanto né che sia avvenuto tra veicoli immatricolati in Italia, né che debitore e creditore siano ambedue italiani. Restano peraltro ferme le norme di diritto internazionale privato, sicché l’indennizzo diretto non sarà applicabile se l’obbligazione scaturita dal fatto illecito è soggetta alla legge straniera. (B) Limiti applicativi relativi al tipo di veicoli coinvolti. Il sinistro deve avere coinvolto non più di due veicoli, immatricolati in Italia, identificati ed “assicurati”. Il requisito dell’immatricolazione in Italia, a fronte della scarna lettera della legge, deve ritenersi prevalente sulla circostanza che il veicolo stazioni abitualmente all’estero, o sia di proprietà di uno straniero, anche non residente in Italia. Sempre che, ovviamente, l’obbligazione scaturita dal fatto illecito sia soggetta alla legge italiana. I veicoli coinvolti debbono altresì essere identificati: in mancanza di ulteriori indicazioni, deve ritenersi che la procedura di indennizzo diretto si applichi anche nel caso in cui l’identificazione del responsabile sia successiva al sinistro. I veicoli debbono essere inoltre “assicurati”, metafora antropomorfizzante con la quale si intende esprimere il concetto che esista una polizza di assicurazione, da chiunque stipulata, la quale copra la responsabilità civile delle persone di cui all’art. 2054 c.c., scaturente dalla circolazione del veicolo. Il veicolo deve ritenersi assicurato anche quando il contratto sia scaduto, ma sia in corso il termine di proroga legale previsto dall’art. 1901 c.c.. Pagina 29 di 54 (C) Limiti applicativi relativi alla condizione dei danneggiati. L’indennizzo diretto non può essere preteso da chiunque abbia patito un danno in conseguenza del sinistro, ma solo da alcun categorie di persone, individuate però in termini piuttosto problematici. Secondo l’art. 149, comma 2, cod. ass., la disciplina in esame si applica quando il danno sia lamentato dal conducente del veicolo coinvolto, dal proprietario o dall’ “assicurato”, in questo caso limitatamente ai danni alle cose trasportate. Secondo l’art. 1, comma 1, reg. invece la procedura si applica soltanto ai danni patiti dal proprietario o dal conducente. La consueta frettolosità della tecnica normativa pone all’interprete vari problemi, perché la formula della legge e quella del regolamento non sono affatto sovrapponibili. Nell’assicurazione r.c.a. “assicurato” è qualunque persona la cui responsabilità possa restare ingaggiata in conseguenza di un sinistro stradale, ai sensi dell’art. 2054 c.c.: dunque non solo proprietario e conducente, ma anche l’acquirente con patto di riservato dominio, l’usufruttuario e l’utilizzatore in leasing. Eppure queste categorie di soggetti, stando alla legge, possono avvalersi della procedura di indennizzo diretto solo per domandare il ristoro del danno alle cose trasportate, ma non per domandare il risarcimento del danno patito in conseguenza dell’avaria al veicolo (canoni inutilmente pagati, perdita di profitto, ecc.), nemmeno - si badi bene - nell’ipotesi in cui il contratto o il titolo del possesso ponga a loro carico la responsabilità per danni nei confronti del proprietario (clausola, ad es., ricorrente nei confronti di leasing). Ancora più restrittiva è la previsione del regolamento, il quale esclude dalla procedura di indennizzo diretto qualsiasi persona diversa da conducente e proprietario. Pagina 30 di 54 Questo scriteriato modo di scrivere testi normativi pone all’interprete due problemi: (a) se sia ragionevole e conforme a Costituzione l’esclusione dall’indennizzo diretto per gli assicurati diversi dal proprietario, di cui all’art. 2054, comma 3, c.c.; (b) se sia legittimo il regolamento nella parte in cui esclude la procedura di indennizzo diretto per i danni alle cose trasportate patiti dagli assicurati diversi dal proprietario o dal conducente. Ad ambedue i quesiti va a mio avviso data risposta negativa: al primo, in quanto l’esclusione di alcune categorie di assicurati dal sistema dell’indennizzo diretto non trova giustificazione alcuna, e parrebbe perciò contrastare con l’art. 3 cost., sotto il profilo della ragionevolezza; al secondo, in quanto - come già visto - non è consentito al regolamento ridurre l’ambito di applicazione della legge. In ogni caso, allo stato attuale della legislazione restano esclusi dalla procedura dell’indennizzo diretto: (a) i trasportati, a nulla rilevando che viaggiassero sul veicolo del responsabile o s u quello antagonista; (b) i pedoni, e più in generale tutti i terzi estranei alla circolazione del veicolo; (c) gli assicurati diversi dal proprietario e dal conducente, i quali possono invocare la procedura in esame solo per ottenere il ristoro del danno alle cose trasportate. (D) Limiti applicativi relativi alla condizione dei danneggiati. Il quarto limite applicativo dell’indennizzo diretto è rappresentato dal tipo, dall’entità e dalla causa dei danni causati dal sinistro. (α) Tipi di danni indennizzabili. Per quanto attiene i danni alle cose, quelli al veicolo sono sempre indennizzabili con la procedura in esame. Legittimato a chiederla sarà il proprietario, anche se non sia lui il contraente della polizza. Pagina 31 di 54 Per quanto attiene gli altri danni alle cose, la procedura è utilizzabile solo per i danni alle cose trasportate, e solo se appartenenti al proprietario del veicolo od al conducente. Così, per fare un esempio, l’indennizzo diretto sarà utilizzabile se il conducente ha riportato la rottura dell’orologio, ma non se per effetto del sinistro vengano danneggiate proprietà esterne (porte basculanti, guard rail, muri perimetrali),siano esse appartenenti a terzi o al proprietario del veicolo. In sintesi, l’indennizzo diretto è applicabile: - in caso di danno al veicolo, sempre; - in caso di danni a cose esterne al veicolo, mai; - in caso di danni a cose trasportate, solo se di proprietà dell’assicurato (conducente, proprietario, utilizzatore in leasing, ecc.). Per quanto attiene i danni alla persona, la procedura dell’indennizzo diretto è utilizzabile se siano stati patiti dal conducente (sia egli il proprietario o meno del veicolo). Sia la legge, sia il regolamento nulla dicono in merito al danno patrimoniale conseguente ad un danno biologico (ad es., perdita del reddito, spese sanitarie). Riterrei tuttavia che tali categorie di danno debbano farsi rientrare nella generale nozione di “danno alla persona” di cui all’art. 149, comma 2, cod. ass.. Diversamente, infatti, si perverrebbe all’assurdo che la vittima di lesioni con esiti micropermanenti dovrebbe rivolgersi a due diversi debitori per ottenere il ristoro dall’uno del danno biologico, e dall’altro del danno patrimoniale causato dall’invalidità: conclusione in chiaro contrasto con la ratio dell’art. 149 cod. ass., che è quella di agevolare ed accelerare la procedura risarcitoria. Del resto, se davvero i danni patrimoniali conseguenti ad una lesione della salute fossero esclusi dall’indennizzo diretto, non si giustificherebbe la previsione di cui all’art. 6, comma 2, regolamento, il quale impone al danneggiato di allegare alla richiesta di indennizzo l’indicazione del proprio reddito. (β) Entità dei danni indennizzabili. Pagina 32 di 54 Per i danni alle cose non sono previsti limiti quantitativi; per i danni alla persona invece la procedura dell’indennizzo diretto è applicabile se dal sinistro siano derivati postumi permanenti non superiori al 9% della complessiva validità dell’individuo. Dunque l’indennizzo diretto non si applica ai sinistri che abbiano causato solo invalidità temporanea (di qualunque durata), ovvero invalidità permanente superiore al 9%. (γ) Eziologia del danno. I danni alle cose sono indennizzabili con l’indennizzo diretto sia nel caso in cui chi li lamenti non abbia avuto parte alcuna nella produzione dell’evento, sia nel caso in cui vi sia stato concorso di colpa dei conducenti coinvolti. Per i danni alla persona si registra invece uno iato tra legge e regolamento: per l’art. 149, comma 2, c.a. il danno alla persona del conducente è indennizzabile con la procedura in esame se la vittima non ne è stata responsabile. Per l’art. 5, comma 1, reg. invece la procedura dell’indennizzo diretto è attivabile sia per i danni alle cose, sia peri danni alle persone, anche nel caso di concorso di colpa. Ora, che la limitazione dell’indennizzo diretto alle sole ipotesi di colpa esclusiva fosse una norma assurda e foriera di gravi complicazioni non è un mistero (in tutti i casi dubbi, il danneggiato per evitare sorprese converrà in giudizio sia il proprio assicuratore, nell’ipotesi in cui il giudice dovesse ritenere la colpa esclusiva dell’altro conducente; sia l’assicuratore altrui, per l’ipotesi in cui il giudice dovesse ravvisare un concorso di colpa). Tuttavia avrei seri dubbi che questa menda possa essere eliminata con la fonte regolamentare. Come già detto e ripetuto, l’art. 150 c.a. demandava al regolamento di attuazione la disciplina di circoscritti e ben specifici profili (determinazione del grado di corresponsabilità, forma della richiesta risarcitoria, modalità di pagamento, risarcibilità dei “danni accessori”, cooperazione tra imprese), ma non lo autorizzava affatto a ridurre od ampliare l’area di applicazione dell’istituto, fissata dall’art. 149 c.a.. Pertanto, sebbene la norma Pagina 33 di 54 regolamentare sia oggettivamente più ragionevole di quella di legge, essa è illegittima, in quanto in contrasto con la fonte primaria. 6.2. La legittimazione passiva. Ulteriore problema posto dall’art. 149 cod. ass. è l’esatta interpretazione dei commi 1 e 6, là dove si afferma che i danneggiati “devono” rivolgere la richiesta di risarcimento al proprio assicuratore, e “possono” proporre l’azione risarcitoria solo nei suoi confronti. Se interpretata alla lettera, la norma parrebbe escludere la legittimazione passiva del danneggiante rispetto alla pretesa creditoria della vittima. Essa, pertanto, appare di dubbia legittimità costituzionale, là dove sottrae al creditore uno dei due debitori solidali di cui disponeva nel sistema previgente (e cioè il responsabile e l’assicuratore). Se invece si ritenesse che la norma escluda la legittimazione passiva dell’assicuratore del responsabile solo ove la vittima intenda esercitare l’azione diretta, la norma sarebbe inutile e facilmente aggirabile: ed infatti se il danneggiato non volesse introdurre un giudizio nei confronti del proprio assicuratore, potrebbe agevolmente convenire in giudizio il responsabile ed attendere che sia questi a chiamare in causa il proprio assicuratore della r.c.a., onde esserne garantito. 7. L’azione diretta nei confronti del commissario liquidatore dell’impresa in l.c.a.. Prima dell’entrata in vigore del codice delle assicurazioni la l.c.a. dell’assicuratore del responsabile di un sinistro stradale poteva far sorgere veri e propri rebus in merito all’individuazione del soggetto legittimato passivamente rispetto all’azione diretta, che non sempre coincideva col debitore sostanziale. La legge prevedeva infatti quattro diverse tipologie di liquidazione coatta amministrativa, che si distinguevano sotto vari profili (effetti sul contratto, individuazione del soggetto legittimato a liquidare i sinistri, individuazione Pagina 34 di 54 del soggetto legittimato passivamente a stare in giudizio, individuazione del soggetto obbligato a dare esecuzione al giudicato). Questi quattro tipi di l.c.a. erano: (a) la l.c.a. pura e semplice, o “ordinaria”; (b) la l.c.a. con autorizzazione del commissario liquidatore a liquidare i sinistri; (c) la l.c.a. con cessione del portafoglio disposta d’ufficio dal Ministro dell’industria, contestualmente alla liquidazione stessa, ex art. 1 d.l. 26.9.1978 n. 576; (d) la l.c.a. con cessione del portafoglio disposta volontariamente dal commissario liquidatore, successivamente al provvedimento di liquidazione, ex art. 11 d.l. 23.12.1976 n. 857. Nel quadro sinottico che segue, sono riassunte le varie tipologie ed indicate le relative fonti normative degli effetti in tema di r.c.a.: Tipo di liquidazione Ordinaria Con commissario liquidatore autorizzato alla liquidazione dei sinistri Con cessione del portafoglio disposta dal commissario liquidatore o dal Comitato del fondo di garanzia Con cessione del portafoglio disposta d’ufficio contestualmente alla l.c.a. Fonte normativa Art. 19 l. 990/69 Art. 9 d.l. 857/76 Art. 11 d.l. 857/76 Art. 1 d.l. 576/78 Legittimato passivo rispetto all’azione ordinaria era: (a) nel caso di l.c.a. ordinaria, l’impresa designata; (b) nel caso di l.c.a. con autorizzazione del commissario liquidatore a liquidare i sinistri, l’impresa designata; (c) nel caso di l.c.a. con cessione del portafoglio ex art. 11 l. 39/77, l’impresa designata; (d) nel caso di l.c.a. con cessione del portafoglio ex art. 1 d.l. 576/78, l’impresa cessionaria. Pagina 35 di 54 Il quadro è stato ora semplificato dal codice delle assicurazioni, il quale ha abrogato la tipologia dell’impresa “cessionaria”, ed introdotto una sola distinzione: (a) se il commissario liquidatore è stato autorizzato a liquidare i sinistri, questi sarà altresì legittimato passivo rispetto all’azione ordinaria del danneggiato (art. 294 cod. ass.); (b) in caso contrario, la legittimazione passiva resta in capo all’impresa designata. 8. L’azione diretta nei confronti del mandatario per la liquidazione dei sinistri. Gli art. 151 e ss. cod. ass. costituiscono la trasfusione, con qualche modifica, delle disposizioni di cui agli artt. 2 e ss. d. lg. 30 giugno 2003, n. 190 (recante “Attuazione della direttiva 2000/26/CE in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, che modifica anche le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE). Con tale d. lg., il legislatore ha dato attuazione alla c.d. Quarta Direttiva assicurazione autoveicoli, dedicata alla liquidazione dei danni causati da sinistri avvenuti in uno Stato membro dell'Unione Europea, diverso da quello di residenza del danneggiato. Il sistema introdotto dalla dir. 2000/26, recepito dal d. lg. 190/03 e ora rifluito negli artt. 151 e ss. cod. ass. obbliga ciascuna impresa “stabilita” (e cioè operante in regime di stabilimento in un Paese dell’UE) a nominare in ciascuno degli altri Pesi dell’UE un mandatario per la liquidazione dei sinistri, al quale i danneggiati possono rivolgersi. La decisione di adottare la Direttiva 2000/26 sorse dal rilievo che il sistema degli Uffici Carta verde non risolveva le difficoltà che la parte lesa poteva incontrare nel far valere i suoi diritti in un paese diverso dal proprio, nei confronti di una controparte ivi residente e di un'impresa di assicurazione autorizzata a operare in tale paese (diritto straniero, lingua straniera, procedura di liquidazione inconsueta per l'interessato e spesso di durata inammissibilmente lunga). Pagina 36 di 54 Si è perciò ritenuto di consentire a ogni persona residente nell’UE, danneggiata da un veicolo assicurato in altro paese dell’UE o in un paese aderente al sistema della carta verde, di ottenere la liquidazione dell’indennizzo “secondo modalità ad essa familiari” (XII “Considerando Dir. 2000/26). La disciplina sui “sinistri intracomunitari” di cui agli artt. 152 e ss. cod. ass. presuppone che ricorrano congiuntamente i seguenti elementi di fatto: (a) la vittima risieda in un paese membro dell’UE; (b) il danno sia stato causato da un veicolo che: (b’) sia assicurato da impresa stabilita in un paese dell’UE diverso da quello di residenza della vittima, ovvero da impresa avente sede in un paese terzo aderente al sistema della carta verde (vedi supra, ***); (b’’) sia abitualmente stazionante in un paese dell’UE diverso da quello di residenza della vittima. L’ultimo comma dell’art. 151 cod. ass. consente alla vittima di promuovere l’azione per il risarcimento direttamente nei confronti dell’assicuratore del responsabile. Ai sensi del combinato disposto dell'articolo 11, paragrafo 2, e dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, la parte lesa può citare in giudizio l'assicuratore della responsabilità civile nello Stato membro in cui essa è domiciliata. Tuttavia nella decisione della controversia il giudice dovrà fare applicazione delle norme applicabili al caso di specie in base ai criteri di collegamento dettati dalle norme di diritto internazionale privato. Il sistema di indennizzo per i sinistri avvenuti all’estero è completato dalla previsione del “mandatario per la liquidazione dei sinistri”, che deve essere obbligatoriamente nominato in ciascuno dei paesi dell’UE da ogni impresa stabilita in un qualsiasi paese membro. La nomina è condizione Pagina 37 di 54 per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio (art. 14, comma 1, lettera (h), cod. ass.). Il mandatario per la liquidazione dei sinistri è un organo rappresentativo dell’impresa assicuratrice, al quale la legge demanda il compito di: (a) ricevere la richiesta di risarcimento; (b) istruire la pratica e formulare l’offerta risarcitoria; (c) pagare l’indennizzo nel caso venga accettato dalla vittima. Per svolgere tutte queste attività, il mandatario deve avere il potere di rappresentare l’assicuratore: dunque gli atti da lui compiuti sono tutti imputabili all’assicuratore preponente. Si tratta quindi un mandato con rappresentanza. La legge è piuttosto ambigua (anzi, reticente) sulla possibilità per la vittima di convenire in giudizio direttamente il mandatario, in nome e per conto dell’impresa preponente. Tale possibilità parrebbe esclusa dall’art. 153 cod. ass., il quale prevede che se il mandatario non fa l’offerta entro tre mesi dalla richiesta di indennizzo, “il danneggiato può rivolgersi all’Organismo di indennizzo italiano secondo quanto previsto all'articolo 298”. Riterrei tuttavia preferibile la soluzione opposta, e cioè che nel caso in cui il mandatario nulla offra al danneggiato, ovvero formuli un’offerta ritenuta incongrua, la vittima possa convenire il mandatario medesimo, quale rappresentante dell’impresa assicuratrice, dinanzi al giudice italiano, e per l’esattezza dinanzi al giudice del luogo di residenza o domicilio della vittima stessa. Tanto si desume, a mio avviso, da un reticolo normativo composto, in primo luogo, dagli artt. 11, paragrafo 2, e 9 paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, secondo cui nell’assicurazione della r.c.a. la parte lesa può citare in giudizio l'assicuratore della responsabilità civile nello Stato membro in cui essa è domiciliata; ed in secondo luogo dal XVI “Considerando” della Direttiva 2000/26 (c.d. Quarta direttiva auto, cui ha dato attuazione il d. lg. 190/03, poi trasfuso nel cod. ass.), ove si stabilisce che “il mandatario per la Pagina 38 di 54 liquidazione dei sinistri dovrebbe essere dotato di poteri sufficienti per rappresentare l'impresa di assicurazione nei confronti delle persone che hanno subito un danno in seguito a tali incidenti e per rappresentarla dinanzi alle autorità nazionali e, se necessario, dinanzi ai tribunali”. In tale contesto, la previsione di cui all’art. 153 cod. ass. va intesa come una mera facoltà, e non un obbligo per la vittima: detto altrimenti, dinanzi alla renitenza del mandatario, la vittima può alternativamente o chiedere il risarcimento all’organismo di indennizzo, ovvero citare in giudizio il mandatario, in nome e per conto dell’impresa del responsabile. 9. La procedura stragiudiziale di liquidazione del danno. 9.1. Nelle ipotesi ordinarie. Modi e tempi per l’accertamento e la liquidazione stragiudiziali del danno sono minuziosamente stabiliti dall’art. 148 cod. ass., il quale costituisce la trasfusione nel cod. ass., con modificazioni, dell’art. 3 d. l. 857/76, conv. nella l. 39/77, e poi più volte modificato: dall'art. 126, comma 2, lett. b), D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 175; dall'art. 5, commi 1 e 7, L. 5 marzo 2001, n. 57, dagli artt. 23, comma 2 e 26, commi 1 e 2, L. 12 dicembre 2002, n. 273). L’art. 148 cod. ass., analogamente al previgente art. 3 d.l. 857/76, prevede che la liquidazione stragiudiziale dell’indennizzo si articoli attraverso tre fasi. La prima fase è quella della richiesta di risarcimento da parte del danneggiato. Essa è soggetta a regole parzialmente diverse, a seconda che il sinistro abbia causato soltanto danni a cose, ovvero anche danni a persone. Regola comune è che la richiesta di risarcimento sia inviata ai sensi dell'art. 145 cod. ass., e contenga l’indicazione del codice fiscale del richiedente e delle modalità del sinistro. Ai sensi dell'art. 10 del d.p.r. 16.1.1981, n. 45, non abrogato dal cod. ass., la richiesta di risarcimento deve essere indirizzata all'assicuratore presso l'ufficio Pagina 39 di 54 incaricato della liquidazione ovvero presso l'agenzia presso la quale è stato concluso il contratto o alla quale quest'ultimo è stato assegnato ovvero presso la sede sociale. Nel caso di danno a cose, alla richiesta va allegata la denunzia di sinistro redatta utilizzando il modulo di cui all’art. 143 cod. ass., e devono essere in essa indicati il luogo, i giorni e le ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l'ispezione diretta ad accertare l'entità del danno. Il principio è ribadito dall'art. 9 d.p.r. n. 45/81, che non è stato abrogato dal cod. ass., il quale precisa che nella richiesta vanno indicati almeno 8 giorni, con l'indicazione delle relative ore lavorative, in cui le cose danneggiate sono disponibili per la valutazione dei danni, Nel caso di danno alle persone, la richiesta deve contenere invece i dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché la dichiarazione che il richiedente non ha diritto a prestazioni da parte di assicuratori sociali. La norma tuttavia non può essere interpretata alla lettera nella parte in cui esige l’allegazione del “certificato di guarigione”, giacché in caso di gravi lesioni questa potrebbe verificarsi (o meglio, la stabilizzazione dei postumi potrebbe avvenire) anche a distanza di anni dal sinistro, durante i quali non si può certo lasciare la vittima priva dell’indennizzo. Circa gli effetti dell’incompletezza della richiesta risarcitoria si veda supra, § 2. Ricevuta la richiesta del danneggiato, l’assicuratore ha l’obbligo giuridico di attivarsi per stimare i danni e liquidare l’indennizzo. Inizia così la seconda fase del procedimento stragiudiziale, che ha ad oggetto l’accertamento del danno e la formulazione dell’offerta. In questa fase si richiede al danneggiato massima collaborazione con l’assicuratore, il quale ovviamente non potrebbe mai stimare alcun danno alla persona della vittima od a cose di sua proprietà, ove quest’ultima non metta se stesso o le sue cose a disposizione Pagina 40 di 54 dell’assicuratore. Molto opportunamente, pertanto, il comma 3 dell’art. 148 cod. ass. stabilisce che se il danneggiato rifiutare gli accertamenti strettamente necessari alla valutazione del danno alla persona da parte dell'impresa, i termini concesso all’assicuratore per la formulazione dell’offerta sono sospesi; la norma non dice fino a quando, ma deve ritenersi fino a che il danneggiato non accetti di farsi visitare. Non si comprende, peraltro, perché mai la sospensione dei termini è prevista se l’assicurato rifiuti di farsi visitare, e non se rifiuti di mettere le cose danneggiate a disposizione dell’assicuratore. Accanto alla conseguenza espressamente prevista dall’art. 148, comma 3, cod. ass., il rifiuto della vittima di collaborare con l’assicuratore perché questi possa stimare il danno può avere anche altre conseguenze: secondo la giurisprudenza, infatti, la mancata collaborazione della vittima costituisce una violazione del principio - desumibile dell’art. 1206 c.c. secondo cui il creditore deve comunque compiere quanto necessario perché il debitore possa adempiere, con la conseguenza che in questo caso non sono dovuti gli interessi compensativi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (in tal senso Trib. Milano, 27.11.1995, in Assicurazioni 1997, II, 37; Trib Roma 19. 1991994, in Riv. giur. circolaz. trasp. 1995, 346). Dalla ricezione della richiesta, decorre per l’assicuratore un termine per formulare l’offerta risarcitoria al danneggiato. Tale termine è di: (a) 30 gg., nel caso di sinistri con soli danni a cose, le cui ,modalità siano state riportate sul modulo dei denuncia sottoscritto da ambedue i conducenti; (b) 60 gg., nei casi di sinistri con danni a cose, quando non vi sia la constatazione amichevole; (c) 90 gg., nel caso di sinistri con danni a persone. Se invece la richiesta è incompleta, l’assicuratore ha 30 gg. di tempo per richiedere al danneggiato l’idonea integrazione; in questo caso i termini Pagina 41 di 54 appena indicati decorrono ex novo dalla ricezione dell’integrazione richiesta (art. 148, comma 5, cod. ass.). Quando la richiesta è completa, ovvero una volta ricevuta l’integrazione, l’assicuratore deve - nei termini sopra indicati - comunicare al danneggiato se intende aderire alla sua richiesta oppure no: nel primo caso offrendogli a titolo di risarcimento una somma «congrua» rispetto all'entità del danno; nel secondo caso spiegando in modo analitico e circostanziato i motivi per i quali ritiene di non poter fare alcuna offerta. Si è ritenuto in giurisprudenza che qualora l'assicuratore comunichi (motivando) di non ritenere di formulare offerta alcuna, il danneggiato può promuovere il giudizio senza attendere il compimento dei sessanta giorni assegnato all'assicuratore dall'(abrogato) art. 22 l. ass. r.c.a. (Trib. Reggio Emilia 26.4.1985, in Resp. civ. prev. 1985, 447). L'assicuratore può offrire e versare il risarcimento in base alla facoltà concessagli dal secondo comma dell'art. 1917 c.c., anche senza aver svolto i preventivi accertamenti ed a seguito di semplice richiesta da parte del danneggiato (Cass. 25.7.1981, n. 4821, in Giust. civ. 1982, I, 482). L’art. 148 cod. ass. non sembra coordinato con l’art. 287 cod. ass. (il quale disciplina l’ipotesi di azione diretta promossa nei confronti dell’impresa designata), così come il previgente art. 3 d.l. 857/76 non era coordinato con l’art. 22 l. 990/69. Ed infatti mentre l’art. in esame fissa all’assicuratore 90 gg. per formulare l’offerta risarcitoria nel caso di sinistri con danni a persone, l’art. 287 cod. ass. fissa il termine che deve intercorrere tra la richiesta di risarcimento e la notifica della citazione, ai fini della procedibilità della domanda, in 60 giorni. Sicché ben potrebbe accadere, stando alla lettera della legge, che possa essere convenuto in giudizio un assicuratore che non sia ancora in mora. Nel sistema previgente, l’identico contrasto tra gli artt. 22 l. 990/69 e 3 d.l. 85/76 aveva dato a luogo ad opinioni diverse: secondo un primo e minoritario orientamento sarebbero state improcedibili tutte le domande relative ai sinistri considerati nelle fattispecie previste dall'art. 3 l. n. 39/77, Pagina 42 di 54 per i quali non fossero stati rispettati sia gli adempimenti di cui all'art. 3 cit. che quelli previsti dall'art. 22 l. ass. r.c.a. La seconda tesi propendeva per una visione autonoma delle due norme. Infatti dal dato testuale dell'art. 3 l. 39/77 non emerge né un obbligo né un onere per il danneggiato di seguire la procedura ivi descritta, per cui le due procedure operano su piani paralleli ed il riferimento che detto art. 3 fa all'art. 22 l. ass. r.c.a. attiene non alla procedibilità della domanda, ma alla presentazione della richiesta di risarcimento, per cui, mentre l'art. 22 regola una condizione di procedibilità, l'art. 3 disciplina una specifica procedura rapida di risarcimento dei danni in sede stragiudiziale. Questo secondo orientamento è stato seguito anche dalla giurisprudenza (Cass. 7.6.1991, n. 6507, in Arch. circolaz. 1991, 745; A Torino, 22.2.1982, in Riv. giur. circolaz. trasp. 1984, 267; T Napoli, 22.8.1983, in Riv. giur. circolaz. trasp. 1984, 702) che ha osservato che l'inosservanza dell'onere di allegare alla richiesta di risarcimento dei danni da r.c.a. il modulo debitamente compilato, prescritto dagli artt. 3 e 5 l. n. 39/77, non è causa di improcedibilità della domanda giudiziale, perché all'inosservanza delle predette disposizioni non può essere estesa la sanzione di improcedibilità di cui all'art. 22 l. ass. r.c.a., per il caso di inosservanza della domanda stragiudiziale di risarcimento, rispetto alla quale le disposizioni dei citati artt. 3 e 5 non hanno funzione integrativa, essendo piuttosto volute per gli altri effetti di ordine sostanziale dalle stesse disposizioni indicati. Una volta che l’assicuratore abbia formulato l'offerta risarcitoria possono verificarsi tre ipotesi: la prima, secondo cui il danneggiato accetta l'offerta stessa; la seconda, che prevede che il danneggiato rifiuti l'offerta e la terza, in cui il danneggiato, entro trenta giorni dalla ricezione dell'offerta, non faccia pervenire alcuna risposta. In tutte e tre le ipotesi l'assicuratore è tenuto a corrispondere al danneggiato la somma offerta nel termine di 15 giorni. Pagina 43 di 54 Se il danneggiato accetta l'offerta, l'assicuratore è tenuto ad inviare la somma al creditore entro quindici giorni dalla ricezione dell'accettazione. Il pagamento può avvenire mediante invio di vaglia postale o di assegno all'indirizzo indicato dal danneggiato nella denunzia di sinistro, ovvero mediante accredito della somma su conto corrente (art. 12 d.p.r. n. 45/81). Se il danneggiato rifiuta l'offerta l'assicuratore è tenuto parimenti a pagare la somma entro 15 giorni dalla ricezione del rifiuto e l'ammontare corrisposto verrà computato nella liquidazione definitiva del danno, ai sensi dell'art. 145 c. 7 (Cass. 7.1.1987, n. 9, in Giust. civ. 1987, I, 1141; Cass. 7.1.1987, n. 10, in Assicurazioni 1987, II, 2, 155). È consentito all'assicuratore di mettere a disposizione la somma presso un'azienda di credito (art. 13 d.p.r. n. 45/81). La stessa cosa si verifica se il danneggiato non accetta né rifiuta l'offerta; anche in tal caso l'assicuratore, nei quindici giorni successivi ai trenta concessi per la risposta al danneggiato deve provvedere al pagamento con le modalità predette. Qualora la somma sia stata messa a disposizione del danneggiato presso un'azienda di credito, con comunicazione del deposito al danneggiato, se questo non la ritiri entro un anno, la somma può essere ritirata dall'assicuratore (art. 13 d.p.r. n. 45/81). La dottrina ritiene che, se l'offerta è accettata, si è concluso un vero contratto di transazione, che è la fonte dell'obbligo dell'assicuratore. Se, invece, l'offerta dell'assicuratore non è accettata, la fonte dell'obbligazione di quest'ultimo è costituita dalla legge e precisamente dalla norma in esame. La tesi è condivisa dalla S.C. (7.1.1987, n. 10, in Giur. it., 1988, I, 868) che ha ritenuto che nel momento in cui l'assicuratore avanza l'offerta si viene a determinare il superamento della prima fase della procedura prevista dall'art. 3 l. 39/77 (oggi trasfuso nell’art. 145 cod. ass.) con la conseguenza che perdono di rilievo i presupposti sulla base dei quali l'assicuratore ha avanzato l'offerta, ed in Pagina 44 di 54 particolare non rilevano più le modalità prescritte per la richiesta iniziale che dà l'avvio alla procedura. Una volta che offerta ed accettazione siano intervenute derivano i seguenti effetti giuridici: a) il danneggiato (creditore) non ha più alcun onere di richiesta né di intimazione o messa in mora; b) l'assicuratore debitore deve senz'altro provvedere entro quindici giorni, alla corresponsione della somma concordata; c) in caso di inosservanza di detto termine e in conseguenza della mora debendi, egli sarà tenuto altresì al pagamento degli interessi ed al risarcimento di eventuali danni; d) resta per di più soggetto ad una sanzione pecuniaria amministrativa (ex art. 314 cod. ass.). Il sistema previgente al cod. ass. prevedeva due ordini di condotte sanzionabili a carico dell’assicuratore che non si attenesse alle previsioni di legge in tema di offerta risarcitoria. Sanzioni erano previste sia nel caso di violazione dei termini per le offerte od i pagamenti, sia nel caso di offerta di una somma incongrua. Quest’ultima previsione è stata abrogata dal cod. ass., che l’ha sostituita con l’assai più blanda misura dell’obbligo per il giudice di trasmettere copia della sentenza all’Isvap. Le sanzioni sono attualmente previste dall’art. 315 cod. ass., e sono scaglionate secondo la gravità del ritardo, secondo quanto risulta dal seguente quadro sinottico: Condotta Ritardo nella formulazione dell’offerta Ritardo nel pagamento della somma offerta Sanzione ritardo fino a 30 gg. da 300 a 900 € ritardo fino a 60 gg. da 900 a 2.700 € ritardo fino a 90 gg. da 2.700 a 5.400 € ritardo fino a 120 gg. da 5.400 a 10.800 € danni a cose: da 10.800 a 30.000 € ritardo oltre 120 gg. danni a persone: da 20.000 a 60.000 € ritardo fino a 30 gg. da 300 a 900 € ritardo fino a 60 gg. da 900 a 2.700 € ritardo fino a 90 gg. da 2.700 a 5.400 € Pagina 45 di 54 ritardo fino a 120 gg. ritardo oltre 120 gg. ritardo fino a 30 gg. ritardo fino a 60 gg. ritardo fino a 90 gg. ritardo fino a 120 gg. Omessa comunicazione del diniego dell’offerta ritardo oltre 120 gg. da 5.400 a 10.800 € danni a cose: da 10.800 a 30.000 € danni a persone: da 20.000 a 60.000 € da 300 a 900 € da 900 a 2.700 € da 2.700 a 5.400 € da 5.400 a 10.800 € danni a cose: da 10.800 a 30.000 € danni a persone: da 20.000 a 60.000 € danni a persone: da 20.000 a 60.000 € E’ prevista altresì la riduzione del 3% di tutte le sanzioni sopra indicate, se l’assicuratore, pur formulando in ritardo l’offerta risarcitoria, provveda contestualmente a pagare la somma offerta. Di tali sanzioni risponde l’impresa, tranne nel caso in cui risulti che l’illecito sia stato commesso da un dipendente o collaboratore dell’impresa, con abuso dei doveri di ufficio e per trarne personale vantaggio. In questa ipotesi, tuttavia, l’impresa risponde dell’illecito amministrativo come responsabile civile, salva naturalmente la rivalsa nei confronti dell’autore dell’illecito (art. 325 cod. ass.). 9.2. Nei casi di indennizzo diretto. Gli artt. da 5 ad 8, e l’art. 11, del d.p.r. 254/06 disciplinano forma, contenuto e termini della richiesta stragiudiziale di indennizzo che il danneggiato deve inviare al proprio assicuratore, nonché forme e termini dell’offerta che questi deve sottoporgli. Si tratta di disposizioni che ricalcano in gran parte quelle dettate dall’art. 148 c.a., le quali ultime resteranno comunque applicabili in via analogica per quanto non disposto dal regolamento: così, non vi è dubbio che l’assicuratore anche nel sistema dell’indennizzo diretto non potrà ritenersi in mora se il danneggiato rifiuta di sottoporsi ai necessari accertamenti medico legali, Pagina 46 di 54 ovvero si sottrae all’onere di consentire l’ispezione dei relitti o delle tracce del sinistro. Merita di essere segnalato che l’assicuratore della vittima, ove ritenga non applicabile la procedura di indennizzo diretto (ad es., perché il danno alla persona ha causato postumi permanenti superiori al 9%) ha l’obbligo di darne avviso all’assicurato e, contestualmente, all’assicuratore del responsabile, se a lui noto (art. 11 Reg.). La violazione di tale obbligo non è espressamente sanzionata, ma poiché la comunicazione inviata dall’assicuratore della vittima a quello del responsabile ha l’effetto di costituire in mora quest’ultimo, ci si potrebbe chiedere se la colposa omissione da parte dell’assicuratore dell’obbligo di avviso possa essere idonea a far sorgere una sua responsabilità, nel caso di prescrizione del diritto al risarcimento. L’articolo 9 del regolamento sull’indennizzo diretto contiene, a mio modo di vedere, l’aspetto più importante e più innovativo della nuova disciplina: il danneggiato non viene più lasciato solo dinanzi al responsabile ed alle (talora) complesse procedure di accertamento del danno e liquidazione dell’indennizzo, ma gli si offre un consulente gratuito, il quale ha l’obbligo giuridico di mettersi a disposizione del danneggiato ed assisterlo nella procedura di indennizzo. E questo consulente gratuito è l’assicuratore della vittima. Si tratta di una norma che, se correttamente ed effettivamente applicata, non potrà non comportare lo sconvolgimento di prassi ormai consolidate, il superamento di mentalità vetuste, l’adozione di procedure di composizione e prevenzione delle leggi profondamente diverse da quelle diffusesi negli ultimi trent’anni. Mi sentirei anzi di aggiungere che dal maggiore o minore ossequio che la prassi riserverà alla norma in esame dipenderà buona parte del successo del nuovo istituto: una adesione totale allo spirito della riforma potrà davvero accelerare i tempi del risarcimento, ed evitare tanto sperequazioni quanto duplicazioni risarcitorie; per contro, se l’ossequio alla disposizione in commento sarà Pagina 47 di 54 soltanto formale tutto resterà come prima, ed il sistema dell’indennizzo diretto si risolverà semplicemente in una modificazione del soggetto passivo dell’obbligazione indennitaria. L’art. 9, comma 1, reg. cit., stabilisce che “l'impresa, nell'adempimento degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede, fornisce al danneggiato ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno. Tali obblighi comprendono, in particolare, oltre a quanto stabilito espressamente dal contratto, il supporto tecnico nella compilazione della richiesta di risarcimento, anche ai fini della quantificazione dei danni alle cose e ai veicoli, il suo controllo e l'eventuale integrazione, l'illustrazione e la precisazione dei criteri di responsabilità di cui all'allegato A”. Si tratta dunque di una norma che pone a carico dell’assicuratore del danneggiato una serie di obblighi. Di tali obblighi proviamo a stabilire: (a) la natura; (b) il contenuto; (c) i soggetti su cui gravano; (d) le conseguenze in caso di violazione. (A) Natura dell’obbligo di assistenza. L’obbligo di assistenza della vittima ha natura contrattuale, come si desume dal richiamo ai doveri di correttezza e buona fede contenuto nel primo comma dell’art. 9 reg. 254/06. Tale previsione è del tutto conforme al “sistema” del diritto del contratto di assicurazione. Si consideri infatti che il sistema dell’indennizzo diretto si applica, come già visto, ai danni patiti: - dal proprietario del veicolo; - dal proprietario delle cose trasportate, se coincide col proprietario o col conducente; Pagina 48 di 54 - dal conducente, limitatamente ai danni alla persona od alle cose trasportate. Or bene, proprietario e conducente ovviamente possono anche essere persone diverse dal contraente che ha stipulato la polizza; ma esse rivestono necessariamente la qualifica di “assicurato”. Infatti, poiché la polizza deve coprire la r.c. di cui all’art. 2054 c.c., e poiché in caso di sinistro il proprietario ed il conducente sono presunti responsabili dalla norma appena citata, essi sono sempre beneficiari in senso tecnico dell’assicurazione, che perciò è necessariamente stipulata per conto di chi spetta. In quanto tali, essi possono invocare i diritti scaturenti dal contratto, tra i quali rientra ex art. 1374 c.c., dopo l’entrata in vigore del cod. ass., anche quello ad essere assistiti e consigliati in caso di danno. Da questa qualificazione dell’obbligo di assistenza discende che la violazione di esso, da parte dell’assicuratore, costituisce un inadempimento contrattuale, con quanto ne consegue: (a) sul piano del riparto dell’onere della prova, che graverà sull’assicuratore ex art. 1218 c.c., e non sul danneggiato; (b) sul piano della prescrizione, che sarà annuale ex art. 2952 c.c.. (B) Contenuto dell’obbligo di assistenza. L’art. 9, comma 1, reg. 254/06 stabilisce che l’assicuratore della vittima debba fornire a quest’ultima “ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno”. Aggiunge che tra questi obblighi rientra l’assistenza nella compilazione della richiesta di risarcimento e l'illustrazione dei criteri di riparto della responsabilità tra i conducenti. In merito a tale previsione va subito detto che l’obbligo di assistenza dell’assicuratore non può esaurirsi nella mera compilazione di un modulo, e nella consegna di un altro modulo che illustri i criteri di riparto della responsabilità. Ciò per due motivi. Pagina 49 di 54 La prima ragione è che l’elencazione degli obblighi di assistenza contenuta nell’art. 9 cit. è solo esemplificativa e non tassativa, come si desume dall’uso dell’espressione “in particolare”. La seconda ragione è che la prima parte della disposizione richiama i doveri di correttezza e buona fede, e non sarebbe conforme a buona fede una assistenza limitata al minimo indispensabile. L’espressione “ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimenti” va dunque intesa in senso ampio, quale sinonimo di assistenza e consulenza a 360 gradi, il cui unico limite è di ordine negativo: l’assicuratore non è tenuto a fornire le sole informazioni, e non è tenuto ad eseguire le sole attività di assistenza, che non siano necessarie per l’integrale risarcimento del danno. Così, per fare qualche esempio, la nuova disposizione imporrà all’assicuratore di: (a) informare il danneggiato sui criteri di riparto della responsabilità tra lui e l’altro conducente coinvolto; (b) fare eseguire con solerzia una perizia sul veicolo o sulle altre cose danneggiate, ed una visita medico legale sulla persona della vittima; (c) spiegare alla vittima i criteri con i quali il consulente od il perito sono pervenuti alle rispettive conclusioni; (d) illustrare al danneggiato quali sono i pregiudizi al cui risarcimento ha diritto (patrimoniale, biologico, morale, da ritardato adempimento); (e) illustrare al danneggiato i criteri attraverso i quali le indicazioni scaturite dalla consulenza medico legale o dalla perizia sulle cose danneggiate sono state convertite in danaro; (f) se necessario, illustrare al danneggiato le ragioni per le quali non sono indennizzabili taluni dei danni da lui pure invocati; (g) controllare che la richiesta di risarcimento predisposta dall’assicurato sia completa e conforme alle prescrizioni di cui all’art. 6 reg. 254/06; da ciò discende, quale ineludibile corollario, che l’assicuratore il quale riceva Pagina 50 di 54 una richiesta di indennizzo diretto formulata in termini scorretti od incompleti, ha un vero e proprio obbligo contrattuale di “educare” (nel senso etimologico) il danneggiato, spiegandogli come vada integrata o corretta la richiesta. Né basta. E’ noto che, in tema di responsabilità derivante da sinistri stradali, non sempre e non ogni aspetto del danno sono pacifici ed oggettivamente accertabili. Oltre la misura della responsabilità, può essere controverso quale sia il grado di invalidità permanente residuato al sinistro, ovvero quali siano stati la durata ed il grado dell’invalidità temporanea; si può controvertere sulla spettanza del danno da fermo tecnico, sulla personalizzazione del risarcimento del danno biologico, sulla misura del saggio da applicare per la liquidazione del danno da ritardato adempimento (c.d. interessi compensativi), sulla misura del reddito da porre a base del calcolo del danno da perdita della capacità di guadagno, e via dicendo. In questi casi, deve escludersi che l’art. 9 reg. 254/06 imponga all’assicuratore di compiere in poco tempo accertamenti, ovvero di prendere decisioni in diritto, i quali spesso esigono tre o più gradi di giudizio, quando se ne discuta in sede giurisdizionale. Nemmeno però potrà ammettersi che l’assicuratore, dinanzi a situazioni oggettivamente incerte, offra al danneggiato un indennizzo determinato con criteri oscuri, senza informarlo delle possibili alternative e dei dubbi suscitati dal caso concreto. L’art. 9 cit. infatti impone all’assicuratore di prestare non un’assistenza purchessia, ma un’assistenza finalizzata a garantire la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno. Ora, una piena realizzazione di tale diritto può effettivamente sussistere solo quando il danneggiato, posto dinanzi ad una offerta transattiva, sia adeguatamente informato dei criteri in base ai quali si sia pervenuti a formulare quella offerta, ivi compresa la sussistenza di eventuali dubbi od incertezza circa Pagina 51 di 54 l’esistenza o la risarcibilità di uno o più danni. Diversamente, il danneggiato non potrebbe mai sapere se la somma che gli viene offerta sia equa o meno, e non potrebbe mai esercitare liberamente e con cognizione di causa la propria libertà negoziale di transigere la controversia. Detto altrimenti, il danneggiato per effetto dell’art. 9 cit. ha diritto ad un vero e proprio “consenso informato” su tutte le caratteristiche dell’obbligazione risarcitoria gravante sul responsabile, ed anche sui possibili rischi od incertezze di una eventuale lite giudiziaria. Quest’ultimo tipo di informazioni, anzi, costituisce un elemento indefettibile del pacchetto di informazioni cui il danneggiato ha diritto, perché non può dirsi libera ed informata la scelta di accettare (o non accettare) la somma offerta, quando l’assicurato non sia messo in grado di valutare i pro ed i contra del ricorso alla giurisdizione. Tutto questo vuol dire, per fare qualche esempio, che l’assicuratore nell’ambito dell’assistenza di cui all’art. 9 reg. 254/06 dovrà: - informare l’assicurato che la misura del danno biologico può essere aumentata, se allega circostanze particolari, ai sensi dell’art. 140, comma 3, cod. ass.; - informare l’assicurato che la liquidazione del danno c.d. da fermo tecnico è oggetto di contrasti, per cui taluni giudici lo presumono ed altri invece esigono la prova rigorosa di esso; - informare l’assicurato che non esistono norme di legge sulla liquidazione del danno non patrimoniale diverso da quello biologico, e che dunque in un eventuale giudizio tale liquidazione può essere oscillante; - informare l’assicurato che ha diritto al ristoro del danno da lucro cessante per ritardato adempimento dell’obbligazione risarcitoria, da liquidarsi applicando un saggio di interessi scelto in via equitativa, ed applicato sulla credito risarcitorio via via rivalutato anno per anno. (C) I soggetti tenuti a fornire l’assistenza. Pagina 52 di 54 L’obbligo di assistenza grava sull’ “impresa”, secondo l’art. 9 reg. cit.. Si tratta (l’ennesima) infelice ed atecnica espressione per designare l’assicuratore del responsabile (società di capitali o mutua assicuratrice, rispetto alla quale l’impresa è solo l’oggetto sociale), ma che comunque non consente dubbi sull’individuazione del soggetto obbligato. Ovviamente, l’assicuratore fornirà l’assistenza per mezzo di incaricati, che potranno essere sia gli agenti, sia i liquidatori, sia persone delegate ad hoc. In tutti i casi, la persona incaricata dell’assistenza adempirà un obbligo contrattuale dell’assicuratore in nome e per conto di quest’ultimo, e dunque del suo operato l’assicuratore stesso sarà sempre tenuto a rispondere ex art. 1228 c.c.. Pertanto, nel caso di assistenza infedele o carente, fornita da un agente, l’assicuratore risponderà dell’operato di quest’ultimo, quand’anche si tratti di agente privo di potere rappresentativo. (D) Le conseguenze in caso di violazione dell’obbligo di assistenza. L’obbligo di assistenza, come accennato, ha natura contrattuale. L’inadempimento di esso pertanto costituisce un inadempimento, il quale legittima l’avente diritto a chiedere: (a) la condanna dell’assicuratore al risarcimento del danno, ex art. 1218 c.c.; (b) nei casi più gravi, la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c.. L’assistenza in esame, come già visto, va fornita al fine di garantire la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno, e cioè di un credito. Di conseguenza l’inadempimento dell’obbligo di assistenza si traduce di per sé in un danno da lesione del credito. Tale danno sussiste, in particolare, quando il danneggiato (vuoi perché male informato, vuoi perché mal consigliato, vuoi perché dolosamente indotto in errore) accetta un indennizzo inferiore a quello che gli sarebbe ragionevolmente spettato secondo diritto. Si è visto infatti che la quietanza rilasciata dal danneggiato al proprio assicuratore ha effetto liberatorio anche nei Pagina 53 di 54 confronti del responsabile (né potrebbe il danneggiato aggiungervi clausole di salvezza, del tipo “resta salvo ogni diritto nei confronti del responsabile”, o simili), e pertanto se il danneggiato sottovaluta il proprio credito, a causa delle male arti o del mal talento del proprio assicuratore, ed accetta un indennizzo ridotto, non potrà poi più invocare alcunché nei confronti dell’effettivo responsabile del sinistro. Pagina 54 di 54